Goldman Sachs – NATO Corp.

clinton rasmussen gates

Dopo essere stato dal 2009 al 2014 segretario generale della NATO (sotto comando USA), Anders Fogh Rasmussen è stato assunto come consulente internazionale dalla Goldman Sachs, la più potente banca d’affari statunitense.
Il curriculum di Rasmussen è prestigioso. Come primo ministro danese (2001-2009), si è adoperato per «l’allargamento della UE e della NATO contribuendo alla pace e prosperità in Europa». Come segretario generale, ha rappresentato la NATO nel suo «picco operativo con sei operazioni in tre continenti», tra cui le guerre in Afghanistan e Libia, e, «in risposta all’aggressione russa all’Ucraina, ha rafforzato la difesa collettiva a un livello senza precedenti dalla fine della guerra fredda». Rasmussen inoltre ha sostenuto il «Partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)» tra Stati Uniti e UE, base economica di «una comunità transatlantica integrata».
Competenze preziose per la Goldman Sachs, la cui strategia è allo stesso tempo finanziaria, politica e militare. Suoi dirigenti e consulenti, dopo anni di lavoro alla grande banca, sono stati messi in posti chiave nel governo USA e in altri: tra questi Mario Draghi (governatore della Banca d’Italia, poi presidente della BCE) e Mario Monti (nominato capo del governo dal presidente Napolitano nel 2011).
Non c’è quindi da stupirsi che la Goldman Sachs abbia le mani in pasta nelle guerre condotte dalla NATO. Ad esempio, in quella contro la Libia: si è prima impadronita (adducendo perdite del 98%) di fondi statali per 1,3 miliardi di dollari, che Tripoli le aveva affidato nel 2008; ha quindi partecipato nel 2011 alla grande rapina dei fondi sovrani libici (stimati in circa 150 miliardi di dollari) che USA e UE hanno «congelato» al momento della guerra. E, per gestire attraverso il controllo della «Central Bank of Libya» i nuovi fondi ricavati dall’export petrolifero, la Goldman Sachs si appresta a sbarcare in Libia con la progettata operazione USA/NATO sotto bandiera UE e «guida italiana».
In base a una lucida «teoria del caos», si sfrutta la caotica situazione provocata dalle guerre contro Libia e Siria, strumentalizzando e incanalando verso Italia e Grecia (tra i Paesi più deboli della UE) il tragico esodo dei migranti conseguente a tali guerre. Esso serve come arma di guerra psicologica e pressione economica per dimostrare la necessità di una «operazione umanitaria di pace», mirante in realtà all’occupazione militare delle zone strategicamente ed economicamente più importanti della Libia.
Come la NATO, la Goldman Sachs è funzionale alla strategia di Washington che vuole una Europa assoggettata agli Stati Uniti. Dopo aver contribuito con la truffa dei mutui subprime a provocare la crisi finanziaria, che dagli Stati Uniti ha investito l’Europa, la Goldman Sachs ha speculato sulla crisi europea, consigliando «gli investitori a trarre vantaggio dalla crisi finanziaria in Europa» (si veda il rapporto riservato reso noto dal Wall Street Journal nel 2011).
E, secondo documentate inchieste effettuate nel 2010-2012 da Der Spiegel, New York Times, BBC, Bloomberg News, la Goldman Sachs ha camuffato, con complesse operazioni finanziarie («prestiti nascosti» a condizioni capestro e spaccio di «titoli tossici» USA), il vero ammontare del debito greco. In tale faccenda, la Goldman Sachs si è mossa più abilmente di Germania, BCE e FMI, il cui cappio messo al collo della Grecia è evidente.
Reclutando Rasmussen, con la rete internazionale di rapporti politici e militari da lui tessuta nei cinque anni alla NATO, la Goldman Sachs potenzia la sua capacità di influenza e penetrazione.
Manlio Dinucci

(il manifesto, 18 agosto 2015)

goldman-sachs-usa

Russia Today come Roj TV?

media

“Tenteranno di farvi chiudere”: incontrando Assange & l’ininterrotta “Guerra contro Russia Today”
di Margarita Simonyan, capo redattore di RT

La scorsa settimana, mentre ero a Londra, sono andata a far visita a Julian Assange presso l’ambasciata ecuadoregna. Abbiamo parlato in modo confidenziale ovviamente, perciò non renderò pubbliche troppe cose, ma diffonderò solo ciò che Julian ha insistito che divulgassi. Prima è troppo tardi.
Assange ha condiviso un illuminante racconto su una stazione televisiva curda che è stata chiusa in Danimarca. La storia, come molte altre – dai cablogrammi diplomatici con commenti non diplomatici a centinaia di crimini di guerra non indagati in Irak – è giunta alla sua attenzione mediante una fuga di notizie.
C’era una volta in Danimarca una rete televisiva curda. Altrettanto felicemente avrebbe potuto essere altrove, ma al canale erano interdetti mercati più adeguati. La stazione, Roj TV, si rivolgeva ai Curdi turchi, e ciò rendeva le autorità turche molto arrabbiate.
Funzionari turchi fecero pressioni sulla Danimarca loro alleata nella NATO affinché chiudesse il canale televisivo con qualche scusa plausibile. Ma la Danimarca era riluttante, dicendo che varie ispezioni non avevano riscontrato alcuna incitazione al terrorismo e non c’erano ragioni per chiuderla. Cose simili non si facevano là; dopotutto, la Danimarca è una democrazia.
La “democrazia” non ha prevalso a lungo. Solo fino al momento in cui il Principe di Danimarca Primo Ministro Rasmussen decideva di diventare Segretario Generale della NATO. Ma la Turchia insorse e bloccò la sua candidatura! Sì, riguardo la televisione curda circa la quale la Danimarca era così ostinata. Allora i pezzi grossi si riunirono e decisero che il canale che rappresentava un faro per una intera nazione non fosse un prezzo alto da pagare per una così importante posizione in una tanto importante organizzazione. E hanno cercato di tirar fuori un po’ di estremismo, dannata democrazia. Ancora non riuscivano a trovare alcuna evidenza di ciò, ma sputarono qualche altra spiacevolezza. Wikileaks possiede un cablo nel quale il Presidente USA Barack Obama stesso sollecita i suoi alleati a pensare di risolvere la questione della televisione curda “creativamente”, in modo tale che le nazioni civilizzate non siano accusate di sopprimere la libertà di parola. E così fecero.
“La stessa cosa è in programma per voi”, mi ha detto Julian. Sfortunatamente, ho pochi dubbi che egli sia nel giusto. Ero appena ritornata da Londra quando la Camera dei Rappresentanti statunitense approvava a grande maggioranza una risoluzione che, tra le altre cose, impegnava i funzionari USA in Europa a “valutare l’influenza politica, economica e culturale dei mezzi di informazione russi e finanziati dalla Russia e a coordinarsi con i governi ospitanti circa le adeguate contromosse.”
In altre parole, gli Stati Uniti spingerebbero l’Europa a sbatterci fuori. E ciò che sta già succedendo. Negli anni scorsi abbiamo assistito a una serie di tendenze meno che gradite. Continua a leggere

Scudo antimissile statunitense: ‘L’Orso Russo dorme con un occhio aperto’

scudo

F. William Engdahl per rt.com

La spiegazione di Washington secondo cui il rafforzamento del suo scudo antimissile in Europa avviene contro la minaccia nucleare iraniana, non è più credibile di quanto non lo fosse 10 anni fa.
Nonostante i recenti sforzi della Russia per mediare una soluzione pacifica nella crisi delle armi chimiche siriane, così come i buoni uffici nel risolvere il contrasto nucleare iraniano con Washington, l’amministrazione Obama porta avanti l’assai provocatorio dispiegamento della ‘Difesa’ Antimissile Balistico (BMD) intorno alla Russia. Ciò che non viene detto dai politici occidentali è il fatto che tale azione, tutt’altro che pacifica, avvicina il mondo più che mai alla guerra nucleare per errore di calcolo. L’11 Febbraio, il primo di quattro avanzati cacciatorpediniere statunitensi è arrivato a Rota, in Spagna. Essi costituiranno una parte fondamentale dello “scudo” antimissile balistico degli USA. Lo scudo viene spacciato come protezione dell’Europa contro un possibile attacco missilistico nucleare iraniano. Le quattro navi rimarranno sul posto per i prossimi due anni, trasportando sistemi di rilevazione avanzata e missili intercettori in grado di abbattere missili balistici, secondo la NATO a Bruxelles. L’USS Donald Cook, un cacciatorpediniere lanciamissili della Marina degli Stati Uniti, equipaggiato con il sistema di combattimento ad alta tecnologia Aegis Ballistic Missile Defense, ha attraccato nel porto meridionale di Rota. Rota, nominalmente comandata da un ammiraglio spagnolo, è totalmente finanziata dagli USA. E’ la maggiore comunità militare statunitense in Spagna, e ospita personale dell’US Navy e dell’US Marine Corps. Secondo il segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, vi farà base in modo permanente. Fogh Rasmussen, che evidentemente capisce poco di strategia nucleare, ha detto alla stampa “L’arrivo dell’USS Donald Cook segna un passo in avanti per la NATO, la sicurezza europea e la cooperazione transatlantica.” Al vertice NATO di Lisbona del Novembre 2010, i governi membri convennero che la NATO sviluppasse la difesa missilistica per “proteggere le popolazioni e il territorio europei della NATO… la piena operatività è prevista per la prima metà del prossimo decennio.” Continua a leggere

Gli affari vanno a gonfie vele

Visit to NATO by President Hamid Karzai of the Islamic Republic of Afghanistan

Karzai (Presidente Afghanistan): “Gli affari vanno a gonfie vele, eh amico?”
Rasmussen (Segretario generale NATO): “Sì, non ci lamentiamo”.

