Rivoluzione colorata in Iran

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I sostenitori di Mousawi non sono semplicemente “quattro gatti”: sono quattro gatti ben finanziati e istruiti da chi tenta di utilizzarli per garantirsi un maggior controllo sulla politica interna del paese, nonché ottimamente sostenuti e pubblicizzati dall’intera stampa filoamericana internazionale. Solo uno scemo potrebbe pensare che una manifestazione di protesta possa tenersi nel centro di Teheran, contro le disposizioni del governo, in una congiuntura così delicata, senza essere appropriatamente sostenuta, favorita e logisticamente diretta da un apparato di potere di qualche rilevanza. Per gestire una simile manifestazione occorre garantire che i trasporti funzionino, che le comunicazioni siano efficaci, che i leader dell’adunata siano ben protetti e ciascuno al proprio posto, che i poliziotti entro certi limiti lascino fare e che la stampa internazionale assicuri una copertura tale da scongiurare un’azione di forza opportunamente drastica. In questo senso Repubblica, giornale-maggiordomo dei nostri colonizzatori, ha svolto un lavoro eccellente, riferendo senza esitazione dei “milioni di persone” in piazza a Teheran (immagino non si tratti di dati della questura), delle terribili e antidemocratiche manganellate buscate dai facinorosi (come se ci si potesse difendere dall’ingerenza di potenze straniere nella politica nazionale con le orazioni francescane) e supportando senza esitazione la tesi dei brogli elettorali basandosi sulla pura parola d’onore di Mousawi. Chi crede che le manifestazioni di protesta di questo tipo sorgano “spontaneamente” dall’anima del popolo ha urgente bisogno di darsi una ripassata alla fenomenologia delle “rivoluzioni colorate” dell’est europeo. Anche la mia scala dai molti pioli potrebbe essergli utile.
(…)
Per capire ciò che sta succedendo a Teheran sarebbe sufficiente, ad un lettore appena smaliziato, ascoltare ciò che i padroni del mondo hanno da dire sugli avvenimenti in corso. La Casa Bianca ha appena espresso la sua “preoccupazione” sulla regolarità delle elezioni” (le irregolarità di casa loro sono evidentemente meno preoccupanti). E il dipartimento di Stato è “profondamente turbato” dalle notizie delle violenze seguite al voto. Il primo ministro inglese Gordon Brown ha detto che Teheran dovrà rispondere (a chi?) su “seri interrogativi” riguardo al voto. Anche un idiota capirebbe, a questo punto, per chi parteggiano questi marpioni. E si sa che nel loro modus operandi non esiste il parteggiare privo di sostegno finanziario e organizzativo.
(…)

Da Dietrologia iranica per principianti, di Gianluca Freda.
[grassetti nostri]

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La nuova amministrazione di Barack Obama ha riavviato, in sostanza, la vecchia politica aggressiva dei neocon dell’amministrazione precedente; ha solo fatto ricorso al maquillage ‘ecologico’ e a dei termini e a un linguaggio ‘moderati’. In pratica, tutte le promesse avanzate in campagna elettorale: chiusura di Guantanamo, ritiro dall’Iraq, rientro della politica interventista unilaterale, abolizione delle pratiche utilizzate nella ‘Guerra al Terrore’ (tortura, omicidi mirati, bombardamenti indiscriminati, ecc.); rivisitazione del Patriot Act, ecc., sono rimaste lettera morta. Solo la promessa a un maggior impegno in Afghanistan/Pakistan, è stata mantenuta da parte di Obama.
I circoli che consigliano e guidano Obama, comprendono la famiglia Brzezinsky e la famiglia Clinton, concentrati sulla politica internazionale, nonché componenti decisive dell’amministrazione Bush jr., come Geithner e Gates, ai ministeri dell’economia e della difesa.
(…)
Costretti dalla contingenza, gli USA devono mostrare ‘fermezza’ verso Tel Aviv, soprattutto ora che l’impegno del Pentagono si concentra sull’Heartland, ovvero Afghanistan/Pakistan, compito che riesce facile a Brzezinsky, da sempre poco innamorato della causa sionista e molto interessato a destabilizzare la Russia o, quanto meno, le regioni ad essa adiacenti. Quindi, le chiacchiere ecumeniche di Obama al Cairo, hanno solo un carattere strumentale, come favorire indirettamente le forze filo-occidentali, durante le elezioni in Libano; forze per le quali il discorso cairota ha avuto un effetto positivo.
Discorsi strumentali e insinuanti, come anche nel caso della videocassetta che Obama ha inviato al Popolo Iraniano, nello stesso stile attribuito a Osama bin Ladin. La ‘mano tesa’ di Obama era chiaramente un trucco; non solo una rozza forma d’influenzare l’esito elettorale iraniano, ma anche un messaggio di sostegno incondizionato alle forze antinazionali di Mussavi. Da ciò deriva il comportamento del candidato presidenziale iraniano ‘moderato’. Il suo atteggiamento e le sue azioni ricalcano quelle adottate dalle ‘forze arancioni’ in Jugoslavia e in Ucraina; il proclamarsi vincitore ad urne aperte, il minacciare il ricorso alla piazza se i risultati elettorali non rispecchiano le proprie ‘previsioni’ o i sondaggi prodotti dei soliti organismi ‘internazionali’, ‘no-profit’ e ‘imparziali’, ma tutti basati in territorio statunitense o britannico. Tutto ciò dimostra che quel che sta succedendo a Teheran è stato concordato e studiato; la borghesia iraniana è rimasta legata culturalmente ed ideologicamente agli Stati Uniti d’America; in fondo è stata Washington a plasmarla e a crescerla, ai tempi di Reza Pahlavi. Nessuna sorpresa che Mussavi e Karrubi riescano a mobilitare 100mila persone, cosa non difficile in una città di 12 milioni di abitanti.
Chiaramente, la cricca ‘geopolitica’, quella dei ‘realisti’ alla Brzezinsky, Soros e Clinton, sta giocando sul ‘fascino’ e sull’effetto internazionale del marketing elettorale di Obama, spingendo l’acceleratore, prima che questo effetto di trascinamento pubblicitario svanisca.
Perciò vediamo che i vecchi trucchi colorati vengono tirati fuori in ogni ambito e angolo del mondo in cui gli USA hanno interessi immediati. La Moldavia è stata la prima, con l’amministrazione Obama in sella a Washington, a subire tale aggressione ‘non violenta’ a base di teppisti, politicanti ‘democratoidi’ e sabotatori vari. E’ l’impiego delle ‘Quinte Colonne’, dettato dalla carenza di fondi e dalla mancanza di marines, impegnati nell’ostico fronte afgano.
(…)

Da Obama alla riscossa: la controffensiva unipolare, di Alessandro Lattanzio.
[grassetto nostro]

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“L’Iran nel caos” secondo la testimonianza di un italiano
Col nome di Dio, mi trovo in Iran da un mese, ho seguito la campagna elettorale e il voto e leggendo queste righe, come altre in questi giorni (“Iran nel caos”…?!?…”la rivolta dell’Iran”…?!?) viene da ridere….quattro teppisti (sicuramente manovrati dall’interno dai filo-occidentali su istruzioni provenienti forse dall’esterno) che bruciano cassonetti, auto, bus, banche ecc in attesa che la polizia intervenga per poi lanciare i filmati e le foto sui media internazionali e gridare alla dittatura vengono presentati come l’avanguardia della “rivoluzione verde”…
Mentre milioni e milioni di iraniani lavorano tranquillamente, fanno pic nic come sempre e vanno avanti per la propria strada, alcuni indifferenti e altri sopresi da tanto clamore esterno, e sicuramente molti altri adirati per i danni subiti ai propri beni da questa marmaglia.
Giuseppe Mahdi Aiello

San_Samuele_Venezia

A Venezia, un gruppo di attivisti dei centri sociali (i soliti smidollati che tra una canna e l’altra giocano a fare i rivoluzionari di professione) ha occupato per un’ora (dopodiché avranno ripreso la ricreazione a base di oppio e di hashish) il padiglione iraniano della Biennale d’arte di Venezia al fine di esprimere solidarietà al popolo iraniano.
I debosciati socialimbecilli dei centri sociali hanno voluto così contestare la “terribile violenza dispiegata dal ‘regime’ di Ahmadinejad nel reprimere le proteste di questi giorni”.
Le scimmie antropomorfe dell’esercito di liberazione metropolitano dei fancazzisti (SAELMF) si sono poi arrampicate sui balconi del palazzetto che ospita l’Iran, in campo San Samuele, e qui hanno sostituito l’insegna d’ingresso con un lenzuolo dove era scritto: ”Freedom for Iran now”.
Lo slogan, in inglese, la dice lunga sull’intelligenza di questi primati che utilizzano la lingua imperiale per esprimere il loro insensato e servile dissenso, così come la dice lunga sulla natura delle contestazioni che stanno avvenendo in Iran in questi giorni, laddove “folle oceaniche” di prezzolati contestatori scrivono sui loro cartelloni, in perfetto farsi: Where is my vote? Tutto ciò dovrebbe far aprire gli occhi sulla reale consistenza delle proteste in atto e sul sentimento patriottico che le anima. La stampa internazionale amplifica la portata dell’indignazione “popolare” iraniana, alimentando nella pubblica opinione di tutto il mondo l’idea dei brogli elettorali e della rete dei “cacicchi” di regime che avrebbero pilotato le elezioni a favore di Amadinejad. Eppure, l’atteggiamento di Moussavi, che ad urne ancora aperte aveva già proclamato la vittoria del suo partito e la differenza abissale di voti tra i due contendenti a spogli avvenuti (si parla di circa 10 milioni di voti di distacco, a favore del Presidente in carica), nonchè la preparazione con la quale i seguaci dell’opposizione si erano subito mossi (qualcuno li aveva istruiti a dovere?) avrebbe dovuto instillare, nelle persone di buon senso, per lo meno il germe del sospetto. Ma il buon senso è ormai una merce unica quanto rara e non alberga nemmeno più in quella sinistra estrema che, in altri tempi, era stata in grado di prendere posizioni meno supine all’imperialismo americano. Anche sul Manifesto, quotidiano pretenziosamente comunista, non si fa altro che dar voce, al pari di tutta la stampa capitalista filo-americana e filo-sionista, ai dissenzienti e fuoriusciti del regime, vagheggiando inoltre, con stolta eccitazione giornalistica, le enormi opportunità dischiuse da questa protesta popolare, la quale dovrebbe infine aprire delle brecce nel regime degli Ayatollah per l’avvio di una nuova fase di democratizzazione. Ma dire democratizzazione oggi significa esprimere ben altro concetto: quello di riallineamento alla prepotenza americana, a costo di una più pesante subordinazione dei popoli.

Da Where is your brain?, di Gianni Petrosillo.
[grassetto nostro]

ahmadinejad

Nel 1979, quando ancora eravamo giovani e sognatori, in Iràn ebbe luogo una rivoluzione. Quando chiesi agli esperti cosa sarebbe successo, si divisero in due campi.
Il primo gruppo d’iranisti sosteneva che lo Scià ne sarebbe senz’altro uscito indenne: i disordini non erano altro che un evento ciclico agevolmente gestibile dalla sua polizia, ed il popolo iraniano sosteneva compatto il programma di modernizzazione promosso dalla monarchia. Questi esperti avevano maturato la loro previsione parlando con gli stessi funzionari e affaristi iraniani con cui colloquiavano da anni: potenti persiani cresciuti nell’opulenza sotto lo Scià e che parlavano inglese, dato che di frequente gl’iranisti non parlavano il farsi molto bene.
Il secondo gruppo d’esperti considerava lo Scià un tiranno oppressore, e attribuiva alla rivoluzione l’intento di liberalizzare il paese. Le loro fonti erano professionisti e accademici sostenitori dell’insurrezione: persiani che conoscevano le idee della guida suprema ayatollah Ruholla Khomeini, ma non credevano avesse molto seguito nel popolo. Pensavano che la rivoluzione avrebbe aumentato i diritti umani e la libertà. Gli esperti di questo gruppo parlavano il farsi ancor meno di quelli del primo.
Limitandosi alle informazioni che giungevano dagli oppositori anglofoni del regime, entrambi i gruppi d’iranisti avevano maturato una visione erronea degli esiti della rivoluzione: la rivoluzione iraniana, infatti, non era portata avanti dalla gente che parlava l’inglese. Era fatta dai mercanti dei bazar cittadini, dai contadini, dai chierici: persone che non parlavano agli Statunitensi, non conoscendone la lingua. Questa gente dubitava dei pregi della modernizzazione, e non era per niente certa di quelli del liberalismo; ma fin dalla nascita coltivava le virtù musulmane ed era convinta che lo Stato iraniano dovesse essere uno Stato islamico.
Europei e Statunitensi stanno male interpretando l’Iràn da 30 anni. Anche dopo la caduta dello Scià, è sopravvissuto il mito d’un movimento massiccio di popolo che guarderebbe alla liberalizzazione: un movimento che, se incoraggiato dall’Occidente, riuscirebbe alfine a formare una maggioranza e governare il paese. Noi definiamo questo punto di vista “liberalismo iPod”: l’idea che chiunque ascolti rock ‘n’ roll su un iPod, tenga un blog e sappia cosa significhi “Twitter” debba essere un entusiasta sostenitore del liberalismo occidentale. Ancor più significativo che questa corrente non sia riuscita a capire che i possessori di iPod sono una ristretta minoranza in Iràn – un paese povero, religioso e complessivamente soddisfatto degli esiti della rivoluzione di trent’anni fa.
Senza dubbio c’è gente che vorrebbe liberalizzare il regime iraniano. La si può trovare tra le classi professionali di Tehran così come tra gli studenti. Molti parlano inglese, cosa che li rende accessibili a giornalisti, diplomatici e agenti segreti di passaggio. Sono loro quelli che possono parlare agli occidentali; anzi, sono loro quelli che vogliono parlare agli occidentali. E questa gente dà agli occidentali una visione assolutamente distorta dell’Iràn. Possono dare l’impressione che una fantastica liberalizzazione sia a portata di mano. Finché non si capisce che gli anglofoni possessori di iPod, in Iràn, non sono esattamente la maggioranza.
Venerdì scorso il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad è stato rieletto coi due terzi del voto. I sostenitori dei suoi rivali, dentro e fuori dall’Iràn, sono rimasti basiti. Un sondaggio dava per vincitore l’ex primo ministro Mir Hossein Mousavi. Sarebbe ovviamente interessante meditare su come si possa condurre un sondaggio in un paese dove il telefono non è universalmente diffuso, e fare una chiamata, anche dopo aver trovato un telefono, resta una scommessa. Un sondaggio, perciò, raggiungerebbe probabilmente la gente dotata di telefono che abita a Tehran e nelle altre aree urbane. Probabile che tra questi Mousavi abbia vinto. Ma fuori da Tehran e dalla gente facile da contattare, i numeri sono cambiati parecchio.
Alcuni accusano ancora Ahmadinejad di brogli. È possibile che vi siano stati, ma è difficile capire come si possa rubare un’elezione con un margine tanto ampio. Farlo avrebbe richiesto il coinvolgimento d’un numero incredibile di persone, ed avrebbe rischiato di generare numeri palesemente in disaccordo coi sentimenti prevalenti in ciascuna circoscrizione. Brogli su ampia scala implicherebbero che Ahmadinejad abbia manipolato i numeri a Tehran senza alcun riguardo per il voto. Ma ha tanti potenti nemici che l’avrebbero subito rilevato e denunciato. Mousavi insiste ancora d’essere stato frodato, e dobbiamo rimanere aperti alla possibilità che sia così, per quando sia arduo immaginare il meccanismo attraverso cui ciò sarebbe accaduto.
(…)
Forse il principale fattore della popolarità di Ahmadinejad è che Mousavi ha parlato per i distretti-bene di Tehran – un po’ come correre per le presidenziali statunitensi facendosi portavoce di Georgetown e del Lower East Side. Questa cosa ti segna, e Mousavi ne è uscito segnato. Brogli o no, Ahmadinejad a vinto e pure di tanto. Che abbia vinto non è un mistero; il mistero è come gli altri potessero pensare che non avrebbe vinto.

