L’unica riconciliazione possibile

“Verificata la possibilità di ottenere i voti di poco più di un milione di Italiani che, abbagliati dalla propaganda antifascista, lo vedevano come l’erede del fascismo, il Movimento Sociale Italiano si offre come ruota di scorta della Democrazia Cristiana con i cui attivisti svolge la campagna elettorale della primavera del 1948 con lo slogan “Chi vota DC vota bene, chi vota MSI vota meglio”.
Dopo, più si allontana dai postulati dottrinari ed ideologici del fascismo più s’impegna nel campo attivistico contro il Partito Comunista per rendersi strumento prezioso ed indispensabile dell’alta borghesia e del Vaticano, non trascurando di servire gli interessi degli Stati Uniti e della neo-costituita Alleanza Atlantica.
Si viene, in questo modo, a formare un “neo-fascismo” di propaganda al servizio dell’antifascismo cattolico e liberale al potere.
Già negli anni Cinquanta, il MSI è solo un partito di estrema destra senza più legami ideologici e storici con il fascismo mussoliniano e rivoluzionario che considerava la borghesia la “rovina dell’Italia” e che aveva invitato i propri militanti ad aderire al Partito Socialista di Unità Proletaria di Pietro Nenni.
Del resto, la Democrazia Cristiana guidata dalla gesuitica politica vaticana la sua riconciliazione l’aveva portata avanti, per fini elettoralistici, fin dal febbraio del 1946, quando aveva chiamato alla leva tutti quei giovani che avevano fatto parte delle Forze Armate repubblicane [si intenda Repubblica Sociale Italiana – n.d.r.].
Erano seguiti la fine dell’operazione, il reimpiego dei licenziati, il reintegro nelle Forze Armate di quanti avevano pur giurato fedeltà allo Stato repubblicano, riconoscimenti pensionistici e quanto altro poteva servire per dimostrare che per la Democrazia Cristiana ed i suoi alleati la guerra civile italiana era solo un ricordo.
Lo stesso Movimento Sociale Italiano era ritenuto, giustamente, forza politica di sostegno esterno ai governi democristiani e, forse, sarebbe riuscito perfino ad ottenere qualche sottosegretariato se lo scarso seguito elettorale suo e dei partiti laici non avesse convinto Aldo Moro a varare la politica di centro-sinistra con la benedizione dell’amministrazione Kennedy ed il contributo decisivo della CIA.
Un partito di estrema destra che rappresentava solo sé stesso non poteva rappresentare la controparte fascista all’antifascismo perché era al servizio, anche segreto, delle sue componenti cattoliche e liberali.
Quale conciliazione si sarebbe mai potuta fare con una forza fascista che non esisteva se non nelle manifestazioni esteriori di un partito che ingannava i suoi elettori autorizzando saluti romani e slogan nostalgici alle sue manifestazioni salvo servire gli interessi del potere antifascista?
Una commedia all’italiana, una tragica commedia che ha raggiunto il suo apice con i grotteschi abbracci fra reduci della RSI e delle forze di liberazione nel 1994 quando il pregiudicato Silvio Berlusconi sdoganò il Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale per farne il proprio alleato politico.
Non passarono due anni che tutti i “fascisti” del MSI-DN, a partire dal loro segretario nazionale, Gianfranco Fini, si volsero in antifascisti condannando esplicitamente il fascismo ritenuto il “male assoluto”.
A quel punto, non si comprende con chi gli antifascisti avrebbero potuto riconciliarsi, se non con i sparuti gruppuscoli di estrema destra che ostentavano di restare fedeli al Movimento Sociale Italiano che mai era stato fascista.
In realtà, l’unica riconciliazione possibile in questo Paese sarebbe quella con la storia che andrebbe raccontata secondo verità.
Ma questo non è possibile perché il potere antifascista si regge sulla menzogna.
E per non smentirsi inventa l’esistenza, ancora nel 2017, di temibili gruppi “fascisti” la cui unica attività è quella di presentarsi ogni anno, almeno a Milano, nella parte del cimitero riservata ai caduti della RSI per offenderne la memoria con il saluto romano.
Per il resto dell’anno brigano con La Russa, Alemanno, Meloni, Salvini con i quali devono salvare l’Italia da migranti, zingari e barboni.
Anche le pulci reclamano un palcoscenico saltellando fra i piedi dei Pulcinella e degli Arlecchino nazionali.
Nessuna riconciliazione nazionale, quindi, è mai stata fatta e mai potrà essere fatta in un Paese in cui solo i morti rimangono coerenti: così per i fascisti, così per i comunisti, così per i “terroristi”.
Per i pochissimi che non rinnegano, non ripudiano, non si dissociano rimane la prospettiva consolante di morire in una solitudine orgogliosa, dimenticati nel tempo presente perché mai vinti.
Ed è quello che alla fine conta.”