La notizia
I precedenti

Un premio Nobel per la guerra

nobel2012

“Anche la politica estera dell’Unione Europea è un gioco, come se ventisette polli senza testa si tirassero dei calci a casaccio tra loro su qualsiasi tema, dalla Palestina all’ammissione della Turchia. Ma c’è una cosa che l’Unione Europea fa bene davvero: produrre, commercializzare e vendere armi a chiunque sia coinvolto in affari bellici.
Asia Times Online ha avuto conferma indipendente da due diplomatici europei che l’U.E. – attraverso il suo braccio militare comandato dagli USA, la NATO – si sta preparando ad una nuova guerra, in Siria. Questo conferma un recente rapporto sullo stesso argomento del quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung (Moon of Alabama ce ne offre un’ottima traduzione).
I diplomatici hanno confermato ad ATol che il Segretario Generale della NATO – l’incredibilmente mediocre Anders Fogh Rasmussen – sta scalpitando per una guerra in Siria, camuffando questa sua frenesia con la retorica “La NATO non nasconderà la testa sotto la sabbia”.
Citando le sue parole in diretta da Washington, Rasmussen godrebbe dell’appoggio di Turchia, Regno Unito e Francia, con la Germania in una condizione ambivalente, poiché il Ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle aveva precedentemente escluso l’opzione bellica in favore di una soluzione politica.
Scalpitare per la guerra è una cosa, farla davvero è un’altra. Anche una direttiva NATO che dia il via ad azioni belliche in Siria necessita dell’approvazione di tutti e 28 i Paesi membri. Comunque, ecco lo scheletro dell’atto finale: Washington continuerà ad ordinare al suo fantoccio danese Rasmussen di preparare le basi per un’azione di guerra, assolutamente necessaria. Benvenuti in Siria, oppure Libia-2 – anche se Washington non potrebbe in alcun modo giustificare di propinare al Consiglio di Sicurezza della NATO un’altra Responsabilità a Proteggere (R2P).
Ebbene sì, Bruxelles, abbiamo un problema. E sta succedendo proprio mentre vengono spiegati sul confine turco i missili Patriot e 400 unità militari tedesche. L’opinione pubblica della Germania è contraria ad un’altra guerra nel mondo musulmano. Nel 2013 in Germania ci saranno le elezioni.. Angela Merkel e Westerwelle non sono esattamente degli spiriti suicidi.
L’accelerazione dei missili Patriot – che “proteggeranno” la Turchia contro qualsiasi attacco missilistico dalla Siria – è una scelta che viene dritta dritta dal Manuale Delle Armi D’Illusione Di Massa. Frederick Ben Hodges, capo del nuovo Comando Terrestre Alleato di base a Ismir, Turchia, avrebbe dichiarato ad un’agenzia di stampa dell’Anatolia che i Patriot sono lì come deterrente contro i missili chimici siriani. Come se Bashar al-Assad, (come nel caso Frau Merkel), fosse diventato all’improvviso un pazzo suicida. Gli unici che credono davvero alla storiella d’intelligence che Washington sta facendo circolare, che Damasco potrebbe utilizzare le armi chimiche come ultima spiaggia, sono il fedele danese Rasmussen ed il club di mediocrità politica Britannico-Francese-Turco. Le manovre psicologiche della NATO non metteranno di certo paura al Governo Siriano.
Per quanto riguarda poi l’incredibilmente bizzarro Primo Ministro Turco Recep Tayyip Erdogan, si è dimostrato coerente in una cosa soltanto: ha una febbre, e l’unica cura possibile è lo spazio aereo interdetto. Anche se l’opinione pubblica turca non vuole neanch’essa una guerra, Erdogan non è stato in grado di smorzare questa febbre. La macchina US-NATO ha usato ogni mezzo – dal corrompere orde di funzionari a Damasco fino ad imputare ad Assad ogni settimana una serie di mini-olocausti. Non ha funzionato.
I cosiddetti “ribelli” – contagiati dalla Salafi-jihadis – difatti “controllano” soltanto territori secondari a maggioranza Sunnita o sobborghi intorno alle grandi città. Ci saranno quasi 40,000 combattenti nelle periferie di Damasco, ma rischiano di trovarsi vittime di una clamorosa imboscata organizzata dall’Esercito Siriano. Quindi il presunto cambio di scena dovrà sicuramente prevedere la minaccia delle armi chimiche, e quindi – si spera? – al Sacro Graal dello spazio aereo interdetto.”

Da La NATO aspira a un premio Nobel per la guerra, di Pepe Escobar.

NATO 3.0

“La NATO è l’alleanza di maggior successo nella storia. Ed è mia ferma intenzione che rimanga tale.
Il nuovo Concetto Strategico dovrà guidare la prossima fase nell’evoluzione della NATO. La prima fase è stata ovviamente l’Alleanza della Guerra Fredda: squisitamente difensiva, grandi armate immobili, schierate di fronte ad un chiaro nemico. Si può chiamare NATO in versione 1.0. Ed ha funzionato molto bene.
La NATO in versione 2.0 era la NATO del dopo-Guerra Fredda, dalla caduta del Muro di Berlino a oggi.
Anch’essa ha funzionato bene. Noi abbiamo aiutato a consolidare la pace e la democrazia in Europa. Abbiamo gestito le crisi dai Balcani all’Afghanistan. Ed abbiamo coinvolto nuovi membri, con i quali condividiamo propositi comuni.
È adesso giunto il momento di una NATO 3.0. Un’Alleanza che sia in grado di difendere i 900 milioni di cittadini dei Paesi della NATO dalle minacce che affrontiamo oggi, ed affronteremo nel prossimo decennio. Il Concetto Strategico è il progetto per tale nuova NATO.
(…)
Vi sono tre principali aree in cui io credo che la NATO debba trasformarsi.
Primo: dobbiamo modernizzare le nostre capacità di difesa e deterrenza.
La difesa collettiva deve restare lo scopo principale dell’Alleanza. Il ché continua a richiedere forze militari operative. Ma per essere operativi oggi, noi abbiamo bisogno di forze che siano impiegabili nei territori dell’Alleanza e oltre. Il Concetto Strategico deve esprimere una chiara visione per gli Alleati per guidare la riforma delle loro forze armate – meno investimenti per forze statiche e calcestruzzo, più forze che sappiano muoversi, presidiare ed avere successo ovunque vengano mandate.
Ma oggi, la difesa del nostro territorio e dei nostri cittadini non comincia e finisce al confine. Può iniziare a Kandahar. Può iniziare nel cyberspazio. E la NATO ha bisogno di potersi difendere a largo raggio.
(…)
Il Concetto Strategico deve essere anche indirizzato ad un’altra fondamentale componente delle difesa e deterrenza della NATO – la nostra capacità nucleare.
Posso vedere un sacco di giornalisti sobbalzare su questo punto. Ho paura che, se voi state sperando di assistere ad una piccola controversia, dovrò contraddirvi.
Nelle discussioni che abbiamo avuto sinora riguardo il futuro della capacità nucleare della NATO, io attualmente vedo una vera convergenza di prospettive.
I termini esatti saranno discussi nelle prossime settimane, e non voglio dare un giudizio prematuro sulle conclusioni. Sono però alquanto fiducioso in merito al fatto che troveremo il giusto equilibrio fra due principi molto importanti. Primo, che noi condividiamo l’impegno per gli obiettivi espressi dal Presidente Obama per un mondo senza armi nucleari, e che la NATO continuerà ad impegnarsi verso quell’obiettivo.
Ma secondo, che il nostro compito rimane quello di impedire un attacco contro i nostri cittadini, il ché significa che finché ci saranno armi nucleari nel mondo, la NATO dovrà mantenere anche armi nucleari.
Signore e signori, la seconda area, in cui abbiamo bisogno di riforme è la gestione delle crisi: dobbiamo essere in grado di rendere il Ventunesimo il Secolo della gestione delle crisi. Nessun’altra organizzazione può disporre, schierare e mantenere un potere militare come quello NATO. Il ché è il motivo per cui sono totalmente insensibile alle suggestioni dei media secondo cui dopo l’Afghanistan, la NATO non debba più eseguire un’altra missione di ampia portata. Prima di tutto e principalmente, perché io non ho dubbi che in Afghanistan avremo successo.
E secondo, perché ci saranno altre missioni in futuro per le quali soltanto la NATO sarà in grado di sostenerne i costi. Dovremo essere pronti.
(…)
Signore e signori. C’è una terza area in cui la NATO deve compiere un passo avanti – impegnandosi in lungo e in largo nel mondo per costruire una sicurezza in cooperazione. In breve, l’Alleanza deve sviluppare più profonde, ampie collaborazioni politiche e operative con i Paesi del mondo.
(…)
Ma posso già sentire la prima domanda che potrei ricevere, fra qualche momento: “Bella prospettiva – ma in un’epoca in cui le nazioni stanno effettuando tagli alla difesa, come intendete sostenere i costi?”
Al ché, io direi due cose. Primo, abbiamo bisogno di riforme. I contribuenti hanno bisogno del miglior riscontro per i loro investimenti nella difesa. Nella NATO, semplificheremo la nostra struttura di comando cosicché ci fornisca ciò che ci serve, ma a costi inferiori. Noi abbiamo pure bisogno di condividere le poche risorse, così possiamo acquistare e fare assieme cose che individualmente non potremmo permetterci. Io spero che il Concetto Strategico conferisca un forte mandato per una riforma costante.
Ma il mio secondo spunto è questo: c’è un punto dove voi non state più asportando il grasso; state tagliando nel muscolo, e poi nell’osso.
Capisco molto bene perché gli Alleati stiano tagliando le loro risorse per la difesa. Stante l’attuale crisi finanziaria, non hanno scelta.
Devo però anche dire: i tagli potrebbero andare troppo avanti. Dobbiamo evitare di tagliare così a fondo da non potere, in futuro, difendere la sicurezza su cui riposa la nostra prosperità economica. E non possiamo portare a termine il nostro compito in una situazione in cui l’Europa non può far sentire la sua importanza se si parla di sicurezza. Il risultato sarebbe che il Trattato di Lisbona dell’UE, che io sostengo fortemente, diventerebbe un guscio vuoto. E gli Stati Uniti cercherebbero altrove il loro partner per la sicurezza. Questo è un prezzo che non possiamo permetterci.”

