L’Europa fino a Vladivostok – 1° parte

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L’Europa è talvolta ferma, secondo giudizi frettolosi, ai limiti orientali della Polonia, ma questa è soltanto una scommessa; dal momento che, dopo il XVIII secolo, essa si annette in realtà le foreste, le pianure, le paludi, i corsi d’acqua, le città, i popoli della Russia, fino agli Urali – come dicevano i vecchi manuali di geografia. Inoltre gli Urali disegnano appena una ruga montagnosa, senza una vera altitudine e senza troppo spessore. Allora sosteniamo che una certa Europa corre, senza perder fiato, attraverso l’immensità della Siberia, fino a Vladivostok, straniera e lontana. La Russia, Europa essa stessa ed Europa particolarissima, figlia di Bisanzio e della Grecia, ha inventato la Siberia, come l’Occidente ha “inventato” l’America.

Fernand Braudel, L’Europe conquiert la planéte
(estratto da: L’Europe, coll. “Arts et Métiers graphiques”, Flammarion, 1982)

“Jean-François Thiriart era nato a Bruxelles il 22 marzo 1922 da una famiglia di cultura liberale originaria di Liegi. In gioventù militò attivamente nella Jeune Garde Socialiste Unifiée e nell’Union Socialiste Anti-Fasciste. Per un certo periodo collaborò col professor Kessamier, presidente della società filosofica Fichte Bund, una filiazione del movimento nazionalbolscevico amburghese; poi, assieme ad altri elementi dell’estrema sinistra favorevoli ad un’alleanza del Belgio col Reich nazionalsocialista, aderì all’associazione degli Amis du Grand Reich Allemand. Per questa scelta, nel 1943 fu condannato a morte dai collaboratori belgi degli Angloamericani: la radio inglese inserì il suo nome nella lista di proscrizione che venne comunicata ai résistants con le istruzioni per l’uso. Dopo la “Liberazione”, nei suoi confronti fu applicato un articolo del Codice Penale belga opportunamente rielaborato a Londra nel 1942 dalle marionette belghe degli Atlantici. Trascorse alcuni anni in carcere e, quando uscì, il giudice lo privò del diritto di scrivere.
Nel 1960, all’epoca della decolonizzazione del Congo, Thiriart partecipa alla fondazione del Comité d’Action et de Défense des Belges d’Afrique, che di lì a poco diventa il Mouvement d’Action Civique. In veste di rappresentante di questo organismo, il 4 marzo 1962 Thiriart incontra a Venezia gli esponenti di altri gruppi politici europei; ne esce una dichiarazione comune, in cui i presenti si impegnano a dar vita a “un Partito Nazionale Europeo, centrato sull’idea dell’unità europea, che non accetti la satellizzazione dell’Europa occidentale da parte degli USA e non rinunci alla riunificazione dei territori dell’Est, dalla Polonia alla Bulgaria passando per l’Ungheria”. Ma il progetto del Partito europeo abortisce ben presto, a causa delle tendenze piccolo-nazionaliste dei firmatari italiani e tedeschi del Manifesto di Venezia.
La lezione che Thiriart trae da questo fallimento è che il Partito europeo non può nascere da un’alleanza di gruppi e movimenti piccolo-nazionali, ma deve essere fin da principio un’organizzazione unitaria su scala europea. Nasce così, nel gennaio 1963, la Giovane Europa (Jeune Europe), un movimento fortemente strutturato che ben presto si impianta in Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. (…)
image_book-phpAccanto a una scuola per la formazione politica dei militanti (che dal 1966 al 1968 pubblica mensilmente “L’Europe Communautaire”), la Giovane Europa cerca di dar vita a un Sindacato Comunitario Europeo e, nel 1967, a un’associazione universitaria, Università Europea, che sarà attiva particolarmente in Italia. Dal 1963 al 1966 viene pubblicato un organo di stampa in lingua francese, “Jeune Europe” (con frequenza prima settimanale, poi quindicinale); tra i giornali in altre lingue va citato l’italiano “Europa Combattente”, che nel medesimo periodo riesce a raggiungere una frequenza mensile. Dal 1966 al 1968 esce “La Nation Européenne”, mentre in Italia “La Nazione Europea” continuerà ad uscire, a cura dell’autore di queste righe, anche nel 1969 (un ultimo numero sarà pubblicato a Napoli nel 1970 da Pino Balzano).