Da I travisamenti occidentali di fronte alla realtà iraniana, di George Friedman.
quiz

Questo non ha bisogno di presentazioni [dedicato ad Alessandro]:

Lo schema è più o meno il seguente:
1) Prima di tutto si ricercano contrasti politici interni al paese da destabilizzare su cui far leva per scatenare la guerra civile. In questo caso gli antichi contrasti fra Rafsanjani e Khamenei – l’uno sostenitore di Mousawi, l’altro di Ahmadinejad – capitavano a fagiolo. Ahmadinejad è un leader particolarmente sgradito a una parte del regime degli ayatollah, avendo spesso denunciato la corruzione dei suoi esponenti (particolarmente di quelli che fanno capo a Rafsanjani) guadagnandosi in questo modo un forte sostegno popolare.
2) Si organizza all’interno del paese o nelle sue vicinanze una rete di istituzioni fittizie (solitamente ONG), finanziate dall’esterno, che apparentemente perseguono nobili fini democratici, ma che mirano in realtà a fornire fondi e organizzazione agli elementi politici in grado di destabilizzare il potere in carica; in questo caso, come era già avvenuto in Georgia e Ucraina, un ruolo di primo piano è stato giocato dall’organizzazione nota come NED (National Endowement for Democracy) guidata dal neoconservatore americano Kenneth Timmerman (ci torniamo più avanti).
3) Infine, il momento di passare all’azione è quello delle elezioni. Il candidato sostenuto dalla CIA quasi sempre perde rovinosamente, visto che il popolo non è del tutto fesso. A questo punto scatta la denuncia di brogli. Il candidato della CIA dichiara, con qualche ora di anticipo rispetto alla chiusura dei seggi, di aver vinto le elezioni, pur sapendo benissimo di star dicendo una baggianata sesquipedale. E’ un tipico espediente della CIA per screditare in anticipo il risultato di segno opposto. Una volta compiuta tale affermazione, il lasso di tempo che intercorre tra la dichiarazione di vittoria preventiva e l’arrivo delle prime proiezioni dei risultati verrà visto come un tentativo delle autorità di manipolare il voto. E’ un trucco vecchissimo, ma il popolino (soprattutto se lavorato ideologicamente a dovere dai propri leader del cuore eterodiretti) ci casca sempre.
4) Si supporta tutto il caos così creato con una massiccia campagna propagandistica gestita dai media internazionali. Nella campagna mediatica i manifestanti che sfasciano vetrine e danno fuoco alle automobili vengono presentati immancabilmente come “in lotta per la democrazia”, anche se ciò che in realtà stanno facendo, consapevolmente o inconsapevolmente, è lavorare per l’asservimento del proprio paese ad una potenza straniera. Si dà abbondante risalto alle “vittime della repressione del regime”, a volte vere, a volte inventate, sempre esagerate e insignite dello status di martiri. Particolarmente schifosa l’ipocrisia dei media italiani, che dedicarono chilometri di esorcismi ai “black bloc” del G8 di Genova e ora inneggiano alle violenze dei manifestanti mascherati di Teheran come ad eroiche gesta di arcangeli della pace e della giustizia.

Veniamo a Kenneth Timmerman e alla sua NED (National Endowement for Democracy, cioè Sostegno Nazionale alla Democrazia), creata dai servizi segreti come intermediario e strumento di copertura per i fondi destinati alla destabilizzazione di una nazione. Timmerman è uno che la sa lunga. Come fa notare Daniel McAdams in questo articolo, egli aveva dichiarato, il giorno prima delle elezioni in Iran: “Gira voce che ci sarà una rivoluzione verde a Teheran”. Il fatto che Timmerman sapesse della “rivoluzione verde” prima ancora dello svolgimento delle elezioni basterebbe da solo a dimostrare il coinvolgimento americano nei disordini di Teheran. Ma lasciamo che sia lo stesso Timmerman, con sconcertante sincerità, ad esporre quali siano i reali obiettivi della sua NED (cito le sue dichiarazioni tratte dall’articolo di McAdams):
“La National Endowement for Democracy ha speso milioni di dollari nell’ultimo decennio per promuovere “rivoluzioni colorate” in paesi come Ucraina e Serbia, addestrando gli operatori della politica nell’utilizzo di moderne tecniche organizzative e di comunicazione.
Parte di quel denaro sembra essere arrivato [ovviamente andando a zonzo per conto suo, NdT] nelle mani dei gruppi pro-Mousawi, che hanno legami con organizzazioni non governative esterne all’Iran che sono a loro volta finanziate dalla National Endowement for Democracy”.

Per capire come si è arrivati ad attribuire questi fondi alle Ong finanziate dalla NED si può continuare a leggere qui.
[grassetti nostri]

cia

Spingendosi più oltre, i servizi segreti anglosassoni e israeliani hanno sviluppato metodi di guerra psicologica basati sull’utilizzo estensivo dei cellulari. Nel luglio 2008, dopo lo scambio di prigionieri e cadaveri tra Israele e Hezbollah, i robot hanno inviato decine di migliaia di chiamate ai cellulari libanesi. Una voce in arabo avvertiva di non partecipare in alcun modo alla resistenza e denigrava Hezbollah. Il ministro libanese delle Telecomunicazioni Jibran Bassil, ha presentato una denuncia all’ONU contro questa flagrante violazione della sovranità del Paese.
Sulla stessa linea, decine di migliaia di libanesi e siriani ricevettero una chiamata automatica, nell’ottobre 2008, che offriva 10 milioni di dollari per qualsiasi informazione che permettesse di localizzare e liberare i soldati israeliani prigionieri. Le persone interessate a collaborare dovevano rivolgersi a un numero nel Regno Unito.
Questo metodo viene ora utilizzato in Iran per intossicare la popolazione con la diffusione di notizie allarmistiche e per canalizzare il malcontento che suscitano.
In primo luogo è stata diffusa via SMS durante la notte dello scrutinio la notizia che il Consiglio dei Guardiani della Costituzione (equivalente al Tribunale Costituzionale) aveva informato Mir Hossein Moussavi della sua vittoria. Così l’annuncio, diverse ore dopo, dei risultati ufficiali -la rielezione di Mahmud Ahmadinejad con il 65% dei voti- apparve come un’enorme frode. Tuttavia, tre giorni prima, Moussavi e i suoi amici consideravano sicura la netta vittoria di Ahmadinejad e si sforzavano di spiegarla con gli squilibri nella campagna elettorale. Così l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani articolava le sue lamentele in una lettera aperta. Gli istituti statunitensi di sondaggi in Iran pronosticavano un vantaggio di Ahmadinejad di 20 punti su Moussavi. In nessun momento è parsa possibile la vittoria di Moussavi, anche se è probabile che i brogli abbiano accentuato il margine tre i due candidati.
Successivamente sono stati selezionati dei cittadini tra quelli che si sono fatti conoscere in Internet per conversare su Facebook o tra gli abbonati alle linee di informazione Twitter. Quindi hanno ricevuto, sempre tramite SMS, le informazioni -vere o false- sull’evoluzione della crisi politica e sulle manifestazioni in corso. Si trattava di messaggi anonimi che diffondevano notizie di sparatorie e di numerosi morti; notizie che ad oggi non hanno avuto conferma. Per una sfortunata coincidenza di calendario, l’impresa Twitter ha dovuto sospendere il servizio per una notte, il tempo necessario per la manutenzione delle sue installazioni. Ma il Dipartimento di Stato USA è intervenuto per obbligarla a sospendere questa operazione. Secondo il New York Times, queste azioni hanno contribuito a seminare la sfiducia nella popolazione.
Simultaneamente, con un nuovo sforzo, la CIA ha mobilitato i militanti anti iraniani negli Stati Uniti e nel Regno Unito per aumentare il disordine. E’ stata distribuita una Guida pratica della rivoluzione in Iran, che comprende vari consigli pratici tra i quali:
impostare gli account Twitter sul fuso orario di Teheran.
Centralizzare i messaggi sugli account Twitter@stopAhmadi, iranelection e gr88.
Non attaccare i siti internet ufficiali dello Stato iraniano. «Lasciate fare all’esercito» USA per questo (sic).
Una volta attuati, questi consigli impediscono qualsiasi autentificazione dei messaggi Twitter. Non si può più sapere se li inviano testimoni delle manifestazioni a Teheran o agenti della CIA da Langley, e non si può distinguere il vero dal falso. L’obiettivo è quello di creare ancora più confusione e spingere gli iraniani a combattersi tra loro.
Gli stati maggiori di tutto il mondo seguono con attenzione gli avvenimenti a Teheran. Tutti cercano di valutare l’efficacia di questo nuovo metodo di sovversione nel laboratorio iraniano. E’ ovvio che il processo di destabilizzazione ha funzionato. Ma non è sicuro che la CIA possa canalizzare i manifestanti perché essi stessi facciano quello che ha rinunciato a fare il Pentagono se non desiderano farlo: cambiare il regime, chiudere con la rivoluzione islamica.

Da La CIA e il laboratorio iraniano, di Thierry Meyssan.
E si profila all’orizzonte il bersaglio della prossima rivoluzione colorata made in USA: il Venezuela di Hugo Chavez.

reza palhavi

Washington, 22 giugno – Se il movimento popolare che sta protestando in questi giorni in Iran verrà sconfitto esistono seri rischi di una guerra nucleare in Medio Oriente. E’ l’allarme lanciato dal figlio dell’ultimo shah dell’Iran, Reza Pahlavi, attualmente in esilio. ”La loro sconfitta incoraggerebbe l’estremismo da oriente a occidente”, ha detto nel corso di una affollata conferenza stampa a Washington. ”L’ipotesi peggiore è che questi fanatici tiranni, una volta capito che per loro non c’è futuro, diano vita ad un olocausto nucleare”. Pahlavi, che lasciò l’Iran un anno prima della Rivoluzione Islamica del 1979 che rovesciò suo padre, ha esortato i media occidentali a continuare a diffondere le informazioni ”che provengono da diverse parti del movimento per la libertà in Iran”.
(ASCA-AFP)

Ci perdoni, sua Maestà, ma da che pulpito!
Quando lei parla di “fanatici tiranni”, a noi viene subito in mente il suo caro babbo.
E poi, per scatenare “l’olocausto nucleare”, gli iraniani a chi rubano le atomiche, ad Israele
?

NED

Bene: mi assumo la responsabilità di ciò che dico e se arriveranno delle smentite sono pronto a prenderne atto, ma mi sembra proprio che il video della “morte di Neda”, che ha fatto il giro del web e ha creato l’ennesimo simbolo di “eroismo democratico” ad uso e consumo dei telepecoroni internazionali sia un falso, anche piuttosto pacchiano, fabbricato dagli stessi registi che ci hanno offerto gli spettacoli citati più sopra. E ancora una volta il film ha avuto grande successo, almeno a giudicare dalle reazioni isteriche dei benpensanti indignati che hanno saturato la rete. Ci tengo a precisare che l’autenticità o meno del video non cambia di una virgola la mia opinione sull’indegnità di Mousawi e sullo schifo che provo per i suoi sostenitori, branco di venduti e decerebrati che stanno consegnando il proprio paese al colonialismo statunitense. Stroncare una protesta finanziata e gestita da potenze straniere e nemiche, anche a costo di provocare qualche vittima, sarebbe un atto doveroso di autodifesa nazionale. Se una protesta simile fosse scoppiata negli Stati Uniti, sarebbe stata stroncata a colpi di mitraglia – dopo poche ore, non dopo una settimana – dalla Guardia Nazionale e nessun giornale occidentale ci avrebbe trovato nulla da ridire. Israele, pochi mesi fa, ha trucidato circa 1.500 palestinesi con lanci di missili e di fosforo bianco e non ho visto sui media nazionali neanche un miliardesimo dell’indignazione sollevatasi per il (presunto) decesso di una manifestante filoamericana. E non parliamo dell’Iraq, dove gli americani hanno sterminato milioni di persone, riducendo il paese a un deserto: i morti ammazzati diventano “eroi” solo quando vengono fatti fuori dai loro stessi governi per difendersi dalle ingerenze americane. Se li ammazzano direttamente i marines, i democraticissimi media occidentali si dedicano anima e corpo ai flirt di Jennifer Lopez.
Fatta questa lunga premessa, spiego i motivi che mi spingono a ritenere che il video della “morte di Neda” sia una bufala, fabbricata pure coi piedi, il che è marchio distintivo di questo tipo di operazioni. Non c’è bisogno di sforzarsi troppo per prendere per il culo i teledipendenti occidentali, poiché essi sono convinti di sapere già tutto. E’ sufficiente fornir loro dei bias di conferma, anche dozzinalmente realizzati, a ciò che già alberga nelle loro teste. In ogni caso:
1) La mancanza di informazioni precise sulla manifestante defunta dovrebbe essere già, per il lettore attento, un segnale d’allarme. Il suo nome sarebbe Neda Agha Soltani, di cui circola su internet una foto (vedi sopra) che ben poco somiglia alla ragazza che si vede nel video. Secondo alcuni avrebbe 16 anni, secondo altri (wikipedia) sarebbe una studentessa di filosofia di 27 anni. Non sappiamo nulla della sua famiglia, non sappiamo se l’uomo con la maglietta a strisce bianche e blu che si vede vicino a lei nei video diffusi su internet sia davvero il padre, né quale sia il suo nome. Non possediamo commenti o interviste ai suoi amici, parenti o familiari. Di Carlo Giuliani conoscevamo, già poche ore dopo la sua morte in piazza Alimonda, nome, cognome, indirizzo, generalità dei genitori, vita privata e segno zodiacale. Su Neda abbiamo poche e contraddittorie informazioni, provenienti quasi esclusivamente dai social network come Facebook e Twitter.
2) Come fonte di notizie, Facebook e Twitter sono estremamente sospetti.
(…)
Sempre Twitter ha fatto sapere che “Neda è stata sepolta al cimitero Behest Zahra” e che “le autorità hanno vietato i funerali” (lieve contraddizione). Nessuno sembra aver assistito al funerale, né i parenti sembrano aver diffuso immagini delle esequie, il che contribuisce ad alimentare i dubbi.
3) Lo stesso nome “Neda” (“voce” in lingua farsi) sembra tradire una progettazione a scopo di propaganda. Oltretutto esso richiama, con inquietante omonimia, l’acronimo del National Endowment for Democracy (NED), l’organizzazione diretta dal neocon USA Kenneth Timmerman che ha finanziato e organizzato le rivolte pro-Mousawi.
4) Il video della “morte” è completamente decontestualizzato. Non si vedono punti di riferimento che permettano di capire in che luogo si svolge il dramma. Intorno alla scena si vedono alcuni signori che passeggiano tranquillamente, il che è curioso in presenza di una ragazza che, secondo le testimonianze, sarebbe appena stata colpita da un cecchino. Su Youtube c’è un altro video che mostra la ragazza in compagnia del signore dalla maglietta a strisce bianche e blu durante un corteo in via Karegar, ma nel video della “morte” l’ambientazione sembra del tutto diversa.
5) Nel video della “morte”, il signore con la maglietta a strisce grida alcune frasi (“Neda, resta con me! Non lasciarmi!”) che mi sembrano troppo hollywoodiane per essere autentiche (io non conosco il farsi, ma questa è la traduzione del sonoro che circola su internet).
6) E’ curioso che Youtube non abbia rimosso il video della morte di Neda, che è estremamente truculento e contrario alla policy del sito. Evidentemente Youtube è felice che tutti vedano quel video. Youtube è proprietà di Google, che è stato tra i principali sostenitori della campagna elettorale di Obama. Se l’amministrazione USA decide di rovesciare il governo dell’Iran, Google offre il proprio contributo alla disinformazione. Ormai non è più solo da TV e giornali che dobbiamo guardarci.
7) Ciò che ho elencato finora sono soltanto sospetti. Ma l’elemento che mi ha convinto della grossolana inautenticità del video è il seguente, ed è sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di osservare il filmato con un minimo di attenzione. All’inizio del video la ragazza sembra tenere nella mano sinistra una specie di fialetta, il cui contenuto (un liquido rosso che serve per l’effettaccio speciale) si versa poi sulla faccia, con gesto visibilissimo, durante la concitazione. Quando il videofonino che sta filmando la recita inquadra la “fialetta” ben visibile nella mano, la ragazza rivolge uno sguardo interrogativo all’operatore, come a chiedere: “Ma che fai, idiota, sveli il trucco?”. La sua mano si muove su e giù due volte, in corrispondenza della comparsa sul viso delle due prime strisce di “sangue”. Qui di seguito ci sono i fotogrammi a cui mi riferisco. Sono un po’ sfocati, ma visionando il video nella sua interezza la cosa risulta di lapalissiana evidenza.
Lo slogan con cui i seguaci di Mousawi stanno inondando la rete è: «Neda è morta con gli occhi aperti, facendo vergognare noi che viviamo con gli occhi chiusi». D’accordo per il vergognarvi, ma prima di abboccare a certe baggianate non potreste sforzarvi di aprirli un pochino quegli occhi?