Da Riconciliazione, di Vincenzo Vinciguerra.

Lettera aperta a Beppe Grillo 2.0

Decimo anniversario dell’invasione americana dell’Iraq

Caro Beppe,
sono padre Benjamin. Oltre ai miei complimenti per la tua performance e quella degli eletti M5S, voglio dirti quanto fai bene non concedere interviste ai giornalisti della stampa e televisione. Si sa che nelle loro Redazioni devono rendere conto agli ordini venuti dall’alto e seguire le “istruzioni dell’Azienda”. Ben pagati (dalle lobby dell’informazione) devono obbedire o tornare a casa. Per questo, i giornalisti della RETE sono liberi di scrivere e di raccontare il vero.
Anche a me stanno sulle palle questi giornalisti che proclamano il falso per denigrare, per offendere, per screditare e distruggere i testimoni di verità. Come si divertono sulle tue spalle in questi giorni!
Mi è rimasto sullo stomaco il criminale George W. Bush, che ha la lingua nera per gli effetti delle sue menzogne e la coscienza più nera ancora, e sta tranquillo nel suo ranch del Texas quando Tareq Aziz, che aveva dichiarato la verità, sta morendo in carcere a Baghdad. Hai mai sentito un giornalista in televisione raccontare il vero sull’Iraq, sulla Libia, su quello che sta realmente accadendo in Siria, in Mali e soprattutto nella grande democrazia dell’Arabia Saudita, dove stanno accadendo un sacco di cose interessante in un perfetto silenzio stampa?
Nel 2007 hai pubblicato sul tuo blog la mia lettera sull’Iraq nella quale denunciavo una prassi disgustosa di manipolazioni delle coscienze di giornalisti che hanno promosso, senza vergogna, le bugie pronunciate in 935 discorsi da George W. Bush e dalla sua criminale Amministrazione sulle armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein e altre montagne di menzogne. Tutto quello che dicevano e pubblicavano gli ispettori dell’ONU (Scott Ritter ad esempio) è stato filtrato, manipolato, falsificato, snaturato, con falsi documenti fabbricati dallo squallido Michael Ledeen e dal SISMI italiano, tra tante altre cose, sull’uranio comprato da Saddam Hussein alla Nigeria. Tutta roba falsa, in nome della Democrazia!
A “Porta a porta”, il deprimente Bruno Vespa, quando Gianfranco Fini mi buttava in faccia “Lei padre, non è degno di portare quest’abito”, lui sorrideva. Certo, avevo pubblicato il primo libro in Europa per denunciare l’utilizzo di armi all’uranio impoverito “Iraq apocalisse”, con una prefazione di Dario Fo, fatto due interventi all’ONU, ottenuto una Risoluzione della Commissione Affari Esteri della Camera. Cinque anni di lavoro a tempo pieno (a spese mie), dedicati a fare conoscere la verità sull’Iraq con libri, film e conferenze. Al clan Berlusconi-Bush-Blair padre Benjamin dava molto fastidio. Hanno anche provato a farlo tacere con interventi presso la Santa Sede. Non ha funzionato.
