Salute pubblica o ricchezza privata? Come i passaporti digitali vaccinali spianano la strada verso un capitalismo di sorveglianza senza precedenti

Di Jeremy Loffredo e Max Blumenthal per The Grayzone, 19 Ottobre 2021

I titani del capitalismo globale stanno sfruttando la crisi da Covid-19 per istituire in tutto l’Occidente sistemi di identificazione digitale sul modello del credito sociale

La morte per fame di Etwariya Devi, una vedova di 67 anni dello Stato rurale indiano del Jharkhand, sarebbe potuta passare inosservata se non fosse stata parte di una tendenza più ampia.

Come 1,3 miliardi di suoi connazionali indiani, Devi era stata costretta a iscriversi a un sistema di identificazione digitale biometrico chiamato Aadhaar per potere accedere ai servizi pubblici, compresa l’assegnazione mensile di 25 kg di riso che le spettava. Quando la sua impronta non riuscì a essere registrata con questo scadente sistema, a Devi fu negata la sua razione di cibo. Durante il corso dei tre mesi successivi nel 2017, le fu ripetutamente negato il cibo fino a quando soccombette alla fame, da sola a casa sua.

Premani Kumar, una donna di 64 anni anche lei del Jharkhand, ha subito la stessa sorte di Devi, morendo di fame e di esaurimento lo stesso anno dopo che il sistema Aadhaar trasferì senza il suo premesso i suoi pagamenti pensionistici a un’altra persona mentre nel frattempo sospendeva le sue razioni mensili di cibo.

Un destino analogamente crudele fu riservato a Santoshi Kumari, una ragazzina di 11 anni, anche lei del Jharkhand, che a quanto si dice morì chiedendo l’elemosina per il riso dopo che la tessera annonaria della sua famiglia era stata cancellata perché non era stata collegata al sistema di identificazione digitale Aadhaar.

Queste tre morti strazianti sono fra un’ondata di decessi avvenuti nel 2017 nell’India rurale e tutte quante sono state il diretto risultato del sistema di identificazione digitale Aadhaar.

Con oltre un miliardo di indiani nel suo database, Aadhaar è il più grande programma di identificazione digitale biometrica mai costruito. Oltre a fungere da portale per accedere ai servizi governativi, tiene traccia dei movimenti degli utenti fra le città, del loro status professionale e dei loro acquisti. È un sistema di credito sociale de facto che serve da punto di ingresso chiave per accedere ai servizi in India.

Dopo aver definito il collega miliardario Nandan Nilekani un “eroe”, le iniziative sostenute dall’oligarca dell’alta tecnologia Bill Gates hanno cercato a lungo di portare ”l’approccio Aadhaar ad altri Paesi”. Con l’inizio della crisi da Covid-19, Gates e altri esperti del settore dell’ID digitale hanno un’opportunità senza precedenti di introdurre i loro programmi nei Paesi ricchi del Nord.

Per coloro che agognano la fine delle restrizioni legate alla pandemia, i programmi con credenziali certificanti la loro vaccinazione contro il Covid-19 sono stati lanciati sul mercato come la chiave per riaprire l’economia e ripristinare la loro libertà personale. Ma l’implementazione dei passaporti di immunità sta anche accelerando la creazione di un’infrastruttura di identità digitale globale.

Come ha recentemente affermato la Thales, società di vigilanza militare e appaltatore della NATO, i passaporti vaccinali ”sono il precursore dei portafogli di identità digitali “.

E come ha enfatizzato su Forbes l’amministratore delegato di iProov, società di identificazione biometrica e appaltatore della Homeland Security (Dipartimento della Sicurezza Interna USA), “L’evoluzione dei certificati vaccinali guiderà in effetti nel futuro l’intero campo dell’identificazione digitale. Pertanto, non si tratta solo del Covid, questo è qualcosa persino più grande“.

Per lo stato di sicurezza nazionale, i passaporti di immunità digitale promettono un controllo senza precedenti sulle popolazioni ovunque tali sistemi siano implementati. Ann Cavoukian, l’ex commissario per la privacy dell’Ontario, in Canada, ha descritto il sistema di passaporti dei vaccini già attivo nella sua provincia come ”una nuova rete di sorveglianza inevitabile, con dati di geolocalizzazione tracciati ovunque“.

Per gli oligarchi dell’alta tecnologia come Bill Gates e istituzioni neoliberali come il World Economic Forum, i sistemi di identità digitale e valuta digitale hanno già permesso l’estrazione di profitti incredibili nei Paesi del Sud, dove centinaia di milioni di persone rimangono senza alcun servizio bancario e quindi al di fuori dell’ambito dei sistemi di pagamento elettronico.

Oggi, mentre monta la protesta dal basso contro il regime di esclusione del passaporto vaccinale, i capitani del capitalismo globale stanno conducendo una campagna più urgente che mai per portare il sistema di identificazione digitale in Occidente.

Per questi interessi elitari, la digitalizzazione dei passaporti di immunità rappresenta uno strumento critico in una trasformazione economica e politica pianificata da tanto tempo.

Senza tessera Covid, io e mia moglie siamo emarginati dalla società”

In tutto il mondo, la certificazione della vaccinazione contro il COVID-19 è già un requisito per partecipare alla vita quotidiana.

In Indonesia, i vaccini contro il COVID-19 sono obbligatori e coloro che rifiutano possono rischiare multe o gli viene negato l’accesso ai servizi pubblici. In Grecia, i residenti devono presentare il certificato di immunità per lavorare o entrare nei bar, teatri e altri spazi pubblici al chiuso

La Francia ha similmente richiesto ai residenti di portare con sé un pass sanitario per accedere a tutti i ristoranti, bar, treni e qualsiasi luogo che possa ospitare più di 50 persone, una decisione che ha scatenato estese proteste in tutto il paese. L’ex candidato socialista alla presidenza francese Jean-Luc Mélenchon ha criticato aspramente le nuove restrizioni come” assurde, ingiuste e autoritarie“.

L’Italia ha imposto il suo lasciapassare verde a tutti i lavoratori, minacciando la cessazione dei rapporti di lavoro e la sospensione del salario. L’Italia richiede questo pass anche per usare i mezzi pubblici. Le scene riguardanti uomini della vigilanza privata mentre eseguono il controllo del Green Pass e l’esclusione degli anziani in Italia dai servizi vitali hanno già iniziato a diventare virali sui social media.

Le restrizioni per i Lituani che non sono doppiamente vaccinati e che non sono in grado di dimostrare una recente precedente infezione da Covid-19 sono fra le più rigide al mondo. Gli sono vietati i ristoranti, tutti i negozi di generi non essenziali, i centri commerciali, i negozi di estetica, le librerie, le banche o le agenzie d’assicurazione, le università, cure mediche in regime di degenza, e i viaggi ferroviari.

Gluboco Lietuva, un uomo che si autodefinisce “padre lituano” che ha rifiutato la vaccinazione affermava su Twitter: “Senza Covid Pass, mia moglie e io siamo stati messi al bando dalla società. Non abbiamo nessun reddito. Ci sono stati vietati la maggior parte dei negozi. A malapena possiamo sopravvivere”.

Quattro su dieci province canadesi attualmente richiedono ai propri cittadini di mostrare la prova di essere stati vaccinati contro il Covid-19 per potere entrare in spazi pubblici al chiuso come ristoranti e teatri. Tutti i dipendenti pubblici federali e alcuni altri lavoratori devono essere vaccinati per conservare i loro posti di lavoro.

Il governo del primo ministro canadese Justin Trudeau richiede anche a tutti i viaggiatori in aereo e ai viaggiatori su treni interprovinciali di essere vaccinati. La provincia canadese di Alberta questo settembre prese una misura ulteriore quando annunciò che a tutti coloro che non possono provare di avere fatto il ciclo completo di vaccinazione per il Covid non gli sarà più permesso di socializzare al chiuso con gruppi di più di 12 persone.

In Israele, nel frattempo, solo coloro che hanno ricevuto tre dosi possono lavorare o fare acquisti al chiuso e andare nei ristoranti; i cittadini che hanno ricevuto due dosi vaccinali più di sei mesi fa sono ora considerati non vaccinati. Questa regola ha consolidato ciò che persino il New York Times ha giudicato “un sistema dualistico fra vaccinati e non vaccinati…. che solleva questioni legali, morali ed etiche”.

Negli USA, il presidente Joe Biden “sta procedendo con i requisiti vaccinali ovunque può”. Biden, che ha dichiarato che “la sua pazienza si sta esaurendo” per gli Americani non vaccinati, recentemente ha annunciato nuovi requisiti federali che impongono a circa 80 milioni di Americani – inclusi tutti coloro che lavorano in società con più di 100 dipendenti – che devono, o essere vaccinati, oppure sottoporsi settimanalmente al test per il Covid.

Biden ha anche imposto che coloro che lavorano in istituti che ricevono le coperture sanitarie come Medicare o Medicaid devono mostrare la prova dell’immunità per mantenere i loro posti di lavoro. Secondo la Associated Press, il presidente Biden sta prendendo in considerazione la prova dell’immunità per i viaggi interstatali, una restrizione che il suo precedente consulente per la salute pubblica, Ezekiel Emanuel, aveva chiesto insistentemente.

Nello stato del Colorado, il sistema ospedaliero “UC Health” ha annunciato che non permetterà trapianti di organo da eseguire su pazienti non vaccinati, suggerendo di andare in Texas per le procedure salvavita.

La città di New York offre un assaggio del programma in serbo per il resto del Paese. Il prerequisito “Key To NYC” che è entrato in vigore il 13 settembre di quest’anno, richiede la prova vaccinale per lavorare o mangiare al chiuso, per attività di fitness al chiuso, per luoghi di intrattenimento come musei, stadi, sale giochi e teatri.

“Se vuoi partecipare pienamente nella nostra società, devi essere vaccinato”, ha affermato il sindaco De Blasio. “New York è un posto eccezionale letteralmente pieno di meraviglie…. se tu sei non vaccinato, purtroppo non potrai esserne partecipe”.

Gli obblighi relativi al COVID potrebbero essere permanenti

Mentre i media come la CNN hanno definito i passaporti vaccinali una ”misura utile e temporanea“, è sempre più chiaro che le restrizioni sulla prova dell’immunità imposte alle popolazioni occidentali può darsi che non cambieranno molto presto.

Il dottor Kerry Chant, Ministro della Salute del New South Wales in Australia, ha affermato che i cittadini “dovrebbero abituarsi ad essere vaccinati con vaccini anti-Covid in futuro…sarà un ciclo regolare di vaccinazioni e rivaccinazioni”.

Albert Bourla, CEO della società multinazionale Pfizer, che ha visto le sue azioni salire alle stelle durante la pandemia, ha osservato che lo ”scenario più probabile” è che i vaccini contro il coronavirus siano obbligatori ogni anno.

Come un titolo tratto da Nature nel mese di febbraio diceva, ”il coronavirus è qui per rimanere”. Oppure, come ha affermato il dottor Mike Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenza sanitaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è ”molto, molto, improbabile” che il COVID-19 sparirà per sempre.

”Sradicare questo virus dal mondo proprio ora rassomiglia molto a cercare di pianificare la costruzione di un sentiero di pietre per la luna”, ha affermato Michael Osterholm, epidemiologo dell’Università del Minnesota a Minneapolis. ”È irrealistico“.

”D’ora in poi è la nostra vita, a ondate”, ha riconosciuto lo zar israeliano del coronavirus Salman Zarka. Zarka ha già preparato dei piani per imporre una quarta dose agli Israeliani.

Le imposizioni per il COVID verranno rinforzate digitalmente

Mentre i richiami vaccinali di routine imposti dallo Stato possono sembrare sgradevoli per molti, se non completamente insopportabili per altri, l’incubo rappresenta l’occasione di una vita. A partire da maggio 2020, sole sette settimane dopo che la pandemia era stata dichiarata, il miliardario americano Bill Gates prevedeva che” prima o poi avremo dei certificati digitali per vedere chi è guarito o è stato testato di recente, o quando abbiamo un vaccino, chi lo ha ricevuto”.

Ora, più di un anno dopo, un numero crescente di governi locali e nazionali richiede una qualche forma di prova digitale della vaccinazione o dell’immunità naturale contro il COVID-19.

A coloro che vogliono viaggiare in Canada, per esempio, viene richiesto di scaricare una app che verifica lo stato di vaccinazione dei viaggiatori in entrata. Il governo prevede anche di introdurre un passaporto federale digitale vaccinale per tutto il Canada nei prossimi mesi.

Quando l’Unione Europea (UE) aprì ai turisti stranieri questa estate, introdusse un “Certificato Digitale COVID” che consentiva l’ingresso a coloro vaccinati contro il COVID-19, a coloro che risultano negativi al test o a coloro che si erano recentemente ripresi da un’infezione. Il “Certificato Verde Digitale” proposto è stato promosso come un modo per facilitare la libera circolazione sicura all’interno dell’UE durante la pandemia.

Il governo francese ha stretto una partnership con una società di tecnologia biometrica chiamata IDEMIA per ”rendere più facile per i suoi cittadini dimostrare la propria identità ed effettuare transazioni online usando uno smartphone“. La nuova applicazione ”consentirà ai cittadini francesi di posizionare la propria carta d’identità elettronica nazionale [introdotta in Francia nell’ambito della risposta al COVID-19 nell’agosto 2021] … sul retro del proprio smartphone e avere immediatamente conferma della propria identità“. IDEMIA sta anche aiutando la Francia a certificare i dati sull’immunità dei viaggiatori con la sua suite Health Travel Pass.

Gli Stati Uniti accettano ancora le tessere di vaccinazione cartacee e il presidente Biden ha insistito sul fatto che non ci sia una app a livello nazionale per i posti di lavoro. Tuttavia, sette Stati (California, New York, Louisiana, Colorado, Illinois, New Jersey e Hawaii) hanno già implementato applicazioni che certificano la vaccinazione COVID-19 e hanno vari gradi di obblighi vaccinali per il Covid-19 sul posto/a livello locale.

ImmunaBand, un braccialetto indossabile, la cui missione aziendale è ”avvicinare un po’ il mondo in tempo di pandemia da COVID-19 e consente di dimostrare al mondo il vostro stato di vaccinazione/status vaccinale“, è stato approvato anche dalla città di New York come prova di vaccinazione.

“Nel tipico modo americano, il governo degli Stati Uniti sta relegando la creazione di certificati di vaccinazione digitali al settore privato”, ha affermato Data & Society, organizzazione no profit.

In effetti, dietro l’impulso per i passaporti vaccinali digitali c’è una cricca di istituzioni neoliberali sovranazionali guidate da donatori oligarchici dell’industria tecnologica.

Interessi aziendali elitari dietro i passaporti digitali COVID

Le mega società per azioni, le istituzioni finanziarie internazionali e le fondazioni private sostenute da miliardari hanno svolto un ruolo vitale nel fare attività di lobbying per i passaporti vaccinali digitali e nel rendere effettivi gli stessi.

Il promettente sistema di passaporto sanitario globale è stato coordinato sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) facente parte dell’ONU. Tuttavia, questa istituzione (l’OMS) è così intrecciata con ricchi interessi privati ​​che difficilmente può essere caratterizzata come un organismo di sanità “pubblica”.

Come l’ex direttore dell’OMS Margaret Chan ha detto alla regista Lilian Franck,” Solo il 30% del mio budget è costituito da fondi prevedibili. Per il restante 70%, devo prendere un cappello e viaggiare per il mondo supplicando denaro. E quando ci danno dei soldi, è estremamente legato alle loro preferenze, a ciò che a loro piace”.

Il primo tra questi finanziatori privati ​​è il secondo uomo più ricco del mondo, Bill Gates, e la sua Fondazione Bill e Melinda Gates, che risulta essere il secondo donatore dell’OMS.

La Gates Foundation ha recentemente contribuito a finanziare un documento dell’OMS che fornisce ”guida all’implementazione” per le certificazioni vaccinali in tutto il mondo. Gli autori hanno creato questo documento assieme alla Fondazione Rockefeller e con l’assistenza di diversi rappresentanti di alto livello della Banca Mondiale.

Secondo Foreign Affairs, ”Poche delle iniziative politiche o normative standard stabilite dall’OMS sono annunciate prima di essere state esaminate non ufficialmente dallo staff della Gates Foundation“. Oppure, come altre fonti dissero a Politico nel 2017, ”le priorità di Gates sono diventate quelle dell’OMS“.

Anche il World Economic Forum (WEF) è in prima linea nel passaggio ai certificati digitali. ”Il Forum fa parte del gruppo di lavoro dell’OMS per riflettere su questi standard [requisiti del certificato vaccinale] e pensare a come sarebbero usati“, si legge in un articolo del WEF risalente a maggio 2021.

Sulla carta, il WEF (noto anche come l’Organizzazione Internazionale per la Cooperazione Pubblico-Privato) è una ONG e un “think tank” impegnato a migliorare lo stato del mondo . In realtà, è una rete internazionale di alcune delle persone più ricche e influenti del pianeta. Il Forum si posiziona come opinion leader del capitalismo mondiale.

L’organizzazione è meglio conosciuta per il suo raduno annuale della classe dirigente globale/ a livello globale. Ogni anno, manager di hedge fund, banchieri, amministratori delegati di multinazionali, rappresentanti dei media e capi di Stato si riuniscono a Davos per “determinate le agende globali, regionali e industriali“. Come ha detto Foreign Affairs, ”il WEF non ha un’autorità formale, ma è diventato il principale forum delle élite per discutere di idee politiche e relative priorità per realizzarle“.

Nel 2017, l’economista tedesco e fondatore del WEF Klaus Schwab introdusse il concetto di ”Quarta rivoluzione industriale” con il titolo del libro che pubblicò quell’anno. La Quarta Rivoluzione Industriale (4RI), secondo Schwab, rappresenta l’attuale ”rivoluzione tecnologica” che sta cambiando il modo in cui le persone ”vivono, lavorano e si relazionano tra loro“, e con implicazioni ”diverse da qualsiasi cosa l’umanità abbia vissuto”.

Per lui, la Quarta Rivoluzione Industriale è la “fusione dei mondi a livello fisico, digitale e biologico”. Schwab ha persino detto che la Quarta Rivoluzione Industriale condurrà inevitabilmente verso il transumanesimo, o la modificazione del genoma umano.

Nel gennaio 2021, secondo Forbes, diversi partner del WEF, tra cui Microsoft, Oracle, Salesforce e molti altri “pesi massimi”, annunciavano una partnership per lanciare l’Iniziativa Per La Credenziale Vaccinale (Vaccine Credential Initiative – VCI), allo scopo di sviluppare strumenti di autenticazione digitale riguardanti le immunità da vaccinazioni.

Puntando ad istituire un’unica “tessera sanitaria SMART” per tutto il mondo, la VCI pretende che le proprie tessere sanitarie SMART vengano riconosciute “al di sopra dei confini organizzativi e giurisdizionali”.

Negli USA, alcuni Stati stanno già dislocando le tessere sanitarie SMART sviluppati dalla VCI. Queste tessere sanitarie SMART hanno gettato le basi per uno standard nazionale de facto per le credenziali vaccinali.

”Se un numero sufficiente di Stati adottasse questa tecnologia, potrebbe diventare uno standard nazionale de facto e sollevare l’amministrazione Biden dal dovere definire requisiti federali per scopi nazionali“, faceva notare Politico.

L’ultima versione di iOS di Apple, iOS 15, include persino il supporto per la SMART Health Card

A partire da oggi, coloro che hanno ricevuto un vaccino in California, Hawaii, Louisiana, New York, Virginia o in certe contee del Maryland possono ottenere una tessera sanitaria SMART dallo Stato.

Nella maggior parte degli altri Stati, la tessera sanitaria SMART è disponibile per coloro che sono stati vaccinati in una delle più di 17.100 farmacie facenti parte delle catene farmaceutiche CVS, Walgreen o Rite Aid, diffuse su scala nazionale.

”Più Stati, farmacie e sistemi sanitari inizieranno molto presto ad emettere tessere sanitarie SMART“, promette il sito di Commons Project, uno dei fondatori dell’iniziativa VCI.

L’amministratore delegato di Commons Project Paul Meyer è un ”giovane leader” del World Economic Forum.

