La cosa peggiore che può capitare a un fotografo freelance è che le sue immagini restino invendute all’interno del proprio hard disk. La fiducia delle persone che ti hanno aperto le porte della loro intimità e ti hanno raccontato le loro storie, deve essere in qualche modo ripagata facendo sì che l’opinione pubblica ne venga a conoscenza. Se non si raggiunge questo obiettivo non possiamo dire di aver fatto un reportage ma semplicemente del turismo 2.0
Oggi noi abbiamo a disposizione diversi linguaggi per raccontare le storie che incrociamo lungo il nostro cammino. Abbiamo la fotografia, la scrittura, abbiamo i filmati. Ognuno di essi ci permette di aggiungere una dimensione in più al nostro racconto. La fotografia pur essendo apparentemente il linguaggio più limitato ha un enorme vantaggio rispetto agli altri due; un’immagine fotografica è un frammento di realtà che si trasferisce direttamente dalla retina del fotografo a quella della spettatore, divenendo in questo modo memoria condivisa.
La possibilità di “colonizzare” l’immaginario altrui e di contribuire a definire l’immagine di mondo di un pubblico potenzialmente vastissimo, implica un enorme potere da parte dell’autore da cui deriva un altrettanto grande responsabilità.
Fortunatamente le mie foto non sono rimaste nell’hard disk.
Donbass stories, da oggi in tutte le librerie d’Italia.
Giorgio Bianchi
giorgio bianchi
La visita notturna a Giorgio Bianchi
Perché è grave, questa strana visita notturna al giornalista Giorgio Bianchi, una delle personalità che con più impegno e argomenti vuole sottrarci alla narrazione bellicista dominante?
I fatti. Le forze dell’ordine (quale ordine?) la notte del 15 ottobre si sentono in dovere di interrompere addirittura il suo sonno alle tre di notte in un albergo di Gioia Tauro.
Cos’è tutta questa fretta? E’ per salvare vite urgentemente? Per cogliere un flagrante reato onirico? No, gli rompono le scatole per chiedergli genericamente delle “informazioni”. Non possono attendere, che so, le sette del mattino? A Gioia Tauro non è la prima volta che il comportamento di certi funzionari si fa strano, come quando avevano visitato la sede di Visione TV per rivolgere a Francesco Toscano domande per le quali bastava consultare i database Cerved. Era una specie di “territorial pissing”: stai invadendo il nostro campo e vogliamo farti sentire il nostro odore atlantico.
Questi metodi sono ormai un volo d’avvoltoi che si stringe concentricamente. Sono metodi che rivelano un’infezione che sta diffondendosi nello spazio pubblico europeo. Nel 2016 un dirigente di un partito polacco che contestava un imminente vertice NATO, Mateusz Piskorski, venne arrestato e tenuto in prigione fino al 2019 senza un processo, a lungo senza poter leggere una carta, accusato di chissà che accordi con potenze straniere, e rilasciato su cauzione. Prima ancora, nel dicembre 2014, il giornalista Giulietto Chiesa venne fermato in Estonia giusto il tempo di impedirgli di tenere una conferenza sgradita al governo di Tallinn.
In mezzo, e da anni, si moltiplicano le liste di proscrizione: in Polonia, nei paesi baltici e in Ucraina queste liste si sono via via trasformate in persecuzioni. Alla latitudine di Kiev in esecuzioni sommarie di voci sgradite, nel silenzio dei nostri media.
L’infezione non si è fermata a Est. Nel cuore nero del nuovo atlantismo intollerante è avvenuta una mutazione profonda che ha infettato anche il resto dell’atlantismo. Non è stata europeizzata l’Ucraina. E’ stata ucrainizzata l’Europa, dove le libertà cedono il passo ad azioni e concetti prima quasi impensabili. Un Gramellini che esalta un nazista dell’Azov può così dominare indisturbato i salotti televisivi tutti appaltati al circo dei guerrafondai. Un Bianchi che milita per aggiungere facce nascoste al prisma della verità viene invece trattato con le carinerie poliziottesche riservate a un attivista dell’Alabama nel 1960.
Capite che tutto questo è grave? Che tutto questo è inaccettabile? Che tutto avviene in un’epoca in cui la politica occidentale non batte ciglio di fronte alla vicenda che più di tutte riassume la corsa a estinguere le libertà, ossia la prigionia e la tortura di Julian Assange?
Massima solidarietà a Giorgio Bianchi. Massimo sostegno alla sua più piena libertà di espressione.
Pino Cabras
Il terrore come metodo di governo
La presentazione di Governare con il terrore, ultimo libro di Giorgio Bianchi, lo scorso 21 maggio a Bologna.
