AFRICOM: un Comando del Pentagono, rifiutato dall’Africa, accolto tra Sigonella, Ederle e Dal Molin

africom

Nel Dicembre 2008 il Ministro degli Esteri annunciava un importante accordo dalle pesanti ricadute in politica interna e internazionale: Africom sarebbe stato ospitato in Italia. Pochissimi ne hanno preso atto con la serietà e la preoccupazione che sarebbe stata necessaria, pochi di più ne sanno qualcosa. Non se ne parla affatto, né ne è stato discusso in Parlamento o nelle amministrazioni locali delle regioni interessate, eppure, il nostro Paese ospiterà il comando del Pentagono, coordinato tra Vicenza e Napoli, nella basi operative americane Ederle, Dal Molin e Sigonella; a quest’ultima – come s’è appurato nel 2005 – fa già capo la centrale d’intelligence per le operazioni anti-terrorismo in Africa: un osservatorio di telecomunicazioni e aerei P-3C Orion gestiscono il controllo di un’area compresa tra Golfo di Guinea e Corno d’Africa e ora sopraggiungeranno altri soldati (750), armamenti e logistica. Alex Zanotelli e la sua rete stanno facendo molto per sensibilizzare la cittadinanza circa i modi in cui una decisione di tale importanza sia stata presa senza alcun riguardo per le Istituzioni: noi, in qualità di studiosi, invitiamo a prendere in seria considerazione le implicazioni di un simile accordo.
Segue l’informativa e le firme dei sottoscrittori.

Studiosi africanisti e di diverse aree disciplinari desiderano portare all’attenzione nazionale come sia passata inosservata la decisione, esternata poco prima di Natale dal Ministro degli esteri Frattini, di offrire ospitalità ad AFRICOM sul nostro territorio, e precisamente a Napoli e Vicenza (basi operative Ederle, Dal Molin e Sigonella), senza alcuna discussione in Parlamento o, quantomeno, senza alcun coinvolgimento apparente delle amministrazioni locali coinvolte [1]. Un dibattito aperto su una questione così delicata avrebbe probabilmente permesso di far riflettere questo Governo circa le reali implicazioni non solo interne, ma anche internazionali di una tale decisione e non solo alla luce di un prevedibile passaggio di consegne dall’Amministrazione Bush a quella di Obama, ma nel rispetto dell’autodeterminazione dei popoli e degli Stati.
Pochi sanno di cosa si tratti e ci sembra quindi opportuno offrire degli elementi che consentano di farsi un quadro più preciso della situazione.