Da N.E.D.A. (National Endowments for Democracy Associated), di Gianluca Freda.
[grassetti nostri]

giovane Mahmoud

La stragrande maggioranza degli iraniani ha votato per Ahmadinejad, poiché egli è un uomo modesto e devoto alla sua gente, si è preso cura dei poveri e ha tenuto l’Iran fuori dalle grinfie imperialiste. Il suo lavoro sul programma nucleare gode di vasta popolarità e nemmeno il suo sfidante sconfitto ha osato pronunciare una sola parola contro di esso. Ahmadinejad ha ricevuto forte sostegno in tutto il paese, perfino nel Nord-Ovest a maggioranza azera. E’ popolare anche nel resto del globo come simbolo della ribellione del Terzo Mondo, alla pari con Castro e Chavez. Mantiene buone relazioni con le confinanti Russia e Cina, oltre che con l’Iraq e l’Afghanistan occupati dagli USA. La visita lampo di Ahmadinejad alla conferenza dello SCO a Yekaterinenburg nel bel mezzo della rivolta ha dato prova delle sue qualità di uomo di Stato. Nel suo discorso, orgoglioso e acclamato, non ha mai fatto riferimento alla crisi in patria e ha ricevuto le congratulazioni dei suoi alleati, il presidente Medvedev e il presidente Hu Jintao, per la sua vittoria elettorale. Le sue coraggiose posizioni antisioniste lo hanno reso popolare ai vicini arabi dell’Iran, seppur con fastidio da parte dei governanti arabi locali. Nel 2006 le sue armi hanno salvato il Libano dall’essere divorato da Israele. A volte si spinge troppo oltre, ma d’altronde in quale altro modo potrebbe capire quanto lontano può spingersi?
Le accuse di brogli elettorali sono del tutto prive di fondamento, come ben spiegato dal nostro amico James Petras, mentre Thierry Meissan ha esposto le tecniche utilizzate per convincere gli iraniani di essere stati imbrogliati. Ma al di là delle accuse di “brogli”, c’è un’altra osservazione che è veritiera: le elite spesso non amano la democrazia e le decisioni a maggioranza. Chi è ricco, istruito e potente sente che la sua voce non dovrebbe avere lo stesso peso di quella di un comune lavoratore o contadino. Essi sono a favore di “un governo delle elite e di un voto la cui rilevanza per ciascun individuo sia determinata dalla sua posizione in quella stessa elite”, come era solito dire un personaggio di Ian Fleming, Henderson, investigatore australiano e ubriacone, amico di James Bond, in “Si vive solo due volte”.
Solitamente le elite trovano il modo di “manovrare” la democrazia, in modo che la gente normale debba necessariamente votare per un rappresentante dell’elite. E’ il sistema che vige dall’India agli Stati Uniti. Tuttavia in alcuni momenti critici questo sistema non funziona più. In questi casi le elite ignorano il voto della maggioranza ed agiscono in modo diretto. E’ quello che successe in Russia nel 1993, quando le nuove elite filo-occidentali non si trovarono d’accordo con la maggioranza rappresentata nel Parlamento e mandarono i carri armati a cannoneggiare il Parlamento stesso. Sulle sue rovine, essi instaurarono il nuovo sistema di governo diretto. E’ quello che successe a Belgrado, dove i serbi dovettero votare più e più volte finché non fosse confermato il candidato sostenuto dalle elite. Perciò, a livello psicologico, i sostenitori di Mousawi sentono di essere stati derubati del potere che gli spetta. Ma le elezioni in Iran non sono rare: costoro possono ancora aggiustare il tiro delle proprie aspirazioni, offrire maggior considerazione ai desideri della gente comune e attendere le prossime elezioni.
(…)
Gli iraniani hanno adesso l’importante compito di rammendare gli strappi e le sfilacciature provocate dalla campagna “colorata” dei sionisti. Dovrebbero ricordarsi che esistono tecniche molto avanzate di manipolazione psico-sociale che permettono ai malfattori di sfruttare i social network come Twitter per catturare e distruggere una società. I comuni cittadini iraniani che sono stati catturati da questa forma di controllo mentale sono innocenti come se fossero stati avvelenati. Il tempo di lanciare pietre è finito, ora è tempo di rimetterle insieme.

Da Iran: tutto è bene ciò che finisce bene, di Israel Shamir.
[grassetto nostro, ma non crediamo sia ancora finita]

sceriffo

In questi giorni, a chi segue le notizie provenienti dall’Iran e cerca d’interpretare la portata degli eventi in corso, non sarà sfuggito il totale allineamento pro-“dimostranti” di tutte le opinioni ammesse dal sistema mediatico occidentale. Non solo quello “ufficiale” delle tv e dei giornali ad alta visibilità (garantita dal meccanismo delle rassegne stampa), ma anche di gran parte di quello per così dire “alternativo” dei siti e delle agenzie “pacifiste”. La voce unanime che accomuna tutti costoro è che le elezioni presidenziali iraniane sono state “falsate da brogli” e che gli iraniani vogliono “libertà e democrazia”. E tanto basterebbe per convincere un pubblico naturalmente distratto e non qualificato della bontà dei motivi per cui “gli iraniani” scendono in piazza per protestare contro “il regime”.
Tra tutti i motivi messi in giro dalla macchina disinformativa ci ha colpito in particolare quello di chi è giunto – in una sede considerata “autorevole”, gestita da “accademici” – a definire “resistenza” un’organizzazione come quella dei “Mujahidin del Popolo” resasi responsabile di una catena ininterrotta di attentati in tutto l’Iran (v. il famoso “terrorismo” contro cui tutti dovremmo unirci). Forse costoro credono sia giunto il loro momento di gloria? Ci si può documentare facilmente sulle imprese di questa organizzazione e la scia di sangue che sin dall’inizio della Rivoluzione del ’79 ha colpito la Repubblica Islamica dell’Iran. Purtroppo per gli sponsor di questi “resistenti”, accolti non molto tempo fa con grandi onori presso il Parlamento Europeo (!) dagli agenti che in quella sede ha il partito americano-sionista, la nuova “rivoluzione colorata” (di verde!) pare già abortita prima di condurre all’agognato abbattimento del “regime”. Non ce la possono fare dall’esterno, militarmente, sia perché impantanati in Iraq e Afghanistan, sia perché l’Iran è inattaccabile, iperprotetto ed armato com’è fino ai denti, quindi hanno scelto di giocare la carta della sovversione interna, resa difficilissima però dall’assenza in loco delle ONG delle “rivoluzioni colorate” e delle tv private.
La macchina della propaganda occidentale, come detto, va a tutto gas, sempre più patetica e dalla fervida immaginazione. Gli inviati-fotocopia che si dolevano di non poter più “informare” a causa della scadenza dei visti (hanno mai intervistato, questi “professionisti”, un sostenitore di Ahmadinejad?) si sono ridotti a smanettare su Facebook e su qualche altro arnese simile alla ricerca dell’ultimo “video-verità”.
(…)
Ma chiediamoci: perché tutta questa agitazione intorno all’Iran? Perché il risultato delle elezioni (alle quali ha partecipato l’85% degli aventi diritto, a differenza delle nostre elezioni, che ormai non entusiasmano più nessuno) dovrebbe essere “falsato”? Chi lo dice? Qualche istituto “indipendente”? E chi è che ha l’autorità per ficcare il naso in questo modo in casa d’altri? Noi lo sopporteremmo (in effetti lo facciamo, dal ’45 in poi, passando per i “casi” Mattei, Moro, “misteri d’Italia”, servizi cosiddetti “deviati” e “terrorismo rosso” e “stragismo nero”, Cermis, Mani Pulite, fino alle ultime uscite su “Papi&Noemi”, e la cosa non ci fa molto onore come “popolo italiano”). Insomma, qual è il “problema” con l’Iran? Quale “pericolo” rappresenta per noi? Parliamone, magari in un confronto tra “punti di vista” divergenti così come piace alla retorica “democratica”, così vediamo di chiarire una cosa che altrimenti rischia di non assumere connotati chiari (le manfrine sui “diritti umani” lasciamole perdere, perché chi ne fa uno strumento di pressione in giro per il mondo è il primo che dovrebbe starsene zitto).
La verità – oltre al dato geopolitico – è che non si vuol prendere atto da trent’anni che nel 1979 in Iran è avvenuto un evento di quelli che andrebbero studiati sui manuali di Storia, come l’89 della Rivoluzione francese o il ’17 della Rivoluzione bolscevica, che a torto o a ragione sono considerate delle date-simbolo. Questo rifiuto di accettare che anche i non europei possano scrivere pagine di “storia universale” è uno dei tanti segni della boria della cosiddetta “civiltà occidentale” e dei suoi rappresentanti. Una cosa è certa: dall’esito di questa situazione in Iran dipenderà molto di quel che resta di speranza, per noi italiani ed europei, di affrancarsi dalla presa del dominio occidentale.

Da La fantasia al potere: le invenzioni della propaganda occidentale contro la Repubblica Islamica dell’Iran, di Enrico Galoppini.
[grassetto nostro]

tehran 20.6.09

Libera stampa e manifestanti pacifici
Teheran, 25 giugno – ‘Press tv’, canale pubblico iraniano, accusa oggi dalle pagine del suo sito web la ‘Cnn’, emittente americana, di riportare notizie false sull’Iran, “in linea con i tentativi dei media stranieri di mettere a repentaglio la stabilità della Repubblica Islamica”. La televisione iraniana punta il dito, in particolare, contro i “testimoni” citati dalla ‘Cnn’ durante gli scontri avvenuti ieri a piazza Baharestan, davanti alla sede del Parlamento di Teheran, che hanno riferito “di massacri” ad opera delle milizie paramilitari filo-governative.
(Adnkronos/Aki)

Teheran, 25 giugno – Venti persone, tra le quali otto volontari delle milizie Basij, sono stati uccisi durante gli scontri scoppiati a Teheran dopo le elezioni presidenziali del 12 giugno scorso. E’ l’ultimo bilancio fornito dalle autorità iraniane, secondo quanto riferisce il sito web dell’emittente televisiva iraniana ‘Press Tv’. “Tutti i membri dei Basij sono stati uccisi da colpi d’arma da fuoco e ciò dimostra che c’erano uomini armati a fomentare i disordini tra i manifestanti”, si legge sul sito web, che cita fonti ufficiali iraniane.
(Adnkronos/Aki)

voice of america

Si presti attenzione al seguente passaggio di un articolo pubblicato sul quotidiano Il Foglio nel novembre di quattro anni fa.

“L’Amministrazione americana sponsorizza attualmente quattro nuovi programmi quotidiani dell’emittente “The Voice of America”, che secondo un recente sondaggio vengono visti (malgrado un divieto ampiamente evaso sulle antenne satellitari) da circa il 10% della popolazione iraniana. Questi programmi hanno recentemente mandato in onda alcune interviste a un leader studentesco e a un militante politico, che hanno criticato i religiosi iraniani per aver impedito a centinaia di candidati di presentarsi alle recenti elezioni presidenziali.”

Da Eppure il popolo sta con l’occidente, di Philip H. Gordon.

usaid

Ne La Stampa di domenica 28 giugno, il sempre ottimamente informato Maurizio Molinari ci informa che…

«Hai fatto un grave errore a schierarti dalla parte dei manifestanti»: Mahmud Ahmadinejad tuona alla volta di Barack Obama, in coincidenza con le notizie che rimbalzano da Washington sulla scelta del Dipartimento di Stato di mettere a disposizione del dissenso fondi per almeno 20 milioni di dollari.
Il presidente iraniano ha attaccato frontalmente l’inquilino della Casa Bianca pronunciando un discorso a dipendenti del ministero della Giustizia. «Siamo molto sorpresi da Mister Obama – ha detto Ahmadinejad, ripreso in diretta dalla tv statale – non ci aveva forse detto che perseguiva un cambiamento? E allora perché ha scelto di interferire in Iran?». E ancora: «Gli americani continuano a dire che vogliono dialogare con l’Iran ma il metodo che hanno scelto non è quello corretto». Da qui l’affondo: «Schierarsi a sostegno dei manifestanti responsabili di gravi disordini e violenze è stato un grave errore».
Le parole di Ahmadinejad arrivano all’indomani della nuova condanna della repressione pronunciata da Obama ricevendo alla Casa Bianca la cancelliera tedesca Angela Merkel, ma ciò che più potrebbe aver irritato Teheran è la decisione presa dal Segretario di Stato, Hillary Clinton, di mettere a disposizione degli attivisti di opposizione fondi federali per 20 milioni di dollari. A darne l’annuncio sono le 31 pagine del bando denominato «Support for Civil Society and Rule of Law in Iran» (Sostegno per la società civile e lo Stato di diritto in Iran), che prevede l’assegnazione di «grants» da parte di UsAid, l’Agenzia per lo sviluppo internazionale del Dipartimento di Stato.
I finanziamenti andranno a chi presenterà progetti e programmi per «promuovere la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto in Iran» compilando gli appositi moduli disponibili sul sito http://www.grants.gov e inviandoli all’«Office of Acquisition and Assistance» della UsAid al numero 1300 di Pennsylvania Avenue. I «grant» potranno essere richiesti da singoli o gruppi di cittadini iraniani entro il 30 giugno e sarà poi l’UsAid ad esaminarli ed assegnarli, elargendo cifre da un minimo di 100 mila dollari ad un massimo di 3 milioni di dollari: somme apparentemente non ingenti ma che in Iran possono garantire ampi margine di azione.
Il bando suggerisce ai concorrenti alcuni «esempi» di programmi possibili: denuncia della corruzione, migliore organizzazione delle ong, uso dei nuovi media. Si tratta di una strategia di sostegno all’opposizione in Iran che venne inaugurata dall’amministrazione Bush e che ora Obama dimostra di voler continuare attraverso la «Near East Regional Democracy Initiative». «Parte dei fondi di questa iniziativa sono destinati ad aumentare l’accesso da parte degli iraniani alle informazioni e comunicazioni via Internet» spiega a «UsaToday» David Carle, portavoce della sottocommissione del Congresso che li ha autorizzati, lasciando intendere la volontà di rafforzare le potenzialità del popolo di twitter che nelle ultime settimane si è dimostrato molto attivo nel sostenere le proteste.
Per la Casa Bianca questa scelta non implica comunque «interferenze in Iran». Tommy Vietor, portavoce del presidente, lo dice così: «Gli Stati Uniti non finanziano alcun movimento o fazione politica in Iran, sosteniamo però i principi universali dei diritti umani, della libertà di parola e dello Stato di Diritto». Ian Kelly, portavoce di Hillary Clinton, aggiunge: «Rispettare la sovranità iraniana non significa restare in silenzio su questioni inerenti a diritti fondamentali di libertà, come il diritto a protestare pacificamente». Si tratta di un approccio che ricalca quello avuto dagli Stati Uniti con l’Urss dopo la Conferenza di Helsinki del 1975 quando la Realpolitik del dialogo bilaterale si coniugò al sostegno di singoli gruppi di attivisti per i diritti umani. La differenza rispetto al precedente programma di finanziamenti di Bush – il Segretario di Stato Condoleezza Rice stanziò 66 milioni di dollari per l’Iran nel 2006 – sta proprio nel fatto che allora i fondi andavano a gruppi politici organizzati mentre in questo caso l’assegnazione dei «grant» è a singoli cittadini.
[grassetto nostro]

