Il Ponte sullo Stretto come il MUOS di Niscemi e Sigonella

Non prova neanche a mimetizzarlo il suo punto vista, Lucio Caracciolo, sul ponte sullo Stretto. Ne ha parlato in un pezzo scritto per La Stampa il 7 dicembre scorso. Per lui sono secondari gli argomenti, e gli scontri, sugli aspetti ingegneristici, economici, ambientali dell’infrastruttura d’attraversamento. Ciò che conta è la sua valenza strategica, geopolitica, militare. Per questa ragione assimila il ponte sullo Stretto al MUOS di Niscemi, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare della Marina militare USA per governare i conflitti globali del XXI secolo, “senza dimenticare le strutture di Sigonella e Pantelleria”. Perché ciò che conta è il valore strategico della Sicilia, il suo collocarsi in un’area che Limes chiama Caoslandia, nel Mediterraneo “allargato” che è tornato ad essere centrale per i flussi commerciali provenienti da Oriente e per l’intervento politico, militare, economico di Cina, Russia e Turchia.
Limes aveva già insistito in altre occasioni su questo tema. Proprio un anno fa la rivista di geopolitica, i cui redattori, dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, sono stabilmente sui canali tv nazionali, aveva pubblicato un numero speciale sulla Sicilia. “L’Italia senza la Sicilia non esiste”, questo era l’argomento. Per questa ragione la Sicilia non può “annegare” nel Mediterraneo. E nel pezzo pubblicato su La Stampa Caracciolo è esplicito fino al didascalico. “Se non lo volete capire la Sicilia è la Frontiera e senza la difesa della Frontiera gli Stati periscono”, sembra dire, perché dallo Stretto di Sicilia (così quelli di Limes chiamano il Canale di Sicilia per sottolineare la esigua distanza che separa l’Isola dall’Africa) passa la principale rotta migratoria, perché da lì passa la via della seta cinese, perché “i turchi e i russi della Wagner si sono acquartierati sul lato africano dello Stretto”, perché quel tratto di mare è attraversato dai cavi sottomarini transcontinentali della Rete.
Caracciolo ci ricorda che la Sicilia fu il luogo dell’invasione alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Quella volta gli invasori erano i “liberatori americani” e ce la cavammo, ma stavolta chi potrebbe essere il nuovo invasore? Per questo l’Italia (ma a questo punto perché non l’Europa o l’Occidente?) senza la Sicilia non esiste. Perché la Sicilia deve essere la piattaforma militare nel Mediterraneo, la difesa dell’Occidente dalle armate dei Bruti o degli Extranei. Noi siamo la Barriera costruita a difesa. Questo è il nostro destino. Lucio Caracciolo si spinge fino a lamentare la scarsa presenza militare nell’area” e ad auspicare una “più incisiva presenza della Marina e delle altre Forze armate nelle acque” di quello che insiste a chiamare il “mare nostro”. L’ennesima ode al militarismo e al riarmo a cui gli analisti mainstream ci hanno abituato nell’ultimo anno di fratricida guerra in Ucraina. Ipocrita narrazione di una “Isola indifesa” quando è sotto gli occhi di tutti il devastante e invasivo processo di militarizzazione che ha investito ogni angolo della Sicilia e delle sue isole minori e l’abnorme presenza statunitense nella stazione aeronavale di Sigonella, “capitale mondiale dei droni”. Per questo il ponte serve, per Caracciolo: per la sicurezza, per stabilizzare le aree di frontiera e per collegare militarmente l’Italia, l’Europa, l’Occidente alla Sicilia, non viceversa.
In passato avevamo già invitato a guardare ai rischi che il ponte portava con sé anche sotto questo profilo. Ci avevano guardati un po’ perplessi. Il ponte ci metterebbe in pericolo, farebbe da traino ad una ulteriore forte militarizzazione e ad un più asfissiante controllo del territorio proprio perché naturale obbiettivo strategico in caso di conflitto. Eccoci serviti. Lucio Caracciolo ce lo sbatte in faccia senza neanche prepararci con parole di circostanza. E a chi pensa che con il ponte i propri figli non emigrerebbero più potremmo consigliare di arruolarli, che forse lì di lavoro ne troverebbero.
Ciò che è incredibile è che il ritorno del Mediterraneo come luogo centrale e l’importanza della Sicilia per la sua collocazione geografica debba essere necessariamente declinato sotto il profilo della guerra. La Sicilia, che nelle vecchie carte appariva più estesa di quanto lo fosse proprio per l’importanza che assumeva nei commerci mondiali, la Sicilia raccontata da sempre dai viaggiatori, deve essere piattaforma di guerra? E perché, invece, non potrebbe essere piattaforma di pace? Perché gli abitanti dell’isola non potrebbero trarre “vantaggio” dall’affacciarsi della propria terra su un continente africano in crescita? Perché non possiamo pensare di crescere insieme con le popolazioni africane che lavorano, viaggiano, portano avanti le loro famiglie, socializzano e trasferiscono risorse e conoscenza? Il nostro No al ponte è anche questo. Un No alle logiche di guerra, alle militarizzazioni dei territori e del mare, ai muri armati innalzati tra Nord e Sud. E’ il nostro Sì, forte, per la Pace, il Disarmo e la Giustizia tra i Popoli.
Antonio Mazzeo e Luigi Sturniolo

(Fonte – il collegamento inserito nel testo è a cura della redazione)

“L’incredibile è diventato possibile!”

“Blindati acquistati in Italia da un controverso oligarca che finiscono nelle mani dei reparti d’assalto ucraini per la sporca guerra in Donbass. Alla vigilia di ferragosto, undici veicoli MLS Shield prodotti dall’azienda abruzzese Tekne SpA sono stati consegnati ai paracadutisti della 79^ Brigata Aerea d’Assalto, il reparto d’élite delle forze armate ucraine con quartier generale a Mykolaiv, impiegato a partire del 2014 contro le autoproclamate repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk e, dopo l’invasione del 24 febbraio, per la controffensiva anti-Russia nella tormentata regione sudorientale del Donbass. Ad acquistare i blindati l’“organizzazione non governativa” Sprava Hromad e la Poroshenko Foundation, la fondazione del magnate ed ex presidente della repubblica ucraina Petro Oleksijovyc Poroshenko, presente alla cerimonia di consegna dei veicoli da guerra.
Secondo quanto dichiarato dallo stesso Poroshenko, “per gli undici blindati italiani sono stati versati più di 3 milioni di euro e sono in grado di equipaggiare un intero battaglione anfibio”. “Sono stati necessari tre mesi e mezzo perché questi veicoli giungessero alle forze armate ucraine dopo una serie di negoziati per ottenere le licenze di esportazione”, ha aggiunto l’ex presidente. “L’unicità di questo progetto è che l’equipaggiamento NATO viene acquistato non attraverso un programma di appalti statali, ma grazie a contributi privati. Intense trattative e così abbiamo ottenuto che il governo italiano autorizzasse la vendita di attrezzature militari ad un’organizzazione non governativa fuori dall’UE”.
“Per la prima volta nella storia, veicoli blindati da combattimento sono stati venduti a un fondo di solidarietà e ai volontari dell’Ucraina”, conclude enfaticamente Petro Poroshenko. “L’incredibile è diventato possibile! Ringraziamo quindi per l’aiuto i funzionari italiani, gli ambasciatori, l’addetto militare dell’Italia in Ucraina e quello ucraino in Italia, il Ministero della Difesa e lo Stato maggiore delle Forze Armate”.”

Draghi & C. ultimo atto: vendita blindati a oligarca per armare milizie e truppe speciali ucraine,
di Antonio Mazzeo continua qui.

Il servilismo non paga

“No, non mi piace proprio il facile tiro al bersaglio contro il presidente Joe Biden, ritenuto da tutti i commentatori internazionali e dagli uomini di governo dei Paesi NATO, l’unico (ir)responsabile della disfatta occidentale in Afghanistan. Mi sembra infatti che in ambito alleato, vertici militari in testa, abbiano trovato il capro espiatorio su cui focalizzare lo sconcerto generale per la ingloriosa fuga dal teatro afghano e la rioccupazione talebana. Un utile idiota (- sono “utili” alla narrazione comune le sue stesse idiote dichiarazioni pubbliche per giustificare la debacle USA – ) che consentono di occultare le altrettanto gravissime (ir)responsabilità dell’Alleanza Atlantica che esce del tutto sconfitta dalla ventennale disavventura in Medio Oriente ben più dell’amministrazione Biden.

