Gli USA affogano nel sangue di persone innocenti per affermare la propria egemonia: ‘E’ stato sempre così’

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Mentre gli Stati Uniti cercano disperatamente di ristabilire una credibilità in Medio Oriente, non essendo riusciti ad arginare l’ascesa del terrorismo in tutta la regione, e in risposta all’intervento della Russia in Siria, Washington ora rischia chiaramente di perdere il filo.

La prova di questo consegue al recente attacco aereo effettuato da aerei statunitensi su Mosul, obiettivo una infrastruttura dell’ISIS che presumibilmente conteneva una quantità enorme di denaro destinata a pagare i suoi combattenti e finanziare le operazioni militari future. Secondo un rapporto della CNN sul raid aereo a Mosul, “i comandanti americani erano disposti a prendere in considerazione fino a 50 vittime civili dall’attacco aereo per l’importanza del bersaglio. Ma la valutazione iniziale post-attacco ha indicato che forse sono state uccise da cinque a sette persone”.
Questa è un’affermazione che lascia senza parole, cinica nel suo disprezzo per la vita dei civili e grondante di ipocrisia quando consideriamo gli sforzi che sono stati fatti dagli ideologhi occidentali ed i loro governi per demonizzare la Russia sul suo intervento in Siria, accusandola di colpire obiettivi civili con noncurante disprezzo per le conseguenze.
Immaginate se un comandante militare russo rilasciasse una dichiarazione come questa, riconoscendo apertamente che saranno uccisi civili durante i futuri attacchi aerei russi. Il clamore tra le piattaforme mediatiche occidentali sarebbe fuori misura. Ci sarebbero probabilmente anche tentativi di convocare una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite al fine di censurare il governo russo, insieme a un tentativo concertato di isolare Mosca e ridurla a una condizione di reietto.
Eppure, quando a fare tali affermazioni sono funzionari degli Stati Uniti ciò è segnalato come se fosse solo un altro giorno nell’Impero. Continua a leggere

Il peggior inquinatore del Pianeta

Il ruolo del Pentagono nella catastrofe globale: aggiungere la devastazione climatica ai crimini di guerra, di Sara Flounders per Global Research

Tirando le somme della Conferenza di Copenhagen dell’ONU sul cambiamento climatico – con più di 15.000 partecipanti da 192 Paesi, compresi oltre 100 Capi di Stato, così come 100.000 manifestanti in piazza – è importante chiedersi: com’è possibile che il peggior inquinatore del Pianeta riguardo l’anidride carbonica ed altre emissioni tossiche non sia al centro di alcuna discussione della conferenza o proposta di restrizioni?
Sotto ogni rilevamento, il Pentagono è il maggiore fruitore istituzionale di prodotti petroliferi e di energia in generale. Eppure il Pentagono ha un esonero totale in tutti gli accordi internazionali sul clima.
Le guerre del Pentagono in Iraq ed Afghanistan; le sue operazioni segrete in Pakistan; il suo dislocamento su più di mille basi statunitensi nel mondo; le sue 6.000 infrastrutture negli USA; tutte le operazioni NATO; i suoi trasporti aerei, i jet, i test, l’addestramento e le vendite di armamenti non saranno calcolati nei limiti statunitensi riguardanti i gas serra o inclusi in alcun conteggio.
Il 17 febbraio 2007 il Bollettino Energetico calcolò il consumo di petrolio solo per aerei, navi, veicoli terrestri ed infrastrutture del Pentagono, che lo rendono il principale consumatore individuale di idrocarburi al mondo. All’epoca, la Marina statunitense aveva 285 navi da combattimento e da supporto e circa 4.000 velivoli operativi. L’Esercito statunitense aveva 28.000 mezzi corazzati, 140.000 veicoli multifunzionali su ruote ad alta mobilità, più di 4.000 elicotteri da combattimento, diverse centinaia di velivoli ad ala fissa ed un parco macchine pari a 187.493 veicoli. Eccezion fatta per 80 fra sommergibili e velivoli aerei a propulsione nucleare, i quali diffondono inquinamento radioattivo, tutti i loro altri veicoli sono alimentati con petrolio.
Perfino secondo le graduatorie dell’Annuario Mondiale CIA del 2006, solamente 35 Paesi (fra i 210 al mondo) consumano più carburante al giorno del Pentagono.
Le forze armate statunitensi usano ufficialmente 320.000 barili di petrolio al giorno. Comunque, questa somma non comprende la benzina consumata dai contractors o in strutture appaltate o privatizzate. Neppure comprende l’enorme quantità di energia e le risorse usate per produrre e mantenere il loro equipaggiamento apportatore di morte o le bombe, granate o missili che vengono sparati.
Steve Kretzmann, direttore di Oil Change International, riferisce: “La guerra in Iraq è stata responsabile di almeno 141 milioni di tonnellate decimali di diossido di carbonio equivalente da marzo 2003 a dicembre 2007… La guerra emette più del 60% di tutti i Paesi… quest’informazione non è disponibile alla lettura… perché le emissioni militari all’estero sono esenti dai rilevamenti del rapporto nazionale sotto la legge statunitense e dalla Convenzione Quadro dell’ONU sul Cambiamento Climatico.” (www.naomiklein.org, 10 dicembre 2009). La maggioranza degli scienziati condanna le emissioni di biossido di carbonio con riferimento ai gas dell’effetto serra ed al cambiamento climatico.
Bryan Farrell nel suo nuovo libro, La zona verde: i costi ambientali del militarismo, afferma che “il maggior singolo assalto all’ambiente, a tutti noi nel mondo, proviene da un agente… le Forze Armate degli Stati Uniti”.
Allora il Pentagono come fa ad essere esentato da tutti gli accordi sul clima? Al tempo dei negoziati per i Protocolli di Kyoto, gli USA chiesero come condizione per sottoscriverli che tutte le loro operazioni militari nel mondo e tutte le operazioni cui partecipano con l’ONU e/o la NATO venissero completamente escluse da rilevamenti o riduzioni.
Dopo aver ottenuto quest’enorme concessione, l’amministrazione Bush rifiutò in seguito di sottoscrivere gli accordi.