Nel suo annuncio pre-natalizio, il Ministro Frattini aveva comunicato la summenzionata decisione definendo AFRICOM una delle “strutture di comando che operano nel quadro NATO”, mentre si tratta di uno dei sei comandi unificati del Pentagono e, più precisamente del «Supremo comando Americano per le truppe di terra e di mare per l’Africa». AFRICOM è stato creato nel febbraio 2007 dal presidente Bush, non reputando più sufficienti i sistemi di controllo dei tre comandi americani regionali, che si sono alternati nel controllo dell’Africa: Useucom (Europa), Uscentcom (Medio Oriente) e Uspacom (Pacifico). È vero che inizialmente sono stati gli stati africani stessi a sollecitare un punto di riferimento univoco, condannando un’apparente marginalità di interesse da parte statunitense, ma poi le caratteristiche del nuovo organismo che prendeva forma assumevano un deciso orientamento verso un controllo militare diretto dei territori dall’interno del continente: si è prodotta, di conseguenza, una forte attività diplomatica interafricana volta ad allontanare il Comando. Gli obiettivi e gli interessi di un tale organismo, dietro al pretesto di combattere i terroristi islamici tra Sahel e Corno d’Africa – peraltro già obiettivo del programma di assistenza militare transfrontaliera “Initiative Pan-Sahel” – sono la ricognizione di nuove fonti energetiche (obiettivo USA, va ricordato, è quello di aumentare entro il 2015 le importazioni di greggio africano dal 15% al 25%), la protezione degli interessi americani in Africa subsahariana e il contrasto dell’offensiva commerciale cinese, indiana e brasiliana nel continente, dopo che si sono affievoliti i termini della competizione commerciale franco-americana.
AFRICOM è stato così ospitato dall’ottobre scorso presso la base di Kelley Barracks, a sud di Stoccarda (Germania) dove ha ancora sede, dopo che il generale afro-americano William “Kip” Ward (al suo comando dal 10 luglio 2007) ha tentato invano di trovare una base per AFRICOM in Africa: specie su pressione di Mbeki, presidente sudafricano, Nigeria, Libia, Kenya, Ghana, Senegal e Sudafrica si sono opposti a quest’ingombrante presenza nel continente. Addirittura la Liberia – tradizionale alleata degli USA – ha trovato inopportuno accogliere il Comando sul proprio territorio e non è stato considerato fattibile l’ulteriore potenziamento della base navale americana Camp Lemonier a Djibuti, che è andata rafforzandosi dal 2002 fino ad ospitare oggi non meno di 1500 unità militari.
Rivolgendo la propria attenzione all’area mediterranea, il generale “Kip” ha subìto il rifiuto di Algeria, Marocco e della Spagna di Zapatero, allorché ha proposto di insediare AFRICOM a Rota (Cadice): Zapatero sapeva bene che di fronte all’opinione pubblica – particolarmente sensibile dopo gli indegni incidenti di Ceuta e Melilla, in cui forze ispano-marocchine hanno ucciso 11 migranti in due settimane, tra settembre e ottobre 2005, mentre tentavano di superare la barriera per entrare in Spagna – mai avrebbe potuto sostenere una simile impresa contro la volontà africana, ma, quando poi si è rivolto all’Italia ha trovato braccia aperte.
Il Ministro Frattini sembra dar credito alla funzione ufficiale del Comando, atta a “coordinare quel genere di sostegno che permetterebbe ai governi africani e alle attuali organizzazioni regionali di avere una maggiore capacità per fornire sicurezza e rispondere nei momenti di necessità”: funzioni, peraltro, già attive presso l’Unione Africana e i singoli organismi regionali in Africa. La funzione degli organismi regionali era un tema cui sembrava essere particolarmente sensibile quando – via l’Ambasciatore Spatafora -, nel suo precedente mandato, aveva addirittura caldeggiato una drastica conversione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU affidandosi agli organismi regionali quali membri permanenti del CS ma anche in grado di far fronte alle proprie emergenze attraverso i propri stessi strumenti. Proposta purtroppo non accolta, anche a causa di una evidente immaturità dell’Unione Europea.
Nel suo annuncio Frattini dichiarava che le sedi italiane d’AFRICOM non ospiteranno truppe da combattimento, ma solo componenti civili: è importante richiamare con forza l’attenzione sul fatto che ci si appresta ad ospitare sul nostro territorio il comando unificato militare statunitense che, oltre alla protezione degli interessi economici americani nel continente africano, ha come scopo la lotta al terrorismo e l’addestramento dei militari africani e che, per far ciò, si è dotato di MAFORAF (Marines per l’Africa) e AFAFRICA (XVII Stormo dell’aeronautica militare USA) in seno al Comando stesso! Proprio quest’ultimo dovrebbe operare da Ederle, Dal Molin e Sigonella dove, a quanto pare, 750 militari e relativi armamenti sarebbero già pronti a insediarsi.
Prendendo una tale decisione, senza informarne adeguatamente Parlamento e cittadinanza, ma – a quanto dichiarato – confrontandosi con Stati africani che, certo, sono stati ben lieti di scaricare questo annoso problema sul nostro territorio, il nostro Governo non solo acconsente, ma favorisce e contribuisce attivamente all’ennesima operazione coloniale che mira al controllo delle aree strategiche dell’Africa e che – soprattutto – l’Africa non vuole.
Sostenendo la campagna portata avanti da Alex Zanotelli, per sensibilizzare la cittadinanza circa lo scavalcamento delle nostre Istituzioni nazionali e locali, attuato con una tale decisione arbitraria, riteniamo che si debbano prendere in seria considerazione le gravi implicazioni di politica estera che deriveranno da questo accordo.

