Millie Weaver e lo Shadow Gate

Con le accuse di furto e violenza domestica, la documentarista statunitense di area conservatrice Millie Weaver e suo marito sono stati arrestati lo scorso 14 agosto, poche ore prima della prevista pubblicazione di Shadow Gate, nel quale ella mostra gli elementi di una manovra orchestrata dai partiti Democratico e Repubblicano per destituire il presidente Donald Trump.
Il video del documentario-bomba è consultabile ai seguenti collegamenti:
bigchute.com
brighteon.com
banned.video

Aggiornamento del 19 agosto 2020
Millie Weaver è stata rilasciata senza pagamento di cauzione, lunedì 17, come risulta dagli atti giudiziari.
Causa dell’arresto subito sarebbe stata una lite con la madre risalente alla scorsa primavera, durante la quale quest’ultima, temporaneamente ospitata dalla figlia dopo la chiusura del proprio posto di lavoro per l’emergenza sanitaria, avrebbe subito violenza.
Allo stato attuale, quindi, non risultano oggettivi legami dell’arresto con l’attività politico-culturale svolta dalla Weaver.
Il suo documentario è comunque stato rimosso dai canali YouTube e Facebook dove era stato inizialmente reso disponibile, in quanto considerato “hate speech”.

La Risistemazione Globale

Di Peter Koenig per Global Research

Peter Koenig, economista e analista geopolitico, ha lavorato per la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità nei settori dell’ambiente e delle risorse idriche. Tiene lezioni nelle università in USA, Europa e Sud America. Scrive regolarmente per Global Research e diverse altre testate.
È autore di Implosion – An Economic Thriller about War, Environmental Destruction and Corporate Greed – romanzo basato sui fatti e su trenta anni di esperienza alla Banca Mondiale in giro per il mondo. E’ anche coautore di The World Order and Revolution! – Essays from the Resistance.

Immagina, stai vivendo in un mondo che ti hanno detto sia una democrazia – e tu puoi persino crederci – ma in effetti la tua vita e il tuo destino sono nelle mani di pochi oligarchi ultra ricchi, ultra potenti e ultra disumani. Possono essere chiamati lo “Stato Profondo”, o semplicemente la “Bestia”, o qualsiasi altra cosa di oscuro e non rintracciabile – non ha importanza. Sono meno dello 0,0001%.
Per mancanza di una migliore espressione, per ora chiamiamoli “Oscuri Individui”.
Questi oscuri individui che pretendono di gestire il mondo non sono mai stati eletti. Non abbiamo bisogno di nominarli. Capirete chi sono, e perché sono famosi e perché alcuni di loro sono totalmente invisibili. Hanno creato strutture e organismi senza alcuna struttura legale. Sono pienamente al di fuori della legalità internazionale. Sono un’avanguardia per la Bestia. Può essere che ci siano svariate Bestie in competizione. Ma esse hanno lo stesso obiettivo: un Nuovo Ordine Mondiale (NOM) o un Unico Ordine Mondiale (UOM).
Questi oscuri individui stanno gestendo il Forum Economico Mondiale (in cui si riuniscono i rappresentanti della grande industria, dell’alta finanza e le grandi celebrità), il Gruppo dei 7 – G7, il Gruppo dei 20 – G20 (in cui si riuniscono i leader delle nazioni “economicamente più forti”). Ci sono anche entità minori, chiamate Bilderberg Society, Council on Foreign Relations (CFR), Chatam House e altre ancora.
I membri di tutte loro si sovrappongono. Persino la combinazione di questa avanguardia ampliata rappresenta meno dello 0,0001%. Si sono tutti sovraimposti sui governi nazionali sovrani eletti e sui governi costituzionali, e sulla struttura multinazionale a livello mondiale, l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Continua a leggere