Nell’articolo del 18 maggio 1998 intitolato Istanze di sicurezza nazionale e di politica militare coinvolte nel trattato di Kyoto, il dottor Jeffrey Salmon delineò la posizione del Pentagono. Egli cita quindi il rapporto annuale 1997 del Segretario alla Difesa William Cohen al Congresso: “Il Dipartimento della Difesa raccomanda fortemente che gli Stati Uniti insistano su un’esenzione per la sicurezza nazionale nel Protocollo sul cambiamento climatico che ora stanno negoziando”. (www.marshall.org)
Secondo Salmon, quest’esenzione della sicurezza nazionale era stata portata avanti in una bozza che richiedeva “la completa esenzione militare dai limiti delle emissioni dei gas serra. La bozza include operazioni multilaterali così come azioni avvallate dalla NATO e dall’ONU, ma comprende pure attività connesse assai marginalmente con la sicurezza nazionale, che sembrerebbe comprendere tutte le forme di azioni militari unilaterali e l’addestramento per siffatte azioni”.
Salmon cita anche il Sottosegretario di Stato Stuart Eizenstat, che guidava la delegazione statunitense a Kyoto. Eizenstat riferiva che “ogni richiesta, che il Dipartimento della Difesa ed i militari in uniforme che erano a Kyoto al mio fianco dicevano di volere, la ottenevano. Vale a dire legittima difesa, peacekeeping, operazioni umanitarie”.
Benché gli Stati Uniti avessero già ricevuto queste assicurazioni nei negoziati, il Congresso statunitense approvò un provvedimento che esplicitamente garantiva l’esenzione militare americana. L’Inter Press Service riportava il 21 maggio 1998: “I legislatori statunitensi, nel più recente colpo agli sforzi internazionali per fermare il riscaldamento globale, oggi hanno esentato le operazioni militari statunitensi dall’accordo di Kyoto che definisce gli impegni vincolanti per ridurre le emissioni di “gas serra”. La Camera dei Rappresentanti ha approvato un emendamento alla legge di autorizzazione militare (ovverosia la legge che annualmente autorizza gli stanziamenti finanziari per la “difesa” – ndr) dell’anno prossimo che “proibisce l’assoggettamento delle forze armate al Protocollo di Kyoto”.”
Oggi a Copenaghen gli stessi accordi e guide linea sui gas serra destano ancora attenzione. Tuttavia è estremamente difficile trovare una sola menzione di questa clamorosa omissione.
Secondo la giornalista ambientale Johanna Peace, le attività militari continueranno ad essere esentate da un ordine esecutivo firmato dal Presidente Barack Obama che chiede alle agenzie federali di ridurre le loro emissioni di gas serra entro il 2020. La Peace calcola che “l’esercito costituisce un buon 80% delle domanda energetica del governo federale”. (www.solveclimate.com, 1 settembre)
L’esclusione totale delle operazioni globali del Pentagono fa apparire le emissioni statunitensi di diossido di carbonio minori di quanto in realtà siano. Tuttavia pur senza considerare il Pentagono, gli Stati Uniti hanno le maggiori emissioni di diossido di carbonio al mondo.

