Per capire che cosa sta accadendo a Tripoli bisogna considerare innanzitutto il quadro strategico. Non siamo di fronte a rivolte spontanee, ma indotte che mirano a replicare nel nord Africa quanto avvenuto alla fine degli anni Ottanta nell’ex Unione Sovietica. Anche allora la rivolta partì da un piccolo Paese, la Lituania, e all’inizio nessuno immaginava che l’incendio potesse propagarsi ai Paesi vicini e non era nemmeno ipotizzabile che l’URSS potesse implodere. Il Maghreb non è l’Unione Sovietica e non esistono sovrastrutture da far saltare, ma per il resto le analogie sono evidenti. La Tunisia è il più piccolo dei Paesi della regione ed è servito da detonatore per la altre volte. A ruota è caduto il regime di Mubarak, la Libia è in subbuglio, domani forse Teheran e, magari sull’onda, Algeria, Marocco, Siria. Che cos’avevano in comune i regimi tunisini, egiziano e libico? Il fatto di essere retti da leader autoritari, ormai vecchi, screditati, che pensavano di passare il potere a figli o fedelissimi inetti.
Non è un mistero: le rivolte sono state ampiamente incoraggiate – e per molti versi preparate – dal governo americano, come dimostrato qui e qui. Da qualche tempo Washington riteneva inevitabile l’esplosione del malcontento popolare e temendo che a guidare la rivolta potessero essere estremisti islamici o gruppi oltranzisti, ha proceduto a quella che appare come un’esplosione controllata, perlomeno in Egitto e in Tunisia. Perché controllata? Perché prima di mettere in difficoltà Ben Ali e Mubarak, l’Amministrazione Obama ha cementato il già solidissimo rapporto con gli eserciti, i quali infatti non hanno mai perso il controllo della situazione e sono stati gli artefici della rivoluzione. Non scordiamocelo: oggi al Cairo e a Tunisi comandano i generali, che anche in futuro eserciteranno un’influenza decisiva. Washington ha vinto due volte: si è assicurata per molti anni a venire la fedeltà di questi due Paesi e ha messo a segno una straordinaria operazione di immagine, dimostrando al mondo intero che l’America è dalla parte del popolo e della democrazia anche in regimi fino a ieri amici.
(…)
Da Libia e Gheddafi: cosa c’è (davvero) dietro la rivolta, di Marcello Foa.
[grassetto nostro]
E Fidel prevede che…:
L’Avana, 22 febbraio – “Quello che è assolutamente evidente è che il governo degli Stati Uniti non si interessa minimamente della pace in Libia, e non esiterà ad ordinare alla NATO di invadere questo Paese ricco”. Così Fidel Castro fa sentire la sua opinione su quanto sta succedendo in Libia, affermando che una mossa in questo senso potrebbe essere “un questione di ore o di pochi giorni”.
“Una persona onesta sarà sempre contro qualsiasi ingiustizia che si commetta in qualsiasi Paese del mondo”, ha scritto l’ex lider maximo cubano in una delle sua famose “Reflexiones” denunciando “il crimine che la NATO si prepara a commettere contro il popolo libico”.
(Adnkronos/Dpa)
Meglio prevenire che curare.
“Un’ampia gamma di opzioni”
New York, 23 febbraio – La repressione in Libia ‘viola le leggi internazionali’ ed è contraria ai diritti umani, che non sono negoziabili, e i responsabili dovranno risponderne. Lo ha detto il presidente USA chiedendo di porre fine al mostruoso ed inaccettabile bagno di sangue. Obama ha poi annunciato che gli Stati Uniti stanno esaminando ‘un’ampia gamma di opzioni’ per azioni contro il Paese nordafricano e che il suo governo ha predisposto piani di evacuazione per gli americani.
(ANSA)
C’è qualcosa che non torna
C’è qualcosa che non torna nel racconto delle vicende libiche: le stragi, gli aerei, i cecchini, i mercenari, le notizie che si susseguono ci dicono che la crisi del regime è profonda quanto mai era stata in quarantuno anni di potere di Gheddafi. Ma quel che non si capisce è quale sia la percentuale di informazione “drogata” che punti a favorire una soluzione vincente della crisi secondo le aspettative dei ribelli e dei loro potenti sostenitori esterni. C’è infatti uno scarto non indifferente fra le unità di notizia e i video da una parte, e le cifre sparate con titoli cubitali dalla stampa e dai telegiornali di mezzo mondo. Tutti i video mostrano in genere non più di alcune decine di persone nelle strade: perché non c’è nemmeno una foto di cellulare con almeno una ventina-trentina cadaveri a terra, delle centinaia di ammazzati dal regime? Testimoni riferiscono, scrive la BBC, di aerei che bombardano i civili, e di mercenari che fanno strage di manifestanti: sono uomini di Gheddafi o sono terzi soggetti che alimentano la guerra civile secondo il modello delle proteste elettorali in Iran di due estati fa?
E poi ancora: alcune finestre in fiamme, senza che si veda l’edificio nella sua interezza non si sa dove e quando sono state riprese. Il filmato con alcuni orribili cadaveri carbonizzati è curioso, di nuovo un capannello di persone e poi i resti delle vittime come trasportati ed esposti su teloni militari. Su Al Jazira, un altro post che sembra un filmato, ma in realtà è una foto con nel sottofondo un anonimo libico di Tripoli che dice che Gheddafi e i suoi sono “mostri”. Ancora, foto di feriti in ospedale ma non si sa quale ospedale e feriti quando. E video di mercenari africani che non dicono nulla, pochi fotogrammi forse girati addirittura su un aereo.
Leggete poi i giornali: i titoli sparano bombardoni, gli articoli parlano in genere di “testimoni” (che) “riferiscono”, e sono infiorati da condizionali e da forse: vedi la fuga di Gheddafi in Venezuela. Vedi i prima due poi quattro piloti disertori e atterrati a Malta,che nessuno ha ancora intervistato; vedi i tre ministri che si sarebbero dimessi. La cautela dunque sembrerebbe d’obbligo, come del resto si deduce dall’intervista dell’ambasciatore libico all’ONU di Ginevra che, abbandonato il regime di Gheddafi, ha dichiarato a Rai News ieri mattina che “la situazione è estremamente critica”, che si è di fronte all’ “estrema crisi del regime”, che “Gheddafi non ha più nulla in mano”, senza fornire però una sola cifra delle vittime vere o presunte. Un lavoro “sporco” da affidare all’anonimato mediatico in rete, nelle tv e sulla stampa, non da compiersi da parte di un alto diplomatico con aspirazioni probabili a diventare ministro nell’era post-gheddafiana.
Si è di fronte dunque ad uno scarto notevole fra i dati di fatto certi e quella che potrebbe essere chiamata una sovraesposizione mediatica, onde per cui ponderare la profondità della crisi del regime libico è molto difficile. Attenzione però, è la stessa enfatizzazione mediatica a far crescere le difficoltà di Gheddafi: è un lavorio intelligente, che va a combinarsi con il pressing antiGheddafi dell’Europa e soprattutto – a fronte di un Obama silenzioso negli ultimi giorni – di Hillary Clinton, ministro degli esteri di quella stessa potenza che per iniziativa di Obama ha avallato o contribuito alla defenestrazione del presidente-dittatore del vicino Egitto. Ecco dunque i segnali concreti di sgretolamento del regime ai suoi vertici, i tre ministri e il diplomatico di cui sopra e probabilmente alcuni ufficiali e soldati dell’esercito. La partita è ancora aperta fra voci di diserzioni o di ammutinamenti diffuse in Occidente senza veri riscontri fattuali, e la possibilità che tutto precipiti con un colpo di mano o un attentato mirato. L’incognita non è solo l’esercito, ma gli equilibri fra i diversi apparati politico-militari, ad esempio i Comitati rivoluzionari costruiti nella fase più radicale della “rivoluzione” gheddafista.
(…)
Da Libia, il leone ferito: ma non è detta l’ultima parola…, di Claudio Moffa.
Do you remember Kosovo 1999?
Bruxelles, 24 febbraio – Tra le opzioni che l’Unione Europea sta considerando nella preparazione dei piani sulla Libia c’è anche l’ipotesi di un intervento militare a carattere umanitario. Lo hanno rivelato fonti UE, secondo cui “questa è una possibilità su cui stiamo lavorando”. Si tratta di “una questione difficile e complessa”, hanno sottolineato le fonti, ricordando che “qualsiasi tipo di intervento militare richiede ovviamente una cornice legale”.