[1] agi.it

Inviare la propria adesione a cristiana fiamingo

Primi firmatari:
1. Cristiana Fiamingo (docente di Storia e Istituzioni dell’Africa, Università degli Studi Milano)
2. Ivan Bargna (docente di Antropologia estetica, Università degli Studi Milano Bicocca)
3. Stefano Boni (docente di Antropologia sociale, Università di Modena e Reggio Emilia)
4. Alice Bellagamba (docente di Antropologia politica, Università degli Studi Milano Bicocca)
5. Alessandro Triulzi (docente di Storia dell’Africa Subsahariana, Università degli Studi di Napoli, l’Orientale)
6. Anna Baldinetti (docente di Storia dell’Africa Mediterranea e del Medio Oriente, Università degli Studi di Perugia)
7. Elisa Giunchi (docente di Storia e Istituzioni dei Paesi islamici, Università degli Studi Milano)
8. Francesco Surdich (docente di Storia delle Scoperte Geografiche, Università degli Studi di Genova)
9. Massimo Zaccaria (docente di Storia e Istituzioni del mondo Musulmano, Università degli Studi di Pavia)
10. Chiara Brambilla (assegnista di ricerca in Antropologia ed Epistemologia della Complessità, Università degli Studi di Bergamo)
11. Jolanda Guardi (docente di Lingua e Letteratura araba, Università degli Studi di Milano)
12. Vittorio Morabito (africanista, Parigi, già docente di Storia dell’Africa all’Università di Catania)
13. Lidia Procesi (docente di Storia della Filosofia, inc. Storia delle Filosofie extra-occidentali, Università di Roma Tre)
14. Itala Vivan (docente di Culture dei Paesi di lingua inglese, Università degli Studi di Milano)
15. Elisa Vasconi
16. Mattia Fumanti (research assistant, University of Keele, Staffordshire)
17. Giovanni Marco Cavallarin (professore di lettere, Milano)
18. Francesco Zanotelli (docente, Università di Siena, Bologna & Venezia Ca’ Foscari)
19. Federico Cresti (docente di Storia dell’Africa, Università degli Studi di Catania)
20. Chiara Letizia (docente di Scienze antropologiche ed etnologiche, Università di Milano Bicocca)
21. Daniela Melfa (docente di Storia dell’Africa, Università di Catania)
22. Umberto Pellecchia (dottorando di antropologia politica, Università di Siena)
23. Armando Cutolo (docente di Antropologia culturale, Università di Siena)
24. Giancarlo Pichillo (dottorando Università degli Studi di Siena)
25. David Bond (Institut des Belles Lettres Arabes – Ibla, Tunisi)

8 thoughts on “AFRICOM: un Comando del Pentagono, rifiutato dall’Africa, accolto tra Sigonella, Ederle e Dal Molin

  1. intanto questi sbrodolano:

    Roma, 16 feb. (Adnkronos) – Mezz’ora di colloquio riservato a Montecitorio tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e la Speaker della Camera dei Rappresentanti Usa Nancy Pelosi, prima dell’incontro ufficiale tra le delegazioni nella Biblioteca del Presidente. All’uscita dallo studio di Fini, è il momento dei doni. Il presidente della Camera, che riceve una sorta di coppa di cristallo, offre a Nancy Pelosi una prestigiosa edizione dell’opera “Michelangelo: la mano dotta”, edita da Franco Maria Ricci con copertina in bassorilievo di marmo.

    Ma la terza carica dello Stato sorprende letteralmente l’ospite quando le consegna i certificati originali di nascita e di battesimo del nonno, Tommaso Fedele d’Alesandro, nato a Montenerodomo, in provincia di Chieti, l’11 settembre 1868, con un’immagine fotografica del paese dell’epoca. Non manca, all’insegna della pari dignità tra uomo e donna, l’atto di nascita della nonna, Maria Petronilla Foppiani, che alle “ore antimeridiane sei” del 21 ottobre 1894 è venuta alla luce nella frazione Casanova di Rovegno, in provincia di Genova.