Nello stesso contesto, non ho potuto fare a meno di avviare una causa contro Magdi Allam che aveva pubblicato un articolo sul Corriere della Sera nel quale diceva che padre Benjamin faceva parte di un’organizzazione estremista islamica. Tutto questo perché mi avevano invitato a Damasco a parlare ai musulmani nelle moschee, il venerdì. E’ vero che non si vede spesso un prete fare omelie nelle moschee in Siria (ho messo un pezzo su Youtube), ma a me interessa partecipare al dialogo islamo-cristiano sul campo in Iraq, in Siria e nei paesi arabi, non nei convegni in alberghi a 4 stelle.
Ho scritto a Madgi Allam chiedendo di pubblicare una smentita, e cioè che non avevo cambiato religione e che ero sempre sacerdote cattolico. Niente, non ha nemmeno risposto. Nel 2007 ho vinto il processo, sentenza di primo grado dal Tribunale di Milano.
Caro Beppe, anche i giornali di sinistra hanno lo stesso DNA. Hanno scritto che padre Benjamin aveva preso e incassato allocazioni di petrolio “Oil for Food” offerti dall’Iraq. Poi, quando l’ONU ha pubblicato il suo rapporto di 2000 pagine, specificando che il ministero del petrolio a Baghdad ha confermato che Benjamin non ha mai ritirato queste allocazioni e che le aveva rifiutate per lettera a Tareq Aziz, non c’è stato uno solo di questi quotidiani di sinistra che ha avuto il coraggio di pubblicare la verità o per lo meno una smentita su quello che avevano pubblicato.
L’altra sera su LA7, alla trasmissione di Gad Lerner, il mio amico Jacopo Fo ha chiesto a Lerner se poteva dire alcune verità su Berlusconi. Momento di riflessione di Lerner che poi risponde “Certo, si… ma… non adesso”, poi non gli ha mai più chiesto di intervenire al riguardo. Jacopo è rimasto umile e silenzioso per il resto della trasmissione. Vedi, anche tra i più bravi dei giornalisti succede di stringere il sedere quando si trovano di fronte a certe imbarazzanti realtà.
Su un altro aspetto dell’attualità, riguardo alla Chiesa di Roma, sarebbe opportuno informare il prossimo Pontefice Romano su alcune cose. Ad esempio:
• Ordinato sacerdotale (nel 1991) ho assistito il cardinale Agostino Casaroli nei suoi viaggi all’estero (per quattro anni fino al 1995). Ho sentito e viste cose sconvolgenti che devono essere portate a conoscenza del prossimo Papa.
• Sarebbe bene anche riferire di un’altra cosa sconcertante. Il 14 febbraio 2003, durante la visita di Tareq Aziz a Giovanni Paolo II (a un mese dall’invasione americana dell’Iraq), sono accadute cose inammissibili e vergognose da parte di alti responsabili della Segreteria di Stato. A seguito, ho avuto un colloquio con il cardinale Jean-Louis Tauran (all’epoca incaricato degli Affari Esteri della Chiesa). Non mi ha risposto, è rimasto come la moglie di Lot, pietrificato.
• Dal 1994, risiedo ad Assisi. Anche qui, povero San Francesco, il suo Sacro Convento è diventato un vero e proprio cesto di granchio. Ci sarebbero anche da fare alcune domande al cardinale Giovanni Re, sul suo amico Roberto Leone.
Secondo il pensiero di Qoelet “c’è un tempo per riflettere e un tempo per agire“, basta sapere aspettare”.
Ti auguro ogni bene.