(Adnkronos)
Proprio come avevamo appena finito di ipotizzare nella pagina dei commenti…
“Al momento non ne abbiamo mai parlato”
Roma, 24 febbraio – “Al momento non ne abbiamo mai parlato. Finora nessuno ha mai preso in considerazione l’ipotesi di una missione internazionale in Libia come quella che c’è in Kosovo”. Lo afferma il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, rispondendo ai giornalisti che a Montecitorio gli chiedono se si può ipotizzare l’avvio di una missione internazionale in Libia.
(AGI)
Casini, bordelli e Tonini: “l’opposizione” non delude mai
Roma, 24 febbraio – “Il signor Gheddafi è un criminale che va processato alla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità, perchè quello che sta capitando in queste ore, con bombardieri mandati contro i cittadini libici, con motovedette a cui viene chiesto di bombardare dal mare Tripoli e Bengasi, tutte queste testimonianze sono più che sufficienti per dire che chi guida la Libia è un criminale”. Lo dice Pier Ferdinando Casini, ospite di ’28 minuti’, trasmissione di Barbara Palombelli su Radio Due.
(Adnkronos)
Roma, 24 febbraio – ”Mi auguro che il presidente Dini sia in grado di smentire le affermazioni contenute nell’intervista pubblicata sulla Repubblica di oggi. Si tratta infatti – secondo il capogruppo del PD in Commissione Esteri a palazzo Madama Giorgio Tonini – di affermazioni sconcertanti e gravissime”.
”Stando a quanto affermato dal presidente della Commissione Esteri del Senato – prosegue Tonini – l’Italia non auspica la fine di Gheddafi, perchè è un leader che oggi intrattiene buoni rapporti con la comunità internazionale. C’è da chiedersi cosa intenda il presidente Dini per ‘comunità internazionale’: non solo l’Europa e gli Stati Uniti, ma anche il segretario generale e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e perfino la Lega Araba hanno condannato con fermezza il regime libico, che con la feroce repressione che ha messo in atto contro le proteste del suo stesso popolo, si è posto da solo fuori e contro la comunità internazionale”.
”Nelle parole che il ministro Frattini ha pronunciato ieri alla Camera e al Senato – osserva ancora Tonini – abbiamo registrato con sollievo una significativa correzione di rotta del Governo, che evidentemente si è reso conto che con la linea del sostegno acritico a Gheddafi stava portando l’Italia, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, sulla soglia dell’isolamento internazionale. E stava perfino compromettendo il futuro delle relazioni con il popolo libico, che è preciso interesse nazionale dell’Italia che restino amichevoli. Forse il presidente Dini non è stato tempestivamente informato”.
(ASCA)
Piazze silenziose
Roma, 24 febbraio – ”In Libia è in corso una autentica carneficina. Migliaia di morti, bombardamenti su minareti, uccisioni di massa e cadaveri esposti nelle strade, stupri casa per casa, fosse comuni. Se si fa eccezione per le dichiarazioni di Obama e di qualche leader europeo, per il resto è silenzio. Fino alle misere contorsioni del governo Berlusconi. E ci dobbiamo dire anche che sono silenziose le piazze. Le stesse che si riempirono con milioni di persone contro la guerra in Iraq oggi tacciono di fronte al martirio di un popolo che aspira a libertà e diritti”. Lo scrive Walter Veltroni su Facebook.
(ASCA)
Tutti sono d’accordo
Washington, 25 febbraio – Il mondo si interroga su come fermare le stragi in Libia. Il presidente americano ha analizzato le possibili misure contro il regime in una serie di colloqui telefonici con Berlusconi, Cameron e Sarkozy.
Si stanno analizzando una serie di opzioni, prima tra tutti una no-fly zone sulla Libia, ma anche il divieto di volo e il congelamento dei beni per la famiglia Gheddafi. Tutti sono d’accordo sulla necessità di fermare la repressione brutale e sanguinosa, sulla necessità di mandare segnali chiari alla leadesrhip libica e sulla necessità di coordinare le eventuali misure multilaterali. Tra le azioni, un’iniziativa anche nel Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu. E oggi si riunirà di nuovo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
(AGI)
Il “coordinatore”
Godollo (Ungheria), 25 febbraio – Il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen ha chiesto una riunione urgente dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica per affrontare la convulsa situazione in Libia; e ha aggiunto di essere pronto a fare da “coordinatore” qualora gli alleati decidessero un’azione.
Rasmussen ha mandato un messaggio su Twitter, mentre si apre a a Godollo, vicino Budapest, la riunione informale dei ministri della Difesa dell’Unione Europea che affronta la situazione libica e la possibile evacuazione dei migliaia di cittadini [stranieri – ndr] che ancora rimangono nel Paese arabo.
(AGI)
Non vedono l’ora di mettere le loro sporche mani sulle ingenti risorse di petrolio, gas e le immense riserve di acqua potabile recentemente scoperte in Libia…
(Im)prevedibile propaganda
Washington, 25 febbraio – Nella “situazione di caos” in Libia gli Stati Uniti sono preoccupati per l’arsenale chimico del Paese, e soprattutto temono la possibilità che Moammar Gheddafi possa usare armi chimiche contro il proprio popolo. Lo riporta la CNN, citando un funzionario americano che ricorda come, per quanto finora non vi siano segnali della possibilità che il leader libico abbia dato un ordine di questo tipo, Gheddafi sia imprevedibile.
(Adnkronos)
“Stiamo finalmente riscoprendo l’intelligenza superiore di Bush”
Roma, 25 febbraio – ”E’ la classica situazione nella quale bisognerebbe richiedere l’intervento della NATO. Forse anche quello della Nazioni Unite. Quello che sta accadendo in Libia è una tragedia umana. E non possiamo restare troppo a lungo a guardare”. Lo dice l’ex ministro della Difesa, Antonio Martino, in un’intervista a ‘il Tempo’, in cui spiega che l’Alleanza Atlantica dovrebbe intervenire ”sulle stesse identiche basi sulle quali intervenne in Kosovo nel 1999.
Era in corso – ricorda l’esponente del PdL – un’operazione militare dell’allora governo contro i kossovari. Si venne a creare una pericolosa situazione di emergenza, con un esodo di massa’. ”La NATO – rimarca Martino – intervenne bombardando la zona per fermare quello che stava assumendo le dimensioni del genocidio. Il centrodestra allora fu a favore dell’intervento deciso dal governo D’Alema”. Oggi in Libia, sottolinea l’ex titolare della Difesa, ”ci sono migliaia di morti ogni giorno, le fosse comuni. E’ terribile. Bisogna fermare subito quello che sta accadendo. Subito. Se fossi ministro avrei già chiamato Rasmussen, il segretario della NATO”. ”Qui non c’è tempo da perdere – ribadisce – Gheddafi sta facendo bombardare il suo popolo, ha assoldato mercenari che vanno a sparare ai civili nelle case”.
Quanto al ruolo degli USA nella vicenda della crisi libica, per Martino la posizione americana ”è imbarazzante. Mi sembra che in politica estera l’attuale amministrazione sia inadeguata. Stiamo finalmente riscoprendo l’intelligenza superiore di Bush”.
(Adnkronos)
Standing ovation.
Processi di demonizzazione: Gheddafi come Milosevic, la Libia come la Serbia
Roma, 25 febbraio – “Quello che sta accadendo in Libia configura un vero e proprio genocidio e per le sue responsabilità Gheddafi può essere paragonato a Slobodan Milosevic. La nostra posizione deve essere di massima vicinanza al popolo libico nel momento in cui, pur tra lutti e sofferenze, sta trovando la strada verso la democrazia”. Lo dice il senatore del PdL, Giuseppe Esposito, vicepresidente Copasir e membro della Commissione Difesa del Senato della Repubblica.
“La natura laica della rivolta lascia presupporre sviluppi di tolleranza e apertura democratica, così come sembra accadere in Egitto – prosegue Esposito – Dal punto di vista politico è necessario sostenere la proposta di sanzioni da parte dei Paesi dell’UE insieme con quella dell’apertura di un’inchiesta da parte del Tribunale Internazionale per crimini contro l’umanità, continuando a sostenere la transizione senza abbassare la guardia sui rischi, che pure esistono, di derive integraliste. Al contempo ci si deve preparare, in maniera unitaria e secondo principi umanitari, ad accogliere la possibile ondata di arrivi”.