In India, gli oligarchi tecnologici usano il sistema di identificazione digitale per imporre il credito sociale ai poveri delle zone rurali, dando origine a esclusione sociale e persino alla morte

Nel 2015, la Gates Foundation ha fornito il capitale iniziale per un progetto della Yale School of Public Health che sarebbe diventato noto come Khushi Baby. Attualmente organizzazione senza scopo di lucro, Khushi Baby realizza collane dotate di microchip da far indossare a un bambino in qualsiasi momento per tenere traccia del loro stato vaccinale e stabilire un monitoraggio continuo dalle prime vaccinazioni fino all’età adulta. L’organizzazione no-profit afferma che ora sta utilizzando i dati provenienti da più di 35.000 villaggi in India per creare algoritmi che ”prevedono i risultati sanitari per le madri e i bambini“.

Nel 2016, IDEMIA, l’azienda di sicurezza che ora lavora con il governo francese sulle vaccinazioni e la relativa verifica di identità, progettò collane dotate di microchip. Queste collane sono state usate per tracciare i dati sanitari di 13 milioni di persone in India dall’inizio della pandemia.

Questi programmi sono stati immessi sul mercato da consulenti aziendali come strumenti essenziali per migliorare l’uguaglianza e l’inclusione nei Paesi del Sud del mondo. ”L’identificazione digitale è la chiave per una crescita inclusiva“, sosteneva McKinsey, la società di consulenza globale, nel 2019.

”Qualcosa come un miliardo di persone potrebbero essere finanziariamente più inclusi e partecipativi”, ha affermato Mike Kubzansky, managing partner della rete Omidyar del fondatore di Ebay e magnate dei media Pierre Omidyar, durante un panel del WEF che esplorava come ”l’Identificazione Digitale Offre una Significativa Opportunità per la Creazione di Valore”.

Come Gates, Omidyar ha pesantemente investito nel progresso dell’identificazione digitale e dei sistemi valutari attraverso la sua rete Omidyar, che collabora con il World Economic Forum sulla Good ID Initiative.

Uno sguardo più da vicino alla spinta verso l’”inclusione” da parte dei colossi aziendali rivela che il loro linguaggio altruistico è poco più di una copertura di pubbliche relazioni per motivi di puro profitto, con conseguente emarginazione e persino morte per molti di coloro coinvolti nei loro sistemi di identità digitale.

Oltre a servire come luogo per il progetto Khushi Baby, l‘India è diventata un laboratorio per il tracciamento digitale e i sistemi di identificazione. Con il supporto di travestimenti capitalistici occidentali come la Gates Foundation e la Banca Mondiale, il Paese è diventato il sito del più grande database di identità digitale del mondo, noto come Aadhaar.

Il sistema Aadhaar è indicato con una serie di 12 cifre che serve come prova di identità e di indirizzo, fra gli altri segni evidenziatori, ovunque in India. Fino a oggi, un miliardo e trecento milioni di indiani sono stati iscritti nel sistema, il che lo rende il più grande database di identificazione biometrica mai costruito. Contiene le scansioni dell’iride e le impronte digitali di entrambe le mani di ciascun utente. La tecnologia per questo sistema è stata fornita da nessun altro che la società di sicurezza francese IDEMIA.

Aadhaar fu reso effettivo nel 2014, l’anno in cui Narendra Modi, un sostenitore del libero scambio e della tecnologia, è salito alla carica di primo ministro. Il suo creatore, il miliardario della tecnologia Nandan Nilekani, è stato soprannominato ”il Bill Gates di Bangalore“, celebrato da entusiasti della globalizzazione come Thomas Friedman, e salutato nientemeno che da Gates come un ”eroe” altruista. La Gates Foundation ha collaborato con Nilekani al suo progetto ”Co-impact” assieme alla Skoll Foundation del miliardario Jeffrey Skoll, co-fondatore di eBay.

“Aadhaar è una risorsa enorme per l’India”, così ne parlava calorosamente Bill Gates in un’intervista del 2019 sul network indiano Times Now. “Il fatto che si possano fare pagamenti digitali e aprire un conto bancario così facilmente, l’India è un Paese leader in questo settore. Ci sono enormi vantaggi nel poter far arrivare il denaro digitale emesso dal governo direttamente al beneficiario”.

Ma dietro la propaganda neoliberale, il sistema di identificazione digitale Aadhar di Nilekani ha devastato le vite delle popolazioni più vulnerabili e stigmatizzate dell’India.

Nello Stato orientale indiano di Jharkhand, un’ondata di morti si verificò nel 2017 quando i cittadini impoveriti furono esclusi dalle razioni di cibo sovvenzionate dal governo per mezzo del sistema Aadhaar. In parecchi casi, le vedove anziane si sono viste negare il riso per diversi mesi perché il sistema non riconosceva le scansioni delle loro impronte digitali.

Circa nello stesso periodo, tre fratelli morirono di fame dopo non essersi registrati correttamente nel sistema di identificazione digitale Aadhaar e successivamente furono negate loro le razioni per sei mesi. La stessa crudele sorte toccò alla famiglia Kumari, che non riuscì a ottenere un’identità digitale nel sistema di identificazione digitale Aadhaar, perse la sua tessera alimentare e videro la figlia undicenne Santoshi morire di fame.

“Molte persone in Jharkhand sono state vittime di una simile perdita di diritti alimentari durante gli ultimi mesi”, riportava India’s Scroll, un quotidiano indiano online. “La ragione principale è che l’autenticazione biometrica, alla base del sistema di identificazione digitale Aadhaar, è ora obbligatoria in circa l’80% dei negozi che erogano le razioni alimentari nello Stato di Jharkhand”.

Secondo India’s Scroll, un campione casuale di 18 villaggi in cui l’autenticazione biometrica era obbligatoria rivelò che uno sbalorditivo 37% dei titolari della carta non poterono accedere alle loro razioni alimentari.

Oltre a far sì che il sistema di identificazione digitale Aadhaar sia diventato la chiave per ottenere servizi governativi, il governo Modi ha integrato i dati raccolti da tale sistema per istituire un “database a 360 gradi” che “traccia automaticamente quando un cittadino si sposta fra le città, quando cambia lavoro o acquista una nuova proprietà”, secondo quanto riferito dall’Huffington Post.

Quando il Covid-19 raggiunse l’India all’inizio del 2020, Nilekani propose di impiegare Aadhaar come base per un programma di vaccinazione e tracciamento anti-Covid. “Dobbiamo assicuraci che tutti ricevano un certificato digitale con la data di vaccinazione, il nome del vaccino e attraverso quale fornitore e la località in cui è stato somministrato”, Nilekani dichiarò nel 2020.

Come era prevedibile, il sistema di sorveglianza di massa di Nilekani ha dimostrato di essere molto più efficace nel raccogliere dati che nel proteggerli. Nel 2018, il quotidiano Indian Tribune fu in grado di acquistare le informazioni personali di quasi tutti gli utenti di Aadhaar tramite venditori anonimi su WhatsApp. Il processo richiese solo dieci minuti e costò circa sei dollari, secondo quanto riferito dal quotidiano stesso.

Le violazioni seriali del sistema della privacy hanno persino spinto alcuni indiani HIV positivi a ritirarsi dai programmi di trattamento antiretrovirale che richiedono la carta Aadhaar. Sebbene venga detto che l’adesione a Aadhaar è su base volontaria, le persone con HIV si sono lamentate con i media indiani di aver subito pressioni per iscriversi al programma di identificazione digitale e di essere state minacciate di perdita dei servizi medici.

I sostenitori della privacy negli Stati Uniti indicano i programmi di identità nazionale digitale come quelli di Aadhaar come giganteschi strumenti di sorveglianza che gettano le basi per un sistema di credito sociale.

Parlando al Comitato per i servizi finanziari della Camera degli Stati Uniti nel luglio 2021, Elizabeth Renieris, del Technology Ethics Lab di Notre Dame, lanciò un avvertimento: “In India, il numero Aadhaar è in grado di tracciare la tua attività in ogni aspetto della tua vita, dall’impiego lavorativo che svolgi all’assistenza sanitaria, alla scuola, praticamente tutto quello che fai. Non puoi conservare autonomia in settori specifici della tua vita. Non puoi separare la tua reputazione personale e professionale. Non puoi avere questo genere di identità personale contestualizzata. Penso che ciò sia davvero problematico.”

“Dobbiamo evitare di costruire sistemi di identificazione digitale e infrastrutture in un modo che ulteriormente espande e rafforza lo stato di sorveglianza, come fa il sistema di identità nazionale in India”, ha continuato Renieris.

Ma è l’aspetto onnicomprensivo di credito sociale di Aadhaar che ha reso Bill Gates così appassionato del sistema.

Parlando ai più alti decisori politici dell’India nel 2016, il secondo uomo più ricco del mondo dichiarò: “Nel corso del tempo, tutte queste transazioni creano un’impronta e quindi quando fai domanda di credito, l’abilità di accedere ai dati storici che hai pagato le tue bollette in tempo, che hai risparmiato soldi per l’istruzione dei tuoi figli, tutte quelle cose nella tua traccia digitale, di cui si è avuto accesso in modo appropriato permettono al mercato del credito di valutare adeguatamente il rischio.”

ID4D espande l’identificazione digitale per tracciare più attività umane che mai

Nel 2016, la Fondazione Gates ha stanziato finanziamenti per un progetto della Banca Mondiale chiamato Identity for Development (ID4D) Initiative con lo scopo dichiarato di portare “l’approccio Aadhaar ad altri Paesi”.

Finora, la Banca Mondiale ha investito 1,2 miliardi di dollari nell’iniziativa ID4D , con l’obiettivo ufficiale di creare “sistemi di identificazione che utilizzino soluzioni del 21° secolo”.

Tra i quattro partner finanziari che stabilirono l’iniziativa c’erano due familiari organizzazioni finanziate da Big Tech: The Gates Foundation e The Omidyar Network, assieme all’Australian Aid e UK Aid. Secondo la Banca Mondiale, in particolare, “i contributi che hanno funto da catalizzatore” della Fondazione Gates trasformarono il progetto da un’idea a un’iniziativa funzionale della Banca Mondiale.

Nilekani di Aadhaar siede attualmente nel consiglio consultivo dell’Iniziativa ID4D.

Secondo la Banca Mondiale , ID4D “promuove l’uso di sistemi di identificazione digitale per la libera circolazione e la fornitura di servizi, creando collegamenti tra i sistemi che permettono agli utenti di autenticarsi per servizi chiave come la ricezione di pagamenti di trasferimento sociale, il completamento di transazioni finanziarie, e l’attraversamento di confini”.

I materiali promozionali inquadrano questa impresa come una causa umanitaria incentrata sull’aiuto alle donne povere e sull’inclusione nell’economia moderna delle persone senza un conto in banca come rifugiati e migranti.

Tuttavia, uno sguardo più attento ai sostenitori dell’iniziativa e alla loro agenda rivela un obiettivo di lunga data dei capitani del capitalismo globale: creare un sistema di identità digitalmente caratterizzato che consenta a potenti istituzioni pubbliche e private di monitorare più attività umane che mai.

“L’ID digitale … può essere usato abilmente da piattaforme governative e commerciali per facilitare una varietà di transazioni digitali, inclusi i pagamenti digitali”, spiega la Banca Mondiale.

In un white paper dell’agosto 2021, la Banca Mondiale chiedeva alle nazioni africane di realizzare un “mercato digitale unico” e di allentare le normative sull’infrastruttura digitale per ridurre il rischio per gli investitori. Il documento rivelò le reali intenzioni dietro la spinta della Banca Mondiale per la chiusura del divario digitale: aprire il continente agli investimenti esteri. “La regolamentazione del governo”, dichiarava il documento, “ha bisogno di rendere scorrevole il percorso verso la trasformazione digitale nella regione”.

“Accelerando la trasformazione digitale dell’Africa, le aziende possono raccoglierne i benefici”, proclamava il World Economic Forum (WEF) in un articolo del 2020 intitolato “L’Africa ha il potenziale per rilanciare la crescita globale”.

“Ci saranno […] opportunità lucrative in Algeria, Angola, Etiopia, Ghana, Kenya, Marocco, Sudan e Tunisia … una buona scommessa per le aziende che cercano di entrare in nuovi mercati”, consigliava il WEF.

Come ha scritto di recente il World Economic Forum, ” Il COVID-19 ha evidenziato i vantaggi della creazione di un’economia digitale”. Tuttavia, i vantaggi di cui parla il gruppo probabilmente ricadranno dalla parte dei suoi portatori di interessi (stakeholder).

I partner della “Piattaforma per una buona identità digitale” del World Economic Forum includono l’azienda di identificazione biometrica Accenture, Amazon, Barclays Bank, Deutsche Bank, HSBC Bank, Mastercard, l’azienda di tecnologia biometrica Simprints e il gigante del credito Visa.

Gli stakeholder dell’iniziativa rappresentano i principali beneficiari di un sistema di identificazione biometrica imposto al Sud del mondo, con le multinazionali finanziarie occidentali svolgenti la funzione di porta d’accesso per i suoi abitanti per partecipare all’economia globale.

Il WEF ha anche reso chiaro che l'”obiettivo finale” della sua agenda è espandere il modello stabilito in India fino a quando ogni persona nel mondo possiede un ID digitale unico.

In un articolo intitolato “L’ID digitale è il catalizzatore del nostro futuro digitale”, Mohit Joshi , un “giovane leader” del WEF, sosteneva che “i governi dovrebbero utilizzare [Aadhaar] per ottimizzare la fornitura di servizi e pagamenti e aumentare in modo massiccio l’inclusione finanziaria.”

In un documento separato, comunque, il WEF ammise che il nuovo sistema digitale non fornirà necessariamente agli utenti la liberazione che è stata loro promessa: “L’identità digitale della quarta rivoluzione industriale determinerà a quali prodotti, servizi e informazioni possiamo accedere – o, al contrario, ciò che ci è precluso”, ha affermato il WEF.

ID2020 usa a proprio vantaggio le vaccinazioni per spingere “oltre un livello distopico” i sistemi di identificazione e i pagamenti digitali

Nel 2016, la Global Alliance for Vaccines and Immunization (GAVI) di Bill Gates, Microsoft, Accenture e la Rockefeller Foundation hanno costituito un nuovo consorzio per fornire certificati di identificazione digitale ai bambini in età infantile quando riceveranno le vaccinazioni di routine. Lo chiamarono ID2020, indicandolo incidentalmente per l’anno in cui una pandemia globale sarebbe stata dichiarata.

ID2020 dice che è “concentrato a essere a capo dello standard di identità biometrica digitale a livello globale” e sostiene che gli ID digitali condurranno all'”indipendenza finanziaria”.

I partner dell’iniziativa ID2020 includono il gigante delle carte di credito MasterCard e Simprints, un’azienda di tecnologia biometrica supportata dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID, una tradizionale organizzazione di copertura per l’intelligence statunitense.

Il progetto “community pass” di MasterCard mira a catturare i dati biometrici di 30 milioni di individui in zone remote dell’Africa nei prossimi tre anni e a dargli una smart card biometrica, la MasterCard Community Pass, che a sua volta fornirà gli Africani di un’identità biometrica digitale e di un conto bancario digitale.

ID2020 è attualmente in funzione in Bangladesh , dove amministra la registrazione biometrica e il sistema di identificazione digitale per i bambini in età infantile quando ricevono le vaccinazioni di routine. L’amministratore delegato di GAVI, Seth Berkely, ha detto che pianifica di espandere il programma in tutto il mondo sottosviluppato, lavorando con multinazionali come Facebook e MasterCard per vincolare lo stato di vaccinazione a un sistema di identificazione biometrica.

“L’89 per cento dei bambini e degli adolescenti senza identificazione vive in paesi supportati da GAVI”, affermava Berkley . “Siamo entusiasti del potenziale impatto di questo programma non solo in Bangladesh, ma come qualcosa che possiamo replicare in tutti i Paesi con requisiti idonei a far parte di GAVI”.

Con la dichiarazione dell’OMS di una pandemia globale nel marzo 2020, è arrivata un’opportunità senza precedenti per le forze che fanno avanzare gli ID digitali. Come Andrew Bud, amministratore delegato della società di tecnologia biometrica e appaltatore del Dipartimento della Sicurezza Interna iProov, che così si entusiasmava, “L’evoluzione dei certificati vaccinali guiderà effettivamente l’intero campo dell’identità digitale in futuro. Quindi, di conseguenza, non si tratta solo di Covid, si tratta di qualcosa di persino più grande”.

Entro l’anno successivo, ID2020 e l’azienda di identificazione biometrica partner di USAID, Simprints, avevano usato a proprio vantaggio i fondi della Gates Foundation per pubblicare un articolo intitolato ” Consegna di vaccini COVID-19: un’opportunità per organizzare sistemi per il futuro “. Gli autori sostenevano che i vaccini COVID-19 nel Sud del mondo avrebbero potuto essere utilizzati come “potenziale leva” per fornire sistemi di identificazione biometrici digitali.

Hanno continuato ammettendo che tali sistemi biometrici digitali sarebbero rimasti in vigore molto tempo dopo la fine della pandemia di COVID-19 e sarebbero stati sfruttati per una serie di scopi dopo il lancio: “La biometrica ha il vantaggio di essere agnostica rispetto al caso d’uso”, i co-autori scrivevano, “nel senso che può connettere diversi sistemi durante o anche dopo il lancio”.

Elizabeth Renieris del Notre Dame-IBM Tech Ethics Lab rassegnò le dimissioni dal ruolo di consulenza tecnica per ID2020, citando “i rischi per le libertà civili” dopo che l’iniziativa si mise in alleanza con i giganti della tecnologia per progettare passaporti di immunità COVID supportati dalla tecnologia blockchain ancora in fase sperimentale.

Renieris proseguì nel denunciare il promettente sistema di identificazione digitale come un incubo per le libertà civili: “La prospettiva di limitare severamente i diritti e le libertà fondamentali degli individui attraverso piani insensati di ‘passaporti di immunità’ o certificati simili, in particolare quelli che farebbero leva su prematuri standard e su una tecnologia altamente sperimentale e potenzialmente lesiva dei diritti come la blockchain, va oltre la distopia”.

Gli esperti di ID digitali prendono di mira i poveri del mondo

Mentre collegare un’identità biometrica digitale alle finanze degli individui è quasi certo che escluda un sacco di gente, e ne ha persino ucciso alcuni tagliando fuori dai servizi governativi i cittadini in stato di povertà, gli istituti finanziari e creditizi predatori vedono la tecnologia come il mezzo perfetto per capitalizzare su mercati non sfruttati e in via di sviluppo.

Un rapporto del settembre 2021 di BankServAfrica, la più grande stanza di compensazione automatizzata di pagamenti digitali in Africa, che è diretta da ex manager di MasterCard, VISA e IBM, sollecitava il Sudafrica ad adottare un sistema di identificazione digitale biometrico.

Il rapporto proclamava: “È arrivato il momento per i consumatori, gli investitori e i settori pubblico e privato di lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo comune di attivare un’identità digitale solida, sicura e fidata per il Sudafrica”.

La piattaforma di pagamento digitale di BankServAfrica è attualmente testata in Namibia, Zimbabwe e Tanzania con il supporto finanziario della Banca mondiale, dell’USAID e della Bill & Melinda Gates Foundation.

“La pandemia di COVID-19 ha dimostrato quanto sia critico un sistema di identificazione digitale”, insisteva a dire il Direttore Commerciale di BankServAfrica.

Il rapporto di BankServAfrica sosteneva che un solido sistema di identificazione digitale biometrica aiuterà il Sudafrica a realizzare “processi FICA [sistema di punteggio per il credito] più semplici” e “un mercato del credito al consumo equo, trasparente, competitivo, sostenibile, responsabile, efficiente ed efficace”.

Ma dietro la nobile retorica neoliberista schierata dall’industria finanziaria si trova un indecente storia di affarismo e invasione della privacy su vasta scala.

Nel 2007, Vodafone e Safaricom lanciarono mPesa, un sistema che consente digitalmente agli utenti di depositare, prelevare, trasferire e pagare. Il progetto fu “in grado di rendere disponibile credito e capitale per la crescita a milioni di persone che non hanno mai avuto accesso al credito prima”, secondo Areiel Wolanow , che guidava il team che progettò e costruì il motore di valutazione del credito per mPesa in Kenya.