Da The New Strategic Concept: Active Engagement, Modern Defence, discorso del Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen al German Marshall Fund of the United States (GMF) di Bruxelles, 8 ottobre 2010.
[Traduzione di L. Salimbeni, grassetti nostri]

Hanno sfidato una tempesta di sabbia

Herat, 17 settembre – Hanno sfidato una tempesta di sabbia per consegnare le schede elettorali in una delle zone più remote dell’Afghanistan, Por Chaman. Gli elicotteri italiani hanno compiuto la missione questa mattina ed hanno consegnato alle autorità afghane gli scatoloni sigillati contenenti le schede elettorali per le votazioni che si svolgeranno domani in tutto l’Afghanistan. Una missione durata due ore e che ha visto impegnati un CH47, elicottero da trasporto, e due Mangusta che hanno scortato le schede elettorali.
Nel corso della settimana molte volte l’operazione era fallita proprio a causa della tempesta di sabbia che ha colpito la regione. “Negli ultimi giorni – spiega il maggiore Bruno Pagnanelli abbiamo messo a punto un piano dettagliato per portare le scatole sigillate con all’interno le schede elettorali nei vari distretti. Una tempesta di sabbia però ha impedito che l’operazione giungesse a buon fine. Fino a questa mattina quando il maltempo ha concesso una tregua di due ore e così gli elicotteri sono partiti da Farah, nella provincia di Herat, affrontando una missione al limite, sorvolando la zona montuosa e desertica di quella provincia. Nessun atto ostile da parte degli insorti è stato registrato contro le forze dell’aviazione leggera dell’Esercito e dunque sabato gli abitanti di quella zona potranno recarsi alle urne”.
(AGI)

Peccato però che…

Kabul, 17 settembre – Alla vigilia del voto afghano, sequestrate migliaia di schede false e badge per l’accredito degli osservatori. Lo hanno annunciato le autorità in Afghanistan, dove crescono i timori di brogli elettorali, in un voto che i talebani hanno invitato a boicottare e minacciato di insanguinare con attentati.
(AGI)

Roma, 17 settembre – In Afghanistan si corre il rischio di brogli elettorali: lo ha detto il ministro della difesa Ignazio La Russa. “Qualche volta sentiamo parlare di rischio brogli elettorali nei Paesi europei – ha dichiarato La Russa – e qualche volta anche in casa nostra. Potete immaginare come sia più facile sentirne il pericolo in una terra così devastata come l’Afghanistan“. La riflessione del responsabile della Difesa a margine dell’incontro che ha avuto con il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen.
(AGI)

Ma come, signor Ministro, non ci ha sempre detto che in Afghanistan siamo sulla buona strada?!?
Intanto, i “nostri ragazzi” continuano a giocare alla guerra:

Roma, 17 settembre – Due incursori italiani, un ufficiale e un militare di truppa della Task Force 45, costituita dalle forze speciali italiane, sono rimasti feriti oggi nel distretto di Bakwah, provincia di Farah, a sud di Herat. I due, colpiti da proiettili di arma da fuoco alla spalla, non sono in pericolo di vita. In particolare, riferisce il Regional Command West di ISAF, i militari sono rimasti feriti nel corso di un’operazione mirata alla cattura di quattro insorti che erano stati avvistati da un velivolo senza pilota dell’Aeronautica militare mentre posizionavano un ordigno lungo la strada che collega Farah a Delaram.
Gli insorti si erano spostati in un’abitazione verso la quale si stavano dirigendo un elicottero da trasporto CH47 con a bordo gli elementi delle forze speciali, scortato da due elicotteri Mangusta. I due feriti sono stati subito evacuati presso l’ospedale da campo USA di Farah. La dinamica dell’evento è in fase di ricostruzione, mentre le famiglie dei due militari sono state avvisate.
(ASCA)

Un elicottero da trasporto CH47 e due Mangusta in entrambi gli episodi, ma che curiose coincidenze!

Altri addirittura, pur di sparare a qualche animale di grossa taglia, da cacciatori accaniti arrivano a firmare contratti annuali o pluriennali con le nostre Forze Armate che organizzano safari a proprie spese.
Il ragionamento è semplice: se, tra acquisto di mimetica, scarponi, fucile, munizioni, costo di viaggio di spostamento all’estero ecc, se ne vanno più di mille euro, e io posso risparmiare, anzi mi pagano lautamente per la trasferta internazionale, perché non farlo?
Qualche rischio c’è, ma a vedere i dati che ogni anno ci arrivano dagli enti preposti, ma anche dalla stessa televisione, decine di morti e feriti per ogni stagione faunistica, c’è da ammettere che c’è più rischio di essere impallinati dai cacciatori della domenica o morti precipitati in dirupi a causa di un terreno che frana in tutta Italia, piuttosto che percorrere le lande desolate afgane o irachene a caccia di qualche bella preda.
Qualche volta dallo schermo tv, ci arrivano delle notizie curiose che ci parlano del cinghiale che inferocito ha fatto cadere un cacciatore, al quale partendo un colpo ha ammazzato accidentalmente l’amico o di qualche volpe che fintasi morta ha poi staccato il naso o la mano al cacciatore imprudente, ma sono cose che non fanno paura, anzi danno una bella scossa di adrenalina a ogni impenitente cacciatore.
Oggi, l’incidente di caccia è avvenuto non nei boschi della Garfagnana, bensì tra le pietraie del distretto di Herat, dove un gruppo di cacciatori italiani in trasferta, che in Afghanistan sono inquadrati dalla agenzia di Safari “Incursori Taskforce45”, addestrata ad eliminare a colpi di silenziatore dei fastidiosi esemplari di una specie che si chiama talebana, dopo aver avuto le indicazioni da parte di un cane-volante robot (chiamato Predator) ove si trovasse la tana di alcuni esemplari di questa razza, è incautamente incappata in un branco di cuccioli talebani con mamme al seguito.
La reazione di questi animali che, notoriamente, appena vedono un cane-robot Predator a stelle e strisce, si fanno immediatamente annichilire a colpi di missile, è stata inconsulta, rabbiosa provocando la morte di un cacciatore ed il ferimento di un altro.
L’ennesimo incidente di caccia scatenerà nuove polemiche tra coloro che sono sfavorevoli alle attività di caccia grossa all’estero sotto il patrocinio del Ministero della Difesa e coloro che invece richiederanno l’impiego di cani-robot armati, capaci di ammazzare prima la preda a distanza, onde far fare ai cacciatori incalliti un safari teleguidato senza rischi.
Si prevede che i missili da installare su questi nuovi cani da caccia saranno acquistati con i risparmi sulle pensioni di invalidità, sulla scuola, sulla sanità e con tariffe più alte sui servizi pubblici.

“La caccia grossa è garantita dai principi delle libertà costituzionali, corrobora lo spirito italico e fa tenere alto il nome della nostra Nazione all’Estero!“.
Con queste parole, il nostro ministro della Difesa richiederà la mozione di fiducia sulla prossima manovra relativa all’acquisto della ”nuova attrezzatura” per un’attività venatoria che quest’anno si presenta molto interessante.

Da Incidenti di caccia: morto un incursore italiano che andava a caccia di talebani, di Antonio Camuso.
[grassetto nostro]

Missione di pace
Roma, 20 settembre – “Il tenente Romani era un valoroso combattente”, ha detto Franco Frattini, ricordando la figura del militare ucciso. Il ministro degli Esteri ha aggiunto che gli uomini della Task Force 45, di cui faceva parte Romani, sono militari “addestratissimi”, in Afghanistan da volontari, che “devono andare a snidare quei talebani con cui non potremo fare mai un accordo”.
(AGI)