otpor

Veniamo da lontano…
Ieri in Jugoslavia (2000), oggi nella “rivoluzione verde” in Iran, passando attraverso le “colorate” rivoluzioni destabilizzatrici, tentate in Bielorussia, Ucraina, Georgia, Kirghizistan, Russia… puntualmente ricompaiono alcuni noti esponenti del movimento giovanile serbo, che fu finanziato e addestrato dalla CIA per rovesciare il governo di unità nazionale della RFJ.
Nel tentato colpo di stato di queste settimane in Iran, sponsorizzato e sostenuto dalla “intelligence” USA, conscia della non convenienza di un’aggressione armata aperta, per molteplici motivi, sia militari che geopolitici nell’area mediorientale, stanno pian piano venendo alla luce i “lati oscuri” della “spontanea” protesta popolare a Teheran. Per esempio che il “ Centro di documentazione dei diritti umani in Iran”, situato presso l’Università di Yale, è finanziato con milioni di dollari fin dal 2004, soldi stanziati dal governo USA e giustificati come: “…un piccolo programma di aiuto del governo americano destinato all’opposizione iraniana all’interno del Paese…”.
Nell’aprile 2005 a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, Washington ha patrocinato e organizzato dei corsi segreti nei quali “attivisti” iraniani pagati, venivano istruiti sul come fare per rendere vacillante la posizione di Ahmadinejad. Ed ecco che si scopre che uno degli “istruttori” che Washington portò a Dubai per insegnare ai giovani iraniani come destabilizzare il loro paese ed offrirlo all’occidente per “democratizzarlo”, non era altri che il venditore delle rivoluzioni colorate nel mondo, pianificate dal Dipartimento di Stato degli USA, l’attivista serbo e fondatore di Otpor, Ivan Marovic.
In una intervista pubblica lo stesso Marovic ha dichiarato: «…Il programma dei lavori è consistito nello spiegare le tecniche di mobilitazione della popolazione nella situazione in cui la paura fosse alta e ci fossero tensioni nella società, il che significa che si è nel bel mezzo di una crisi politica… Si è discusso su come superare quel tipo di crisi senza distruzioni di proprietà e perdita di vite umane. Queste sono strategie non violente di mobilitazione civica. Questo è un lavoro standard basato sugli esempi di Otpor, ossia la nostra lotta contro Slobodan Milosevic…»
Nel 2006 l’amministrazione Bush aveva chiesto 75 milioni di dollari al Congresso degli Stati Uniti per sostenere l’opposizione al governo iraniano.
Con lo stesso schema operativo, usato da Otpor e ritentato nelle cosiddette “rivoluzioni colorate” seguenti, i contestatori iraniani hanno usato le elezioni come scusa, seguendo un copione infallibile preordinato, che prevede l’inizio delle denunce di probabili brogli prima del voto e poi, anche immediatamente prima della chiusura dei seggi, iniziando a manifestare massicciamente e tumultuosamente, reclamando che le elezioni non sono valide e che il popolo è stato ingannato; “Dove è il mio voto? “ lo slogan ad uso mass mediatico, usato a Teheran.
Tutto questo appoggiato e sostenuto dal pronto e roboante martellamento mediatico delle zelanti agenzie di stampa occidentali, con una copertura mediatica 24 ore su 24, che fanno vedere o ripetono le stesse scene in continuazione in ogni angolo del mondo. I contestatori iraniani sono istruiti affinché continuino ad insistere che il “loro” presidente non è quello che ha vinto le elezioni (Ahmadinejad), ma invece sarebbe l’uomo che Washington e l’occidente sostengono (Mousavi, che è salutato dai media filo-occidentali come un candidato per le riforme), chiedendo, come fece Otpor in Serbia nel 2000, il riconteggio dei voti o nuove elezioni. In entrambi i casi, deve essere un centro “indipendente” (finanziato da Washington o dall’occidente) ad avere il compito di dichiarare il vero vincitore.
I contestatori iraniani, come Otpor, Kmara, Pora e gli altri prima di loro, sebbene pubblicizzino le loro proteste come un “movimento non violento”, attaccano e provocano le forze di sicurezza con atti di violenza usando pietre e molotov, attaccando poliziotti isolati, insultando o provocando, cercando di provocare reazioni violente, con altri elementi pronti a riprendere con macchine fotografiche o videocamere, che in pochi minuti fanno il giro del mondo e dimostrano la repressione violenta dei “regimi antidemocratici”… E, se lo stato od il governo attaccato, non usano la forza contro la piazza manovrata, può essere rovesciato. Nel caso contrario il rischio è che qualcuno ci lasci la vita, solitamente qualche giovane inconsapevole di essere una pedina in un gioco geostrategico, molto distante dalla ricerca di maggiori diritti o progresso nella vita delle masse popolari.
(…)

Da Le “ombre” di Otpor e della CIA in Iran, di Enrico Vigna.
[grassetto nostro]

brzezinski

Nel paese delle meraviglie iraniano le cose si fanno sempre più curiose. Pensate a quello che è successo la scorsa settimana durante le preghiere del venerdì a Teheran (17 luglio u.s. – ndr), condotte personalmente dall’ex presidente Ayatollah Hashemi Rafsanjani, anche detto “Lo Squalo”, l’uomo più ricco dell’Iran che deve parte delle sue fortune all’Irangate, cioè ai contratti segreti degli anni Ottanta con Israele e gli Stati Uniti per l’acquisto di armamenti.
Com’è noto, Rafsanjani sta dietro al raggruppamento conservatore pragmatico Mir-Hossein Mousavi-Mohammad Khatami che ha perso la recente battaglia per il potere – più che le elezioni presidenziali – contro la fazione ultra-conservatrice Ayatollah Khamenei-Mahmud Ahmadinejad-Guardie della Rivoluzione. Durante le preghiere, i sostenitori della fazione egemonica urlavano il solito “Morte all’America”, mentre i conservatori pragmatici se ne sono usciti, per la prima volta, con “Morte alla Russia!” e “Morte alla Cina!”
Ops. Diversamente dagli Stati Uniti e dall’Europa Occidentale, sia la Russia che la Cina hanno accettato quasi istantaneamente la contestata rielezione di Ahmadinejad. È questo a renderli nemici dell’Iran? Oppure i conservatori pragmatici non sono stati informati che l’“eurasiomane” Zbig Brzezinski – che gode dell’attenzione incondizionata del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama – va predicando dagli anni Novanta che è essenziale spezzare l’asse Teheran-Mosca-Pechino e silurare l’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (Shanghai Cooperation Organization, SCO)?
E non sanno, poi, che i russi e i cinesi – come gli iraniani – sono decisi propugnatori della fine del dollaro come valuta di riserva globale a vantaggio di un paniere (multipolare) di valute, una divisa comune della quale il Presidente russo Dmitrij Medvedev ha avuto l’ardire di presentare un prototipo durante il summit del G-8 svoltosi all’Aquila, in Italia? A proposito, bella monetina. Battuta in Belgio, sfoggia i volti dei capi del G-8 e un motto: “Unità nella diversità”.
“Unità nella diversità” non era esattamente quello che ha in mente l’amministrazione Obama quando si parla di Iran e Russia, indipendentemente dai miliardi e miliardi di byte di retorica.
(…)

Da Iran e Russia, scorpioni in una bottiglia, di Pepe Escobar.

hillaryclinton

Da un’intervista della CNN con Farred Zacharia, il 9 agosto 2009, al Segretario di Stato USA, Hillary Clinton.
– Fareed Zakaria: “A proposito dell’Iran, come lei sa, molte persone dicono che il Presidente e lei siete stati troppo lenti nel condannare ciò che sembravano essere state delle elezioni fraudolente e troppo lenti a offrire sostegno alle persone del popolo, perché si voleva preservare la possibilità di negoziare con l’Iran. Potete davvero negoziare con l’Iran in questa situazione? Capisco che, in generale, dobbiamo negoziare con tutti i tipi di regimi. Ma, in pratica, adesso, con Ahmadinejad nominato presidente in una atmosfera assai conflittuale, non lo legittimerete negoziando con lui?”
– Hillary Clinton: “Permettetemi di rispondere alla prima parte della sua domanda sulla nostra reazione. Vi è stato un altro aspetto molto importante. Non ci volevamo trovare tra le proteste e le manifestazioni legittime del popolo iraniano e il potere. E sapevamo che se si interveniva troppo presto, e troppo decisamente, l’attenzione avrebbe potuto oscillare e il potere avrebbe cercato di utilizzarci per unificare il Paese contro i manifestanti. E’ stata una decisione difficile, ma credo che, in retrospettiva, ne siamo usciti bene. Tuttavia, dietro le quinte, abbiamo fatto molto. Come sapete, i giovani … uno dei nostri giovani del Dipartimento di Stato ha scritto a Twitter “Continuate”, nonostante il fatto che avevano previsto una sosta tecnica. Così abbiamo fatto molto per rafforzare i manifestanti senza esporci. E continuiamo a parlare ed a sostenere l’opposizione.”
[Fonte: eurasia-rivista.org]

Continua?
Eccome se continua!

Ed il nostro (?) ineguagliabile ministro degli Esteri non si fa certo trovare impreparato all’appuntamento:
Roma, 30 dicembre – ”Abbiamo chiesto che tutte le capitali europee convochino gli ambasciatori iraniani e che, contemporaneamente, vi sia un passo formale della presidenza UE, ancora svedese per qualche giorno, a Teheran presso il governo locale”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Franco Frattini ad Affaritaliani.it sottolineando quali passi potrebbe e dovrebbe compiere l’Unione Europea per fermare le violenze in Iran contro l’opposizione.
”E’ chiaro – ha aggiunto il ministro – che questo presuppone anche una forte intesa con gli Stati Uniti d’America, che evidentemente nei prossimi giorni si concretizzerà nei contatti che ci saranno, e che gia’ ci sono, attraverso i nostri segretari generali dei rispettivi ministeri degli Esteri, al fine di coordinare una posizione sin dai primi giorni dell’anno prossimo”.
(ASCA)

Un doveroso ripasso
Per quanto mi sforzi, mi vengono in mente ben poche nazioni al mondo i cui cittadini non parteciperebbero con gioia ad una pubblica impiccagione dei propri governanti. Forse farebbero eccezione giusto la Svizzera, il Lussemburgo e il Principato di Monaco, ma nemmeno su questo metterei la mano sul fuoco. Anzi, mi vengono in mente pochissimi paesi nel cui organismo sociale non siano presenti, in potenza, le condizioni di furore represso che potrebbero portare da un giorno all’altro alle stesse scene di guerriglia urbana che vediamo oggi nelle città dell’Iran. O nel quale, se tali condizioni non sono presenti, non possano comunque essere create con poco sforzo. E questo non certo da oggi e non certo a causa dell’impazzare della crisi, ma in ogni tempo e in ogni condizione storica. L’Italia è pronta da tempo per una guerra civile, che è stata accuratamente gestita e fomentata; lo stesso vale per la stragrande maggioranza dei paesi europei; negli Stati Uniti basterebbe una scintilla qualsiasi per dare fuoco alle polveri dell’insicurezza, dell’invidia, del razzismo, dell’antagonismo congenito, della disuguaglianza sociale, della disoccupazione dilagante; eccetera eccetera, trovatemi un paese (un paese di rilievo nello scacchiere geopolitico) che non sia pronto, almeno in teoria, ad assaltare in letizia la propria sede del Parlamento o il proprio palazzo dell’Esecutivo. Eppure questo accade solo in alcuni paesi e solo in particolari congiunture politiche.
(…)
Di fronte a qualunque evento rivoluzionario o simil-rivoluzionario, le prime domande che una persona con i piedi per terra dovrebbe porsi sono: da quale élite è stato progettato e gestito? A quale scopo? Sulla base di quali interessi nazionali e/o internazionali? Senza chiedersi questo si finisce per concepire la politica e la storia come narrazioni favolistiche, che hanno più a che fare con l’immaginario cinematografico di massa che non con le effettive meccaniche geostrategiche degli interessi in campo. Chiediamoci dunque: quale ristretto gruppo ha progettato e sta attualmente coordinando l’ennesima rivoluzione colorata di questi anni, quella “verde” iraniana? Il lettore di cui sopra non vuol sentire nominare né la CIA (coacervo di interessi sparsi in cui le mire americane giocano un ruolo di rilievo) né i “disinformatori reazionari” del Mossad (dove prevalgono le prospettive di controllo israeliano sul Medio Oriente). Okay, lo faccio contento e non li nomino. Però ci dica allora lui, se ne è in grado, quali soggetti sono più interessati (e dunque più sospettabili) di questi a dirigere quello che appare a tutti gli effetti come un colpo di stato volto a sovvertire le istituzioni (democraticamente elette o no, poco importa) della Repubblica Islamica. I servizi segreti pakistani? Stephanie di Monaco? Il Dalai Lama? Sono aperto ad ogni ipotesi. Basta che non si tirino fuori le “persone” che si ribellano al “regime oscurantista, obsoleto e tirannico”. Per questo Natale ho già accompagnato le bambine al cinema a vedere il film della Disney e la mia razione di principesse e ranocchi me la sono già sorbita, grazie.
Del resto non è per semplice idiosincrasia o paranoia che i nomi di queste due agenzie vengono evocati a proposito della crisi iraniana. Esiste, prima di tutto, una cosa che si chiama “modus operandi”, a cui ogni buon investigatore fa riferimento quando si tratta di ipotizzare le responsabilità di un crimine. La rivoluzione iraniana somiglia a molte altre “rivoluzioni” già viste in passato per i simboli che utilizza (il colore), per le modalità con cui ha preso avvio (la contestazione di brogli inesistenti, la proclamazione preventiva della vittoria dello sfidante fatta prima degli exit poll allo scopo di invalidare il risultato dello spoglio), per l’escalation di tensione generato attraverso omicidi “mirati” e opportunamente propagandati (quello finto di Neda, con un noto contatto dell’intelligence occidentale, Arash Hejazi, che nel video rovescia in faccia alla ragazza la fialetta di liquido rosso; quello più recente del nipote di Mousawi), per l’utilizzo di social network come Twitter e Facebook a scopo di mobilitazione della massa, per le tattiche di guerriglia utilizzate nelle strade, sempre uguali in ogni paese in cui vi sia da rovesciare un “tiranno”, dall’Europa al Medio Oriente. Di fronte a modalità operative così simili, ipotizzare l’esistenza di una stessa regia dietro i disordini non è semplicemente il vezzo di chi ama accusare dei mali del mondo sempre lo stesso babau: è invece una possibile conclusione logica a cui puntano mille differenti indizi e che solo uno sciocco accecato dall’ideologia rifiuterebbe di prendere in considerazione.
Inoltre, cerchiamo di stare ai fatti e di non farci distrarre dai nostri aneliti ad un mondo perfetto di pace e giustizia: abbiamo un paese che sta sfidando l’intera comunità dei dominanti di questa fase storica per dotarsi di tecnologia nucleare da sfruttare in campo energetico e militare; un paese ricco di petrolio, che ha già attivato una borsa internazionale in cui l’oro nero può essere scambiato in valute diverse dal dollaro; un paese con un’influenza militare e territoriale sulla regione che è cresciuta a dismisura dopo l’invasione americana dell’Iraq, dove gli sciiti filo-iraniani tengono in pugno molte zone cruciali del sud; un paese che aspira ad entrare nello SCO, che ha iniziato a intrattenere rapporti sempre più stretti con grandi potenze emergenti come Cina e Russia, che da esse acquista tecnologia militare all’avanguardia e con esse stringe accordi commerciali ed energetici privilegiati. In sostanza, l’Iran è un paese che sta dirigendosi a tutta velocità verso lo status di grande potenza indipendente sul piano economico, militare, commerciale, politico, diplomatico, minacciando i visibilissimi piani di predominio israelo-americani sulla regione. Usiamo il rasoio di Occam: è più probabile che ad aver progettato la caduta del governo di Ahmadinejad siano i grandi interessi geostrategici dei paesi dominanti – che non sono certo nuovi a questo tipo di operazioni e possiedono le risorse e il know how per portarle a termine – minacciati dalla crescita senza freni dell’Iran, oppure un pugno di scalmanati vestiti di verde, che non sembrano in grado di approntare strategie politiche diverse dall’intonazione di slogan e dall’incendio di autoveicoli in sosta? E’ legittimo porsi questa domanda e cercare di darsi una risposta? O siamo condannati a ragionare in eterno in termini grezzamente e videocraticamente moralistici, dove “libertà” e “oppressione” sono le due uniche categorie di riflessione che ci è consentito utilizzare?
(…)
L’Iran è oggi un paese in ascesa. Ha un’economia in forte sviluppo, un apparato militare in grado di garantirgli la dovuta protezione, buoni rapporti diplomatici e commerciali con le potenze orientali, un sistema d’istruzione di alto livello, una posizione territoriale invidiabile che promette di consolidarsi nel futuro, possiede risorse energetiche che possono garantirgli la ricchezza. Ha una classe politica che sarà anche corrotta e “oscurantista” (qui bisognerebbe capire quale classe politica non lo è), ma che eventualmente lo è in proprio, non per imposizione di manovratori esterni che dettano direttive e politiche nazionali in nome di interessi contrastanti con quelli della nazione. I manifestanti che vediamo in questi giorni scatenare la violenza nelle strade iraniane rappresentano una miserabile minoranza della popolazione che – consapevolmente o no, poco importa – vorrebbe svendere a una potenza straniera e nemica questa invidiabile posizione geostrategica del paese per averne in cambio le fumose chimere consumistiche martellate nelle loro teste dagli stessi strumenti di propaganda che hanno ridotto un paese un tempo ricco come l’Italia a dibattersi nella melma schiavile in cui oggi la vediamo affondare. Non c’è un solo paese che, caduto dopo il 1989 nelle grinfie coloniali dell’unica superpotenza rimasta, non sia diventato l’ombra di se stesso. Ne sanno qualcosa i paesi dell’est, molti dei quali rimpiangono ormai apertamente il defunto sistema sovietico. Lo sanno ancor meglio paesi come la Georgia o l’Ucraina, che hanno incautamente e giovanilmente appoggiato le loro rivoluzioni colorate per trovarsi oggi a combattere – e ad essere repressi con straordinaria efficacia – contro gli stessi governanti a favore dei quali avevano a suo tempo sventolato le bandierine arcobaleno.
Pertanto, l’essere contrario o favorevole al governo iraniano, contrario o favorevole al popolo vociante, è un problema che non mi pongo nemmeno. Quello che voglio è agevolare, in ogni modo possibile, il declino ormai avanzato del sistema monocentrico che ha caratterizzato nell’ultimo ventennio le dinamiche geopolitiche. E’ più che evidente che ciò che si prospetta all’orizzonte è una fase policentrica, in cui i vecchi equilibri del potere globale saranno scossi dall’ingresso nell’agone politico-economico di nuovi soggetti di rilievo. La Cina, la Russia, l’India, forse lo stesso Iran, potrebbero dare il colpo di grazia a questa tirannia monocratica della quale anche il nostro Paese – forse più ancora di altri – è rimasto vittima.
(…)

Da Green Revolution for dummies, di Gianluca Freda.
[grassetto nostro]

Cosa pensa il popolo iraniano di quanto sta accadendo nel proprio Paese? Qual’è la posizione degli iraniani di fronte ai “verdi”, presentati dai mass-media e governi occidentali come “amanti della libertà e della democrazia”? E qual’è il loro sentimento verso la Guida della Rivoluzione, Ayatollah Khamenei, descritto in Occidente come un “crudele dittatore”?
Lasciamo parlare queste immagini.