Ma uno studio dell’economista Alan Gibson rivelò che fu il settore finanziario, non la popolazione rurale del Sud del mondo, a beneficiare veramente di mPesa. Nel frattempo, le condizioni di vita dei più poveri partecipanti al sistema non sono migliorate affatto: “Quello che è indiscutibile è che il lato dell’offerta del mercato finanziario ha beneficiato molto dagli ultimi dieci anni. Le vendite delle banche sono aumentate di 2,5 volte e gli utili di 3,5 volte, con aumento anche dei margini di profitto; gli anni dell’inclusione sono stati senza dubbio anni buoni per le banche. Questo apparente contrasto tra un cospicuo successo dal lato dell’offerta e un’economia ancora povera … solleva interrogativi sul ruolo del settore finanziario. In particolare, ci porta alle domande su chi/cosa è lì per servire e sugli incentivi che determinano il comportamento”.

In un’ulteriore accusa riguardante gli schemi di pagamento digitali apparentemente “inclusivi”, la Rivista di Economia Politica Africana scoprì che “la maggior parte di questo valore [mPesa] non va ai poveri. Piuttosto, tale tecnologia finanziaria è chiaramente progettata per risucchiare valore e depositarlo nelle mani di una ristretta élite finanziaria digitale globale che sono le forze principali dietro la rivoluzione di questa tecnologia finanziaria.

Nonostante l’evidenza di una crescente disuguaglianza, Bill Gates – la cui fondazione spende centinaia di miliardi di dollari per promuovere servizi finanziari digitali per i poveri – si profuse in salamelecchi per mPesa.

“M-Pesa è un eccellente programma”, così su Twitter Bill Gates ne parlava calorosamente in uno dei suoi parecchi tweet a favore del sistema di pagamenti digitale.

Gates si agganciava a un articolo che promuove il programma della National Public Radio, l’emittente pubblica statunitense che ha ricevuto oltre 17,5 milioni di dollari da Gates mentre pubblicava centinaia di articoli di elogio a favore del miliardario della tecnologia e delle sue iniziative in tutto il mondo.

Negli Stati Uniti, nel frattempo, la campagna ID2020 di Gates ha collaborato con le forze che mandano avanti un sistema che registra lo stato vaccinale degli Americani con la stessa società che calcola il loro punteggio di credito finanziario.

L’industria del credito statunitense e le organizzazioni di identificazione dell’immunità digitale collaborano sulle “enormi opportunità per il settore commerciale”

In Illinois, ai residenti è attualmente richiesto di verificare di aver ricevuto il vaccino COVID-19 attraverso un portale online chiamato Vax Verify che funzionerà insieme al passaporto vaccinale di imminente attuazione a Chicago.

Per registrare l’avvenuta vaccinazione, i residenti dell’Illinois si devono rivolgere a Experian, il leader mondiale per il servizio di punteggio sul credito.

Il portale Vax Verify sta già incontrando resistenze per aver fornito informazioni imprecise sullo stato vaccinale. È anche argomento di serie preoccupazioni sulla sicurezza, dato il primato di infrazioni di Experian che fece trapelare i dati personali di milioni di cittadini dal Brasile al Sud Africa.

Inoltre, il portale online richiede che qualsiasi residente con un blocco del credito debba sbloccarlo con Experian prima di registrare l’avvenuta vaccinazione.

“L’uso di Experian è certamente uno dei peggiori [passaporti vaccinali] che abbia visto fino ad ora”, commentò a Yahoo News il direttore tecnico della Electronic Frontier Foundation, Alexis Hancock.

Dopo che l’Illinois è diventato il primo Stato degli USA a forgiare una relazione formale tra le certificazioni vaccinali e Experian, Bill Foster, membro del Congresso dell’Illinois e il prediletto dell’industria finanziaria, ha proposto una legislazione che vorrebbe imporre un sistema di identificazione biometrico digitale all’intera popolazione americana.

L’Improving Digital Identity Act del 2021, proposto da Foster a luglio, richiede al settore pubblico, e in particolare al Dipartimento della Difesa Nazionale, di collaborare con il settore privato per sviluppare una nuova infrastruttura di identificazione digitale biometrica per gli Stati Uniti.

Nel novembre 2020, l’ID2020 sponsorizzato da Gates fornì a Foster un forum online per promuovere il suo disegno di legge. Durante l’evento, il membro del Congresso esortò per un “fidato sistema di certificati di immunità digitale biometrico” spiegando nel mentre che il suo disegno di legge otterrebbe i dati biometrici da ogni cittadino in modo che le società private possano “usarlo a proprio vantaggio” per generare enormi profitti.

“Una volta che il governo avrà [preso] da te quei dati biometrici piuttosto seri, ci saranno enormi opportunità per il settore commerciale per usarli a proprio vantaggio”, diceva. “E per cercare di dare il via a tutto questo, ho introdotto l'”Improving Digital ID Act'”.

Le società bancarie e di carte di credito sono fra i tanti “settori commerciali” che il progetto di legge Foster beneficerà attraverso i sistemi di identificazione biometrici digitali. Il disegno di legge afferma chiaramente che il sistema di identificazione aziendale darà a “persone che usano a malapena i servizi bancari e a quelle del tutto sprovviste di servizi bancari un migliore accesso ai servizi finanziari digitali”, mimetizzando l’apertura dei mercati per i giganti della finanza nello stesso linguaggio vigile riguardo alle ingiustizie sociali che viene usato da ID4D e ID2020.

Ma mentre gli oligarchi dell’alta tecnologia e i loro partner nei settori finanziario e della sicurezza nazionale usano a proprio vantaggio l’epidemia da coronavirus per istituire un redditizio apparato di monitoraggio digitale, il dissenso sta esplodendo nei Paesi in cui i passaporti vaccinali hanno iniziato a escludere milioni di persone.

Scoppiano proteste contro i passaporti vaccinali e contro “persone che hanno ben poco a che fare con il Parlamento”

A New York City, l’epicentro del lancio del passaporto vaccinale negli Stati Uniti, dove nel 2020 più dell’80% di tutti gli arresti per distanziamento sociale a causa del Covid sono stati eseguiti contro residenti neri, le tensioni latenti degenerarono quando tre clienti neri iniziarono una zuffa con il personale di Carmine’s, un ristorante dell’Upper West Side che gli impedì di cenare essendo sprovvisti di certificato vaccinale.

L’incidente incitò la condanna di una succursale locale del movimento Black Lives Matter, che accusò le autorità cittadine di sfruttare l’obbligo di indossare le mascherine e di esibire i passaporti vaccinali per escludere e incarcerare i residenti neri. “Quello che qui stiamo vedendo è che la polizia del dipartimento di New York e i ristoranti stanno usando il certificato vaccinale come un motivo per discriminare i neri”, ha dichiarato l’attivista BLM Kimberly Bernard.

La Francia è stata il luogo di alcune delle più grandi proteste al mondo contro il sistema di passaporti vaccinali imposto sotto la sorveglianza dell’ex banchiere e presidente Emanuel Macron. Il 14 agosto, oltre 210.000 persone invasero le strade in più di 200 proteste in tutta la Francia contro il nascente regime di sicurezza biomedica.

Al di là dell’etichettatura dei manifestanti da parte dei media di regime come truppe d’assalto di estrema destra, il francese Le Monde li descriveva come “soli, accoppiati, con la loro famiglia o i loro amici, di tutte le età, bianchi, neri, impiegati, pensionati, alcuni vaccinati, altri che si rifiutano di vaccinarsi”.

La giornalista francese Pauline Bock faceva notare che nel suo Paese “l’unica categoria lavorativa esente dalla vaccinazione obbligatoria – la polizia – sarà quella che si assicurerà che tutti quanti gli altri obbediscano. La politica è matura per un cattivo uso autoritario”.

In Italia, nel frattempo, il presidente del Consiglio italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha ordinato a tutti i dipendenti di aziende pubbliche e private di esibire un Green Pass attestante la vaccinazione per entrare nel loro posto di lavoro.

Il sistema di passaporti vaccinali Green Pass ha già escluso le persone non vaccinate da ristoranti e palestre, come pure da treni, autobus e voli nazionali in tutto il Paese. I numeri ufficiali del governo mostrano che il pass non è riuscito ad aumentare la diffusione del vaccino.

Con l’estensione del Green Pass ai luoghi di lavoro, gli Italiani sono insorti in alcune delle più grandi proteste che il mondo abbia visto contro il nascente regime di biosicurezza.

Il 9 ottobre, centinaia di migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade italiane da Roma a Trento per esprimere il loro rifiuto della politica di Draghi. A Roma, dove la polizia ha represso manifestanti pacifici con manganelli e scudi antisommossa, un gruppo di circa 20 teppisti di estrema destra attaccò un ufficio sindacale locale mentre la polizia stava ferma. Il ministro dell’Interno [sic] Carlo Sibilia sfruttò l’incidente per sostenere che “i gruppi neofascisti si nascondono dietro i cosiddetti No Vax”.

Il segretario di una fazione del Partito Comunista Italiano, Marco Rizzo, che ha condannato il sistema dei passaporti vaccinali come “uno strumento discriminatorio e divisivo che oppone l’uno all’altro”, gettava sospetti sull’accaduto.

In una dichiarazione del 10 ottobre, Rizzo avvertiva che l’incidente della “violenza fascista” avvenuto il giorno prima faceva direttamente il gioco del governo neoliberista e si interrogava se fosse in ballo una nuova “strategia della tensione”. Il leader comunista si stava riferendo alla strumentalizzazione sotto copertura dello Stato italiano dei militanti di estrema destra durante gli “anni di piombo” per fomentare la violenza e neutralizzare le organizzazioni marxiste.

Le manifestazioni si sono ora estese alla città portuale di Trieste, dove i lavoratori portuali hanno rifiutato di scaricare le merci fino a che il Green Pass venga revocato. Il 18 ottobre, la polizia italiana provò a interrompere lo sciopero dei lavoratori con idranti, gas lacrimogeni e una pesante repressione.

Due giorni prima che esplodessero in tutta Italia le proteste contro il Green Pass, il rinomato filosofo Giorgio Agamben comparve davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Senato italiano per rilasciare una drammatica dichiarazione di opposizione al Green Pass.

Agamben è famoso soprattutto per il suo concetto di Homo Sacer, o nuda vita, in cui un individuo viene spogliato dei diritti e ridotto alla sua essenza biologica in un regime extra-legale giustificato dalla guerra o da altre emergenze. Quando le autorità italiane dichiararono il primo lockdown nel marzo 2020, il filosofo applicò questa teoria alle pesanti restrizioni del suo Paese.

“La caratteristica distintiva… di questa grande trasformazione che stanno tentando di imporre è che il meccanismo che lo rende formalmente possibile non è un nuovo corpus legislativo di leggi, ma uno stato di eccezione – in altre parole, non è un’affermazione di qualcosa, ma la sospensione delle garanzie costituzionali”, spiegava il filosofo nella prefazione alla sua raccolta di scritti del 2020 sul Covid-19, Dove siamo ora: l’epidemia come politica.

Nelle sue osservazioni davanti al Senato italiano, Agamben indicò un’agenda inquietante dietro la motivazione ufficiale per i passaporti vaccinali: “È stato detto da scienziati e medici che il Green Pass non ha nessun significato medico ma serve a costringere la gente a vaccinarsi. Penso invece che dobbiamo dire il contrario: che il vaccino è un mezzo per costringere la gente ad avere il Green Pass. Questo è, un espediente che permette di monitorare e tracciare gli individui, una misura senza precedenti».

Il filosofo concluse il suo discorso prendendo di mira le forze sovranazionali – Bill Gates, il World Economic Forum e la Rockefeller Foundation, fra gli altri – determinate a imporre un sistema di identificazione digitale e di credito sociale basato su alta tecnologia a quanta più popolazione umana possibile.

“Credo che in questa prospettiva – ha avvertito Agamben – sia più che mai urgente per i parlamentari considerare la trasformazione politica in corso, che a lungo andare è destinata a svuotare il Parlamento dei suoi poteri, riducendolo alla semplice approvazione – nel nome della biosicurezza – di decreti emanati da organizzazioni e persone che hanno ben poco a che fare con il Parlamento”.

Traduzione a cura della redazione

Gli autori:

Jeremy Loffredo è un giornalista di base a Washington, DC. Ha lavorato su vari documentari indipendenti a New York e già aveva prodotto notiziari presso RT America. Adesso sta producendo un documentario indipendente sul Green New Deal.

Max Blumenthal è direttore di The Grayzone, è un giornalista vincitore di premi giornalistici e autore di diversi libri, inclusi i più venduti “Republican Gomorrah”, “Goliath”, “The Fifty One Day War”, e “The Management of Savagery”. Ha prodotto ricerche per varie pubblicazioni, molti video reportage, e parecchi documentari, compreso “Killing Gaza”. Blumenthal ha fondato The Grayzone nel 2015 per far luce sul perpetuo stato di guerra degli USA e sulle sue pericolose ripercussioni interne.

Laboratorio Grecia

A chi, dall’alto (?) del proprio scranno parlamentare, ipotizza una “grecizzazione” dell’economia italiana, attraverso l’adozione di misure che richiamano in maniera sinistra quanto perpetrato nel Paese balcanico durante l’ultimo decennio, vogliamo rivolgere l’invito a prendere visione del seguente documentario, realizzato dal benemerito Collettivo Vox Populi, scritto e diretto da Jacopo Brogi.
Laboratorio Grecia è “un viaggio che attraversa la Storia greca passata e recente: dalla seconda guerra mondiale all’attuale crisi economico finanziaria. Un documentario di Storia e di tante storie: vita quotidiana nell’epicentro del neoliberismo applicato. (…) Cronache del nostro avvenire: in cammino fra le generazioni, per abbandonare l’eterno presente ed inventare un Futuro dalle misure umane.”

“Non mi stupirei se molti Italiani stessero già affilando i coltelli”

“Non si abbia timore a dirlo: i Tedeschi con le loro imposizioni sono direttamente responsabili di qualche migliaio di nostri morti che a causa dei tagli imposti non hanno potuto trovare posto negli ospedali mentre soffocavano. Qualche migliaio di morti tra i bambini lo avevano fatto anche in Grecia, ridotta alla fame dal loro commissariamento. Un’Unione che quando è scoppiata l’epidemia in Italia ha pensato bene di produrre filmati sulla pizza al catarro, a sequestrate le nostre forniture mediche e impedendo il sorvolo del territorio agli aerei militari russi con gli aiuti umanitari, mettendo contestualmente i puntini sulle i precisando che qualora avessimo ricevuto degli aiuti essi sarebbero stati solamente dei prestiti, da ripagare con gli interessi.
Un’Unione comandata da burocrati imbecilli che invece di pensare alle cose che contano come i piani di contenimento epidemiologico ha preferito trastullarsi con lo spread, il collare borchiato che ci hanno messo al collo costringendoci con l’Euro a sottoscrivere debito su debito mettendoci al contempo nella condizione di non poterlo mai ripagare a causa dei tagli imposti al nostro sviluppo economico. Questi euro burocrati ed euro governanti sono così stupidi che pur avendo sotto gli occhi l’errore clamoroso commesso dal governo italiano nel mettere in atto le misure di contenimento con gravissimo e colpevole ritardo, hanno finito per commettere lo stesso errore perché erano troppo impegnati a ridere di noi e a progettare sgradevoli sgambetti.
Se Conte avesse le palle e volesse dimostrare di non essere il lacchè degli euronazisti, dovrebbe andare in Europa non a chiedere flessibilità, ma ad informare per mera cortesia diplomatica che l’Italia prenderà anche in autonomia qualsiasi misura necessaria per risollevare la propria economia, in una logica nostrana del “whatever it takes”. Se Conte sotto la direzione europea dovesse accedere al MES per l’ottenimento degli aiuti a debito mentre il Parlamento nelle sue funzioni è de-facto sospeso e mentre la gente non avrebbe modo di scendere in strada a protestare perché agli arresti domiciliari, non solo sarebbe un vigliacco ma si meriterebbe che l’intero Paese venisse messo a ferro e fuoco dalla tanto odiata plebe. Lo scrivo in maiuscolo, conscio del rischio del reato di vilipendio: SAREBBE UN VIGLIACCO.
Perché diciamocelo chiaro e senza mezzi termini: le contromisure contenute nel decreto salva-Italia sono delle sonore prese per il culo, esse sono la radiografia di un governo schiavo delle regole tedesche anche in un momento critico come questo. Mentre gli altri Paesi stanziano centinaia di miliardi in helicopter money e sospensioni fiscali, Conte elargisce 600 euro una tantum solo a pochissime persone (che non possono ottenere perché il sito dell’INPS non funziona) e postpone il pagamento delle tasse di qualche giorno. Nel frattempo la sua incapace amministrazione non è ancora riuscita a distribuire le mascherine agli operatori sanitari, mentre lui cincischia su facebook in fascia notturna, CHE VERGOGNA! Quello che succederà nei prossimi giorni con Conte e l’Europa lo vedremo, nel frattempo non mi stupirei se molti Italiani stessero già affilando i coltelli, dopo tutto sono chiusi in casa e non avrebbero modo migliore per impiegare il proprio tempo.”

Da Coronavirus, UE totalmente inutile. MES, Conte stia attento ai forconi, di Roberto Preatoni.

Per la prima volta

“Il governo Conte, essendo composto da due partiti certo non rivoluzionari che hanno raccolto un grande consenso popolare e proprio in virtù di questo governano, senza dubbio alcuno non farà uscire l’Italia dalla UE e dall’euro, non darà al Paese una moneta sovrana, non chiuderà i ponti con la NATO e non si farà portatore di una rivoluzione epocale. Per raggiungere questi obiettivi gli Italiani avrebbero dovuto votare i partiti che li proponevano, ed esistevano sia in questa che nelle passate tornate elettorali, ma sono rimasti al palo con percentuali nell’ordine dello zero virgola, dimostrando inequivocabilmente come la “rivoluzione” almeno in questo momento non sia nelle corde del popolo che in tutta evidenza la considera un salto nel buio.
Nonostante ciò il governo Conte, per la prima volta dalla cacciata di Craxi, sta dimostrando di occuparsi dei problemi degli Italiani, anziché delle banche, dello spread, dei mercati, di quello che ci chiede l’Europa e tutte le altre amenità che hanno caratterizzato il pensiero unico di tutti gli esecutivi precedenti….
(…) Sicuramente il modo in cui il governo Conte sta affrontando i problemi in questione è perfettibile, sicuramente senza una moneta sovrana gli investimenti non potranno essere quelli necessari. Sicuramente restando al giogo della UE gli spazi di manovra sono oltremisura risicati, sicuramente si potrebbe fare meglio e si potrebbe fare di più, però è un dato di fatto incontestabile che fino alla nascita del governo Conte per risolvere i problemi degli Italiani nessuno abbia mai fatto nulla.
Proprio per questo non posso che restare allibito di fronte alla pletora di questuanti antitaliani che facendo il coro ai media mainstream ed ai grandi poteri nazionali e sovranazionali sputano quotidianamente veleno contro l’esecutivo adducendo le ragioni più svariate, ma con un punto sempre in comune, detestare profondamente questo Paese e fare il tifo per chi lo vorrebbe ridotto come la Grecia.
C’è chi arriva da sinistra e chi arriva da destra, chi considera lo stop alla tratta di esseri umani razzismo, chi ritiene il reddito di cittadinanza un regalo agli accattoni, chi “senza la sovranità monetaria non si può fare nulla”, chi al di sopra della vita umana mette i mercati e lo spread, chi “bisogna investire in infrastrutture e non in salari e pensioni”, chi ritiene la legittima difesa un atto fascista, chi ritiene i poveracci schiacciati da Equitalia pericolosi evasori, chi vuole i negozi aperti anche la notte perché tanto ci lavorano gli altri, chi contesta e basta perché gli stanno sul culo Di Maio o Salvini o entrambi, chi ripete a pappagallo le fesserie esperite da Repubblica o dal Giornale, chi è antitaliano e basta, perché si sente cittadino di un mondo senza frontiere dove si può fare (se si hanno i soldi e lui li ha) il cazzo che si vuole, fregandosene di tutti gli altri che sono razzisti, fascisti e non hanno capito nulla.”