    “E’ qualcosa di personale che mi sono permesso di offrire – dice Fini – sapendo quanto è orgogliosa delle sue radici italiane”. E Nancy Pelosi appare quasi commossa: “This is overwhelming… Dazzling”, ossia “travolgente” e “abbagliante”, e non rinuncia alla più cosmopolita delle esclamazioni: “Oh mama mia!”. Occhi lucidi, un abbraccio caloroso e l’omaggio della Speaker “ai tanti miei antenati e persone vicine che, carichi di speranza e ottimismo sono arrivati negli Stati Uniti e che con il loro entusiasmo hanno reso più americana l’America”.

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  2. Roma, 16 feb. – (Adnkronos)- ”Sto lavorando per conferire a Nancy Pelosi la cittadinanza onoraria”. E’ quanto ha dichiarato il sindaco di Montenerodomo, in provincia di Chieti, Arnaldo Rossi, la cittadina che diede i natali ai nonni paterni della speaker americana che oggi ha incontrato il presidente della Camera Gianfranco Fini. ”Purtroppo gli archivi della nostra cittadina sono stati distrutti durante l’ultima guerra mondiale – ha aggiunto – Nessuna traccia dei discendenti di Tommaso Fedele d’Alesandro. E di quella famiglia a Montenerodomo purtroppo, non c’e’ rimasto piu’ nessuno”.

    ”Ho saputo la notizia di questi antenati illustri dalla segreteria del presidente Fini, la scorsa settimana – ha aggiunto Arnaldo Rossi – Ci ha chiesto di fare alcune ricerche. Ma lo ripeto, per motivi legati ai bombardamenti del II Conflitto mondiale, sara’ molto difficile reperire altre notizie”.

    bombardamenti?
    fatti da chi?

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  3. tranquilli tutti gli imperi prima o dopo crollano niente e’ eterno anzi che rompano di piu’ le scatole a tutti cosi se e’ una legge fisica quella che dice che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, una volta per tutte la storia si liberera’ di questa gentaglia egoista fascista e chi piu’ ne ha piu’ ne metta

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  4. cari e bravi italiani cosa volete ancora di piu noi americani portiamo bene e faciamo girare la economia in torno ala base e dentro la base…..chiaramente poi penso ma si tutti quanti se lamentano del marrochini ,albanese,moldavi.etc.
    loro portano tanti disagi per la sicureza………..laciamo perdere………..
    penso che si no ci fosè per l’america in italy si parlava solo tedesco.su ……… chiedo scusa per la mia gramatica, ma devo sprimere cosa provo come americana e soldato

    GOD BLESS AMERICA

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  5. In May 2008, the United States Army War College in Carlisle, Pennsylvania, hosted “Unified Quest 2008,” the army’s annual war games to test the American military’s ability to deal with the kind of crises that it might face in the near future. “Unified Quest 2008” was especially noteworthy because it was the first time the war games included African scenarios as part of the Pentagon’s plan to create a new military command for the continent: the Africa Command or Africom. No representatives of Africom were at the war games, but Africom officers were in close communication throughout the event.

    The five-day war games were designed to look at what crises might erupt in different parts of the world in five to 25 years and how the United States might handle them. In addition to U.S. military officers and intelligence officers, “Unified Quest 2008” brought together participants from the State Department and other U.S. government agencies, academics, journalists, and foreign military officers (including military representatives from several NATO countries, Australia, and Israel), along with the private military contractors who helped run the war games: the Rand Corporation and Booz-Allen.

    One of the four scenarios that were war-gamed was a test of how Africom could respond to a crisis in Somalia — set in 2025 — caused by escalating insurgency and piracy. Unfortunately, no information on the details of the scenario is available.

    Far more information is available on the other scenario — set in 2013 — which was a test of how Africom could respond to a crisis in Nigeria in which the Nigerian government is near collapse, and rival factions and rebels are fighting for control of the oil fields of the Niger Delta and vying for power in the country which is the sixth largest supplier of America’s oil imports.
    (…)

    Among scenarios examined during the game were the possibility of direct American military intervention involving some 20,000 U.S. troops in order to “secure the oil,” and the question of how to handle possible splits between factions within the Nigerian government. The game ended without military intervention because one of the rival factions executed a successful coup and formed a new government that sought stability.

    Africa: U.S. Military Holds War Games on Nigeria, Somalia
    di Daniel Volman

    http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14783

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