(DIRE)
“Il risultato poi non è stato quello che speravamo”: parola di finanziere…
Milano, 25 febbraio – “Il vento della libertà è sempre positivo, basta che non diventi un disastro caotico e disorganizzato. Tutti eravamo per la rivoluzione iraniana quando fu cacciato lo Scià. Il risultato poi non è stato quello che speravamo. L’Europa deve aiutare, altrimenti non ce la facciamo da soli”.
Così il finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar commenta le rivolte in Libia, che seguono quelle in Tunisia e in Egitto.
(Adnkronos)
”Non si può assicurare la pace mondiale infliggendo sanzioni”
Istanbul, 26 febbraio – La Turchia condanna la repressione del regime libico nei confronti dei manifestanti, accusa la comunità internazionale, con particolare riguardo per i Paesi occidentali, per aver concentrato l’attenzione sui problemi legati al procacciamento delle risorse energetiche piuttosto che sul dramma umanitario e dice no alle sanzioni dell’ONU.
Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, in un discorso televisivo, si è appellato alla ”comunità internazionale” perché si occupi della Libia ”non preoccupandosi del petrolio” ma ”con coscienza”, guardando ”ai valori umani e di giustizia”. Erdogan, parlando delle sanzioni ONU, ha poi detto che ”ogni intervento renderà il processo più difficoltoso” e ”colpirà non l’amministrazione ma il popolo libico” perché ”non si può assicurare la pace mondiale infliggendo sanzioni per ogni incidente”. Il primo ministro turco ha chiesto alla comunità internazionale ”di fermare i calcoli” sugli interessi economici che riguardano la Libia e di ”lavorare per un rimedio per fermare la sofferenza del popolo libico”.
(ASCA-AFP)
“Pronti ad aiutare”…
New York, 27 febbraio – Gli USA sono ‘pronti ad aiutare’ gli oppositori del colonnello Muammar Gheddafi in Libia: lo ha indicato il segretario di Stato USA Hillary Clinton.
Parlando in viaggio alla volta di Ginevra, la Clinton ha detto: ‘Siamo pronti ad offrire qualsiasi forma di aiuto’ auspicata da parte degli Stati Uniti. Il segretario di Stato, che domani parteciperà ad una ministeriale ONU sui Diritti Umani, ha ribadito che Gheddafi deve andarsene: ‘Dobbiamo innanzi tutto vedere la fine del suo regime’.
(ANSA)
… con la no fly zone…
Roma, 28 febbraio – L’utilità di una ‘no fly zone’ in Libia è “indubbia” ma “bisogna essere consapevoli che è una misura che poi va fatta rispettare”: ad affermarlo è stato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un’intervista al Messaggero. Una misura di questo genere, ha precisato il titolare della Farnesina, esige una “riflessione approfondita”, anche perché “servono caccia da guerra ed elicotteri che la facciano rispettare, occorrono precise regole d’ingaggio” .
(AGI)
… ed il “coinvolgimento della NATO”.
Parigi, 28 febbraio – Proibire il sorvolo del territorio libico per impedire il massacro di civili da parte del Colonnello Gheddafi implica una ”riflessione” e un ”coinvolgimento della NATO”.
Così, il primo ministro francese Francois Fillon ai microfoni di RTL, precisando che occorre studiare ”tutte le soluzioni” per indurre Muammar Gheddafi a lasciare il Paese. Intanto non è stata ancora presa alcuna decisione sulla possibilità di imporre una no-fly zone sulla Libia per evitare ulteriori massacri di civili da parte di Muammar Gheddafi.
(ASCA-AFP)
Parole dure e chiare
Ginevra, 28 febbraio – Sostenere le transizioni politiche nel mondo arabo non è una questione di ideali ma un imperativo strategico. Lo ha dichiarato il segretario di Stato USA Hillary Clinton al termine del Consiglio ONU per i diritti umani a Ginevra.
(ASCA-AFP)
Brava Hillary, facciamola finita con l’ipocrisia…
Stanno progettando… Kosovo 2°
Londra, 1 marzo – La Gran Bretagna e gli alleati della NATO stanno progettando di inviare aerei da guerra in Libia e armi ai ribelli per abbattere il regime del Colonnello Muammar Gheddafi. E’ quanto rivela il britannico The Times. Il governo di David Cameron è in prima fila per estromettere il leader libico ed impedire un disastro umanitario.
(AGI)
La fortuna di Berlusconi
Gianni De Michelis, il dioscuro rampante che con Martelli, negli anni della rifondazione socialista del Garofano si assunse il compito di svellere le radici del socialismo e farne un moderna arma per una politica corsara al servizio di Ghino di Tacco in guerra continua con l’alleato dc ed il nemico pci, ieri parlava della fortuna che sarebbe toccata a Berlusconi che, come a suo tempo D’Alema, si trova nella condizione di arrecare servizi preziosi agli USA. D’Alema ebbe la opportunità di offrire basi militari ed aerei per bombardare Belgrado e quindi essere iscritto nell’albo degli amici della Casa Bianca. Berlusconi ha le stesse opportunità riferite alla Libia, nel caso che Gheddafi non accettasse l’esilio impostogli da Obama e decidesse di resistere e magari di farsi uccidere nella difesa della Libia.
(…)
Il pavido governo italiano è costretto a fare finta di niente. La sua meschina opposizione lo incalza per la cancellazione del trattato italo-libico. Berlusconi dovrà stare in riga e fornire il supporto militare se si deciderà di bombardare Tripoli al fine di spaccare in due od in tre la Libia oppure di mettere al potere la tribù fedele all’Occidente dell’ex re Idriss. Il benessere della Libia sarà un ricordo del passato come quello dell’Iraq di Sadam Hussein che era diventato lo Stato più moderno industrializzato e colto tra i paesi arabi. Gli USA non sopportano la crescita di civiltà diverse da quella del suo capitalismo. Anche l’Iran dovrà essere schiacciata e riportata all’età della pietra. Tutta la polemica contro l’Islam ed il fondamentalismo islamico, contro il terrorismo, non è altro che il manifesto ideologico di un Impero che non accetta di convivere con entità autonome e culture diverse dalla sua. In lista di attesa per essere omologata con le buone o le cattive sta la Russia. Farebbe bene Berlusconi, prima che Obama decida di tirargli il collo e di ordinare ai suoi “fedeli” in Italia di rivedere tutto, a rivedere, se può, le sue posizioni verso Putin.
Intanto dalla Libia giunge un pesante silenzio.
(…)
Che cosa sta accadendo?
Sta accadendo che le orde monarchiche manovrate da Obama e dalla Clinton hanno avuto l’ordine di congelare la “rivoluzione” in attesa dei negoziati con Gheddafi e la sua famiglia. Se questi accetterà di andarsene dal paese dove è nato e dove ha governato per quaranta anni non ci sarà bisogno dell’assalto finale al Palazzo d’Inverno. Se Gheddafi resisterà la Libia farà la fine dell’Irak e dell’Afghanistan: sarà invasa da truppe che qualcuno nella sinistra fariseica italiana chiama “umanitarie”. Vedremo in diretta lo spettacolo pirotecnico delle bombe al fosforo che illuminano il cielo di Tripoli. Lo stesso spettacolo che abbiamo visto sul cielo di Bagdad.
Da L’invidia di De Michelis, di Pietro Ancona.
2 Marzo
Il generale James Mattis, responsabile del Comando Centrale USA (CENTCOM), parlando davanti al Senato statunitense circa un’eventuale no-fly zone sulla Libia, ha detto che da un punto di vista militare “sarebbe difficile”.
“Si dovrebbe eliminare la capacità libica di difesa aerea, per stabilire una no-fly zone. Non facciamoci illusioni. Sarebbe un’operazione militare, non basterebbe dire ai libici che non possono volare”.
Mentre al ministro Maroni che si interroga su quale “autorità” sia in grado di revocare il Trattato di Amicizia fra Italia e Libia, fate leggere questo.
“Chiediamo attacchi mirati”
Bengasi, 2 marzo – Il Consiglio nazionale libico costituito dai ribelli nella Libia orientale ha chiesto attacchi aerei delle Nazioni Unite contro i mercenari stranieri impiegati dal leader Muammar Gheddafi per reprimere la rivolta. Lo ha annunciato oggi un portavoce del Consiglio.
