“La nostra bandiera”


Un commento pubblicato a margine di un mio recente post sul 25 aprile “ucro-atlantista” mi offre lo spunto per una considerazione sul “tricolore” italiano.
Partiamo da un’esperienza personale. Circa vent’anni fa, il Campo Antimperialista (qualcuno se lo ricorda?) organizzò alcune iniziative per “l’Iraq che resiste”. Si era alle porte dell’invasione americana dell’Iraq e questo piccolo gruppo “trozkista”, capeggiato da Moreno Pasquinelli, ebbe l’ardire di aprire le porte a chiunque, senza alcuna “pregiudiziale”. Una delle teste pensanti che si associò a quell’operazione politico-culturale fu Costanzo Preve, col quale, all’epoca, mi sentivo abbastanza spesso.
Se qualcuno si ricorda bene, quell’iniziativa dette parecchio fastidio ai piani alti che comandano nella colonia Italia, perché in un certo senso era “avanti” rispetto al sentire medio degli “antagonisti” di ogni risma. Era stata violata, nei fatti, quella muraglia innanzitutto mentale tra “destra” e “sinistra”, tra “fascismo” e “antifascismo”. Le accuse di “leso antifascismo”, rivolte da “sinistra” ai promotori del Campo Antimperialista, piovvero come chicchi di grandine. Dalle illazioni sui “fascisti infiltrati” di anonimi “commissari telematici” (termine che coniai all’epoca) su Indymedia (anche di questa si ricorda qualcuno?) alla pubblicazione, all’unisono, su tutti i quotidiani, alla vigilia della marcia sull’ambasciata americana di Via Vittorio Veneto, dei nomi dei “fascisti” che, “scandalosamente”, avevano firmato, insieme a nomi importanti della cultura italiana (ricordo tra gli altri Franco Cardini e Angelo Del Boca) l’appello del Campo (a “sinistra” c’è la mania degli “appelli da firmare”, ma quello, con tutti quei nomi così disomogenei per cultura politica, aveva comunque un suo perché). Leggere “Il Manifesto” e il “Corriere” che si ponevano la medesima domanda (“che ci fanno i fascisti in un’iniziativa di sinistra”?) fu l’ennesima conferma che questo è un regime dove le differenze sono pura facciata. Intendiamoci bene: non si trattò di un’alleanza di questo movimento “trozkista” con qualche partitino della cosiddetta “estrema destra”, ma solo dell’adesione di singole individualità che il regime (da Indymedia al “Corriere”) aveva l’interesse a dipingere come il Male con l’etichetta infamante di “fascisti”. Di lì a breve, scatenato l’inferno mediatico scattarono pure degli arresti per tre esponenti di punta del Campo, tanto per far capire chi comanda in Italyland.
Ma dopo questa lunga premessa veniamo al punto. Sempre se qualcuno ricorda bene, quella volta, alla viglia dell’invasione americana dell’Iraq (20 marzo 2003), a Roma venne organizzata una manifestazione oceanica di protesta (alcuni parlarono di un milione di persone!). Sui balconi e alle finestre delle case comparvero tantissime “bandiere della pace”. Sì, quelle arcobaleno che lasciano il tempo che trovano. Ad ogni modo, erano indice di un sentimento diffuso contro quella guerra (di fatto una strage a senso unico). Altri tempi rispetto ad oggi, quando dopo vent’anni di ulteriore istupidimento dell’italiano medio troviamo una maggioranza di persone pronte ad andare al macello per l’Ucraina testa di ponte della NATO.
Dicevo della “bandiera della pace”. Bene, in alcune conversazioni con Costanzo Preve, che era ascoltato a volte sì a volte no dal Pasquinelli (sono le classiche dinamiche tra “il braccio” e “la mente”), mi trovai a perorare la necessità, per dare un segnale forte, di mettere il tricolore italiano al tavolo degli oratori nelle varie iniziative. La cosa, detta oggi, sembra di nessuna importanza, ma vent’anni fa – lo ricordo ai più giovani – era considerato “scandaloso” per un gruppo comunque “di sinistra” adottare la bandiera nazionale, storicamente appannaggio delle destre d’ogni tipo. Con quel tricolore, a mio avviso, si sarebbe data plastica rappresentazione al superamento delle obsolete categorie politiche che tanto male hanno fatto, a danno del popolo. E così effettivamente fu fatto, perché – anche se in questo momento la memoria mi tradisce – a Roma, anche se il corteo non venne fatto arrivare all’ambasciata americana benché fosse del tutto pacifico, sventolarono anche dei tricolori.
Ma oggi, dopo altri vent’anni di scatafascio (penso al tradimento dell’alleato libico, ad oltre dieci anni di “governi tecnici” blindati dal Quirinale, alla follia del covid governata in senso pseudo-patriottico), mi chiedo: ha ancora senso il “tricolore” come simbolo dell’unità della Nazione? La mia risposta è no, e qui mi aggancio al mio post dell’atro giorno in cui, “provocatoriamente” ma non troppo, mi definivo “etrusco” e “italico”. La risposta è no perché quel tricolore è ormai completamente squalificato, in quanto, anche facendo la tara alle sue origini “giacobine”, è la bandiera di una massa di abbrutiti, di gente senza cervello che specialmente in questi ultimi due anni ha dato prova di non avere alcuna consistenza. Ed anche se s’è convinta – come lo è stato – di essere in guerra (in “guerra contro il covid”), ‘stringendosi a coorte’ attorno al governo, alle virostar e alle guardie che multavano per una mascherina abbassata, ciò non cambia d’un millimetro la mia convinzione che quel “tricolore” sia da lasciare a tutti costoro: a quelli che seguono ancora lo sport dei triplodosati, dei bollettini farlocchi sulla “pandemia” e le relative assurde “regole”, fino a quest’ultima pagliacciata di una Nazione che dovrebbe, sempre per chissà quale “patriottismo” (“atlantico”) andare al sacrificio estremo per salvare una banda di marionette e accodarsi alla russofobia di regime.
Enrico Galoppini