A più miti consigli?
Teheran, 1 maggio 2010 – Uno dei capi dell’opposizione iraniana, Mehdi Karubi, ha detto che né lui, né Hussein Mussavi, hanno intenzione di rovesciare Ahmadinejad. Lo riporta uno dei siti dell’opposizione.
‘Non siamo persone che vogliono rovesciare il regime, né lacchè degli stranieri’, ha dichiarato Karubi, citato dal sito ‘Rahesabz’. ‘Io e Mussavi abbiamo occupato posti (di responsabilità) nel regime ma non ci consideriamo proprietari (del regime), solo soldati della rivoluzione e della Repubblica islamica’.
(ANSA)

39 thoughts on “Rivoluzione colorata in Iran

  1. devono metterlo a tacere…

    Mosca, 16 giu. – (Adnkronos/Aki) – Ha attaccato gli Stati Uniti, il rieletto presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, nel primo discorso pronunciato all’estero dopo le elezioni di venerdi’. Da Yekaterinburg, in Russia, dove si e’ recato per partecipare al vertice Sco (Shanghai Cooperation Organization) in qualita’ di osservatore, Ahmadinejad ha dichiarato che i conflitti regionali e la crisi economica globale provano che il sistema mondiale “unipolare” dominato dagli USA non e’ piu’ ammissibile. “L’Iraq continua a essere occupato, il caos continua a crescere in Afghanistan, il problema palestinese resta irrisolto, il mondo e’ colpito dalla crisi economica mondiale e non c’e’ da sperare in una via d’uscita”, ha dichiarato il presidente, citato dall’agenzia russa ‘Ria Novosti’.

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  2. Quale sarà la scusa per attaccare l’Iran?
    Il presidente Usa sapeva dell’attacco di Pearl Harbour. Non fece niente e fu la scusa per partecipare alla guerra.
    La guerra del Vietnam iniziò con una menzogna. Il 2 agosto 1964 una nave nord vietnamita aprì il fuoco contro la USS Maddox. Era l’occasione che cercava il Presidente Johnson per una guerra totale.
    Il presidente sapeva delle Torri gemelle. E’ stato a guardare.
    Così come per le armi di distruzione di massa di Saddam. Menzogne. Scusa per attaccare il Suo paese.
    Quale scusa troverà Obama per mettersi e metterci nei guai un’altra volta (questa volta potrebbe essere guerra totale)? Ho paura che saranno le esecuzioni capitali dei dissidenti Iraniani per le quali nessuno potrà fare niente.
    I presidenti hanno consiglieri militari……….!

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  3. infatti, e questi lo hanno informato che l’Iran dispone dei migliori sistemi di difesa antiaerea sulla piazza… quindi, meglio non rischiare pericolose avventure.
    ecco allora che l’opzione “destabilizzazione interna” è stata messa sulla rampa di lancio, senza badare a spese.
    riusciranno i nostri eroi?

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  4. Non ne ho viste di migliori, anzi non ne ho viste affatto.
    A cominciare dall’incipit: “I sostenitori di Mousawi non sono semplicemente “quattro gatti”: sono quattro gatti ben finanziati e istruiti da chi tenta di utilizzarli per garantirsi un maggior controllo sulla politica interna del paese, nonché ottimamente sostenuti e pubblicizzati dall’intera stampa filoamericana internazionale”.
    1) la fonte per la quale i manifestanti siano quattro gatti?
    2) la dimostrazione che siano finanziati ed istruiti da un non meglio definito “potere destabilizzante interno”?
    3) il fatto possano essere quattro gatti e magari finanziati, riduce le responsabilità di una dittatura?
    4) il fatto che siano sostenuti dalla stampa “filoamericana” (altra assunto senza fondamenta) ne invalida le richieste?
    5) il fatto che possano essere dei destabilizzatori, autorizza la dittatura iraniana ad usare indiscriminatamente la forza (oggi per la prima volta la tv ha ammesso almeno dieci morti)?

    Diciamo che anche le tue argomentazioni sono decisamente deboli, se di argomentazioni si può parlare. Indubbiamente sono estremamente utili a servizio di un’ideologia antiamericana, antisraeliana, antioccidentale etc. etc., cosa assolutamente accettabile, anche se non la condivido.
    Meno accettabile che sia anche a servizio di un’ideologia antidemocratica.

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  5. qualche puntualizzazione è necessaria:
    innanzi tutto, questo blog non è “al servizio” di niente e nessuno, ma sostiene una tesi che è precisamente quella contenuta nel biglietto da visita, e che di ideologico ha poco e nulla.

    per quanto concerne l’argomento specifico, avrai ben notato che non si tratta di parole nostre ma di estratti da articoli elaborati da altri, che perlomeno dovresti avere la cortesia di leggere per intero prima di esercitare la tua critica su una loro parte decontestualizzandola dall’intero.

    entrando un poco nel merito, se può servire a qualcosa, vorremmo ad esempio che tu ci citassi qualche media di grande diffusione (cartaceo o altro) che metta in dubbio la giustezza e la buona fede dei colorati di turno;
    vorremmo magari anche che tu ci spiegassi su quali presupposti definisci indiscriminato l’uso della forza da parte delle autorità trattandosi di manifestazioni non autorizzate, durante alcune delle quali i pacifici manifestanti hanno attaccato infrastrutture sia civili che militari.
    anche l’attentato di ieri al mausoleo di Khomeini rientra a tuo parere nel diritto di manifestare il proprio dissenso?

    se poi volessimo discutere di quanto sia dittatoriale la repubblica islamica iraniana ed invece democratici i nostri sistemi politici (e, in generale, in che cosa consista oggi la “democrazia”) avremmo probabilmente bisogno di almeno una giornata intera…

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  6. “Al servizio” era evidentemente una locuzione per dire che questo tipo di articoli rende bene ad una certa “causa” piuttosto che ad un altra, il che può semplicemente essere frutto del caso: ma in questo mi riconosco essere un po’ andreottiano, a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca.
    Che fossero degli estratti era evidente, prima di commentare ho anche avuto la buona educazione di leggere alcuni altri post per individuare la “linea editoriale” del blog, in modo da capire se quelle citazioni vengono condivise dal blog o piuttosto osteggiate. E’ evidente che sono ampiamente condivise.
    Infine, ho citato l’incipit dell’articolo proprio perché di incipit si tratta: per porre domande avrei potuto utilizzare qualsiasi altro pezzo di qualsiasi altro estratto, ma se già si parte con il piede sbagliato perché non cominciare dall’inizio?

    Entrando nel merito:
    > vorremmo ad esempio che tu ci citassi qualche media di
    > grande diffusione (cartaceo o altro) che metta in dubbio
    > la giustezza e la buona fede dei colorati di turno;
    ok, quindi non stiamo più parlando di giornalismo o di fatti, ma di interpretazioni e dietrologia: dal momento che nessun giornale si discosta dalla media, evidentemente ci stanno nascondendo qualcosa.

    > vorremmo magari anche che tu ci spiegassi su quali
    > presupposti definisci indiscriminato l’uso della forza da
    > parte delle autorità trattandosi di manifestazioni non
    > autorizzate, durante alcune delle quali i pacifici
    > manifestanti hanno attaccato infrastrutture sia civili che
    > militari.
    Anche se l’Italia non brilla certo per reazioni soft a manifestazioni violente (assumendo che tu abbia ragione e quelle iraniane siano violente), non mi risulta che agenti della Polizia si lancino con motociclette e armati di catene e bastoni sulla folla che manifesta, o a te sì? o i video che vediamo e che ci arrivano via internet sono tutti dei falsi?

    > anche l’attentato di ieri al mausoleo di Khomeini rientra a
    > tuo parere nel diritto di manifestare il proprio dissenso?
    i giornali “allineati” dei quali tu sospetti hanno dato diverse versioni dell’attentato, dal momento che non c’è finora nessuna rivendicazione. Anche Al Jazeera fa parte degli “allineati”, tra l’altro.

    > se poi volessimo discutere di quanto sia dittatoriale la
    > repubblica islamica iraniana ed invece democratici i nostri
    > sistemi politici (e, in generale, in che cosa consista oggi
    > la “democrazia”) avremmo probabilmente bisogno di
    > almeno una giornata intera…
    Ti è sembrato che abbia voluto fare un confronto tra il nostro paese e l’Iran?
    Per inciso, siamo sempre molto bravi a sputare addosso alla nostra traballante democrazia, ma generalmente chi vive in una dittatura è molto più incline di noi a riconoscere dove la democrazia risieda. Tolto questo, ti rincuorerebbe sapere che la nostra democrazia non sia molto differente da quella (ammettendo che di democrazia si possa parlare) iraniana? E’ migliore quella iraniana? La democrazia illuminista e liberale è un sistema superato? Meglio un regime oligarchico e teocratico come quello iraniano?
    E se l’Italia non è più democratica di quanto, secondo te, sia l’Iran, questo ci può far tirare un sospiro di sollievo sui dieci morti accettati dal regime, una ventina quelli contati dai giornalisti? Su Neda, filmata con il sangue che esce a fiotti dalla testa? Abbiamo messo il cuore in pace?

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  7. 2) la dimostrazione che siano finanziati ed istruiti da un non meglio definito “potere destabilizzante interno”?

    Lo dimostra il video di Kissinger se lo hai visto 🙂

    3) il fatto possano essere quattro gatti e magari finanziati, riduce le responsabilità di una dittatura?

    Quale dittatura? Conosci la costituzione dell’iran?

    4) il fatto che siano sostenuti dalla stampa “filoamericana” (altra assunto senza fondamenta) ne invalida le richieste?

    Quanto meno fa sospettare che ci sia un interesse geopolitico da parte degli atlantici di girare un regime da propugnatore della lotta contro l’imperialismo e l’arroganza occidentali ad alleato.

    5) il fatto che possano essere dei destabilizzatori, autorizza la dittatura iraniana ad usare indiscriminatamente la forza (oggi per la prima volta la tv ha ammesso almeno dieci morti)?

    Destabilizzano l’ordine pubblico, creano disagi e come già ti è stato detto attaccano stabilimenti e civili e militari e sono offensivi verso un padre della Rivoluzione come Khomeini. Vedi un po’ tu se non ci siano gli estremi per intervenire con la forza.
    Per quanto riguarda i morti finora non hanno fatto altro che riproporci ripetutamente le immagini di quella ragazza..

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  8. “Al servizio” era evidentemente una locuzione per dire che questo tipo di articoli rende bene ad una certa “causa” piuttosto che ad un altra, il che può semplicemente essere frutto del caso: ma in questo mi riconosco essere un po’ andreottiano, a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca.

    Questa cos’è polizia del pensiero, dovevi vedere se eravamo giusti o meno? Mi sembra evidente che questo sito si occupi delle malefatte dell’imperialismo americano.

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  9. Ad Alessandro, che viene qui a chiedere prove inconfutabili ma finora ci ha fatto leggere solo suoi assunti fideistici, chiederei allora di dimostrarci che:
    a) in Iràn c’è una dittatura;
    b) le elezioni in Iràn le ha vinte Mousavi ma Ahmadinejad ha commesso dei brogli per ribaltarne il risultato;
    c) perché le immagini di questa Neda sanguinante rendano l’Iràn una dittatura, mentre quelle di Carlo Giuliani morto facciano dell’Italia una democrazia liberale;
    d) perché la repressione dei tumulti di piazza in Iràn ne facciano una dittatura, mentre la repressione della rivolta dei neri a Los Angeles (1992) – 53 morti e 2000 feriti – facciano degli USA una democrazia liberale.

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  10. Per cortesia, dato che pongo delle domande a Alessandro, mi sembra anche giusto rispondere alle sue.
    1) Ci sono testimonianze di persone che risiedono o si trovano attualmente a Tehran (studenti, professionisti, uomini d’affari), ed in questo blog ne è stata riportata anche una. E’ vero poi che ci sono le testimonianze opposte di giornalisti, e qui ognuno deve decidere di chi fidarsi. Di chi è stipendiato per rispettare la linea editoriale del suo giornale, o di chi parla da privato cittadino senza alcun interesse economico?
    2) Credo che per questo non vi siano prove, ma si tratti d’un semplice ragionamento sviluppato per analogia con quanto accaduto in Georgia, Ucraìna e prima ancora Serbia, dove invece le prove di legami tra i “golpisti” (o “rivoluzionari”) e le istituzioni statunitensi ed europee si sono trovati.
    3) Di quali responsabilità e di quale dittatura stai parlando?
    4) No, ma aiuta a inquadrarle in un contesto più ampio, internazionale.
    5) Sì, a mio parere autorizza le forze di sicurezza ad una risposta dura e decisa. D’altro canto che sia indiscriminata ci credi solo tu. Se qualche manganellata è un “uso indiscriminato della forza”, allora gli uomini dello Scià che sparavano ad alzo zero sulla folla cosa facevano?

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  11. la nostra impressione è che tu consideri tutto ciò che non sia riconducibile nell’alveo dell’occidente liberaldemocratico (e liberalcapitalista) una deviazione colpevole e quindi meritevole di riprovazione morale e magari anche di interventi correttivi, senza tanto badare ai mezzi. trattasi di quel diritto di ingerenza codificato negli ultimi tempi proprio dai nostri cari esportatori di democrazia a stelle e strisce, ché avendone in eccesso a casa loro devono necessariamente farne dono in giro per il mondo…
    diversamente da te, la nostra com-passione non è selettiva ma guidata dalla consapevolezza che almeno negli ultimi venti anni, a partire dalla caduta del Muro, la regia dei peggiori misfatti internazionali è sempre la stessa. saremo soddisfatti soltanto quando questi saranno messi in condizioni di non nuocere se non a se stessi (che tradotto significa la riconquista di piena sovranità da parte dei Paesi, in particolari quelli europei ed in primis l’Italia, oggi sottoposti alla loro egemonia)

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  12. Provo a rispondere a tutti, anche se non è facile.
    @ Ikshvaku
    La Costituzione Italiana dice la nostra è una nazione democratica fondata sul lavoro, dove tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Non credo che tu condivida questo pensiero. Sul video di Kissinger metto una nota in fondo.
    Immagini di scontri con feriti ce ne sono a bizzeffe, ma forse tu li riterrai tutti dei falsi. L’interesse geopolitico in un Iran non guidato da una dittatura ce l’hanno quasi tutti i paesi occidentali e anche alcuni mediorientali, che preferirebbero un paese meno “attivista” ed ingerente ai propri confini. Ribadisco: che molte potenze vogliano un esito favorevole alla caduta di Ahmadinejad automaticamente inficia le richieste dei dimostranti??
    Infine: non volevo dare patenti di pensiero (mi scuso se ho offeso qualcuno, con quell’espressione), ho semplicemente scritto che volevo inquadrare il blog prima di intervenire. E tu mi confermi che sia un blog che “si occupi delle malefatte dell’imperialismo americano”. A me generalmente piace arrivare alle conclusioni a partire dai fatti, non usare i fatti (o, più spesso, le interpretazioni) per giustificare le proprie conclusioni.

