La balcanizzazione della Siria può attendere

“Quando Deir Ez Zour fu costruita, non erano ancora presenti i confini dettati dai trattati di Sykes – Picot, non c’erano le entità statali siriane ed irachene, non esistevano avamposti di frontiera né di Damasco e né di Baghdad; quel territorio desertico, attraversato dall’Eufrate, era ancora frequentato soprattutto da beduini e da tribù che si dirigevano verso il fiume per usufruire delle sue acque e permettere loro di continuare a vivere seguendo millenarie tradizioni. Ma soprattutto, quel territorio era ancora parte integrante dell’Impero Ottomano: è proprio qui che i vertici militari di Istanbul nel 1860 avevano deciso di fondare un avamposto militare che poteva beneficiare sia della presenza dell’Eufrate e sia della vicinanza delle vie di comunicazione che collegavano l’occidente con Baghdad; vaste lande di terra, nei secoli rimaste periferiche alle rotte commerciali tanto dei romani quanto della via della seta che, dalla fine del diciannovesimo secolo, potevano diventare improvvisamente strategici luoghi di controllo militare per i sultani. E’ così che ha avuto inizio la storia di Deir Ez Zour, la città che martedì è stata sollevata da un assedio dell’ISIS che durava da più di tre anni; un contesto particolare all’interno della guerra siriana, un vero e proprio conflitto nel conflitto che non mancherà, al netto dell’immotivata scarsa copertura mediatica data dall’Occidente, di inserirsi prepotentemente sui libri di storia nel prossimo futuro. Per comprendere su quale base abbia poggiato una resistenza con pochi precedenti nella storia militare, è bene fare un passo indietro e tornare per un attimo alla storia che ha portato alla nascita prima ed allo sviluppo poi di Deir Ez Zour; due sono stati, in particolare, gli eventi che hanno contribuito nel corso dei decenni alla crescita demografica ed economica di questa città: in primo luogo, il 16 maggio del 1916 Inglesi e Francesi hanno stabilito una linea di confine a pochi chilometri dal suo centro urbano, con i trattati di Sykes – Picot, i quali hanno improvvisamente tracciato un lungo taglio nel cuore del deserto mesopotamico: Per mezzo di questo nuovo confine, da una parte si è dato vita ad un protettorato agganciato a Parigi, dall’altra invece si è assistito al sorgere di una zona d’influenza britannica. In secondo luogo, nella prima metà del ventesimo secolo sono state scoperte importanti riserve petrolifere nel sottosuolo desertico vicino Deir Ez Zour ed ecco quindi che, quello che era sorto come mero avamposto militare ottomano, da adesso in poi diverrà uno strategico centro economico a pochi passi dalla ‘nuova’ frontiera mediorientale voluta da Francia ed Inghilterra al termine della prima guerra mondiale.”

Deir Ez Zour, genesi di una resistenza di Mauro Indelicato continua qui.

Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella “primavera araba”