Liberazione da chi?

Also, as you know, Mr. Prime Minister, we have more than 30,000 American servicemembers, families, and personnel who are stationed across your country. As we reaffirm our support for historic institutions, we must also reaffirm the requirement that everyone must pay their full and fair share for the cost of defense.
Donald Trump

(da Remarks by President Trump and Prime Minister Gentiloni of Italy in Joint Press Conference, Washington, 20 aprile 2017)

La semplice differenza tra un Paese occupato e un Paese sovrano

In Italia, con l’avvicinarsi della fatidica data del 25 Aprile, giunge al suo apice la retorica sulla liberazione da parte degli alleati anglo-americani che li celebra quali indiscussi (e indiscutibili) paladini del Bene, a prescindere dal contorno di atrocità di cui si resero autori sotto le più diverse forme, dai bombardamenti a tappeto agli stupri collettivi su cui viene calato il più opportunistico dei silenzi.
In Russia, e precisamente a Vladikavkaz, capitale della Repubblica autonoma dell’Ossezia settentrionale-Alania, è stato or ora inaugurato un museo dedicato alle vittime che gli Stati Uniti e la NATO hanno disseminato in giro per il mondo…

(Buona Pasqua!)

25 Aprile 2013

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Anche quest’anno giungono, puntuali, i liberatori.
La loro “Weapon of Mass Destruction” farà strage di… cervelli.

[Il giorno seguente, nello stesso luogo, arriveranno i Rammstein a bonificare il terreno]

Un obiettivo strategico comune

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“Il Movimento No MUOS s’interroga intanto su come rilanciare la lotta contro l’installazione del nuovo sistema di guerra planetario USA, consapevole che i giri di valzer e le ipocrisie del governo continuano anche per sfiancare le proteste e rafforzare i dispositivi di repressione. Per superare l’empasse e imporre il cambio di rotta sul MUOS è necessario che il Parlamento, prima possibile, si pronunci apertamente sul sistema satellitare e approvi una mozione che dica chiaramente “No” alla sua installazione nel territorio italiano, vincolando l’esecutivo a revocare tutte le autorizzazioni alle forze armate statunitensi. Un pronunciamento dal rilevante valore storico che consentirebbe di riaprire il dibattito politico generale sulla presenza delle installazioni militari USA e NATO in Italia e sulla loro chiara incostituzionalità.
Non a caso per lanciare la campagna di primavera No MUOS è stata scelta la data simbolica del 25 Aprile, giornata di Liberazione dalle basi di guerra. Il Presidio permanente di contrada Ulmo sarà la sede-laboratorio di dibattiti, iniziative ecologiche, artistiche e culturali per valorizzare la riserva orientata protetta, praticare e socializzare il rispetto di un ambiente unico nel Mediterraneo e rendere permanente la mobilitazione popolare contro la militarizzazione e i conflitti che insanguinano il pianeta. La partita è apertissima a condizione di mantenere la massima unità attorno agli obiettivi strategici comuni.”

