La fabbrica del consenso

usa colt

Nel data base dei contratti sottoscritti dall’US Army c’è un elemento emblematico. Il versamento a favore dell’Associazione degli Industriali di Vicenza, una delle più potenti d’Italia, di 17.117 dollari in cambio di una serie di misteriosi “servizi” offerti proprio quando sulla pelle dei vicentini c’è chi decide di convertire il vecchio scalo aeroportuale in base-residence per i militari della 173^ Brigata aviotrasportata. Sono sei i contratti a favore dell’Associazione Industriali. I primi due risalgono al 2004 (uno con la causale “Policy Review/Development Services”, valore 3.277 dollari e l’altro “Other Education and Training Services” per 300 dollari); uno è del 2005 (“Other Professional Services” per 3.277 dollari); un altro ancora del 2007 (“Technical Assistance” per 4.572 dollari); gli ultimi due per “servizi” non meglio specificati ed un valore complessivo di 5.691 dollari recano la data del 15 luglio 2008. Proprio singolare il rapporto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America con gli industriali vicentini. Anche perché non esistono altre associazioni di categoria in Italia o nel mondo che possano vantare un simile trattamento di favore.
Tra le società e le industrie di “peso” dell’Associazione industriale locale ci sono però alcuni dei contractor di fiducia del Pentagono in Italia. Prima fra tutte la Gemmo S.p .A., società leader nell’installazione elettrica e nella progettazione e costruzione d’impianti civili, porti, aeroporti, strade, autostrade e tunnel. Con sede centrale ad Arcugnano ed uffici di rappresentanza in tutto il paese e all’estero (Armenia, Romania, Russia, Libia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Nigeria, Iraq ed Argentina), nel solo periodo compreso tra il 2000 e il 2007, la Gemmo ha eseguito per conto delle forze armate USA lavori per oltre 36.848.000 dollari. Settantatre i contratti sottoscritti per interventi che spaziano dalla realizzazione d’infrastrutture ed edifici per le truppe, alla manutenzione di piste aree, la riparazione di oleodotti, l’esecuzione di servizi vari come la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la derattizzazione, ecc.. La Gemmo ha pure partecipato alla gara per i lavori di bonifica nell’area Dal Molin degli ordigni inesplosi della Seconda Guerra Mondiale. L’esito non è stato favorevole ma l’azienda si è prontamente rifatta in Sicilia, ottenendo in consorzio i lavori per l’installazione entro il 2010 di tre potentissime antenne radar del nuovo sistema satellitare a microonde MUOS nel Centro di trasmissione dell’US Navy di Niscemi (Caltanissetta).
(…)
Sedici contratti per un valore complessivo di 12.410.282 dollari è il bottino incamerato grazie alle basi USA dall’Impresa Costruzioni Maltauro, partner di Gemmo nei lavori di realizzazione della nuova Fiera di Vicenza. L’importante azienda ha costruito piste per il decollo dei cacciabombardieri, hangar e palazzine per le truppe, depositi munizioni ed impianti idrici. Nella Caserma Ederle di Vicenza di proprietà dell’US Army, la Maltauro ha realizzato un centro d’intrattenimento di 3.000 mq per i soldati e le famiglie statunitensi, dotato di 16 piste da bowling, due sale giochi, due sale meeting, una cucina con area self-service, un bar e diversi uffici amministrativi. Un altro complesso ricreativo è stato realizzato all’interno della base aerea di Aviano (Pordenone). Nell’ambito del cosiddetto “Piano Aviano 2000” avviato da Washington per potenziare le infrastrutture e le funzioni dello scalo friulano, la società vicentina sta realizzando un edificio di circa 1.000 mq per nuovi uffici operativi e ristrutturando tre aree destinate a parcheggio, ricovero ed officine dei cacciabombardieri a capacità nucleare dell’US Air Force. I lavori per un ammontare di 11.514.816,40 euro, sono iniziati nel gennaio 2007 e avranno una durata di circa quattro anni.
(…)
L’Impresa Costruzioni Maltauro ha pure tentato di sedersi al banchetto dei lavori per la nuova base al Dal Molin, ma l’appalto è stato assegnato alle due aziende leader della LegaCoop, la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna.
Con l’arrivo a Vicenza dei 1.200 militari più familiari attualmente ospitati in Germania si aprono però enormi frontiere per il mercato immobiliare e speculativo. Fioccano così le presentazioni-approvazioni di varianti ai PRG per la costruzione di residence per il riposo dei nuovi guerrieri USA. Tra i progetti in pole position quello per centinaia di milioni di euro che la Maltauro sta eseguendo a Caldogno, comune che dista pochi chilometri dall’ex aeroscalo vicentino. I lavori, autorizzati dall’amministrazione locale il 3 dicembre 2007, prevedono la costruzione di due blocchi per 76 unità abitative di lusso, un grande centro commerciale, bar, ristoranti, negozi, centri fitness, impianti di calcetto e finanche una piscina olimpionica.
Ancora più ambizioso è il piano presentato dalla stessa società a Lentini, in Sicilia, per un “complesso insediativo chiuso ad uso collettivo”, destinato ad “esclusiva residenza temporanea dei militari americani della base US Navy di Sigonella”. In due terreni per complessivi 91,5 ettari , il cui cambio di destinazione d’uso è stato autorizzato dal Comune il 18 aprile 2006, la Maltauro intende realizzare “1.000 casette a schiera unifamiliari con annesso verde privato e parcheggi, un residence per la sistemazione temporanea per i militari in attesa dell’alloggio definitivo, attrezzature ad uso collettivo per l’istruzione, lo svago e il terziario, impianti sportivi, relative opere di urbanizzazione primaria e un sistema di guardiole per il presidio di controllo e sicurezza”. Si prevede un investimento per oltre 300 milioni di euro con l’insediamento di 6.800 abitanti e un volume complessivo di 670.000 metri cubi di costruzioni ed una superficie coperta di 195,000 mq..
(…)
Tra i contractor, pure qualche azienda o ente pubblico locale. L’AIM – Aziende Industriali Municipali, la società per azioni controllata dal Comune di Vicenza che gestisce reti idriche e fognarie, parcheggi, ecc., risulta aver ricevuto 739.654 dollari direttamente dall’US Army. Due i pagamenti contabilizzati, presumibilmente in cambio della fornitura di energia elettrica: il primo nel 2006 per soli 14.309 dollari, il secondo in data 10 dicembre 2007 per 725.345 dollari. Per la “raccolta e lo smaltimento di rifiuti solidi”, 40.753 dollari sono invece finiti direttamente nelle casse del Comune di Longare, il cui territorio ospita una base sotterranea delle forze armate USA, utilizzata come deposito di testate nucleari tattiche, che dopo essere stata parzialmente smantellata ma mai bonificata, è stata segretamente riattivata lo scorso anno. Infine l’Unità locale socio-sanitaria numero 6 di Vicenza che a partire dal 2004 ha ricevuto 4.146 dollari per la fornitura di prestazioni mediche e 2.504 dollari per ignoti “servizi di formazione e training”.
Gli alti strateghi di Washington si confermano acuti fabbricanti del consenso.