“La Nation Européenne”, mensile di grande formato che in certi numeri raggiunge la cinquantina di pagine, oltre ai redattori militanti annovera collaboratori di un certo rilievo culturale e politico: il politologo Christian Perroux, il saggista algerino Malek Bennabi, il deputato delle Alpi Marittime Francis Palmero, l’ambasciatore siriano Selim el-Yafi, l’ambasciatore iracheno Nather el-Omari, , i dirigenti del FLN algerino Chérif Belkacem, Si Larbi e Djamil Mendimred, il presidente dell’OLP Ahmed Choukeiri, il capo della missione vietcong ad Algeri Tran Hoai Nam, il capo delle Pantere Nere Stokeley Carmichael, , il fondatore dei Centri d’Azione Agraria principe Sforza Ruspali, i letterati Pierre Gripari e Anne-Marie Cabrini. Tra i corrispondenti permanenti, il professor Souad el-Charkawi (al Cairo) e Gilles Munier (ad Algeri). (…)
Nell’autunno del 1968 Thiriart viene invitato dai governi di Bagdad e del Cairo, nonché dal Partito Ba’ath, a recarsi nel Vicino Oriente. In Egitto assiste ai lavori d’apertura del congresso dell’Unione Socialista Araba, il partito egiziano di governo; viene ricevuto da alcuni ministri e ha modo di incontrare lo stesso Presidente Nasser. In Iraq incontra diverse personalità politiche, tra cui alcuni dirigenti dell’OLP, e rilascia interviste a organi di stampa e radiotelevisivi.
Ma lo scopo principale del viaggio di Thiriart consiste nell’instaurare una collaborazione che dia luogo alla creazione delle Brigate Europee, le quali dovrebbero partecipare alla lotta per la liberazione della Palestina e diventare così il nucleo di un’Armata di Liberazione Europea. Davanti al rifiuto del governo iracheno, determinato da pressioni sovietiche, questo scopo fallisce. Scoraggiato da questo fallimento e ormai privo di mezzi economici sufficienti a sostenere una lotta politica di un certo livello, Thiriart decide di ritirarsi dalla politica militante.
Dal 1969 al 1981, Thiriart si dedica esclusivamente all’attività professionale e sindacale nel settore dell’optometria, nel quale ricopre importanti funzioni: è presidente della Société d’Optométrie d’Europe, dell’Union Nationale des Optométristes et Opticiens de Belgique, del Centre d’Études des Sciences Optiques Appliquées ed è consigliere di varie commissioni della CEE. (…)
Nel 1981, un attentato di teppisti sionisti contro il suo ufficio di Bruxelles induce Thiriart a riprendere l’attività politica. Riallaccia i contatti con un ex redattore della “Nation Européenne”, lo storico spagnolo Bernardo Gil Mugarza, il quale, nel corso di una lunga intervista (centootto domande), gli dà modo di aggiornare e di approfondire il suo pensiero politico. Prende forma in tal modo un libro che Thiriart conta di pubblicare in spagnolo e in tedesco, ma che è rimasto finora inedito.
All’inizio degli anni Ottanta, Thiriart lavora a un libro che non ha mai visto la luce: L’Empire euro-soviétique de Vladivostok à Dublin. Il piano dell’opera prevede quindici capitoli, ciascuno dei quali si articola in numerosi paragrafi. Come appare evidente dal titolo di quest’opera, la posizione di Thiriart nei confronti dell’Unione Sovietica è notevolmente cambiata. Abbandonata la vecchia parola d’ordine “Né Mosca né Washington”, Thiriart assume ora una posizione che potrebbe essere riassunta così: “Con Mosca contro Washington”. (…)

Agosto 1992, Mosca: Jean Thiriart manifesta davanti la sede del Parlamento russo insieme ad alcuni studenti arabi ed africani.

Agosto 1992, Mosca: Jean Thiriart manifesta davanti la sede del Parlamento russo insieme ad alcuni studenti arabi ed africani.