Jean-Marie Benjamin
Assisi, 12 Marzo 2013

Fonte

“A great man”

Washington, 4 marzo – “Obama ha confermato un sentimento di grande considerazione per l’Italia. Mi ha pregato di portare i suoi personali saluti al presidente Napolitano, che ha definito testualmente un ‘great man’, un grande uomo”.
Lo ha detto il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, dopo aver incontrato il Presidente americano a margine della convention della lobby filo-israeliana American Israel Public Affairs Committee (Aipac).
(TMNews)

Le faine nel pollaio

Se gli italiani conserveranno un briciolo di memoria, i Caronte del PdL e del PD saranno Alfano e Bersani. Uscito apparentemente di scena, nel frattempo il cavalier di Arcore è tornato a curare gli affari di famiglia, a dettare legge insieme a Monti & soci “per salvare l’Italia dalla bancarotta” e a guidare il Milan Calcio.
Un altro “bene di lusso” che il professor Bocconi ometterà di tassare.
Napolitano, dal canto suo, dichiarerà pubblicamente che anche i meno abbienti dovranno partecipare ai sacrifici.
Il deputato Berlusconi, dopo aver cambiato pelle e alleati, non disdegnerà qualche uscita pubblica come al Congresso dei Liberali Democratici di Giovanardi, un vecchio arnese della Balena Bianca, per sostenere il suo fermissimo “no” alla patrimoniale sui grandi patrimoni finanziari e immobiliari e un “si” all’imposta, ad estimi moltiplicati, sulla prima casa, alla cancellazione degli sgravi fiscali anche per gli asili nido e ai tagli, lacrime e sangue, a trasporti, sanità e previdenza sociale messi in campo dall’ex Commissario Europeo e dal suo pool di “tecnici”.
Il 12 Dicembre Bossi farfuglierà, per un evidente, grave, disagio psichico post ictus: “L’asse con il PdL adesso non c’è. Ognuno sta a casa sua anche perché Berlusconi è con i comunisti al governo e noi della Lega all’opposizione”. Chi ha messo in bocca al “capo” una separazione “a tempo” in attesa di rinnovare l’alleanza politica in occasione delle prossime tornate amministrative al Nord? Forse Maroni, Tosi & amici?
Dei quaquaraquà del PD, Bindi, Franceschini, Letta inutile parlare. Basterà quell’ingiuntivo “avanti con le liberalizzazioni” recitato per conto delle Coop da Bersani contro farmacisti e tassisti per capire la portata della svolta storica percorsa dal PCI-PdS-DS e PD nella piena accettazione delle regole di mercato su economia e lavoro.
Quelle stesse che il senatore Ichino ha formulato per un’ulteriore flessibilizzazione del lavoro, sostenuto dal 55% delle firme dei Gruppi Parlamentari della “sinistra”.
Il giuslavorista più scortato al mondo le chiama in inglese norme flex-security.
Il resto delle novità arriveranno col testo definitivo del decreto che ieri l’altro ha ottenuto la fiducia al Senato.
Provvedimenti mercanteggiati in Commissione Bilancio e Tesoro da PdL, Terzo Polo e PD, anche se rimarranno invariati gli importi della “manovra”  partorita da Monti & soci. E un’altra da 10 miliardi in arrivo da qui a tre mesi, come anticipato dall’Ufficio Studi della Confartigianato di Mestre.
Domenica 11 Dicembre La Repubblica titolava, senza vergogna, a firma Eugenio Scalfari in un editoriale: “I due Mario l’Europa l’hanno salvata”.
Salvata?
Si salva un pollaio se lo lasci incustodito e in giro ci sono delle faine come Monti e Draghi?

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E’ un caso?

Qualche giorno fa ho pubblicato sul Giornale, una notizia con un retroscena insolito. Ricordate il Sexgate? E Newt Gingrich, l’implacabile accusatore repubblicano di Clinton? Ebbene ora apprendiamo che i due implacabili nemici di giorno, la sera, in gran segreto, erano complici. Si ritrovavano per… parlare di donne. Già, perché anche il moralista Gingrich aveva un’amante. E Clinton divenne il suo confidente, come potete leggere qui.
L’episodio è divertente e anche un po’ boccaccesco, ma emblematico di un modo di fare politica che non è limitato alle questioni di letto. Negli Stati Uniti più ci si avvicina al vertice e più le distinzioni,. nella gestione del potere, tendono a scomparire, pur salvaguardando l’apparenza.
(…)
E lo stesso schema si sta diffondendo in molti Paesi. Che cosa distingue i laburisti post Blair dai conservatori alla Cameron? Solo l’etichetta. In Spagna i popolari di Aznar dai socialisti alla Zapatero? Solo questioni etiche e religiose, ma su tutto il resto la continuità è evidente. E guardando ieri sera la trasmissione, noiosissima, di Fazio Fazio e del guru (senza spessore) Roberto Saviano, mi ha colpito la similitudine tra Bersani e Fini, nell’elencare i valori della destra e della sinistra. Un cumulo di banalità, che lascia intravedere una convergenza di fondo, sul modello di società, sull’immigrazione, e, naturalmente, sulle modalità di gestione (reali) del potere,
Tra i due vedo poche differenze sostanziali. Come avviene negli USA. E’ un caso?