Anche se pochi, molti pochi, lo vogliono ricordare, è la NATO che ha gestito in prima persona le missioni di “esportazione della democrazia” e “pacificazione” dell’Afghanistan. Sono stati gli alleati NATO ad assicurare il pieno sostegno al Pentagono in tutte le operazioni di guerra (anche con l’ausilio dei famigerati droni), mettendogli a disposizione le maggiori installazioni militari in Europa (Ramstein in Germania, Moròn e Rota in Spagna, Aviano e Sigonella in Italia), le stesse oggi utilizzate per l’”ospitalità transitoria” dei cittadini afghani evacuati dalle forze armate statunitensi con la neo-operazione Allies refugee, avviata senza alcun confronto con le organizzazioni internazionali preposte alla protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Ed è stato in abito NATO che è stata decisa unanimemente la disastrosa exit strategy dal conflitto afgano, oggi ipocritamente attribuita solo a Washington.”

Afghanistan. I fallimenti e le bugie della NATO (e dell’Italia), di Antonio Mazzeo continua qui.

A chi diamo i nostri dati sensibili?

“Dareste mai il consenso al trattamento dei vostri dati personali “sensibili” ad una società per azioni che ha come scopo sociale l’attrazione di capitali e lo sviluppo d’impresa? E lo fareste lo stesso se il suo amministratore delegato fosse stato rimosso dall’incarico di commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus e il presidente della suddetta società sedesse pure alla guida di aziende del complesso militare-industriale che esportano armi e tecnologie a regimi e dittature? Ebbene, lo avete fatto se in queste settimane avete deciso di vaccinarvi contro il Covid-19. Sì, perché avete firmato e consegnato un modulo (perlomeno in Calabria e in Sicilia) con cui avete acconsentito che un bel po’ dei vostri dati personali vengano “trattati in modalità informatica” per tracciare l’avvenuta somministrazione del vaccino e che gli stessi “potranno essere/saranno comunicati al Servizio Sanitario Nazionale e al Ministero della Salute” (potranno o saranno?), mentre i dati sanitari “potranno essere trattati da centri medici specializzati nel valutare l’idoneità alla vaccinazione”.

Quali siano questi centri medici specializzati e in che modo saranno fornite e impiegate le delicate informazioni non è dato sapere. Quello che si spiega invece è che il “trattamento riguarderà anche dati personali rientranti nel novero dei dati sensibili, vale a dire dati idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto vaccinato” e che il responsabile del trattamento è INVITALIA S.p.A., cioè l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Certo, in teoria, si può sempre rifiutare di dare il proprio consenso ma – si sottolinea in calce – “il conferimento dei dati è OBBLIGATORIO per registrare l’avvenuta somministrazione del vaccino Anti-Covid 19 verso il Sistema Sanitario Nazionale e che l’eventuale rifiuto di fornire tali dati comporterebbe la mancata prosecuzione del rapporto”. Insomma se vuoi il vaccino dacci i dati! E si tratta davvero di una mole notevole nel caso in cui venissero utilizzate pure le schede anamnestiche compilate prima della somministrazione del vaccino: ovviamente oltre alle informazioni anagrafiche e quelle relative alla professione svolta, vengono richieste le condizioni di salute odierne e le eventuali malattie pregresse (patologie cardiocircolatorie e respiratorie, condizioni di compromissione del sistema umanitario – cancro, leucemia, linfoma, HIV/AIDS, trapianto); se si ha avuto attacchi di convulsioni o qualche problema al cervello o al sistema nervoso; l’esistenza di allergie; la tipologia dei farmaci, integratori naturali, vitamine, minerali o eventuali medicinali alternativi utilizzati; l’effettuazione di trasfusioni nell’ultimo anno; eventuali gravidanze in corso o se si sta pensando di rimanere incinta nel mese successivo alla prima o alla seconda somministrazione; la convivenza con soggetto ad alto rischio, contagi e/o risultati di eventuali test anti-Covid; finanche i viaggi internazionali effettuati nell’ultimo mese e la possibile frequenza di comunità…

Ci si aspetterebbe che il trattamento dei dati sensibili e il loro eventuale trasferimento a soggetti terzi per fini di ricerca venga attribuito al Sistema Sanitario Nazionale e invece proprio no. Il soggetto responsabile è INVITALIA S.p.A. (già Sviluppo Italia), istituita con decreto legislativo n. 1 del 9 gennaio 1999 (governo con premier Massimo D’Alema) per promuovere l’imprenditorialità giovanile e lo sviluppo di imprese turistiche e termali, “risanare” le industrie agro-alimentari e riassorbire le funzioni dell’ex Cassa del Mezzogiorno. Alla società a capitale pubblico è stata attribuita anche l’attrazione di investimenti esteri in Italia, la gestione di quasi tutte le agevolazioni dello Stato alle imprese e alle startup innovative, l’attuazione degli accordi di programma dei progetti finanziati dall’Unione Europea, il rilancio delle aree industriali in crisi (Napoli-Bagnoli, Taranto, Termini Imerese, ecc.), la valorizzazione dei beni culturali (area archeologica di Pompei).”

Invitalia, il grande fratello dei vaccini?, di Antonio Mazzeo continua qui.

La militarizzazione della pandemia

Leggi emergenziali, limitazioni delle libertà costituzionali e militarizzazione delle strade e delle corsie degli ospedali consentono un colpo d’acceleratore del processo di militarizzazione e sicurizzazione della società e dell’economia come non sarebbe mai stato possibile in tempi di “normalità”. Se poi a questo processo si accompagna l’attacco globale alla politica e agli spazi di aggregazione sociale appare ancora più evidente che il creare le condizioni e utilizzare il linguaggio e le narrazioni di “guerra” consente un attacco mortale alle sempre più ridotte forme di partecipazione e lotta democratica. E, come dicevo prima, la militarizzazione dell’intervento sanitario anti-Covid, (invece della scelta di interventi di compartecipazione democratica, decentramento e potenziamento dei centri per la salute e la prevenzione distribuiti e/o prossimi territorialmente), assicura il ruolo “imprescindibile” e “insostituibile” delle forze armate nella gestione della crisi-conflitto. Siamo di fronte a un modello culturale, ben costruito soprattutto in ambito mediatico, del tutto opposto a quanto accadde 40 anni fa con il terremoto in Irpinia, quando l’associazionismo di base, il volontariato e le forze sociali e politiche vive del paese ebbero la capacità di denunciare e documentare l’assoluta inefficienza delle forze armate nelle fasi post-sisma e di ricostruzione e dunque di proporre modelli del tutto differenti di gestione di emergenze naturali-ambientali e sanitarie. L’Irpinia impose il dibattito sulla de-militarizzazione delle crisi e di una protezione civile democratica, diffusa, partecipata e decentrata. Oggi sembrano passati millenni da quella importante fase di confronto politico generale su diritti ed “emergenze”. E così le forze armate e il complesso militare-industriale e finanziario possono oggi “battere cassa” con più arroganza di prima, imponendo schemi e linee di spesa pubblica ancora più insostenibili.
Antonio Mazzeo

(Fonte)

Pandemia made in Sigonella?

“Bocche cucite tra le forze politiche di governo vecchie e nuove sul trasferimento a NAS Sigonella di uno dei reparti delle forze armate a cui il Pentagono affida ricerche e sperimentazioni su virus, batteri, vaccini e farmaci antivirali. Nel luglio 2019, il comando della Naval Medical Research Unit No.3 (NAMRU-3) di stanza al Cairo (Egitto) dalla Seconda Guerra Mondiale si è insediato nella grande base aeronavale siciliana occupando provvisoriamente l’edificio n. 318, in attesa che prendano il via i lavori di ristrutturazione e ampliamento del Building No. 303 a NAS 1 (la stazione più antica di Sigonella, ad uso esclusivo USA), individuato da US Navy come prossima sede logistica di NAMRU-3. Ad oggi non è possibile sapere se e quando il repentino trasloco sia stato autorizzato dall’esecutivo e come mai non è stato informato il Parlamento nonostante la rilevanza politico-strategica e “scientifica” dell’unità USA, direttamente dipendente dal Naval Medical Research Center di US Navy e del Corpo dei Marines.”

Misteri e certezze sui militari USA che da Sigonella inseguono le pandemie, di Antonio Mazzeo prosegue qui.