Da La Vicenza connection delle basi militari USA in Italia, di Antonio Mazzeo.
[grassetti nostri]

Problemi di classifica

villa_guiccioli

Di tutta la vicenda relativa alla intrusione di soldati statunitensi nel parco di villa Guiccioli mi sembrano meritevoli di attenzione tre cose. L’originale giustificazione data dal colonnello Maggian, le giustissime considerazioni riportate nell’editoriale di Gian Marco Mancassola su chi realmente comandi nella caserma Ederle e la conferma che le istituzioni italiane riconoscono, oramai, extracomunitari di serie A, cittadini Italiani di serie B ed extracomunitari di serie C.
Non so quale momento particolare attraversasse il colonnello Maggian quando ha scusato le violazioni di proprietà altrui con la mancanza di cartelli in lingua inglese. Di sicuro un brutto momento che per un po’ gli deve avere obnubilato le capacità di pensare. E già perché sarebbe bastato considerare che con le stesse motivazioni gli stranieri in Italia possono stazionare in divieto di sosta o in orari proibiti, andare contro mano nei sensi unici, imboccare direzioni vietate, non rispettare le deviazioni, fumare dove è proibito, entrare nei musei fuori orario, ecc. ecc. giacché tutte queste prescrizioni sono espresse soltanto in lingua italiana. Non si è posto, poi, il problema del perché il cartello avrebbe dovuto essere tradotto in inglese e non anche in tedesco, francese, spagnolo, cinese ecc.
Questo atteggiamento ci porta dritto alle considerazioni circa chi realmente comandi nelle basi Statunitensi in Italia. Come in quasi tutte le cose italiane l’incapacità di essere coerenti con certe scelte viene risolta con la separazione tra forma e sostanza. Formalmente il comando è italiano ma di fatto è statunitense. Vorrei vedere quanto durerebbe un comandante italiano, di spessore, che volesse far valer il proprio ruolo. Ma anche qui le nostre autorità si cautelano scegliendo con cura lo spessore del comandante nostrano. Spessore che, per esempio, non deve suggerirgli di fare un richiamo scritto al suo subordinato statunitense rimproverandogli la malefatta ed ordinandogli di mai più ripeterla.
Ora se un algerino, extracomunitario di serie C, si ferma a mangiare un panino e bere una bibita su una panchina di Campo Marzio viene immediatamente sanzionato dai solerti tutori dell’ordine. Se un gruppo di signore, cittadine di serie B, per effettuare una legittima quanto simbolica protesta, entrano nella prefettura, dove tra l’altro non esistono cartelli di divieto di ingresso nemmeno in veneto, vengono denunciate e processate. Ma se rubicondi rambo statunitensi, extracomunitari di serie A, violano ripetutamente le proprietà altrui malgrado gli allarmi che suonano e le legittime quanto inascoltate proteste dei responsabili di quelle aree, tutto finisce a tarallucci e vino con ipocrite e tardive scuse offerte non immediatamente ma solo quando il caso diventa di pubblico dominio e non dal comandante italiano, di diritto, ma da quello statunitense, di fatto, quando questi non sa più dove nascondere la faccia.
Guglielmo Vernau

[Titolo originale: Extracomunitari di serie A, cittadini di serie B, extracomunitari di serie C; grassetto nostro ]

“La sfida più grande si giocherà a Vicenza”