“Fiaccola per la nostra Patria, lampada per i popoli martoriati”
Roma, 20 settembre – ”Alessandro in Afghanistan voleva che gli ordigni non spegnessero più i sogni dei bambini, che le donne non fossero più sfigurate e lapidate, che gli uomini non fossero più legati su pali in attesa della morte, dinanzi agli occhi dei figli”. Con queste parole mons. Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, ha ricordato la figura del tenente Alessandro Romani, l’incursore del reggimento ‘Col Moschin’ ucciso il 17 settembre in uno scontro a fuoco con i talebani e del quale si sono celebrati i funerali oggi a Roma alla presenza del capo dello Stato Giorgio Napolitano.
”In questa basilica, diventiamo alunni dinanzi alla sua bara, cattedra non sempre condivisa e riconosciuta. Eppure è una cattedra da cui viene trasmesso un insegnamento che debella l’egoismo e fa trionfare la solidarietà. Una cattedra che non respinge i poveri e gli emarginati ma insegna ad accogliere i più deboli e li mette in cattedra”. ”Caro Alessandro, – ha detto mons. Pelvi rivolgendosi direttamente al militare caduto – con la partecipazione alle missioni internazionali di sicurezza e di sviluppo, sei diventato, senza cercarlo, fiaccola per la nostra Patria e l’intera umanità. Non ti sei preoccupato delle tue paure o delle tue ferite perché avevi a cuore di restituire dignità umana a ogni persona. Prima per il popolo iracheno e poi per quello afghano, sei stato luce di speranza, convinto che la vita di ogni uomo è un valore non negoziabile”.
Per mons. Pelvi la morte di Romani ”è un ammonimento circa la necessità di abbandonare la mentalità che considera i poveri – persone e popoli – come fardello e come fastidiosi importuni. Eppure solo assieme a loro possiamo creare un mondo più giusto e per tutti più prospero. Se vogliamo la pace, la costruiremo assicurando a tutti la possibilità di una crescita ragionevole: le ingiustizie, prima o poi, presentano il conto a tutti. Il servizio dei nostri militari rivela un obiettivo di profonda solidarietà: mirare al bene di ognuno e di tutti”. Da qui l’impegno a ”non distogliere mai l’attenzione ai progetti di sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più bisognosi di aiuto, promuovendo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale anche col minimo dispendio delle risorse umane ed economiche mondiali per gli armamenti. Lo sviluppo è dato dall’incremento di scelte buone che sono possibili quando esiste la nozione di un bene umano integrale”.
Il vescovo castrense ha concluso l’omelia ringraziando a nome dell’Italia ”i nostri militari, che, liberi dal proprio io, si espongono come lampada per i popoli martoriati dalla tirannia e dalla violenza con l’intento di rendere ospitale la casa dell’umanità. La guerra non è mai inevitabile e la pace è sempre possibile. Anzi doverosa”.
(ASCA)

[La puntata precedente del “Monsignore atlantico”.
Le ingiustizie, prima o poi, presentano il conto a tutti…]

CYBERCOM

Lo scorso 21 Maggio, il segretario alla Difesa Robert Gates ha annunciato l’attivazione del primo comando informatico del Pentagono.
CYBERCOM (acronimo di U.S. Cyber Command), inizialmente approvato il 23 giugno 2009, dopo undici mesi ha raggiunto la cosiddetta capacità operativa iniziale e dovrebbe diventare pienamente funzionante entro la fine dell’anno in corso.
Esso, pur se posto sotto il cappello di STRATCOM (U.S. Strategic Command), il comando collocato presso la base aerea di Offutt nel Nebraska ed incaricato della militarizzazione dello spazio così come del progetto di scudo antimissile globale, ha trovato sede a Fort Meade nel Maryland insieme alla segretissima agenzia di intelligence National Security Agency (NSA). Il capo di quest’ultima, Keith Alexander, tenente generale dell’esercito degli Stati Uniti all’alba del 21 Maggio, è stato promosso generale a-quattro-stelle in occasione del lancio di CYBERCOM, divenendone contemporaneamente suo comandante.
Nella testimonianza scritta presentata al Senato prima che questo lo confermasse nella sua nuova posizione, Alexander ha specificato che il nuovo Comando, oltre alla difesa dei sistemi e delle reti informatiche, dovrebbe prepararsi per condurre anche “operazioni offensive”. Secondo l’AP, egli avrebbe inoltre sostenuto che gli Stati Uniti sono determinati a capeggiare lo sforzo globale indirizzato ad utilizzare le tecnologie informatiche “per dissuadere o sconfiggere i nemici”.
Il giorno in cui Alexander ha assunto il suo nuovo comando, il vice segretario alla Difesa William Lynn ha definito la creazione di CYBERCOM come “una pietra miliare nella capacità statunitense di condurre operazioni a spettro completo in un nuovo dominio” aggiungendo che “per l’apparato militare degli Stati Uniti il dominio cibernetico è importante come quelli terrestre, marittimo, aereo e spaziale e che proteggere le reti militari è un fattore cruciale per il successo sul campo di battaglia”.
James Miller, un altro esponente della “Difesa”, dal canto suo era persino giunto a dichiarare che il Pentagono, nel caso di un attacco informatico agli Stati Uniti, dovrebbe prendere in considerazione una risposta di carattere militare. Si delinea quindi un quadro in cui, ponendo la sicurezza informatica, compresa quella del settore civile, sotto un comando del Pentagono, si procede verso l’adozione di un approccio di natura militare rispetto a questioni più propriamente criminali o anche semplicemente commerciali o relative a brevetti, attrezzandosi per una risposta decisamente non-virtuale nei contenuti.
Il Pentagono e la NSA non sono da soli nello sforzo di creare ed attivare il primo comando nazionale di guerra cibernetica al mondo. Come sempre, Washington sta ricevendo un sostegno incondizionato da parte della NATO.
La rivendicazione di una capacità di guerra cibernetica emerse tra esponenti di spicco statunitensi ed atlantici durante ed immediatamente dopo una serie di attacchi ai sistemi informatici dell’Estonia, verificatisi nella primavera del 2007. Il Paese baltico, che aveva aderito alla NATO tre anni prima, accusò all’epoca pirati informatici russi degli attacchi alle sue reti governative e private, e l’accusa fu rilanciata in Occidente aggiungendovi l’insinuazione che ad ispirarli fosse il governo dell’allora presidente della Russia Vladimir Putin.
Tre anni più tardi le accuse non risultano ancora provate ma sono comunque servite allo scopo di inviare in Estonia tecnici della NATO esperti di guerra cibernetica ed istituire, a maggio del 2008, un centro di eccellenza per la Cooperative Cyber Defence nella capitale Tallin.
A marzo di quest’anno, il Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, in Finlandia per promuovere il nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza, ha affermato che non è sufficiente “allineare soldati, carri ed equipaggiamenti militari lungo i confini”, riferendosi implicitamente alla clausola di mutua difesa stabilita dall’articolo 5 del Trattato istitutivo dell’Alleanza, ma che la NATO deve “affrontare la minaccia alle radici, e potrebbe essere nel cyberspazio”: lì, “il nemico potrebbe apparire ovunque”.
Si converrà che, per la loro natura, le questioni relative alla sicurezza informatica sono le più amorfe, nebulose ed eteree minacce che possano essere prospettate (ed inventate) così come sono caratterizzate da un’applicabilità quasi universale e dall’effettiva impossibilità di essere smentite.
Ciò che di meglio il Pentagono e la NATO potrebbero trovare per giustificare i propri interventi militari in giro per il mondo.

Diserzioni alleate

Doveva rappresentare l’elemento chiave per le operazioni di guerra globale del XXI secolo della NATO, ma l’Alliance Ground Surveillance – AGS, il multimilionario sistema di sorveglianza terrestre, rischia di accentuare le divisioni all’interno dell’Alleanza Atlantica.
Il tormentato progetto che prevede l’acquisto di otto velivoli senza pilota Global Hawk e l’utilizzo di Sigonella (Sicilia) quale principale base di stazionamento e controllo aereo, subisce un nuovo stop con l’inattesa decisione del governo danese di tagliare dal proprio budget della difesa i 50 milioni di euro destinati a cofinanziare lo sviluppo e l’implementazione del nuovo sistema NATO.
La revoca del sostegno danese all’AGS è stata duramente criticata dal Segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen. “L’uscita della Danimarca dal programma di vigilanza terestre NATO invia un segnale errato alle nostre forze e ai nostri alleati”, afferma Fogh Rasmussen. “L’AGS è stato disegnato per far sì che i militari di tutti i Paesi della NATO operino con maggiore sicurezza ed efficacia durante i loro interventi. Il sistema contempla un’ampia varietà di possibili usi, tra i quali quelli di contrarrestare gli attacchi con esplosivi in Afghanistan e combattere le operazioni di pirateria di fronte alla Somalia”.
Anche se il contributo della Danimarca è solo il 3% circa dell’ammontare totale del progetto, c’è forte preoccupazione che altri paesi dell’Alleanza possano seguire Copenaghen sull’onda della complessa crisi finanziaria internazionale e delle difficoltà di bilancio statali. “Il ritiro danese dal progetto potrebbe avere un effetto paralizzante nell’odierno clima finanziario in cui i bilanci della difesa vengono via via ridotti”, ha dichiarato all’agenzia Reuters una fonte interna del Comando militare di Bruxelles. “La NATO sperava di completare il programma prima del vertice di Lisbona del prossimo novembre. Ma le revisioni che potrebbero essere richieste da altri Paesi partecipanti all’AGS potrebbero causare dei ritardi. Se le nazioni restanti non saranno disponibili a coprire il vuoto lasciato dalla Danimarca o ce ne saranno altre che decideranno di seguire i suoi passi, potrebbero essere previsti delle limitazioni e dei risparmi allo sviluppo del programma. Ma è sempre meglio mantenere un 80% delle potenzialità previste che nessuna in assoluto”.
Originariamente, il piano di sviluppo del sistema AGS vedeva associate 23 nazioni dell’Alleanza Atlantica. La scelta unilaterale di Washington, nel novembre 2007, di assegnare l’intera commessa dei velivoli spia e delle stazioni di rilevamento terrestre ad un consorzio costituito prevalentemente da industrie belliche USA e canadesi (Northrop Grumman, General Dynamics Canada, Raytheon e Rolls Royce), fece scoppiare però la rabbia tra alcuni dei principali partner. Belgio, Francia, Ungheria, Olanda, Portogallo, Grecia e Spagna decisero di ritirare il proprio appoggio finanziario ed industriale all’AGS.
Così, alla firma del Programme Memorandum of Understanding (PMOU) che ha delineato i confini legali, organizzativi e finanziari del sistema d’intelligence, si sono presentati solo 15 dei Paesi membri dell’organizzazione nord-atlantica. Oltre a Stati Uniti, Canada e Danimarca, Bulgaria, Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia.
La diserzione alleata ha avuto come prima conseguenza l’aumento dell’onere finanziario a carico dell’Italia per la realizzazione delle attrezzature e delle infrastrutture di sorveglianza.
(…)

Da Perde pezzi l’AGS, nuovo sistema di sorveglianza NATO, di Antonio Mazzeo.

