Mentre gli Stati Uniti cercano disperatamente di ristabilire una credibilità in Medio Oriente, non essendo riusciti ad arginare l’ascesa del terrorismo in tutta la regione, e in risposta all’intervento della Russia in Siria, Washington ora rischia chiaramente di perdere il filo.
La prova di questo consegue al recente attacco aereo effettuato da aerei statunitensi su Mosul, obiettivo una infrastruttura dell’ISIS che presumibilmente conteneva una quantità enorme di denaro destinata a pagare i suoi combattenti e finanziare le operazioni militari future. Secondo un rapporto della CNN sul raid aereo a Mosul, “i comandanti americani erano disposti a prendere in considerazione fino a 50 vittime civili dall’attacco aereo per l’importanza del bersaglio. Ma la valutazione iniziale post-attacco ha indicato che forse sono state uccise da cinque a sette persone”.
Questa è un’affermazione che lascia senza parole, cinica nel suo disprezzo per la vita dei civili e grondante di ipocrisia quando consideriamo gli sforzi che sono stati fatti dagli ideologhi occidentali ed i loro governi per demonizzare la Russia sul suo intervento in Siria, accusandola di colpire obiettivi civili con noncurante disprezzo per le conseguenze.
Immaginate se un comandante militare russo rilasciasse una dichiarazione come questa, riconoscendo apertamente che saranno uccisi civili durante i futuri attacchi aerei russi. Il clamore tra le piattaforme mediatiche occidentali sarebbe fuori misura. Ci sarebbero probabilmente anche tentativi di convocare una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite al fine di censurare il governo russo, insieme a un tentativo concertato di isolare Mosca e ridurla a una condizione di reietto.
Eppure, quando a fare tali affermazioni sono funzionari degli Stati Uniti ciò è segnalato come se fosse solo un altro giorno nell’Impero.
Nello stesso resoconto della CNN, veniamo informati che, “Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno detto che valuteranno tutti i bersagli caso per caso e potranno essere più disposti a tollerare vittime civili per obiettivi più significativi.”
Anche se innegabilmente scioccante nella sua insensibilità, per chi ha familiarità con la storia delle operazioni militari statunitensi non sarà una sorpresa. In Corea e in Vietnam negli anni ‘50 e ’60, per esempio, gli Stati Uniti dichiararono guerra totale ai civili. Essi bombardarono a tappeto entrambi i Paesi fino a quando il paesaggio fu completamente devastato, oltre ad utilizzare il napalm e armi chimiche come l’Agente Arancio per distruggere raccolti, risaie e, con essi, i mezzi di sostentamento per milioni di esseri umani.
Nel suo resconto del 1970 del famigerato massacro di My Lai in Vietnam, il giornalista investigativo statunitense Seymour Hersh rivela come “, essi [i soldati americani] misero a fuoco le case e le capanne dei contadini aspettando che la gente ne uscisse per sparare loro… entravano nelle abitazioni e sparavano contro di loro… riunivano la gente in gruppi e sparavano contro di loro. Il tutto era così deliberato. E’ stato un assoluto omicidio… “.
Verso la fine del resoconto di Hersh si apprende che gli investigatori dell’esercito, visitando My Lai in seguito, “trovarono fosse comuni in tre siti, così come una fossa piena di corpi. E’ stato stimato che tra le 450 e le 500 persone – la maggior parte donne, bambini e vecchi – erano state uccise e lì sepolte.”
Un altro crimine di guerra degli Stati Uniti, collegato alla guerra del Vietnam, è stato il bombardamento a tappeto della Cambogia attraverso il confine vietnamita. Molti considerano che questo sia stato un atto di genocidio per la sua distruzione del Paese e il grande numero di persone macellate. Ancora peggio ha creato nel Paese le condizioni da cui sono emersi i Khmer Rossi, offrendo un sorprendente parallelo con il Medio Oriente oggi, considerato il ruolo che la guerra in Irak ha giocato nel destabilizzare la regione con risultato l’emergere di ISIS.
Il giornalista e regista australiano John Pilger visitò la Cambogia negli anni ‘70, dopo il rovesciamento di Pol Pot, relazionando circa l’orrore e la sofferenza che il popolo aveva sopportato sotto il suo regime perverso. Pilger scrive, “Durante un periodo di sei mesi nel 1973, con 3.695 incursioni sul cuore popoloso della Cambogia i B-52 lanciarono più bombe di quelle sganciate sul Giappone durante tutta la Seconda Guerra Mondiale: l’equivalente, in tonnellate di bombe, di cinque Hiroshima.”
Non contenti di gettare la Cambogia a suon di bombe tra le braccia di Pol Pot e il suo progetto genocida ‘Anno Zero’, gli Stati Uniti continuarono a sostenere ed aiutare i Khmer Rossi dopo che il Paese fu liberato dai Vietnamiti nel 1979, durante cui il gruppo fu costretto lungo il confine con la vicina Thailandia. Pilger rivela che la “ragione di questo [sostegno degli Stati Uniti per i Khmer Rossi] derivava dal fatto che i liberatori della Cambogia erano venuti dalla parte sbagliata della Guerra Fredda. I Vietnamiti, che avevano cacciato gli Americani dalla loro patria, non dovevano essere riconosciuti in alcun modo come liberatori, e loro e il popolo Khmer avrebbero sofferto di conseguenza.”
In realtà la storia degli Stati Uniti quando si tratta di macellazione di civili, o facilitare la loro macellazione e sofferenza, offre abbastanza materiale per un migliaio di articoli figuriamoci uno. L’immagine di sé che cercano di promuovere presso l’ingenuo e candido, per lo più il suo stesso popolo, è quella di una nazione che lotta per i più alti standard di rettitudine morale, decoro, e onore nei suoi rapporti con il resto del mondo. La verità è esattamente l’opposto. La verità è che Washington sta davvero annegando nel sangue di gente innocente, considerata in eccedenza rispetto alle esigenze dell’egemonia USA.
La Siria oggi non è diversa, motivo per cui nessuno dovrebbe essere sorpreso di tale disprezzo aperto ed esplicito per civili innocenti, rivelato nelle parole di funzionari degli Stati Uniti nei riguardi dei loro futuri attacchi aerei.
John Wight
Fonte – traduzione di F. Roberti