La nuova razza padrona


“A questo punto, abusando della pazienza del lettore che mi ha seguito sin qui, devo aprire un secondo versante di riflessione per fare cenno ai complessi processi macro-politici che hanno creato una oggettiva convergenza di interessi tra la vecchia razza dei predatori nazionali e una nuova temibile specie di predatori. i protagonisti del capitalismo finanziario sovranazionale, entrambi interessati al definitivo smantellamento delle Stato sociale e a fare della sua decomposizione una straordinaria occasione di locupletazione mediante la devoluzione dei suoi servizi alle “forze del mercato”, cioè agli oligopoli che controllano il mercato. A questo riguardo, occorre premettere che vari indicatori inducono a ritenere che lo Stato democratico di diritto non sia, come la mia generazione aveva creduto, una conquista irreversibile, ma una breve parentesi storica apertasi a seguito di un inedito e contingente equilibrio di forze venutosi a determinare nel XX secolo. Come è noto, lo Stato di diritto è nato dal compromesso tra i due principali soggetti collettivi protagonisti della storia del Novecento: le forze materiali del capitalismo industriale e le organizzazioni politiche del mondo del lavoro. La natura compromissoria di tale origine è attestata della definizione stessa dello Stato di diritto come Stato “liberal-democratico”, binomio che sintetizza le due diverse culture politiche su cui si fonda e che costituisce la forma giuridica dell’economia sociale di mercato, via di mezzo tra l’economia di mercato liberista e l’economia pianificata statalista.
Tale peculiare equilibrio tra le forze in campo instauratosi nel secondo dopoguerra, è venuto meno alla fine del XX secolo. Il crollo dell’Unione Sovietica e la fine del bipolarismo internazionale, (…).
Gli eventi verificatisi nel Terzo millennio, nello sconvolgere i rapporti di forza preesistenti, hanno dunque creato le condizioni per sciogliere il coatto matrimonio di interessi tra il liberalismo e la democrazia, fondamento dello Stato di diritto liberaldemocratico, dando vita a un divorzio non consensuale. Si assiste così alla marcia trionfale in tutto l’Occidente dell’unica forza sociale e politica rimasta padrona del campo: il capitalismo globale finanziario e delle multinazionali. I politologi riassumono questo evento assumendo che la democrazia è divenuta superflua, nel senso che sono venute meno le ragioni che imponevano al sistema capitalistico di accettare per ragioni di realismo politico i limiti al proprio libero sviluppo e i costi economici imposti dalla camicia di forza della democrazia. Il nuovo capitalismo globale non si limita a sottrarsi a ogni regola, tende anche a imporre le proprie, condizionando dall’interno alcuni Stati occidentali per riscrivere gli ordinamenti giuridici in modo da spostarne il fulcro dall’interesse pubblico a quello privato. Si è avviato quindi un processo di decostruzione progressiva dello Stato democratico di diritto per dare vita a un modello che propone l’asservimento dello Stato alle esigenze di attori forti presenti sul mercato, attraverso una riduzione degli spazi pubblici e il correlativo ampliamento di quelli privati. In termini strettamente economici tutto ciò si traduce nel progressivo smantellamento del welfare state.
(…) La decostruzione progressiva dello Stato liberaldemocratico di diritto, conseguente al mutamento dei rapporti di forza sociali, prosegue di pari passo a un complesso processo di reingegnerizzazione del potere che trasferisce le sedi decisionali strategiche fuori dai parlamenti e dagli esecutivi nazionali, prima trasmigrandole all’interno di organi sovranazionali non elettivi, privi di rappresentatività democratica – quali la BCE e la Commissione Europea – e poi da questi, con un secondo cruciale passaggio, in organizzazioni finanziarie internazionali come la trojka (costituita dai rappresentanti della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale), proiezioni istituzionali delle oligarchie finanziarie globali le cui politiche vengono spacciate alla pubblica opinione come soluzioni tecniche prive di alternative (“There is not alternative”, secondo il categorico diktat thatcheriano, divenuto il manifesto ideologico del pensiero unico neoliberista).
Questa è l’essenza politica della transizione dal liberismo classico (laissez-faire) improntato a un’astensione dell’intervento pubblico nella regolazione dei rapporti economici, all`attuale neoliberismo improntato alla predisposizione di un ordine pubblico sovranazionale sancito in trattati multilaterali, istitutivi di organismi internazionali che si muovono nella direzione di una definitiva subordinazione degli Stati – soprattutto quelli a legalità debole come l’Italia – alle esigenze dei grandi investitori internazionali.
(…) Se l’analisi sin qui svolta è almeno in parte condivisa, può comprendersi come la questione criminale italiana sia divenuta uno dei terreni sui quali si declina a valle quel gioco grande del potere che, attraversando a monte tutti i livelli dell’ordinamento e i piani della vita collettiva, sta rimodulando, sull’onda di nuovi rapporti di forza, i modi di essere della sovranità, della rappresentanza e della legalità, ridisegnandone i confini. Nel nuovo scenario internazionale dove è in corso una dura competizione senza esclusione di colpi, la legalità debole italiana, che in passato era solo un triste affare di famiglia, è divenuta infatti una sabbia mobile che non solo continua a impantanare la nazione nelle secche del suo torbido passato, ma inghiotte giorno dopo giorno le residue chance di riscatto futuro.
Quella che fu una grande nazione rischia così di divenire un terreno di scorreria di vecchi e nuovi predatori, un vaso di coccio destinato a frantumarsi nello scontro tra i vasi di ferro che si contendono l’egemonia politica ed economica nella nuova forma-mondo in gestazione. Esiste dunque in Italia un’inscindibile correlazione tra questione economica e questione della legalità (costituzionale e ordinaria). Non per problemi etici, né per problemi di giustizia, ma per evitare che la legalità materiale italiana continui a precipitare il Paese in una spirale di declino irreversibile, la vera sfida con la quale deve misurarsi oggi e con la quale dovrà misurarsi domani chiunque avrà la guida del Paese, si muove dunque sul terreno ineludibile del ripristino della legalità e del principio di responsabilità, coniugando legalità e sviluppo. Stato regolatore e libero mercato. A questo riguardo ci si sente ripetere che la politica si nutre di realismo. Ma è bene assumere consapevolezza che oggi di realismo il Paese rischia di morire, se per realismo si intende la necessità di adattarsi alla situazione esistente per l’impraticabilità politica di soluzioni alternative.”