Da Antitaliani di Marco Cedolin.

Per un’Europa della libertà e della capacità sovrana dei popoli di autogovernarsi

Fulvio Grimaldi intervista alcuni esponenti dell’opposizione al governo Tsipras in Grecia.

F.G. Cos’è il Plan B?
Alekos Alavanos (economista, psicoterapeuta, già presidente di Synaspismos e poi capogruppo di Syriza, oggi segretario della formazione “Plan B”, staccatasi da Syriza dopo il referendum consultivo del luglio 2015) E’ un’idea alternativa per una politica totalmente diversa rispetto a quelle dettateci da Bruxelles, Francoforte e Berlino e che hanno distrutto la società e l’economia della Grecia. Non siamo io e altri compagni che abbiamo cambiato idea, è stata Syriza a cambiare totalmente. La rottura avviene nel 2011 quando Syriza sostiene che non era possibile avere una linea autonoma nel quadro dell’eurozona e dell’UE.

F.G. Che Grecia sarebbe quella del Piano B?
A.A. Nessuno può pensare che ogni cosa possa essere fatta senza correre rischi, trappole, difficoltà. Proponiamo una cosa molto semplice: le politiche che la maggioranza dei Paesi evoluti ha attuato dopo una prolungata recessione. Significa liquidità, domanda, salari e pensioni in grado di far girare la ruota. Significa un ruolo diverso dello Stato, creativo e dinamico, una politica di bilancio opposta a quella dell’UE.

F.G. Pensi che ci possa essere vita fuori dall’UE?
A.A. Certamente c’è vita fuori dall’Europa. Ma non c’è alcuna Europa, non è Europa. Per oltre vent’anni sono stato un membro del Parlamento europeo, amo l’Europa, tengo al confronto con gli altri Paesi, le altre forze politiche. Abbiamo bisogno di cooperazione in Europa. Ma deve essere una cooperazione basata sulla solidarietà, sul mutuo beneficio, sul rispetto. Se vuoi essere filo-Europa devi essere contro l’UE e la sua valuta. Siamo all’ennesimo memorandum: ancora tagli, riduzione delle pensioni, più tasse, meno esenzioni. Tutto questo mentre già stiamo in una gravissima depressione.

F.G. Il popolo greco aveva deciso diversamente…
A.A. Il venerdì, prima del referendum della domenica in cui vinse il no alla Troika, vidi la Merkel in tv che diceva che se i Greci avessero votato no, il lunedì non sarebbero più stati membri dell’UE e dell’euro. Ci minacciò. Usano campagne terroristiche, ora anche in Italia, di fronte alla rivolta della gente. I Greci non si fecero intimidire: oltre il 60% votarono no. Poi furono traditi, ingannati. Se io voto no e il governo il giorno dopo dice sì, ciò che si perde sono l’autostima, la fiducia, la prospettiva, la dignità morale.

F.G. E adesso?
A.A. Credo che ci siano dei buoni segni, che non ci vorrà molto prima che il popolo greco si svegli e riprenda in mano il fucile, il fucile della politica.

F.G. Anche noi abbiamo vinto un referendum contro i desideri della Troika. Credi che l’UE abbia per l’Italia un progetto come quello imposto a voi?
A.A. Spero che i poteri sistemici in Italia non si comportino come i nostri e le sinistre come le nostre sinistre. In effetti l’Italia è un boccone grosso. Ma potrebbe anche essere la leva per cambiare l’intera Unione. Le recenti elezioni, chiunque governi ora, hanno espresso una chiara volontà della maggioranza contro quanto all’Italia viene imposto. L’Europa non può sopravvivere nella forma e con i contenuti di adesso. Brexit è la soluzione. Spero che i popoli italiano e greco ritrovino la propria autostima e lottino, insieme ai Francesi, ai Tedeschi, a tutti, per un’Europa diversa, senza la BCE, senza questa valuta tossica. Un’Europa della libertà, creatività e della capacità sovrana dei popoli di autogovernarsi.

F.G. Vedi un filo che corre dalla vostra guerra contro i nazifascisti, alla guerra civile, a quella partigiana contro i britannici, alla dittatura NATO di Papadopulos, fino alla Troika?
A.A. C’è un filo, un filo assai pericoloso. E’ il filo della dipendenza, della subordinazione, militare, politica, anche psichica. La Grecia, inizio e simbolo della nazione che resiste, fin dall’800, è un simbolo increscioso, intollerabile. Dobbiamo farla finita. Non siamo agli inizi dell’800, quando qui comandavano i sultani. Sai, non c’è più sovranità nazionale. Una sovranità che non sarebbe in contraddizione con la collaborazione internazionale. Anzi. C’è sovranità nazionale quando il popolo si autogoverna e quando la cooperazione internazionale rispetta e favorisce una sovranità nazionale democratica. Il frutto è sull’albero. Lasciamolo maturare. Arriverà sulle nostre tavole.

F.G. Sembra che in Grecia rinasca una resistenza.
Panagiotis Lafazanis (segretario di “Unità Popolare”, già dirigente del partito comunista greco KKE e ministro nel primo governo Tsipras) Per la prima volta dopo molto tempo si sono viste manifestazioni popolari di massa davanti al parlamento e in molte città contro la Troika, l’alleanza con Israele di un paese da sempre vicino ai palestinesi, la cessione del nome Macedonia (“Macedonia del Nord”), nome greco di terra greca, al vicino slavo. E si è vista la brutalità della repressione di un governo che si dice di sinistra, per quanto alleato all’estrema destra. Pensiamo che il movimento risponderà e si rafforzerà, in vista anche di una data molto importante, quella del referendum vittorioso contro l’austerità e la Troika, il 5 luglio.

F.G. Come siete messi, dopo l’ennesimo memorandum?
P.L. La condizione della società greca è catastrofica, una situazione in cui non ci si vuol far vedere nessun futuro. Il 34,6% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, 3.796.000 persone su 10 milioni. E il debito che dovremmo pagare con questo strangolamento continua a crescere. E’ ancora forte la sensazione che tutto è perduto. Ma c’è anche l’altra faccia della luna: resta un potenziale sociale in grado di riprendere in mano la situazione e reagire. Insomma, c’è un corpo sociale che si convince di essere fottuto e un altro che è deciso a uscire dal vicolo cieco impostoci da Tsipras.

F.G. Basteranno le sole forze greche, o ci vorrà il concorso di altri Paesi?
P.L. In effetti, perché il popolo greco possa liberarsi, gli occorre il concorso di altri popoli europei, in prima linea di quello italiano. Però a noi tocca l’impegno di non aspettare che si muova un popolo vicino. Dovremo comunque essere i primi a rompere le sbarre del carcere tedesco. Forse saremmo l’ispirazione per altri, fino all’affondamento di tutta l’eurozona, come di questa Unione Europea.

F.G. Qual è il progetto strategico dei vostri nemici?
P.L. Per la Grecia è la distruzione del Paese, non c’è dubbio. Per l’Europa si tratta di una nuova feudalizzazione che elimini i soggetti nazionali in modo da riunire sotto il controllo dell’oligarchia tutte le ricchezze dei singoli Paesi. Per noi del Sud si tratta dell’applicazione di classici criteri colonialisti. Sono questi i caposaldi del progetto europeo. Sono caposaldi razzisti, ma a dispetto del suo razzismo, l’Europa sta conoscendo l’inserimento massiccio nel suo seno di altre popolazioni spodestate e sradicate e chi nutre dubbi sull’onestà del fenomeno, che non nasconda qualcosa di letale, viene accusato di xenofobia.

F.G. Potrebbe trattarsi di una strategia dei globalisti finalizzata a svuotare delle proprie generazioni giovani il Sud del mondo, ricco di risorse appetite dall’imperialismo?
P.L. Evidentemente. Ma si noti che i Paesi costretti a ricevere queste masse di migranti sono la Grecia e l’Italia. Non è un caso. E si prevede che queste masse aumenteranno man mano che l’Africa viene impoverita e si diffondono altre guerre. Non per nulla gli USA e la NATO hanno intensificato in questi giorni i bombardamenti su Iraq e Siria, mentre si accentua la militarizzazione dell’Africa. Di questi sviluppi Grecia e Italia sono le grandi vittime.

F.G. Siamo tutti figli della civiltà greca. E’ per questo che la Grecia deve essere punita?
P.L. E’ da qualche secolo che ci si vendica della nostra civiltà. Poi, per le élite euro-atlantiche punire la Grecia alla vista di tutti gli altri ha lo scopo di fornire un esempio. Se voi non accettate incondizionatamente l’impero, sarete puniti come i Greci. Ma potrebbe anche succedere che la Grecia si riveli il tallone d’Achille di questo progetto.

F.G. Anche qui per certe finte sinistre del neoliberismo globalista la parola sovranità è diventata reazionaria e sovranismo sinonimo di destra?
Grigoriou Panagiotis (antropologo, sociologo, economista, giornalista, autore di Asimmetrie sulla vicenda UE-Grecia) Posso solo dirti che il governo Tsipras ha ceduto controllo e sovranità del Paese, compresi i beni pubblici, ai creditori, titolari di un debito sistematicamente creato da dominanti esterni e complici interni. E questo per 99 anni. Si è perso il 40% dell’industria, il 40% del commercio, il 30% del turismo, tutti i porti, tutti gli aeroporti. Il 30% dei greci sono esclusi dalla sanità pubblica e al 30% è anche la disoccupazione reale. Per un po’ si è ricevuta un’indennità di 450 euro, poi più niente. Tutto questo si chiama effetto Europa, effetto euro. L’ingresso della Grecia nell’UE e nell’euro ha comportato il progressivo smantellamento della nostra economia produttrice. Importiamo addirittura gran parte dei nostri viveri. E’ una condizione di totale dipendenza. Non c’è patria, non c’è autodeterminazione e, ora con il vicino slavo titolato “Macedonia del Nord”, non ci sono più neppure gli spazi e confini della nazione greca. Un processo che interessava a UE e NATO che ora possono incorporare anche Skopje.

F.G. Come e più dell’Italia questo massacro sociale ed economico è stata aggravato dall’afflusso di decine di migliaia di migranti da Siria e altri Paesi.
G.P. Un gravame terribile, insostenibile e sicuramente non innocente da parte della Turchia e di coloro che hanno messo queste persone in condizione di dover fuggire. E’ sconcertante come a questi profughi sia garantita, giustamente, un minimo di copertura sociale, mentre a milioni di Greci è stata tolta. Le ONG straniere sollecitano l’immigrazione, per esempio affittando abitazioni a basso prezzo e riempiendole di migranti, cui pagano anche elettricità, gas e acqua. Migliaia di Greci rimangono senza casa e senza niente.

F.G. Stavo filmando un gruppo di persone dell’OIM (Organizzazione Internazionale Migranti), un organismo a metà tra ONU e privati. Non gradivano essere ripresi. Poi mi è piombato addosso un arcigno poliziotto che mi ha intimato di cancellare quelle riprese, se no mi avrebbe addirittura arrestato. Cosa significa tutto questo?
G.P. Non appena si affrontano queste cose si viene accusati di razzismo. Qui abbiamo una strategia contro certi Paesi del Sud. Da un lato la gente viene indotta a lasciare casa sua dalla violenza o dalla miseria importate a forza; dall’altro, chi li riceve non deve sentirsi più padrone a casa sua. Tanto meno, in quanto forze ed enti esterni assumono il controllo della tua economia nazionale. E qui, a difenderla, sei tacciato di nazionalismo. I Greci pensano a ragione di aver perduto la loro sovranità. E’ come essere sotto occupazione. Di nuovo un’occupazione tedesca. Pensa che in tutti i settori dello Stato ci sono dei controllori della Troika! Ricevono i ministri all’Hotel Hilton. Della Costituzione non c’è più traccia e neppure i diritti fondamentali del lavoro sanciti dall’UE sono rispettati.

F.G. Perché si impedisce di filmare migranti e chi se ne occupa? Cosa si vuole nascondere?
G.P. Il fatto è che altri decidono sulle sorti del tuo Paese e che devi fare o non fare quello che vogliono loro. Sempre di più la vicenda dei migranti, come in Italia, diventa un segreto. Un segreto delle ONG e dei loro finanziamenti occulti o, comunque, finalizzati a fargli assumere un ruolo che non è il loro e che sottrae prerogative allo Stato nazionale, uno Stato che non è più padrone delle proprie frontiere, del proprio territorio, delle persone che vuole o può accogliere. Tutte queste decisioni sono prese altrove, con le ONG che gestiscono un fenomeno, in effetti nella piena illegalità, dato che non esiste un quadro giuridico entro il quale farle agire. A cosa ti fa pensare un Paese mandato in default dall’Europa e a cui l’Europa, Dublino, impongono di ricevere e tenersi decine di migliaia di migranti che ne sono la rovina definitiva? Dobbiamo integrare chi non lo vorrebbe quando dalla nostra comunità nazionale, costituzionale, espelliamo tre quarti dei Greci? A cosa ti fa pensare un Paese mandato in default dall’Europa e a cui l’Europa, Dublino, impongono di ricevere e tenersi decine di migliaia di migranti che ne sono la rovina definitiva?

F.G. All’Italia.

Fonte

Questa è e sarà la questione decisiva

“I feldmarescialli euro-tedeschi, in combutta con gli squali della finanza globale, spalleggiati dalle guide indiane e dai Gaulaiter italioti hanno infatti già iniziato la campagna della paura.
Nella grafica sotto abbiamo ricomposto un piccolo collage che dà la misura della campagna di paura scattata già questa mattina. Tutti, ha praticamente coinvolto tutti gli organi di dis-informazione.
E sembra che abbiamo visto giusto, contro grilli parlanti, sinistrati e gufi d’ogni sorta, nel comprendere per primi la portata enorme della partita che si è aperta col 4 marzo. Eravamo nel giusto, immediatamente dopo il 4 marzo, ad augurarci un governo giallo-verde.
La campagna di paura è solo l’antipasto. Il peggio deve ancora venire. Lorsignori, usando Mattarella, tenteranno di uccidere nella culla il tentativo di un governo dei “populisti antieuropei”. Nel caso non vi riuscissero, nei prossimi mesi, forse già nelle prossime settimane, scateneranno l’inferno. Il precedente del 2011 è noto. Noto è l’assedio a cui sottomisero la Grecia.
Giorni addietro scrivevo Non fate come Tsipras.
Questa è e sarà la questione decisiva. Sotto l’assalto e le imboscate spietate delle mafie eurocratiche il governo giallo-verde saprà resistere o cadrà in ginocchio nell’ignominia?
Come patrioti speriamo che non capitolerà poiché, come si è visto in Grecia, ciò rappresenterebbe una sconfitta letale per il Paese, per il popolo lavoratore. Sarebbe un’umiliazione nazionale, un colpo mortale alla spinta al cambiamento e alla battaglia per la sovranità.
E qui non è solo questione di fare scongiuri, né auspici disinteressati. Ognuno, nei prossimi mesi, dovrà decidere da che parte stare ed impegnarsi in prima persona, mobilitarsi contro l’aggressione esterna. Se abbiamo una speranza è che Lega e M5S capiscano che sotto assedio c’è una sola possibilità di non essere fatti a pezzi, mobilitare il popolo, difendere il governo sovrano con una sollevazione generale.
Altrimenti tutto sarà perduto.”

Da Scateneranno l’inferno, di Piemme.

“Una strategia fallita ma che ha lasciato un effetto duraturo”

L’intervento del dott. Guido Salvini, magistrato presso il Tribunale di Milano, presentato al convegno “La rete eversiva di estrema destra in Italia e in Europa (1964-1980)”, svoltosi a Padova l’11 novembre 2016.

“Il quinquennio 1969-1974 rappresenta il periodo cruciale e più sanguinoso, l’apice di quella che è stata chiamata la strategia della tensione: in Italia si verificano ben cinque stragi, un’altra mezza dozzina di stragi almeno, soprattutto su linee ferroviarie, falliscono per motivi tecnici perché l’ordigno non esplode o il convoglio riesce a superare il tratto di binario divelto, vi è il tentativo di colpo di Stato del principe Valerio Borghese seguito da altri progetti che durano fino al 1974, vi è infine un attentato in danno dei Carabinieri quello di Peteano, con tre vittime, del maggio ‘72 caratterizzato, come vedremo, da una propria specificità.
Già l’anno 1969 in Italia anno è denso di avvenimenti politici.
In quel momento il governo è un debole monocolore guidato dall’on. Rumor che si muove in una situazione incandescente per il rinnovo dei più importanti contratti e la mobilitazione quindi di centinaia di migliaia di operai; inizia la protesta studentesca nei licei e nelle università con un anno di ritardo rispetto al 1968 francese. Sono poi in discussione in quella fase politica riforme decisive sul piano strutturale e culturale come lo Statuto dei Lavoratori, l’approvazione del sistema delle Regioni, la legge sul divorzio.
Nixon è presidente gli Stati Uniti e sono gli anni della dottrina Kissinger, quella secondo cui i governi italiani e i partiti politici di centro dovevano respingere ogni ipotesi di accordo e di compromesso con il PCI e le forze di sinistra, scelta facilitata in passato, come ha ricordato anche Aldo Moro nel suo memoriale scritto dalla prigionia, da continui flussi di finanziamenti distribuiti nascostamente dall’amministrazione americana a partiti e organizzazioni di centrodestra talvolta tramite il SID del gen. Miceli. Il 27 febbraio 1969 il presidente della Repubblica americano fa una visita in Italia ed incontra al Quirinale il presidente Saragat. Vi è stata da poco la scissione del PSI e attorno al PSDI, cui Saragat appartiene, si radunano le correnti più determinate in senso filo-atlantico e più contrarie al mantenimento dell’esperienza di centro-sinistra.
Secondo un dossier contenuto negli archivi di Washington e desecretato il Presidente italiano concorda con quello americano sul “pericolo comunista” e afferma che agli occhi degli italiani il PCI si fa passare per un partito rispettabile ma è dedito agli interessi del Cremlino.
Il giorno della visita del presidente Nixon a Roma la città è blindata e scoppiano gravissimi incidenti tra la polizia ed extraparlamentari di sinistra cui seguono nell’Università scontri tra questi ultimi e militanti dell’estrema destra: vi è la prima vittima di quell’anno Domenico Congedo, uno studente anarchico, Congedo che durante un attacco dei fascisti alla facoltà di Magistero precipita da una finestra.
Del resto a livello internazionale la situazione è critica per il blocco occidentale in quanto molti Paesi afro-asiatici sotto la spinta della decolonizzazione entrano nell’orbita dei Paesi socialisti e alcuni passaggi di campo vengono impediti solo attraverso guerre civili o colpi di Stato molto sanguinosi da quello in Indonesia nel 1965 a quello in Cile nel 1973.
Non sembra un caso che la stagione delle stragi si collochi all’interno di questo quadro internazionale e coincida quasi perfettamente con la durata della presidenza Nixon e declini nel 1974 dopo la crisi del Watergate e lo sfaldarsi dei regimi dittatoriali in Europa, la Grecia, la Spagna, il Portogallo con il conseguente venir meno dell’ipotesi di un colpo di Stato anche in Italia che s’ispiri a quelle esperienze.”

Gli anni 1969-1974 in Italia: stragi, golpismo, risposta giudiziaria continua qui.

Intermarium, chi era costui?