Sigonella è un cancro in metastasi


“Quanto sta accadendo in Sicilia conferma inesorabilmente quanto sostenuto da attivisti e ricercatori No War, cioè che la base di Sigonella è un cancro in metastasi che diffonde ovunque installazioni, radar, presidi e militarizzazioni. L’Isola è stata trasformata infatti in un’immensa piattaforma di morte USA e NATO: oltre alla telestazione di Niscemi, è stato creato un centro operativo a Pachino (Siracusa) per supportare le esercitazioni aeronavali della VI Flotta nel Canale di Sicilia; ad Augusta sorge una grande struttura portuale per il rifornimento di armi e gasolio delle unità da guerra e dei sottomarini nucleari; gli scali di Catania-Fontanarossa, Trapani-Birgi, Pantelleria e Lampedusa sono utilizzati per le missioni d’intelligence top secret dei velivoli alleati o di società contractor private a servizio del Pentagono e/o – come avvenuto nel 2001 durante la guerra contro la Libia – per le operazioni di bombardamento contro obiettivi civili e militari “nemici”.
Non c’è area addestrativa o poligono in Sicilia che non sia stato messo a disposizione dei reparti d’elite USA protagonisti delle peggiori nefandezze nei teatri di guerra internazionali. I Marines destinati a intervenire in Africa utilizzano periodicamente per esercitarsi una vasta area agricola nel Comune di Piazza Armerina. Ai reparti a stelle e strisce è stato concesso pure l’uso del poligono di Punta Bianca, a due passi dalla città di Agrigento, in una delle aree naturali e paesaggistiche più belle e più fragili dell’Isola, utilizzato stabilmente dalla Brigata Meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano. Nella primavera 2019, i reparti statunitensi di stanza a Sigonella sono stati inoltre tra i protagonisti di un’imponente esercitazione che ha interessato buona parte della provincia di Trapani, comprese alcune aree di rilevante interesse naturalistico e lo scalo aereo di Birgi.
Ancora più foschi gli scenari che potrebbero essere riservati alla Sicilia intera nei prossimi anni. E’ in atto una pericolosissima sfida sferrata da Trump contro la Russia con la cancellazione unilaterale del Trattato INF contro le armi nucleari a medio raggio, firmato da USA e URSS a fine anni ’80. Quel trattato aveva consentito lo smantellamento dall’Europa dei missili Pershing II, SS-20 e Cruise; 112 di questi ultimi vettori nucleari “da crociera” erano stati installati dalla NATO a Comiso (Ragusa), nonostante una straordinaria stagione di mobilitazione popolare, una delle più importanti della storia della Sicilia. La scellerata decisione dell’amministrazione USA rischia di condurre ad una nuova escalation del processo di militarizzazione e ri-nuclearizzazione dell’intero territorio siciliano, considerato che i nuovi programmi di riarmo puntano alla realizzazione – ancora una volta privilegiando il Fianco Sud della NATO oltre a quello orientale – di nuovi sistemi missilistici a medio raggio con lancio da piattaforme terrestri e/o anche mobili, esattamente come avveniva con i Cruise di Comiso, trasportabili ovunque sui camion-lanciatori TEL. Altri aghi atomici da occultare nel pagliaio Sicilia in nome e per conto dei moderni Stranamore e delle transazionali del profitto d’oltreoceano.”

Da Droni AGS a Sigonella. Il regalo di Natale della NATO ai Siciliani, di Antonio Mazzeo.
L’immagine a corredo è tratta dalla pagina Facebook NAS Sigonella.

L’ospitalità dei Global Hawk in Sicilia


“L’immancabile sortita quotidiana sino ai confini occidentali della Russia, sorvolando provocatoriamente Ucraina, Donbass, Mar Nero e Crimea; un blitz di tanto in tanto pure in Siria per monitorare le attività delle unità navali e dei velivoli russi; le periodiche operazioni d’intelligence a supporto dei reparti USA schierati in nord Africa. Sono queste le principali missioni di guerra dei droni Global Hawk dell’aeronautica militare degli Stati Uniti d’America che operano da più di dieci anni dalla grande stazione aeronavale di Sigonella, senza alcun controllo da parte delle autorità italiane e sempre più spesso in contrasto con gli interessi politici ed economici nazionali dichiarati e/o perseguiti. Velivoli senza pilota in grado di volare ininterrottamente per decine di ore, a grandi altezze e in ogni condizione climatica, utilizzati per spiare e mappare ogni centimetro quadrato del continente africano, del Medio oriente e dell’Europa orientale, individuando obiettivi da colpire e, se necessario, guidando i bombardieri e i droni killer nei loro strike di morte.
L’ospitalità dei Global Hawk in Sicilia, è uno dei capitoli meno noti delle relazioni politico-militari tra Italia e Stati Uniti d’America e non c’è stato governo (di centrosinistra, centrodestra o sovranista) che non abbia fatto di tutto e di più per occultare al Parlamento e all’opinione pubblica i termini e le modalità con cui è stato autorizzato il loro dispiegamento. Presidenti del consiglio e ministri sono giunti perfino a mentire spudoratamente sugli accordi sottoscritti, omettendo ogni riferimento alle loro missioni che pure violano palesemente i principi costituzionali e comportano gravi conseguenze per la stessa sicurezza del Paese.
Quella dell’installazione dei Global Hawk a Sigonella è pure una vicenda emblematica della pratica politica di tutti gli esecutivi succedutisi dal dopoguerra ad oggi. Agli Italiani non far sapere cosa accade nelle basi militari in uso esclusivo delle forze armate straniere, specie se ciò potrebbe turbare l’esito elettorale, il diktat rispettato come fosse l’articolo uno della Costituzione della Repubblica italiana. E’ accaduto con gli accordi NATO di settant’anni fa, con la cessione di ampie aree di territorio alle forze armate USA (in Veneto, Friuli, Campania e Sicilia), con il dislocamento dei missili e delle testate nucleari, più recentemente con il megacomplesso Dal Molin di Vicenza, l’hub NATO di Napoli Lago Di Patria e il MUOS di Niscemi.
Più che opportuno tornare oggi a raccontare le menzogne e le omissioni di Stato sui droni-spia di Sigonella.”

Omissioni e menzogne di Stato sui Global Hawk USA di Sigonella, di Antonio Mazzeo continua qui.

C’è chi dice NO?

unnamed“Trident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC – Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”.
All’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta.
(…)
L’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando NATO.”

Da Trident Juncture 2015. Il più grande spettacolo dopo il big bang…, di Antonio Mazzeo.
[I collegamenti inseriti sono nostri]

Il MUOStro di Niscemi

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A Niscemi (Caltanissetta) sta per essere installato uno dei quattro terminali terrestri mondiali del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare USA. Si tratta di uno dei progetti chiave per le guerre globali e automatizzate del XXI secolo, dai devastanti effetti sul territorio, l’ambiente, la salute delle popolazioni.
Il MUOStro di Niscemi incarnerà tutte le contraddizioni della globalizzazione neoliberista: ucciderà in nome della pace e dell’ordine sovranazionale, dilapiderà risorse umane e finanziarie infinite, arricchirà il complesso militare-industriale transnazionale e le imprese siciliane in odor di mafia, esproprierà democrazia e priverà di spazi di agibilità politica.
L’imposizione del MUOS in Sicilia è la storia di raggiri e soprusi di Stato ma è pure la narrazione di una vasta mobilitazione popolare.

Giornalista e saggista, Antonio Mazzeo ha realizzato inchieste sulla presenza mafiosa in Sicilia, l’infiltrazione criminale nella realizzazione delle Grandi Opere, i traffici di droga e armi, i processi di riarmo e militarizzazione nel Mediterraneo.
Tra i volumi pubblicati recentemente Colombia l’ultimo inganno (2001) e I Padrini del Ponte (2010).
Nel 2010 ha conseguito il Primo premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo e nel 2013 il Secondo premio nazionale “Gruppo Zuccherificio” di Ravenna per il giornalismo d’inchiesta.
Per eventuali contatti e/o presentazioni: a_mazzeo@yahoo.com; tel. 331 7512255

Il MUOStro di Niscemi. Per le guerre globali del XXI secolo
pp. 164, Editpress, Firenze 2013, € 15