arabesque$“Gli imponenti rivolgimenti che i benpensanti occidentali hanno precipitosamente ed erroneamente battezzato “primavera” hanno provocato solo caos, morte, odio, esilio e desolazione in molti Paesi arabi. Bisognerebbe forse chiedere ai cittadini dei Paesi arabi “primaverizzati” se la disastrosa situazione in cui si trovano attualmente possa definirsi primavera.
In proposito, i numeri sono eloquenti. Uno studio recente ha dimostrato che questa funesta stagione ha provocato, in soli cinque anni, più di 1,4 milioni di vittime (morti e feriti), cui occorre aggiungere più di 14 milioni di rifugiati. La “primavera” è costata ai Paesi arabi più di 833 miliardi di dollari, di cui 461 in perdite di infrastrutture distrutte e siti storici devastati. D’altra parte la regione MENA (Middle East and North Africa – Medio Oriente e Africa del Nord) ha perso più di 103 milioni di turisti, una vera calamità per l’economia.
Nella prima edizione del mio libro “Arabesque américaine” (aprile 2011), ho denunciato l’ingerenza straniera in queste rivolte, e anche il carattere non spontaneo di questi movimenti. Certamente, prima di questi avvenimenti, i Paesi arabi erano in una vera situazione di decrepitezza: assenza di alternanza politica, forte disoccupazione, democrazia embrionaria, bassi livelli di vita, diritti fondamentali violati, assenza di libertà di espressione, corruzione a tutti i livelli, favoritismi, fuga dei cervelli, ecc. Tutto ciò rappresenta un “terreno fertile” per la destabilizzazione. Nonostante, però, l’assoluta fondatezza delle rivendicazioni della piazza araba, ricerche approfondite hanno dimostrato che i giovani manifestanti e i cyber-attivisti arabi erano stati formati e finanziati da organizzazioni statunitensi specializzate nella “esportazione” della democrazia, come USAID, NED, Freedom House o l’Open Society del miliardario George Soros. E tutto ciò, già molti anni prima che Mohamed Bouazizi si immolasse col fuoco.
(…)
E’ evidente che questa “primavera” non ha niente a che vedere con gli slogan coraggiosamente scanditi dai giovani cyber-attivisti nella piazze arabe e che la democrazia è solo uno specchio per le allodole. Infatti, come ci si può non porre delle serie domande su questa “primavera”, quando si veda che gli unici Paesi arabi che hanno subito questa stagione sono delle repubbliche? E’ un caso che nessuna monarchia araba sia stata toccata da questo tsunami “primaverile”, come se questi Paesi fossero dei santuari della democrazia, della libertà e dei diritti dell’uomo? L’unico tentativo di sollevazione anti-monarchica, quello del Bahrein, è stato represso con violenza, con la collaborazione militare del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), il silenzio complice dei media mainstream e la connivenza dei politici, al contrario tanto loquaci quando simili vicende hanno riguardato repubbliche arabe.
Questa “primavera” ha di mira la destabilizzazione di alcuni Paesi arabi ben individuati in un quadro geopolitico ben più vasto, certamente quello del “Grande Medio Oriente”. Questa dottrina prevede il rimodellamento delle frontiere di una regione geografica che ospita Paesi arabi ed altri Paesi vicini, cancellando quelle ereditate dagli accordi di Sykes-Picot. Benché lanciato sotto la guida del presidente G. W. Bush e dei suoi falchi neoconservatori, questa teoria si ispira ad un progetto del 1982 di Odeon Yinon, un alto funzionario del ministero degli affari esteri israeliano. Il “Piano Yinon”, come lo si chiama, aveva in origine come obiettivo la “dissoluzione di tutti gli Stati arabi esistenti e il rimodellamento della regione in piccole entità fragili, più malleabili e non in grado di scontrarsi con gli Israeliani”.
E lo smembramento purtroppo è in corso.”

Da La fregatura delle “primavere arabe”, intervista di Nordine Azzouz a Ahmed Bensaada.

(I collegamenti inseriti sono nostri – ndc)