“Dopo la guerra combattuta tra la Russia e la Polonia e conclusasi il 18 marzo 1921 col trattato di pace di Riga, il Maresciallo Józef Piłsudski (1867-1935), capo provvisorio del rinato Stato polacco, lanciò l’idea di una federazione di Stati che, estendendosi “tra i mari” Baltico e Nero, in polacco sarebbe stata denominata Międzymorze, in lituano Tarpjūris e in latino, con un neologismo poco all’altezza della tradizione umanistica polacca, Intermarium. La federazione, erede storica della vecchia entità politica polacco-lituana, secondo il progetto iniziale di Piłsudski (1919-1921) avrebbe dovuto comprendere, oltre alla Polonia quale forza egemone, la Lituania, la Bielorussia e l’Ucraina. È evidente che il progetto Intermarium era rivolto sia contro la Germania, alla quale avrebbe impedito di ricostituirsi come potenza imperiale, sia contro la Russia, che secondo il complementare progetto del Maresciallo, denominato “Prometeo”, doveva essere smembrata nelle sue componenti etniche.
Per la Francia il progetto rivestiva un certo interesse, perché avrebbe consentito di bloccare simultaneamente la Germania e la Russia per mezzo di un blocco centro-orientale egemonizzato dalla Polonia. Ma l’appoggio francese non era sufficiente per realizzare il progetto, che venne rimpiazzato dal fragile sistema d’alleanze spazzato via dalla Seconda Guerra Mondiale.
Una più audace variante del progetto Intermarium, elaborata dal Maresciallo tra il 1921 e il 1935, rinunciava all’Ucraina ed alla Bielorussia, ma in compenso si estendeva a Norvegia, Svezia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Grecia, Jugoslavia ed Italia. I due mari diventavano quattro, poiché al Mar Baltico ed al Mar Nero si venivano ad aggiungere l’Artico e il Mediterraneo. Ma anche questo tentativo fallì e l’unico risultato fu l’alleanza che la Polonia stipulò con la Romania.
L’idea di un’entità geopolitica centroeuropea compresa tra il Mar Baltico e il Mar Nero fu riproposta nei termini di una “Terza Europa” da un collaboratore di Piłsudski, Józef Beck (1894-1944), che nel 1932 assunse la guida della politica estera polacca e concluse un patto d’alleanza con la Romania e l’Ungheria.
Successivamente, durante il secondo conflitto mondiale, il governo polacco di Władisław Sikorski (1881-1943) – in esilio prima a Parigi e poi a Londra – sottopose ai governi cecoslovacco, greco e jugoslavo la prospettiva di un’unione centroeuropea compresa fra il Mar Baltico, il Mar Nero, l’Egeo e l’Adriatico; ma, data l’opposizione sovietica e la renitenza della Cecoslovacchia a federarsi con la Polonia, il piano dovette essere accantonato.
Con la caduta dell’URSS e lo scioglimento del Patto di Varsavia, l’idea dell’Intermarium ha ripreso vigore, rivestendo forme diverse quali il Consiglio di Cooperazione nel Mar Nero, il Partenariato dell’Est e il Gruppo di Visegrád, meno ambiziose e più ridotte rispetto alle varianti del progetto “classico”.
Ma il sistema di alleanze che più si avvicina allo schema dell’Intermarium è quello teorizzato da Stratfor, il centro studi statunitense fondato da George Friedman, in occasione della crisi ucraina. Da parte sua il generale Frederick Benjamin “Ben” Hodges, comandante dell’esercito statunitense in Europa (decorato con l’Ordine al Merito della Repubblica di Polonia e con l’Ordine della Stella di Romania), ha annunciato un “posizionamento preventivo” (“pre-positioning”) di truppe della NATO in tutta l’area che, a ridosso delle frontiere occidentali della Russia, comprende i territori degli Stati baltici, la Polonia, l’Ucraina, la Romania e la Bulgaria. Dal Baltico al Mar Nero, come nel progetto iniziale di Piłsudski.
Il 6 agosto 2015 il presidente polacco Andrzej Duda ha preconizzato la nascita di un’alleanza regionale esplicitamente ispirata al modello dell’Intermarium. Un anno dopo, dal 2 al 3 luglio 2016, nei locali del Radisson Blue Hotel di Kiev ha avuto luogo, alla presenza del presidente della Rada ucraina Andriy Paruby e del presidente dell’Istituto nazionale per la ricerca strategica Vladimir Gorbulin, nonché di personalità politiche e militari provenienti da varie parti d’Europa, la conferenza inaugurale dell’Intermarium Assistance Group, nel corso della quale è stato presentato il progetto di unione degli Stati compresi tra il Mar Baltico e il Mar Nero.
Nel mese successivo, i due mari erano già diventati tre: il 25-26 agosto 2016 il Forum di Dubrovnik sul tema “Rafforzare l’Europa – Collegare il Nord e il Sud” ha emesso una dichiarazione congiunta in cui è stata presentata l’Iniziativa dei Tre Mari, un piano avente lo scopo di “connettere le economie e infrastrutture dell’Europa centrale e orientale da nord a sud, espandendo la cooperazione nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni digitali e in generale dell’economia”. L’Iniziativa dei Tre Mari, concepita dall’amministrazione Obama, il 6 luglio 2017 è stata tenuta a battesimo da Donald Trump in occasione della sua visita a Varsavia. L’Iniziativa, che a detta del presidente Duda nasce da “un nuovo concetto per promuovere l’unità europea”, riunisce dodici paesi compresi tra il Baltico, il Mar Nero e l’Adriatico e quasi tutti membri dell’Alleanza Atlantica: Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania, Bulgaria.
Sotto il profilo economico, lo scopo dell’Iniziativa dei Tre Mari consiste nel colpire l’esportazione di gas russo in Europa favorendo le spedizioni di gas naturale liquefatto dall’America: “Un terminale nel porto baltico di Świnoujście, costato circa un miliardo di dollari, permetterà alla Polonia di importare Lng statunitense nella misura di 5 miliardi di metri cubi annui, espandibili a 7,5. Attraverso questo e altri terminali, tra cui uno progettato in Croazia, il gas proveniente dagli USA, o da altri Paesi attraverso compagnie statunitensi, sarà distribuito con appositi gasdotti all’intera ‘regione dei tre mari’” .
Così la macroregione dei tre mari, essendo legata da vincoli energetici, oltre che militari, più a Washington che non a Bruxelles ed a Berlino, spezzerà di fatto l’Unione Europea e, inglobando prima o poi anche l’Ucraina, stringerà ulteriormente il cordone sanitario lungo la linea di confine occidentale della Russia.”

Da Il cordone sanitario atlantico, editoriale di Claudio Mutti del n. 4/2017 di “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”.

Trump, Syriza & Brexit provano che il voto è solo una piccola parte della battaglia


Di Neil Clark per rt.com

Se il voto cambiasse qualcosa, l’avrebbero abolito. Potrebbe sembrare un po’ scontato ma considerate questi eventi recenti.
Nel gennaio del 2015, il popolo greco, malato e stanco di austerità e di un modello di vita frenetico, ha votato per Syriza, un partito radicale anti-austerità. La coalizione della sinistra, che era stata costituita solo undici anni prima, ha conseguito il 36,3% del voto e 149 dei 300 posti del Parlamento ellenico. Il popolo greco aveva ragionevoli speranze che il suo incubo di austerità finisse. La vittoria di Syriza è stata salutata dai progressisti in tutta Europa.
Ma cosa è successo?
E’ stata applicata dalla “Troika” pressione sulla Grecia per accettare condizioni onerose per un nuovo salvataggio. Syriza si è rivolto alla gente nel giugno 2015 per chiederle direttamente in un referendum nazionale se dovessero accettare i termini.
“Domenica non stiamo semplicemente decidendo di rimanere in Europa, stiamo decidendo di vivere con dignità in Europa”, dichiarò Alexis Tsipras, leader di Syriza. Il popolo greco ebbe doverosamente a concedere a Tsipras il mandato che aveva chiesto e respinse i termini del salvataggio con il 61,3% di ‘No.’
Tuttavia, poco più di due settimane dopo il referendum, Syriza accettò un pacchetto di salvataggio che conteneva tagli più alti delle pensioni e maggiori aumenti di imposta rispetto a quello offerto in precedenza.
Il popolo greco avrebbe potuto starsene comodamente a casa dato che il voto non ha fatto grande differenza.
Molti sostenitori di Donald Trump negli Stati Uniti la pensano senza dubbio allo stesso modo. Continua a leggere

Democrazia vs Oligarchia

Un luogo comune stancamente e pigramente ripetuto fa nascere la “democrazia” nell’antica Grecia e più in particolare nell’antica Atene, scriveva nel 2006 il compianto Costanzo Preve nel suo “Elogio del comunitarismo”

“…si trattava di una democrazia non tanto caratterizzata dal formalismo procedurale, che pure era presente, ma da un fatto sostanziale e contenutistico, e cioè dalla prevalenza del demos, che era certamente anche un corpo elettorale attivo e passivo, ma che era soprattutto l’insieme sociale dei più poveri, come del resto Aristotele dice in modo chiarissimo e inequivocabile. La democrazia greca era dunque non una forma di “sanzione giuridica” della disuaglianza sociale più estrema, come è oggi nella sua caricatura occidentalistica, ma era una forma di “intervento politico correttivo” su questa disuguaglianza. Ed infatti, i democratici antichi lo capivano benissimo, perché la forma politica contraria cui si opponevano era appunto l’oligarchia, il dominio dei pochi che erano anche i più ricchi.
Il contrario della democrazia era dunque l’oligarchia, e solo l’oligarchia. Solo dopo le guerre persiane, e soprattutto durante la preparazione ideologica dell’aggressione di Alessandro il Macedone contro l’impero persiano, l’opposizione ideologica fu simbolicamente “spostata”, e la dicotomia non fu più Democrazia contro Oligarchia, ma diventò Libertà dei Greci contro Tirannide Orientale. Tutti gli storici dell’antichità conoscono ovviamente questo spostamento ideologico, ma in genere lo sottovalutano. E questo non è un caso, perché la recente polemica ideologica del liberalismo moderno contro il dispotismo feudale, signorile, assolutista e religioso viene retrodata simbolicamente all’antichità classica. Il nemico della democrazia non è più lo scatenamento oligarchico della ricchezza illimitata e incontrollata, la cui dinamica porta infallibilmente alla dissoluzione di ogni comunità, ma è il sovrano orientale di Persepoli. Qualcosa del genere, come si sa, accadde anche nel secolo appena trascorso, in cui il nemico della democrazia era la tirannia comunista, non la concentrazione oligarchica delle ricchezze finanziarie.
Il fatto più curioso e paradossale in questo spostamento sta in ciò, che proprio quando il nemico della democrazia non era più l’oligarchia, bensì il dispotismo orientale, la democrazia stessa era finita, e i nuovi dispotismi, prima dei regni ellenistici e poi dell’impero romano, si imponevano svuotando di ogni contenuto la decisione politica delle comunità democratiche. E come oggi il cosiddetto “capitalismo compassionevole” si candida a sostituire il welfare state, allo stesso modo allora al posto della decisione politica comunitaria in favore del demos si imponeva la pura beneficenza dall’alto (everghetismo).”

Per l’Italia si avvicina il momento della verità

“Il nostro Paese si colloca quindi ad uno stadio successivo dell’eurocrisi rispetto alla Francia e si trova ora, svanito lo scenario di una dissoluzione “politica” dell’Unione Europea, all’avanguardia di quella “economica”.
Sul versante del debito pubblico, è sufficiente ricordare come l’ultima “A” assegnata ai nostri titoli di Stato sia stata tolta dall’agenzia canadese Dbrs lo scorso gennaio. Il versante bancario è persino più preoccupante: pesano i 205 €mld di sofferenze bancarie ed il misterioso stallo nel salvataggio pubblico di Monte dei Paschi di Siena, ormai fermo dallo scorso dicembre. È forte il sospetto, come già anticipammo mesi fa, che il braccio di ferro tra Germania ed Italia sull’istituto senese sia tutt’altro che risolto, lasciando aperta la strada del “bail in” o a perdite particolarmente severe per gli obbligazionisti. Sia la salute delle finanze pubbliche che quella gli istituti privati è aggravata dall’assenza di crescita economica (stimata dalla Commissione Europea al +0,9% per il 2017 ed al 1,1% nel 2018): è un’attività economica così debole da poter scivolare facilmente nella recessione qualora il governo dovesse attuare le ulteriori misure d’austerità imposte dall’Europa, il quadro globale dovesse deteriorarsi o la BCE riducesse la politica monetaria ultra-espansiva, rafforzando l’euro e facendo lievitare gli interessi sul debito pubblico.
Già, molti collocano nel biennio 2018-2019, con la dell’allentamento quantitativo e la scadenza del mandato di Mario Draghi, il termine ultimo dell’Italia per “rimettersi in carreggiata”. In realtà, il precipitare della situazione italiana potrebbe essere questione di sei-nove mese, in coincidenza delle (ineludibili) elezioni legislative: se esistono pochi dubbi sulla vera natura del Movimento 5 Stelle, classico esempio di partito populista “addomesticato”, sono alte però le probabilità che dalle prossime urne esca un parlamento “impiccato”, incapace di esprimere una chiara maggioranza a causa della tripartizione quasi perfetta dello schieramento politico. È quanto sta sperimentando dallo scorso ottobre la Spagna, dove Mariano Rajoy si è visto costretto a formare un governo di minoranza che presto sarà sottoposto al battesimo di fuoco della legge finanziaria. Se il governo Gentiloni dovesse cadere entro l’autunno, l’attuale parlamento fosse incapace di esprimere una legge elettorale od il prossimo di formare un saldo esecutivo, bisogna attendersi che la speculazione sul debito pubblico riesploda, come nell’estate del 2011.
Gli squali della City e di Wall Street agirebbero, proprio come allora, coordinandosi con i tre principali alfieri dell’establishment euro-atlantico in Europa: la Banca Centrale di Mario Draghi. la Germania di Angela Merkel e la Francia di Emmanuel Macron (che ricopre il ruolo che Nicolas Sarkozy ebbe nel 2011). Andrebbe in onda una leggera variante di quanto sperimento sei anni fa dall’esecutivo Berlusconi: Francoforte invierebbe “una lettera” suggerendo le riforme strutturali inderogabili per continuare ad acquistare i titoli di Stato (lettera che “filtrerebbe” al Corriere della Sera in pochi giorni), Berlino chiederebbe all’Italia di accettare un prestito dal Fondo Monetario Internazionale e/o dall’ESM così da mettere al riparo le finanze pubbliche, Parigi si adagerebbe alla linea tedesca, conscia che è l’unico modo per continuare ad avvalersi dello scudo politico offerto dal “motore franco-tedesco”.
L’Italia, svuotata di qualsiasi sovranità, sarebbe così rimessa alla mercé della Troika sulla falsariga di quanto sperimento dalla Grecia. Con una significativa differenza, però: il piatto è molto più appetitoso, grazie al tessuto produttivo più diversificato, imprese pubbliche più floride, un patrimonio immobiliare dello Stato più ricco e risparmi privati più cospicui. Sarebbe così portato a compimento il grande saccheggio dell’economia italiana iniziato nel biennio 1992-1993 e consumato, prima, per agganciarci all’euro e, poi, per scongiurare la nostra uscita: da quinta economia del mondo che era nei primi anni ‘90, l’Italia scivolerebbe verso il rango di Stato semi-fallito, depauperata della sua industria, dei suoi giovani, dei suoi capitali.
Diversi elementi indicano che sia questo il prossimo futuro dell’Italia: il governatore della BCE, l’ex-Goldman Sachs Mario Draghi, ha più volte sottolineato che l’uscita dalla moneta unica non è contemplata dai trattati ed ha ammonito che, in ogni caso, tutti i debiti contratti da Bankitalia con la BCE (si parla di 350-400 €mld sul sistema Target2) devono essere saldati. È chiaro che Draghi farà di tutto per impedire l’Italexit, usando la liquidità della banca centrale come arma di ricatto (lo stesso schema applicato nel 2015 in Grecia). I consiglieri economici di Angela Merkel hanno già “suggerito” all’Italia, in occasione del salvataggio di MPS, di chiedere soccorso al Fondo salva-Stati (ESM) ed al FMI: al coro si è aggiunto anche il ministro delle finanze, Wolfgang Schäuble, che ha recentemente ribadito la necessità di potenziare l’ESM per aggirare i Parlamenti nazionali ed evitare che “l’Europa si disgreghi” al riesplodere della speculazione. Da ultimo, il neo-presidente Emmanuel Macron non ha alcun interesse a sposare la causa dell’Italia o dell’Europea mediterranea e preferisce venderci alla Troika così da guadagnare altro tempo per la Francia: la “modernizzazione” dell’economia transalpina, a colpi di austerità e liberismo, deve ancora iniziare e si preannuncia drammatica.
Non c’è alcun dubbio che l’attuale od il prossimo parlamento, se lasciati liberi da qualsiasi vincolo esterno, voterebbero per il commissariamento dell’Italia da parte della Troika: la soluzione sarebbe in continuità con la linea “europeista” della Seconda Repubblica e diversi centri di potere (il presidente Sergio Mattarella, la Bankitalia di Ignazio Visco, la Confindustria di Vincenzo Boccia, i sindacati, il salotto di RCS, etc. etc.) premerebbero per mantenere lo status quo anche a costo di vedere il FMI e l’ESM installarsi stabilmente a Roma, svuotando di qualsiasi significato le nostre istituzioni. Il parlamento italiano dovrà però tenere conto degli umori di una società che, sfibrata dalla peggiore depressione economica dai tempi dell’Unità, è tanto esausta quanto insofferente: qualsiasi opportunità di ribellione (che si tratti del referendum costituzionale o del referendum sul salvataggio di Alitalia) è ormai prontamente sfruttata per gridare un “No!” in faccia all’establishment. C’è da chiedersi quale sarebbe la reazione della società italiana di fronte a nuova austerità, nuove umiliazioni, nuovi saccheggi.
È pronto il parlamento italiano ad affrontare uno scenario simile, o probabilmente peggiore, a quello greco? È pronta la nostra fallimentare classe dirigente a mantenere l’ordine con la violenza, dopo aver trascinato nel baratro il Paese? È pronto il nostro establishment a giocare fino in fondo la partita, col rischio di spezzarsi l’osso del collo?
Sono interrogativi che troveranno una risposta nei prossimi mesi. Nel frattempo il deflusso di capitali, ben visibile su Target 2, continua mese dopo mese. L’eurozona è sempre più polarizzata tra area marco (con la Francia in posizione ancillare) e area mediterranea: le tensioni finanziarie, nonostante la morfina della BCE, sono molto più gravi del 2011-2012. Il momento della verità si avvicina e l’Italia è (contro la sua volontà) in prima linea.”

Da Euro-crack: l’Italia è ora in prima linea, di Federico Dezzani.