L’infiltrazione criminale nei cantieri del MUOS

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“Alle opere del MUOS, in qualità di subappaltatrice, ha partecipato ad esempio la “Calcestruzzi Piazza S.r.l.”, società sotto osservazione degli inquirenti per presunte contiguità criminali. L’azienda si è aggiudicata la movimentazione terra, la fornitura di cemento e la costruzione dei basamenti per le maxi antenne. A riferirlo per primo, il giornalista Giovanni Tizian in un articolo pubblicato il 2 novembre 2011 su l’Espresso. «La Calcestruzzi Piazza S.r.l. è riconducibile all’imprenditore Vincenzo Piazza, persona associata al boss Giancarlo Giugno», scrisse Tizian. Nel 2009 Piazza aveva però trasferito la carica di amministratore unico dell’azienda alla moglie Concetta Valenti.
Il 14 febbraio 2012, il senatore Giuseppe Lumia ha presentato un’interrogazione ai ministri della Difesa e dell’Interno, riferendo in particolare che la Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta e «altri elementi info-investigativi» avevano documentato i legami di Vincenzo Piazza con il boss Giancarlo Giugno. «Nel corso dell’indagine Atlantide-Mercurio della Procura di Caltanissetta (gennaio 2009), sono emersi contatti del Piazza con esponenti mafiosi che evidenziano ingerenze e condizionamenti di Cosa Nostra nell’appalto per i lavori di recupero, consolidamento e sistemazione a verde dell’area sottostante il Belvedere, commissionati dal Comune di Niscemi», ha evidenziato Lumia. Vincenzo Piazza fu poi denunciato con Giancarlo Giugno per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Triskelion, eseguita nel febbraio 2010 dalla DDA e dal GICO della Guardia di finanza di Caltanissetta contro una “cellula” mafiosa della provincia di Enna che operava in Lombardia e Belgio.
Il 7 novembre 2011, tre mesi prima che l’azienda di Vincenzo Piazza fosse presa di mira dall’interrogazione del sen. Lumia, la Prefettura di Caltanissetta comunicò che dopo le verifiche disposte dalle normative in materia di certificazione antimafia erano «emersi elementi tali da non potere escludere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della sopracitata società». Alla base del pronunciamento, i contenuti di due rapporti della Questura di Caltanissetta, rispettivamente del dicembre 2010 e dell’ottobre 2011. A seguito dell’intervento prefettizio, il 25 novembre 2011 il dirigente dell’Area servizi tecnici della Provincia regionale di Caltanissetta decretò la sospensione della “Calcestruzzi Piazza” dall’albo delle imprese per le procedure di cottimo-appalto. Venti giorni dopo anche il Capo ripartizione per gli Affari generali del Comune di Niscemi dispose l’esclusione della società dall’elenco dei fornitori e dall’albo delle imprese di fiducia. Contro i provvedimenti, la famiglia Piazza presentò ricorso al TAR. «La conoscenza o la frequentazione di Giancarlo Giugno da parte di Vincenzo Piazza non ha influenzato le scelte personali del secondo, che invece sono state di segno esattamente opposto rispetto alla vicinanza ad un comportamento mafioso», hanno scritto i legali della “Calcestruzzi”. «Non si comprende, dunque, secondo quale passaggio logico il primo avrebbe sul secondo un’influenza così profonda ed estesa, da fare ritenere probabile l’intromissione nella gestione della società, di cui peraltro il secondo non è socio né amministratore». Le dichiarazioni degli avvocati produssero comunque l’effetto di tranquillizzare il Dipartimento della Difesa, il Comando USA di Sigonella, l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma e il Consorzio Team MUOS Niscemi: nessuno intervenne, infatti, per imporre il rispetto della legislazione antimafia e di quanto previsto in tema di fornitura di beni e servizi dall’Accordo bilaterale Italia-USA del 2005. Il 23 maggio 2013 i diplomatici di via Veneto pubblicarono invece una nota auto-assolutoria. «Gli Stati Uniti sono un grande alleato delle forze dell’ordine italiane nella lotta alla criminalità organizzata in tutto il mondo. Ci siamo assicurati che tutti gli appaltatori e sub-appaltatori coinvolti nella costruzione del MUOS avessero le appropriate certificazioni “anti-mafia” e che non fossero legati al crimine organizzato. Queste certificazioni sono state convalidate dalla Regione Sicilia prima che il Ministero della Difesa italiano ricevesse i necessari permessi per costruire».
Il 7 novembre 2012, il TAR di Palermo esaminò il ricorso contro il provvedimento della Prefettura che aveva privato della certificazione antimafia l’azienda dei Piazza. «Atteso che nell’informativa prefettizia – misura cautelare preventiva, che prescinde dagli accertamenti penali – è stata espressa una valutazione in linea con i riscontri istruttori, riferibili al contesto familiare di riferimento, agli intrecci aziendali tra gli stessi componenti il nucleo familiare, e alle frequentazioni e cointeressenze economiche con soggetti controindicati», il TAR respinse la domanda di sospensione presentata dai legali degli imprenditori.”

Da Niscemi, la mafia e il MUOS, di Antonio Mazzeo.

I Global Hawk di Sigonella, il MUOS e il ministro Mauro

Sicilia, anno 70 era atlantista.

“La base di Sigonella è una delle installazioni storiche che caratterizzano la presenza militare americana in Italia. Originariamente, alla fine degli Anni ’50, fu istituita per decongestionare le infrastrutture di Malta della Marina Americana e divenne sede di un’unità equipaggiata con velivoli antisommergibili.
Nel corso degli anni, Sigonella è diventata il più importante polo logistico per le attività di supporto alla Sesta Flotta della Marina Militare Americana schierata nel Mediterraneo, ospitando depositi, un aeroporto, un ospedale e un numeroso contingente di genieri costruttori della Marina Americana noti con la denominazione di “Sea-Bees”.
Nel 1980 l’installazione ha ricevuto, per la parte americana, la sua attuale denominazione di Naval Air Station – Stazione Aeronavale (NAS) Sigonella e, nel 1985, ha raggiunto la ribalta nazionale per quella che è stata ribattezzata dalla stampa “Crisi di Sigonella”. Nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 ottobre Carabinieri e militari della Vigilanza Aeronautica Militare Italiana, su ordine del Governo italiano, si sono rifiutati di consegnare alle forze armate statunitensi un gruppo di terroristi palestinesi capeggiato da Abu Abbas (responsabile del sequestro della nave Achille Lauro e dell’uccisione del cittadino americano Leon Klinghoffer) e costretto ad atterrare a Sigonella dopo che l’aereo di linea su cui viaggiavano era stato lì dirottato da caccia della Marina Americana.
A seguito della fine della Guerra Fredda, e del conseguente mutamento delle esigenze operative, la parte americana di Sigonella ha perso la caratteristica di base dedicata esclusivamente al supporto di unità della Marina Americana, per trasformarsi in un’installazione destinata al più generale sostegno delle operazioni delle diverse forze armate statunitensi nel Mediterraneo.
In particolare, oggi il ruolo di Sigonella si sta ulteriormente trasformando nel contesto delle operazioni americane e NATO con gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR) Global Hawk stanziati permanentemente nella base e con la presenza di altri APR lì basati in virtù di autorizzazioni temporanee.”
Così recita l’introduzione a Impiego di velivoli “Global Hawk” presso la base militare di Sigonella, di Francesco Tosato, approfondimento a cura del Ce.S.I. a beneficio dell’Osservatorio di politica internazionale, ente quest’ultimo originato dalla collaborazione di Camera, Senato e ministero degli Esteri (il collegamento inserito, ovviamente, è nostro).
L’autore sottolinea che la presenza permanente di forze USA a Sigonella va inserita nel quadro giuridico-normativo determinato da diversi documenti, tra i quali il più significativo è il Technical Arrangement firmato il 6 Aprile 2006.
Esso viene modificato mano a mano che nella base vengono schierate nuove unità statunitensi, come nel caso dei tre Global Hawk prodotti dalla Northrop Grumman -aeromobili a pilotaggio remoto, altresì detti droni, progettati per eseguire esclusivamente missioni di osservazione a differenza dei più noti Predator- il cui rischieramento permanente è stato autorizzato nel 2010.
A questi si andranno ad aggiungere altri 5 esemplari acquisiti dalla NATO, entro il 2017, anno di completa operatività del programma Alliance Ground Surveillance nell’ambito del quale si collocano.
Secondo l’accordo tecnico citato, peraltro, risultano in uso esclusivo alle forze armate USA sia il poligono di Pachino, situato nella punta sud-orientale dell’isola, che -soprattutto- la stazione per telecomunicazioni di Niscemi, dove è attualmente in costruzione il MUOS.
Risulta, quindi, molto difficile dare credito alle recenti dichiarazioni del ministro della Difesa Mario Mauro, secondo il quale il MUOS “rappresenterà (…) un sistema strategico di comunicazione satellitare di cui potranno servirsi anche le forze armate italiane”.
Tornando invece alla questione dello schieramento dei Global Hawk presso Sigonella, urge che il ministro Mauro spieghi in maniera più convincente all’opinione pubblica il perché le autorità italiane hanno aperto lo spazio aereo siciliano alle operazioni dei droni USA e NATO, con numerosi effetti negativi sul traffico passeggeri negli scali di Catania Fontanarossa e Trapani Birgi.
E’ infatti notizia di pochi giorni or sono che il governo Merkel ha deciso di fermare il programma di acquisizione dei cosiddetti Euro Hawk. Dopo un investimento di 550 milioni di euro per realizzare il primo prototipo, le autorità tedesche hanno fatto sapere che non si doteranno più dei velivoli senza pilota derivati dal Global Hawk schierato dalle forze armate USA a Sigonella.
Come riporta Antonio Mazzeo,  il ricercatore dell’Istituto per gli Affari Internazionali e la Sicurezza di Berlino, Christian Mölling, intervistato dalla radiotelevisione tedesca, ha spiegato che più del denaro hanno pesato nella scelta del governo le difficoltà ad integrare l’Euro Hawk nello spazio aereo europeo. “Ciò non è un problema solo per questo tipo di drone ma riguarda tutti i droni nel continente”, ha aggiunto l’esperto. “Ad oggi non ci sono soluzioni in Europa. Di certo il governo tedesco era a conoscenza da tempo della questione. Il problema delle restrizioni al traffico dei droni non è esploso adesso; una nuova regolamentazione per l’uso dello spazio aereo è in agenda da tantissimo tempo. Non si può dare una soluzione in ambito strettamente nazionale, ma è in ambito europeo che si deve decidere come potranno operare insieme i velivoli con pilota e quelli senza. Bisognerà prevedere una serie di innovazioni tecniche e di norme legali che assicurino che i droni non si scontrino in volo con gli aerei di linea”.
Nel Marzo 2010, infatti, l’agenzia europea per il controllo del traffico aereo (Eurocontrol) aveva indicato le linee guida a cui gli Stati membri si sarebbero dovuti attenere per la gestione degli aerei senza pilota nello spazio europeo, raccomandando di prevedere “normalmente rotte specifiche” per evitare che i droni “sorvolino aree densamente popolate o uno spazio aereo congestionato o complesso”. In considerazione che i droni “mancano delle capacità di sense & avoid e di prevenzione delle collisioni con altri velivoli che potrebbero incrociare le proprie rotte”, Eurocontrol chiedeva inoltre d’isolare i Global Hawk nelle fasi di ascensione ed atterraggio (le più critiche) e durante le attività di volo in crociera che “devono avvenire in alta quota al di fuori dello spazio aereo riservato all’aviazione civile”.
Tali linee guida non erano obbligatorie ma il governo tedesco le ha accolte mentre le autorità italiane no.
Perché, signor ministro?
Federico Roberti