    @ Daniele
    Indicami gli assunti fideistici: salvo l’aver chiamato Ahmadinejad “dittatore”, cosa che forse tu non condividi e della quale credo non riuscirò mai a convicervi, non credo di aver fatto assunti di alcun tipo. Io ho fatto delle domande semplicissime, che sono riassumibili in una: a prescindere dalle interpretazioni dietrologiche, la richiesta di ricontare i voti giustifica la repressione violenta di manifestazioni di massa? Ed il fatto che le rivendicazioni di quegli iraniani (che non sono affatto quattro gatti, ecco semmai un altro assunto – se tale credi che sia) coincidano con i piani di diverse potenze (e di tanti occidentali e democratici – altro assunto?) giustifica la repressione e l’accusa di complotto?
    Infine: mai detto che l’Italia o gli Stati Uniti siano democrazie compiute. L’unico accenno l’ho fatto proprio in relazione alle repressioni italiane di manifestazioni di massa: il G8, con la morte di Giuliani, ha dimostrato come le forze dell’ordine italiane non ci vadano certo con la mano leggera, eppure, in un contesto violentissimo come quello del G8 di Genova, è morto un solo dimostrante (comunque una tragedia). Finora il governo di Tehran ha acclarato una decina di morti, aspettiamo il conteggio finale?
    Alle tue risposte: tu fai l’assunto che i giornalisti scrivano ciò che i loro editori chiedono loro, tu fai l’assunto che i giornali siano alla mercé dei potenti di turno, tu fai l’assunto che invece i (pochi?) cittadini dei quali tu hai testimonianze contrarie (rispetto alle centinaia che leggiamo ogni ora su internet) siano assolutamente cristallini ed onesti, al contrario dei disonesti e manovrati (altro assunto) manifestanti. Chi è che fa assunti fideistici, scusami?
    Sulla dittatura credo di essermi già ampiamente espresso: non considero il mio paese la patria e l’esempio più alto di democrazia, ma indubbiamente l’Iran non ha nemmeno un decimo della democrazia che abbiamo qui, e tu ed io ne stiamo dando ampia dimostrazione scrivendo liberamente e senza timore di censure o di essere arrestati, come invece avviene proprio lì.
    Sullo sparare ad altezza uomo, quei video a cui facevo riferimento prima mostrano anche questo: vedi qualche salto di qualità tra gli uomini dello scià e quelli della “rivoluzione”? E per esser chiari, per quanto mi riguarda ci sono ben pochi motivi che giustificherebbero repressioni di manifestazioni, e nessuno di questi renderebbe “accettabile” la morte di decine di persone.

    @ byebyeunclesam
    Sono assolutamente un liberaldemocratico convinto, ma questo non vuol dire che mi identifichi con l’occidente tal quale, e soprattutto non ritengo degno di alcuna riprovazione chi non la pensa come me, e ancor meno credo che vi si debba porre rimedio con le parole e tantomeno con la forza. Semplicemente non mi piacciono le tesi preconcette e le dietrologie. Magari sbaglierò, anzi sicuramente, e potrei così risultare offensivo – e non è mia intenzione – ma è proprio ciò che leggo qui: tesi preconcette, interpretazioni che possano giustificare antiamericanismo, antioccidentalismo, antiisralismo (un neologismo, via) e santifichino tutti coloro che rispondono a questi “principi”. E chi se ne frega se sono dittatori, se magari impongono shari’a e burka piuttosto che croci e tallit, se t’arrestano perché vuoi navigare su internet o se vieni tacciato di eversione se ti permetti di non condividere la linea del capo supremo.
    Sono refrattario a qualsiasi ordine precostituito, purtroppo.
    A “consapevolezza”, nelle tue righe, sostituirei “convinzione”, o “credo”: così la comprenderei perfettamente.
    Sull’esportazione della democrazia sono assolutamente d’accordo: non con le bombe, non con i golpe, non con i fucili o l'”oil for food”. Non è così che si possono esportare valori di pace, tolleranza, uguaglianza, libertà e rispetto delle minoranze, che per quanto ancora lontane dall’essere pienamente rispettate sono sicuramente più presenti nell’occidente (e nei terribili Stati Uniti) che in tanti paesi teocratici o dittatoriali come l’Iran piuttosto che Cuba o la Cina.

    Sul video di Kissinger: che dice di così “particolare”? Credi (o credete) che non sia al corrente dei tentativi di destabilizzazione degli Stati Uniti e di altre potenze in diversi stati? Non me ne scandalizzo, ci sono e ci saranno, le mie richieste sono sempre lì: che i manifestanti siano o meno finanziati e motivati dall’esterno, questo giustifica repressione nel sangue ed un regime dittatoriale??
    Su tutta la pippa successiva su CIA e manovre varie mi spiace ma non posso proprio seguire la contorta dietrologia, condita da “di solito”, “quasi sempre”, “funziona così”, tutte notizie e statistiche note solo a chi le scrive e che se fossero di comune dominio sarebbero sulla bocca di tutti con buona pace della decantata efficienza delle operazioni segrete americane o israeliane.
    Non capirò mai come, per i complottisti, la CIA piuttosto che il Mossad siano così potenti da mettere in ballo milioni di dollari per sms e telefonate contemporanee, per sobillare gente e manovrare le elezioni, per poi farsi beffare facendo trovare tre milioni (e hanno ricontato – non si sa in che modo – appena il 10% delle schede) di voti in più per Ahmadinejad.
    Delle due l’una: o non sono così intelligenti come credete o non sono così ben forniti di mezzi come descrivete. In un caso o nell’altro avrebbero fatto un buco nell’acqua grande come un palazzo e questo, semmai, dimostrerebbe il contrario delle vostre tesi.

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  13. “Indicami gli assunti fideistici”

    Ad esempio, è un assunto fideistico che la teppa di Tehran stia solo “manifestando”, anziché abbandonarsi ad atti di vandalismo o tentativi di rivolta.

    “tu fai l’assunto che i giornalisti scrivano ciò che i loro editori chiedono loro, tu fai l’assunto che i giornali siano alla mercé dei potenti di turno”

    Immagino che tu non abbia mai avuto a che fare con giornali e giornalisti. Ti assicuro che i giornalisti si adeguano alla linea editoriale, e se non lo fanno cambiano datore di lavoro (o mestiere). Francamente mi pare ci voglia una bella dose d’ingenuità per non intuire che sia così, anche per chi non abbia mai frequentato e conosciuto l’ambiente.

    Ad ogni modo, attendo ancora la dimostrazione di questi due fatti:

    a) in Iràn c’è una dittatura;
    b) le elezioni in Iràn le ha vinte Mousavi ma Ahmadinejad ha commesso dei brogli per ribaltarne il risultato.

    Finché non dimostri ciò, dal mio punto di vista la situazione è questa: l’Iràn è una repubblica, Ahmadinejad ha vinto regolarmente le elezioni, e se qualcuno cerca di sovvertire con la forza i risultari di democratiche elezioni si merita tante belle manganellate in testa.

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  14. Semplicemente non mi piacciono le tesi preconcette e le dietrologie
    concordiamo con te, ed infatti da ormai un anno e mezzo dedichiamo quasi tutto il tempo libero a nostra disposizione nella raccolta e successiva rielaborazione di dati ed informazioni a sostegno della nostra tesi, sforzando di compulsare tutte quelle fonti che la libera stampa ignora (nei vari sensi del termine)

    E chi se ne frega se sono dittatori, se magari impongono shari’a e burka piuttosto che croci e tallit, se t’arrestano perché vuoi navigare su internet o se vieni tacciato di eversione se ti permetti di non condividere la linea del capo supremo.
    Sono refrattario a qualsiasi ordine precostituito, purtroppo.
    A “consapevolezza”, nelle tue righe, sostituirei “convinzione”, o “credo”: così la comprenderei perfettamente.
    Sull’esportazione della democrazia sono assolutamente d’accordo: non con le bombe, non con i golpe, non con i fucili o l’”oil for food”. Non è così che si possono esportare valori di pace, tolleranza, uguaglianza, libertà e rispetto delle minoranze, che per quanto ancora lontane dall’essere pienamente rispettate sono sicuramente più presenti nell’occidente (e nei terribili Stati Uniti) che in tanti paesi teocratici o dittatoriali come l’Iran piuttosto che Cuba o la Cina.

    caro Alessandro, il signor Timmerman ti aspetta a braccia aperte!

    Su tutta la pippa successiva su CIA e manovre varie mi spiace ma non posso proprio seguire
    giusto, non affaticarti inutilmente

    n.b.: antisionismo, si dice

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  15. @ Daniele
    Veramente non vedo perché il manifestare debba confliggere con il tentativo di rivolta. Si parla di rivoluzione in Iran da qualche anno: non puoi tenere credere di poter soggiogare a lungo una popolazione molto giovane, abbastanza ben informata e ben collegata ad internet, piuttosto moderna. Per quanto concerne le violenze, si fronteggiano assunto contro assunto, se non vogliamo credere a cronache e video: il mio, che sostiene che il governo di Tehran principale responsabile delle violenze come repressione nei confronti delle manifestazioni, ed il tuo, che invece scagiona del tutto i potenti governanti ed attribuisce tutte le malefatte ai manifestanti. Per il tuo, mi pare che, tranne quei due tre che glorificano il loro capo del governo, non ci siano molte altre testimonianze.
    Le mie, ovviamente, sono tutte pilotate.
    Infine, nonostante io sia, tutto sommato, un non violento, essere arrestato perché ascolto musica rock o non vorrei indossare lo chador o perché scrivo per un giornale, o essere ucciso perché sono omosessuale, mi rendono un po’ meno pacifico di quel che vorrei essere.

    > Immagino che tu non abbia mai avuto a che fare con
    > giornali e giornalisti. Ti assicuro che i giornalisti si
    > adeguano alla linea editoriale
    Immagini male: è un bel mestiere che ho fatto per tre anni.
    I giornalisti sono soggetti a decine di pressioni e, come hai scritto tu, possono cambiare datore di lavoro. Al limite anche non averne nessuno. Decine di giornalisti muoiono ogni anno, nei territori occupati come in Iran, in Cina, in Iraq (ma anche in Italia) per scrivere un pezzo o scattare una foto e voi ne fate un unico fascio di venduti.

    > Francamente mi pare ci voglia una bella dose d’ingenuità
    > per non intuire che sia così, anche per chi non abbia mai
    > frequentato e conosciuto l’ambiente.
    Direi che tra i due sei tu ad aver frequentato davvero poco l’ambiente. E credo che ci voglia una gigantesca dose d’ingenuità nel credere che TUTTI i giornalisti siano dei prezzolati al soldo di poteri occulti. Perché non pensare la stessa cosa degli autori e dei dietrologisti che leggi tu, i cui articoli vengono riportati anche in questo blog?
    Magari scrivono distorcendo la realtà perché pagati da Ahmadinejad o perché, molto più semplicemente, sono banalmente antiamericani e sostenere l’antiamericano dittatore dell’Iran fa loro gioco. Ma questo no, eh? difficile da voler sostenere, giusto? cadrebbe tutto ciò in cui alcuni dei lettori di questo blog probabilmente credono ciecamente.

    > a) in Iràn c’è una dittatura;
    credo che sarà impossibile dimostrartelo: dal momento che non credi in alcuno dei resoconti ufficiali, probabilmente non crederai nella crudeltà di pasdaran e basji, nei processi sommari, nel finanziamento a movimenti terroristici. Magari crederai e accetterai l’esistenza del reato di omosessualità, l’obbligo di portare lo chador, la shari’a, l’applicazione della pena di morte, la selezione dei candidati da parte del Consiglio dei Guardiani: tutte cose cose che designano una dittatura, un’oligarchia teocratica, e che io personalmente, da antifascista, non posso minimamente tollerare. Forse tu sì.

    > le elezioni in Iràn le ha vinte Mousavi ma Ahmadinejad
    > ha commesso dei brogli per ribaltarne il risultato.
    Forse questo concetto non è ancora chiaro: non mi interessa. E per inciso, a parlare di brogli ora sono le stesse autorità (ma, ovviamente, sono minori e trascurabili – ovviamente!!): 3 milioni di voti in più ti paiono poco?

    > se qualcuno cerca di sovvertire con la forza i risultari di
    > democratiche elezioni si merita tante belle manganellate
    > in testa.
    Per un tentativo di golpe si va in piazza disarmati (sì, lo so, tu non ci credi) chiedendo di ricontare i voti o di rifare le elezioni?
    Le “manganellate”, ovviamente, le lascio a te, non sono concetti che m’appartengono.

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  16. @ bye bye
    >> Semplicemente non mi piacciono le tesi preconcette e le
    >> dietrologie
    > concordiamo con te, ed infatti da ormai un anno e mezzo
    > dedichiamo quasi tutto il tempo libero a nostra
    > disposizione nella raccolta e successiva rielaborazione di
    > dati ed informazioni a sostegno della nostra tesi,
    Perdonami, ma se la logica non è soggetta a variazioni spazio-temporali credo valga tanto per me quanto per te.
    Se dico che non mi piacciono le tesi preconcette e tu mi rispondi che cercate dati ed informazioni a sostegno della vostra tesi (quindi precostituita rispetto alla ricerca) non mi stai dando ragione?

    > caro Alessandro, il signor Timmerman ti aspetta a braccia
    > aperte!
    bye bye, forse ho capito male io: tu sei favorevole ad una dittatura? all’imposizione da parte dello stato di comportamenti e schemi incontrovertibili? sei favorevole all’uso della forza nei confronti di chi non si attiene agli ordini impartiti dal governo? sei favorevole alla destituzione di qualsiasi forma di rappresentanza a favore di un’oligarchia di illuminati?
    Lascia stare Timmerman, Kissinger, me e tutti i terribili occidentali sanguinari: tu in che mondo vorresti far vivere tua figlia? o un figlio omosessuale? o un figlio che magari segue una religione diversa dalla tua o ha un diverso credo politico?

    >> Su tutta la pippa successiva su CIA e manovre varie mi
    >> spiace ma non posso proprio seguire
    > giusto, non affaticarti inutilmente
    Grazie per la gentile chiosa. Mi rendo conto che forse non siete abituati alle critiche ma solo alla claque plaudente.
    Se da una parte esistono, indubbiamente, organizzazioni che rappresentano foglie di fico per potenze straniere, ciò non vuol dire che l’intero mondo è oggetto di infinite ed oscure trame complottiste. Trame che, poi, lasciano completamente a desiderare, come ti ho scritto prima: ‘sti servizi potentissimi ed allo stesso tempo costituiti da una manica di deficienti, segretissimi e contemporaneamente noti al più ingenuo impiegato dell’anagrafe, giornalisti asserviti e che poi si fanno ammazzare, quattro gatti che nei video diventano centinaia, complotti costituiti da una serie infinita di tasselli che, come un domino, vanno deterministicamente a segno secondo uno schema prefissato che non conosce eccezioni. Mentre l’umanità è il regno dell’imponderabilità e del caso. Ma farsi qualche domanda sulla fondatezza di queste tesi no?
    E’ sindrome d’accerchiamento ?

    > n.b.: antisionismo, si dice
    credevo fossi uno di quelli che ci tengono a distinguere “la legittima critica allo stato d’Israele” dalla critica all’idea stessa di una nazione ebraica, e magari distinguendole da tesi razziste nei confronti degli ebrei. Io non credo molto a queste distinzioni e qualcosa mi dice che anche su quest’argomento saremmo piuttosto lontani.