La guerra è appena iniziata

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Pasticciaccio brutto sul Colle, mentre l’UE getta la maschera

Non se lo aspettavano: né Renzi, né Mattarella, e tanto meno Napolitano che è il grande vecchio al telecomando pensavano che il no vincesse davvero e soprattutto non in proporzioni tali da richiedere imperativamente le dimissioni del premier prima dell’approvazione della finanziaria. Così si è arrivati al pasticciaccio indecoroso al quale assistiamo e nel quale si somma tutta l’ignavia e la cialtroneria di un ceto politico che è ormai soltanto una formazione di molluschi aggrappati ai palazzi parlamentari: Mattarella, il presidente sagoma a due dimensioni, nemmeno per un attimo ha pensato di indurre Renzi ad approvare la finanziaria prima della consultazione popolare come sarebbe stato ovvio, probabilmente perché non glielo ha suggerito Napolitano che è la sua terza dimensione e anche adesso si rifugia nell’astensione da ogni proposta. Così adesso ci troviamo con il guappo che scalpita come un dannato per andarsene e il duo Mattarella – Napolitano che vogliono costringerlo a rimanere fino all’approvazione della legge di stabilità.
Tutto questo però nasce dalle promesse ingannevoli perpetrate durante tutta la lunghissima campagna elettorale: la legge di stabilità non poteva in nessun caso essere approvata prima del referendum semplicemente perché altrimenti il guappo avrebbe scoperto il proprio bluff, avrebbe mostrato a tutti che ancora una volta stava prendendo per il naso il Paese e che molti provvedimenti erano semplicemente fumo negli occhi e voto di scambio, compresi i famosi 85 euro ai dipendenti pubblici per i quali non vi è traccia di copertura. Inoltre questo avrebbe costretto l’Europa di Bruxelles a venire allo scoperto sconfessando le “aperture” di pura facciata messe in piedi per aiutare il guappo nella sua campagna contro la Costituzione. Infatti già ieri l’Eurogruppo, ovvero il consesso dei ministri delle finanze della UE ha chiesto straordinarie correzioni al bilancio, incaricando la Commissione Europea di dettare al governo italiano i passi necessari per ridurre il debito. Ma non si astiene dal suggerire in proprio la ricetta: privatizzazioni selvagge ed entrate straordinarie (leggi tasse) per tirare fuori i 15 miliardi che mancano dopo mille giorni di gestione demenziale, cialtrona e condita di innumerevoli menzogne.
E’ fin troppo chiaro che se Renzi dovesse firmare, sia pure come ultimo atto, una legge di stabilità lacrime e sangue, invece di lasciare ai successori il compito di maneggiare la castagna bollente preparata con le sue manine, subirebbe un altro durissimo colpo: anche i media più fedeli, anche i vegliardi domenicali più incalliti nello spaccio del renzismo per nome e conto del trafficante che risiede in Svizzera, potrebbero nascondere l’evidenza: che per un anno il Paese è vissuto nell’immobilismo e dentro la narrazione completamente fasulla di un imbonitore , funzionale solo al referendum. Ma tutto questo, un premier in evidente confusione emotiva, un presidente terrorizzato dal dover decidere qualcosa, un PD trasformato in banda di dervisci danzanti al cospetto del proprio declino, ma ormai privo di qualsiasi personaggio in grado di cambiare rotta o ancor meglio di recidere il cordone ombelicale con questo partito degli equivoci per cercare aria pura, si configurano come un’ennesima offesa alla volontà degli elettori: queste dimissioni congelate sanno di beffa, di incoerenza e di presa in giro. Perché è chiaro che assieme ai domiciliari di Renzi a Palazzo Chigi viene artificialmente messo in freezer anche il resto, compreso un Parlamento nato non soltanto da una legge elettorale dichiarata anticostituzionale, ma ormai lontanissimo dal rispecchiare la realtà del Paese.
I nodi stanno venendo al pettine: i parlamentari del PD e del fritto misto alleato, sono ormai terrorizzati, come del resto le oligarchie europee, dalla sola idea di elezioni e faranno di tutto e di più per evitarle, per assemblare col lego un ennesimo governo tecnico, anche se al loro arco non ci sono che manovre di corridoio e di aula visto che la realtà va altrove, da quella economica intrecciata indissolubilmente ai diktat europei privi di qualsiasi senso a quella sociale che si è rimessa in movimento. Proprio per questo ieri dicevo che la guerra è appena iniziata, una guerra per ritrovare la democrazia e per non finire come la Grecia.

Fonte

Precisazioni necessarie

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Da Fulvio Grimaldi:

Hillary Clinton è un rottame psicofisico, crolla a terra, si fa sorreggere sui gradini, scoppia in convulse risate o convulsi attacchi di tosse, sbarra gli occhi e scuote la testa come un pupazzo a molla. Ha subito una commozione cerebrale e una serie di emboli e minata nel fisico e nell’ìintelletto. Si aggrappa alla vita praticando il potere di uccidere per saziare la morte e così allontanarla da sé. E’ il personaggio ideale per quella cupola di delinquenti mentecatti che sta avviando il pianeta verso l’armageddon bellico, possibilmente nucleare (Obama ha preparato l’evento con un trilione di dollari per l’ammodernamento dell’arsenale atomico) e la catastrofe climatica. Basta guardare all’Africa prima della colonizzazione e a quella di oggi per vedere che la maggioranza della popolazione mondiale vive peggio che mezzo millennio fa. Banche e media sempre più concentrate, servizi di sicurezza privati e di Stato, forze armate, strumenti di esproprio del minimo vitale, si diffondono nella società come una metastasi. Una minoranza infima controlla il potere, il denaro, la conoscenza e sta acquisendo la capacità tecnologica di imporre un ordine totalitario che sta a Hitler come un alchimista sta a un Nobel della chimica. Simboli di questo sono il linciaggio di Gheddafi, le milionate di profughi lanciate dalle guerre della Cupola contro un’Europa governata da un etilista delinquente abituale, la morte della Grecia (un remake della distruzione cristiana del mondo classico), il disastro nucleare di Fukujima.
(Fonte)

Ora, precisiamo che nessuno con le sinapsi in ordine e i neuroni in corretta formazione riesce ad entusiasmarsi, né per la scelta di un sistema elettorale più marcio di un uovo trovato nella piramide di Cheope, né per come i protagonisti della farsa elettorale vengono messi in campo dai burattinai supremi, né per elezioni che in quasi tutte le ultime tornate sono state segnate da brogli, e lo saranno ancora se l’uomo con la polenta spalmata in testa si dovesse avvicinare alla vittoria. E tanto meno si arrischia a tifare per quell’uomo le cui uscite strampalate e para-etiliche hanno l’unico merito di sfasciare un po’del paralizzante, davvero reazionario, eticamente nauseante, politically correct. No, di merito ne ha anche un altro: quello di aver lasciato a Killary il ruolo della peggiore soluzione per gli USA, l’Occidente, l’umanità, il pianeta. E di non voler fare la guerra alla Russia, di volersela intendere con Putin, di voler DAVVERO combattere l’ISIS, di non credere che la NATO sia la panacea per tutti i mali.
(Fonte)

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Have a Brexit!

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“Si avvicina così la fatidica data del 23 giugno e l’eventualità del Brexit è più concreta che mai: nonostante i sondaggi segnalino un vantaggio del “Remain” nell’ordine dei dieci punti percentuali (52% vs 43%)*, è ormai assodato che queste rilevazioni servano ad influenzare più che a sondare l’opinione pubblica, come testimoniato dalla clamorosa vittoria del no al referendum greco sulle condizioni della Troika, dato per perdente da quasi tutti i sondaggi pubblicati prima della consultazione.
Chi ovviamente è deciso a scongiurare l’eventualità di un Brexit, con effetti esplosivi sulla tenuta complessiva della UE, è la City di Londra (con la solita stampa annessa, dal Financial Times al The Economist), che si spende per l’integrazione europea sin dai primi decenni del secolo scorso: Goldman Sachs e JP Morgan Chase sono tra i maggiori finanziatori della campagna per il “sì” alla permanenza in Europa (“Goldman Sachs makes large donation to pro-EU campaign” scrive il Financial Times) ed i maggiori nomi della finanza e dell’industria inglese (Shell, BAE Systems, BT, Rio Tinto, etc. etc.) si sono schierate compatte a fianco di David Cameron per restare nella UE (“Big business backs Cameron’s push to keep Britain in the EU. Bosses of about half of 100 largest companies to sign letter of support for In campaign” titola ancora il Financial Times).
Come nel caso del referendum ellenico ( ad ulteriore testimonianza di quanto sia alta la probabilità del Brexit) scatta poi la consueta campagna intimidatoria che pronostica le dieci piaghe d’Egitto nel caso in cui i cittadini votino contro la UE: sterlina in avvitamento, PIL in contrazione, costi annui nell’ordine delle 4.000 sterline per famiglia, mercati chiusi per le esportazioni (ma non esiste il WTO?), etc. etc..
I rischi che le oligarchie finanziarie corrono nel caso che Londra esca dall’Unione Europea sono sinteticamente riassunti nell’articolo apparso il 27 febbraio su The Economist col titolo “The real danger of Brexit. Leaving the EU would hurt Britain—and would also deal a terrible blow to the West”, di cui merita di essere riportato uno stralcio:
“Europe would be poorer without Britain’s voice: more dominated by Germany; and, surely, less liberal, more protectionist and more inward-looking. Europe’s links to America would become more tenuous. Above all, the loss of its biggest military power and most significant foreign-policy actor would seriously weaken the EU in the world. The EU has become an increasingly important part of the West’s foreign and security policy, whether it concerns a nuclear deal with Iran, the threat of Islamist terrorism or the imposition of sanctions against Russia. Without Britain, it would be harder for the EU to pull its global weight—a big loss to the West in a troubled neighbourhood, from Russia through Syria to north Africa. It is little wonder that Russia’s Vladimir Putin is keen on Brexit—and that America’s Barack Obama is not. It would be shortsighted for Eurosceptics to be indifferent to this. A weakened Europe would be unambiguously bad for Britain, whose geography, unlike its politics, is fixed.”
Gli argomenti sono gli stessi già impiegati da William Hague: Londra è il garante della natura atlantica dell’Unione Europea, è la cancelleria che tiene Bruxelles nell’orbita di Washington, è la potenza che ha imposto al resto dei 28 membri le sanzioni all’Iran ed alla Russia (spalleggiata da Angela Dorothea Kasner, alias “Merkel”), è il baluardo degli interessi angloamericani nella UE, intesa in termini geopolitici come la “testa di ponte” di Washington sul continente euroasiatico. Non c’è quindi da meravigliarsi che Barack Obama si spenda pubblicamente contro il Brexit (intervenendo a gamba tesa negli affari di un Paese terzo), a differenza di Vladimir Putin che, in privato, tiferà quasi sicuramente per il Brexit e la sua conseguente implosione della UE.
Già, perché sono basse le probabilità che la City e Wall Street risparmino l’Unione Europea nel caso di un addio inglese: sarebbe troppo grande il rischio la UE si evolva in nuovo “blocco continentale” napoleonico, egemonizzato dalla Germania, oppure, ancor peggio, in quell’Europa “dall’Atlantico agli Urali” preconizzata da Charles De Gaulle, il vero incubo strategico delle potenze marittime anglosassoni. Sarebbe più concreto invece lo scenario di un Brexit seguito a ruota dall’assalto speculativo che infligga il colpo di grazia alla già debilitata eurozona, sancendo così l’implosione dell’Unione Europea: il pericolo di un blocco continentale a guida tedesca sarebbe così scongiurato e si tornerebbe alla tradizionale politica dell’equilibrio tra potenze con cui Londra ha gestito per secoli gli affari europei, magari nella cornice del TTIP per ostacolare lo scivolamento dell’Europa verso est.
Concludendo, il 23 giugno sarà probabilmente la prima tappa dello smantellamento formale della UE (quello sostanziale risale alle restrizioni sui movimenti dei capitali adottate a Cipro nel 2013): sommando altre emergenze, come l’atteso picco migratorio, il rigurgito della Grexit, la riedizione delle elezioni spagnole ed i probabili sconquassi borsistici di accompagnamento, l’estate 2016 si preannuncia la più bollente degli ultimi decenni.”

Da Brexit: tutto finirà là dove tutto è cominciato?, di Federico Dezzani.

*Precisazione importante: l’articolo è stato pubblicato il 21 aprile u.s..


Intervento di Paolo Maddalena, già presidente di sezione presso la Corte dei conti e vice-presidente della Corte Costituzionale, in occasione della manifestazione No TTIP del 7 maggio 2016 a Roma.

Questo mondo merita una rivoluzione

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In memoria di Costanzo Preve

“Sono molto contento che il mio saggio Il Bombardamento Etico, scritto negli ultimi mesi del 1999 e pubblicato in lingua italiana nel 2000, sia stato tradotto in greco. Rivedendo la traduzione, precisa, corretta e fedele, mi sono reso conto che purtroppo il saggio non è “invecchiato” in dieci anni, ma in un certo senso è ancora più attuale di dodici anni fa. E’ ancora più attuale, purtroppo. E su questo “purtroppo” intendo svolgere alcune rapide riflessioni. Dodici anni non sono pochi, ed è possibile capire meglio che l’uso strumentale e manipolatorio dei cosiddetti “diritti umani” ed il processo mediatico di hitlerizzazione simbolica del Dittatore che di volta in volta deve essere abbattuto (Milosevic, Saddam Hussein, Gheddafi, Assad, domani chissà?) inauguravano una fase storica nuova, che potremo definire dell’intervento imperialistico stabile nell’epoca della globalizzazione con l’uso massiccio della dicotomia simbolica di sicuro effetto Dittatore/Diritti Umani.
L’importantissimo articolo 11 della Costituzione Italiana, entrato in vigore nel 1948 e mai più da allora formalmente abrogato, recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. E’ storicamente chiaro che questo articolo segnala una profonda autocritica morale dell’intero popolo italiano per aver aderito alla guerra di Mussolini fra il 1940 e il 1945. In ogni caso, la presenza dell’articolo 11 ha da allora costretto i governi italiani ad una sorta di ipocrisia istituzionalizzata permanente. Tutte le guerre che sarebbero state fatte dopo il 1948, all’interno dell’alleanza geopolitica NATO a guida USA, avrebbero dovuto costituzionalmente “essere sempre ribattezzate missioni di pace, o missioni umanitarie. Possiamo dire che così l’ipocrisia, la menzogna e la schizofrenia sono state in Italia istituzionalizzate e “costituzionalizzate”. Lo dico con tristezza, perché vivo in questo Paese.”

La prefazione di Costanzo Preve alla traduzione greca de Il Bombardamento Etico. Saggio sull’Interventismo Umanitario, sull’Embargo Terapeutico e sulla Menzogna Evidente (luglio 2012) prosegue qui.

Come ai vecchi tempi della Guerra Fredda

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“Nell’ennesimo caso di autentica ipocrisia americana su larga scala, il Congresso degli Stati Uniti ha ordinato a James Clapper, capo dell’intelligence nazionale, di indagare su presunti finanziamenti russi ai partiti politici europei nel corso degli ultimi dieci anni. E’ chiaro che il bersaglio di quest’ultima mossa dei neoconservatori americani non è solo la Russia, ma anche i partiti politici europei che hanno appoggiato politiche di difesa della Russia in Ucraina e accusato il cancelliere tedesco Angela Merkel di aver aperto le frontiere europee a orde di terroristi islamici – mascherati da rifugiati – provenienti da Siria, Iraq, Nord Africa e Afghanistan.
I partiti politici presi di mira da agenzie d’intelligence americane e autorità di controllo finanziario per conto dei loro ‘padroni’ neoconservatori, tra cui il Segretario di Stato per gli Affari Europei Victoria Nuland, il marito Robert Kagan e il grande vecchio George Soros, sono lo Jobbik in Ungheria, Alba Dorata in Grecia, il Fronte Nazionale di Francia e la Lega Nord in Italia.
Questi partiti respingono il controllo «eurocratico» esercitato da Bruxelles. Respingono ugualmente il predominio statunitense nelle politiche estere europee su questioni che vanno dall’Ucraina alla Siria, agli accordi di libero scambio e a un’Europa senza frontiere per i migranti economici e politici non europei.
La mossa contro i partiti politici populisti europei rappresenta una nuova fase della politica estera neo-imperialista degli Stati Uniti: prendere cioè di mira quei partiti politici all’interno dei Paesi della NATO che hanno raggiunto il potere attraverso un processo elettorale democratico. Il risultato netto dello sbarramento americano contro la cosiddetta “destra” europea potrà comportare un ulteriore congelamento di beni e negazioni di visti d’ingresso, come quelli già applicati da Washington a funzionari governativi russi, della Repubblica autonoma russa della Crimea e delle repubbliche ucraine orientali di Donetsk e Lugansk.
Potenziali bersagli di queste sanzioni potrebbero essere il leader del Fronte Nazionale e candidato presidenziale francese Marine Le Pen, il leader del Partito Laburista britannico Jeremy Corbyn, il portavoce di politica estera dello Scottish National Party e membro del Parlamento Alex Salmond e il leader del Partito della Libertà austriaco, Heinz-Christian Strache.
Le minacciose misure di Washington verso le democrazie europee, sia della sinistra sia della destra, rievocano i vecchi tempi della Guerra Fredda, quando CIA e FBI si affannavano a compilare elenchi di “sovversivi pericolosi” di Paesi esteri a cui veniva negato il visto d’ingresso negli Stati Uniti poiché sospettati di essere “comunisti” o “rossi”.
Ironicamente, è proprio la CIA a vantare una ricca storia di finanziamenti a partiti politici esteri, in particolare in Europa, per poter realizzare la sua ‘agenda’. Secondo un rapporto del 2003 del Consiglio d’Europa dal titolo “Finanziamento ai partiti politici e campagne elettorali – linee guida”: “Non solo i governi… ma anche le intelligence straniere si sono impegnati in attività di finanziamento segrete. Durante la Guerra Fredda, ad esempio, la CIA ha operato attivamente nel finanziamento di organizzazioni politiche anti-comuniste”.”

Da Le operazioni di influenza delle politiche europee? Sono “Made in USA”, di Wayne Madsen continua qui.

Svizzera: pronta per una rivoluzione?

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Quando l’Islanda ha incarcerato i suoi banchieri qualcosa è cambiato. L’impensabile era accaduto: i veri criminali erano stati portati in giudizio. Ora anche la Svizzera minaccia di licenziare la riserva di valuta legale dei bankster. Ma accadrà?

Josiah Stamp ha detto una volta: “Se si vuole continuare ad essere schiavi delle banche e pagare il costo della propria schiavitù, allora lasciate che i banchieri continuino a creare denaro e controllare il credito.”
Stamp sapeva di cosa parlava. Tra i suoi successi, egli fu nominato direttore della Banca d’Inghilterra nel 1928.
Tutti i cosiddetti Paesi moderni, civili sono sotto lo stivale proprio di questo meccanismo descritto da Stamp. Pochissimi Paesi, come la Libia, l’Irak e la Siria, sono riusciti a raggiungere società altamente sviluppate senza di esso.
Questi Paesi hanno tutti qualcos’altro in comune. E così sia?
Tuttavia, altri Paesi che devono ancora diventare obiettivi di genocidio provocato nelle mani di agenzie degli Stati Uniti si stanno svegliando e annusano la tirannia in gessato.
La Svizzera, ad esempio: non certo un luogo tradizionalmente associato con allucinato fanatismo, la Svizzera è in procinto di votare sul divieto alle banche di creare denaro.
Gli Inglesi giocano a calcio, bevono birra e si picchiano a vicenda nei centri urbani la sera. I Francesi fanno il broncio e alzano le spalle e fanno cose semplici che richiedono molto tempo e costano un sacco. Gli Svizzeri forniscono al denaro un luogo sicuro, noioso dove nulla di drammatico accadrà ad esso, in modo che possa poi essere trasmesso alla generazione successiva di persone ricche – preferibilmente in un importo superiore a quando venne ricevuto – da questa generazione di gente ricca.
Quindi il denaro è al centro di quello che fa la Svizzera.
La Svizzera è anche la sede della Banca dei Regolamenti Internazionali, che – mentre suona eccitante come la contabilità a partita doppia – è, infatti, il ragno al centro di tutta la tela finanziaria. Continua a leggere

Goldman Sachs – NATO Corp.