Stanotte a Niscemi

ygh

Qui il resoconto dei fatti.
Così li commenta Antonio Mazzeo:

“Il Presidente on. Crocetta, sibilla gelese, intuì perlomeno una settimana le intenzioni belliche della ministra Cancellieri che, con un messaggio ai siciliani, avrebbe preannunciato il 7 gennaio 2013, che avrebbe usato ogni mezzo per imporre il MUOS a Niscemi. Ne abbiamo le prove e i testimoni. Dunque Lui ha avuto almeno una settimana (oltre i due mesi dalla sua elezione) per revocare in autotuela le autorizzazioni del suo predecessore, don Raffaele Lombardo. E non lo ha fatto. Cioè non lo ha voluto fare.
L’annuncio (perchè solo di mero annuncio si tratta, non esistendo alcun decreto né altro atto legittimo) di dichiarazione di “sito d’importanza strategica” ha “consentito” alla giunta Crocetta-Lumia-Lupo-D’Alia & C. di non doversi sporcare le mani.
Sulla ex prefetta catanese, possiamo solo dire, che come il paternese La Russa, fa solo la passacarte di Washington. Il 21 dicembre 2012, a Roma, la Cancellieri ha ricevuto un incazzatissimo ambasciatore USA David Thorne, l’uomo che più si è speso per convincere il buon Lombardo ad autorizzare i lavori del MUOS. E il cerchio e la vicenda si chiude. Anche di questo abbiamo le prove. Ma ne riparleremo presto…”.

La guerra ambientale è in atto

Dalle mistificazioni scientifiche del Global Warming alle manipolazioni globali della Geoingegneria.
Gli interventi del convegno svoltosi a Firenze lo scorso 27 Ottobre 2012.
Fonte

Enzo Pennetta
Controllo demografico e riscaldamento globale: interessi e obiettivi di una teoria controversa

Antonio Mazzeo
Governare le guerre climatiche e nucleari attraverso comandi satellitari e telematici del MUOS

Fabio Mini
I futuri multipli: quale guerra prepariamo? Guerre ambientali e nuovi scenari geopolitici

Tra boschi e caverne, il covo di Plutone

“Per decenni è stata la punta avanzata della follia strategica USA e NATO che ritenevano possibile una guerra nucleare “limitata” per contenere l’avanzata delle truppe sovietiche nel nord-est d’Italia. A Site Pluto, installazione militare top secret, occultata tra le caverne carsiche e i boschi del comune di Longare (Vicenza) sono state immagazzinate le testate nucleari del tipo W-79 con una potenza tra i 5 e i 10 kiloton e W-82 da 2 kiloton, destinate agli obici a corto raggio M-109 e M-110 dell’esercito USA e ai missili Nike Hercules della vicina base dell’Aeronautica italiana di San Rocco. Poi Longare è caduta in sonno per risvegliarsi all’alba delle nuove campagne militari del Pentagono in terra d’Africa. Adesso che i lavori di costruzione della megainstallazione della 173^ Brigata aviotrasportata volgono al termine nell’ex aeroporto Dal Molin e il comando di US Army Africa è pienamente operativo, servono nuovi poligoni per addestrare i reparti di Vicenza. E Site Pluto, con chissà quante altre aree demaniali in Veneto e Friuli, è pronto a fare la sua parte.”

Pluto Longare Vicenza alle guerre in Africa, di Antonio Mazzeo continua qui.

Trapani e la Libia

“L’aeroporto di Trapani è stato sicuramente quello più impegnato nelle operazioni di guerra in Libia. Le attività alleate sono iniziate il 19 marzo 2011 e sono proseguite senza soluzione di continuità fino al 31 ottobre, anche se alcune componenti aeree sono rimaste operative a Birgi sino al successivo 14 dicembre, giorno in cui si è tenuta la cerimonia ufficiale di chiusura dell’operazione Unified Protector. “A Trapani sono confluiti tutti i supporti, uomini e donne, inviati dagli altri reparti dell’Aeronautica Militare per garantire la sostenibilità delle operazioni in modo continuo, e per questo è stato costituito il Task Group Air Birgi, un’unità dedicata alla gestione delle missioni della componente aerea italiana, che si è avvalsa del supporto tecnico e logistico del 37° Stormo per la preparazione e la condotta dei voli”, ricorda il Ministero della difesa. “I servizi e i supporti sono stati allo stesso modo assicurati anche alle altre componenti NATO rischierate sulla base e hanno compreso, sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno, l’assistenza tecnica a terra, il rifornimento di carburante, il controllo del traffico aereo, il servizio meteorologico, quello antincendio, l’assistenza sanitaria, il servizio di sicurezza, oltre all’alloggiamento e il vettovagliamento per tutto il personale presente”.
Nei sette mesi di attività, il Task Group Air Birgi ha totalizzato quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo operate con gli F-16 del 37° Stormo, i caccia intercettori Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari), i cacciabombardieri Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi (Brescia) ed ECR del 50° Stormo di Piacenza e gli AMX del 32° Stormo di Amendola (Foggia) e del 51° Stormo di Istrana (Treviso). Nel corso delle operazioni, i velivoli AMI hanno sganciato in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi è dipeso infine l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B schierati nello scalo pugliese di Amendola.
Per tutto il corso del conflitto, a Trapani sono stati schierati pure sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers dell’aeronautica britannica. Dallo scalo siciliano sono transitati pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici. Un vero primato di morte.
A causa delle prolungate operazioni belliche in nord Africa, il traffico civile di Trapani Birgi ha subito una drastica riduzione. Solo nel mese di maggio 2011, la compagnia aerea low cost Ryanair è stata costretta a cancellare 72 voli. “Nello stesso mese, la limitazione imposta dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica si è tradotta in un 20% in meno nel traffico passeggeri e in un 16% in meno nei movimenti dei velivoli”, ha dichiarato AirGest, la società che gestisce lo scalo. Oltre agli enormi disagi per i passeggeri, la ipermilitarizzazione di Trapani Birgi dello scorso anno ha causato il crollo verticale dei profitti delle compagnie aeree e delle presenze turistiche e pesanti effetti sul fronte occupazionale. I 70 dipendenti a tempo indeterminato dello scalo hanno rischiato di essere messi in mobilità mentre ad alcuni dei lavoratori a tempo determinato ed interinali è stato negato il rinnovo dei contratti. Tagli pure tra il personale adibito ai servizi aeroportuali (bar e ristorazione, pulizia, noleggio auto, taxi, ecc.). Con i droni USA e NATO perennemente in rotta sui cieli del trapanese, le condizioni economiche e occupazionali di centinaia di lavoratori siciliani potrebbero ulteriormente peggiorare.”

Da Aerei senza pilota all’assalto dei cieli della Sicilia occidentale, di Antonio Mazzeo.

Droni, droni e ancora droni

“Droni, droni e ancora droni. Sarà intensissimo, in estate, il via vai di aerei militari senza pilota sui cieli siciliani. Decine di decolli ed atterraggi nella base USA e NATO di Sigonella che faranno impazzire il traffico aereo nel vicino scalo civile di Catania Fontanarossa. Grandi aerei spia del tipo Global Hawk e i Predator e i Reaper carichi di bombe e missili che sorvoleranno l’isola e solcheranno i mari, pregiudicando la sicurezza dei voli e delle popolazioni.
Le notificazioni ai piloti di aeromobili (NOTAM) emesse lo scorso 4 giugno lasciano presagire tragici scenari di guerra in Siria e nell’intero scacchiere mediterraneo e mediorientale. Tre riguardano lo scalo di Fontanarossa e sono distinti dai codici B4048, B4049 e B4050. Impongono la sospensione delle procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza e arrivo degli aerei, tutti i giorni sino al prossimo 1 settembre, “causa attività degli Unmanned Aircraft”, i famigerati aerei senza pilota in dotazione alle forze armate statunitensi e italiane. “Le restrizioni sopra menzionate verranno applicate su basi tattiche dall’aeroporto di Catania”, specificano i NOTAM. Che le operazioni dei droni riguardino la stazione aeronavale di Sigonella, lo si apprende da un altro avviso, codice M3066/12, che ordina la sospensione di tutte le strumentazioni standard al decollo e all’atterraggio nel Sigonella Airport, dal 4 giugno all’1 settembre 2012, “per l’attività di Unmanned Aircraft militari”. Il grande scalo delle forze USA e NATO subirà inoltre “restrizioni al traffico aereo”, nei giorni 19 e 20 giugno, per una vasta esercitazione aeronavale nel Mediterraneo. Gli ennesimi giochi di guerra alleati che potrebbero annunciare l’attacco finale al regime di Assad.”