Le ceneri del vulcano

Mentre, a partire dalla serata di mercoledì 14 aprile, il traffico aereo civile viene progressivamente interrotto sulla parte europea della zona NATO, una sessantina di aerei dell’Alleanza partecipa ad una vasta operazione di test di nuove armi tattiche collegate allo scudo antimissili [Brilliant Ardent 2010 – ndr]. La Germania, gli Stati Uniti, la Francia, l’Italia, la Polonia, il Regno Unito, la Repubblica Ceca e la Turchia sono i principali Stati coinvolti nell’esercitazione che continuerà fino a giovedì 22 aprile, precisa l’US Air Force.
Secondo l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (OIAC), le ceneri vulcaniche dell’Eyjafjöll possono deteriorare gravemente i reattori degli aerei e strisciare gli abitacoli.
Tuttavia, l’OIAC si fonda sui dati trasmessi dal Volcanic Ash Advisory Centre (VACC), un organo del Met Office britannico. Contrariamente ai suoi omologhi come Météo France, il Met Office non dipende dal ministero dei Trasporti (oggi assorbito nel ministero dell’Ecologia, dell’Energia, dello Sviluppo durevole e del Mare), ma dal ministero della Difesa.
Il VACC formula le sue raccomandazioni principalmente sui dati forniti dai satelliti militari britannici.
Il segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen, ha dichiarato: «Posso assicurarvi che il vulcano islandese non ha alcun effetto sulle nostre operazioni, né sulla difesa territoriale degli Stati alleati». Eppure, i costruttori sottolineano che i reattori degli aerei da caccia nelle normative NATO sono più potenti, ma più fragili di quelli degli aerei civili e non sono certificati contro le ceneri vulcaniche.
In ogni caso, gli aerei sanitari delle forze USA in Afghanistan ed in Iraq che abitualmente fanno un ponte aereo verso il loro ospedale militare di Stoccarda (Germania) sono stati dirottati verso il Maryland (Stati Uniti).
Secondo Arkady Tishkov, direttore del dipartimento geografico dell’Accademia delle Scienze russa e secondo il comandante Oleg Smirnov, direttore della Fondazione dell’aviazione civile russa, le misure prese nella zona NATO sono inappropriate e sovradimensionate. Il presidente Medvedev, che non dà alcun peso alla messa in guardia del Met Office, è stato il solo capo di Stato a recarsi in aereo, il 18 aprile, al funerale del presidente polacco, Lech Kaczynski.
La Russia e la Bielorussia non hanno chiuso nessuno dei loro aeroporti benché, secondo il Met Office, tutto il territorio bielorusso e la metà del territorio russo fossero coperti dalla nuvola di ceneri.
(…)
Le misure prese dopo l’eruzione del piccolo vulcano islandese sono senza precedenti nella storia dell’aviazione civile. Più di 300 aeroporti sono stati chiusi, più di 60.000 voli cancellati a danno di oltre 6 milioni di passeggeri. Tali perturbazioni sono pregiudizievoli per tutte le compagnie aeree. Se le compagnie USA ha avuto danni per circa 40 milioni di dollari, sono soprattutto quelle dell’Europa occidentale ad essere colpite, per oltre un miliardo di dollari. Parecchie potrebbero andare in fallimento, lasciando le loro quote di mercato alle loro rivali statunitensi.
Alcune compagnie hanno accusato il commissario europeo Siim Kallas di aver tardato a riunire il consiglio dei ministri dei Trasporti dell’Unione Europea per esaminare la pertinenza delle misure prese. Ex Primo ministro estone (libertario), Kallas è l’artefice dell’entrata del suo Paese nella NATO. Solo lunedì 19 il Consiglio ha esaminato le contraddizioni tra gli avvisi del Met Office ed i test delle compagnie aeree. Allora è stata decisa una progressiva riapertura del traffico.

Da Zona orientale della NATO: chiusura del cielo agli aerei civili durante le esercitazioni militari, di Reseau Voltaire.

A ciascuno la sua (bomba nucleare)

“Testate nucleari? No grazie”.
Per la prima volta, alcuni paesi europei dell’Alleanza Atlantica starebbero prendendo seriamente in considerazione di chiedere agli Stati Uniti d’America di rimuovere l’arsenale nucleare ospitato nel vecchio continente.
La notizia è stata pubblicata da alcune testate giornalistiche tedesche e francesi.
Più precisamente, Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda e Norvegia sarebbero intenzionate a porre la questione all’ordine del giorno del prossimo summit NATO previsto per il mese di novembre 2010.
Il quotidiano “Der Spiegel” aggiunge che i ministri degli esteri dei cinque paesi avrebbero già inviato una richiesta in merito al segretario generale della NATO, Fogh Rasmussen, mentre sarebbero stati attivati i canali diplomatici per invitare altri alleati europei ad aderire alla richiesta di denuclearizzazione. Sempre per “Der Spiegel”, il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle avrebbe già richiesto agli Stati Uniti la rimozione di 20 testate nucleari dalla Germania.
L’agenzia France Presse, da parte sua, scrive che alcuni importanti esponenti politici del Belgio starebbero sostenendo la richiesta “No Nukes” presso il quartier generale NATO di Bruxelles, anche se il portavoce del ministero degli esteri belga, Bart Ouvery, ha dichiarato in un’intervista che “non è comunque in discussione la rimozione immediata di tutte le armi nucleari esistenti”. L’ipotesi di riduzione riguarderà inoltre solo le armi nucleari di proprietà degli Stati Uniti, mentre Francia e Gran Bretagna manterrebbero inalterati i loro arsenali di morte.
L’esistenza di contatti tra gli USA e i partner europei per un possibile smantellamento parziale delle testate ospitate nel vecchio continente è stata confermata dal “New York Times”; secondo il quotidiano, l’amministrazione Obama starebbe per completare una “Revisione dei piani di guerra nucleari” che “potrebbe potenzialmente condurre ad un cambiamento della politica USA”. Per Sharon Squassoni, ricercatore del Center for Strategic and International Studies, è tuttavia difficile prevedere oggi come Washington potrebbe reagire ad una formale richiesta degli alleati NATO di rimozione delle armi nucleari dall’Europa.
(…)
Date le posizioni esasperatamente filo-nucleari del governo italiano è però impensabile che Berlusconi, Frattini e La Russa possano prendere sul serio la proposta di denuclearizzazione parziale di Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda e Norvegia. A complicare le cose c’è poi l’articolato programma di potenziamento delle infrastrutture in atto all’interno della base di Aviano.
Per l’anno fiscale 2011, l’US Air Force ha richiesto al Congresso lo stanziamento di 19 milioni di dollari per costruire tre nuovi edifici che ospiteranno 114 abitazioni per il personale di stanza nella base. Essi dovrebbero sorgere accanto alle sei palazzine esistenti nella cosiddetta Area 1 dove sono concentrate le unità abitative, l’ospedale militare e le scuole per i figli del personale USA.
(…)

Da Cinque paesi NATO contro le armi nucleari USA. Ma non l’Italia, di Antonio Mazzeo.

Le bugie (sull’Afghanistan e non solo) hanno le gambe corte

La conferenza di Kabul dei donatori pro-Afghanistan appartenenti alla cosiddetta Comunità Internazionale, inizialmente prevista per novembre 2009, è stata spostata a Londra e si terrà il prossimo 28 gennaio.
Il ministro Frattini avrebbe dovuto portare un assegno di 250 milioni di euro per sostenere il governo Karzai.
A quanto trapela dalla Farnesina, l’importo che verrà versato dall’ Italietta di Berlusconi & Napolitano sarebbe intanto lievitato a 315 milioni. Altre spesucce.
L’aggiuntino si sarebbe reso necessario per provvedere in quota spettante al reclutamento nell’esercito e nella polizia dell’ex vicepresidente della Unocal di 70.000 nuovi scarponi di etnia pashtun, appartenenti a clan e tribù capeggiate dai signori della guerra e del traffico di oppio fedeli a Karzai, che in virtù dei nuovi arruolamenti potrà contare su un organico combattente (si fa per dire) di 257.000 militari e militarizzati.
Siamo andati a vedere il PIL dell’Afghanistan e ci è venuto da ridere.
Previsto il congedo, o meglio la smobilitazione graduale, di altrettanti tagiki, uzbeki e hazara che fanno capo rispettivamente a Rachid Dostum, Burhanuddin Rabbani ed Ismail Khan.
Decisione pilotata dalla Clinton dopo il rifiuto di Abdullah Abdullah di partecipare al ballottaggio farsa messo in piedi dalla Segreteria di Stato USA per l’elezione del nuovo presidente dell’Afghanistan, al cui insediamento erano presenti i ministri degli Esteri Kouchner, Miliband e Frattini.
Elezione che ha generato le avvisaglie del terremoto che finirà per radere al suolo le residue speranze del generale-criminale di Abu Ghraib Stanley McChrystal di ottenere con il controllo militare di Enduring Freedom ed ISAF la “pacificazione” del Paese delle Montagne.
Non passa giorno che le minoranze tribali che la Clinton intende mantenere fuori dal governo dell’Afghanistan non manifestino a Kabul bruciando bandiere a stelle e strisce ed innalzino striscioni con offese sanguinose rivolte a Barack Obama chiamato “black dog” per le centinaia di nuovi morti ammazzati causati dai bombardamenti della Coalizione sui villaggi afghani.
La decisione presa dalla Casa Bianca di inviare altri 33.000 militari in Afghanistan porta a 102.000 gli effettivi USA ed i 7.000 chiesti dal Pentagono e dalla Segreteria di Stato alla NATO di Rasmussen, quando saranno schierati sul terreno entro il 2010, faranno lievitare quelli di ISAF (statunitensi esclusi) dagli attuali 36.000 a 43.000, anche se Olanda ed Estonia ritireranno i loro contingenti nel corso del 2010-2011.
I contractor afghani ed “internazionali” che operano a supporto della “sicurezza” della Coalizione Alleata sono stimati in oltre 100mila, con la prospettiva di superare presto i 150.000.
Il personale ONU concentrato nei maggiori centri abitati dell’Afghanistan supera le 5.500 unità.
La “cooperazione internazionale” tra esperti e tecnici della “ricostruzione”, operatori Ong, personale accreditato presso ambasciate e consolati e servizi di intelligence porta in dote dai 3 ai 4.000 addetti.
Il totale tra militari e civili presenti a sostegno di USA, Alleati e governo centrale entro l’anno potrebbe superare le 500.000 unità (!). Una bazzecola modello Vietnam. Continua a leggere