Più che emissioni
Oltre ad emettere diossido di carbonio, le operazioni militari statunitensi rilasciano altri materiali estremamente tossici e radioattivi nell’aria, nell’acqua e nel suolo.
Le munizioni statunitensi fatte con uranio impoverito hanno sprigionato decine di migliaia di libbre di microparticelle di scarto radioattivo ed altamente tossico nel Medio Oriente, in Asia Centrale e nei Balcani.
Gli USA vendono mine terrestri e bombe a grappolo che sono la principale causa di esplosioni ritardate, le quali mutilano e rendono invalidi specialmente contadini e popolazioni rurali in Africa, Asia ed America Latina. Per esempio, Israele disseminò più di un milione di bombe a grappolo fornite dagli USA in Libano durante la sua invasione del 2006.
La guerra americana in Vietnam lasciò enormi aree così contaminate con l’erbicida Agente Arancio che oggi, a più di 35 anni di distanza, la contaminazione da diossina è da 300 a 400 volte più alta dei livelli “sicuri”. Gravi difetti alla nascita ed elevati casi di cancro conseguenti alla contaminazione ambientale stanno manifestandosi nella terza generazione.
La guerra statunitense del 1991 in Iraq, seguita da 13 anni di pesantissime sanzioni, l’invasione americana del 2003 e l’occupazione che continua, hanno trasformato la regione – la quale ha una storia di 5.000 anni come paniere del Medio Oriente – in una catastrofe ambientale. La terra arabile e fertile dell’Iraq è diventata un deserto devastato in cui il più semplice venticello alza una tempesta di sabbia. Una volta esportatore di prodotti alimentari, oggi l’Iraq importa l’80% del suo cibo. Il Ministro iracheno dell’Agricoltura calcola che il 90% del territorio stia subendo una grave desertificazione.

La guerra ambientale in casa
Inoltre, il Dipartimento della Difesa si è costantemente opposto alle disposizioni dell’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) relative alla bonifica delle basi statunitensi contaminate (Washington Post del 30 giugno 2008). Le basi militari del Pentagono sono in vetta alla lista di Superfund dei luoghi maggiormente inquinati, giacché agenti contaminanti filtrano nelle falde acquifere e nel suolo.
Il Pentagono ha anche combattuto gli sforzi dell’EPA per fissare nuovi livelli di inquinamento riguardo due agenti chimici tossici trovati in gran misura nei siti militari: il perclorato, trovato nel propellente di razzi e missili; ed il tricloroetilene, uno sgrassante per parti metalliche.
Il tricloroetilene è il più diffuso contaminante dell’acqua nelle campagne, poiché s’infiltra nelle falde acquifere in California, a New York, in Texas, Florida e altrove. Più di 1.000 siti militari negli Stati Uniti sono contaminati dall’agente chimico. Le comunità più povere, specialmente le comunità di colore, sono le più duramente colpite da quest’avvelenamento.
I test statunitensi di armi nucleari negli Stati del sud-ovest e sulle isole del Pacifico meridionale hanno contaminato enormi quantità di terra e acqua con radiazioni. Montagne di scarti di uranio radioattivo e tossico sono state lasciate nei territori dei Nativi del sud-ovest. Più di 1.000 mine di uranio sono state abbandonate nelle riserve Navajo in Arizona e Nuovo Messico.
In giro per il mondo, in basi sia vecchie sia ancora operanti a Portorico, nelle Filippine, in Corea del Sud, Vietnam, Laos, Cambogia, Giappone, Nicaragua, a Panama e nell’ex Jugoslavia, bidoni arrugginiti di agenti chimici e solventi e milioni di contenitori di munizioni sono stati abbandonati in maniera criminale dal Pentagono.
Il modo migliore per pulire in maniera radicale l’ambiente è abbattere il Pentagono. Ciò che serve per combattere il cambiamento climatico è una modifica totale del sistema.

Traduzione a cura di L.Salimbeni
[grassetti nostri]

