Frattini e La Russa ministri-servi

Di Quirinale, Terzo polo e poteri forti.
Con “Bunga Bunga” a fare da spettatore ricattato.

Non c’è attacco aereo di Unified Protector che non necessiti per una missione di bombardamento sulla Jamahiryia di almeno due rifornimenti in volo da aerei cisterna, uno durante la fase di avvicinamento al “target“, il secondo dopo lo “strike“ nel ritorno alle basi di decollo in Sicilia: Trapani Birgi e Sigonella.
Nell’intero mese di Luglio, nell’arco delle 24 ore, le missioni di appoggio aereo della NATO si sono attestate su una media di 150, i bombardamenti dall’aria hanno raggiunto i 47.
Il numero dei morti e dei feriti tra i residenti della Tripolitania e della Cirenaica è aggiornato, via internet, da Libyan Free Press – Jamahiriya News.
Cosa costi ogni ora di volo un bi-quadrireattore Boeing Kc 767 A o Kc 135 che faccia da mucca per rifornire per due-tre volte un singolo velivolo della NATO che attraversi il Mediterraneo Centrale ve lo lasciamo immaginare.
Si tenga di conto che un Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica Militare Italiana compreso l’addestramento del pilota, escluso l’armamento, ha un costo, per le sfiatatissime casse dell’Erario pubblico, di 80.000 euro per ora di volo. Un solo missile Storm Shadow o Scalp Ec, con una testasta bellica di 247 kg, lanciato da un cacciabombardiere tricolore arriva a superare abbondantemente il milione di euro.
Quanti gingilli come questi siano andati a bersaglio a cura dell’Aeronautica Militare Italiana in territorio libico è coperto da “segreto militare“.
Gli unici jets d’attacco che possono sottrarsi a questa dispendiosissima routine di rifornimento in volo sono quelli in dotazione alle portaerei-portaereomobili che operano in prossimità, interna ed esterna, della linea immaginaria che unisce Tripoli a Bengasi, l’enorme area d’acqua del Golfo della Sirte.
Dopo 90 giorni di permanenza in mare, il 7 Luglio scorso la “Garibaldi“ è stata ritirata dalla zona di operazioni, e il 10 Agosto è toccato alla “De Gaulle” abbandonare la missione per rientrare nel porto di Tolone. Il dispositivo d’attacco di Unified Protector ha perso (momentaneamente?) 40 tra aerei ed elicotteri.
Il 2 Agosto la Norvegia, strage di Utoya o no, ha ritirato, come programmato, i suoi quattro F-16.
Il Ministro della Difesa di Londra, Liam Fox, ha coperto l’abbandono di Oslo con l’invio con altrettanti Tornado Idv.
Per Longuet, la portaerei francese è stata ritirata dal Mediterraneo Centrale per manutenzione al ponte di volo da cui decollano e atterrano Rafale e Super Etendard e alle catapulte di lancio.
L’Italia, per bocca di La Russa, ha motivato l’abbandono della “Garibaldi” dal teatro operativo per limitare le gigantesche uscite finanziarie che ne comporta l’utilizzo prolungato in navigazione.
Il Bel Paese, per non fare cosa sgradita agli alleati, ha però provveduto a sostituire l’ammiraglia della M.M. con l’unità da assalto anfibio “S. Giusto”, che ospita il comando navale di Unified Protector e imbarca in permanenza il battaglione di fanteria marina S. Marco (350 militari), 210 tra ufficiali, sottoufficiali e marinai, armi, logistica e blindati da sbarco, oltre a tre elicotteri medi per impiego antisommergibile, antinave e controcosta SH 3D.
Una volontà di limitare i costi o un cambio di strategia in corso d’opera?
Una strategia che preveda il passaggio dai bombardamenti aerei effettuati da 4-6 jets Harrier a decollo verticale impiegati dalla “Garibaldi“ per battere i target sulla Litoranea a un attacco alle coste della Jamahiriya con incursori e fanteria di marina della “S. Giusto“? Continua a leggere