La NATO del Terzo Millennio tra guerra ed affari

La NATO del terzo millennio, l’unico blocco militare esistente al mondo, dopo essersi espansa da 16 a 28 membri nello scorso decennio, è ora impegnata nella sua prima guerra terrestre e nella sua prima guerra asiatica, in Afghanistan.
Con la frammentazione del Patto di Varsavia e l’implosione sovietica degli anni 1989-1991, la NATO – lungi dal ridimensionare il suo potere militare in Europa e tantomeno dal dissolversi – ha visto l’opportunità di espandersi in tutto il continente e nel mondo.
A cominciare dalla campagna di bombardamenti in Bosnia nel 1995, essa ha prontamente ed inesorabilmente dispiegato la sua forza militare verso est e sud, nei Balcani, in Africa nordorientale e centrale, nell’intero bacino del Mediterraneo, in Asia centrale. Così come nel Caucaso, in Scandinavia includendo le tradizionalmente neutrali Svezia e Finlandia, e nella regione Asia-Pacifico dove ha avviato dei rapporti individuali di cooperazione con Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Oggi la NATO ha le proprie forze armate ed accordi di cooperazione con i Paesi di tutti i sei continenti. Una macchina militare che può vantare due milioni di truppe ed i cui Stati membri contano per oltre il 70% della spesa mondiale in armamenti.
Dopo aver condotto la guerra in Europa, contro la ex Jugoslavia nel 1999, ed in Asia (in Afghanistan, con sconfinamenti in Pakistan) a partire dal 2001 fino a non si sa bene quando, la NATO attualmente è protagonista di operazioni navali al largo delle coste africane nel Golfo di Aden. Essa è inoltre impegnata nella definizione di un nuovo Concetto Strategico che prenda il posto di quello risalente al 1999.
Già nel 2008, l’allora Segretario Generale Jaap de Hoop Scheffer aveva invitato a sviluppare una strategia per affrontare le sfide del nuovo millennio, domandando un incremento di bilancio vista “la crescente lista di responsabilità”. E riferendosi a queste ultime, “miriade” è la parole esatta usata lo scorso 1 ottobre – nell’ambito di una conferenza organizzata congiuntamente dalla NATO e dai Lloyd’s di Londra – dal presidente di questi ultimi Peter Levene: “Il nostro sofisticato, industrializzato e complesso mondo è sotto attacco da parte di una miriade di determinate e mortali minacce”.
Il medesimo giorno della conferenza, sul quotidiano The Telegraph è comparso un articolo a firma dello stesso Levene e dell’attuale segretario generale della NATO, il danese Anders Fogh Rasmussen. In esso si afferma che “i dirigenti industriali, inclusi quelli dei Lloyd’s, sono stati coinvolti nell’attuale processo di elaborazione della nuova linea direttiva della NATO, il Concetto Strategico; il vice-capo del gruppo è l’ex amministratore delegato della Shell [la compagnia petrolifera anglo-olandese, ndr], Jeroen van der Veer”.
Levene e Rasmussen sono stati molto espliciti nel dichiarare la necessità che la NATO protegga gli interessi economici occidentali, affermando che “gli uomini hanno sempre combattuto per le risorse e la terra. Ma adesso stiamo vedendo queste pressioni in una scala più grande… Dobbiamo prepararci a pensare l’impensabile”. L’elenco delle “minacce mortali” comprende: pirateria, sicurezza informatica, cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi, spostamenti improvvisi di popolazioni, scarsità di acqua, siccità, cali nella produzione di cibo, ritiro del ghiaccio artico, sicurezza degli approvvigionamenti energetici e diversità delle loro fonti…
Nel suo discorso alla conferenza, Rasmussen ha auspicato che la cooperazione con gli oltre 40 Paesi con cui la NATO ha accordi individuali o collettivi venga estesa anche a queste nuove “minacce”. Il loro crescente numero rappresenta una appropriazione, da parte della NATO, di responsabilità e funzioni che sono propriamente quelle dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), non certo quelle di un blocco militare non eletto da nessuno ed i cui Paesi membri, messi insieme, rappresentano solo una piccola frazione della popolazione mondiale.

Yes, we can!

Roma, 25 novembre – Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha incontrato oggi il Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen. Al colloquio erano presenti anche il Ministro degli esteri, Franco Frattini, il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, ed il Sottosegretario di Stato, Gianni Letta.
”Nel corso della cordiale conversazione – informa un comunicato di Palazzo Chigi – sono stati passati in rassegna i temi prioritari dell’agenda dell’Alleanza Atlantica e, segnatamente, la missione ISAF in Afghanistan, le relazioni NATO-Russia e il dibattito sul nuovo concetto strategico dell’Alleanza. Il Segretario Generale ha ringraziato il Presidente del Consiglio per l’ampio impegno profuso dall’Italia nei diversi teatri operativi in cui è impegnata la NATO. Il Presidente Berlusconi, che era reduce da una conversazione telefonica con il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha riconfermato il forte sostegno dell’Italia alla NATO.
Un approfondimento particolare è stato svolto sulla situazione in Afghanistan, dove è stata registrata un’ampia convergenza di vedute sulla necessità di un nuovo approccio operativo sul terreno, sull’esigenza di aumentare l’impegno nel settore civile e nell’addestramento delle forze di sicurezza e di polizia afgane e, infine, sull’aspettativa che il nuovo Governo afgano sia all’altezza delle importanti sfide che attendono il Paese”.
(ASCA)

“La credibilità del nostro Paese”
Roma, 26 novembre – L’eventualità di una strategia che prevede l’aumento delle truppe in Afghanistan verrà ”ragionata e presentata in Parlamento” e ”Berlusconi parlerà con Bossi e con gli altri ministri interessati. E’ una linea che tutto il governo condividerà”.
A dichiararlo il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a margine di una conferenza stampa alla Farnesina. Alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se anche il leader della Lega accetterà, nonostante le reticenze passate, la possibilità di inviare ulteriori soldati italiani in Afghanistan, il capo della diplomazia ha ribadito che la strategia sarà una linea ”che tutti potranno condividere” perché ”si tratta della credibilità del nostro Paese”.
(ASCA)

Potranno o dovranno?… servi si nasce

La Russa e gli AMX per l’Afghanistan

AMX.