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Dopo essere stato dal 2009 al 2014 segretario generale della NATO (sotto comando USA), Anders Fogh Rasmussen è stato assunto come consulente internazionale dalla Goldman Sachs, la più potente banca d’affari statunitense.
Il curriculum di Rasmussen è prestigioso. Come primo ministro danese (2001-2009), si è adoperato per «l’allargamento della UE e della NATO contribuendo alla pace e prosperità in Europa». Come segretario generale, ha rappresentato la NATO nel suo «picco operativo con sei operazioni in tre continenti», tra cui le guerre in Afghanistan e Libia, e, «in risposta all’aggressione russa all’Ucraina, ha rafforzato la difesa collettiva a un livello senza precedenti dalla fine della guerra fredda». Rasmussen inoltre ha sostenuto il «Partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)» tra Stati Uniti e UE, base economica di «una comunità transatlantica integrata».
Competenze preziose per la Goldman Sachs, la cui strategia è allo stesso tempo finanziaria, politica e militare. Suoi dirigenti e consulenti, dopo anni di lavoro alla grande banca, sono stati messi in posti chiave nel governo USA e in altri: tra questi Mario Draghi (governatore della Banca d’Italia, poi presidente della BCE) e Mario Monti (nominato capo del governo dal presidente Napolitano nel 2011).
Non c’è quindi da stupirsi che la Goldman Sachs abbia le mani in pasta nelle guerre condotte dalla NATO. Ad esempio, in quella contro la Libia: si è prima impadronita (adducendo perdite del 98%) di fondi statali per 1,3 miliardi di dollari, che Tripoli le aveva affidato nel 2008; ha quindi partecipato nel 2011 alla grande rapina dei fondi sovrani libici (stimati in circa 150 miliardi di dollari) che USA e UE hanno «congelato» al momento della guerra. E, per gestire attraverso il controllo della «Central Bank of Libya» i nuovi fondi ricavati dall’export petrolifero, la Goldman Sachs si appresta a sbarcare in Libia con la progettata operazione USA/NATO sotto bandiera UE e «guida italiana».
In base a una lucida «teoria del caos», si sfrutta la caotica situazione provocata dalle guerre contro Libia e Siria, strumentalizzando e incanalando verso Italia e Grecia (tra i Paesi più deboli della UE) il tragico esodo dei migranti conseguente a tali guerre. Esso serve come arma di guerra psicologica e pressione economica per dimostrare la necessità di una «operazione umanitaria di pace», mirante in realtà all’occupazione militare delle zone strategicamente ed economicamente più importanti della Libia.
Come la NATO, la Goldman Sachs è funzionale alla strategia di Washington che vuole una Europa assoggettata agli Stati Uniti. Dopo aver contribuito con la truffa dei mutui subprime a provocare la crisi finanziaria, che dagli Stati Uniti ha investito l’Europa, la Goldman Sachs ha speculato sulla crisi europea, consigliando «gli investitori a trarre vantaggio dalla crisi finanziaria in Europa» (si veda il rapporto riservato reso noto dal Wall Street Journal nel 2011).
E, secondo documentate inchieste effettuate nel 2010-2012 da Der Spiegel, New York Times, BBC, Bloomberg News, la Goldman Sachs ha camuffato, con complesse operazioni finanziarie («prestiti nascosti» a condizioni capestro e spaccio di «titoli tossici» USA), il vero ammontare del debito greco. In tale faccenda, la Goldman Sachs si è mossa più abilmente di Germania, BCE e FMI, il cui cappio messo al collo della Grecia è evidente.
Reclutando Rasmussen, con la rete internazionale di rapporti politici e militari da lui tessuta nei cinque anni alla NATO, la Goldman Sachs potenzia la sua capacità di influenza e penetrazione.
Manlio Dinucci

(il manifesto, 18 agosto 2015)

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L’allagamento della casa

SALUTE !

All’origine -e nessuno dei piagnoni ipocriti sulla vera disperazione e sul vero maltrattamento dei migranti, a sinistra e destra, lo considera- ci sono le guerre militari ed economiche della cupola finanziaria e dei suoi tentacoli USA, UE e NATO. E come deprecare l’allagamento della casa senza pensare di chiudere il rubinetto.
Per prima cosa andrebbero denunziate le guerre dirette e di mercenari contro governi sovrani ma disobbedienti all’Impero. Poi si dovrebbe evidenziare il doppio binario del sion-imperialismo: provocare migrazioni bibliche per sfoltire popolazioni e distruggere Paesi e al tempo stesso cianciare di accoglienza e meticciato, con il bonus aggiuntivo di riversarle sull’Europa, in particolare sui suoi elementi deboli, Grecia e Italia, a fini di destabilizzazione sociale, culturale, della coesione nazionale, di guerra tra poveri e scatafascio economico.
Da quando, negli anni ’40 e ’50 la CIA ha promosso l’Unione Europea per togliere di mezzo gli Stati nazionali e le rispettive costituzioni democratiche (altrettanti scogli per la colonizzazione), sostituite da una bancocrazia non eletta e dispotica, succube NATO e pronta al TTIP, la strategia è di tenere sotto schiaffo un’Europa potenziale concorrente e deviante verso Est, indebolendola quanto basta a soffocare bizze autonomiste.
Le migrazioni provocate tutte dall’Impero sono anche una guerra all’Europa, specie mediterranea, a cui i piagnoni buonisti, sinistre varie e Vaticano famelico (con buona pace di Alex Zanotelli), implicitamente collaborano.
Fulvio Grimaldi

Alexis Tsipras: eroe, traditore, eroe, traditore, eroe

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Ci scusiamo con i marxisti di tutto il mondo se la Grecia si rifiuta di commettere il suicidio rituale per promuovere la causa. Ne soffrirete sui vostri divani.

Si scopre sul panorama politico europeo, anzi, mondiale, che i sogni socialisti di ognuno sembravano poggiare sulle spalle del giovane primo ministro di un piccolo Paese. Sembrava che ci fosse una fervente irrazionale credenza, quasi evangelica, che un piccolo Paese, affogato dal debito, in cerca di liquidità, avrebbe in qualche modo (mai specificato) sconfitto il capitalismo globale armato solo di bastoni e pietre. Quando sembra che ciò non accade, gli voltano le spalle. “Tsipras ha capitolato”. “E’ un traditore”. La complessità della politica internazionale è ridotta a un hashtag rapidamente passato da #prayfortsipras a #tsiprasresign. Il mondo chiede il clou, l’X-factor finale, l’epilogo hollywoodiano. Qualcosa di diverso dalla lotta fino alla morte è la viltà inaccettabile. Come è facile essere ideologicamente puri quando non si rischia nulla, non si affrontano carenze, crollo della coesione sociale, conflitto civile, vita e morte. Come è facile invocare un accordo inaccettabile per qualsiasi altro Stato membro della zona euro. Quanto è facile prendere decisioni coraggiose quando non si ha la pelle in gioco, quando non si contano, come faccio io, le ultime 24 pillole del farmaco che impedisce a vostra madre di avere crisi epilettiche.
20 pillole. 14.
È una caratteristica peculiare della negatività patologica concentrarsi solo su ciò che si perde invece che su ciò che si acquisita. E’ lo stesso atteggiamento che dirige frazioni della popolazione di ogni Paese, sempre per la loro perfetta utopia socialista e contemporaneamente evadendo le tasse in ogni modo possibile. L’idea di Tsipras “traditore” si basa pesantemente su un’errata interpretazione cinica del referendum della scorsa settimana. “OXI”, i critici vorrebbero far credere fosse “no” a qualsiasi accordo; l’autorizzazione a una Grexit disordinata. Non era niente del genere. Nel discorso seguente Tsipras ha detto ancora una volta che aveva bisogno di un forte “OXI” come arma per negoziare un accordo migliore. Non l’avete capito? Ora, si potrebbe pensare che non ha raggiunto l’accordo migliore, forse è vero, ma suggerire che avesse autorizzato la Grexit è profondamente falso, e riguardo al 38% che ha votato “NAI”? Tsipras non rappresenta anche loro? Niente paura. L’accordo potrebbe rivelarsi impraticabile comunque, non sarebbe approvato dal Parlamento greco. Syriza potrebbe spaccarsi e la Grexit verrebbe imposta da coloro che la cercano da anni. Poi si valuterà ciò che si è ottenuto.
12 pillole. 10.
L’accordo raggiunto da Tsipras (per quel che ne sappiamo) dopo aver negoziato per 17 ore è molto peggiore di quanto si potesse immaginare. Ma è anche molto migliore di quanto si potesse sperare. Dipende semplicemente dal fatto se ci si concentra su ciò che è stato perso o ciò che è stato guadagnato. La perdita è un orribile pacchetto di austerità. Un pacchetto che, chiunque dalla minima comprensione politica sa, sarebbe arrivato comunque. L’unica differenza è che, attraverso un governo conforme ai precedenti, non sarebbe stato accompagnato da alcuna compensazione. Ciò che è stato acquisito in cambio è molto più denaro di quanto immaginato per finanziarsi adeguatamente a medio termine e permettere al governo di attuare il programma, un significativo pacchetto di stimolo, emissione di denaro EFSF finora negato (“grazie” al governo Samaras), e un accordo per ristrutturare il debito con trasferimento di obbligazioni di FMI e BCE all’ESM. Ciò è niente, i disturbatori disturbano. L’analista di ERT Michael Gelantalis stima che solo questa ultima parte comporterebbe tra 8 e 10 miliardi in meno di rimborsi d’interesse in un anno. Sono un sacco di piatti di souvlaki. Nelle ultime ore mi è stato detto che la Grecia “dovrebbe solo #Grexit ADESSO”; che abbiamo “un ottimo clima e potrebbe facilmente essere autosufficiente”; che ”dovremmo adottare il Bitcoin e il crowdfunding per aggirare il monetarismo”; che “gli Stati Uniti ci invierebbero le medicine”. Nessuno di costoro suggerisce che ciò avvenga nel proprio Paese, si capisce. Solo in Grecia, in modo da poter vedere cosa succede. La maggior parte di loro vive in Stati con governi centristi che sposano l’austerità ma garantiscono continuo flusso di ultimi iPad nei negozi. Tutti loro, senza eccezione, avrebbero potuto negoziare un accordo assai migliore con un coltello alla gola; sarebbero stati più coraggiosi. La mia domanda ai critici è: che battaglia combatti nel tuo Paese, città, villaggio in questo momento? E con quale rischio? Non sei, infatti, malvagio come gli ideologi dell’austerità dura che vogliono sperimentare su un “Paese cavia”, sulla vita delle persone, e vedere come finisce?
8 dosi. 5.
Visto come sorta di Fossa di Helm, questa sconfitta per i Greci è monumentale, irredimibile. E’ il momento del “tutto è perduto”. Visto come battaglia di avvio di una guerra molto più grande, è estremamente preziosa. Ha messo il nemico in primo piano indicandone punti di forza e di debolezza. Ha fornito dati agli altri, Spagna, Portogallo e Italia che si premureranno di essere meglio preparati. E’ stata combattuta coraggiosamente ed elegantemente, perché la Grecia vivrà per combattere un altro giorno. Abbiamo eletto un uomo buono, onesto e coraggioso che ha lottato come un leone contro insondabilmente grandi interessi. Il risultato non sarà quel martirio che speravate. Ma un giorno ci sarà.
Alex Andreou

Fonte

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Atti di sovranità unilaterale

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“Le strategie politiche dei creditori giocano un ruolo determinante nella scelta dei Paesi ai quali una ristrutturazione del debito viene concessa e nei termini in cui avviene”, sostiene Eric Toussaint…

La ristrutturazione del debito greca è al cuore della battaglia che contrappone Atene alla Troika. Lo scontro non è nuovo. Nel 2012, una prima ristrutturazione del debito greco era stata adottata. Con quali risultati?
All’inizio del 2010, la Grecia è stata vittima di attacchi speculativi dei mercati finanziari atti ad imporre tassi di interesse assolutamente spropositati in cambio di finanziamenti per ripagare il debito greco. La Grecia era sul punto di interrompere i pagamenti perché incapace di rifinanziare il debito a tassi ragionevoli. La Troika è intervenuta con un piano di aggiustamento strutturale sotto forma di «Memorandum». Si trattava di concedere nuovi crediti alla Grecia a condizione che saldasse i conti con i propri creditori. Ora, questi creditori erano soprattutto banche private europee, in ordine di importanza francesi, tedesche, italiane, belghe… Questi crediti erano ovviamente accompagnati da misure di austerità che hanno avuto effetti catastrofici sulla vita dei Greci e sulle attività economiche del Paese.
Nel 2012, la Troika ha organizzato una ristrutturazione del debito greco soltanto sulla parte contratta con creditori privati, e cioè da un lato banche private degli Stati dell’Unione Europea che si erano fortemente disimpegnate rispetto alla Grecia ma che conservavano ancora crediti nei confronti del Paese, e dall’altro altri tipi di creditori come i fondi pensione dei lavoratori greci. Questa ristrutturazione comportava una riduzione del debito greco di circa 50-60% nei confronti dei creditori privati. La stessa Troika aveva concesso prestiti alla Grecia dal 2010 e si era rifiutata di ridurre i crediti di cui era in possesso. L’operazione è stata presentata come un grande successo dai principali media, dai governi occidentali, dallo stesso governo greco, dalla Commissione Europea e dal FMI. Si è voluto far credere all’opinione pubblica internazionale, e ai Greci, che i creditori privati avevano compiuto sforzi immensi tenendo conto della situazione drammatica in cui la Grecia si era ritrovata. Ma la verità è un’altra. Questa operazione non è andata in nessun modo a beneficio del Paese in generale, e ancora meno della sua popolazione. Dopo un calo momentaneo del debito nel corso del 2012 e all’inizio del 2013, il debito greco è di nuovo aumentato, sorpassando il livello raggiunto nel 2010-2011. Le condizioni imposte dalla Troika hanno provocato un crollo drammatico delle attività economiche in Grecia e il PIL è sceso del 25% tra il 2010 e il 2014. Inoltre, le condizioni di vita della popolazione hanno subito un impatto fortemente negativo. Si sono registrate violazioni crescenti dei diritti economici e sociali e dei diritti collettivi, precarietà del sistema pensionistico, una drastica riduzione dei servizi nella sanità pubblica e nel sistema educativo, un crollo del potere di acquisto… Va poi sottolineato che una delle condizioni dell’alleggerimento del debito imposte alla Grecia riguardava la giurisdizione competente in caso di controversia. Contrariamente all’accordo raggiunto con la Germania nel 1953 sul debito tedesco, le controversie non sarebbero stati tratttate da un tribunale competente greco.
(…)

Dunque, se la ristrutturazione del debito non è la soluzione, quale via ipotizza affinché gli Stati possano risolvere tale problema?
Per gli Stati si tratta di compiere atti di sovranità unilaterale: 1- realizzando una valutazione integrale del debito, con una partecipazione cittadina attiva; 2- sospendendone il pagamento 3- rifiutandosi di pagarne la parte illegittima; 4-imponendo una riduzione della restante parte. La riduzione della parte restante, dopo l’annullamento della parte illegittima, può avere le caratteristiche di una ristrutturazione ma in ogni caso non potrà essere una risposta sufficiente.

Cosa succede quando un governo intavola negoziazioni con i creditori in vista di una ristrutturazione, senza sospendere il pagamento del debito?
Senza sospensioni dei pagamenti anticipati e senza una verifica pubblica, i creditori si trovano in una posizione di dominio. Non bisogna sottovalutare la loro capacità di manipolazione, che può portare i governi a compromessi inaccettabili. E’ la sospensione del pagamento del debito come atto sovrano unilaterale che crea un rapporto di forza con i creditori. Inoltre, la sospensione obbliga i creditori a farsi avanti: quando si tratta di affrontare i detentori dei titoli, se non c’è sospensione del debito, essi agiscono in maniera opaca, poiché i titoli non sono nominativi. Ed è soltanto rovesciando tale rapporto di forza che gli Stati creano le condizioni per poter imporre misure la cui legittimità si fonda sul diritto internazionale e interno.”

Da Eric Toussaint: “La Grecia ha il diritto di sospendere il pagamento di debiti illegittimi”, di Joshua Massarenti.
Eric Toussaint è il portavoce del Comitato per la cancellazione del debito del Terzo Mondo, di cui è stato fondatore nel 1990.

Grecia: ieri, oggi e domani

Due commenti sull’esito del referendum greco e i possibili sviluppi futuri.

FALLITO IL TENTATIVO DI ROVESCIARE IL GOVERNO TSIPRAS
Da Gabriel a Schultz, da Dijsselbloem a Hollande: “Wer hat uns Veraten? Sozial Demokraten!”. Tutti d’accordo: il debito ellenico non è sostenibile. Tutti d’accordo: continuiamo a trarne profitti fino al “Grexit”.

Fonte

Il No greco in sintesi: è fallito il tentativo di rovesciare il governo Tsipras. Le concause: la austerity, il contagio di Syriza, Podemos, l’anti-europeismo delle destre estreme e, prevaricante su ogni altro sviluppo passato, presente e futuro, il ruolo di dominatrix di Frau Merkel. Il corollario scontato: il tradimento dei socialdemocratici.
Potremmo chiudere qui le nostre conclusioni sulla tragedia del popolo greco (posto oggi davanti a due alternative il Grexit o un’emorragia terminale), se l’informazione USA ed Europea non avesse ignorato e travisato i fatti.
Primo tra tutti: Syriza delenda est.
L’avvento di un governo socialista nel cosiddetto concerto d’Europa è stato immediatamente giudicato incompatibile con gli orientamenti e le direttive dell’Unione non solo dai suoi governi conservatori, ma anche e soprattutto da quelli del centro-sinistra. Il 2 febbraio, a poche settimane dall’esito elettorale in Grecia, il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble dichiarava che le proposte di Tsipras e Varoufakis erano “incomprensibili”, dieci giorni dopo rincarava la dose: erano “inesistenti”. Comprensibile la presa di posizioni del ministro laureato in legge e non in economia: non si era mai seduto ad un tavolo con degli economisti che volevano introdurre il sociale nell’economia capitalista, neo-liberista, del libero mercato e del sistema bancario. Non ne comprendeva il linguaggio, la filosofia, l’etica della difesa degli interessi primari dei popoli. Tra aprile e giugno il bersaglio principale non solo della Germania, ma di quasi tutti i paesi “virtuosi” o costretti a diventare tali, era uno solo, Yanis Varoufakis, professore di economia nelle università europee, americane ed australiane, autore, prima ancora di diventare ministro delle finanze, della più brillante, convincente ed aggiornata revisione della critica dell’economia di Karl Marx. Incompetente, ignorante, velleitario, offensivo, intrattabile erano gli epiteti a lui rivolti da questo o quell’esponente dell’Eurogruppo e facevano loro eco i mass media americani ed europei (eccelleva tra tutti la rete televisiva tedesca “Die Erste”: è un fanatico, porta la camicia di fuori, ha una moglie bella e ricca, ha un appartamento sontuoso con vista sull’Acropoli). L’odio sconfinava nell’orrore per tutti i componenti del governo di Atene. Richiamava alla memoria la Tosca di Magni con Monica Vitti, il commento in Vaticano sulla vittoria di Marengo: “Mamma, li giacobini”.
Buon ultima, ma non meno vetriolica Christine “le foulard” Lagarde del FMI che definiva “irricevibile” la proposta greca di rinviare di 30 giorni il pagamento di una rata di circa un miliardo e mezzo di dollari del debito e proclamava con un anticipo statuario di 25 giorni il default “automatico” di Atene. E tutti i mass media naturalmente uniti nell’ignorare il ruolo dell’Amministrazione Obama che disponendo della più alta quota del Fondo ne controlla ogni passo o iniziativa (il predecessore della Lagarde, Dominique Strauss-Kahn, da buon socialista, aveva provato a liberarsi del giogo di Washington ed era stato fatto fuori con gli scandali bene orchestrati da Sarkozy e dallo FBI). L’ostilità malcelata di Obama era scattata con il veto posto dal governo Tsipras alle nuove sanzioni contro la Federazione Russa per la crisi ucraina ed aveva fatto uso ed abuso del Fondo Monetario Internazionale dopo i contatti di Atene con Mosca e gli accordi sul nuovo gasdotto. Solo Walter Veltroni in un articolo sulla nuova Unità attribuisce il compito di mediatore al Presidente e lo invita a telefonare a tal fine al presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, che non ha bisogno di telefonate in quanto anticipa i diktat di Barack e di Angela, ad esempio interferendo con le prassi democratiche e sovrane di un popolo ingiungendo ad esso di votare per il sì.
Desolante, ma non sorprendente il comportamento dei socialdemocratici tedeschi ed europei in genere: da Gabriel a Schultz, da Dijasselbloem a Hollande – non parliamo di casi pietosi come quello di Matteo Renzi – che allineati e coperti hanno prestato man forte ad Angela Merkel. Il richiamo storico al voto socialista tedesco favorevole al finanziamento della Prima Guerra Mondiale del Kaiser è inevitabile. Oggi come allora riecheggia l’urlo della protesta: “Wer hat uns veraten? Sozial-Demokraten!”. Chi ci ha tradito? I socialdemocratici!
E’ fallito dunque il “golpe bianco”, il colpo di stato “democratico” per rovesciare il governo di Atene e data la mobilitazione popolare sul No, appare per il momento improbabile un nuovo ricordo ai colonnelli. Crescono l’isterismo collettivo e il panico pretestuoso per la minacciata fine dell’Euro e dell’Unione Europea, presupposti di ulteriori punizioni dei reprobi greci. I “reprobi”, purtroppo, verranno ulteriormente puniti: il “debito insostenibile” da tutti riconosciuto, diventerà più insostenibile, BCE e FMI dopo qualche blanda misura di breve termine, daranno un altro giro di vite alla garrote, svolazzano già nell’aer cupo idee come la doppia valuta, o di un Grexit pilotato o addirittura come quella oscena di Schultz di aiuti umanitari dei governi dell’UE.
E naturalmente la Merkel con Hollande “bagaglio a mano” annunzia a Parigi (dopo le dimissioni di Varoufakis) che la porta del negoziato rimane aperta: sembra la stessa posizione dei Governi Likud israeliani verso i palestinesi, siamo pronti a negoziare e intanto li bombardiamo.
Non è detto che abbiano partita vinta: sacrifici sì, ma ci sono altre carte da giocare per Atene. Dagli anticipi russi sui proventi del nuovo gasdotto che assicurino pro-tempore la liquidità, alla cooperazione sui traffici marittimi con la Repubblica Popolare Cinese e poi il coraggio creativo della speranza che potrà contagiare i popoli europei e modificare l’ottusa intransigenza dei loro governi.
Lucio Manisco