Governare con il terrore
Dopo due anni e mezzo di lavoro da oggi potrete trovare in tutte le librerie il mio secondo volume dal titolo Governare con il terrore.
L’intento è stato fin dall’inizio quello cercare di elaborare una sorta di “teoria del tutto” che potesse fungere da schema interpretativo degli eventi, solo all’apparenza slegati, ai quali abbiamo assistito a partire dall’11 Settembre fino ai giorni nostri.
Devo dire sinceramente che anche io, nel rivedere in fila fatti che avevo dimenticato in qualche angolo del mio cervello, mi sono sorpreso nel notare la straordinaria capacità di programmazione a lungo termine dei gruppi di potere e dei complessi militari-industriali.
Vedendo la figura coerente che emerge nel mettere in fila tutta una serie di puntini, anche i più scettici, saranno costretti a considerare la possibilità di essere all’interno di una narrazione più o meno coerente, volta a condurre le masse nella direzione desiderata.
Giorgio Bianchi
Grazie alle narrazioni autocertificate e diffuse attraverso i social network, assistiamo oggi a un perenne stato di eccezione che induce i cittadini a cedere sempre maggiori porzioni di garanzie costituzionali in cambio di un astratto concetto di sicurezza che si presume possa essere garantito solo da provvedimenti con una marcata impronta autoritaria.
Governare con il terrore analizza le tecniche utilizzate dalle “cupole oligarchiche” e dai complessi militari, industriali e politici al fine di perpetuare nel tempo il controllo sulle masse in quella che può essere definita l’era della post-verità. Partendo dalle teorie di Hobbes, l’opera mostra come il potere si sia impossessato del monopolio dei mezzi di comunicazione e come stia utilizzando le parole per costruire un’immagine di mondo che giustifichi la progressiva reimpostazione delle società secondo un nuovo paradigma, quello del capitalismo della sorveglianza.
Il vero terreno di scontro è il futuro

Ogni tanto mi si accusa di riportare le opinioni di personaggi che non hanno la visione generale della situazione e che pertanto dicono una cosa buona in un senso e cento sbagliate nell’altro.
Partite da un presupposto: non esiste e non esisterà mai un opinion leader che frequenti i palinsesti TV e che quindi influisca sulle masse, che possa permettersi una visione d’insieme, altrimenti non sarebbe lì. Freccero ci ha provato ed è stato subito screditato ed “evaporato”.
La visibilità, e quindi la possibilità di influire sulle coscienze, viene concessa soltanto a personaggi limitati, divisivi, per fare in modo che i seguaci si scannino sulle questioni secondarie e non ci sia accordo sull’esistenza di un progetto a lungo termine.
Da quando è iniziata l’escalation in Ucraina, ci ritroviamo d’accordo con soggetti che hanno sposato in toto la narrazione pandemica, ma che stanno rifiutando quella del Putin impazzito. Non vedono il nesso tra le due cose, per questo stanno in televisione. Non generano unione, scoraggiano la convergenza.
Il problema sorge quando qualcuno comincia ad unire i puntini e a mettere insieme, in una narrazione coerente, fatti apparentemente sconnessi.
Se il pubblico capisce il disegno finale, in un attimo crolla tutto il vantaggio che le élite hanno accumulato nei nostri confronti in decenni. Se si capisce dove vogliono arrivare tutto si incastra improvvisamente in un quadro coerente e risulta più difficile scatenare guerre civili a bassa intensità tra fazioni artatamente contrapposte.
Il nostro obiettivo pertanto deve essere quello di porci al di sopra, soprattutto rispetto ai suddetti personaggi, e di utilizzarli come fa il sistema, alla bisogna, per parlare alle masse, quelle che non hanno la più pallida idea del quadro generale.
Dobbiamo convincere le masse, anche quelle che non credono alla visione d’insieme, a combattere le singole battaglie al nostro fianco.
Se Vauro sostiene le ragioni della Russia io lo sostengo.
Se Vauro sposa la causa pandemica io lo attacco.
Noi siamo al di sopra della sua visione limitata e sfruttiamo la sua credibilità per parlare al suo potenziale pubblico di quello che ci interessa.
Strategia, utilitarismo, pragmaticità.
Se Vauro, per suoi limiti ideologici e strutturali, non riesce ad andare oltre il contingente, non è un nostro problema. Noi facciamo bricolage, non siamo dei designer, dobbiamo cavarcela con i materiali che abbiamo disposizione, a volte anche quelli di scarto possono tornare utili.
Noi portiamo avanti la nostra la nostra “guerra”, coltiviamo e approfondiamo la nostra visione generale, che è perfettamente chiara, e di volta in volta utilizziamo questi personaggetti per quello che ci occorre, salvo poi scaricarli quando si impantanano di nuovo nei loro limiti strutturali e nella necessità di essere accettati dal loro ambito di riferimento.