Da Destra contro sinistra. In pubblico, ma poi…, di Marcello Foa.

La reticenza dei post-tutto italici

I post-tutto non ci dicono, però, dove l’Italia che si apprestano a dirigere, si approvvigionerà di materia prima energetica, nè in che modo costruiranno l’indispensabile e improcrastinabile diversificazione energetica. Vedono demoni dappertutto: compreranno alla Shell, BP o Exxon?
I D’Alema e i Fini, cioè i privatizzatori all’ingrosso di ieri e quelli nuovi che si apprestano ai saldi di fine stagione, con la svendita di Finmeccanica ed ENI, non hanno nessuno scrupolo quando spediscono l’esercito italiano ad aiutare gli USA a violare i diritti umani nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan. Oltretutto, in guerre perse in partenza.
Sono spudorati nel fiancheggiamento automatico e garantito degli Stati Uniti nell’epoca della sua decadenza persino militare e della “barbarie giuridica” – si dice così La Russa o Fassino? – della legalizzazione del sequestro di persona, della tortura e dei campi di prigionia clandestini. Chissà perchè a Washington diventano ipersensibili quando i “diritti umani” sarebbero violati da nazioni esportatrici di gas e petrolio. Eccezion fatta per l’Arabia saudita ed alcuni Emirati.
Eppure la Russia e la Libia non hanno invaso nè fanno guerra a nessuna nazione. Gli scolaretti romani salgono sul pulpito della loro immaginaria superiorità etica e tuonano contro “Putin e Gheddafi”, ossia contro chi mantiene sensate relazioni con Russia e Libia.
Due paesi con cui gli USA hanno scarse relazioni, il cui boicottaggio economico è autolesionista solo per l’Unione Europea – non per la Germania che se ne impippa – e soprattutto per un’Italia totalmente dipendente energeticamente, priva di qualsiasi fonte alternativa: nucleare, eolica o di altro tipo.
Il governo in gestazione, formato da Fini, D’Alema, Draghi, Montezemolo e molti riciclati del post-comunismo e post-fascismo, si sbarazzerà delle ultime strutture nazionali in campo energetico e della meccanica strategica, e metterà mano alla liquidazione delle scuole pubbliche. Privatizzerà l’INPS, cioè la trasferirà in mani rigorosamente anglosax, perchè sono gli ultimi superstiti balocchi appetitosi dell’ex giardino d’Europa.
Lo faranno in nome della modernizzazione, del “progresso” e del sano realismo finanziario, in realtà per acquiescenza agli sponsor che li stanno aiutando in tutti i modi – leciti e no
– stabiliti nell’ultima adunanza degli innominati del Bildberg in quel di Barcellona. Privatizzazione accelerata, rafforzamento dell’EuroNATO, condiscendenza piena e “carnale” al partecipare in tutte le avventure programmate dal Pentagono. Anche nei mari caldi e nei grandi fiumi delle Americhe meridionali, a fianco della IV Flotta. “Non è vero che l’Italia spenda molto per la difesa…” ha sillabato D’Alema.

Da Italia: contro Gheddafi o contro il petrolio dalla Libia?, di Tito Pulsinelli.
[grassetto nostro]

Gianfranco il transatlantico

“…nella certezza che l’Alleanza transatlantica non è soltanto una alleanza di tipo militare, e nemmeno soltanto di tipo politico, è l’alleanza di donne e di uomini, che avendo nelle vene il medesimo sangue hanno nella mente il medesimo impegno di vivere in una società che sia veramente più giusta…”

Gianfranco Fini, Grand Hyatt Hotel di Manhattan, New York, USA (4 febbraio 2010)

Gianfranco Fini “l’umanitario” contro la crisi economica

New York, 5 febbraio – La decisione dell’ENI di non firmare nuovi contratti in Iran si è conquistata le lodi degli Stati Uniti e anche Finmeccanica ha il dovere di seguire la stessa linea. Lo ha dichiarato il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, a New York, dove ha incontrato il Segretario generale, Ban Ki Moon. “Se dovessimo entrare in una nuova stagione nucleare – ha sottolineato Fini – esporremmo l’umanità a seri rischi”.
(AGI)