Nel corso di una conferenza stampa Hafiz Ghoga, portavoce dell’organismo che ha sede a Bengasi, ha detto che Bengasi [lapsus freudiano… – ndr] sta usando “mercenari africani in città libiche”, il che rappresenta un’invasione del paese nordafricano produttore di petrolio.
“Chiediamo attacchi mirati sulle roccaforti di questi mercenari”, ha detto Ghoga, aggiungendo però che: “Ci si oppone con forza alla presenza di eventuali forze straniere sul suolo libico. C’è una grande differenza tra questo e attacchi aerei strategici”.
Il portavoce ha aggiunto che l’esercito a est è pronto a muoversi verso ovest se Gheddafi rifiuta di farsi da parte.
(Reuters)
La Russa non dice “né di sì né di no”
Roma, 2 marzo – Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, condivide la posizione USA, espressa da Robert Gates, su una possibile ‘no fly zone’ sui cieli della Libia che, da parte statunitense, si reputa poco praticabile perché presupporrebbe un’azione militare contro il regime di Gheddafi.
”Fare una ‘no fly zone’ – ha detto La Russa ai giornalisti che gli chiedevano un commento alle parole di Gates – significa impedire agli aerei libici di volare e, se lo fanno, prevedere un intervento. Ma – si é chiesto – se contro i nostri aerei che intervengono risponde la loro contraerea cosa fai? Devi ovviamente bombardare”. Da qui, ha spiegato La Russa, la posizione italiana che definisce l’ipotesi della ‘no fly zone’ una questione ”molto fluida e ipotetica. Non dico né di sì né di no ma certo Gates ha ragione perché creare una ‘no fly zone’ è, di fatto, un’operazione militare e, quindi, se occorre coercitiva altrimenti si chiamerebbe embargo o sanzione”.
”Per questo – ha concluso il ministro La Russa – abbiamo gettato acqua sul fuoco ma siamo assolutamente pronti a rispettare qualsiasi decisione assunta in sede internazionale”.
(ASCA)
Ogni promessa è debito
Roma, 3 marzo – ”Abbiamo deciso due importanti missioni umanitarie. La prima, su richiesta dell’Egitto e della Tunisia, prevede l’aiuto a circa 60mila egiziani che lavoravano in Libia ed ora sono fuggiti in Tunisia. Ci è stato chiesto di assisterli e di fare in modo che possano rientrare in patria sani e salvi. La seconda missione umanitaria si dirigerà in Cirenaica portando cibo e medicinali a una popolazione stremata”. E’ quanto spiega il ministro degli Esteri, Franco Frattini in una intervista ad Avvenire tratteggiando il quadro dell’impegno del governo italiano nella crisi della Libia.
Respingendo ogni ipotesi di ‘imbarazzo’ da parte dell’esecutivo guidato da Berlusconi nel condannare oggi Gheddafi dopo averlo considerato un partner privilegiato (”E’ lo stesso imbarazzo che dovrebbero provare tanti leader del mondo. Dai britannici che hanno riconsegnato a Tripoli il terrorista della strage di Lockerbie, al presidente francese che ha ospitato Gheddafi per cinque giorni a Parigi, a tutti coloro che avevano votato a favore della Libia come membro della Commissione Onu per i diritti umani”), sulle ipotesi di un’eventuale intervento militare dall’esterno precisa: ”E’ un’ipotesi che ha già sollevato le perplessità della Lega Araba. Escludo categoricamente che l’Italia possa partecipare ad un’azione militare in Libia, per ovvi motivi legati al nostro passato coloniale. Al massimo, potremmo dare la disponibilità logistica delle nostre basi, ma anche in questo caso occorre un chiaro mandato internazionale dell’ONU. E, comunque, qualsiasi tipo d’azione deve tener presente il delicato contesto politico e culturale del mondo arabo”.
(ASCA)
Sì, le “nostre” basi…
La NATO “ha preso nota” e “prudentemente” (?!?) si prepara
Bruxelles, 3 marzo – La NATO non ha in programma un intervento in Libia ma si tiene pronta per ogni eventualità. Il segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen, ha dichiarato di aver “preso nota” della dichiarazione con cui il Consiglio nazionale di Bengasi ha chiesto “attacchi strategici contro i mercenari”. “Vorrei sottolineare”, ha affermato Rasmussen, “che la NATO non ha alcuna intenzione di intervenire, ma, prudentemente, ci prepariamo a tutte le eventualità”.
(AGI)
“Abbiamo fatto bene nel Kosovo”
Roma, 4 marzo – ”Occorrono atti da parte dei governi e dell’Unione Europea. Di fronte alla persistente azione repressiva che sta reiteratamente producendo Gheddafi occorre un’azione di ingerenza umanitaria, bisogna mettere mano ad un’azione militare con un fine positivo assolutamente urgente, quello di fermare il massacro”.
Lo ha detto a Radio Radicale il vicepresidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella (PD). ”Gheddafi è un pazzo scatenato che sta uccidendo migliaia di persone – ha detto Pittella – non possiamo assistere inermi a questo massacro. Abbiamo fatto bene in Libano, abbiamo fatto bene nel Kosovo. Ed è gravissimo che prevalga una logica di convenienza rispetto al massacro delle vite umane, non ci dovrebbe essere proprio il dubbio su cosa fare. Ora in Libia stanno morendo delle persone, e io rispetto a questo dico che chiunque faccia calcoli di convenienza è un cinico che non merita di governare il Paese”.
(ASCA)
Cinico a chi?!?
Il modello delle monarchie del Golfo…
Londra, 4 marzo – Un’eventuale caduta del regime del colonnello Muammar Gheddafi avrebbe effetti positivi sull’economia della Libia, trasformando il Paese in un hub finanziario sul modello delle monarchie del Golfo. Ne è convinto il leader della comunità ebraica di Londra, il libico Raphael Luzon, che in un’intervista con AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL, disegna gli scenari futuri per lo Stato nordafricano. “Qualsiasi cambiamento dalla dittatura alla democrazia è di per sè positivo”, afferma Luzon.
(Adnkronos/Aki)
“Sosterremo qualunque sforzo” dice il megafono della NATO in Italia
Ginevra, 4 marzo – C’è ‘un atteggiamento di aperta sfida del colonnello Gheddafi alla comunità internazionale, una provocazione nei confronti dei protagonisti della vita internazionale che hanno detto basta con i bombardamenti, basta con la repressione’. Lo ha detto il presidente Giorgio Napolitano a Ginevra dopo l’intervento al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
‘Gheddafi deve fermare ogni azione militare diretta contro il suo popolo’ perchè ‘la violenza contro i libici è inaccettabile’, ha affermato il Capo dello Stato, aggiungendo: ‘Sosterremo qualunque sforzo’ perchè la Libia rispetti i diritti umani’.
(ANSA)
“La nostra lealtà euro-atlantica”
Roma, 7 marzo – “E’ assai difficile pensare ad aerei militari italiani coinvolti sul terreno libico, ma evidentemente la nostra lealtà euro-atlantica ci fa dire che le nostre basi militari e il supporto logistico non potremmo negarli”. E’ quanto ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, rispondendo, intervistato a Uno Mattina, ad una domanda relativa all’ipotesi dell’istituzione di una no fly zone sulla Libia, dicendosi d’accordo con quanto dichiarato dal ministro francese Alan Juppè.
(Adnkronos)
Dopo aver invitato l’alleato d’oltreoceano a darsi una calmata, oggi il ministro degli Interni Roberto Maroni fa partire una diffida nei confronti dei “guerrafondai”.
Una volta tanto, più che giustificata…
Milano, 7 marzo – Un intervento militare in Libia ”sarebbe un errore molto grave”. Questa l’opinione del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che, entrando nella sede della Lega Nord di via Bellerio per partecipare al consiglio federale del Carroccio, ha sottolineato: ”Prima di decidere di bombardare, prima che i guerrafondai prendano il sopravvento, occorre sviluppare una politica di aiuti”. Per Maroni, ciò significa mettere a punto ”il piano Marshall prima di andare a bombardare e rischiare di trasformare la Libia in un nuovo Afghanistan”.