In questo noi agiremmo esattamente come fa l’over state: si muove con i suoi apparati e i suoi capitali dall’alto e di volta in volta sostiene una parte contro l’altra, in modo tale che ciascuna delle due fazioni porti avanti un pezzo del progetto compatibile con la propria base ideologica.
Il Sistema ha la sua visione, i suoi obiettivi, e se ne frega delle bagatelle locali.
Mi serve, lo uso; non mi serve più, lo scarico.
L’importante è evitare di dare visibilità e quindi far crescere, i soggetti che hanno una visione di insieme, gli strateghi, i deideologizzati, i pragmatici.
Quelli creano problemi seri, perché rompono lo schema binario e conducono alla formazione del polo che potrebbe opporsi allo schema generale.
Oggi serve un nucleo culturale che accetti come elemento costitutivo una visione generale di azione del potere, che la faccia comprendere e che la combatta in ogni suo aspetto, alla radice.
I soggetti inferiori, le menti deboli, i personaggi ancorati alle ideologie e alle categorie ingegnerizzate dal potere, sono parte del problema, ma possono essere utilizzate a nostro vantaggio, anche se con ogni probabilità non potranno fare parte del nucleo che porta avanti una visione generale.
Noi dobbiamo puntare agli obiettivi finali del potere e trovare soluzioni per contrastarli.
Il primo passo è convincere le masse del fatto che le élite stanno demolendo la vecchia architettura socio economica, sempre disegnata e edificata da loro, perché hanno bisogno di sostituirla con una nuova, più funzionale al mantenimento della piramide del potere nelle condizioni che nel frattempo si sono venute a creare.
Faccio un esempio concreto.
Oggi vado a vedere una scuola materna per mio figlio.
Una scuola privata di élite: struttura formidabile, insegnanti all’avanguardia, livello sociale degli utenti medio-alto.
La prima cosa che mi sorprende è che non ci sia il liceo classico.
Da un certo punto del corso di studi subentrano i tablet.
La manualità è presente così come le arti.
Ma non l’artigianato, non la calligrafia.
L’arte è la sublimazione dell’artigianato.
Una società senza artigiani è una società che rinuncia all’arte.
Si insegnano tante discipline, ma non l’artigianato, non la manualità pratica.
Mentre la guida parla mi guardo intorno, osservo i ragazzi.
Le mascherine sono onnipresenti, sia tra gli alunni che tra gli insegnati. I più piccoli non le portano, ma ci sono delle eccezioni.
Intravedo il figlio di un mio amico. Ha sette anni. Siamo all’aperto. Lo chiamo. Lui si gira. Gli chiedo di abbassarsi la FFP2. La abbassa un secondo e poi mi rimprovera per la richiesta.
Qual è il succo del discorso?
Il sistema vuole delle masse irreggimentate, obbedienti, non autosufficienti, deboli dal punto di vista del pensiero e dello spirito, inclini alla tecnologia e alle discipline scientifiche.
Devono osservare le regole, introiettare l’autoritarismo. Possedere nozioni e non saperi, intelligenza emotiva ridotta ai minimi termini, scarsa manualità, che poi è alla base del rapporto genitore figli (fare le cose assieme).
Gli adulti di domani, frutto di questo modello di scuola, non potranno vivere senza società, non metteranno in discussione le regole, non capiranno che esiste un albero dialettico alla base della gabbia mentale che gli hanno costruito attorno.
Saranno ingranaggi di una macchina, non individui che contribuiscono con la loro specificità ad una società plurale, impermeabile ai processi di omologazione.
Ecco, se non si capisce che bisogna combattere questo, che tecnologia, condizionamento, manipolazione, irreggimentazione, mancanza di alternative, finalizzazione della cultura sono parte di un progetto più ampio che mira al controllo del presente ma alla preventiva conquista del futuro, allora lasciamo perdere, perché abbiamo perso in partenza.
Giorgio Bianchi
Dissidenti d’Italia
Dal fronte dell’Est
Cerchiamo di fare luce sulla reale situazione nel territorio ucraino e il fronte che divide l’ex repubblica sovietica dalle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk nel Donbass. La propaganda occidentale parla di invasione russa ma è davvero così?
Per comprendere quello che sta succedendo è necessario ricostruire le vicende che hanno caratterizzato gli ultimi otto anni, partendo dal colpo di Stato di Euromaidan. Con Giorgio Bianchi, documentarista e reporter di guerra in Donbass e Daniele Perra, saggista e analista geopolitico per la rivista Eurasia.