Da Le bugie del governo Monti sul MUOS di Niscemi, di Antonio Mazzeo.

Un’immeritata riverenza servile

“Che gli Americani abbiano liberato l’Italia è una delle barzellette più uggiose e stomachevoli che i nostri rappresentanti (si fa per dire), in combutta con giornalisti-ciabattini, continuano a raccontarci senza vergognarsi del ridicolo, di cui si coprono, confessando se non altro un’immensa ignoranza della storia.
Gli Americani si sono sempre mossi solo in funzione di interessi di potenza o di mercato (che è poi un modo diverso di fare potenza). Non hanno mai manifestato alcun proposito di liberare un solo Paese da una dittatura o potere cattivo meno che nei riguardi del mondo comunista, in cui vedono, e non a torto, la propria negazione. Il parametro della tollerabilità di qualunque Stato, nell’ottica degli USA, si chiama solo e semplicemente “USA-compatibilità”. Il che significa, come è evidente, che quanto è compatibile, anzi consono, con gli interessi, geopolitici o di mercato, della macchina del mostro industriale-politico-militare nordamericano, non può temere alcun intervento o sanzione anche se all’interno si fa scempio dei diritti civili.”

25 Aprile: una festività da abolire!, del compianto Carmelo R. Viola continua qui.
Sempre attuale, purtroppo.

Come festeggiare degnamente il 25 Aprile

New York, 25 aprile – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha espresso ‘grande apprezzamento’ al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo la decisione dell’Italia di rendersi disponibile ad effettuare raid mirati sulla Libia. In una telefonata, i due leader hanno convenuto sulla necessità di incrementare la pressione sul regime libico. Gli USA plaudono alla decisione italiana ”di fornire appoggio militare addizionale alla operazione Unified Protector”.
(ANSA)

Roma, 26 aprile – ”L’ulteriore impegno dell’Italia in Libia, annunciato ieri sera dal presidente del Consiglio Berlusconi, costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall’Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio supremo di difesa da me presieduto e, quindi, confortata da ampio consenso in Parlamento”.
Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, facendo riferimento al nuovo impegno italiano in Libia che consentirà anche di poter usare aerei italiani armati di bombe sul teatro libico.
(ASCA)

Festa PER la liberazione 2011

A 66 anni dalla fine della guerra, l’Italia è ancora militarmente e politicamente occupata. Tutti i Governi che si sono succeduti, di centro, di destra, di centrodestra e centrosinistra hanno pagato miliardi di lire e poi di euro per sostenere il mantenimento delle basi e dei depositi nucleari americani in Italia e per fare tutte le guerre da loro volute.
Tali basi furono inizialmente collocate in Italia, Germania e Giappone perché gli USA ci considerarono nazioni sconfitte e conquistate; poi, con la guerra fredda contro l’Unione Sovietica, il loro numero crebbe sempre di più. Tuttora, nonostante l’attuale crisi stia producendo milioni di disoccupati, sottoccupati e precari; nonostante tutti i servizi sociali, pubblici, a cominciare dalla sanità e dalla scuola, siano lasciati senza mezzi, cresce l’accumulo di nuovi debiti per acquistare sempre nuove armi. Solo per dotare l’Italia dei nuovi caccia bombardieri F-35 si stanno spendendo 13 miliardi di euro.
Come non bastasse l’Italia ha ceduto di fronte alla richiesta di ampliare le sue servitù militari costruendo una nuova base americana a Vicenza.
Dopo la partecipazione italiana alla guerra contro l’Afghanistan e contro l’Irak, ecco l’ultima imposizione subita dal nostro Paese: la partecipazione alla guerra contro la Libia. L’Italia continua ad essere la portaerei americana nel Mediterraneo, punto di partenza e di rifornimento di aerei che vanno a bombardare e punire altri Stati in violazione delle leggi internazionali. Siamo ridotti a complici della violenza e della sopraffazione.
Noi siamo amici del popolo americano, e di tutti i popoli. Ma non vogliamo essere amici dei banchieri americani e mondiali che cercano di governare il mondo con le armi, le guerre e il terrore.
Noi, come recita la nostra Costituzione, e come era nello spirito di quel lontano 25 Aprile, vogliamo essere un popolo sovrano e indipendente, in pace con il resto del mondo.

