La crisi raccontata dal professor Fabio Vighi (Cardiff University)
Dalla “guerra al Virus” alla “guerra di Putin”. Dal rischio di vivere in uno stato d’emergenza permanente alla “demolizione controllata” dell’economia reale, attraverso strumenti di controllo biopolitico, quali il Green Pass. Partendo dal periodo pre-pandemico il professor Fabio Vighi ripercorre la crisi strutturale in cui siamo piombati e dalla quale sembra quasi impossibile uscire. Codirettore, unitamente ad Heiko Feldner, dell’Ideology Critique and Žižek Studies (centro che promuove la ricerca nell’ambito della teoria critica e politica), Fabio Vighi è professore di cinema e teoria critica alla Cardiff University. Vive e lavora nella capitale del Galles dal 2000, dove studia l’ideologia del “capitalismo di emergenza”. Ha pubblicato numerosi volumi in lingua inglese, tra cui Critical Theory and the Crisis of Contemporary Capitalism (2015) e Unworkable: Delusions of an Imploding Civilization (2022). Gli scenari prospettati dal docente non sono rassicuranti. Sui problemi dell’Italia e degli Italiani il professore si rifà a un’affermazione lucida e impietosa di Pier Paolo Pasolini: “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.
Professore, con la guerra tra Russia e Ucraina sembra sia iniziato il secondo tempo dello stesso, macabro film. La sceneggiatura è simile a quella utilizzata per la pandemia, di cui ormai non parla più nessuno: fino a poco tempo fa i nemici erano i no-vax, ora sono i Russi e, in particolare, Putin. Dove si può collocare la verità?
“Credo che la verità si debba collocare a livello sistemico. Il capitalismo globalizzato a trazione finanziaria, per come ci si presenta dalla crisi del 2008, ha un disperato bisogno di continue emergenze per giustificare manovre monetarie espansive sempre più grottesche, che dividono il mondo tra una sparuta élite di ultra ricchi (il cosiddetto 0,01%) e masse sempre più impoverite e disorientate”.
Più precisamente…
“La necessità di creare emergenzialismo a getto continuo ha due motivazioni principali: 1) giustificare la creazione di montagne di debito a basso costo da parte delle banche centrali (Federal Reserve in primis) – debito che viene perlopiù investito in altro debito nei mercati finanziari; 2) permettere di scaricare la responsabilità della crisi economica reale sulla figura del Mostro, come si sta facendo ora, per esempio, con l’inflazione attribuita a Putin. Attraverso la produzione seriale di emergenze si cerca dunque di nascondere una crisi strutturale di valorizzazione. Ciò significa che il sistema capitalistico ha raggiunto il suo limite espansivo e non è più in grado di generare sufficiente ricchezza per la riproduzione sociale. Questa impotenza lo rende totalmente dipendente dall’ideologia dell’emergenzialismo. Da qui la transizione fluida da Virus a Putin, che assolvono praticamente lo stesso ruolo di “garanti” di un sistema ormai senescente trainato da denaro creato artificialmente con il click del mouse di un computer. Il gigantismo del capitalismo finanziario è la tragica conseguenza del sopravvenuto nanismo dell’economia capitalistica reale – una situazione ormai irreversibile”.
Il virus esisteva davvero e, talora, uccideva veramente. Pure le bombe ammazzano, ma perché l’Italiano medio deve fare sempre il “tifoso”, accettando la costruzione di un nemico? All’Italia non conveniva rimanere neutrale, anziché fornire armi ed equipaggiamenti all’Ucraina? L’articolo 11 della Costituzione afferma che l’Italia ripudia la guerra…
“Non scopriamo nulla di nuovo nel dire che l’Italia è eterodiretta, non solo culturalmente ma anche perché piena zeppa di basi militari USA. Siamo ridotti allo stato di colonia e da colonia veniamo trattati, con il consenso di una classe politica sempre più ignorante e opportunistica. In più possiamo vantare una situazione economica disastrosa (debito pubblico) che non ci lascia molto spazio di manovra a livello negoziale. Purtroppo, la logica dello stato di emergenza (se non di eccezione), che ormai è strutturale, vince a mani basse sulla Costituzione. Lo stato di emergenza viene trattato come merce di scambio rispetto ad aiuti economici, nella fattispecie (per l’Italia) dalla BCE – aiuti che ovviamente comportano ulteriore indebitamento nonché l’imposizione delle famigerate riforme. Insomma un cappio al collo che si stringe lentamente fino a soffocarci. Le sembra un caso che lo stato di emergenza per Covid, imposto dal governo Draghi, scada il 31 marzo, proprio in concomitanza con la scadenza del PEPP (programma di sostegno pandemico della BCE)? Le pare che questa scadenza sia motivata da ragioni sanitarie?”.