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  17. facciamo un estremo tentativo per spiegarci:
    nel nostro biglietto da visita, sta scritto che vogliamo fare opera di sensibilizzazione ed informazione sull’egemonia globale USA. e che in Europa ci piacerebbe un giorno vedere all’opera un esercito europeo quale espressione della ritrovata sovranità dei Paesi che compongono il continente. QUESTA E’ LA NOSTRA “TESI”

    e così passiamo al secondo punto:
    siamo favorevoli alla libera scelta della forma di governo che ciascun popolo vuole darsi. SENZA INGERENZE POLITICHE, ECONOMICHE E MILITARI DALL’ESTERNO

    l’umanità è il regno dell’imponderabilità e del caso
    e che caso! direbbe qualcuno

    n.b.: studia la storia invece di compulsare i discorsi di Napolitano e Fini: il sionismo era ed è un movimento politico, tant’è vero che ad esso offrono il proprio sostegno tanti soggetti – come i due appena richiamati – che con la religione ebraica non hanno niente a che fare.
    e se proprio di razzismo vogliamo parlare, tu cosa ci puoi dire delle tesi razziste nei confronti del popolo di Palestina?

    p.s.: riprendendo un passaggio della tua ultima risposta a Daniele nel quale accenni al finanziamento iraniano ai terroristi (Hamas? Hezbollah? o i Taliban?), ti poniamo un’altra domanda:
    cosa ci puoi dire dei movimenti terroristici attivi all’interno dell’Iran a partire dall’insediamento della Repubblica Islamica? sai chi sono? quanti morti hanno causato? chi li sostiene?
    ah, ma questa è tutta dietrologia!

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  18. “Veramente non vedo perché il manifestare debba confliggere con il tentativo di rivolta. Si parla di rivoluzione in Iran da qualche anno: non puoi tenere credere di poter soggiogare a lungo una popolazione molto giovane, abbastanza ben informata e ben collegata ad internet, piuttosto moderna.”

    Assunto fideistico: la Repubblica Islamica non godrebbe del sostegno della popolazione iraniana. Dimostrazione…?

    “Per il tuo, mi pare che, tranne quei due tre che glorificano il loro capo del governo, non ci siano molte altre testimonianze.”

    No infatti. A parte le autorità, le forze dell’ordine, la stampa locali e diverse testimonianze in loco. Invece le tue fonti sono: le autorità e la stampa delle potenze ostili all’Iran e diverse testimonianze in loco di giornalisti di queste stesse potenze o oppositori politici del Presidente regolarmente eletto.

    “Immagini male: è un bel mestiere che ho fatto per tre anni.
    I giornalisti sono soggetti a decine di pressioni e, come hai scritto tu, possono cambiare datore di lavoro.”

    Tre anni non sono esattamente un’eternità, e bisognerebbe sapere se hai lavorato per qualche giornaletto di provincia o per il “Corriere della Sera”. Mi piace che tu convenga sul fatto che i giornalisti subiscono pressioni dagli editori e dai direttori (vorrei vedere un articolo che critica la FIAT su “La Stampa”); la libertà di cambiare editore per poter esprimere le proprie idee è però parecchio limitata dalla scarsità numerica degli editori, soprattutto di prima fascia o in campo televisivo. Un critico della politica razzista d’Israele, ad esempio, su quale giornale potrebbe esternare senza pressioni le sue idee e citare senza essere censurato i fatti che le dimostrano? Dagli Elkann, da Debenedetti o da Berlusconi?
    Senza scordarci che un primo livello di censura è compiuto a livello delle agenzie di stampa, non è che dopo Mussolini tutti gli altri siano stati santarelllini…

    “Direi che tra i due sei tu ad aver frequentato davvero poco l’ambiente. E credo che ci voglia una gigantesca dose d’ingenuità nel credere che TUTTI i giornalisti siano dei prezzolati al soldo di poteri occulti. Perché non pensare la stessa cosa degli autori e dei dietrologisti che leggi tu, i cui articoli vengono riportati anche in questo blog?
    Magari scrivono distorcendo la realtà perché pagati da Ahmadinejad o perché, molto più semplicemente, sono banalmente antiamericani e sostenere l’antiamericano dittatore dell’Iran fa loro gioco. Ma questo no, eh? difficile da voler sostenere, giusto? cadrebbe tutto ciò in cui alcuni dei lettori di questo blog probabilmente credono ciecamente.”

    Paragone errato a rigor di logica. Se io t’avessi scritto che i giornalisti sono tutti agenti della CIA, tu potresti rispondermi: ed allora Meyssan e Friedman sono agenti di Ahmadinejad. (Friedman agente di Ahmadinejad?! Ne hai di fantasia caro Alessandro).
    Io invece ho affermato che i giornalisti rispettano la linea dell’editore che li stipendia – e li stipendia alla luce del sole, nessun “potere occulto”. Friedman e Meyssan, ad esempio, sono direttori ed editori di se stessi. Vedi, la differenza è questa. Friedman (che se t’informassi scopriresti non essere un filo-iraniano né un anti-democratico) scrive quel che gli pare perché non ha editori cui rendere conto; Pagliara deve rendere conto alla RAI (= governo italiano), Cremonesi al “Corriere” (= Mediobanca, Elkann) e così via.

    “credo che sarà impossibile dimostrartelo”

    Infatti. Le righe restanti denotano una certa carenza di categorie politologiche. Una dittatura avviene con l’accentramento di tutti i poteri, in maniera autocratica, in un solo organo (in genere una sola persona). Chi è questa persona o qual è questo organo? Khamenei? Ahmadinejad? Il Parlamento? I Pasdaran? I Basiji? Le FF.AA.? Come può essere autocrate Ahmadinejad se è eletto dal popolo democraticamente e rispetta la costituzione del SUO paese? Potresti rispondermi che i centri di potere sono vari, che si tratti di un’oligarchia. Bene. Tutti i regimi sono oligarchie, come la scienza politica elitista ha chiaramente dimostrato ormai da un secolo.
    Il resto del tuo discorso è sfasato rispetto all’argomento. Su quale base si fonda la consequenzialità “scarse libertà personali -> dittatura”? Al massimo potresti dire che la Repubblica Islamica è un paese meno liberale di altri, ed avresti ragione. Ma se tutti i paesi meno liberali potessero essere citati come “dittature” da chi è più liberale… allora ci sarebbe un unico paese non dittatoriale al mondo. Ad esempio, siccome i diritti degli omosessuali in Spagna sono meglio tutelati che in Italia, l’Italia è una dittatura. O siccome in Francia la libertà d’espressione è inferiore che in UK (vedi leggi su olocausto, colonialismo francese e genocidio armeni), allora la Francia è una dittatura.

    “Forse questo concetto non è ancora chiaro: non mi interessa.”

    Accolgo con piacere la tua implicita ammissione dell’indimostrabilità di brogli che avrebbero sovvertito i risultati elettorali a favore di Ahmadinejad.

    “Per un tentativo di golpe si va in piazza disarmati (sì, lo so, tu non ci credi) chiedendo di ricontare i voti o di rifare le elezioni?”

    Per chiedere un riconteggio dei voti esistono canali istituzionali, non si va in piazza ad assaltare le stazioni di polizia o devastare strade cittadine. Il riconteggio dei voti è stato accordato perché l’ha chiesto uno dei candidati. Bastava questa richiesta senza abbandonarsi ad atti di vandalismo. Il responsabile ultimo delle morti è Mousavi che ha aizzato i suoi in azioni illegali, ben sapendo che i tumulti non avrebbero avuto alcuna prospettiva politica. Ha chiaramente cercato il morto, sacrificando alcuni dei suoi sostenitori pur di sporcare l’immagine di Ahmadinejad.

    “credevo fossi uno di quelli che ci tengono a distinguere “la legittima critica allo stato d’Israele” dalla critica all’idea stessa di una nazione ebraica, e magari distinguendole da tesi razziste nei confronti degli ebrei. Io non credo molto a queste distinzioni e qualcosa mi dice che anche su quest’argomento saremmo piuttosto lontani.”

    L’avevo intuito 😉
    C’è un qualcosa di grottesco nel fatto che chi faccia le pulci all’Iran per i diritti umani, il più delle volte sia un sostenitore acceso del nuovo Sudafrica razzista, ossia Israele.

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  19. aggiungiamo questa notiziola per ricordare ad Alessandro che nell'”unica democrazia del Medio Oriente” i parlamentari regolarmente (persino a detta dell’OCSE) eletti e per giunta successivamente nominati quali membri del governo dell’embrionale Stato di Palestina possano essere arrestati mediante irruzione nelle proprie case e quindi trascorrere tre anni nelle galere sioniste.

    (ASCA-AFP) – Ramallah, 23 giu – Il presidente del parlamento palestinese, l’esponente di Hamas Aziz Doweik, e’ stato scarcerato dalle autorita’ israeliane, dopo aver scontato una condanna a tre anni di reclusione. Ne ha dato notizia il suo avvocato. ”E’ stato scarcerato dalla prigione di Hadrim (vicino Tel Aviv – ndr) ed e’ diretto allo sbarramento di Shar Ephraim”, nel nord della Cisgiordania, ha affermato il legale, Fadi Qawasmeh. Un portavoce dell’amministrazione penitenziaria israeliana ha confermato la liberazione di Doweik. Un tribunale militare israeliano con sede nella base di Ofer, nei pressi di Ramallah, aveva respinto il 17 giugno un ricorso in appello della procura militare perche’ l’esponente di Hamas restasse in carcere anche dopo la scadenza della condanna, prevista per l’inizio di agosto. Secondo l’amministrazione penitenziaria israeliana, Doweik ha beneficiato di una misure detta di ”liberazione amministrativa”.
    Doweik, 60 anni, e’ stato eletto presidente del Parlamento nel febbraio 2006 dopo la vittoria di Hamas alle legislative. E’ stato arrestato dall’esercito israeliano nell’agosto 2006 nella sua abitazione di Ramallah, un arresto che ha suscitato condanne in tutto il mondo. Oltre a Doweik, Tsahal aveva allora arrestato decine di responsabili del gruppo islamista, tra cui otto ministri e 29 deputati, nel quadro di una vasta campagna contro il movimento dopo il sequestro nel giugno 2006 del soldato israeliano Gilad Shalit da parte di un commando palestinese in territorio israeliano alla frontiera della Striscia di Gaza.

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  20. Ciao,

    Sono iraniano, forse lo so più di te!!!!

    Quindi, le scene cui i polizzioti rompano tutto , le case , le macchine e picchiano la gente, ancora fa parte di Hollywood???????

    O tu vedi il mondo come un film?????

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  21. Caro Zarir,
    gl’iraniani sono diversi milioni, non ci sei solo tu.
    E la maggior parte di loro ha eletto alla presidenza Ahmadinejad.
    Se poi tu sei iraniano ma, come credo, non scrivi da Tehran, ne sai esattamente quanto noi…

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  22. @ bye bye
    Non è necessario che tu faccia un “estremo tentativo”: la situazione è ben chiara e l’ho ipotizzata fin dal secondo post, per poi spiegarmi meglio nel confronto con Daniele. Siete antiamericani, punto. Nulla di male, per carità. Il mio problema semmari è nel fatto che per sostenere il vostro antiamericanismo distorcete fatti ed esprimete opinioni basate su nessun fondamento (perché, caro bye bye, puoi dire quel cappero che ti pare e piace ma di fatti e dati qui non ce n’è neanche l’ombra, solo elucubrazioni di – alcuni – ben noti blogger ed autori della tua stessa area – presumo).
    Sulla “libera scelta”: mi dovresti spiegare esattamente in cosa consiste la libera scelta, da parte di un popolo, di una dittatura mentre è in vigore una dittatura. E’ un assurdo logico. Non nego che in alcuni stati, democratici o non, in occasione di elezioni più o meno libere siano stati premiati partiti egemonici e veri e propri dittatori. Sicuramente, ad “eventuali” successive elezioni non si può parlare di libera scelta. Nel caso dell’Iran, a prescindere dalle mie e tue opinioni, c’è un dato di fatto che anche tu non potrai negare: le candidature sono selezionate, a maglia stretta, da un gruppo di oligarchi. Pur supponendo libere elezioni e l’assenza di pressioni e violenze da parte del governo in carica (roba alla quale ovviamente non credo minimamente), come si fa a cambiare democraticamente un governo quando ti viene semplicemente permesso di scegliere tra A e B senza alcuna possibilità di alternativa?
    Inoltre, così come tu non accetti l’intromissione di potenze estere (cioè americani o israeliani: pare che cina, iran, russia e compagnia bella sono tutti agnellini), io non accetto l’idea che “una libera scelta” possa prevedere l’arresto se non vesti in un certo modo o se ascolti certa musica e la pena di morte, in particolare se comminata perché hai gusti sessuali differenti dalla maggioranza. Tu sì?

    Sulla storia: mi piace, la studio e soprattutto evito di interpretarla in funzione della mia ideologia, vezzo al quale mi pare invece tu sia molto abituato. Il sionismo è un’ideologia, se vuoi risorgimentale, di stampo socialista a carattere esclusivamente ebraico: il supporto al sionismo da parte di gentili, come il sottoscritto, è semplicemente di sostegno alla libera aspirazione di un popolo ad autodeterminarsi la propria patria. La stessa aspirazione che io, da gentile e da non musulmano, riconosco al popolo palestinese che ha tutto il diritto ad avere un proprio governo democraticamente eletto, pacificato con i propri vicini, rispettoso delle minoranze e non soggiogato ad alcuna potenza esterna.
    Del razzismo nei confronti dei palestinesi? te ne scrivo a tonnellate, se vuoi. Così come degli errori (ed orrori) che allontanano Israele dalle democrazie liberali occidentali. Ciò non toglie che alla Knesset siedono parlamentari arabi, nei giornali israeliani scrivono reporter arabi, vi sono alcune città israeliane a maggioranza arabe e molte di queste persone non sono affatto filo-israeliane. Certo, a meno che non venga chiesto loro di affiliarsi alla Palestina (o all’Hamastan in particolare): in quel caso molti diventano immediatamente patriottici, e come non comprenderli. Neanche a me piacerebbe vivere in un posto dove puoi essere ammazzato per linciaggio in strada per “sospetta connivenza con i servizi israeliani”.
    Ho invece ancora in mente quelle memorabili ed edificanti immagini di quei due soldati israeliani, due riserve, che si sono trovati con la loro bella camionetta in territorio ANP: arrestati, linciati dalla folla inferocita e appesi poi ad un albero. Ti riesce facile solo guardare nel cortile del tuo acerrimo nemico?

    Movimenti terroristici in Iran: credo che wikipedia inglese (forse più semplice) abbia una descrizione di alcuni di questi movimenti, ne puoi leggere anche su foreign policy e sul nostro limes. Attribuire le migliaia di dimostranti a questi gruppi fa decisamente al tuo gioco: non serve alcuna prova, basta buttarla lì. Come fa Freda, mi pare, nell’ultimo aggiornamento a questo articolo, con una pippa incredibile su Neda e la sua morte, con parole copiate pedissequamente dai lanci d’agenzia statale iraniana. Fino al divertentissimo e miserrimo acrostico basato sull’omonimo ente americano. Di Neda, morta in una dittatura che sta cercando di bloccare con tutti i mezzi l’accesso alla rete, il nostro Freda vuol sapere vita, morte e possibilmente i miracoli, dei complotti americano-sionistici-plutogiudaici non avete bisogna di alcuna prova, di alcun riscontro, basta la vostra interpretazione incontrovertibile dei fatti.
    Hai cercato di ributtare il discorso su un politichetta da quattro soldi e sul lessico complottista, quando io invece penso che quei manifestanti hanno un nome, come ce l’hanno i pasdaran chiamati a spezzare le gambe ai loro fratelli, come ce l’abbiamo io e te. Quindi ti ripropongo le domande del mio post:
    forse ho capito male io: tu sei favorevole ad una dittatura? all’imposizione da parte dello stato di comportamenti e schemi incontrovertibili? sei favorevole all’uso della forza nei confronti di chi non si attiene agli ordini impartiti dal governo? sei favorevole alla destituzione di qualsiasi forma di rappresentanza a favore di un’oligarchia di illuminati?
    Lascia stare Timmerman, Kissinger, me e tutti i terribili occidentali sanguinari: tu in che mondo vorresti far vivere tua figlia? o un figlio omosessuale? o un figlio che magari segue una religione diversa dalla tua o ha un diverso credo politico?