Verità nascoste e menzogne di Stato

La tanker Savina Kaylin e il cargo Rosaria D’Amato sotto sequestro nel Puntland

Dismesso l’uso dei dizionari (Zanichelli, Garzanti, Dardano, ect), alla voce “Repubblica delle Banane” Wikipedia riporta: “Attualmente il termine è entrato nel vocabolario di tutti i giorni per indicare un regime dittatoriale, stabile nell’instabilità, dove le consultazioni elettorali sono pilotate e la corruzione ampiamente diffusa così come una forte influenza straniera che può essere politica o economica o ambedue le cose, sia diretta che pilotata attraverso il governo interno.”
Per estensione, il termine è usato per definire esecutivi dove un leader concede vantaggi ad amici e sostenitori, senza grande considerazione delle leggi (in Italia se ne fa partecipe l'”opposizione” che si alterna con la “maggioranza”), mettendo alla porta il giudizio espresso degli elettori.
Alla voce caratteristiche si indica la collusione tra Stato e interessi monopolistici dove i profitti sono privatizzati e le perdite socializzate.
Chiudiamo qui la tiritera ritenendoci ampiamente autorizzati, a buon titolo, a definire l’Italia delle istituzioni, della politica e dei Poteri Forti un sistema-Paese ampiamente cleptocratico, caraibico.
Detto questo, passiamo a un po’ di “attualità” che ne metta in mostra qualche aspetto di “politica estera” da barzelletta, partendo da un comunicato dell’ANSA dello scorso 5 luglio.
Secondo l’agenzia di stampa, la Tanzania è pronta a mettere in campo la sua intelligence per aiutare l’Italia ad ottenere quanto prima il rilascio degli 11 (5 italiani) marittimi della petroliera Savina Kaylin, 105.000 tonnellate, 226 mt di lunghezza, tanker, e dei 22 (6 italiani) della Rosaria D’Amato, cargo, di 112.000 tonnellate, 225 mt di lunghezza di proprietà ambedue di armatori italiani. I dati sono nostri.
La prima sequestrata da “pirati somali” con modalità pagliaccesce, come abbiamo già avuto modo di descrivere, affidandoci alla lettura di una corrispondenza di un inviato de La Repubblica: il famosissimo “rapito” in Afghanistan Daniele Mastrogiacomo, passato dal Paese delle Montagne alla “cronaca” da una località imprecisata nel Corno d’Africa. La seconda di cui si è parlato solo per registrare il “furto” in pieno Oceano Indiano e chiuderla lì, senza clamore, visto l’imbarazzante precedente della Savina Kaylin.
La Kaylin è “fuori controllo” dal 24 Gennaio e la D’Amato dal 21 Aprile. Ambedue sono state scortate a “destinazione” con l’assistenza, perchè così è stato, delle fregate Zefiro ed Espero della Marina Militare che operano, e hanno operato, tra lo Stretto di Bab el Mandeb e il Golfo di Aden, con l’operazione Atalanta dell’UE e Ocean Shield della NATO.
Dove? Continua a leggere