Intanto, il fido Ignazio è impegnato a riappianare il deficit di bilancio della NATO:

Istanbul, 5 febbraio – Il tema delle risorse finanziarie per le missioni è al centro del Vertice informale dei ministri della Difesa della NATO in corso ad Istanbul. Il deficit attuale dell’ Alleanza Atlantica, spiega il ministro della Difesa Ignazio La Russa a margine dei lavori, “è di 400mln di euro”. I paesi membri della NATO hanno quindi ipotizzato un apporto complessivo di stanziamenti per 100mln di euro “che comporterebbe per l’Italia un incremento di spesa di 8 mln di euro. Non sono cifre enormi – rileva La Russa – anche se poi dovranno decidere naturalmente il governo e il parlamento”.
(Adnkronos)

La purezza atlantista di Antonio Martino

L’Airbus e lo spettro di Antelope: “Pressioni e tangenti per l’affare”, di Sergio Rizzo.

L’equidistanza diplomatica dell’onorevole Frattini

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Trieste, 25 giugno – “Mi dispiace che la mia collega Hillary si sia rotta un gomito, è davvero un grande dispiacere. Noi lavoreremo con gli Stati Uniti, che ovviamente saranno ben rappresentati a livello politico”. Così il ministro degli Esteri, Franco Frattini, parlando con la stampa a Trieste dell’assenza di Hillary Clinton al G8 Esteri che inizia oggi.
(Adnkronos)

Trieste, 25 giugno – ”Lavoreremo con i colleghi del G8 anche sulla situazione dell’Iran e adotteremo una posizione che a mio avviso dovrà essere particolarmente dura, particolarmente chiara dinanzi al mondo”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, mentre arrivava in municipio a Trieste per partecipare ad una seduta straordinaria del Consiglio comunale in occasione della riunione del G8 Esteri a Trieste tra oggi e sabato. Rispondendo ai cronisti che gli chiedevano un commento sulle ultime dichiarazioni del presidente della Camera Fini sull’Iran, Frattini ha risposto: ”Mi sembra che abbia ragione, infatti non ho fatto passare sotto silenzio quello che è accaduto ieri”.
(ASCA)

Accade a Trieste
A Trieste, dopo la cena di questa sera i ministri degli esteri avranno un bel da fare per concordare un comunicato formalmente comune, perché quando dalle formule generali si passa a quelle particolari le divergenze si fanno sentire. In Iraq e in Afghanistan le cose vanno di male in peggio. La questione palestinese pesa sempre come un macigno. Adesso poi come se non bastasse c’è anche l’Iran, non l’Iran della fantomatica bomba atomica, ma quella delle elezioni contestate e delle manifestazioni di piazza, dei giovani che alzano sempre più il livello delle rivendicazioni e del sangue nelle strade.
A Trieste avrebbe dovuto esserci anche il ministro degli esteri iraniano, ma Frattini ha annunciato che non ci sarà: (…)
Ma anche senza di lui gli animi saranno agitati. Già qualcuno avrebbe visto nella cautela diplomatica della Russia un malcelato sostegno al regime degli ayatollah. Il fatto è che la politica estera russa non viene fatta sui servizi della Cnn che, dopo la copertura mediatica data anni fa ad una analoga contestazione in Jugoslavia, poi in Georgia, infine in Ucraina diffonde nel mondo la tesi che l’opposizione, qualsiasi essa sia, avrebbe l’obbligo morale di contestare il responso delle urne.
Sotto l’impatto delle immagini di sangue fatte vedere centinaia di volte al giorno si rafforza la convinzione che in certi paesi le urne avrebbero tutte il doppiofondo, mentre in altri rispecchierebbero una cristallina obiettività. Giolitti diceva che i brogli ci sono sempre, ma che non riescono mai a capovolgere il risultato. Non sarebbe poi male ricordare che i principi della democrazia vanno applicati tutti e sempre e non quando fa comodo. Il che significa, che quando in un paese insorge una crisi questa va risolta nel rispetto delle leggi esistenti in loco e non a Washington, Mosca o Parigi che sia.

Da Il G8 diplomatico a Trieste.