bombe-inesplose

Chissà se si riferiva alle proteste dei No base o alle questioni burocratiche made in Italy. Però lo ha detto chiaro: «La sfida più grande? Sarà la nuova base a Vicenza».
Lui è il generale Carter Ham, comandante dell’US Army Europe, che durante una conferenza stampa al Pentagono parlava della pesante ristrutturazione delle forze armate USA in Europa, del suo timore che in Germania restino troppo pochi soldati e delle varie dislocazioni dei battaglioni. E quando davanti ai giornalisti americani cita Vicenza e il Dal Molin il generale Carter Ham non nasconde come stanno le cose: «La sfida più grande («the biggest challenge») che ci resta per la trasformazione del comando è il consolidamento della 173esima Airborne Brigade Combat Team in Italia».
Insomma è proprio sul Dal Molin che si gioca, sostiene il generale, tutta la riorganizzazione dell’esercito statunitense in Europa.
«Quell’unità ha adesso alcune truppe in Germania, ma si riunificherà a Vicenza con la costruzione di nuovi edifici». Quindi il Pentagono, a sentire il comandante dell’US Army in Europa, sulla nuova base nell’ex aeroporto vicentino e sull’allargamento della Ederle ci conta eccome. «Per ospitare – si legge nell’articolo comparso sul sito web Armytimes.com – i 3.800 soldati della 173rd brigata oltre ai loro parenti e agli impiegati civili».
Dal Molin a parte, il generale Carter Ham era andato al Pentagono per chiedere di cambiare il progetto iniziale di ristrutturazione dell’esercito americano in Europa. «Meglio fermarci a quarantaduemila soldati e non, come previsto dal programma iniziale, di ridurli a trentaduemila entro il 2012-13». In altre parole mantenere tra Italia e Germania quattro combat team e non due come vorrebbe il Pentagono.
Carter Ham ha parlato anche del neonato US Africa Command che, sempre a Vicenza, ha sostituito la vecchia Setaf: «Così come è strutturato oggi non avrà a disposizione truppe ma dovrà servirsi di quelle sparse in Europa». E solo quando ci saranno le condizioni logistiche e di fondi l’esercito trasferirà il comando dalla Ederle all’Africa.

Da Il Giornale di Vicenza del 4 marzo 2009, p. 19, di Al. Mo.

Le dichiarazioni del generale Prosciutto sono riportate più estesamente da Antonio Mazzeo, il quale sottolinea come il programma di ridimensionamento delle forze statunitensi in Europa – in corso da alcuni anni – sembri destinato ad interrompersi.
Da Potenziate le basi dell’esercito USA in Europa:

Uno stop al piano di riduzione delle forze terrestri USA in Europa. Lo ha chiesto il comandante dell’US Army nel vecchio continente, generale Carter F. Ham, in occasione della sua recente visita a Washington dove ha incontrato gli alti comandi dell’esercito e del Dipartimento della difesa. Ham ha raccomandato che il numero dei militari in forza al comando USAREUR, venga congelato al suo livello odierno di 42,000 unità, bloccando il programma che prevede il ridimensionamento ad un massimo di 32,000 soldati entro il 2012-13. Nello specifico, il Pentagono ha programmato la riduzione della presenza in Europa da quattro a due brigate pesanti (la 2^ Stryker Brigade a Vilseck, Germania e la 173^ Brigata Aviotrasportata a Vicenza, Italia).
Il generale Ham ha spiegato che il commando USAREUR ha bisogno di una forza maggiore per “rispondere efficacemente alle richieste operative in Iraq, Afghanistan, nei Balcani e dove sarà necessario”, e per condurre simultaneamente “l’ambizioso programma di addestramento con gli alleati, particolarmente con le nuove nazioni appartenenti alla NATO e con quelle che hanno fatto richiesta di entrare nell’organizzazione”.
Negli ultimi anni, il Pentagono ha chiuso in Europa 43 tra basi e piccole installazioni dell’US Army, richiamando negli Stati Uniti 11.000 militari. Il piano di riduzione prevede adesso il ritiro della 172^ Brigata di fanteria (oggi di stanza nelle città tedesche di Schweinfurt e Grafenwöhr) e della 1^ Divisione Corazzata di Baumholder (ancora in Germania), destinata a Fort Bliss, Texas. La richiesta formalizzata dal generale Carter F. Ham potrebbe tuttavia condurre a una modificazione di questo scenario.
’US Army punta intanto a centralizzare i suoi reparti di guerra in cinque grandi centri “hub”, quattro in Germania (Ansbach, Grafenwöhr, Kaiserslautern e Wiesbaden), ed uno in Italia, per l’appunto Vicenza. Nel budget previsto per il 2009 dall’amministrazione USA per il potenziamento delle basi militari all’estero, è prevista una spesa di 349 milioni di dollari per le infrastrutture e le postazioni ospitate in questi “hub” europei dell’esercito.
(…)

Nella foto: il ritrovamento di alcune bombe inesplose della Seconda Guerra Mondiale durante i lavori in corso all’aeroporto Dal Molin di Vicenza.

AFRICOM: un Comando del Pentagono, rifiutato dall’Africa, accolto tra Sigonella, Ederle e Dal Molin

africom

Nel Dicembre 2008 il Ministro degli Esteri annunciava un importante accordo dalle pesanti ricadute in politica interna e internazionale: Africom sarebbe stato ospitato in Italia. Pochissimi ne hanno preso atto con la serietà e la preoccupazione che sarebbe stata necessaria, pochi di più ne sanno qualcosa. Non se ne parla affatto, né ne è stato discusso in Parlamento o nelle amministrazioni locali delle regioni interessate, eppure, il nostro Paese ospiterà il comando del Pentagono, coordinato tra Vicenza e Napoli, nella basi operative americane Ederle, Dal Molin e Sigonella; a quest’ultima – come s’è appurato nel 2005 – fa già capo la centrale d’intelligence per le operazioni anti-terrorismo in Africa: un osservatorio di telecomunicazioni e aerei P-3C Orion gestiscono il controllo di un’area compresa tra Golfo di Guinea e Corno d’Africa e ora sopraggiungeranno altri soldati (750), armamenti e logistica. Alex Zanotelli e la sua rete stanno facendo molto per sensibilizzare la cittadinanza circa i modi in cui una decisione di tale importanza sia stata presa senza alcun riguardo per le Istituzioni: noi, in qualità di studiosi, invitiamo a prendere in seria considerazione le implicazioni di un simile accordo.
Segue l’informativa e le firme dei sottoscrittori.