25 Aprile 1945 / 25 Aprile 2011

L’iniziativa si svolge in contemporanea a Vicenza, Napoli e Cagliari.
Per informazioni e contatti: tel./fax 0532 733656
perlaliberazione@gmail.com
perilbenecomune.net

Festa PER la liberazione

25 Aprile 2010
ore 15,00
Sala Convegni Convitto Carlo Alberto
Baluardo Partigiani n.6/8
Novara

Parleranno:
Giacomo Verrani – Assemblea permanente NO F-35
Simone Bartolo – Circolo Banditi di Isarno
sen. Fernando Rossi – Coordinamento di Per il Bene Comune
Gianni Lannes – Giornalista e scrittore (autore di NATO: colpito e affondato. La tragedia insabbiata del Francesco Padre)

in diretta video dalle 15 alle 18 su perilbenecomune.net

Nella discussione parleranno i rappresentanti dei Comitati e delle Associazioni che sui loro territori sono impegnate ad ottenere la chiusura o la non costruzione di nuove basi militari e di nuovi depositi di bombe nucleari in Italia.

25 Aprile 1945 / 25 Aprile 2010
A 65 anni dalla fine della guerra, l’Italia è ancora militarmente e politicamente occupata.
Negli anni tutti i nostri Governi, centrosinistra e centrodestra, si sono indebitati per miliardi di Euro, per pagare il mantenimento delle basi e dei depositi nucleari americani in Italia e per fare tutte le guerre da loro volute.
Tali basi furono collocate in Italia, Germania e Giappone perché gli USA ci considerarono nazioni sconfitte e conquistate; poi, con la guerra fredda contro l’Unione Sovietica, il loro numero crebbe sempre di più.
Tuttora, nonostante l’attuale crisi stia producendo milioni di disoccupati, sottoccupati e precari, nonché sottrazione di risorse alla scuola, alla sanità, ai beni ed ai servizi pubblici, stiamo accumulando nuovi debiti pur di assecondare la loro volontà di venderci nuove armi (13 miliardi di Euro, solo per l’acquisto dei caccia bombardieri F-35), di realizzare una nuova base militare a Vicenza (alla faccia di “padroni in casa nostra”), di trascinarci in nuove guerre (Iran).
L’amicizia con il popolo americano non passa dalla sudditanza ai loro banchieri che vogliono governare il mondo con le armi, le guerre e il terrore.
Noi, come il popolo americano, come recita la nostra Costituzione e come era nello spirito di quel lontano 25 Aprile, vogliamo essere un popolo sovrano e indipendente.

Lista civica nazionale – Per il Bene Comune
P.le Stazione 15, Ferrara – tel./fax 0532 52148
info@perilbenecomune.net

Qui il volantino dell’iniziativa.