A Mosca, Thiriart ci va nell’agosto 1992 assieme a Michel Schneider, direttore della rivista “Nationalisme et République”. A fare gli onori di casa è Aleksandr Dugin, il quale nel marzo dello stesso anno ha accolto Alain de Benoist e Robert Steuckers e in giugno ha intervistato alla TV di Mosca l’autore di queste righe, dopo averlo presentato agli esponenti dell’opposizione “rosso-bruna” [all’allora presidente russo Boris Eltsin – ndr]. L’attività di Thiriart a Mosca, dove si trovano anche Carlo Terracciano e Marco Battarra, delegati del Fronte Europeo di Liberazione, è intensissima. Tiene conferenze stampa; rilascia interviste; partecipa a una tavola rotonda con Prokhanov, Ligatchev, Dugin e Sultanov nella redazione del giornale “Den’”, che pubblicherà un testo di Thiriart intitolato L’Europa fino a Vladivostok; ha un incontro con Gennadij Zjuganov; si intrattiene con altri esponenti dell’opposizione “rosso-bruna”, tra cui Nikolaj Pavlov e Sergej Baburin; discute con il filosofo e dirigente del Partito della Rinascita Islamica Gejdar Dzemal; partecipa a una manifestazione di studenti arabi per le vie di Mosca.
Il 23 novembre, tre mesi dopo il suo rientro in Belgio, Thiriart è stroncato da una crisi cardiaca.”

La nota biografica su Jean Thiriart che precede, è tratta da Jean Thiriart e l’impero che verrà, di Claudio Mutti.
A seguire, diviso in tre parti, presentiamo ai nostri lettori l’articolo citato L’Europa fino a Vladivostok, che la rivista “Orion” offrì in traduzione italiana a cura di Alessandra Colla, nel n. 96 del settembre 1992.

Storia e geopolitica
La Storia ha conosciuto le Città-Stato, Tebe, Sparta, Atene; più tardi Venezia, Firenze, Milano, Genova.
Ai nostri giorni, la Storia conosce ancora degli Stati territoriali; Francia, Spagna, Inghilterra, Russia.
E, per finire, gli Stati continentali come gli Stati Uniti d’America e la Cina attuale, e ieri l’URSS (1).
L’Europa si trova attualmente in fase di metamorfosi.
Essa deve passare dalla situazione di collegamento più o meno stabilizzato di Stati territoriali alla situazione di Stato continentale.
Le abitudini mentali, per non dire la pigrizia mentale, rendono la metamorfosi per lo più difficile.
Il fazzoletto di terra che fu Sparta era vitale sul piano storico perché era vitale anche e soprattutto sul piano militare. Lo spazio di Sparta, le sue risorse, erano sufficienti a mantenere un esercito in grado di farsi rispettare da tutti i suoi vicini.
Noi tocchiamo qui il problema fondamentale della vitalità di uno Stato. La Città-Stato è stata eliminata dalla Storia dallo Stato territoriale. Roma elimina Atene, Sparta, Tebe. Agevolmente (2).
Oggi la vitalità storica di uno Stato, che dipende dalla sua vitalità militare, la quale a sua volta dipende dalla vitalità economica, ci porta alla seguente alternativa.
Prima ipotesi: gli Stati territoriali si lasciano satellizzare dagli Stati continentali. Francia, Italia, Spagna, Germania, Inghilterra rappresentano ora soltanto delle finzioni di Stati indipendenti. Tutti questi Paesi sono già, dal 1945, satelliti degli Stati Uniti d’America.
Seconda ipotesi: questi Stati territoriali si trasformano in un solo Stato continentale nuovo: l’Europa.
Jean Thiriart