(ASCA)
Perle ai porci
Roma, 8 marzo – ”E’ un dovere dell’Unione Europea farsi carico nel suo complesso del problema libico. Infatti, quella frontiera sul Mediterraneo non rappresenta solo il confine con l’Italia, ma con tutto il mondo occidentale. Bisogna aiutare i profughi e i disperati e fermare e punire il despota, quel personaggio che, pur di rimanere al potere, sta attuando un vero e proprio genocidio”. E’ quanto afferma il presidente dell’IdV, Antonio Di Pietro, a margine del convegno ‘L’autotrasporto in Italia tra assistenzialismo e prospettive di sviluppo’, organizzato da Folder, centrostudi per l’economia del partito
(ASCA)
Proviamo ad immaginare questa semplice ipotesi:
Immaginiamo, per assurdo, che una qualunque barca a remi della flotta militare libica – in concomitanza con le infuriate e distruttive rivolte delle diseredate popolazioni afro-americane delle città di Atlanta, Denver, Las Vegas, Los Angeles, San Francisco, New York, etc., negli anni ‘60, ’70, ’80 o ‘90, in ogni occasione, largamente represse nel sangue dalla Polizia, dalla Guardia Nazionale e dall’Esercito degli Stati Uniti – avesse deciso, magari soltanto per curiosare o proporsi di distribuire qualche pacco dono ai necessitanti, di tentare di avvicinarsi alle coste del Massachusetts, della Pensilvania, della Florida o della Luisiana, come avrebbe reagito il Governo di Washington? E come avrebbero reagito, dal canto loro, i Governi di Londra e di Parigi, se la medesima barca a remi di cui sopra – in simultaneità e tempismo con le violente e pericolose sommosse, negli anni ’80, delle popolazioni di colore di alcune “outskirts” (periferie) delle città britanniche o con quelle molto più rabbiose e radicali delle “banlieues” francesi degli anni ‘90 e 2000 – avesse deciso di avvicinarsi alle coste dei suddetti Paesi?
Tutti scandalizzati ed oltraggiati, invece, in Occidente, dalle aggressive dichiarazioni del Leader libico (…“se mi attaccate, ci sarà un bagno di sangue”!), quando – a seguito dei disordini e degli scontri fratricidi che si stanno svolgendo in Libia dal 17 Febbraio scorso – la portaerei statunitense Uss Enterprise, la portaelicotteri Uss Kearsarge (con a bordo all’incirca 800 marines), la Uss Ponce (strapiena di munizioni e di mezzi da sbarco) e la Uss Andrid (con nella stiva numerosi blindati), la portaelicotteri francese Mistral e le fregate britanniche HMS Westminster (imbarcante alcuni elicotteri MK 8 Lynx e diversi lancia-missili) e HMS York (idem come sopra), decidono arbitrariamente di posizionarsi di fronte alle coste libiche, eventualmente… per imporre manu militari un’eventuale “no fly-zone” (divieto di decollo e/o di sorvolo) su territorio di quello Stato e/o per portare soccorso “umanitario” o, al limite, manforte militare agli insorti anti-Gheddafi.
Qualcuno potrebbe ribattermi: cosa ci sarebbe di anormale, nel comportamento dei suddetti Paesi occidentali? E soprattutto degli Stati Uniti d’America che, come tutti sanno – da provetti, ultra-sperimentati e permanenti “liberatori” del mondo – non potrebbero fare altro, per ragioni “umanitarie” (sic!), che intromettersi negli affari interni della Libia che, come sappiamo, non solo non rispetta né ha mai rispettato i “Diritti dell’Uomo” ma, si permette addirittura il lusso di far sparare addosso ai suoi propri cittadini in rivolta!
Questo genere di argomenti – anche se il lettore, molto probabilmente, lo avrà senz’altro dimenticato o, verosimilmente, non lo avrà nemmeno mai saputo – est simplement du déjà vu…
Io personalmente, ad esempio (per ricordare solamente le ingerenze militari USA più flagranti e conosciute, negli ultimi 30 anni), li ho già visti utilizzare dai “buoni” di Washington, in innumerevoli e differenziate occasioni. In modo particolare: a Grenada, il 25 Ottobre 1983, contro l’allora Governo legittimo di quell’Isola caraibica; in Nicaragua, tra il 1984 ed il 1990 – via la CIA ed i Contras o Milicias Populares Anti-Sandinistas (MIPLAS) o Fuerza Democrática Nicaragüense (FDN) – contro l’allora regolarmente eletto Governo sandinista del Paese; a Panama, il 23 Dicembre 1989, contro il loro ex-agente segreto Manuel Noriega, il suo governo ed il suo esercito; in Iraq, tra il 2 Agosto 1990 (l’invasione irachena del Kuwait) e l’Operazione Tempesta nel deserto (17 Gennaio – 28 Febbraio 1991) contro l’allora regime di Saddam Hussein; in Somalia, nel 1992, con la Missione USA/NATO, “restore hope”; in Serbia, nel 1999 – via l’aviazione US-Air-Force e NATO (quella italiana compresa) ed i separatisti albanesi dell’UÇK (Ushtria Çlirimtare e Kosovës) e dell’ “Esercito di liberazione del Kosovo” (KLA) – contro l’allora Governo del Presidente Milosevic/Milošević; in Afghanistan – a partire dall’11 Settembre 2001 (il “provvidenziale”?… e, fino ad oggi, mai chiarito attacco aereo al Pentagono ed alle Torri Gemelle del World Trade Center di New York) – contro il Governo dei Talebani, alleato di al-Qaeda; situazione che, a sua volta, provocò, il 7 Ottobre 2001, l’invasione USA e NATO di quel Paese, che ancora perdura…; in Iraq, di nuovo, a partire dal 20 Marzo 2003, con l’invasione e l’occupazione militare USA/Britannica & C. di quel Paese, che è tuttora sempre in corso.
Insomma, come in un ripetitivo, monotono e soporifero copione teatrale – ed anche se nessuno sembra stranamente accorgersene o notarlo – i Paesi occidentali, come al solito, sono sempre i “buoni”, ed i “cattivi”, sempre e comunque gli “altri”!
Da Crisi libica o attacco all’Italia?, di Alberto B. Mariantoni.
In 42 per l’opzione diplomatica
Roma, 9 marzo – ”Quanto accade in questi giorni in Libia appare connotato da non facile decifrabilità. Nonostante la confusione, il Governo italiano ha mostrato, finora da solo nel quadro europeo, concretezza nell’intervento umanitario, sia sul territorio nazionale, sia al confine con la Tunisia sia, ancora a Bengasi: con questo si è preso carico, nei fatti e non a parole, della dignità di tanti esseri umani. L’oggettiva complessità della situazione è acuita dalle notizie – che fanno alternare conferme e smentite – di trattative in corso fra le parti in conflitto. Alla vigilia di importanti appuntamenti europei e internazionali, siamo convinti che tutto ciò che realisticamente rafforza l’opzione diplomatica è da sostenere con decisione, anche nell’interesse dell’Italia. Sostenere con decisione significa battere il più possibile la strada della soluzione ragionevole, invece che quella militare”.
E’ quanto sottoscrivono 42 parlamentari del PdL. Di seguito i loro nomi: On. Alfredo Mantovano, On. Edmondo Cirielli, On. Barbara Saltamartini, Sen. Francesco Paolo Bevilacqua, On. Francesco Biava, On. Mario Landolfi, On. Andrea Augello, Sen. Bruno Alicata, Sen. Laura Allegrini, Sen. Franco Asciutti, Sen. Paolo Barelli, Sen. Antonio Battaglia, Sen. Domenico Benedetti Valentini, On. Isabella Bertolini, Sen. Laura Bianconi, On. Maurizio Bianconi, On. Marco Botta, Sen. Battista Caligiuri, Sen. Valerio Carrara, On. Carla Castellani, Sen. Maurizio Castro, Sen. Gennaro Coronella, Sen. Cristiano De Eccher, Sen. Mariano Delogu, On. Marcello Di Caterina, On. Giovanni Dima, Sen. Raffaele Fantetti, sen. Vincenzo Fasano, On. Paola Frassinetti, Sen. Giuseppe Menardi, On. Bruno Murgia, Sen. Pasquale Nessa, On. Alessandro Pagano, Sen. Antonio Paravia, On. Vincenzo Piso, Sen. Filippo Saltamartini, On. Souad Sbai, Sen. Cosimo Sibilia, On. Gabriele Toccafondi, Sen. Oreste Tofani, On. Raffaello Vignali, Sen. Tomaso Zanoletti.
