Harvard è più ricca della metà dei Paesi del mondo… perché qualcuno deve mantenere lo status quo

In un recente rapporto si afferma che l’Università di Harvard ha più soldi a disposizione della ricchezza di 109 Paesi, e non è l’unica scuola ad avere più denaro della maggior parte delle nazioni. Per i ricchi, mantenere lo status quo non è economico.

Di Helen Buyniski, giornalista e commentatrice politica statunitense

“Il sistema scolastico pubblico americano potrebbe essere nei guai, tranne le sue migliori università”, afferma un articolo di Stacker, che paragona le dotazioni multimiliardarie di 50 college americani alla “ricchezza totale” delle nazioni del mondo, come stimato dal Credit Suisse.
L’elenco ha visto cinque università – tra cui Princeton, Stanford, Yale e l’Università del Texas System – battere oltre la metà delle 195 economie mondiali. In cima alla lista con la sua enorme dotazione di 38,3 miliardi di dollari è posizionata Harvard.
Forse più degli altri college della Ivy League, Harvard vende più di una laurea. Un’istruzione ad Harvard fornisce l’ingresso in ambienti esclusivi popolati da persone molto ricche e molto influenti, e la scuola si impegna molto per coltivare questa reputazione. La qualità dell’istruzione di Harvard è in qualche modo diminuita negli ultimi dieci anni, occupando ora il sesto posto secondo le classifiche del The Times Higher Education World University, ma la stessa azienda ha invariabilmente classificato la reputazione dell’istituzione come incontaminata, segnando un perfetto 100 sia per la ricerca che per insegnamento.
Mentre gli insegnanti di tutto il Paese organizzavano scioperi per i bassi salari ed i costi sanitari, le tasse universitarie sono aumentate quando Wall Street iniziava ad impacchettare i debiti dei prestiti agli studenti come prima impacchettava i debiti derivanti da mutui. Da quando sono stati introdotti gli “SLABS” (titoli garantiti da attività di prestito studentesco), l’ammontare totale del debito studentesco detenuto dagli studenti americani è raddoppiato.
Le scuole della Ivy League sono rimaste al sicuro dalla svalutazione dei diplomi accademici perché gli ex-alunni che occupano le posizioni di potere hanno concordato che le lauree devono rimanere preziose, un bene a prova di recessione per le persone benestanti comprensibilmente schizzinose in un’economia incerta. Proprio come il valore dell’arte moderna si basa sulle case d’aste che le vendono per milioni di dollari, le lauree della Ivy League hanno valore a causa del puro potere finanziario a sostegno delle istituzioni che le conferiscono.
Gli Stati Uniti sono spesso classificati tra i Paesi con il più alto tasso di diseguaglianza al mondo, con solo tre persone che possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione. C’è più diseguaglianza ora che in altri momenti dall’inizio della fondazione del Paese, eppure non ci sono proteste in stile gilet gialli che imperversano per le strade, e non ci sono più da [quando è cessato] Occupy Wall Street. Perché?
I dati dell’International Social Survey Program mostrano che quando l’economia di un Paese diventa meno ugualitaria, la sua gente la percepisce come più di una meritocrazia – il tipo di posto in cui, se studi duramente e ti presenti in tempo, anche tu puoi diventare un Maestro dell’Universo. Il tipo di posto in cui anche un bambino cresciuto per strada può andare ad Harvard. Distribuire cospicue borse di studio aiuta Harvard a perpetuare questa illusione.
Uno dei miti fondanti più potenti e duraturi degli Stati Uniti è quello della terra delle opportunità, in cui chiunque abbia abbastanza coraggio e tenacia può “farcela”. Forse potrebbe essere stato così in passato.
Ma quando queste scuole hanno fondi di guerra più grandi della maggior parte dei Paesi, diventa impossibile ignorare il fatto che il sistema non funziona per tutti. Con la popolazione senzatetto in molte città che raggiunge livelli record, anche se le università in quelle città si accaparrano avidamente più beni immobili, la disuguaglianza non è mai stata così netta.
Eppure, anche se nessuno guarda un senzatetto che vive in una tendopoli di Los Angeles e immagina che potrebbe essere anche il suo futuro, c’è una vera e propria professione dedicata a convincere liceali creduloni che se scelgono il college giusto, il mondo potrebbe fare la loro fortuna. Un ex consulente per l’ammissione di Harvard ha tentato di smentire quel mito alcuni anni fa in un articolo anonimo intitolato “Le ammissioni di Ivy League sono una finzione: confessioni di un guardiano di Harvard”. Egli sosteneva che i rari candidati dell’estremità inferiore della scala socioeconomica che si presentavano alla sua scrivania avevano sempre qualche fattore squalificante che permetteva loro di essere lasciati indietro a beneficio dei loro ricchi colleghi preparati per il dominio dell’universo dalla nascita.
Se queste persone che mordono la mano che le ha nutrite stiano esagerando o meno (si sono laureati ad Harvard anche loro), non è una coincidenza che la maggior parte degli ex studenti delle università della Ivy League si laureano avendo un’immagine sorprendentemente uniforme del sistema che ora hanno il potere di cambiare – se solo lo volessero. Ma perchè rovesciare la barca? Quel sistema per loro ha funzionato bene.
La “filantropia” è una tradizione consolidata tra i ricchi, molti dei quali ritengono che sia importante essere visti come “riconoscenti”. “Essere visti” è la parola chiave qui: la carità non funziona se nessuno ti vede farla. Gli eventi caritatevoli formano la spina dorsale della loro vita sociale, le fondazioni di famiglia diventano l’ultimo luogo di riposo della loro ricchezza (le famiglie di antica ricchezza come i Rothschild e i Rockefeller si presentano raramente nelle liste dei “più ricchi del mondo” perché sono abbastanza sagge da nascondere i loro beni), e le ali dei musei prendono il nome da ricchi benefattori, così i poveri sanno che il loro dovere è essere grati, non pieni di risentimento.
Almeno in teoria, tutti vincono: i ricchi evitano le tasse e la classe operaia può aggrapparsi al sogno che se i loro figli lavorano duramente, un giorno potrebbero entrare ad Harvard e unirsi ai ranghi dei loro oppressori. Mamma e papà accantonano le forche per un altro giorno, e i ricchi respirano un po’ più facilmente.
Perché una persona benestante non dovrebbe essere grata ad un’istituzione che ha creato un tale sistema? Distribuire una manciata di borse di studio ai membri più promettenti della classe operaia è un piccolo prezzo da pagare per mantenere la propria posizione in cima a una società sempre più disuguale. Lo status quo non si mantiene da sé solo. Questo è il lavoro di Harvard.

[Fonte – traduzione di F. Iacobsen]

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