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  23. Ah, bye bye, scusami, ho dimenticato il post successivo.
    Ritengo uno sbaglio aver arrestato un esponente di governo, per quanto sia connivente con dei terroristi.
    Registro anche il fatto che, poco dopo la sua liberazione, si è parlato di un’imminente liberazione del soldato Shalit, a dimostrazione che il rapimento sia stato orchestrato da Hamas insieme alle milizie filoiraniane.
    Ma non ti preoccupare, posso immaginare che tu fossi sgomento tanto per l’arresto di Doweik quanto per il rapimento di Shalit. E sono anche convinto che tu sia affranto per il fatto che a Doweik non sono state negate cure mediche e visite della Croce Rossa, mentre a Shalit sì.

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  24. @ Daniele
    beh, la dimostrazione mi pare evidente: ci sono migliaia di persone in piazza e centinaia di esuli all’estero. Certo, per te sono tutti pagari dagli USA e quindi non credibili, ma visto che i miei due cents valgono tanto quanto i tuoi, non vedo perché non metterli sul tavolo. Senza contare che i manifestanti si vedono (e Freda starà cercando i loro indirizzi e nomi di battesimo per verificare che esistano tutti), mentre per raggranellare un po’ di sostenitori (veri o pagati anche questi?) il neoeletto ha dovuto faticare un po’.

    Esperienza personale: in autobus, quasi un anno fa, una bella ragazza mi chiede, in inglese, delle indicazioni. Dopo averci parlato, va a sedersi a fianco di due donne, una delle quali con lo chador. Continuiamo a chiacchierare ed esce fuori che sono iraniane, ed io domando loro cosa pensassero del loro governo. Ti lascio immaginare il responso. Così, giusto per aggiungerci la nota di colore e la testimonianza personale.

    Le tue fonti quindi sarebbero le autorità (e grazie, ci mancherebbe pure!), le forze dell’ordine (al servizio delle predette autorità), la stampa locale (notoriamente critica nei confronti del regime, eh??) e diverse testimonianze in loco. Le “diverse” testimonianze purtroppo non sono in mio possesso: ho dovuto faticare un po’, ma tranne quel tizio pescato in non so qualche gruppo di yahoo non è che abbia trovato molto altro. Ed escludendo le testimonianze personali, che direi fanno il paio con quelle contrarie (anzi, numericamente prevalgono le seconde), mi pare che gli altri soggetti che hai indicato siano strettamente connessi in una linea di comando molto più stretta di quella che invece, nella tua opinione, legherebbe centinaia di giornalisti occidentali (ah, alcuni sono stati arrestati dal democratico governo iraniano) di decine di testate differenti a due-tre potenze straniere.

    Daniele, quand’è che mi chiederai dati anagrafici e curriculum vitae? Insomma, o ho fatto il giornalista esattamente come tu dici o se no niente, eh?
    Sugli editori ti sbagli alla grande: ce ne sono tanti, ce sono di terribilmente critici ad esempio nei confronti di Israele (un paio di autori citati nell’articolo che commentiamo, se la memoria non m’inganna, hanno pubblicato qualcosina proprio in merito). E senza andare ai piccolissimi editori e a firme sconosciute, basta sfogliare il Manifesto o Liberazione: certo, magari saranno più soft rispetto a quanto vorresti, ma certamente non sono dei sionisti (sono ironico, se non si capisce: sai, tra i critici d’Israele la querela è abbastanza facile, alla faccia della libertà d’espressione).
    Inoltre parli con uno che vorrebbe abolire l’ordine dei giornalisti, t’ho detto tutto.

    Friedman, Meyssan e altri geni del genere possono avere esattamente gli stessi interessi economici dei giornalisti al soldo degli U$A. Scrivono libri (come alcuni autori degli estratti di sopra, se non sbaglio), partecipano a convegni e conferenze, tutto ovviamente con gettone di presenza.
    E poi perché la devi per forza buttare sul vile dio denaro?
    Se Meyssan è banalmente un antiamericano, non credi che possa scrivere una sequela di cazzate solo per sostenere semplicemente la sua teoria preconcetta? Se uno, ad esempio, è un omofobo di prima categoria, secondo te ha bisogno di essere pagato per dire che l’omosessualità è una malattia e che gli omosessuali stanno cercando di conquistare il mondo attraverso la pubblicizzazione dell’accettabilità dei loro comportamenti contronatura? Non capisco perché non applichi gli stessi schemi logici a tutto ed invece ti limiti all’uso unidirezionale in chiave antiamericana.

    Io forse mancherò di categorie politologiche, ma tu dovresti seguire il consiglio di bye bye uncle sam: studia la storia. Passata ed attuale.
    Sono esistite dittature con tanti centri di potere, dittature senza un dittatore realmente espresso, oligarchie che sfruttano l’investitura religiosa, dittature senza alcuno straccio di legittimazione legale e dittature in cui è scritto per filo e per segno chi è il dittatore e chi il perseguitato.
    Il caso dell’Iran è molto più chiaro di quanto tu non voglia credere: è una dittatura teocratica con diversi centri di potere, spesso in conflitto tra loro. D’altra parte, la lotta intestina al regime tra i due candidati alla presidenza è stato lo specchio della distanza tra ayatollah, guardiani della rivoluzione, la guida suprema e chi più ne ha più ne metta. C’aveva ragione Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha, e Ahmadinejad l’ha tolto ad una parte che ora scalpita. Io non credo affatto che Mousavi sia un democratico o un riformista (nella MIA accezione di riformista): è rappresentante di un altro centro di potere, la sua elezione forse avrebbe portato a qualche cambiamento in senso liberale ma non avrebbe cambiato molto ai fini dell’autosostentamento della dittatura. D’altra parte, Mousavi è uno dei pochissimi superstiti alla selezione dei Guardiani, ovvero è un bravo sostenitore della shari’a e del regime teocratico.
    Una democrazia liberale non implica che sia un regime totalmente liberale (magari!!): significa che risponde, in massima parte, ad alcuni principi. Tu che di categorie politologiche te ne intendi, saprai a cosa mi riferisco: procedure scritte e certe, rappresentatività popolare, distinzione tra potere legislativo e giudiziario, tutela delle minoranze, riconoscimento legale dell’opposizione, governo mediante documenti scritti e visionabili, tutela dell’indipendenza dell’informazione, libertà di movimento dei cittadini, diritto all’istruzione, esistenza e tutela di associazioni politiche e sindacati dei lavoratori, procedimenti giudiziari equi e brevi, tutela dei diritti dei carcerati. Credo che il grosso si possa ridurre a questi.
    Quindi l’Italia, gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna etc. etc. non sono dei paesi liberali, liberisti e libertari come io vorrei che fossero, ma rispettano (in massima parte, ribadisco, che le eccezioni ci sono sempre e spesso sono sostanziose) quei principi.

    L’implicita ammissione è nella tua testa, forse fa il paio con la logica incomprensibile che ti anima. Non solo credo che i brogli ci siano stati, ma ne sono sicuro: l’hanno ammesso le stesse autorità iraniane. Quindi ci sono stati, non ci sono né se né ma. E contraddicono quanto finora avete sostenuto. Certo, ovviamente sono “trascurabili”, ci mancherebbe altro. Appena tre milioni di voti in più, e sulla base di appena il 10% delle schede ricontate.
    Il punto è un altro: siccome credo che ad un dittatore se ne sarebbe sostituito un altro semplicemente più soft, il dilemma non mi appassiona più di tanto. Come quando a Cuba Fidel ha messo il fratello al potere: chi se ne frega, cosa vuoi che sia cambiato, sempre di dittatori si tratta.

    Sull’utilità delle proteste, aspettiamo. Magari vedremo dei cambiamenti inaspettati.

    Sulla grottesca sorpresa nel riconoscermi come sostenitore di Israele (e dei palestinesi, ci terrei a precisare, ché non si tratta di tifo da stadio ma di persone), io non mi sorprendo più del fatto che gli antiamericani, gli antioccidentali, gli antisionisti siano, nella stragrande maggioranza dei casi, degli antisemiti e grandi sostenitori delle più sanguinarie dittature, generalmente comuniste o islamiche, e siano generalmente cittadini dei paesi democratici che essi non riconoscono come tali. Spero che non si addica al tuo caso. Ovviamente non considero minimamente Israele paragonabile al Sudafrica dell’apartheid, per quanto io ne critichi gli aspetti illiberali.
    Se per te condannare l’assassinio di stato di persone omosessuali, l’arresto di giornalisti e ragazzi “occidentalisti”, il ritiro del passaporto a giocatori sostenitori di un candidato (annuncio di oggi, e forse seguirà l’arresto) significa “fare le pulci” ai diritti umani in Iran, vuol dire che non sei in grado, dal mio punto di vista, di renderti davvero conto di quanto tu sia fortunato a vivere nell’occidente democratico e liberale, per quanto si possa sempre migliorare.

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  25. non sei in grado, dal mio punto di vista, di renderti davvero conto di quanto tu sia fortunato a vivere nell’occidente democratico e liberale
    ecco, è tutto qui: visto che la nostra è una logica per te incomprensibile, perché insisti ad interloquire? si tratta di un tentativo di “conversione”?
    non amiamo i missionari, tanto meno gli integralisti laici.

    n.b.: sei entrato a pieno titolo fra i nostri spiriti guida (vedi colonna di destra del blog)

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  26. Non amo le religioni di alcun tipo, quelle politiche ed ideologiche tanto meno. Quindi nessun tentativo di conversione, mi piace semplicemente cercare di capire ciò che non riesco a comprendere, un utile esercizio che tu invece forse rifiuti.
    Noto però che anche tu hai il vezzo di additare i “nemici”, eh, come fanno gli americani con gli stati canaglia. Cercherai ed aggiungerai anche i miei dati anagrafici ed il mio indirizzo di casa? La trovo una cosa davvero patetica.

    Se invece vorrai continuare a discutere, io sono qui. Apprezzerei mantenere i toni civili, per quanto accesi, ed evitare le condanne preventive.

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  27. “beh, la dimostrazione mi pare evidente: ci sono migliaia di persone in piazza e centinaia di esuli all’estero.”

    Non capisco: questo dovrebbe dimostrare che l’Iràn è una dittatura?
    Quindi alla prima manifestazione dei sindacati contro Berlusconi, l’Italia diventerà una dittatura perché ci sono migliaia di persone in piazza e qualche esule (che ne so, un Cesare Battisti ad esempio) all’estero?

    “Esperienza personale: in autobus, quasi un anno fa, una bella ragazza mi chiede, in inglese, delle indicazioni. Dopo averci parlato, va a sedersi a fianco di due donne, una delle quali con lo chador. Continuiamo a chiacchierare ed esce fuori che sono iraniane, ed io domando loro cosa pensassero del loro governo. Ti lascio immaginare il responso. Così, giusto per aggiungerci la nota di colore e la testimonianza personale.”

    Esperienza che vale poco o nulla, lo sai no? Tra l’altro mi pare di capire che l’incontro sia avvenuto in Italia: turiste all’estero che parlano inglese, esponenti dei ceti benestanti iraniani che sono in buona parte ostili a Ahmadinejad. Non sarebbe difficile incontrare, in giro per l’Europa, tre studentesse italiane che, se interrogate, bollerebbero il governo Berlusconi come una “dittatura”.

    Le fonti: non puoi dimostrarmi che le tue siano migliori delle mie, né che le tue siano più imparziali delle mie.

    “Io forse mancherò di categorie politologiche, ma tu dovresti seguire il consiglio di bye bye uncle sam: studia la storia.”

    Ahimé, ho una laurea in storia moderna e contemporanea con 110 e lode.
    La tua analisi successiva della situazione istituzionale in Iràn è ora più convincente, ma manca il potere autocratico che la configurerebbe come dittatura. Parlamento e presidente sono regolarmente eletti dal popolo. Per certi versi, secondo la definizione da te data di “Stato liberale”, la Repubblica Islamica lo sarebbe pure: c’è la rappresentanza popolare, c’è lo Stato di diritto (ossia lo Stato dove si agisce secondo la legge e non per arbitrio, a prescindere da cosa preveda questa legge – vedi Hobbes).

    Su Israele lascerei cadere l’argomento. Sarebbe interessante chiederti conto della pulizia etnica in Palestina, della segregazione razziale ancora in corso, delle leggi razziali in Israele e così via, ma si esulerebbe senz’altro dal tema dell’articolo che stiamo commentando.

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  28. Cercherai ed aggiungerai anche i miei dati anagrafici ed il mio indirizzo di casa?
    forse ad essere patetico è qualcun altro…
    dal nostro punto di vista, il fatto di inserire la tua stroncatura sulla prima pagina del blog è soltanto una dimostrazione di autoironia.
    se preferisci, come firma inseriamo Alex P o Alessandro o quant’altro, attendiamo una tua indicazione in merito, grazie.

    in quanto a condanne preventive (ed insinuazioni) nei nostri confronti, i tuoi interventi ne sono colmi

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  29. ancora sul NED:

    Il NED concede grosso supporto finanziario alle organizzazioni che stanno dietro alla ‘Rivoluzione Zafferano’ in Birmania e alle rivolte in Tibet del 2008 a Lhasa, nonché dietro praticamente ogni cambio di regime degli ultimi anni nell’ Europa orientale; dalla Serbia alla Georgia, all’ Ucraina, fino a Teheran durante le ultime elezioni.

    Allen Weinstein, il quale ha contribuito alla stesura delle norme che regolano il NED, ha riferito tranquillamente in un’ intervista del 1991 che quest’ organizzazione compie oggi molti degli stessi atti che venticinque anni fa erano portati a termine segretamente dalla CIA.

    Il NED dovrebbe essere un’ organizzazione privata e non a scopo di lucro, invece riceve annualmente fondi dal governo per il suo impegno sul fronte internazionale. Il denaro arriva attraverso 4 organizzazioni: il National Democratic Institute for International Affaire, legato al Partito Democratico a cui fa capo Obama, il International Republican Institute, legato ai repubblicani, il American Center for International Labor Solidarity, legato ai sindacati AFL-CIO e al dipartimento di stato, e infine il Center for International Private Enterprise, legato alla camera di commercio sempre statunitense.

    Il gioco nascosto di Washington nei confronti della Cina,
    di William Engdahl

    http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6123

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  30. Pingback: Osservatorio Iran - Pagina 10 - Politica in Rete Forum

  31. Non sono due cose contrapposte
    Poi è ovvio che dal momento che nasciamo cresciuti nell’ ignoranza del potere quando apriamo un po’ gli occhi ci scandalizziamo e pretendiamo di risolvere la realtà con due ragionamenti

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  32. Ma davvero, che c’è di nuovo nel dire che se uno stato potenziale egemone in una regione sta scomodo agli interessi di una superpotenza allora quello stato va rovesciato, con la forza o sfruttando il malcontento?

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  33. questo modo (corretto) di ragionare, per molte persone prive di strumenti di analisi e della possibilità/volontà di dotarsene, non è affatto scontato, e nel caso specifico il presunto malcontento della popolazione locale è appositamente sobillato, professionalmente organizzato e mondialmente amplificato.
    qui sta la specificità delle rivoluzioni colorate avutesi in giro per il mondo, ma ormai il gioco è stato scoperto ed il re è nudo

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  34. ci riprovano…

    (ASCA-AFP) – Washington, 14 febbraio 2011 – Il Dipartimento di Stato americano utilizza Twitter per inviare messaggi di sostegno agli iraniani che manifestano contro il regime, sottolineando il ”ruolo storico” che i social media hanno svolto durante le manifestazioni di massa che fecero seguito alle contestate elezioni del 2009. I messaggi sono iniziati dopo che alcuni membri dell’amministrazione americana avevano accusato l’Iran di ipocrisia per aver sostenuto la rivolta in Egitto, reprimendo invece analoghe manifestazioni nel proprio paese.
    Sull’account Twitter USAdarFarsi, il Dipartimento di Stato dice di ”riconoscere lo storico ruolo dei social media fra gli iraniani” e di voler ”partecipare alle vostre discussioni”. In un altro messaggio si chiede all’Iran di ”consentire alla gente di poter godere del diritto universale alla liberta’ di assemblea e manifestazione come al Cairo”. Proprio oggi a Tehran la polizia ha disperso a colpi di lacrimogeni una manifestazione organizzata a sostegno delle rivolte scoppiate di recente nei paesi arabi.

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