(ASCA)
Grazie a Dio, non tutti hanno smarrito l’intelligenza.
Se lo dice lui…
Washington, 12 marzo – Il ministro della Difesa USA, Robert Gates, è il più strenuo oppositore dell’adozione di una ‘no-fly zone’ sulla Libia. Per il capo del Pentagono è qualcosa che gli USA e i loro alleati possono fare se vogliono ma non è certo che si tratti di una mossa “saggia” .
(AGI)
Vergognose esitazioni
Tripoli, 16 marzo – ”Credo che sia una vergogna la posizione da codardi assunta dal mondo occidentale, soprattutto gli Stati Uniti, che si propongono come difensori della democrazia e dei diritti umani”. E’ il duro commento di Ali Tarhouni, esponente degli insorti libici e membro della commissione Economia e petrolio del Consiglio provinciale costituito nell’est della Libia.
Affermando che il popolo libico si ricorderà di chi si è dimostrato amico, in un’intervista a ‘Voice of America’ Tarhouni ha precisato: ”Non chiediamo molto, solo la creazione di una no-fly zone”. L’atteggiamento del presidente USA Barack Obama, a suo giudizio, è in ”netto contrasto” con quanto affermò nel 2009, in uno storico discorso ai musulmani pronunciato al Cairo. ”Obama fece un appello per la democrazia e la libertà e ora il minimo che possa fare è appoggiare la no-fly zone – ha detto – Il sangue del popolo libico non è a poco prezzo, a noi costa caro versarlo”.
(Adnkronos/Aki)
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ottimo commento del professor Claudio Moffa, esperto di Africa e Vicino-Medio Oriente:
Ma al di là di questo, le parole di Obama e in generale la momentanea stasi della situazione in Egitto inducono a una riflessione su cosa sia veramente accaduto e stia veramente accadendo nel mondo arabo dopo la rivolta tunisina e quella egiziana. Circola infatti di tutto: per alcuni il rischio è che si diffonda lo spettro di Al Qaeda a seguito delle crisi di Tunisi e del Cairo; per altri – che ragionano in termini di qualunquismo movimentista: chiunque si ribelli in quale che sia piazza allo “stato di cose presente” è un ribelle che vuole la “democrazia” e dunque va sostenuto – si è di fronte a un’onda inarrestabile di democratizzazione del Medio Oriente; per altri infine, siamo di fronte a un grande inganno, alla “tempesta perfetta” evocata dal segretario di stato americano, un Grande Fratello che tutto controlla e di cui il Consiglio militare che oggi regna in Egitto sarebbe la ferrea e longa manus.
Credo che bisogna analizzare bene la situazione.
(…)
E’ una rivoluzione geopolitica quella che ha sconvolto e sta sconvolgendo Medio Oriente, Asia, Africa e America latina, con antiche alleanze USA che entrano in crisi, e che scivolano verso il campo della fermezza iraniana e della superpotenza cinese. Obama può aver pianificato quel che vuole, con i “suoi” egiziani istruiti nelle Accademie militari e nelle Università USA: ma a parte possibili delusioni alla Fidel Castro 1960, egli insegue una situazione sempre più pericolosa per la tenuta USA in Medio Oriente, non la precede e non la guida con assoluta certezza sui suoi esiti. Che riuscirà a controllare fino in fondo la sua manovra di recupero avviata al Cairo, è difficile a dirsi, perché a Piazza Tahir non c’era solo l’executive manager di Google Wael Ghonim, e nell’esercito egiziano non c’è solo il Consiglio Militare supremo.
Le incognite sono numerose: la situazione è in realtà in pieno movimento. Se il Consiglio Militare si rimangerà la promessa di elezioni fra sei mesi, è difficile pensare che le piazze egiziane non si riempiranno di nuovo: se ci saranno le elezioni i Fratelli Musulmani guadagneranno spazio, forza e visibilità. C’è peraltro un livello occulto su cui riflettere e riguarda, come ho già detto nell’intervista a Radio-IRIB, l’esercito. Se non è stata la CIA di Obama, chi ha ordito il fallito attentato contro Omar Soleiman? Esiste qualche altra forza organizzata dentro le Forze Armate? Sopravvive una memoria di Nasser e del nasserismo, non solo fra la gente che salutava i carri armati con slogan di fratellanza fra popolo ed esercito, ma anche appunto fra gli egiziani in divisa? Sappiamo ben poco su tutto questo. Giorni fa, una corrispondenza del GR 3 di Maria Gianniti citava il caso di soldati che avevano “gettato la divisa” per stare dalla parte del popolo: caso assai improbabile, probabile disinformatio invece, di chi teme che i soldati “dalla parte del popolo” continuino a stare dentro le Forze armate, pronti a difenderlo e a liberarlo secondo classica tradizione di tutto il mondo arabo.
Quello che è comunque certo è che i giochi sono tuttora aperti, e dentro la varietà di ipotesi che presenta oggi l’Egitto e più in generale lo scacchiere mediorientale, è impossibile pensare che prima o poi non ci saranno ricadute anche sulla drammatica situazione di Gaza, dove Hamas continua a resistere al disumano assedio israeliano. Di fronte alla fluidità del processo messo in atto dalla rivoluzione egiziana, assumere atteggiamenti di indifferenza e da scettici blu che tutto sanno e tutto hanno capito, francamente non mi pare abbia molto senso.
Meglio leggere con umiltà gli avvenimenti e cercare di seguirne con il massimo di obbiettività possibile gli sviluppi, senza ottimismi e pessimismi di principio.
da Le “contraddizioni” dell’Iran e le contraddizioni di Obama
http://www.eurasia-rivista.org/8389/le-%e2%80%9ccontraddizioni%e2%80%9d-dell%e2%80%99iran-e-le-contraddizioni-di-obama
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“………….il crimine che la NATO si prepara a commettere contro il popolo libico” e non solo!.
E’ il più saggio di tutti il vecchio rivoluzionario.
Perchè il popolo italiano deve conoscere solo disinformazione, da tutte le reti anche dal bolso filoameriKano TG3. Notizie adeguate al momento e distribuite come manna sulle teste assonnate dei telespetatori. Mi capita per svista di ascoltare al tg3 la reporter dagli usa. Megafono di obama. Mi viene una rabbia! cosa sta a fare in amerika?
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do you remember Kosovo 1999?
rastrellamenti, migliaia di morti, fosse comuni… ci raccontavano ossessivamente.
poi, dopo l’intervento della NATO e quasi tre mesi di bombardamenti sulla ex Jugoslavia (“ingerenza umanitaria” ebbero l’ardire di definirla), si scoprì che nessuno dei presupposti era vero.
come le armi di distruzione di massa possedute da Saddam, del resto. altrimenti col cavolo che avrebbero attaccato l’Irak…
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La “fabbrica del falso”, come la definisce Wladimiro Giacchè, è sempre in funzione. Anche oggi, senza voler difendere l’indifendibile ultimo Gheddafi, c’è però da dire che chi parla di “rivolta popolare spontanea” per la democrazia in Libia probabilmente non la conta giusta …..
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Letto e condividerò su Facebook, dandosi il caso che proprio in questi giorni guarda caso, Reset Italia è bloccato per cause tecnologiche molto partecipative. E intanto stavo scrivendo questo…perdonate le approssimazioni,il titolo forse E la chiamano guerra “civile”…
(sto su fessibuk che è rete anche questa…)
Il 21 febbraio solo l’ ANSAmed informa : “MANIFESTAZIONE A KASBAH TUNISI CONTRO IL GOVERNO Una manifestazione popolare é in corso sulla piazza della Kasbah di Tunisi, di fronte alla sede del primo ministro, per chiedere le dimissioni del governo di transizione. Secondo quanto affermato da alcuni dimostranti, la manifestazione dovrebbe proseguire ad oltranza, anche perché starebbero per aggiungersi a loro gruppi provenienti da varie località del Paese. La manifestazione si sta svolgendo senza incidenti. ”
…Era il 18 febbraio, quando è spuntato un messaggio su Facebook, di un amico che mi dice: ” ascolta, guardala, è una giovane donna in rosso…che canta.”. Divenne un articolo a cui ho dato titolo Amel Mathlouthi Musica per la Libertà
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Lettere&op=esteso&id=7841
L’ amico oggi scrive, si proprio oggi mentre siamo attoniti di fronte alle cifre dei morti, agli scarsissimi video e foto dalla Libia, così vicina…proprio come la Tunisia:
tutto passa per Al Kasba, è importante quello che sta succedendo in una piazza piccola, è lì che si deciderà se vedremo o meno altro sangue in tutto il mondo (dopo la Lybia le cose precipiteranno, prima nel mondo arabo poi ovunque)…
e un messaggio…TUTTO dipenderà dell’esito del sit-in iniziato domenica scorsa davanti il primo ministero nel silenzio totale di tutta la stampa internazionale e anche quella “ufficiale” tunisina.
centinaie di tunisini da tutte le parte del paese in rappresentanza di tutte le classi politiche e sociali a sostenere e proteggere gli obiettivi della rivoluzione tunisina (che tutti continuano a chiamare “rivolta”).