Oggi apriamo un altro fronte…

La Russa è un prestigiatore come Casanova. Vi ricordate il mago presentato a Striscia la Notizia da Greggio e Iacchetti?
L’unica differenza tra i due “personaggi“ è che il Ministro della Difesa non simula, fa sul serio, ed invece di pasticciare intenzionalmente con colombe che non escono dal cilindro manda gli AMX in Afghanistan come D’Alema li faceva decollare dalla base di Amendola per bombardare Montenegro e Kosovo.
Il Casanova di Ricci e Canale5 faceva e fa divertire gli utenti televisivi di Berlusconi, quello di Palazzo Baracchini, in combutta con Napolitano ed il Consiglio Supremo di Difesa che si riunirà un’altra volta il 9 novembre, cambia le carte sulla tavola per meleggiare intenzionalmente l’opinione pubblica.
Di Tornado IDS in Afghanistan, su ordine del mefistofelico “pizzo e barba“, il Generale di Squadra Aerea Daniele Tei ce ne ha mandati 4 al costo stratosferico, dalla manutenzione al personale di volo, di 52 milioni di euro all’anno.
Ne dovrebbero tornare indietro 2.
Con tutta probabilità, i Panavia schierati a Mazar-e Sharif. Usiamo il condizionale perché fintanto che non atterrano a Ghedi ci è difficile crederci abituati come siamo alle pastette di La Russa.
Tipo?
Presto detto.
I 500 militari italiani che dovevano rientrare per dicembre, successivamente forse, poi no e ora sembrerebbe di sì. Il via libera è arrivato da Rasmussen al summit NATO di Bratislava che ha visto la partecipazione dei 28 Ministri della Difesa.
Barack Obama tergiversa, è in debito di dollari – gli è fallita la 117° banca il 4 novembre – di “fiato“ politico e di strategia militare.
A Palazzo Baracchini arrivano dalle 18 alle 30 lettere di protesta al giorno. Padri, madri, fratelli, sorelle e fidanzate vogliono sapere come finirà la faccenda.
Li vogliono a casa per Natale senza se e senza ma.
L’elenco dei morti e dei feriti si allunga e le famiglie, consapevoli del rischio che corrono i congiunti in “missione di pace“ chiedono a La Russa di rispettare gli impegni presi.
E allora che fa il (nostro?) ex missinista atlantico di Via del Maiale (pardon… Scrofa), sostenitore incallito dello Stato di “Israele“, passato con armi e bagagli all’antifascismo “istituzionale“ a tutto tondo salvo riservarsi il vezzo di indossare quando è in visita ad Herat (sentite, sentite) la “camicia nera“ sotto la mimetica?
Lo ha fatto per ben 3 volte di fila. Troppe per essere un “caso“.
Aumenta il numero dei cacciabombardieri, da 4 a 8, o da 4 a 6, se va bene, tanto per far uscire qualche altra decina di milioni di euro in più dalle tasche della gente per bene, che paga le tasse, per alimentare l’avventurismo bellico della Repubblica delle Banane.
Solo che… gli Amx hanno qualche grosso problemino, come del resto i Puma ed i Lince.
Ma mentre i blindati stanno a terra, i cacciabombardieri della Alenia-Aermacchi-Embraer volano e rischiano di venir giù durante gli attacchi al suolo, con effetti mortali per il personale di volo e di immagine a livello nazionale ed internazionale per l’Italietta che già con i Tornado IDS mitraglia e bombarda a tutto kerosene pashtun e mujaheddin per conto di USA, NATO ed ONU.
Esagerazioni? Macchè.
Sentite un po’.
“… ci sono elementi per ritenere che i caccia AMX siano pericolosi, quindi non idonei al volo“. Lo affermò nel 2006 il Capo della Procura della Repubblica di Cagliari, Mauro Mura, confermando il provvedimento di sequestro della flotta di cacciabombardieri in dotazione all’Aeronautica Militare Italiana, ottenuto dal GIP su richiesta del PM Giancarlo Moi, titolare dell’inchiesta sull’Amx precipitato il 20 ottobre 2005 nel comune di Decimomannu durante un’esercitazione NATO.
Il presupposto dell’inchiesta – dichiarerà – è l’accertata pericolosità di questi caccia e gli elementi raccolti ci portano in questa direzione.
Il Capo di Stato Maggiore dell’A.M.I, dal canto suo, aggiungerà questa pesante ma sostanzialmente corretta dichiarazione: “Il tettuccio dell’AMX si è già staccato cinque volte determinando la perdita dei velivoli”.
Il Messaggero di Roma denuncerà decine di incidenti di volo per l’AMX e la morte di 14 piloti. Un dato che sarà rettificato (?) dallo Stato Maggiore in 8 perdite di AMX e 6 morti tra i piloti su una dotazione di velivoli che non ha mai superato i 60 operativi sui 110 a disposizione.
L’Amx è un cacciabombardiere nato sotto una cattiva stella ed è complementare al Tornado IDS. Può portare fino a 3.800 kg di bombe a caduta libera, razzi o armamento laser. Il prototipo esce nel 1984. La prima perdita arriva in fase di collaudo nel novembre 1989.
Muore il pilota e l’aereo si incendia per impatto al suolo. Dopo 2 mesi, nel 1990, l’A.M.I è costretta a registrare la seconda tragedia. Il 7 novembre di quello stesso anno, un altro aereo precipita nelle campagne di Pavia.
Nel 1992 ne cade un altro e questa volta l’A.M.I sospende i voli. Nel 1993, in Danimarca nel corso di un’esercitazione NATO, precipita un altro AMX. Anche in questo caso muore il pilota. Nel 1993 altri due “incidenti“.
Jets ancora a terra per verifiche, nuove perdite nel 1994, altri stop al volo, ed ulteriori distruzioni per impatto a terra nel 2000 e 2001.
La Procura di Padova apre un inchiesta. Nel 2002 un’altra Procura, questa volta quella di Treviso, blocca gli AMX per la caduta e la morte del pilota in un’area alla periferia della città. Nel 2003, l’Aermacchi-Embraer torna a volare ma si deve registrare nel corso dell’anno un nuovo disastro aereo.
Poi toccherà ad un AMX biposto da addestramento riportare l’incrinatura del tettuccio ed il lancio con paracadute dell’equipaggio.
Fino ad arrivare ad un nuovo sequestro disposto dalla Procura di Cagliari, nel luglio 2006, della intera documentazione relativa agli AMX nella sede dell’Aermacchi di Venegono Superiore (Varese).
Da quel momento, non si sono più registrate perdite di aerei e piloti perché l’A.M.I ha praticamente cessato di utilizzarli per l’addestramento sui cieli italiani.
La Russa, d’accordo con Napolitano ed il solito famigerato Consiglio Supremo di Difesa, vuol tornare a farli volare a livello operativo in missioni di attacco al suolo in Afghanistan, per far fuori un altro bel po’ di afghani e… qualche pilota “tricolore“.
Giancarlo Chetoni

L’eredità di Jaap

rasmuscheffer

Il Segretario Generale uscente della NATO, l’olandese Jaap De Hoop Scheffer, è in procinto di lasciare il posto ad Anders Fogh Rasmussen, che si è dimesso da Primo Ministro danese per subentrare nell’incarico il prossimo 1 agosto.
Durante le ultime settimane, De Hoop Scheffer ha tributato una serie di visite d’addio nei Paesi membri NATO di recente acquisizione (Bulgaria, Romania, Slovenia, Albania e Croazia) e presso altri che sono tuttora sulla soglia di ingresso (Macedonia e Finlandia). Durante il suo mandato quale rappresentante dell’unico blocco militare esistente nel mondo, la NATO ha ingrossato le proprie file con 9 nuovi Stati (oltre a quelli citati appena sopra, anche le tre repubbliche baltiche e la Slovacchia), pari a tre quarti dei Paesi fondatori sessant’anni fa.
Tutte le nuove acquisizioni sono in Europa orientale, tre confinano con la Russia e due terzi di esse erano precedentemente parte dei tre Paesi multietnici dell’Europa (e nei primi due casi, anche multiconfessionali) disgregatisi nel periodo 1991-1993: Unione Sovietica, Jugoslavia e Cecoslovacchia. I bocconi piccoli sono più facili da ingoiare.
In coerenza con ciò, lo scorso 9 maggio De Hoop Scheffer ha reso pubblica la propria soddisfazione circa il fatto delle nove adesioni realizzatesi durante il suo mandato, auspicando che la Macedonia diventi presto la decima, una volta che sia risolto il contenzioso in corso con la Grecia sul nome da assegnare costituzionalmente all’ex territorio jugoslavo.
Si tenga presente che il fattore determinante nella designazione di De Hoop Scheffer quale Segretario Generale della NATO fu il suo sostegno all’invasione dell’Iraq quando era Ministro degli Esteri dell’Olanda ed il suo impegno per il dispiegamento di truppe olandesi in quel Paese. Il suo successore, Rasmussen, ha svolto un ruolo simile come capo del governo in Danimarca a partire dal 2003.
Si noti, inoltre, che tutte le nove nazioni che De Hoop Scheffer ha contribuito a portare dentro la NATO hanno inviato i propri soldati sia in Iraq che in Afghanistan, in diversi casi prima del loro ingresso nell’Alleanza Atlantica e come precondizione per l’adesione alla stessa.
E’ stato sempre durante il suo mandato che la NATO ha lanciato l’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul, per aumentare la cooperazione e il dislocamento di militari con gli Stati partecipanti al Dialogo Mediterraneo (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia) ed alla Cooperazione del Golfo (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), rafforzando così la presa dell’alleanza dalla costa atlantica dell’Africa al Golfo Persico.
Il suo canto del cigno è rappresentato dal consolidamento dell’integrazione militare di quella zona dell’Europa sudorientale dove, al termine della Guerra Fredda, iniziò l’espansione della NATO: i Balcani. Quale sia il grado di sovranità dei nuovi membri dell’alleanza e degli attuali canditati ad entrarvi, è ben delineato dalla notizia di stampa dello scorso 7 maggio secondo cui il governo albanese sta svolgendo negoziati con la NATO affinché essa prenda pieno controllo dello spazio aereo dell’Albania.
Al che, viene in mente la favola di Esopo del lupo che si offre di liberare la pecora dalla rude guida del cane pastore.