Invasione di droni nei cieli della Sicilia, di Antonio Mazzeo continua qui.

Eco MUOStro a Niscemi

E-book di Antonio Mazzeo.
Per informazioni e ordini

“L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo, quelli con i missili all’uranio impoverito, gli aerei senza pilota e le armi atomiche in miniatura.
È a Niscemi, nel cuore di un’importante riserva naturale, che fervono i preparativi per l’installazione di uno dei suoi quattro terminali terrestri mondiali. Un’opera benedetta dai Signori del Pentagono, dal governo italiano e dalla Regione Siciliana. E a cui non fa mancare il suo contributo la borghesia mafiosa isolana. Per il MUOStro di Niscemi sembrava cosa fatta, ma centinaia di giovani ci hanno messo lo zampino…”

Cascate del Niagara

“Nonostante l’entrata in funzione del nuovo sistema di purificazione, i consumi idrici a Sigonella continuano ad essere enormi. Nel luglio 2004, i senatori Luigi Malabarba e Tommaso Sodano (Prc), presentarono un’interrogazione parlamentare dove si rilevava che “una gran parte delle risorse idriche della provincia di Catania viene sottratta dalla base militare USA-NATO di Sigonella, non solo per essere sprecata nelle attività tecniche, come la pulizia degli impianti dei veicoli, ma anche per riempire le piscine delle villette dei soldati americani”. Secondo gli interroganti, gli oltre 5.000 militari residenti nella base “consumano ogni anno un miliardo di litri d’acqua, molto più del doppio di quanto sia concesso ai cittadini di una qualsiasi grande città italiana”.
La stima però sarebbe stata inferiore al dato reale. In un report del settembre 2008, il Public Works Department riportava che il consumo medio settimanale di Sigonella era in quel periodo di 5.600.000 galloni d’acqua, cioè complessivamente di un miliardo e cento milioni di litri all’anno. Con i “risparmi” odierni, il consumo medio settimanale si sarebbe attestato intorno ai 3.500.000 di galloni. Sta però crescendo il numero dei marines USA (erano 4.097 nel 2005, saranno 4.372 entro la fine del 2012), mentre entro il 2015 giungeranno a Sigonella altri 800 militari (più familiari a seguito) con l’AGS, il programma di sorveglianza terrestre della NATO basato sugli aerei senza pilota Global Hawk. Sempre più risorse idriche verranno sacrificate mentre altri pericolosi composti chimici e idrocarburi continueranno ad inquinare i terreni e le falde acquifere della piana di Catania e Niscemi.”

Da Acque al veleno nelle basi USA siciliane, di Antonio Mazzeo.

Un’indimenticabile giornata alla base NATO di Licola

“Scuole italiane sempre più armate e militarizzate. Incontri e lezioni in classe con generali ed ammiragli, gemellaggi con i college per i figli dei militari USA, attività didattiche sponsorizzate da forze armate e Finmeccanica, visite guidate a caserme e basi navali. L’educazione alla guerra è ormai una delle materie più gettonate dai licei, ma nessuno avrebbe mai immaginato che una delle basi radar ad alto impatto elettromagnetico, oggetto degli appetiti della camorra, sarebbe divenuta la meta delle gite primaverili di centinaia di studenti campani.
A Giugliano (Napoli), grazie ad un accordo tra il sindaco Giovanni Pianese, l’assessora alla pubblica istruzione Angela Rispo ed il comandante del 22° Gruppo Radar dell’Aeronautica militare (GRAM) Sergio Cannas, i cancelli della stazione radar di Licola verranno aperti per tutto aprile agli studenti delle scuole secondarie di 2° grado del comune. “La convenzione – spiega il sindaco – prevede la realizzazione di una visita guidata gratuita per i ragazzi frequentanti l’ultimo anno presso la struttura che, sebbene poco nota, costituisce un’eccellenza nell’organizzazione della Difesa Aerea Nazionale”.
Complessivamente saranno circa 250 i ragazzi di Giugliano che raggiungeranno la base con bus messi a disposizione dai militari. L’accordo Comune-Aeronautica definisce nei particolari il programma delle visite: un briefing iniziale, un question time e il tour alle sale operative e al sistema radar. Infine, a mezzogiorno, un coffee break “offerto dal Comandante del 22° GRAM presso il Circolo Ufficiali del Reparto ed a seguire il saluto del Comandante per poi rientrare nella sede scolastica”. Di sicuro una giornata che non sarà facile dimenticare.”

Studenti in gita alla base NATO che arricchì la camorra, di Antonio Mazzeo continua qui.

Una Fukushima nel Mediterraneo?

“Dall’antichità è ritenuto uno dei corridoi marittimi più pericolosi per la navigazione. Lo Stretto di Messina vanta un triste record d’incidenti e collisioni, eppure continuano ad attraversarlo annualmente più di quindicimila imbarcazioni. Si tratta di superpetroliere, traghetti, navi da crociera e pescherecci, unità container con a bordo rifiuti radioattivi, tossici e nocivi, imbarcazioni da guerra di Stati Uniti d’America ed alleati NATO. E le portaerei giganti e i sommergibili a capacità e propulsione nucleare.
Il 5 aprile scorso l’ultimo transito atomico. Mentre alcuni curiosi assistevano all’attracco nel porto di Messina della nave da crociera “Splendida”, a pochi metri dalla costa è improvvisamente emersa l’inquietante sagoma nera di un sottomarino USA. Stamani (12 Aprile – ndr) la foto dell’hunter killer atomico a passeggio nello Stretto è stata pubblicata in prima pagina dalla Gazzetta del Sud.
“Secondo i dati acquisiti dal registro del sistema Vts di Forte Ogliastri, nella disponibilità della Guardia costiera, si è trattato di un sottomarino nucleare presumibilmente della classe Virginia, l’ultima nata dalla modernissima tecnologia americana, che ha preso il posto degli obsoleti sottomarini della classe Los Angeles”, riporta il quotidiano. Costruiti a partire del 2005 nei cantieri di Newport dai colossi General Dynamics e Northrop Grumman, i sottomarini Virginia hanno un costo di quasi 2 miliardi dollari l’uno, sono lunghi 115 metri, larghi 10 e pesano 7.900 tonnellate. Ma imbarcano soprattutto un reattore atomico modello “9SG” (di nona generazione) e i famigerati missili da crociera BGM-109 “Tomahawk” con doppia capacità, convenzionale e nucleare. Le azzardatissime manovre del sottomarino, in uno specchio d’acqua assai trafficato, avrebbero potuto avere conseguenze a dir poco catastrofiche. L’eventuale collisione con altra unità in navigazione, lo scoppio di un incendio a bordo, uno spiaggiamento come quello verificatosi appena due mesi fa in località Ganzirri alla nave “Rubina” (quasi un “Concordia” bis), avrebbero potuto trasformare lo Stretto nella Fukushima del Mediterraneo.”

Stretto di Messina a rischio sottomarini nucleari USA, di Antonio Mazzeo continua qui.

“La città italiana con la più alta presenza di militari USA”

“Intanto prosegue frenetico il processo di ipermilitarizzazione del territorio comunale. Il colonnello David Buckingham, comandante di US Army Garrison-Vicenza, ha formalizzato la conclusione della seconda fase dei lavori di realizzazione delle facilities destinate ai reparti statunitensi all’interno dell’ex aeroporto Dal Molin. La trasformazione dello scalo in megacaserma della 173^ brigata aviotrasportata è uno dei principali progetti di potenziamento infrastrutturale delle forze armate USA a livello mondiale. I lavori, per un importo di 245 milioni di euro, sono stati affidati nel marzo 2008 a due aziende leader di LegaCoop, la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna (CMC) e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC). “Questa seconda tranche è consistita nella costruzione degli uffici e delle infrastrutture di servizio del 173rd Airborne Brigade Combat Team e delle abitazioni per circa 1.200 soldati single”, ha spiegato il colonnello Buckingham. Lo scorso mese di gennaio, al Dal Molin sono stati trasferiti i primi reparti di US Army Africa, mentre il personale restante del comando raggiungerà la base entro il giugno del 2014. “Prevediamo invece che entro il giugno 2013 si completi il trasferimento al Dal Molin dei circa 2.000 militari e delle rispettive famiglie attualmente ospitati a Bamberg and Schweinfurt, in Germania. Il programma ha subìto solo qualche mese di ritardo a causa delle cattive condizioni meteorologiche, della bonifica delle munizioni non esplose ritrovate all’interno dell’aeroporto (49 bombe italiane e britanniche risalenti alla Seconda guerra mondiale) e degli scavi archeologici”. A conclusione dei lavori, il Dal Molin ospiterà quattro battaglioni e il quartier generale della 173^ brigata, mentre due battaglioni dell’esercito resteranno nella vicina Camp Ederle. “Vicenza sarà la città italiana con la più alta presenza di militari USA in termini di popolazione, con circa 5.000 uomini distribuiti tra il Dal Molin e l’Ederle”, ha concluso Buckingham.”