Studiosi africanisti e di diverse aree disciplinari desiderano portare all’attenzione nazionale come sia passata inosservata la decisione, esternata poco prima di Natale dal Ministro degli esteri Frattini, di offrire ospitalità ad AFRICOM sul nostro territorio, e precisamente a Napoli e Vicenza (basi operative Ederle, Dal Molin e Sigonella), senza alcuna discussione in Parlamento o, quantomeno, senza alcun coinvolgimento apparente delle amministrazioni locali coinvolte [1]. Un dibattito aperto su una questione così delicata avrebbe probabilmente permesso di far riflettere questo Governo circa le reali implicazioni non solo interne, ma anche internazionali di una tale decisione e non solo alla luce di un prevedibile passaggio di consegne dall’Amministrazione Bush a quella di Obama, ma nel rispetto dell’autodeterminazione dei popoli e degli Stati.
Pochi sanno di cosa si tratti e ci sembra quindi opportuno offrire degli elementi che consentano di farsi un quadro più preciso della situazione.
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Luce su Site Pluto

sole

La base USA di Site Pluto a Longare, con la collegata base della Fontega a Tormeno, è un centro della strategia bellica che l’amministrazione statunitense ha messo in atto in Irak ed in Afghanistan, indifferente al prezzo che pagano le popolazioni civili.
Dentro la base si studiano nuove guerre e Site Pluto-Fontega è l’arsenale d’armi della 173° brigata aviotrasportata di stanza alla Ederle (e nella nuova base prevista al Dal Molin).
Negli ultimi anni, dentro la base sono stati effettuati molti lavori di ristrutturazione e, da poco, l’amministrazione comunale ha concesso una seconda entrata in via dei Martinelli, a conferma dell’intensificarsi delle attività.
Oltre ad essere un avamposto di guerra, Site Pluto è un pericolo reale e incombente per la salute e la sicurezza delle persone che vivono in zona.

Affinché sia rispettato l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra”, senza farci complici di aggressioni, chiediamo la riconversione ad uso civile di questo sito e la bonifica dalle armi a garanzia della salute dei cittadini.
Per queste ragioni vi invitiamo a camminare insieme a noi di giorno per osservare e di notte per illuminare…

Domenica 7 dicembre 2008, ore 10.00
Ritrovo al parcheggio del campo sportivo di Longare per percorrere il sentiero che segue il perimetro di Site Pluto e la strada sterrata fino all’ingresso della base di San Rocco (ex Site Hawk, ora CoESPU).

Sabato 20 dicembre 2008, ore 17.00
Il medesimo percorso all’imbrunire e nella notte più lunga dell’anno, illuminata dalle torce elettriche e dal desiderio di pace e giustizia.

Organizzano: Gruppo Presenza LongareDonne in Rete per La Pace

Collaborazionisti dentro il Dal Molin

Vicenza, 22 ottobre – Le ruspe sono entrate in azione all’interno dell’area dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza, dove deve sorgere la nuova base militare americana.
Lo hanno reso noto i militanti del coordinamento ‘No Dal Molin’, contrari al progetto. Al momento è stata già abbattuta una palazzina e sta per essere smantellata una strada di collegamento tra alcuni degli edifici interni all’area aeroportuale. Secondo le informazioni riferite dai ‘No Dal Molin’ alle demolizioni delle strutture stanno lavorando tre ruspe ed alcuni camion. ”Le demolizioni –
affermano i contrari alla base – sono la miglior metafora di quanto sta avvenendo a Vicenza: gli statunitensi vogliono demolire il patrimonio della città per realizzare un nuovo strumento di guerra”.
Il coordinamento terrà domani una conferenza stampa, nella sede del presidio permanente, per annunciare la propria risposta a questa nuova fase del braccio di ferro sulla Ederle 2. Venerdì pomeriggio, inoltre, i ‘No Dal Molin’ si porteranno sulla rotatoria di Viale Ferrarin – principale via d’accesso all’aeroporto – per incontrare i lavoratori e i tecnici incaricati delle demolizioni ”e guardarli negli occhi”.
(ANSA)

Dal Molin: i numeri

Punto per punto ciò che servirebbe per la nuova base USA di Vicenza:

Elettricità: l’allacciamento della corrente elettrica costerebbe 9.360.000 euro, di cui poco più di un quindicesimo pagato dagli statunitensi, tutto il resto (8.730.000 euro) dall’AIM, ovvero dai vicentini. Inoltre, le basi USA acquistano l’energia elettrica in esenzione di tasse e con tariffe agevolate.
Fognature: l’allacciamento alla rete fognaria costerebbe ancora di più e sarebbe interamente a carico di AIM. In aggiunta, i costi per l’utilizzo del depuratore (oltre 500.000 euro annui) se li aggiudicherebbero i vicentini, di nuovo.
Acqua: la nuova base USA ha chiesto da un minimo di 60 ad un massimo di 260 litri/secondo. AIM oggi può servire 7 litri/secondo e con una nuova linea potrebbe arrivare a 30. La quantità d’acqua richiesta è troppo onerosa per la nostra falda acquifera. Senza contare che i costi, circa 350.000 euro, sarebbero sostenuti dai vicentini tramite AIM.
Gas: lo fornirebbero AIM-AMCPS, usando le tasse dei vicentini.
Telefonia: idem.
Immondizie: allo smaltimento di rifiuti e immondizie provvederebbe ancora AIM.
Strade: alla manutenzione delle strade ci penserebbe invece AMCPS, ma poco cambia perché la pagano sempre i vicentini con le tasse.
Spese di gestione: il 41% dei costi di gestione delle basi USA sono a carico del paese che le ospita. Solo per la Ederle l’Italia paga già 65 milioni di euro annui.
Affari: generalmente intorno alle basi USA, autosufficienti in tutto, non fioriscono attività commerciali.
Posti di lavoro: oggi circa 700 cittadini vicentini lavorano direttamente per gli statunitensi, con stipendi per 23 milioni di euro annui. Ma se i 65 milioni di euro/anno spesi per mantenere la Ederle venissero investiti in Sanità, Protezione Civile, Scuola ed altri servizi per la cittadinanza si creerebbero oltre 2.000 posti di lavoro.
Investimenti: dei 475 milioni di euro definitivamente destinati dal Congresso statunitense ad opere edili (tra cui costruzione della nuova base militare ed alloggi per le famiglie dei soldati, ristrutturazione Ederle e Site Pluto) solo 45 milioni li guadagnerebbero ditte vicentine, mentre il grosso del bottino, ben 430 milioni di euro, andrebbe a C.m.c. e Lega delle Cooperative, altre ditte non venete e ditte straniere.
Spese annuali sul territorio: attualmente, le entrate che la città registra grazie all’utilizzo di infrastrutture, beni e servizi ed agli affitti statunitensi sono pari a 127 milioni di euro. Dopo la realizzazione di nuovi villaggi, strutture ricreative ed altri aggiustamenti tecnici previsti, le spese statunitensi sul territorio si ridurrebbero da 127 a 50 milioni di euro/anno. Le 13.400 aziende che operano a Vicenza fatturano 7.000 milioni di euro/anno. Questi 50 milioni rappresenterebbero lo 0,7% dell’economia vicentina.