COME COLPIRA’ L’IMPERO

Fonte

Va bene, adesso che abbiamo festeggiato il bellissimo “NO!” greco alla plutocrazia europea, dobbiamo tornare nuovamente con i piedi per terra e valutare le opzioni a disposizione dell’Impero. O meglio, l’opzione (singolare) dell’Impero.
L’Impero è estremamente prevedibile. E’ da libro di testo l’esempio greco di come l’Impero strangoli una nazione con il debito attraverso le banche, crei una classe dirigente “compradora”, tramuti i media nazionali in strumenti di propaganda imperiale e tenti di bloccare completamente ogni processo democratico trattando esclusivamente con la classe dirigente. Per una sorta di miracolo, quest’ultima fase nel caso della Grecia non si è verificata.
Potrei sbagliarmi, ma la mia sensazione è che l’Impero non ha mai preso troppo sul serio il fenomeno Syriza o, se lo ha fatto, lo ha fatto troppo tardi. Per quanto riguarda Tsipras e Varoufakis, essi sono rimasti sorpresi probabilmente quanto tutti noi quando sono stati improvvisamente “promossi” da capi di un partito del 5% a leaders dell’intera nazione greca. Ho anche la sensazione che nè Tsipras nè Varoufakis si aspettassero quel vero e proprio tsunami che si è scatenato con questo referendum. Qualunque sia il caso, quel che è fatto è fatto e, nonostante tutto l’orrore provato dagli Euroburocrati, il popolo greco ha fatto sentire la sua voce e così all’Impero, attualmente è rimasta un’unica opzione: cooptare o rovesciare il governo greco, quella delle due che funziona meglio.
La mia opinione strettamente personale è che sia troppo tardi per cooptare il governo. Inotre, sia Tsipras che Varoufakis sono diventati due figure talmente odiate dagli Euroburocrati che il loro rovesciamento è probabilmente l’opzione preferita.
Sembra che questo processo sia già in atto. Varoufakis, che solo ieri diceva ad un reporter “non vi libererete di me” ha già dato le dimissioni. Per quanto riguarda Tsipras, sembra che stia implorando per aprire trattative. Spero di sbagliarmi, ma sono abbastanza scettico su quanto ho visto fin’ora.
Un’altra rivoluzione colorata in vista?
L’esempio di Gheddafi mostra chiaramente come un leader nazionale possa arrendersi e sottomettersi completamente agli Anglo-Sionisti e tuttavia essere rovesciato. La mia opinione è che, per quante concessioni faccia Tsipras, queste non gli saranno sufficienti per mantenere il potere. Ha umiliato gli Euroburocrati e loro non lo perdoneranno. L’unica soluzione logica per l’Impero è quella di fare della Grecia un esempio.
Non importa come, ma per la Grecia si prospettano tempi estremamente difficili, sia politicamente che economicamente. Abbiamo visto recentemente come una nazione, in questo caso l’Armenia, possa essere facilmente “punita” per aver osato disobbedire ai diktat imperiali. Penso che attualmente la Grecia sia una nazione molto più debole e fragile dell’Armenia. Primo, tedeschi e americani mandano più o meno avanti, e anche possiedono, la baracca. Secondo, un terzo abbondante della nazione voleva accettare i termini dell’ultimatum richiesto dalla plutocrazia transnazionale. Terzo, la Grecia è circondata su tutti i lati dalla NATO e da zone di instabilità. Quarto, tutti i media della nazione sono in mano agli Anglo-Sionisti. Quinto, alla Grecia mancano risorse naturali ed un valido mercato al di fuori dell’Unione Europea.
A differenza di altri, io non temo troppo l’esercito greco. Certo, questo di solito si schiera dalla parte delle elites “compradore”, ma l’ultima cosa che l’Unione Europea vuole è un’altra giunta militare fascista al potere in una nazione europea. Inoltre, la reazione del popolo greco ad un colpo di Stato allo scoperto potrebbe essere molto imprevedibile. Penso che lo scenario più probabile che possa svilupparsi sia quello di un Maidan greco, seguito dall’accusa di brutalità da parte della polizia e da tutto quello che capita nelle tipiche rivoluzioni colorate. Alla fine della fiera, quello che succederà dipenderà in larga misura dall’atteggiamento che assumeranno Tsipras e il suo partito: se cercheranno di compiacere gli Euroburocrati, se faranno infinite concessioni e se agiranno come leali “Europatrioti”, allora saranno schiacciati. Ma se si appelleranno direttamente al popolo greco e gli spiegheranno che questa è una lotta di liberazione nazionale e che quello di cui loro hanno bisogno è sostegno popolare, aiuto e protezione, allora potrebbero anche vincere, specialmente se scegliessero di affrancarsi dall’Eurozona e chiedessero aiuto all’Unione Economica Euroasiatica o alla Cina. Spero di sbagliarmi, ma non ce lo vedo Tsipras osare qualcosa di così drammatico. Questo è perché io prevedo una rivoluzione colorata prossimamente.
Lo sapremo anche troppo presto.
The Saker

261310

Davanti al bivio greco

Creare le condizioni per la caduta del governo di A. Tsipras è il modo indiretto con cui Stati Uniti e UE preferiscono influenzare le rotte energetiche del futuro attraverso i Balcani…

“Anche se la crisi del debito è un problema da ben prima che il Balkan Stream fosse concepito, ora è intimamente intrecciata al dramma della nuova Guerra Fredda energetica nei Balcani. La Troika vuole costringere Tsipras a capitolare sull’accordo del debito impopolare che sicuramente comporterebbe la rapida fine della sua premiership. In questo momento, il principale fattore che lega il Balkan Stream alla Grecia è il governo Tsipras, ed è interesse di Russia e mondo multipolare vederlo rimanere al potere fin quando il gasdotto sarà fisicamente costruito. Qualsiasi cambiamento improvviso o inatteso della leadership in Grecia potrebbe facilmente mettere in pericolo la sostenibilità politica del Balkan Stream e costringere la Russia a fare affidamento sull’Eastring, ed è per queste ragioni che la Troika vuole imporre a Tsipras un dilemma inestricabile. Se accetta le condizioni attuali del debito, allora perderà l’appoggio della base e probabilmente inaugurerà elezioni anticipate o cadrà vittima di una rivolta nel suo stesso partito. Dall’altra parte, se rifiuta la proposta e permette il default della Grecia, allora la catastrofe economica risultante potrebbe por termine al supporto della base e por fine prematuramente alla sua carriera politica. Perciò la decisione del referendum nazionale sull’accordo del debito è una mossa geniale, perché assicura a Tsipras la possibilità di sopravvivere all’imminente tempesta politica-economica con risultati democraticamente ottenuti (che sembrano predire il rifiuto del debito e imminente default). Con il popolo dalla sua parte (non importa quanto ristretto), Tsipras potrà continuare a presiedere la Grecia attraversando il prossimo preoccupante periodo d’incertezza. Inoltre, la continua gestione del Paese e i rapporti personali con i leader dei BRICS (soprattutto Vladimir Putin) potrebbe portare ad estendere una qualche forma di assistenza economica (probabilmente dalla Nuova Banca per lo Sviluppo dei BRICS da 100 miliardi di dollari o un’altrettanto grande riserva valutaria) alla Grecia dopo il prossimo vertice di Ufa ai primi di luglio, a condizione che possa continuare la leadership fino ad allora. Pertanto, il futuro della geopolitica energetica dei Balcani attualmente si riduce a ciò che accade in Grecia nel prossimo futuro. Mentre è possibile che un primo ministro greco diverso da Tsipras possa far progredire il Balkan Stream, la probabilità è significativamente inferiore a un Tsipras che rimane in carica. Creare le condizioni per la sua rimozione è il modo indiretto con cui Stati Uniti e UE preferiscono influenzare le rotte energetiche del futuro della Russia attraverso i Balcani, quindi ecco perché tale pressione su Tsipras in questo momento. La sua proposta di referendum chiaramente li ha colti di sorpresa, dato che la vera democrazia è praticamente sconosciuta nell’Europa di oggi, e nessuno si aspettava che si rivolgesse direttamente ai suoi elettori prima di prendere una delle decisioni più cruciali del Paese degli ultimi decenni. Attraverso questi mezzi, può sfuggire alla trappola da Comma-22 che la Troika gli ha teso e così salvare anche il futuro del Balkan Stream.
C’è di più nella proposta del gasdotto Eastring di quanto appaia, da qui la necessità di svelarne le motivazioni strategiche per comprenderne meglio l’impatto asimmetrico. E’ chiaro che Stati Uniti ed UE vogliono neutralizzare l’aspetto geopolitico che il Balkan Stream avrebbe ampliando la multipolarità nella regione, il che spiega il loro mutuo approccio nel tentativo di fermarlo. Gli Stati Uniti alimentano le fiamme della violenza nazionalista albanese in Macedonia ostacolando la prevista rotta del Balkan Stream, mentre l’UE comodamente propone una rotta alternativa attraverso i Balcani orientali unipolaristi quale predeterminata ‘via d’uscita’ alla Russia. Le forze euro-atlantiche cospirano nel tentativo di rovesciare indirettamente il governo greco attraverso un’elezione programmata o colpo di Stato per rimuovere Tsipras, sapendo che tale mossa infliggerebbe un colpo grave e immediato al Balkan Stream. Anche se non è chiaro cosa alla fine accadrà a Tsipras o ai piani dei gasdotti della Russia, in generale è inconfutabile che i Balcani siano diventati uno dei principali e reiterati focolai della nuova guerra fredda, e la concorrenza tra mondo unipolare e multipolare in questo teatro geostrategico è solo agli inizi.”

Da Eastring vs Balkan Stream: la battaglia per la Grecia, di Andrew Korybko.

Il calcolato snobismo del FMI verso l’Europa

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Patrick L. Young per rt.com

Il FMI che si allontana dalla Grecia mentre continua a sostenere l’Ucraina sull’orlo della bancarotta sottolinea il drammatico collasso del potere dell’Unione Europea.
Probabilmente perché esce meglio dalla punta della lingua. La frase “faccia da poker”, intendo. Le nuotatrici sincronizzate sono sicuramente i maggiori esponenti dell’arte del non far mai trasparire il minimo tic facciale. Hanno la capacità di fare dei sorrisi cangianti senza apparenti sforzi mentre emergono dalla piscina clorata. E’ in questo modo che il FMI ha un notevole vantaggio nello stressante mondo dei negoziati sul debito. La morbida eleganza di Christine Lagarde, ex nuotatrice sincronizzata, presiede una banca di sviluppo il cui esecutivo ribolle di frustrazione nei confronti di una ambigua politica nel passato.
Il capo economista del FMI, francese di nascita, Olivier Blanchard, ha rilevato la frustrazione da entrambi i lati della crisi della Grecia, e subito dopo ha annunciato il suo pensionamento. Il FMI ha un grattacapo, ossia l’eredità del precedente boss francese, Dominique Strauss Kahn. DSK era il socialista “champagne” che distingueva a fatica una donna nuda, e infatti ha avuto difficoltà con le autorità statunitensi per un eccesso legato al servizio in camera. Mentre si lasciava andare alle sue abitudini libertine, DSK aveva piegato il FMI alle sue regole in modo da salvare la Grecia nel 2010, salvataggio poi ripetuto nel 2012 (sotto Lagarde). Il FMI ipoteticamente non dovrebbe prestare denaro a nazioni con un debito insostenibile. Continua a leggere

Un giorno non avremo più un’America di cui doverci preoccupare?

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“Invece di collassare in silenzio, gli Stati Uniti hanno deciso di fare a botte con la Russia. Sembra che abbiano già perso l’incontro, ma rimane un problema: quante altre Nazioni dovranno ancora distruggere gli Stati Uniti prima che si rendano finalmente conto della loro inevitabile sconfitta e disintegrazione?
Come Putin disse la scorsa estate, parlando al Forum per la Gioventù di Seliger, “Ho la sensazione che qualunque cosa tocchino gli americani, finisca come la Libia o l’Irak”. Indubbiamente gli americani ci si sono messi d’impegno a distruggere una Nazione dopo l’altra. L’Irak è stato smembrato, la Libia è un non-Stato, la Siria un disastro umanitario, l’Egitto una dittatura militare con un programma di detenzioni di massa. L’ultimo fiasco è quello dello Yemen, dove di recente è stato rovesciato il governo filo-americano e dove i cittadini americani, che erano rimasti intrappolati, hanno dovuto aspettare che i Russi e i Cinesi li liberassero e li riportassero a casa. Ma è stato il precedente fallimento della politica estera americana in Ucraina che ha indotto i Russi, insieme ai Cinesi, a dichiarare apertamente che gli Stati Uniti si sono spinti troppo oltre e che ogni loro ulteriore mossa porterà ad una escalation automatica della situazione.
Il piano russo è quello di prepararsi, insieme a Cina, India e buona parte del mondo, alla guerra con gli Stati Uniti, ma di fare il possibile per evitarla. Il tempo è dalla loro parte, perché, ogni giorno che passa, essi diventano più forti, mentre l’America diventa più debole. Mentre questo processo fa il suo corso, l’America potrebbe però “toccare” alcuni altri Stati, facendoli diventare come la Libia o l’Irak. E’ la Grecia la prossima in lista? E che cosa ne dite di buttare sotto l’autobus gli Stati baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), che sono attualmente membri della NATO (leggi: agnelli sacrificali)? L’Estonia è a poche ore di macchina dalla seconda in grandezza delle città russe, San Pietroburgo, una grossa percentuale della sua popolazione è russa, la capitale è a maggioranza russa e ha un governo ferocemente anti-russo. Di questi quattro fattori solo uno è incongruo. Viene preparata all’autodistruzione? Anche alcune Repubbliche centro-asiatiche, nel ventre molle della Russia, potrebbero essere pronte per una “toccatina”.
Non c’è il minimo dubbio che gli americani continueranno a far danni in giro per il mondo, “toccando” Nazioni vulnerabili e sfruttabili fino a che saranno in grado di farlo. Ma c’è anche un’altra domanda che merita di essere fatta: gli americani “toccheranno” se stessi? Perchè se lo faranno, i prossimi candidati ad essere ristrutturati a forza di bombe, potrebbero essere gli stessi Stati Uniti. Consideriamo questa opzione.”

Il tallone d’Achille dell’America di Dmitry Orlov continua qui.

Cipro terra contesa

putinAll’alba dell’intervento euro-atlantico contro la Libia, nel marzo 2011, scrivevamo che “Cipro rappresenta l’ultimo pezzo della catena che consente il totale controllo del bacino Mediterraneo. Tutti gli altri Paese europei ai margini di o dentro esso sono membri della NATO o del programma PfP: Albania, Croazia, Francia, Italia, Grecia, Slovenia, Spagna e Turchia nella NATO; Bosnia, Malta e Montenegro nel programma PfP. E tutti i Paesi africani che vi si affacciano sono membri di un’altra partnership atlantista, il cosiddetto Dialogo Mediterraneo: Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia.”
Cipro era ed è ancora l’unico membro dell’Unione Europea che non appartiene alla NATO né al programma Partnership for Peace (PfP), meccanismo di transizione impiegato nel periodo 1999-2009 per portare dodici Paesi dell’Europa orientale nel blocco militare dominato dagli Stati Uniti; l’unico che non abbia mai chiesto di aderire all’Alleanza Atlantica né sentito il bisogno di formulare una richiesta in tal senso, e l’unico Paese europeo (esclusi i micro Stati di Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Città del Vaticano) a non coltivare rapporti con essa.
Ma gli appetiti non mancano, e a fronte della recente richiesta della Russia di insediarvi una propria base aerea, che non hanno mancato di sollevare le isteriche reazioni di molti commentatori occidentali già preoccupati “contro i rischi d’infiltrazione” economico-finanziaria (e timorosi di una loro possibile replica in terra ellenica…), vale la pena leggere le riflessioni di un giovane cittadino cipriota che fornisce lo stato dell’arte degli interessi militari internazionali e della politica locale: Cipro, Russia e geopolitica da scacchista dilettante.

Curare l’alluvione

italia oggi

Un giorno saranno chiamati criminali tutti coloro che hanno gettato i popoli europei nella squallida avventura della NATO, dell’Euro e dell’Unione Europea.
Un giorno saranno chiamati a rispondere sia i furbi che gli sciocchi: sia chi ha rovinato intere famiglie di italiani col prelievo fiscale, coi licenziamenti, colla flessibilità in uscita, coi lavori precari, colle pensioni negate, colle privatizzazioni, coi favori ad altri che criminali già sono, come debenedetti, agnelli ed il marciume altoborghese italiano, sia chi glielo ha permesso con la scusa del tatticismo, agitando stupidi “ombrelli”, sventolando lo sciocco spauracchio di berlusconi sotto la fetida ala di debenedetti.
Oggi questi criminali sono ancora ai posti di comando – i più alti – e cooperano indisturbati per terminare l’assassinio dei popoli italiani, fedeli come non mai al loro alleato atlantico, agli interessi del capitale, indisturbati da un’opposizione populista che infilza moscerini quando la carne del popolo è rossa di sangue ed urla la povertà.
La generazione dei trecento euro è già realtà non solo in Grecia, ma anche nel nostro paese, dove i sindacati non si fanno scrupolo di attaccare prima di tutto chi mette in dubbio i loro orticelli prima ancora che il padrone, dove pochi guitti miliardari benedetti dall’atlantismo allevano fedeli servi, utili idioti o futuri traditori del popolo.
Nell’Italia, dove l’ignoranza è forza, la realtà è televisione, la scienza è opinione, il diritto è irresponsabilità di una casta giudicante, l’università è saccente ed inutile baronia, l’organizzazione è squallido dominio burocratico, lo stato è impunito assassino, la politica è insipiente codismo populista ovvero gestione mafiosa di interessi del capitale.
Un giorno tutto questo terriccio marcio sarà fango pronto per essere lavato da un fiume in piena improvvisa, impietosa, distruttrice. Ma un giorno viene nel domani. E bisogna cominciare a sputarci sopra oggi.
Enzo Pellegrin

(Fonte)

Il nuovo “ricco progetto di Blair”: promuovere il Gasdotto Trans-Adriatico nonostante le obiezioni degli Italiani

Trans Adriático-oleogasoduto

Claudio Gallo per rt.com

Perché un olivicoltore della solare Italia meridionale dovrebbe ricordare Tony Blair, l’ex Primo Ministro britannico che guidò la Gran Bretagna nella guerra contro l’Irak per distruggere le immaginarie armi di distruzione di massa di Saddam?
Dimentichiamoci che servì brillantemente come “barboncino” di George W. Bush o che fra i ranghi del Partito Laburista era l’erede più coerente delle distruttive riforme neoliberiste della Thatcher. Davanti agli olivicoltori di San Foca, tra le migliori spiagge della Puglia in Italia, si trova ora un profeta della globalizzazione “inevitabile”, un PR cosmico che ha voce in capitolo sul processo di pace-truffa in Medio Oriente (di solito viene a salvare il più forte) e gentilmente spiega ad alcuni dittatori come affrontare quelle stupide democrazie occidentali. Sì, Blair – che cosa stai facendo questa volta? Egli sta promuovendo un enorme progetto globale in nome di alcuni pezzi grossi i quali si preoccupano meno di nulla che la gente del posto non lo voglia.
Lo schema è, come sempre, un caso di potenti élite contro la gente comune, e indovinate lui da che parte sta? Continua a leggere