Da Le nuove guerre dei militari USA di Vicenza, di Antonio Mazzeo.

Roma e Tel Aviv

“Può essere equipaggiato con tre differenti tipologie di testata bellica a seconda dell’uso: anticarro, antifanteria e per la distruzione di bunker. Lo “Spike” è l’ultimo gioiello di morte prodotto da Rafael, una delle più importanti industrie militari israeliane. Si tratta di un missile aria-terra a corto raggio destinato agli elicotteri d’attacco. La prima versione, denominata “Er”, è capace di colpire bersagli fino a una distanza di 8 chilometri. Gli israeliani però hanno in produzione un modello con una gittata superiore ai 25 chilometri, lo “Spike Nlos”, dotato di un sensore elettro-ottico e infrarossi e di un apparato di ricerca laser.
Secondo la World Aeronautical Press Agency i nuovi missili made in Israele saranno utilizzati dagli Eurocopter Tiger e Puma e dagli AW-129 Mangusta prodotti da AgustaWestland (gruppo Finmeccanica). I Mangusta sono quelli dei raid dell’esercito italiano nei principali teatri di guerra (prima in Iraq, adesso in Afghanistan). Gli elicotteri, in numero di 60, sono in dotazione al 5° reggimento AVES “Rigel” di Casarsa della Delizia (Pn) e del 7° “Vega” di Rimini, inquadrati nella Brigata Aeromobile “Friuli”. I Mangusta vantano già una terribile potenza di fuoco: mitragliatrici FN da 12,5 mm, cannoni da 200 mm a canne rotanti e missili AGM-114 “Hellefire”, BGM-71 “Tow” anti-carro, FIM-92 Stinger” ed MBDA “Mistral” antiaerei. Con gli “Spike” si amplierà il ventaglio operativo degli elicotteri d’assalto mentre ne uscirà ulteriormente rafforzato l’interscambio bellico Roma-Tel Aviv e la partnership strategica tra le rispettive forze armate.”

Missili, satelliti e aerei d’Israele per le forze armate italiane di Antonio Mazzeo continua qui.

La NATO a Noto

Dove sono bravi a erudire i pupi.

“Panorami mozzafiato, a nord l’Etna innevata, da est a sud il mare azzurro smeraldo dello Ionio e del Canale di Sicilia. Intorno, le innumerevoli cave di calcare dell’altopiano ibleo, i voli dei falchi, i carrubi, i mandorli, gli ulivi. le antichissime necropoli lambite dai letti di fiumi e ruscelli. I ruderi di eremi e chiese bizantine, i resti di quella che fu l’antica Noto spazzata dal funesto terremoto del 1693. Più a valle, la Noto nuova, città-gioiello del barocco siciliano. Su per i tornanti, ad una decina di chilometri in direzione nord-ovest, contrada Mezzogregorio, 639 metri sul livello del mare. Un balcone con vista su mezza Sicilia e il Mediterraneo. Dalla fine del 1983, ospita una delle stazioni radar più importanti e meno conosciute dell’Alleanza Atlantica. Un enorme fungo-pallone bianco si erge a fianco di edifici e casermette. Più a lato, su una torretta, un radar che si muove incessante. Ad un centinaio di metri, separata da una stradina, una seconda area sottoposta a servitù militare, con sette alte antenne per le telecomunicazioni.
E’ domenica, ma i camion e le ruspe si alternano all’ingresso dei cancelli della base del “34° Gruppo Radar GRAM dell’Aeronautica Militare di Siracusa”. Accanto al fungo-pallone, alcuni operai lavorano ad una nuova grande torre in cemento armato. Altri sono impegnati a scavare e posare lunghi cavi di acciaio. Le opere di ampliamento della telestazione di guerra sono iniziati qualche mese fa. “A Mezzogregorio è in atto l’ammodernamento delle strutture operative e tecniche nell’ambito del progetto Air Command and Control System (ACCS), che prevede il progressivo trasferimento delle funzioni di controllo radar presso un unico centro operativo nazionale”, spiegano i portavoce dell’Aeronautica militare. L’ACCS è uno dei più recenti programmi della NATO (2009), costo complessivo due miliardi di euro, per potenziare la rete strategica di comando e controllo alleato in Europa.”

Noto Mezzogregorio, grande occhio NATO del Mediterraneo di Antonio Mazzeo continua qui.

Guerre USA 2013

E l’Italia segue al traino…

“Sacrifici e tagli per tutti ma non per i mercanti di morte. L’amministrazione Obama ha presentato al Congresso la proposta di bilancio 2013 per il comparto “difesa”: 613 miliardi di dollari, 525 per pagare stipendi e acquistare cacciabombardieri, missili, carri armati e bombe nucleari e 88 per le missioni di guerra d’oltremare. Meno di quanto chiedevano generali e ammiragli ma alla fine tutti sono rimasti contenti: la Marina confermerà i suoi undici gruppi navali guidati da portaerei a propulsione atomica, l’Aeronautica e i Marines avranno i nuovi caccia ed elicotteri multi-missione, l’Esercito si diletterà con superblindati, tank, radar e intercettori terra-aria. Grazie agli ordini Pentagono potranno brindare le borse e le aziende leader del complesso militare industriale Usa, le inossidabili Boeing, General Dynamics, Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon, ecc..
Quasi un terzo delle spese andranno per l’acquisto e la modernizzazione dei sistemi di guerra più sofisticati, aerei con e senza pilota, navi e sottomarini d’attacco, missili a medio e lungo raggio, satelliti. Esattamente 179 milioni di dollari, il 7% in meno del bilancio di previsione 2012, ma con quasi 70 milioni da destinare alla ricerca e allo sviluppo di nuovi strumenti di morte. A fare la parte del leone saranno i famigerati cacciabombardieri F-35 “Joint Strike Fighters” di Lockheed Martin che piacciono tanto pure ai ministri-ammiragli di casa nostra. Il prossimo anno, il Dipartimento della difesa vorrebbe acquistarne 29, 19 da destinare a US Air Force e 10 a US Navy, per un valore complessivo di 9,2 miliardi di dollari. Il programma degli F-35 sarà comunque ridimensionato per poter risparmiare nei prossimi cinque anni almeno 15 miliardi.”

Barack Obama al supermarket delle armi 2013, di Antonio Mazzeo continua qui.

Finmeccanica, un’industria già italiana

Finmeccanica, holding a capo del complesso militare industriale nazionale, ha scelto l’ex viceministro della Difesa degli Stati Uniti d’America, William J. Lynn, come nuovo presidente e amministratore delegato della controllata DRS Technologies, società produttrice di sistemi elettronici avanzati con sede in New Jersey. Secondo il general manager di Finmeccanica Giuseppe Orsi, la nomina di Lynn è “fondamentale” per rafforzare il ruolo del gruppo nel mercato USA della difesa e della sicurezza e conseguire “un’organizzazione ed una struttura di management più efficienti e competitive”.
A Lynn saranno attribuiti pure i compiti di supervisione delle attività delle altre società di Finmeccanica operanti in nord America (AgustaWestland, OTO Melara, AleniaAermacchi e Selex). Incerto a questo punto il futuro di DRS Technologies. Un anno fa, il consiglio d’amministrazione di Finmeccanica retto da Pier Francesco Guarguaglini era intenzionato a vendere la società e ridurre il deficit della holding valutato intorno ai 4,6 miliardi di euro. Anche il neoamministratore delegato Orsi ha fatto accenno a un piano di ristrutturazione aziendale con la dismissione di comparti “non strategici” per più di un miliardo di euro. Ma con un manager d’eccellenza come mister Lynn, l’azienda statunitense sarebbe tutt’altro che secondaria per i progetti di rilancio di Finmeccanica ed è dunque improbabile una sua cessione a breve termine.
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William J. Lynn sostituirà alla guida di DRS Technology l’anziano Mark Newman, figlio di Leonard Newman, fondatore nel 1968 della società di elettronica. Nel 2008 fu proprio Mark a vendere DRS agli italiani, ricevendo in cambio la cifra record di 5,2 miliardi di dollari e riuscendo pure a mantenerne la presidenza e l’amministrazione. L’acquisizione dell’azienda comportò per Finmeccanica l’assunzione di 1,2 miliardi di dollari di indebitamento netto con tre grandi istituti di credito italiani (Mediobanca, Intesa Sanpaolo e UniCredit) e con la statunitense Goldman Sachs International. Ogni singola azione venne rastrellata meticolosamente a 81 dollari, quando in Borsa era stata quotata un mese prima a 63. Alla spericolata operazione finanziaria, secondo IlSole24 Ore, partecipò come intermediario Lorenzo Cola detto “Lollo”, recentemente condannato a tre anni e quattro mesi per riciclaggio internazionale nell’ambito dell’inchiesta sull’affaire Telecom Sparkle-Fastweb. A incaricare Cola fu l’allora amministratore delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini. “Fu Cola a rappresentare Finmeccanica nei confronti di Jeffrey Smith, l’avvocato dello studio legale di Washington Arnold& Porter ed ex direttore generale della CIA che si occupò degli aspetti legali dell’acquisizione per contro del gruppo italiano”, ha scritto il giornalista Claudio Gatti. Il 19 marzo del 2009, Guarguaglini e Cola parteciparono congiuntamente al ricevimento ufficiale organizzato dall’ambasciatore italiano a Washington, Giovanni Castellaneta, oggi presidente di Sace S.p.A. e membro del consiglio d’amministrazione di Finmeccanica. Ospite d’onore del sontuoso party diplomatico, l’allora vicesegretario alla difesa William Lynn.
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Da Da falco del Pentagono a supermanager di Finmeccanica, di Antonio Mazzeo.