In attesa della consultazione referendaria indetta dall’amministrazione comunale il prossimo 5 ottobre, con la quale la cittadinanza sarà invitata ad esprimere la volontà di acquisire al patrimonio dell’ente locale l’area destinata alla nuova base statunitense, e della pronuncia del TAR Veneto sul merito della questione (dopo che lo scorso giugno era stata resa quella sugli aspetti di principio).

Fonte: nodalmolin.it

Dal Molin consegnato alle imprese appaltatrici

CASERMA EDERLE, Vicenza — Il Consorzio di imprese italiane responsabili della progettazione, sviluppo e costruzione delle nuove infrastrutture americane presso l’Aeroporto Dal Molin ha ricevuto in consegna l’area Ovest.
L’associazione di imprese CMC di Ravenna e CCC di Bologna ha di fatto preso in consegna il sedime di Dal Molin per iniziare le operazioni di preparazione del cantiere dei lavori. L’installazione di Dal Molin rimane un sito di proprietà del demanio militare italiano alle dipendenze del Comandante italiano della Caserma Ederle.
Una volta completato, il progetto comprenderà alloggi, uffici, spazi ricreativi e strutture di supporto per la 173^ Brigata Aviotrasportata, attualmente dislocata tra le sedi separate di Vicenza e della Germania.
Il completamento dei lavori è previsto entro il 2012.
Il Comando della Caserma Ederle continuerà a lavorare con il Commissario Straordinario del Governo, On. Paolo Costa, e con tutte le competenti autorità italiane, a livello nazionale, regionale e locale, durante l’intera fase esecutiva del progetto.

(dal sito nodalmolin.it)

Caro Ministro, Caro Arturo

Dal sito NoDalMolin, una lettera che il commissario straordinario Paolo Costa mandò all’allora Ministro della Difesa Arturo Parisi, in cui si esprime la volontà di “eliminare alla radice le componenti locali del dissenso” nonostante poggino su “motivi ragionevoli” e “cause fondate”.

Vicenza, 17 settembre 2007

Ill.mo Signor
On. Prof. Arturo PARISI
Ministro della Difesa
Caro Ministro, Caro Arturo,
è giunto il momento di prendere decisioni definitive circa il progetto di ampliamento dell’insediamento militare americano all’aeroporto Dal Molin di Vicenza.
Sono decisioni che si possono prendere oggi sfruttando le premesse poste in questi mesi di lavoro del Commissario (e che sono amministrativamente riassunte nella determina del Direttore Generale del GENIODIFE, gen. Resce) e che devono esser prese ora per imprimere una inerzia positiva alla realizzazione del progetto ed eliminare alla radice le componenti locali del dissenso.
Sulle componenti non locali (pacifismo apolitico e antiamericanismo) occorrerà comunque intervenire con una accorta campagna di comunicazione che naturalmente non può riguardare il solo Commissario.
La tre giorni di protesta a crescente caratterizzazione no-global svoltasi da giovedì 13 a sabato 15 settembre a Vicenza, a conclusione di un presidio-campeggio “pacifista” durato dal 6 al 16 settembre, può diventare l’ultima manifestazione di un dissenso sostenuto anche localmente; ma solo se si interviene tempestivamente per togliere le cause ragionevoli, perché fondate, di questo dissenso. Mi riferisco alle preoccupazioni relative alla viabilità di accesso al nuovo insediamento militare, che avrebbe potuto aumentare i disagi di un traffico cittadino già difficile per la conformazione storica di Vicenza, e a quelle relative all’utilizzo ai fini di ampliamento della base dell’ultima grande area verde pregiata della città. Motivi ragionevoli che vanno definitivamente separati da quelli legati all’antiamericanismo, all’antimilitarismo e/o pacifismo apolitico, cioè dai motivi che nulla hanno a che fare con le caratteristiche del nuovo insediamento militare americano a Vicenza.
Dopo i mesi di relativa tranquillità, garantiti sia dall’estate sia dalla prospettiva di soluzione meno impattante fatta intravedere dal Commissario nella sua comunicazione e nei suoi atti di autorizzazione all’avanzamento del progetto, questa è oggi di nuovo a rischio per le attività del Presidio Permanente sostenuto dai movimento no-global del Nord Est, se non italiani e oltre. E’ facile prevedere che la tensione salirà non appena si darà il via al programma di bonifica bellica dell’area già contrattualizzato.
E’ questo dunque il momento per intervenire decisamente e trasformare le prospettive di soluzione, già fatte intravedere, in soluzioni certe, a utilizzare fin d’ora anche a fini di comunicazione.
Occorre poter arrivare molto presto a dire – fondatamente – che il nuovo insediamento militare americano altro non è che un riuso, con qualche espansione, della sola area ad ovest della pista di aviazione già utilizzata dall’aeronautica militare italiana e che, quindi, l’area ad est della pista, il grande prato verde che sarebbe stato distrutto dall’intervento previsto nella proposta che ha scatenato l’opposizione locale, rimane intatto. Questa affermazione, assieme a quella già acquisita che si organizza, sia in via temporanea sia in via definitiva, una accessibilità viaria che non interferisce con la viabilità normale soprattutto quella di attraversamento del centro storico di Vicenza, toglierebbe ogni motivo di opposizione ragionevole.
Se si può aggiungere, come si deve aggiungere, che Vicenza verrà ricompensata per questo suo “sacrificio” con il completamento della tangenziale a nord della città e con eventuali altri interventi in tema di università e di sanità, il pacchetto completo dovrebbe spianare la strada al progetto.
Ma occorre poter spendere tutto e subito. Continua a leggere