Giustizia divina?

rasmussen-khatami

Ankara, 6 aprile – Il nuovo segretario generale della NATO, il danese Anders Fogh Rasmussen, si è slogato una spalla cadendo per le scale di un albergo. Rasmussen è ad Istanbul per partecipare al secondo Forum dell’Alleanza delle Civiltà. L’incidente è avvenuto la notte scorsa.
Rasmussen, che si è dimesso ieri dall’incarico di primo ministro dopo la designazione a nuovo capo della NATO, è stato subito soccorso e ricoverato nell’ospedale Taksim, dove gli operatori sanitari gli hanno rimesso la spalla a posto.
(ANSA)

60 (anni di NATO)

nato-60

STRASBURGO, 2 aprile – Dopo gli incidenti e le violenze che hanno segnato il G20 di Londra, a prepararsi all’arrivo in massa di manifestanti, no global, terzomondisti, pacifisti e autonomi sono le tre città, Strasburgo, Kehl e Baden Baden, che sulle rive del Reno ospiteranno i ventotto capi di Stato e di governo della NATO.
Le autorità francesi e tedesche si sono preparate mobilitando complessivamente oltre venticinquemila uomini della sicurezza, in attesa della mega manifestazione, che prenderà avvio sabato mattina a Strasburgo.
In Germania, 14.600 poliziotti verranno affiancati da seicento militari. Duecento poliziotti tedeschi e sei mezzi con gli idranti attraverseranno la frontiera, che sarà chiusa per 24 ore da venerdì notte, per dare una mano ai colleghi francesi.
A Strasburgo, a garantire che le due zone rosse siano ermeticamente chiuse a chi è sprovvisto di permessi ci saranno circa diecimila poliziotti e gendarmi, ai quali si uniranno alcune unità delle forze d’elite. Lo spazio aereo fra Strasburgo e Badedn Baden, dove domani sera si svolgerà la cena dei leader, sarà off limit a tutti gli aerei non previsti e anche le autostrade fra le due città saranno chiuse.
E’ la più grande operazione di sicurezza sul territorio francese dal G8 di Evian nel 2003, ha reso noto il ministro dell’Interno Michele Alliot Marie, secondo la quale duemila dei circa 35-40.000 manifestanti attesi a Strasburgo sono potenzialmente violenti. Mentre sul lato tedesco sono attesi circa 25.000 manifestanti, che potrebbero includere, secondo le autorità locali, circa tremila violenti.
Tafferugli e tensioni si sono già registrate nei giorni scorsi fra partecipanti al contro-vertice e forze dell’ordine. Due collettivi tedeschi hanno annunciato che bloccheranno gli accessi a Strasburgo, sabato mattina, quando i leader NATO attraverseranno il ponte che collega la riva tedesca e quella francese del Reno. ”Ci prepariamo a bloccare l’accesso ai partecipanti del vertice e vogliamo che Obama lo sappia”, ha affermato uno rappresentanti della ‘sinistra interventista’ Jonas Frykman.
Nel frattempo sono a un punto morto i negoziati fra il collettivo anti-NATO e la prefettura di Strasburgo per modificare il percorso della manifestazione di sabato e che prevede un tragitto lungo le rive del Reno, fuori dalla città. ”E’ incredibile – ha commentato Arielle Denis del Movimento per la pace – Lungo gli otto chilometri non c’è assolutamente nulla, abbiamo fatto proposte compatibili con le esigenze di sicurezza, ma che permettevano di sfilare nelle zone abitate. Lo spazio pubblico non appartiene ai capi di stato, ma ai cittadini”, ha commentato.
Le dispute sulle misure di sicurezza sono arrivate anche alle aule dei tribunali. A Wiesbaden un fotografo indipendente si è visto dare ragione per il suo mancato accredito da parte della NATO, perché ”ingiustificato” e frutto di una procedura ”illegale”.
(ANSA)

nato-in-2020

Primo evento ufficiale del Vertice NATO che celebra i sessanta anni dell’Alleanza Atlantica, lo Youth Forum si è aperto oggi pomeriggio con un incontro tra il Segretario Generale uscente Jaap De Hoop Scheffer e circa trecento giovani, studenti o lavoratori, provenienti da 60 Paesi.
L’incontro, denominato La NATO nel 2020: cosa ci aspetta?, proseguirà nella giornata di domani, che prevede un discorso di apertura del guru dei “nuovi filosofi” francesi, quel Bernard-Henri Lévy tristemente noto alle cronache per il suo acceso astio antiserbo.
Questo è solo l’antipasto.

A fine giornata, foto ricordo con Jaap e la di lui consorte:

yf1

Il nuovo Kissinger detta l’agenda
Gli Stati Uniti intendono promuovere al vertice un vigoroso dibattito per definire la nuova filosofia e il nuovo assetto strategico dell’Alleanza Atlantica rimasti all’epoca della Guerra Fredda. “Dobbiamo adeguare la NATO alle nuove sfide del XXI Secolo”, ha ribadito l’ex generale James Jones, Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’amministrazione Obama.
“Dobbiamo essere in grado di affrontare le sfide simmetriche ma anche quelle asimmetriche (come la guerriglia e i terroristi) – ha spiegato Jones – E’ giunto il momento di uscire dalla mentalità del XX secolo e reinventare il ruolo della NATO, pensando al futuro, giungendo ad una nuova versione più agile, più attiva e più rapida nell’eseguire missioni di tipo diverso che includono la prevenzione di conflitti futuri”. “Invece di avere la NATO in una postura reattiva, che aspetta che accada qualcosa di brutto e poi dopo un dibattito che può durare dai sei mesi ad un anno decide infine di inviare truppe – ha affermato Jones – vorremmo vedere un’Alleanza che reagisce più rapidamente in modo da prevenire conflitti futuri”.

otan

TotoNATO
Ankara, 3 aprile – Il Primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, si è detto ”personalmente contrario” alla candidatura del suo omologo danese, Anders Fogh Rasmussen, alla guida della NATO. E’ quanto riportano le televisioni turche. ”Sono personalmente contrario. Dubito delle sue capacità di contribuire alla pace mondiale”, ha detto Erdogan rispondendo a una domanda nel corso di una conferenza stampa al centro di ricerche Chatham House. In particolare, il premier turco ha citato ad esempio il caso delle caricature di Maometto, pubblicate da un giornale danese nel 2005, e che avevano indignato il mondo musulmano, Turchia compresa.
(ASCA-AFP)

Al celebre Kurhaus della città termale di Baden Baden, il concerto della violinista tedesca Anne-Sophie Mutter per allietare i nostri uomini.
A seguire cene separate per capi di governo e ministri degli esteri e della difesa, Angelona Merkel assicura che entro oggi comunque decidono.
Qui un superbo streaming della serata.

Per una questione di prossimità fisica
“Credo sia più probabile che al Qaeda riesca a sferrare un attacco terroristico serio in Europa piuttosto che negli Stati Uniti, per una questione di prossimità fisica”, ha detto Obama alla conferenza stampa dopo il colloquio di stamane con il presidente francese Nicholas Sarkozy. Quindi? Sarebbe opportuno che “l’Europa rafforzi le proprie capacità militari, nell’ambito della NATO, quanto più possibile”.
Dopo aver elogiato la “coraggiosa” leadership di Sarkozy, ha da questi incassato un pieno sostegno all’ulteriore militarizzazione del teatro afghano.
A spese di chi, è facile immaginarselo.

cena-nato

Ricapitoliamo:
la cena di ier sera non era riuscita a dissipare le forti perplessità turche sulla nomina di Rasmussen quale nuovo Segretario Generale.
Stamattina, all’appuntamento della passeggiata sul Reno, il giallo: “Dov’è Berlusconi?” chiede la Merkel. Poi si scopre che il Silvio nazionale era impegnato al telefono per convincere Erdogan che il danese è l’uomo giusto per la NATO del XXI° secolo. Come dargli torto… alla fine le minacce dell’UE – per bocca di Olli Rehn, commissario europeo all’allargamento – di rallentare ulteriormente il processo di avvicinamento della Turchia all’Europa, insieme alle fantomatiche “garanzie” di Obama, hanno fatto il resto. Durante la conferenza stampa di fine Vertice è quindi arrivato l’annuncio in pompa magna, insieme a quello che qualche altro migliaio di soldati – 5.000 per la precisione – verrà inviato in Afghanistan per stanare i Talebani.

Di questi militari aggiuntivi, 900 saranno assicurati dalla Gran Bretagna, 600 dalla Germania ed altri 600 (probabilmente quelli che sta ritirando dalla missione KFOR in Kosovo) dalla Spagna. L’Italia ha annunciato un contributo aggiuntivo fino a 524 uomini, rispetto ai 2.665 già sul terreno. Si tratta di 440 militari che arriveranno entro fine luglio insieme a due aerei da trasporto, a cui si aggiungono tre elicotteri per evacuazioni mediche con 34 uomini di equipaggio.
Sarà inoltre portato da 46 a 100 il numero di carabinieri impegnati nell’addestramento della polizia afghana e, quando partirà la nuova missione di addestramento NATO strutturata sulla falsariga di quella implementata in Iraq, ne arriveranno altri 50.
Magari accompagnati da qualche spiona.

Per concludere:
i partecipanti al Vertice hanno rilasciato due dichiarazioni, una molto stringata sulla Sicurezza dell’Alleanza che, rallegrandosi per i sessanta anni della NATO, la celebra quale artefice di una “epoca mai vista di pace e stabilità”.
La seconda, articolata in ben 62 punti, annuncia l’inizio del processo di elaborazione del Nuovo Concetto Strategico il quale definirà il ruolo della NATO per la sicurezza nel secolo in corso.
Per coerenza logica e cronologica, fuori dai Palazzi, venivano distribuite mazzate a destra ed a manca.

rasmuscheffer

Nella foto, Jaap l’uscente e Anders Forgh Rasmussen, Segretario Generale della NATO a partire dall’1 agosto p.v.
Il quale Rasmussen avrebbe assicurato “una collaborazione speciale con la Turchia ed il mondo musulmano”. Le garanzie fatte pervenire da Obama consisterebbero invece nel fatto che uno dei vice di Rasmussen sarà turco e che i comandanti della Turchia saranno presenti nel comando militare integrato dell’Alleanza.
Fatto sta che il peso geopolitico delle Turchia, unico Paese di religione musulmana appartenente alla NATO, pare accrescersi e questo potrebbe -diciamo, prudentemente, potrebbe – non essere un male.

chocolat2

[chiuso il 5 aprile]