Cosa accadrebbe se la BCE smettesse di acquistare il nostro debito?
“Se la BCE dovesse smettere di acquistare il nostro debito piomberemmo subito in recessione. Le ultime dichiarazioni della Lagarde in merito alla riduzione dell’APP (che andrà a sostituire gli aiuti emergenziali del PEPP) avevano indotto a ipotizzare un rapido ritorno alla fine del 2011, quando i rendimenti sui BTP a 10 anni s’impennarono oltre il 7%, sdoganando le cosiddette ‘riforme strutturali’. Se non fosse che proprio ieri (17 marzo) la Lagarde ha fatto retromarcia: dopo appena una settimana, alla luce degli eventi in Ucraina, si dice già pronta a frenare sulla stretta monetaria. Tutto come ampiamente previsto. La guerra di Putin sarà spremuta oltre l’immaginabile per giustificare la creazione di denaro (debito) dal nulla – esattamente come successo con Covid-19. Quanto agli italiani, così li descriveva Pasolini negli anni ’60: “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”. Dopo oltre mezzo secolo, la situazione è addirittura peggiorata. Il cosiddetto “popolo italiano” tende a rispondere direttamente agli algoritmi del sistema di dominio tecnocratico, mentre le classi medie sono in preda a un irrigidimento conformistico sempre più cieco e disperato, la cui funzione è negare ostinatamente il loro graduale ma inesorabile impoverimento, la loro perdita di status. Non che vada meglio altrove, ma forse non è un caso che l’Italia sembri essere il terreno ideale su cui testare i programmi distopici del futuro (il famoso ‘laboratorio sociale’)”.
Parliamo delle sanzioni comminate alla Russia e delle loro possibili ripercussioni economiche. Alcune banche russe, ad esempio, sono fuori da Swift: chi si farà più male? La Russia o l’Europa? L’Italia rischia la bancarotta?
“Quello delle sanzioni è un argomento delicato, perché non si capisce a chi possano giovare. Se la Russia dovesse crollare, come ci raccontano i media, credo abbia risorse per riprendersi abbastanza velocemente, anche grazie allo spostamento dell’asse commerciale verso la Cina, che è già in cantiere da tempo. D’altra parte, molte banche d’investimento occidentali sono pesantemente esposte al debito russo, quindi rischiano contraccolpi molto dolorosi. Senza contare il danno economico diretto che le sanzioni avranno soprattutto sull’Europa, vista la sua dipendenza dalla Russia, non solo energetica ma riguardante tutta la filiera alimentare, a partire dai fertilizzanti. Credo per altro che vi sia un’ipocrisia di fondo nell’imposizione di queste sanzioni, che si misura sul semplice fatto che Gazprombank ne è rimasta esclusa, proprio perché responsabile del commercio del gas russo con l’Europa. Come ha sintetizzato Wolfgang Munchau (ex Financial Times): “L’UE fa il tifo per l’Ucraina da una comoda distanza di sicurezza, osservando il conflitto da salotti riscaldati dal gas russo.” Se le cose stanno così, cioè se le sanzioni si riveleranno non un bazooka ma una pistola ad acqua, se non addirittura un boomerang, allora la spiegazione dev’essere ricercata a un livello di analisi più profondo”.
Quale?