Le richieste non sono sociali, i cittadini che occupano la piazza dei ministeri a Tunisi hanno richieste precise:
1- Sciogliere immediatamente il governo transitorio attuale dopo la certezza della implicazione di quasi tutti i suoi membri nei crimini contro il popolo tunisino negli ultimi 23 anni
2- Sciogliere effettivamente il partito RCD e confiscare tutti i beni intestati a questa organizzazione
3- Sciogliere immediatamente l’attuale parlamento e dichiararlo incapace di votare nuove leggi o nuovi provvedimenti proposti dall’attuale governo (è chiaro che tutti i deputati presenti nel parlamento sono stati eletti in circostanze…. che vi lo dico a fare?)
4- Costituire un comitato nazionale per il controllo e la protezione.
5- Costituire un amministrazione governativa puramente tecnica per accompagnare il paese e assicurare il funzionamento di tutti i settori fino alle prossime elezioni
6- La liberalizzazione della stampa audiovisiva e cartacea.
Un paese governato dal proprio popolo fa più che paura ai regimi occidentali, fa paura perchè non è un loro “prodotto”, non è l’Iran governato dai fondamentalisti e quindi “da combattere” e non è il Marocco governato da un Re che ha comprato per poi vendere tutto il paese (tutta l’economia marocchina è in mano alle holdings di “Simohamed”… ovviamente ho detto holdings…), non è la Lybia governata da un terrorista (con obiettivi dubbi sulla sua integrità mentale, e non è una battuta), promosso in tutta l’Europa e oltre oceano e ritenuto un “amico” (che compra bene e vende a buon prezzo)… Non è nulla di tutto ciò. E’ un paese pieno di persone ad altissima capacità politica, scientifica e di analisi e programmazione sociale ed economica, un paese capace (lo ha già dimostrato negli inizi degli anni 70) di assicurare la sua autosufficienza nutritiva ed energetica con le poche risorse naturali di cui gode, un paese che poi sarà capace di scegliere i suoi mercati … insomma un paese pericolosissimo! e allora facciamo ancora più rumore pure per far sentire la voce dei ragazzi della Kasba,
la piazza rimane questa che chiede Libertà Totale.
Ho riportato oggi sulla mia pagina di Facebook, un’ analisi di Sergio Cararo, che condivido per tutti gli spunti di riflessione che fornisce:Libia. Non è una rivolta popolare ma una guerra civile. I dovuti distinguo.
Uno stralcio: “…distinguo nelle rivolte popolari che stanno cambiando la mappa politica del Medio Oriente. Sarebbe infatti un errore non cogliere le diverse dinamiche e forze soggettive che si sono rese protagoniste di un processo storico atteso, inevitabile ma certamente imprevedibile nella velocità della sua estensione.Questa accortezza diventa ancora più necessaria nel valutare gli eventi in Libia e le profonde differenze con quanto accaduto negli altri paesi del Maghreb, Tunisia ed Egitto soprattutto. Non solo, occorre anche separare il giudizio su Gheddafi rispetto alle cause e alle conseguenze degli eventi in corso. In Libia, diversamente che in Tunisia e in Egitto, dobbiamo parlare di guerra civile e non di rivolta popolare. La differenza c’è. Ad esempio i centri strategici (da quelli legati al ciclo energetico a quelli militari) parlano infatti di guerra civile e non di rivolta. L’evacuazione del personale tecnico straniero e dei civili viene inoltre decisa quando il livello di conflitto supera di parecchio quello delle manifestazioni di piazza e degli scontri con la polizia. In Libia le condizioni della rivolta popolare mancavano di un aspetto non certo secondario (decisivo invece negli altri paesi arabi): quello economico-sociale. I livelli di vita dei libici erano infatti sensibilmente migliori di quelli negli altri paesi. Il 70%della forza lavoro era impiegata nello Stato, i prezzi sussidiati e le rendite petrolifere molto più socializzate…”
Per concludere un video che viene dall’Egitto: Egypt Stand Up-Featuring Rajjy Rajj
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difficile difendere anche il penultimo ed il terzultimo Gheddafi… ma ormai la “guerra psicologica” (psy ops in gergo anglosassone) è totale: grandi amici di ieri che diventano “brutali dittatori”, militari che si fanno garanti della “democrazia”… chi offre di più?
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Il bello, se così si può dire è che all’epoca di Tienamen mi sembra che la comuntà Europausa non potesse intervenire militarmente a sistemare le cose. Sarebbero stati ributtati in mare con facilità.
E poi il valzer delle perdite: ancora oggi le stime dei morti variano. La Cina disse di 200 civili e 100 soldati morti. La CIA (e ti pareva…) stimò 400–800 morti. La Croce Rossa 3000 morti e 30.000 feriti gravi, altri 7.000 – 12.000 morti. Per la Libia vedremo ma non per questo si sminuisce il dolore della gente. Tante volte alla TV quando mi capita di vederla, sembra che qualcuno cerchi di dare i numeri per vincere non si sa cosa.
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(AGI) Londra, 7 marzo – Per non esporre direttamente gli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto ai sauditi di fornire armi ai ribelli libici di Bengasi per abbattere il regime del Colonnello Muammar Gheddafi. E’ quanto rivela in prima pagina il britannico Independent.
… l’articolo di Robert Fisk si intitola “America’s secret plan to arm Libya’s rebels”:
http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/americas-secret-plan-to-arm-libyas-rebels-2234227.html
segnaliamo anche il seguente commento di Alessandro Lattanzio:
Quello a cui si assiste in Nord Africa e in Medio oriente, non è il capovolgimento rivoluzionario dei rapporti di forza all’interno delle società arabe. Ma il contrario, è l’onda di assestamento dei rapporti di forza esistenti all’interno della leadership statunitense, dell’offensiva di quelle fazioni politico-strategiche che a Washington hanno subito l’attacco networkcentrico rappresentato dalle ‘rivelazioni’ di Wikileaks. Da ciò nasce la messa in guardia di Robert Gates, il segretario alla difesa statunitense, che alla fine del mandato dell’amministrazione Bush jr. venne chiamato a dirigere il Pentagono, per porre rimedio alle malefatte di Rumsfeld e dei neocon. Le frange internazionaliste dell’amministrazione attuale, Brzezinsky e Clinton, hanno tutto l’interesse ad assistere e teleguidare le rivolte arabe più o meno spontanee; non avendo più gli USA la forza militare per imporre la loro strategia, ricorrono all’arma della propaganda, studiata, applicata e sperimentata nei più disparati ambienti politico-sociali. Hanno visto dove tale ‘quinta arma’ ha avuto successo, dove ne ha avuto poco, e dove ha fallito. Hanno potuto constatare che queste ‘rivoluzioni’, una volta vittoriose, non hanno una lunga speranza di vita, poiché sono studiate e ideate per applicare ricette economiche liberiste, un obiettivo che le condanna a un’estinzione alquanto rapida. Da ciò, è naturale avere il sospetto che il vero scopo di queste ‘rivoluzioni’, non sia quello di imporre nuovi regimi filo-occidentali o filo-israeliani, ma di creare il caos regionale. La leadership israeliana è rimasta scioccata per gli eventi in Egitto, ed i timori che possano aversi simili sconvolgimenti anche nel loro retrobottega giordani, inquietano il governo Netanyahu. Governo che, essendo di destra, perciò filo-repubblicano, e con una forte presenza di componenti poco gradite alla cricca Brzezinsky/Clinton, ovvero il partito russofono di Avigdor Liberman che mantiene costanti contatti con Mosca e Minsk. Da ciò, Netanyahu non raccoglie molta simpatia dall’attuale amministrazione statunitense; una ragione che spiegherebbe l’offensiva colorata del Dipartimento di Stato USA contro amici e alleati d’Israele, anche se vecchi e logori. E spiegherebbe l’entusiasmo di una parte del mondo islamico per gli eventi nel Nord Africa e il Medio Oriente: Iran, Hezbollah e Hamas.