25 Aprile: una festività da abolire!

Un’immeritata riverenza servile alla potenza colonialista yankee

Che gli Americani abbiano liberato l’Italia è una delle barzellette più uggiose e stomachevoli che i nostri rappresentanti (si fa per dire), in combutta con giornalisti-ciabattini, continuano a raccontarci senza vergognarsi del ridicolo, di cui si coprono, confessando se non altro un’immensa ignoranza della storia. Gli Americani si sono sempre mossi solo in funzione di interessi di potenza o di mercato (che è poi un modo diverso di fare potenza). Non hanno mai manifestato alcun proposito di liberare un solo Paese da una dittatura o potere cattivo meno che nei riguardi del mondo comunista, in cui vedono, e non a torto, la propria negazione. Il parametro della tollerabilità di qualunque Stato, nell’ottica degli USA, si chiama solo e semplicemente “USA-compatibilità”. Il che significa, come è evidente, che quanto è compatibile, anzi consono, con gli interessi, geopolitici o di mercato, della macchina del mostro industriale-politico-militare nordamericano, non può temere alcun intervento o sanzione anche se all’interno si fa scempio dei diritti civili. Non è proprio una battuta ad effetto, questa, se si pensa che ancora ci sono Paesi in cui si condanna alla lapidazione delle adultere e se nell’Arabia Saudita, Paese amico degli USA, si pratica ancora il taglio della mano per i ladri (magari per fame!). Quello della democrazia è un paravento che fa spifferi da tutte le parti. Del resto, “la più grande democrazia del mondo” è una dittatura imperialista con dittatore elettivo legittimata da un giochetto elettorale e rappresentata da un fantoccio di turno al servizio del potere reale di chi lo ha fatto eleggere. Le continue ciance sui diritti civili trasgrediti in Cina e a Cuba nascondono una realtà tipica, che fa davvero pietà se si pensa che nell’àmbito degli USA non esiste alcuna garanzia circa il diritto al lavoro e meno che mai a quello di conservarlo, se l’assistenza sanitaria è pagata – quando possibile – dagli stessi assistiti attraverso specifiche polizze di assicurazione, se la povertà sta sempre dietro l’angolo e se la criminalità è come una patina che copre l’intero territorio della grande unione di Stati. Ciò premesso, appare chiaro che gli Americani non avevano alcun interesse di liberare l’Italia dalla dittatura fascista tanto da non accorgersi di quella, davvero feroce, di Franco e dell’altra, di Salazar, ambedue nella penisola iberica, ma solo quello di accorrere in aiuto alla complice Inghilterra: a tal fine, non potevano non invadere-occupare l’Italia, il polo più a portata di aggressione dell’asse con Berlino. E non potevano che farlo secondo il costume yankee, cioè massacrandola di bombardamenti non certo per colpire obiettivi militari ma il più spesso a scopo prettamente terroristico, per fiaccare le autorità e le forze in armi attraverso il panico (terrore) dei civili, quando non anche o solo per il piacere sadico dei seminatori di morte. A Tripoli (dove lo scrivente viveva), i fratelli siamesi di Albione, voglio dire i signori inglesi, degni compari dei militari “a teschi e bare” (pardon, a stelle e strisce), venivano a bombardare quasi tutte le notti (e talvolta anche di giorno, colpendo abitati civili e povera gente che non disponeva di un rifugio adeguato. Memorabile è il bombardamento navale britannico del 21 aprile 1941 (Natale di Roma!), durato non meno di quattro ore e causa di danni immani e di innumeri morti, tra i civili s’intende. La liberazione dell’Italia dal potere mussoliniano fu solo un effetto secondario e, quel ch’è peggio, costituì un pretesto per occupare militarmente il nostro Paese. Era inevitabile che la gente, stressata dalle bombe e dalla fame, vedesse negli occupanti il simbolo della fine di un incubo. Sulla stessa fame le truppe “di liberazione” posero il pretesto del famigerato “Piano Marshall”, una forma di carità pelosa, cioè condizionata dal rispetto, senza limiti di tempo, della sovranità militare degli occupanti, che sarà il diritto dei vincitori e che si chiamerà NATO con quelle implicazioni a catena che conosciamo. Così conciato il nostro Paese è diventato perfettamente “USA-compatibile”, anzi “USA-servile”, una “riserva coloniale” a tutti gli effetti, con basi militari in crescente proliferazione e fra le più grandi di tutta l’Europa. E’ così che agli interessi nazionali va anteposta la devozione feudale al principe yankee di turno inviando inservienze militari gratuite (a titolo vergognosamente ipocrita di “missioni di pace”) prima in Irak ed ora in Afghanistan, a dispetto dell’art. 11 della Costituzione, semplicemente ridotto a figura retorica della carta fondamentale di uno Stato sedicente di diritto. La storia del dopo guerra è una conferma a posteriori della non liberazione dell’Italia se è vero che nei Paesi latino-americani i signori yankee continueranno ad abbattere o a creare poteri a seconda della compatibilità o meno con il parametro sopra detto. Un esempio valido per tutti è quello del Cile dove, fatto assassinare Allende, vi instaureranno la tirannia del malvagio cattolicissimo Pinochet. La classifica, che gli USA han fatto degli Stati prima dell’occupazione, totalmente contro il diritto ordinario e internazionale, dell’Irak è ben eloquente: è “canaglia” qualunque Stato che non sappia servire gli interessi della Casa Bianca e del Pentagono. L’Irak, già vittima dell’embargo con moria di bambini per mancanza di alimenti e di farmaci di prima necessità (oltreché per irradiazione radioattiva, strascico dell’aggressione militare di Bush-padre), subirà un’aggressione con un dispiegamento di forze tanto poderoso quanto vile ma non senza l’assenso di un’ONU, ridotta a feudo di fatto della potenza yankee. Il 25 Aprile è una ricorrenza nazionale ambigua nella misura in cui pretende di ricordare agli Italiani una liberazione americana, che non è mai avvenuta e che oggi, più che mai, sa di viscido ossequio ad una potenza selettivamente criminale, semplicemente barbarica, (con buona pace del premio Nobel per la pace Obama!) e che sta mettendo a rischio la sopravvivenza della specie umana. Chi ha il coraggio di proporne l’abolizione senza correre il rischio di essere accusato di apologia di fascismo?
Carmelo R. Viola