I conti impazziti dell’F-35

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“La fabbrica degli F-35 a Cameri? Sarà una cattedrale nel deserto”

Una specie di cattedrale nel deserto, costata finora la bellezza di 796 milioni 540 mila euro di denaro pubblico, e decisamente troppo grande, tanto che pare destinata a funzionare, se non per sempre almeno per molti anni, a non più del 15-30 per cento della sua capacità produttiva. È il ritratto dello stabilimento Faco di Cameri tracciato dal giornalista specializzato in questioni aeronautiche Silvio Lora Lamia, probabilmente il maggior esperto italiano indipendente del progetto F-35, cioè estraneo agli apparati militari ed industriali. In un lungo e documentatissimo articolo di 17 pagine dal titolo «I conti “impazziti” del Joint Strike Fighter», apparso sul numero di gennaio del magazine on-line «Analisi difesa», tra l’altro si esaminano cifre alla mano le prospettive del «Final assembly and check-out» (Faco), ovvero gli enormi capannoni costruiti a partire dal 2010 nel complesso della base militare novarese ed ormai completati.
«A Cameri, tanto fra gli uomini dell’Aeronautica militare quanto fra il personale civile dell’industria – rivela Lora Lamia – c’è la sensazione che sia stato fatto il passo più lungo della gamba, ossia che lo stabilimento sia sovradimensionato. O perlomeno che lo sarà per un bel po’». L’impianto avrà un duplice ruolo: da una parte l’assemblaggio completo degli F-35 destinati all’Italia (90) e, salvo ripensamenti tutt’altro che improbabili, all’Olanda (68 previsti in origine, ma verosimilmente non saranno più di 50), dall’altra la fabbricazione di una parte di ali e tronconi di fusoliera dei velivoli destinati agli Stati Uniti (all’inizio dovevano essere 1250, al momento quelle sicure sono solo 100, ma c’è un impegno generico ad arrivare a 800).
L’assemblaggio dei caccia prenderà il via all’inizio dell’estate prossima per arrivare a consegnare nel 2015 all’Aeronautica militare il primo dei tre F35A a decollo ed atterraggio convenzionale finora ordinati. Ad ottobre è arrivato a Cameri un simulacro-dima della fusoliera per la calibratura degli scali di montaggio. Tra il 2015 e il 2019 è prevista la consegna di 26 aerei, di cui 19 della versione A e 7 della versione B (a decollo corto ed atterraggio verticale), destinata inizialmente alla Marina per la portaerei Cavour.
Lora Lamia calcola una «cadenza annuale media di produzione a Cameri nel periodo 2015-2019 di 9,3 aerei all’anno e nel periodo 2020-2027 di 8 aerei all’anno, a fronte di una capacità a regime di 24 aerei all’anno». Si viaggerà quindi a circa un terzo delle potenzialità dell’impianto.
E per le ali andrà ancora peggio. Alla fine di dicembre ne risultavano completate quattro e mezza. «Cento ali in 6-7 anni – calcola ancora il giornalista fanno 15,3 all’anno, contro una capacità a regime, dichiarata da Alenia nel marzo 2012, di 96 ali all’anno. Veramente troppo poco per gli immensi capannoni di Cameri, dove oggi lavorano solo 140 fra tecnici, operai e impiegati provenienti in gran parte dagli stabilimenti di Caselle, dove il lavoro cala».
Claudio Bressani

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5 thoughts on “I conti impazziti dell’F-35

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  2. “Ma la cosa più odiosa in tutto questo (di cui l’acquisto degli F35 non è che un seppur rilevante dettaglio), è che siamo letteralmente invasi e asserviti da oltre cento (100) basi ed installazioni militari Nato/Usa, il che configura una situazione in cui definire la nostra nazione una “Repubblica delle banane” non si discosta molto dal vero. Tale colorita definizione è quella usata dal compianto Giancarlo Chetoni, che sul quotidiano “Rinascita” ed il blog “Byebyeunlcesam”, ebbe a scrivere memorabili interventi, tra cui alcuni espressamente dedicati all’F35.