Il più esplosivo cocktail da guerra mondiale

566cb29ec361887e358b45dd“Stiamo per cacciarci in un’altra guerra per il petrolio in Medio Oriente, questa volta anche con possibili sviluppi nucleari. Guerre per gli idrocarburi ce ne sono state da più di un secolo, fin dagli albori dell’era petrolifera, ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Quella attuale promette però di essere di un ordine di grandezza tale da cambiare l’aspetto politico del mondo in modo assai spettacolare e distruttivo. In un certo senso è una guerra saudita, fatta per ridisegnare i confini nazionali usciti dall’accordo Sykes-Picot del 1916, la famigerata spartizione dell’Impero Turco ottomano in disfacimento. Lo stupido scopo di questa nuova guerra è quello di mettere i campi petroliferi e i relativi oleodotti in Iraq e Siria, e magari anche un’ulteriore fetta di territorio, sotto il controllo diretto dell’Arabia Saudita, con il Qatar e la Turchia di Erdogan complici del crimine di Riyadh. Sfortunatamente, come in tutte la guerre, non ci saranno vincitori.
Tanto per cominciare, il maggior perdente sarà l’Europa, come lo saranno gli attuali cittadini di Iraq, Siria e i Kurdi turchi e siriani, popolazioni assai differenti fra loro. Il “Sultanato” turco di Erdogan sarà distrutto, con grandi perdite di vite umane, e il regno pre-feudale di Re Salman perderà tutta la sua influenza nello scacchiere internazionale. Cadranno per primi in una trappola mortale, accuratamente preparata per loro dalla NATO.
Occorre guardare in modo più approfondito agli elementi ed ai personaggi chiave nella preparazione di questa nuova guerra, una guerra che arriverà molto probabilmente entro l’estate del 2016.
I giocatori principali, in questo perfido groviglio di menzogne e tradimenti ubiquitari, sono quattro gruppi, assai numerosi, ciascuno con i suoi propri obbiettivi.
Nel primo gruppo si trova il regno ultra conservatore, wahabita e sunnita, dell’Arabia Saudita, governata da Re Salman e dal figlio di 31 anni, l’eccentrico e irruente Ministro della Difesa, Principe Salman; vi è poi il bellicoso regime turco del Presidente Recep Tayyp Erdogan, dove il ruolo chiave spetta ad Hakan Fidan, a cui fanno capo i servizi di intelligence (MIT – Milli Emniyet Hizmeti) e infine il DAESH, chiamato anche impropriamente Stato Islamico (IS), una malcelata estensione dell’Arabia Saudia wahabita, finanziato da capitali sauditi e qatarioti, sostenuto e addestrato dal MIT di Fidan. A questi si è recentemente aggiunta l’appena annunciata “Coalizione Islamica contro il Terrore”, formazione saudita di 34 Stati con base a Riyad.
Il secondo gruppo è rappresentato dal legittimo governo siriano di Bashar al-Assad, l’esercito e le altre forze siriane a lui fedeli, l’Iran sciita e il 60% dell’Iraq sciita, assediato dallo stesso Stato Islamico. Dal 30 settembre il fattore sorpresa è costituito dalla Russia di Putin, con la sua coraggiosa campagna militare a sostegno di Assad. Questo secondo gruppo, che combatte in Siria contro il DAESH e gli altri gruppi terroristi anti-regime, comprende, in diversa misura, anche Iran e Iraq, alleati di Assad, inclusi gli Hezbollah sciiti, sostenuti da Teheran. Da quando la Russia è scesa in campo, il 30 settembre, a fianco di Assad, legittimo Presidente siriano, le sorti in campo del regime di Damasco sono migliorate moltissimo
Poi viene l’Israele di Netanyahu, che inganna allegramente tutti quanti mentre porta avanti i suoi progetti in Siria. Netanyahu ha appena stretto una pubblica alleanza sia con l’Arabia Saudita di Salman che con la Turchia di Erdogan. Aggiungeteci la recente scoperta israeliana di “enormi” riserve petrolifere nelle Alture del Golan siriane (sotto occupazione), giacimenti illegalmente rivendicati e scoperti, pare, dalla consociata israeliana di una piccola e sconosciuta compagnia-ombra petrolifera del New Jersey, la Genie Energie, nel cui consiglio di amministrazione si trovano Dick Cheney, Lord Jacob Rothschild e l’ex direttore della CIA James Woolsey.
Il quarto gruppo gioca per il momento il ruolo più ingannevole ed astuto di tutti quanti. E’ capeggiato da Washington e sta usando Francesi, Inglesi e Tedeschi per compiere azioni militari in Siria. Washington sta preparando una rovinosa trappola che condurrà gli incauti Sauditi, i Turchi e gli altri loro alleati wahabiti ad una bruciante sconfitta in Siria e Iraq, che verrà senza dubbio chiamata la “vittoria sul terrorismo” e la “vittoria del popolo siriano”.
Unite il tutto, agitate vigorosamente e avrete gli ingredienti per il più esplosivo cocktail da guerra mondiale dal 1945 in poi.”

Erdogan, Salman e l’imminente guerra “sunnita” per il petrolio, di William F. Engdahl continua qui.