Lezione in libertà a Bologna
Gli studenti universitari di Bologna, mobilitati contro lo stato di emergenza permanente e l’infame lasciapassare nazistoide, hanno dato vita ad una rassegna di lezioni all’aperto con alcuni accademici e non, particolarmente impegnati sul fronte delle tematiche citate.
A seguire, la video documentazione dei primi cinque appuntamenti finora svoltisi.
E’ iniziata la Nuova Guerra Fredda

Il fatto che ci troviamo all’interno di una partita tutta politica, o meglio ancora geopolitica, piuttosto che sanitaria, lo si può evincere da diversi fattori, anche se forse quello più eclatante può essere individuato nel rifiuto a priori del siero russo. Dopo aver tramortito la popolazione con il waterboarding sociale e una campagna propagandistica senza precedenti, hanno iniziato ad inoculare nelle braccia delle povere cavie umane, farmaci di dubbia efficacia e ancor più dubbia sicurezza (i risultati della relazione clinica dovrebbero essere disponibili entro il 2023, anche se ad oggi non risulta chiaro se esista un gruppo di controllo dell’esperimento al quale starebbero iniettando il placebo). Non solo, dopo le notizie allarmanti riguardanti alcuni sieri, sono arrivati addirittura ad autorizzare dei mix improbabili di farmaci da accettare al buio, visto che le stesse case farmaceutiche dichiarano di non aver ancora studiato le eventuali interazioni tra diversi prodotti. Tutto insomma, pur di non approvare il prodotto russo (hanno così a cuore la nostra salute che prima di arrivare ad autorizzarlo, potrebbero essere tentati di fare un giro anche con il cianuro di sodio). Oramai dovrebbe essere evidente che questa volta alla costruzione del Muro ci stanno pensando gli Occidentali; il loro sarà un muro invisibile e per questo ancora più insidioso. Un muro sanitario-burocratico che di fatto sancirà una nuova divisione del mondo tra Est e Ovest e che al posto delle torrette con i VoPos avrà lettori ottici di QR Code e norme ambientali che di fatto impediranno alle imprese dell’Est di commerciare od operare nel cosiddetto Occidente allargato. E’ iniziata la Nuova Guerra Fredda.
Giorgio Bianchi
Insieme contro il regime terapeutico
La video documentazione della “due giorni” di convegno svoltosi alla presenza di Giorgio Bianchi, Antonello Cresti, Francesco Toscano, Manlio Dinucci, Riccardo Paccosi ed altri illustri ospiti, di fronte ad un pubblico nutrito e partecipe.
I giorni della disobbedienza
Mentre un numero crescente di esponenti delle grandi aziende e delle istituzioni sanitarie sovranazionali afferma che le misure di distanziamento sociale sono destinate a rimanere a tempo indeterminato, la maggioranza dell’opinione pubblica si mostra ancora soggiogata, ancora volta a dare fiducia alla narrazione della pandemia su cui i proprietari di media e social network esercitano un controllo pieno e volto a reprimere sempre più le opinioni divergenti.
Malgrado questo, forme di resistenza si manifestano un po’ ovunque e vengono annunciate iniziative di disobbedienza civile, come quella dei ristoratori. In questi giorni in cui ogni ipotesi di opposizione sociale sembra impossibile, si può ancora sperare in un’insorgenza fatta di disobbedienza e ribellione? E’ possibile connettere le forme di vita che oggi, in maniera spontanea e isolata, esprimono resistenza? E’ possibile combattere per tornare a essere padroni del proprio destino?
Ne abbiamo parlato con Riccardo Paccosi (attore e regista teatrale), Gennaro Scala (sociologo, autore da ultimo di Per un nuovo socialismo) e Giorgio Bianchi (fotoreporter e documentarista).
Introduzione e moderazione di Federico Roberti (Liberiamo l’Italia Emilia Romagna).
In collaborazione con Vox Italia circolo di Bologna e Riconquistare l’Italia Bologna.
In media stat virus
Intervista a Giorgio Bianchi
Le guerre ibride si differenziano da quelle del XX secolo per la pervasività dell’utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare di quelle di comunicazione. Talvolta la narrazione mainstream degli eventi e degli avvenimenti decisivi per lo sviluppo delle fasi delle guerre degli ultimi tre decenni ha costituito una vera e propria arma al servizio di una delle parti in causa.
I media e il singolo reporter assumono così sempre più spesso un ruolo determinante nei conflitti che fanno da contrappunto alla lunga transizione geopolitica dal sistema unipolare a guida statunitense a quello multipolare.
Byoblu affronta lo spinoso tema in un’intervista, condotta da Margherita Furlan, a Giorgio Bianchi, fotoreporter e documentarista tra i pochi al mondo ad avere visitato in più occasioni i luoghi della guerra in Siria.