    Un altro studioso e, soprattutto, innamorato della sua patria, Alberto B. Mariantoni, anch’esso purtroppo scomparso di recente, aveva redatto per “Eurasia – Rivista di Studi geopolitici” (fascicolo 3/2005) un dettagliatissimo studio sulla presenza militare Usa/Nato in Italia e nel Mediterraneo; studio mai smentito e, anzi, talmente meticoloso dal gettare nel panico la cosiddetta “informazione” ufficiale, che ricorse, con una puntata di “Matrix”, ad una penosa arrampicata sugli specchi, nella quale alcuni “esperti” farfugliarono di “accordi” (non sarebbe il caso di dire “diktat”?) e ridussero incredibilmente il numero di tali basi/installazioni Nato/Usa al ridicolo numero di sette!

    Ma quando mai vedremo circolare i loro scritti nell’ambito dell’informazione “pacifista”? Mai, perché non erano funzionali al discorso che il “pacifismo” porta avanti, all’interno del quale l’idea di sovranità non ha alcun posto.

    Va quindi sottolineato chiaramente che quando di parla dell’F35 non è questione di “spese militari”, di “inefficienze”, di “sprechi”, di “mazzette” eccetera (tutte cose che possono essere esaminate nel dettaglio, per carità), ma di sovranità nazionale, che la nostra nazione non detiene più, in nessun ambito, da quello militare a quello monetario, tanto per citare un tema che vedo cavalcare in maniera purtroppo vaga ed opportunistica anche in questi ennesimi “ludi elettorali”, ma che avrebbe invece bisogno di una totale riforma, ripristinando la proprietà pubblica della moneta.

    Il sospetto è, infatti, che solo perché siamo in vista delle elezioni, quando ognuno cerca di differenziare “l’offerta” (come in un mercato), si porti all’attenzione dei potenziali elettori la questione degli F35, che, come sinteticamente delineato, andrebbe affrontata da ben altro punto di vista e con un piglio decisamente “patriottico”, che è quanto di più lontano dal “pacifismo” cosmopolita e dal suo preteso opposto, la “guerra” di generali perfettamente a loro agio nel ruolo di esportatori, manu militari, del “Nuovo ordine mondiale”.”

    da L’F35 non è da comprare, ma il “pacifismo” non basta,
    di Enrico Galoppini
    http://europeanphoenix.it/component/content/article/3-societa/520-lf35-non-e-da-comprare-ma-il-qpacifismoq-non-basta

    [lo studio di Mariantoni cui si riferisce l’autore è qui:
    http://www.eurasia-rivista.org/dal-mare-nostrum-al-gallinarium-americanum-basi-usa-in-europa-mediterraneo-e-vicino-oriente/15230/ ]

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  3. “Sulla questione degli F35, occorre serietà e bisogna fare chiarezza.”
    Perché solo adesso e non prima, con centinaia di milioni di euro già spesi?

    Roma, 8 feb. (TMNews) – Sulla questione degli F35, occorre serietà e bisogna fare chiarezza. E` quanto scrive oggi il sottosegretario alla Difesa, Gianluigi Magri, in un intervento sul quotidiano on line Formiche.net.
    “Non è possibile accettare l`immagine di un Paese che subisce scelte di spesa militare apparentemente sbagliate e volute da vertici militari disattenti”, sottolinea Magri. “Le flebili repliche alla trasmissione tv “Presa Diretta” non possono essere interpretate come reticenza e l`argomento deve trovare presto spazio in un ampio dibattito del nuovo Parlamento”, aggiunge il sottosegretario. “Una vera, ampia discussione su F35 (e non su un suo prototipo) e sulle diverse problematiche della Difesa”, secondo il sottosegretario, “richiede un responsabile e argomentato confronto, come suggerito da un giornalista intelligente di inchiesta come Riccardo Iacona”.
    “Lo spessore morale e l`alta competenza del ministro Di Paola e dei vertici militari”, insiste Magri, “non meritano valutazioni sommarie e sbagliate. Così come è doveroso rispondere tempestivamente a ogni richiesta di chiarezza da chiunque venga perché questo Paese continui democraticamente a fare scelte giuste e condivise”. “Se ed eventualmente quanti F35 vorrà l`Italia deve scaturire da un confronto politico chiaro e trasparente”, conclude il sottosegretario alla Difesa.

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