“In primo luogo sono ingrediente fondamentale nella narrazione di quella che potremmo chiamare la Putin-pandemia: facilitano cioè la “mostrificazione” di Putin, la sua elevazione a nemico pubblico numero uno, che d’incanto ci mette dalla parte giusta della storia – la parte del Bene. Noi infatti siamo gli occidentali virtuosi che non bombardano popoli biondi e dagli occhi azzurri, ma solo popoli evidentemente meno degni di commozione umanitaria (iracheni, libici, afgani, siriani, somali, etc.); che sono, come purtroppo si sente dire sui media, meno civilizzati, meno simili a noi. È evidente che questa strategia servirà a scaricare su Putin e la Russia sia la colpa di un’inflazione in realtà strutturale, che la responsabilità di tutte le misure emergenziali che dovremo continuare a sciropparci per motivi che non hanno nulla a che vedere con Putin. In ultima istanza questo atteggiamento servirà a giustificare quella che ho chiamato la ‘demolizione controllata’ dell’economia reale, sia in Italia che altrove”.
I principali esportatori di gas verso l’Italia sono Russia (pari al 46% circa) e, in misura inferiore, Algeria, Qatar, Norvegia e Libia. A chi ci rivolgeremo, qualora Putin decidesse di chiudere il “rubinetto” e quale prezzo dovremo pagare? Ci “salverà” forse lo Zio Sam?
“Un prezzo molto alto, letteralmente. Se Putin dovesse chiudere il rubinetto (ma non credo lo farà), sarebbero guai seri – almeno nell’immediato. Il costo del gas liquido USA è molto alto rispetto a quello del gas naturale russo, con tutto ciò che ne consegue. Oltre al fatto che la domanda di gas europeo è molto superiore alla capacità di esportazione del gas liquido americano. Tutto ciò però non è affatto casuale, ma il frutto di un cambio di paradigma interno al ciclo di accumulazione capitalistica.”
Può chiarirci il concetto?
“Questo cambio di paradigma prevede il potenziamento del settore finanziario (ovvero la creazione di bolle strutturali), a cui giocoforza corrisponde la demolizione controllata dell’economia reale. Dopo più di quarant’anni di neoliberismo, siamo giunti a un vero e proprio capovolgimento della ricetta capitalistica originale: il valore, cioè la ricchezza economica, non si crea più attraverso investimento nel lavoro umano, ma attraverso sempre più audaci speculazioni finanziarie (dove è il denaro stesso che viene messo al lavoro). La finanza non è più appendice dell’economia reale, ma quest’ultima è appendice della finanza. Basti pensare che il valore della bolla dei derivati oggi è almeno dieci volte quello del PIL globale. Questa situazione capovolta è ormai parossistica, e produce una serie di violente, assurde e criminose contraddizioni (dalla ‘guerra al Virus’ alla ‘guerra di Putin’) che credo possano essere contenute solo attraverso l’irrigidimento autoritario (o totalitario) del capitalismo stesso”.
I mercati sono in subbuglio: dove conviene investire? C’è chi è tentato dall’oro, il cui prezzo però è salito alle stelle…
“Prima o poi è evidente che le attuali “bolle di tutto” scoppieranno, perché gonfiate all’inverosimile dalle banche centrali, e dunque in massima parte artificiali, cioè dissociate rispetto al valore generato nell’economia reale (che infatti è in caduta libera, mentre i mercati continuano a salire, pur con le consuete correzioni di rito). Tuttavia, con nemici di questo calibro (Virus, Putin, poi Clima e probabilmente una riedizione pandemica, o chissà cos’altro) il redde rationem continua a essere rimandato. Il campanello d’allarme sarà, credo, il mercato del debito, nella fattispecie i rendimenti sulle obbligazioni USA (Treasuries) a 10 anni. Qualora questi rendimenti dovessero salire improvvisamente e sproporzionatamente sarà segno che ingenti masse di denaro stanno uscendo dal mercato del debito, il che porterebbe a un effetto domino su tutti gli altri mercati, che dipendono appunto dalla leva a debito. I mercati finanziari sono specie di derivati del mercato del debito. Per chi ha la possibilità di investire, credo che oro e metalli preziosi in generale rimangano il bene rifugio più sicuro rispetto alla volatilità economico-finanziaria e all’inflazione. Nelle ultime settimane hanno subito alti e bassi abbastanza clamorosi, ma alla lunga sono tra gli investimenti più sicuri”.
Entriamo nel tema della finanza decentralizzata (DeFi): le criptovalute e la tecnologia blockchain potrebbero rivelarsi utili per “uscire” dal sistema finanziario attuale oppure esse presentano dei rischi?