Oltre la sudditanza psicologica

La dismisura, il gigantismo della tecnica che sovrasta e schiaccia la natura, la violenza predatoria, sono i fondamenti della società nordamericana. Dunque, non dovrebbero affatto sorprendere i metodi utilizzati dalle forze di polizia per garantire un ordine che si fonda sul monopolio dell’uso della violenza. Non dovrebbe neanche sorprendere il sistema del “due pesi due misure” con il quale i mezzi di informazione ed i vertici politici dell’“Occidente” a guida nordamericana si rapportano alle manifestazioni di protesta negli Stati Uniti o a quelle di Hong Kong, così come in qualsiasi altro Paese “non allineato”.
Uno degli effetti indubbiamente più deleteri degli oltre sette decenni di occupazione militare dell’Europa da parte di Washington è senza ombra di dubbio quello status mentale che porta a considerare ciò che avviene nel centro pseudoimperiale come qualcosa di determinante anche per la sua periferia. La sudditanza psicologica nei confronti degli Stati Uniti è arrivata ad un punto tale da scatenare vere e proprie tifoserie che sostengono le parti opposte nello spettacolo elettorale della democrazia americana, nella speranza che la vittoria dell’una o dell’altra possa per lo meno garantire un qualche miglioramento nella comunque ben accetta condizione di sottoposto.
Tale condizione ha subito un forte processo di estremizzazione nel corso delle elezioni presidenziali del 2016, che hanno portato alla vittoria del magnate Donald J. Trump, arrivata comunque in un momento di declino per la potenza talassocratica.
In questo contesto non si vuole in alcun caso riportare l’ormai stucchevole spettacolarizzazione propagandistica della lotta tra il Presidente ed il cosiddetto “deep state”. Chiunque abbia un minimo di familiarità con i meccanismi di potere nordamericani sa perfettamente che esiste un complesso industriale-politico-militare che persegue delle finalità geopolitiche e si muove in determinate direzioni, a prescindere da chi stia al vertice dell’impianto. Lo stesso processo di privatizzazione del Pentagono ha creato un sistema di contrattazione militare privata che si nutre di conflitto, ricavando da questo immani profitti. Basti pensare che, in piena pandemia, Washington ha votato contro una risoluzione ONU per il congelamento dei conflitti e delle sanzioni.
In questo senso l’attuale costruzione di una nuova retorica bipolare (in cui la Cina è presentata come un nuovo impero del male), oltre a garantire a Washington quel ruolo di guida democratica del “mondo libero” che gli USA non potrebbero permettersi di assumere in una condizione di multipolarità, serve essenzialmente a mantenere tale sistema in costante tensione.
Viene spesso enfatizzato il fatto che l’amministrazione Trump non ha scatenato alcun nuovo conflitto. Questa affermazione non trova alcun riscontro nella realtà geopolitica. In primo luogo, è un dato di fatto che le “guerre commerciali” sono guerre a tutti gli effetti e spesso rappresentano il preludio a più articolate azioni militari. In secondo luogo, ciò che ha impedito nuove azioni militari non è stata l’elezione di Trump, ma il rafforzamento dell’alleanza strategica tra Mosca e Pechino (fattore che aveva già spaventato la precedente amministrazione), la quale ha da subito lasciato intendere le sue posizioni, ad esempio, nel caso venezuelano e in quello iraniano. Lo stesso trumpismo, tra l’altro, non è affatto estraneo all’istinto eccezionalista che vorrebbe modellare il mondo a immagine e somiglianza degli USA. Si pensi, a questo proposito, al progetto di matrice bannoniana della New Federal China: ovvero l’idea di fare della Cina, liberata dal governo del PCC, una sorta di nuova CSI (la Comunità di Stati Indipendenti che soppiantò l’URSS dopo il suo crollo).
Quella che è stata definita come violenza predatoria (il saccheggio delle risorse petrolifere in Siria, ad esempio) è, di fatto, ciò che continua a garantire agli Stati Uniti una forza egemonica sufficiente per mantenere il dominio coloniale su un’Europa che ha rinunciato da tempo tanto alla volontà quanto alla decisione. Aspetti che hanno invece caratterizzato la sua tradizione politica prima del totale asservimento all’“Occidente”.
Ora, se l’Europa, in uno slancio di ritrovata autostima, volesse provare a riconquistare la propria sovranità, il primo passo da compiere sarebbe necessariamente l’identificazione del proprio nemico esistenziale e geopolitico. Questo nemico è l’America.”

Da Il nemico è l’America, di Daniele Perra.