Site Pluto. Ieri, oggi, domani

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“Nel gennaio del 1956 fu costituito a Vicenza il comando della SETAF (South European Task Force) era composto da due battaglioni di artiglieria americana in grado di utilizzare armi atomiche. La 559th compagnia di artiglieri americana aveva lo scopo di “provvedere alla consulenza ed assistenza dell’artiglieria italiana da campo e delle unità di difesa aerea”.
Gli americani posano subito l’occhio su un luogo già usato dai tedeschi durante il corso della seconda guerra mondiale. Il Nobiluomo proprietario della collina, fu in causa per decenni con il governo italiano ed americano per “essere stato estromesso di brutto dai suoi possedimenti”.
I più anziani di Longare ricordano l’imponente traffico di mezzi per adeguare a deposito di armi atomiche un sito naturalmente predisposto per la presenza di caverne e cunicoli sotterranei di origine carsica (scavati per milioni di anni dalle acque, ampliati dall’escavazione di pietra ed usufruiti dai tedeschi durante la guerra). La 69th Ordnance Company di stanza a Longare prese il compito di effettuare la manutenzione delle bombe atomiche. La difesa fisica delle bombe era affidata al 28th distaccamento di artiglieria da campo americano. Entrambe erano dipendenti dalla 559th.
Nel 1954 fu installato il “Site Pluto” il “Covo di Plutone” (il dio greco delle profondità terrestri, ma può essere intesa anche come abbreviazione di ‘plutonio’ una delle materie prime delle bombe atomiche).“Site Pluto” apparve collegato per via sotterranea a quello di Tormeno, quest’ultimo privo di armamenti atomici ma curato dal 22th distaccamento di artiglieria da campo americana e dalla 19th Explosive Ordnance. Quest’ultima aveva il compito della “distruzione delle armi nucleari o degli interventi di emergenza in caso di incidenti”. Il sito del Tormeno appariva come un sito di pronto intervento in caso di “evacuazione e autodistruzione”.
“Site Pluto” a noi oggi appare in stretto collegamento con il sito militare di San Rocco (situato anch’esso a Longare, al culmine della collina e sovrastante il “Site Pluto”), gestito dall’Esercito italiano, solo nella porzione perimetrale, mentre la zona interna era ad uso esclusivo degli americani. Il 1992 è un anno di svolta con la dissoluzione dell’U.R.S.S. e lo scioglimento del “Patto di Varsavia”. La cerimonia di chiusura di “Site Pluto” avviene giovedì 26 marzo 1992, ma rimane comunque attivo fino al 15 maggio 1992. Non è restituito all’Italia, pur essendo state trasferite altrove armi nucleari e missili. Questa, però, è solo la prima fase di vita del sito (1954-1992). Qualcosa deve essere successo, dal momento che, per lungo tempo rimane apparentemente abbandonato, dopo un paio di giorni di attivo via-vai di betoniere di cemento. È chiusa anche la base italiana di San Rocco, la vegetazione si riprende gradualmente il terreno all’interno del sito e le strutture visibili dall’esterno vanno in distruzione. Dopo anni l’attività riprende… ma questa è un’altra storia.”

La versione integrale del documento (file .pdf, 2.5 Mb), da cui è tratta la citazione, è qui.

Comitati di accoglienza

Inizieranno già da lunedì 9 le iniziative contro la visita a Roma di George W. Bush in programma l’11 giugno. La mattina e’ infatti in programma una conferenza stampa davanti al carcere di Regina Coeli, luogo scelto simbolicamente dopo la decisione di trasferire in altri istituti penitenziari del Lazio 220 detenuti per far fronte ad eventuali fermi effettuati durante le manifestazioni di protesta. Nel pomeriggio della stessa giornata, appuntamento davanti all’ambasciata statunitense di via Vittorio Veneto per un sit- in, assieme ad un cartello di associazioni di solidarietà con Cuba e l’America Latina.
Il clou delle proteste e’ previsto però in concomitanza con l’arrivo del presidente degli Stati Uniti a Roma: un corteo partirà alle 17.00 da Piazza della Repubblica, mentre sono in programma altre iniziative davanti ai consolati USA di Milano e Palermo e presso l’aeroporto Dal Molin di Vicenza.

Oggi, intanto, si è svolto un presidio davanti il Comando dell’oleodotto NATO-POL presso l’aeroporto di Parma. Qui il relativo comunicato stampa.