La fase 2 dell’aggressione alla Libia è imminente

La fase 2, l’attacco con unità di fanteria di marina della NATO, è data per imminente. Francia e Gran Bretagna, con l’Italia in ritardo sui preparativi di invasione della Jamahiryia via terra, hanno già provveduto a rafforzare le “forze speciali” che affiancano da due mesi i mercenari del CNT.
La Russa, dal canto suo, ha già mobilitato il Comsubin di Varignano e allertato il Battaglione S. Marco della Marina Militare, su input del Consiglio Supremo di Difesa, mentre il Comando Operativo Interforze di Centocelle tace e acconsente.
Gli istruttori “tricolori” che operano a Bengasi sono ormai oltre l’organico di una compagnia. Ci sarà tempo e modo per dare una faccia a questi “lavoratori”.
Nel frattempo, svetta l’impegno sul campo della Farnesina portata per mano al macello da un soggetto come Frattini che promette, sul portale del Ministero degli Esteri, “centinaia di milioni di euro” ai suoi “amici” della Cirenaica.
In realtà si tratta, come abbiamo già documentato, di miliardi di dollari in uscita dalle tasche degli italiani.
Millecinquecento milioni di dollari hanno già preso il volo per Abu Dhabi, come fondo di garanzia per il CNT , oltre che per dare fiato alle casse sfondate degli Emirati Arabi Uniti, una monarchia ereditaria del Golfo che – sentite, sentite – sta entrando a far parte dell’ Alleanza Atlantica (Kalifa bin Zayed ha recentemente avviato personali trattative con Rasmussen e Hillary Clinton in funzione anti-Iran).
Un trasferimento finanziario avvenuto nello stesso giorno in cui il boiardo di stato Bono annunciava il licenziamento, diretto, al netto delle perdite nell’indotto, di 2.551 lavoratori di Fincantieri (649 a Castellamare di Stabia, 777 a Sestri Ponente e 1.121 nei rimanenti impianti a mare) per conservare negli Stati Uniti attività produttive navali in devastante perdita finanziaria e tenere aperto un “cantierino” per il rimessaggio di barche d’altura di proprietà di vip del Bel Paese oltre che di deputati, senatori ed establishment USA. Torneremo presto sulla faccenduola Fincantieri Marine System North America e Fincantieri Marine Group, e il clamoroso bidone delle commesse Littoral Combat Ship.
Nelle 48 ore successive il Governo di Tripoli diffondeva l’entità del massacro dall’aria perpetrato sulle città della Repubblica Araba Socialista con 718 morti, 4.067 feriti ed amputati dal 19 Marzo al 26 Maggio. Effetti collaterali dei “bombardamenti chirurgici” che il titolare di Via XX Settembre ci aveva assicurato essere precisi al metro sui targets da oltre 3.5 miglia di quota.
Vediamo ora in dettaglio cosa ha promesso il Bel Paese, per bocca di Frattini, nella sua visita a Bengasi, del 31 Maggio – all’ 8° piano dell’Hotel Tibesti (!) che alloggia il Console Guido de Sanctis e la Rappresentanza dell’Unione Europea – agli “insorti” che si richiamano alla monarchia senussita.
Oltre ad aver firmato un memorandum d’intesa con Mustafà Abdel Jalil, l’ex contabile di casa nostra ha promesso “enormi somme di danaro e enormi quantità di combustibile raffinato” al CNT per mezzo di Unicredit e dell’ENI che terranno a garanzia, tramite Sace, gli assets “congelati” alla Jamahiryia.
Che effetti, politici e commerciali, possano produrre nei rapporti diplomatici tra l’Italia e i Paesi di Africa, Vicino Oriente, America Indiolatina e Asia comportamenti ampiamente criminali come quelli espressi dal Governo Berlusconi è facilmente intuibile.
L’ENI fornirà benzina e gasolio per iniziali 152 milioni di euro mentre Unicredit verserà la prima trance di 475 milioni di euro in contanti al CNT per dare il via all’infrastruttura organizzativa statale e amministrativa della “nuova” Libia.
Parigi e Londra, nel frattempo, hanno già trasferito nella capitale della Cirenaica un numero consistente di elicotteri d’attacco.
“Dobbiamo migliorare, da bassa quota, la nostra capacità di colpire i bersagli a terra con munizionamento di precisione” ha precisato il ministro degli Esteri Alan Juppè, già titolare della Difesa durante la presidenza Chirac, durante un summit NATO, a porte chiuse, a Parigi con gli “omologhi” europei.
Per la Repubblica delle Banane hanno partecipato congiuntamente Frattini e La Russa, due punte di diamante dei Poteri Forti che lavorano fianco a fianco con Mr. NATOlitano.
Un Presidentissimo che ormai sfila sulla “Flaminia” il 2 Giugno, dopo la chiusura dello spazio aereo della capitale, su Via dei Fori Imperiali protetto a vista da centinaia di “tiratori scelti” e da un codazzo di “addetti alla sicurezza” che lo affiancano a passo di corsa, mano alla cintura, lungo il percorso lanciando occhiate preoccupate a destra e manca.
C’è un vecchio proverbio che dice: “Male non fare, paura non avere”. Continua a leggere

Casi di intelligence – vite esemplari 4°

E’ in corso una guerra.
Come in tutti gli eventi bellici moderni, anche in questo caso alcuni fotografi cercano di immortalarne i momenti più significativi. Fotografi di guerra, o comunque persone che si spacciano per tali.
Capita di leggere un articolo (di cui uno stralcio è qui) sul “primo fotografo al mondo ad arrivare nella cittadina della Tripolitania” Misurata. Si racconta che Alessandro Gandolfi si sarebbe imbarcato sul rimorchiatore Ezzarouk fra Bengasi e Misurata con quindici ribelli, armi e casse piene di soldi. “C’era questa possibilità, e sono saltato a bordo” ha raccontato qualche giorno fa. E aggiunge: “E’ molto interessante l’aver trovato, oltre alle armi, che immaginavamo, un bel po’ di denaro. Stanno cercando di riaprire l’economia locale di Misurata. A bordo della barca c’era anche il ministro dell’energia del governo provvisorio, Ali Taruni.”
Fra i vari episodi che Gandolfi riferisce vi è anche la perquisizione da parte di un’unità navale della NATO battente bandiera italiana: “Il battaglione San Marco ha controllato da cima a fondo lo scafo, prima di farci passare”. Precisando che l’ispezione dei “ragazzi pugliesi” del battaglione è durata “cinque ore” e poi il rimorchiatore ha proseguito per la sua strada come se nulla fosse.
Ma allora, quando Frattini si interroga sul’eventualità di fornire armamenti ai “ribelli”, ci sta prendendo per i fondelli! E l’Airbus francese che atterra a Bengasi con 10 tonnellate di “aiuti sanitari” fa molto pensare.
Di certo, quelli a bordo del rimorchiatore Ezzarouk sono “uomini pronti a tutto: prima di sbarcare si armano fino ai denti e pregano a poppa per la vittoria finale sul ‘mostro di Tripoli'”. Lui li chiama “partigiani”…
Quando, infine, il cronista gli domanda da dove vengano tutti i soldi trovati nella barca, Gandolfi risponde: “In Italia, a Londra, nel mondo, ci sono libici affermati e danarosi che lasciano risorse per la causa”.
Capito, il fotografo di guerra?