(…)
Chiaramente, oltre al coinvolgimento delle due maggiori fazioni dominanti statunitensi, che se non hanno lanciato questa ondata di ‘rivoluzioni colorate’, le sostengono ampiamente, vi è il pesante coinvolgimento di Londra e forse Parigi. E’ una ‘Ironia della Storia’ amara e tragica. Gli inglesi e i francesi inviando ‘consiglieri’ militari a Bengasi per aiutare il ‘popolo’ a organizzare la lotta contro Tripoli, oppure sostenendo, come sta compiendo Londra, oscuri dissidenti anti-Jamahirya e relitti senussiti, clan da cui traeva origine la monarchia coloniale, oppure ancora, supportando una campagna mediatica incontrollata e demonizzante, tramite i network arabi di facciata, al-Jazeera e al-Arabiya, ma che hanno le loro sedi operative a Londra e a New York. Un campagna mediatica volta, come sempre, a sostenere l’intervento armato e l’invasione della Libia. Una operazione di straordinario successo, pur tenendo conto dello scarso livello di analisi critica in possesso dei due più importanti obiettivi della campagna: la sinistra e europea e la militanza islamista araba. Già in Pakistan presso l’opinione pubblica e le elité politiche, parecchi dubbi sorgono sulle vicende libiche. Non foss’altro che Islamabad è oggetto continuo di operazioni occulte e terroristiche alimentate dalle reti dell’intelligence occidentale.
L’ironia aspra e amara è che con l’intervento sempre più aperto dell’imperialismo, intervento scoperto che si rende necessario per l’evidente fallimento della rivolta spontanea, che da venti giorni non fa che marciare e stringere d’assedio Tripoli, restando ferma nei sobborghi di Bengasi, Londra, Parigi e Washington potranno regolare i conti con ciò che resta dell’eredità antimperialista e popolare di Gamal Abdel Nasser, di cui Gheddafi è l’ultimo seguace ed esponente. Dalla sconfitta del colonialismo anglo-francese, nel 1956, a Suez, Gli imperialismi parigino e londinese non attendevano che il momento di vendicarsi, e di reimporre o tentare nuovamente di imporre il loro dominio nell’area, anche a danno degli USA in difficoltà, e soprattutto a danno delle popolazioni mediorientali, che aldilà dei mutamenti di facciata di Tunisi e Cairo, vedrà sia le notevoli risorse della Libia sequestrate nuovamente dall’Occidente, che le coste libiche ospitare, ancora una volta, le basi della NATO, vitali per ampliare il dominio regionale degli USA e dei suoi alleati.
da “Libia: golpe e geopolitica”,
http://sitoaurora.xoom.it/wordpress/?p=1396
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“Vorremmo evitare che la Libia diventi davvero un nuovo Afghanistan, ma gli americani farebbero bene a darsi una calmata. Noi siamo qui, l’Europa è qui, è meglio dunque che ce ne occupiamo noi”.
Roberto Maroni, dal palco di una festa della Lega Nord a Bergamo.
Bene, parole sante, verità che naturalmente si è dovuto ingoiare. Fa male, anche se non sono leghista, vedere la verità che per le vie naturali era venuta a galla e per le stesse viene nascosta. Chi disturba la Clinton, poverina!
Dovrebbe essere contenta abbiamo dato disponibilità per far atterrare gli aerei ed elicotteri anche sulle nostre terrazze di casa. Carini e coccolosi con gli ameriKani è la disposizione.
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… facciamo nostre le parole di Spartaco Puttini:
Il fatto che sulle città in mano ai rivoltosi sventoli impunita la bandiera della vecchia monarchia senussita, corrotta e infeudata all’imperialismo, non promette nulla di buono. E’ incredibile che i media parlino di bandiera della nuova Libia libera e democratica! Ancor più incredibile è vedere manifestazioni dove l’attuale opposizione italiana la innalza senza alcuna coscienza, senza alcuna vergogna. “Questo di tanta speme oggi vi resta”?
In realtà c’è poco da festeggiare. La Libia del dopo Gheddafi avrà di fronte a sé due prospettive, entrambe terribili. La prima è diventare uno “stato fallito” implodendo in una guerra civile perpetua tra le sue tribù e tra le bande armate che ormai, si dice, abbiano il controllo di interi villaggi. Altro che democrazia in questo caso: ciò che si vede all’orizzonte è una Somalia nel cuore del Mediterraneo. Un caos nel quale scomparirà qualsiasi ombra di società civile, di strutture sanitarie, qualsiasi forma di istruzione. Oppure la Libia tornerà ad essere ciò che era prima di Gheddafi: una provinciale colonia degli anglo-americani: una vacca da cui mungere petrolio e da sfruttare, per lasciare le briciole ad una ristretta élite di parassiti e traditori del proprio popolo, come erano Ben Alì e Mubarak. Come era re Idris. Come sono gli oppositori libici all’attuale regime che vengono coccolati dagli Usa. Se, invece, questa operazione di normalizzazione non dovesse funzionare ciò che attende i libici è l’inferno irakeno.
http://www.eurasia-rivista.org/8585/la-crisi-libica-e-i-suoi-sciacalli
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vi invito aleggere una mia riflessione articolata in più parti per moticvi di spazio e per meglio dividere gli argomenti sull’andamento della situazione in libia
l’articolo che ho pubblicato su bella ciao, la prima parte è :
Gheddafi , volpe o sciacallo del deserto?
Breve analisi tecnica della guerra in corso in Libia.
http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/gheddafi_vole_deserto.htm
e cerca di evitare giudizi sommmari se dietro tutto vi è il grande satana americano o altro
nella seconda parte illustro e cerco di anticipare le problematiche di carattere più prettamente militare delle operazioni in corso e come l’uso dei mercenari, o meglio ancora l’esercito mercenario sia una necessità in tutte le operazioni di controllo di sommovimenti di massa.
E’ un concetto espresso , l’esercito mercenario internazionale in più articoli, interventi e dibattiti negli ultimi anni ma che ora sta avendo la conferma
comunque nella tera parte parlerò di quella che oggi si può chiamare la prima anticipazione delle guerre future: la guerra tra le città
antonio camuso
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La convinzione mi pare è quella che il libico che scappa è “il libico”. Quello che resta a combattere con armi amerikane o russe, per cosa e contro chi……… chi è veramente.
Non ho molto chiara la risposta visto che si combattono parti opposte armate regolarmente e quindi sullo stesso piano. Non vengono bombardati cittadini, ma cittadini armati fino ai denti (lanciagranate, mitragliatori, fcili automatici lanciarazzi) e questo mi sembra diverso che uccidere donne e bambini inermi come fa la Clinton in Afganistan. Vorrei che partecipassero alla discussione anche i politici, disposti a svendere quel che resta dell’Italia a 150 anni dalla sua unificazione.
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fornire armamenti ai ribelli? ”E’ solo un’opzione sul tavolo” dicono ora…
(ASCA-AFP) – Washington, 7 mar – L’ipotesi di fornire armamenti ai ribelli in Libia viene presa in considerazione, ma in questo momento sarebbe prematura. Lo ha detto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, parlando con i giornalisti. ”E’ solo un’opzione sul tavolo”, ha detto Carney, aggiungendo che ”sarebbe prematuro inviare un po’ di armi ad una casella postale in Libia, non dobbiamo fare passi azzardati”. La proposta di fornire armamenti ai movimenti di opposizione in Libia era stata avanzata ieri dal senatore repubblicano Mitch McConnell e dall’ex diplomatico Bill Richardson, democratico.
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diversamente, chissà perché…, la rivolta in Bahrein non garba loro.
tanto è vero che arrivano le truppe saudite a garantire “stabilità”:
http://it.notizie.yahoo.com/4/20110314/tts-oittp-bahrein-proteste-forze-ca02f96.html
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