L’Agente Arancio

Lo scorso 10 agosto, si è svolto in Vietnam il primo “Giorno Arancio” per ricordare le vittime dell’Agente Arancio e sottolineare il comune sentire al riguardo diffuso nel Paese. Un’attenta analisi dei documenti oggi accessibili ha rivelato che i responsabili dell’esposizione di cittadini vietnamiti e soldati statunitensi ai defolianti tacquero circa le loro conseguenze sulla salute, pur essendone a conoscenza.
Le aziende chimiche americane che producevano l’Agente Arancio e le autorità governative e militari che ordinarono di irrorarne il Vietnam erano consapevoli degli effetti devastanti che poteva avere sugli esseri umani. Ciò risulta appunto da una serie di documenti segreti vecchi di decenni, elaborati dalle stesse aziende ed autorità, ora resi pubblici.
Una lettera di V.K. Rowe a Ross Milholland, dirigente della Dow’s Biochemical, datata 24 giugno 1965, dimostra chiaramente che l’azienda sapeva che la diossina presente nei suoi prodotti – incluso l’Agente Arancio – poteva provocare danni alle persone.
Riferendosi al 2,4,5-triclorofenolo ed al 2,3,7,8-tetracloruro di benzodiossina (componenti dell’Agente Arancio), Rowe affermava: “Questo materiale è tossico in maniera eccezionale; possiede un tremendo potenziale di produrre cloracne e danni sistemici”.
Rowe era preoccupato delle conseguenze negative che l’azienda avrebbe potuto subire se la cosa fosse diventata di dominio pubblico: “L’intera industria del 2,4,5-T sarebbe colpita duramente e prevedo l’adozione di una legislazione restrittiva, che metta al bando la sostanza oppure imponga controlli molto rigidi”.
Così egli suggeriva di mantenere il riserbo sulla tossicità: “Non c’è ragione per non tenere questo problema sotto stretto controllo e quindi evitare auspicabilmente una legislazione restrittiva… Confido che tu sia molto giudizioso nell’uso di queste informazioni. Potrebbe essere piuttosto imbarazzante se esse venissero equivocate o mal utilizzate… P.S.: questa lettera non può essere riprodotta, mostrata o spedita ad alcuno al di fuori della Dow in nessun caso.”
La Dow giocò bene le sue carte, e non incorse mai in alcun problema. L’irrorazione dell’Agente Arancio in Vietnam proseguì per altri sei anni.

Benché vari rapporti indichino che aziende chimiche come la Dow e la Monsanto occultarono scientemente al governo l’evidenza delle conseguenze mediche relative alla diossina, il Rapporto Zumwait del 1990, ora declassificato, suggerisce che gli esperti militari statunitensi erano a conoscenza della pericolosità dell’Agente Arancio all’epoca del suo utilizzo.
Il rapporto cita una lettera del 1988 di James R. Clary, scienziato precedentemente impiegato nella ricerca governativa sulle armi chimiche, al senatore Tom Daschle. Clary, che si occupava di progettare la strumentazione per spargere erbicidi e defolianti in Vietnam, raccontava a Daschle: “Quando noi (scienziati militari) iniziammo il programma sugli erbicidi negli anni sessanta, eravamo consapevoli del potenziale di danno dovuto alla contaminazione da diossina negli erbicidi. Eravamo anche coscienti che la formulazione a scopi militari aveva una concentrazione di diossina più alta rispetto a quella per usi civili, a causa del minor costo e della velocità di produzione. Comunque, poiché la sostanza doveva essere usata sul “nemico”, nessuno di noi era eccessivamente preoccupato. Non considerammo mai uno scenario in cui il nostro personale potesse essere contaminato con gli erbicidi. E, se lo avessimo fatto, ci saremmo aspettati che il nostro governo avrebbe dato assistenza ai veterani così contaminati”.

I sostenitori dell’uso dell’Agente Arancio hanno sempre preferito chiamarlo un “programma erbicida” piuttosto che una guerra chimica. Ma i documenti ufficiali rivelano che il Senato USA conosceva la sua vera natura.
Nei registri congressionali del Senato, alla data dell’11 agosto 1969, una tavola presentata ai senatori dimostra che l’organo legislativo statunitense chiaramente classificò il 2,4-D ed il 2,4,5-T (principali componenti dell’Agente Arancio) nella categoria della Guerra Chimica e Biologica. La tavola include nella stessa categoria anche l’acido cacodilico, un componente importante dell’Agente Blu, un altro prodotto chimico irrorato in Vietnam per annientare la vegetazione. La tavola lo descrive come “un composto a base di arsenico… alte concentrazioni causeranno avvelenamento da arsenico negli essere umani. Ampiamente utilizzato in Vietnam. L’arsenico è presente nella percentuale del 54,29%”.
Come ha concisamente affermato lo studioso della guerra in Vietnam e veterano statunitense, W.D. Ehrhart, in un’intervista rilasciata al Thanh Nien Daily: “Sarebbe difficile descrivere l’Agente Arancio come qualcosa di diverso da un’arma chimica. La diossina è un prodotto chimico”.
Ed anche l’arsenico.

Postilla
A proposito di veterani di guerra. Le aziende chimiche produttrici non hanno mai realmente risarcito la grande maggioranze di loro. Nel 1984 venne trovato un accordo extragiudiziale al riguardo ma i risarcimenti furono effettuati solo nel 1994, e solamente circa 60.000 dei 2.400.000 soldati impegnati in Vietnam hanno ricevuto qualcosa.
L’ammontare dei risarcimenti era pressoché ridicolo: una volta sottratte le parcelle degli avvocati, il risarcimento variava fra i 256 ed i 12.800 dollari, con una media stimata di 4.000. Che anche nel 1984 erano ben poca cosa.