Da La legalità materiale ovvero il tramonto di una Nazione, di Roberto Scarpinato, in “Micromega” n. 7/2014.

Roberto Scarpinato. magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica di Palermo, nel 1991 entra a far parte del pool antimafia collaborando con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Si occupa – tra le altre cose – dei processi per gli assassinii di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione siciliana, di Pio La Torre, segretario regionale del PCI, di Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana e di Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo. Dopo la strage di via D’Amelio, è il promotore della rivolta di otto sostituti procuratori contro il Procuratore capo Piero Giammanco, al quale viene addebitata la responsabilità di avere progressivamente isolato Giovanni Falcone, inducendolo ad andare via dalla Procura di Palermo. Quella clamorosa presa di posizione innescò un conflitto interno alla Procura di Palermo che costrinse il Consiglio Superiore della Magistratura ad intervenire ed indusse il procuratore Giammanco a chiedere il trasferimento.
Alla Procura della Repubblica di Palermo inizia così una svolta, caratterizzata dalla nomina di Giancarlo Caselli a Procuratore capo e dall’avvio delle indagini per alcuni dei più importanti processi sui rapporti tra mafia e potere. La nuova stagione dell’antimafia porterà all’arresto dei più importanti capi della mafia militare, a centinaia di condanne all’ergastolo e contemporaneamente alla prosecuzione di indagini e processi sul versante strategico delle collusioni con gli apparati burocratici pubblici.
Divenuto Procuratore aggiunto, Scarpinato conduce pressanti indagini sui rapporti tra mafia e massoneria, e sulla cosiddetta “trattativa” tra lo Stato e Cosa Nostra nel periodo delle stragi.
Nel 2005 assume la direzione del Dipartimento mafia-economia all’interno del quale crea un gruppo di magistrati e investigatori specializzati, che smantella colossali patrimoni illegali, giungendo a sequestrare beni in Italia ed all’estero per un valore di circa tre miliardi e cinquecento milioni di euro. Nel giugno 2010 viene nominato Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta. Dal febbraio 2013 riveste il ruolo di Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo.

2 thoughts on “La nuova razza padrona

  1. La “specie” pirata-piranha originata dal gioco d’azzardo treccartaro baro delle “borse” vuole solo il “vitello d’oro”, come nell’antichità. Giovè è solo lo spauracchio generato dalla loro “mente” psicopatica per terrorizzare i “poveri di spirito”. Una domanda dirompe spontanea e tracima dall’alveo del fiume: perché io che ho l’oro per forgiarmi o no il vitello, dovrei scambiarlo con “monete” di carta straccia sporche di cacca o addirittura “virtuali” cioè INESISTENTI dal valore NULLO ?
    Fiat fu la prima a farsi una SUA finanziaria o banca o fondazione coi soldi dei Contribuenti Italiani Lavoratori Subordinati e Pensionati Comuni., come fu la OVS la prima a delocalizzare la produzione in Cina, con costo cinese, per poi riportare il manufatto in Italia con prezzi “italiani”.

    Le momorie RAM, si esauriscono e si scassano, la memoria umana è elefantiaca.

    Nuovo “format” di attentato di sgoverno a Parigi, subito affrettatosi a dichiarare che non si trattava di terrorismo. Checco Incidenza, costui voleva parlare con l’Iran…E fra gli ostaggi chi c’era? La solita Donna Incinta, che fa sempre effetto, anche se è solo panzona e aspetta solo una pizza piena di cadavere e di formaggio. Psicopatico o dei servizi segreti di macronne? Sti’ franzosi non hanno un filo di fantasia. Sono passati dalle cinture esplosive, ai camions bianchi, ed ora agli scemi con la pistola di plastica. Devono risparmiare per magari attaccare l’Iran come fecero con Gheddafi. Ma stavolta, mal gliene incoglierà. Li aspetta un hillary destiny con Alzheimer al guinzaglio in verdi parkinsons. Capita ai cannibali.

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  2. Pingback: La nuova razza padrona | apoforeti

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