“Quel piano è una vera follia”

Così affermava il grande urbanista Edoardo Salzano nell’estate del 2006, quando divennero note le intenzioni del governo statunitense di raddoppiare la propria presenza militare sul territorio comunale di Vicenza, già oberato di quasi un milione e mezzo di mq di servitù militari considerando la Caserma Ederle, il cosiddetto “Villaggio della Pace” (sic) – la cittadella che ospita le residenze ed i servizi per le famiglie dei militari stanziati alla Ederle -, le basi sotterranee di Fontega di Arcugnano e di Longare (dove all’inizio degli anni novanta si è verificata una fuga di materiale radioattivo dagli ordigni nucleari ivi custoditi), i centri logistici di Lerino e Torri di Quartesolo. Sulla scorta dell’esperienza passata, che ha visto la Ederle triplicare la sua area, è infatti prevedibile che il nuovo insediamento all’ex aeroporto Dal Molin riguardi non solo l’area una volta adibita ad uso civile ma anche quella a scopi militari, attualmente in dismissione da parte dell’aeronautica italiana.
Per finire (ma chi lo sa?) con la costruzione di un nuovo villaggio – e chissà come lo chiameranno questa volta… – in località Quinto Vicentino, già appaltato alla ditta Pizzarotti di Parma, la stessa che nel 1983 aveva vinto l’appalto per l’installazione dei missili Cruise a Comiso, in Sicilia. In tal modo l’estensione totale degli insediamenti militari a stelle e strisce ammonterebbe a circa 3 milioni di mq, pari al 30% della superficie occupata dal centro storico della città berica, patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco.
All’epoca, Salzano sottolineava come le edificazioni in programma non sono previste dagli strumenti urbanistici di pianificazione, andando ad esaurire quasi tutte le cubature e volumetrie contemplate nei piani regolatori per l’intera città. Di lì a poco sarebbero stati stimati da valenti professionisti anche le pesanti ricadute in termini di impatto ambientale della nuova base, sotto i diversi aspetti dell’inquinamento atmosferico (in una città che detiene il poco invidiabile secondo posto fra le più inquinate in Italia), idrico, acustico, elettromagnetico e, presumibilmente, anche radioattivo-batteriologico. Dati altrettanto inquietanti riguardano i consumi di risorse naturali da parte delle future nuove infrastrutture e dai loro occupanti. A cominciare dall’acqua di ottima qualità dell’acquedotto locale, per la quale gli statunitensi avanzano una richiesta di circa tre milioni di mc annui, pari a quello che oggi consumano trentamila vicentini. Analogamente spropositate anche le previsioni per i consumi di gas naturale ed energia elettrica, che del resto loro hanno il privilegio di pagare notevolmente meno del cittadino italiano (a prezzi inferiori, rispettivamente, del 40% e 25%) grazie all’esenzione dalle relative imposte di consumo, quelle tecnicamente denominate “accise”. Di uno sconto ancora maggiore, pari al 65% del prezzo di mercato, beneficiano per l’acquisto del gasolio per riscaldamento, che perciò utilizzano in grandi quantità nonostante il suo forte impatto ambientale.
Coloro i quali, poi, sperano che l’arrivo di ulteriori soldati statunitensi produrrà un grosso vantaggio in termini di un aumento del monte affitti relativo agli appartamenti, rischiano seriamente di rimanere delusi dalle previsioni del consolato che, in virtù della costruzione alla Dal Molin di otto nuove caserme per i militari senza famiglie al seguito, di una sessantina di appartamenti all’interno della Ederle e del nuovo villaggio di Quinto, stima una riduzione dagli attuali 37,5 milioni di euro annui a circa 8,5.

Ederle, di tutto di più

Il sergente maggiore Gennaro “Hyena” Noviello è il sottoufficiale italiano di collegamento tra il Southern European Task Force (SETAF) delle forze armate USA e la 173° brigata aviotrasportata statunitense, con sede a Vicenza presso la caserma Ederle. Recentemente il comando del SETAF ha reso nota una dichiarazione del Noviello in cui egli sostiene l’importanza per i militari italiani di comprendere le procedure degli Stati Uniti, in quanto potrebbe esserci in futuro il bisogno “di lavorare insieme con i soldati americani”. Dove? In Afghanistan.
Ufficialmente, i compiti dei soldati italiani sono ben diversi da quelli degli statunitensi: mentre questi conducono le offensive e sono autorizzati a sparare per primi, quelli stanno nelle retrovie e possono far fuoco solo in caso di pericolo ma mai attaccare. Concretamente, le dichiarazioni di “Hyena” come quelle di altri ufficiali, insieme ad alcune fotografie recentemente diffuse dal SETAF con la spiegazione delle esercitazioni e l’indicazione dei reparti che vi partecipano, sono più che sufficienti a raffigurare un bel quadretto in cui lagunari, paracadutisti, carristi ed alpini italiani ricevono addestramento dai più esperti parà della 173°.
Esercitazioni di questo genere si sono tenute ad esempio il 24 aprile 2007 ed il 14 gennaio 2008, mentre il successivo 28 gennaio si è svolto un addestramento sulle nevi del Passo del Tonale, che collega le province di Brescia e Trento. “Qui noi addestriamo circa 350, 400 soldati al mese” racconta Paul McKenzie, incaricato degli aspetti tecnici del Blocco Est della caserma Ederle, in una dichiarazione al settimanale statunitense The Outlook. “Noi prepariamo la gente a combattere in Afghanistan” precisa con cipiglio Domenico Greggio, sottufficiale italiano in congedo ma attualmente istruttore di sci per gli alpini.
Fra una missione e l’altra, questi eroi potranno poi ritemprarsi presso il da poco inaugurato Building 9A, complesso di 56 stanze per la Warrior Transition Unit: camere confortevoli e servizi – afferma la nota diramata dal comando della Ederle – per aiutare i guerrieri a curarsi, a riprendersi dallo stress della guerra prima di una nuova partenza.

