“Negli ultimi tempi il segmento in lingua russa di Internet è stato inondato da fotografie personali degli anni ’90. L’ho notato la prima volta nella mia bacheca di Facebook. Alcune sembravano comprensibilmente buffe — immaginatevi il taglio dei capelli! — altre erano nostalgiche. Ma quello che sembrava un flash mob spontaneo si è rivelato essere un evento pianificato. Infatti, questo esperimento di utilizzo delle reti sociali è stato organizzato dalla Fondazione Yeltsin insieme ad una rivista di opposizione. È stata pensata per le persone non ancora quarantenni e, soprattutto, per quelle nate a cavallo del 1990, troppo giovani per ricordare alcuni orrori di quel decennio. Quindi, lo scopo di questa condivisione di fotografie falsamente spontanea era quello di ridisegnare la memoria di una nazione riguardo i primi anni successivi al collasso dei Soviet. Questa memoria è stata negativa per la gran parte: razzia delle risorse naturali della nazione da parte di poche e selezionate persone, violenza fra bande sulle strade, fame quotidiana, collasso istituzionale, umiliazione nazionale, giusto per nominare alcuni di quegli orrori.
Ed ora, il 25 novembre, la stessa organizzazione non governativa apre a Yekaterinburg, in Russia, un nuovo Centro Yeltsin che include un museo ed un archivio. Il suo scopo dichiarato è quello, apparentemente benefico, di preservare e analizzare gli eventi sociali e politici avvenuti negli anni ’90. Questa prossima apertura è stata accompagnata da una grossa e professionale campagna sulle reti sociali, dalle relative proteste.
Alcuni protestanti sottolineano che la sua sistemazione in Siberia e la recente sfilza di visite da parte di diplomatici stranieri non sono casuali e sono intese a rinfocolare agitazione sociale ed il “separatismo siberiano”. Quest’ultimo attualmente non esiste su nessuna scala significativa, anche se certe fonti sui media occidentali, montandolo per servire gli interessi geopolitici dei rispettivi Paesi, vorrebbero che fosse vero. In ogni caso, questi manifestanti sono consapevoli delle cosiddette rivoluzioni colorate andate storte e molti Russi, in generale, vedono nel riscrivere la storia lo scopo del Centro. Mentre ciò che accadrà al Centro Yeltsin resta da vedere, l’esercizio di condivisione di foto a fini di soft power è finito in un fallimento.
Dopotutto, oltre alle fotografie, migliaia di persone, comprese quelle della fascia demografia bersagliata, hanno diffuso commenti personali risultati men che favorevoli. Alcuni di questi si meritano la traduzione e sono riportati qui sotto. Ho preso questi commenti dei lettori dalla pagina Facebook di un giornalista russo molto conosciuto, Dmitrii Steshin, che scrive per Komsomolskaia Pravda.
Ci sono molte interpretazioni sulla dissoluzione della URSS, dalla cattiveria dell’Occidente al desiderio utopico della gente per i valori ideologicamente liberali di democrazia e libertà, personale ed economica. La verità è nel mezzo: la combinazione della pressione occidentale, il fallimento nella trasformazione, disperatamente necessaria, del gigantesco ed ossificato organismo burocratico e il tradimento degli interessi nazionali da parte delle élite del Paese sono fra i più importanti fattori da considerare.”
Se sei così furbo, perché sei così povero? La Russia degli anni ’90 rivisitata, di Nina Kouprianova continua qui.
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