NOTE
(1) Fra il 1981 e il 1985 ho pubblicato diversi lavori (tradotti in russo soprattutto) che richiamavano la possibilità teorica dell’unificazione europea di Est e Ovest, attraverso la ripetizione dello scenario storico cosiddetto “macedone”. A Cheronea, nel 338 prima dell’agitatore galileo, Filippo di Macedonia aveva realizzato de facto l’unità greca. Era la soluzione militare-ideologica realmente unificatrice da Vladivostok a Dublino.
Il continente cinese è stato unificato, già 22 secoli fa, dal gigante politico che fu Tsin-Che-Houang-Ti. La dinastia Tsin regnò dal 221 al 206 prima dell’era volgare; lo Stato era unitario e centralizzato,
diretto da funzionari, i feudatari essendo stati messi al bando. Risale a quell’epoca la costruzione della Grande Muraglia.
La paura dell’esercito russo e la repulsione, ben orchestrata, del comunismo, sono state entrambe eliminate dai fatti.
La soluzione “macedone” non è più adatta oggi, nel 1992, come poteva esserlo nel 1982-1984.
Oggi dobbiamo concepire, descrivere e volere il recupero di tutti i territori sovietici nella prospettiva della costruzione grande-europea.
Il concetto infantile, antistorico, di “Comunità degli Stati Indipendenti” dell’ingenuo Gorbaciov non aveva la minima speranza di affermarsi. Era un bambino nato morto.
L’assurdità semantica salta agli occhi: una comunità di indipendenti (sic!); come parlare di un pio matrimonio cattolico praticante l’amore libero.
(2) Roma era uno Stato politico, animato dalla volontà estensiva.
Non era il caso, sul piano concettuale, delle città di Sparta, Atene o Tebe, modellate sul concetto fisso di “Città-stato” immanente ed eterno. Quasi duemila anni più tardi anche la Prussia fu uno Stato politico estensivo. L’estensione non implica necessariamente la conquista militare. Esempio teorico e diretto: se gli Stati Uniti ci avessero proposto, verso il 1950-1955, in piena Guerra Fredda, un’integrazione politica dell’Europa dell’Ovest nella costruzione “atlantica”, sincera e onesta, si sarebbe forse potuto assistere alla nascita di una Repubblica Atlantica estesa da San Francisco a Venezia e da Los Angeles a Lubecca. Faccio questo esempio teorico perché il mio lettore possa distinguere fra il banale imperialismo di dominazione e l’imperialismo d’integrazione.
Ciò che la Repubblica Unita Europea deve contenere in sé e annunciare è appunto questa evenienza estensiva.
Tutte le mie concezioni geopolitiche sono ispirate, in partenza, dalla preoccupazione essenziale della vitalità di uno Stato-Nazione. Utilizzo la geopolitica per concepire e descrivere una Repubblica vitale. Sono un teorico della geopolitica mentre Haushofer e Spykman sono degli ideologi della geopolitica. Tutti e due sono malcelati imperialisti.
La differenza tra teorico e ideologo è totale.
Haushofer non ha fatto niente di più che razionalizzare il suo pangermanesimo viscerale. La costruzione Berlino-Mosca-Tokyo si presenta come la maschera razionale dei suoi fantasmi pangermanisti.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, evocano il ”destino manifesto” (Manifest Destiny). Si tratta di una geopolitica ideologica, messianica, nata da fantasmi, nati a loro volta dalla lettura ripetuta e ripetitiva di tutta la letteratura paranoica che si trova un po’ dappertutto nella Bibbia. Weinberg offre qualche sottotitolo evocatore di quella paranoia storica: “geographical predestination” [“predestinazione geografica” – n.d.t.], “the mission of regeneration” [“la missione della rigenerazione” – n.d.t.], “inevitable destiny” [“destino inevitabile” – n.d.t.], “international police power” [“potere di polizia internazionale” – n.d.t.].
Per uno psicologo e/o uno psichiatra, ecco un mucchio di materiale da analizzare e divertircisi.
La mia concezione di teorico della geopolitica è completamente differente. Direi piuttosto che “il progresso industriale e tecnologico degli Stati Uniti deve o può condurli a gestire in modo intelligente ed equo uno Stato Continentale esteso dall’Alaska alla Patagonia”. Piuttosto che portare provocatoriamente a spasso le loro flotte nel Mar della Cina e nel Mediterraneo.
I geopolitici ideologici si esprimono in termini di dominazione-sfruttamento, laddove i geopolitici teorici “allo stato puro” arrivano alla concezione e alla costruzione di Stati vitali.

Fonte: Orion, n. 96, settembre 1992, pp. 11-23

(Fine prima parte)

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Agosto 1992, Mosca: Jean Thiriart, secondo da destra, insieme (da sinistra) ad Aleksandr Prokhanov, direttore del settimanale “Den”, Egor Ligatchev, alto esponente dell’ex-PCUS, ed Aleksandr Dugin.

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