Appaltata

cmc

Dopo la “clamorosa” notizia, diffusa dall’edizione europea di Stars&Stripes – l’organo di informazione dell’esercito statunitense – nella sua edizione del 3 gennaio 2008, che il comando SETAF di stanza alla Caserma Ederle di Vicenza aveva ottenuto tutti i permessi necessari ad iniziare la costruzione della nuova base all’interno dell’aeroporto Dal Molin, è giunta alla fine di marzo l’aggiudicazione dell’appalto da parte del Comando del Genio della US Navy. Il relativo bando di concorso, pubblicato lo scorso 18 luglio 2007, avrebbe riscosso un grosso interesse dalla aziende del settore, più di duecento delle quali si sono candidate a svolgere i lavori.
Definito il valore dell’appalto, che ammonta a circa 245 milioni di euro, ora si tratta di capire quando le ruspe entreranno in azione. Si dice non oltre la fine della prossima estate, quando la Cooperativa Muratori Cementisti (CMC) di Ravenna, già presieduta dall’ex-ministro Bersani, dovrebbe prendere possesso dell’area designata. La consegna della nuova installazione è prevista entro la metà del 2012, anche se è lecito nutrire dubbi in proposito considerando quali siano i “fiori all’occhiello” della cooperativa suddetta: la linea ferroviaria ad alta velocità Milano – Bologna nonché la famigerata autostrada Salerno – Reggio Calabria.

Dal Molin: come, quando e perché

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La nuova base occupa un’area di circa 440.000 mq, è lunga circa un chilometro e mezzo ed ha una larghezza variabile tra i 330 metri a sud ed i 230 a nord. Sull’area verranno costruiti 48 edifici (di cui dieci a più piani) che insistono su una superficie di circa 79.000 mq. La superficie calpestabile sviluppata è pari a 230.000 mq, la volumetria è di circa 880.000 mc. Il resto dell’area è occupato da strade, piazzali, campi da gioco ed altri spazi di non meglio identificato utilizzo.
Nei documenti ufficiali della Difesa statunitense si afferma che “questo progetto viene richiesto (…) come supporto al potenziamento ed alla trasformazione della 173° Aerobrigata in un’Unità d’Azione completamente autonoma a Vicenza”. La 173° Brigata aviotrasportata, con il programma Future Combat System (FCS), viene trasformata in Brigade Combat Team (BCT), la più grande forza d’attacco presente in Europa con sei battaglioni collocati a Vicenza, di cui quattro alla Dal Molin e due presso la Caserma Ederle, per un totale di 4.300 militari (dai 2.660 attuali).
Nel complesso della Dal Molin non mancheranno:
un centro fitness di 4.400 mq;
una mensa di circa 3.000 mq in grado di preparare 1.300 pasti per volta, abbondantemente innaffiati da cola;
un cappella di 875 mq, per non smarrire la retta via;
un centro commerciale di 1.500 mq, per non disabituarsi alla tipologia di paesaggio in cui si trovano più a loro agio;
un centro di comunicazioni attrezzato a praticare tattiche di guerra elettronica ed a gestire mezzi aerei e terrestri senza pilota.
Il 28 febbraio 2007, il senatore a vita Francesco Cossiga – ex Presidente della Repubblica quindi, teoricamente, difensore della Costituzione che bandisce la guerra quale strumento per la risoluzione delle controversie internazionali – ha avuto la bontà di informarci sull’esistenza del piano “Punta di Diamante” che prevede l’utilizzo della 173° Brigata aviotrasportata come “strumento del piano di dissuasione e di ritorsione anche nucleare”, il cui trampolino di lancio, almeno inizialmente, dovrebbe essere rappresentato dall’aeroporto di Aviano. L’assegnazione dei contratti per la costruzione della superstrada Pedemontana Veneta è oggi salutata con soddisfazione dal comando SETAF alla Ederle, che vede sensibilmente ridotti i tempi di spostamento fra Vicenza e la base USAF in provincia di Pordenone.
Secondo il giornalista Marco Mostallino, le basi militari USA nel Nordest stanno ritrovando la loro originaria vocazione, non la guerra calda dei deserti del Vicino e Medio Oriente ma quella fredda contro i russi. I nomi e gli squadroni di appartenenza dei militari morti nello schianto di un elicottero Black Hawk – di stanza proprio ad Aviano a supporto degli F-16 – avvenuto ad inizio novembre 2007 vicino a Treviso, confermerebbero questa tesi. Essi appartenevano infatti al 31° Fighter Wing, reparto di velivoli a corto raggio il cui compito è la difesa aerea contro la minaccia proveniente dall’Est e che dal 1994, secondo documenti ufficiali USAF da poco declassificati, si è dedicato ad operazioni nei teatri balcanici, bombardamenti sulla Jugoslavia del 1999 compresi.
Un alto ufficiale europeo della NATO sotto copertura di anonimato sosterrebbe che tutto ciò che sta accadendo nella basi del Nordest italiano è legato al confronto con la Russia. Il Dal Molin diventa cruciale perché gli Stati Uniti vogliono agirvi liberamente senza alcun coordinamento con la NATO, e quindi tanto meno con l’Italia paese ospitante. L’intendimento sarebbe quello di stiparvi approvvigionamenti, sistemi elettronici, munizioni, sistemi d’arma per sostenere l’intera rete delle basi aeree sparse per l’Europa
A giudicare dalle sempre più divergenti posizioni nel contesto internazionale di Stati Uniti, NATO ed Unione Europea da una parte, e Russia (e Cina, India, Iran…) dall’altra, difficile dargli torto.