[Si veda: Finmeccanica, un’industria in ostaggio]

Desert Dusk 2011

“Giochi di guerra nel deserto del Negev per i cacciabombardieri dell’aeronautica militare italiana. Lo scorso 16 dicembre si è conclusa l’esercitazione “Desert Dusk 2011” a cui hanno partecipato venticinque velivoli da guerra delle forze aeree italiane ed israeliane. Due settimane di duelli, inseguimenti e lanci di missili e bombe, protagonisti gli “Eurofighter” e i “Tornado” dell’AMI e gli F-15 ed F-16 israeliani schierati per l’occasione nello scalo meridionale di Uvda, utilizzato dai charter che trasportano i turisti diretti a Eilat (mar Rosso). L’esercitazione rientra nel programma di collaborazione e coordinamento tra le due aeronautiche finalizzato ad affinare le procedure e le tecniche di azione in missioni di controllo delle crisi (Crisis Response Operations). In Israele sono stati impegnati 150 militari italiani, mentre i cacciabombardieri dell’AMI hanno svolto più di un centinaio di missioni di volo. Alle operazioni hanno pure partecipato alcuni velivoli KC-767A del 14° Stormo di Pratica di Mare (Roma) e C130J della 46ª Brigata Aerea di Pisa.
A fine ottobre erano stati i cacciabombardieri israeliani a sorvolare i grandi poligoni della Sardegna nell’ambito dell’esercitazione “Vega 2011”, a cui hanno partecipato pure le aeronautiche militari di Italia, Germania e Olanda. Per l’occasione, due squadroni con F-15 ed F-16 ed un velivolo radar di nuova produzione “Eitam” erano stati trasferiti dalle basi aeree di Nevatim e Tel Nof allo scalo di Decimomannu (Cagliari), centro di comando e coordinamento dell’intero ciclo addestrativo. “Gli obiettivi delle attività di Vega 2011 sono stati il rafforzamento dell’interoperabilità dei reparti impegnati, il miglioramento della capacità di cooperazione e lo svolgimento di attività tattiche grazie ad operazioni in aree di media scala in un ambiente ad alta minaccia”, hanno riferito le autorità italiane. L’esercitazione in Sardegna è stata seguita con particolare interesse dalla stampa di Tel Aviv: le spericolate missioni di volo sarebbero state finalizzate infatti a simulare un attacco agli impianti nucleari iraniani.”

Alleanza militare aerea tra Italia e Israele di Antonio Mazzeo continua qui.

MUOS, è solo questione di giorni

“C’è da scommettere che è solo questione di giorni. A Niscemi (Caltanissetta) stanno per essere installate le maxi-antenne di uno dei quattro terminali terrestri del MUOS (Mobile User Objective System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari delle forze armate USA. La prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha infatti respinto la richiesta di sospensione dei lavori invocata dal Comune di Niscemi, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio (1.000 euro). La realizzazione degli impianti militari all’interno della riserva naturale “Sughereta”, Sito di Importanza Comunitaria (SIC), ha preso il via dopo che l’1 giugno 2011, il dirigente generale dell’Assessorato regionale del territorio e ambiente, Giovanni Arnone, ha autorizzato la Marina militare USA ad occupare l’area sottoposta a tutela.
“Il ricorso si appalesa inammissibile, in quanto avente ad oggetto l’esecuzione del progetto positivamente valutato nella conferenza di servizi del 9 settembre 2008 anche con il nulla osta favorevole del Comune ricorrente, la cui possibilità di revoca appare dubbia”, scrivono i giudici del TAR siciliano. Il riferimento è a una vicenda dai contorni tutt’altro che lineari, protagonista l’amministrazione comunale di Niscemi che, perlomeno nella prima fase dell’affaire MUOS, non ha dimostrato il giusto tempismo né la necessaria attenzione.”

Luce verde alle maxi-antenne del MUOStro di Niscemi, di Antonio Mazzeo continua qui.

E’ arrivata l’ora del MUOS

“Le grandi piattaforme in cemento sono ultimate e nella prima settimana di ottobre potrebbe iniziare il collocamento dei tralicci per le tre grandi antenne circolari di 18,4 metri di diametro e le due torri radio di 149 metri d’altezza. Sul terreno sono visibili le lacerazioni delle ruspe per il tracciato stradale che congiungerà il costruendo centro con la stazione di radiotrasmissione della Marina militare USA di contrada Ulmo, Niscemi. Forse sarà l’ultima estate senza il MUOS (Mobile User Objective System), il modernissimo sistema di telecomunicazione satellitare delle forze armate statunitensi pensato per le guerre del XXI secolo, quelle con i missili all’uranio impoverito, gli aerei senza pilota e le armi nucleari in miniatura, conflitti sempre più “virtuali”, computerizzati, disumanizzati.
Tre anni di ritardo sulla tabella di marcia degli strateghi del Pentagono, centinaia di milioni di dollari dilapidati per individuare e correggere gli errori progettuali, ma adesso non c’è più tempo da perdere, anche a costo di stuprare i territori e l’ambiente e ignorare la volontà popolare. Così per Washington e militari italiani, si può sbancare all’interno dell’area protetta “Sughereta” di Niscemi, Sito di Importanza Comunitaria (SIC), senza le necessarie autorizzazioni, in spregio alle leggi e al senso comune. “Lavori del tutto abusivi”, ha denunciato il sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino, che in compagnia degli amministratori di Caltagirone (Ct), Gela (Cl) e Vittoria (Rg) si è recato al cantiere MUOS per notificare l’ordinanza di sospensione dei lavori. “Avremmo voluto incontrare i militari statunitensi e consegnare personalmente l’atto, ma non si sono presentati”, afferma Di Martino. “Poco tempo fa ho avuto notizia che all’interno della riserva naturale erano in piena attività camion, ruspe e betoniere. Ho inviato due volte i vigili urbani per verificare se effettivamente si stesse realizzando il terminale terrestre del MUOS. Da qui l’ordinanza di sospensione immediata dei lavori, provvedimento trasmesso alla Procura della Repubblica di Caltagirone, al Comando della polizia municipale, alla Stazione dei carabinieri ed al Genio civile di Caltanissetta”.
I lavori nell’area protetta “Sughereta” sono iniziati subito dopo il parere favorevole emesso l’1 giugno 2011 dall’assessorato territorio ed ambiente della Regione siciliana, bypassando l’amministrazione comunale che aveva formalmente dichiarato la propria contrarietà al progetto. Al diktat di Palazzo dei Normanni, il sindaco Di Martino ha risposto presentando ricorso al Tar. “La Regione non aveva titolo per adottare provvedimenti che sono di competenza del Comune di Niscemi”, spiega il sindaco. “L’assessorato avrebbe potuto rilasciare l’autorizzazione solo nel caso in cui fossimo rimasti inerti di fronte al problema. Il 20 novembre 2009, l’amministrazione comunale ha però annullato il nulla osta ambientale che era stato rilasciato in precedenza per il progetto MUOS, perché riteniamo che l’area è già altamente a rischio per la presenza di 41 antenne di comunicazione poste nella base statunitense già dagli anni ’90”.”

La laboriosa estate del MUOStro di Niscemi, di Antonio Mazzeo, continua qui.

[Alcune foto del cantiere inviateci da Maria Grazia, alla quale va il nostro ringraziamento: 1, 2 e 3]