“Dobbiamo sempre partire dal presupposto fondamentale, e cioè che l’economia capitalistica crea ricchezza reale attraverso investimento nel lavoro produttivo di valore. Quando però il lavoro viene estromesso dalla logica stessa del capitale, che utilizza tecnologia per risparmiare sui costi di produzione e garantirsi competitività, allora si crea un corto circuito da cui non si può pensare di uscire con le criptovalute, che rimangono strumenti finanziari. Il corto circuito di cui parlo è iniziato più di quarant’anni fa, quando la terza rivoluzione industriale (microelettronica) ha cominciato ad automatizzare la produzione industriale a un livello tale che più lavoro umano veniva estromesso di quanto ne venisse riassorbito. Questo processo di svalorizzazione dell’economia attraverso automazione tecnologica è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni, da qui la precarizzazione ormai strutturale del lavoro. In ultima istanza, per quanto mi riguarda, i rischi della finanza decentralizzata sono quelli di un modello capitalistico senescente, che ha abbandonato la sua formula fondativa ed è sempre più in balìa di una deriva iper-finanziaria destinata al collasso. La criptovalute possono essere una soluzione parziale, ma non credo possano dare vita a un tipo di capitalismo virtuoso perché decentralizzato. Il fatto poi che dipendano da tecnologia blockchain significa che possono essere semplicemente spente da chi controlla tale tecnologia. Non dimentichiamo che ormai tutte le maggiori banche centrali stanno sperimentando l’utilizzo di valute digitali basate proprio su tecnologia blockchain”.
Torniamo al virus. È ormai evidente a tutte le persone di buonsenso l’inutilità del Green Pass sotto l’aspetto sanitario. Qual è, in realtà, il fine del lasciapassare? Potrebbe rimanere per sempre oppure trasformarsi in qualcos’altro?
“Il Green Pass è uno strumento di controllo biopolitico che serve (e servirà sempre più) a chi detiene il monopolio del potere economico in un contesto di contrazione strutturale. La digitalizzazione della vita è fondamentale per il controllo monetario dall’alto, cioè da parte di quelle banche centrali che, nelle loro intenzioni, si faranno garanti della nostra sopravvivenza tramite appunto sottomissione a una sorta di schiavitù monetaria. Agustin Carstens, capo della Banca dei Regolamenti Internazionali (la ‘banca centrale di tutte le banche centrali’) lo ha detto senza peli sulla lingua: “Tramite CBDC (central bank digital currencies) vogliamo poter controllare capillarmente l’utilizzo del denaro!”. Per far questo sarà necessaria sia la digitalizzazione completa delle valute che la loro centralizzazione attraverso tecnologia blockchain. Il Green Pass è un passo in questa direzione distopica. Certo rimane ancora molto lavoro da fare rispetto all’installazione dell’infrastruttura tecnologica, e questo è fonte di speranza. Ma bisogna esserne consapevoli”.
Lei ha scritto che “la finanza non è crollata perché è stato necessario imporre i lockdown; piuttosto, è stato necessario imporre i lockdown perché la finanza stava crollando”. Tuttavia numerose attività sono fallite o comunque andate in crisi a causa delle restrizioni. Può descriverci quanto è avvenuto?
“Tornando al periodo immediatamente pre-pandemico, la mia analisi sviluppa le conseguenze di un’osservazione elementare. Dopo un decennio di QE strutturale (Quantitative Easing, cioè acquisti di asset finanziari da parte delle banche centrali), nel settembre 2019 il mercato dei prestiti interbancari di Wall Street (cosiddetto ‘repo’), che fornisce liquidità immediata a tutti i principali speculatori e in particolare alle quattro maggiori megabanche americane (JP Morgan, Citibank, Bank of America e Goldman Sachs), si è improvvisamente congelato, spedendo i tassi d’interesse sui prestiti dal 2% al 10%. Si erano formate le condizioni per una trappola di liquidità in grado di contagiare tutti i principali mercati, e dunque di scatenare uno tsunami finanziario di tali dimensioni da far impallidire quello del 2008. A quel punto, per salvare sia le banche che il Tesoro USA, la Federal Reserve ha attivato la stampante (in realtà, creando dollari al computer), che ha permesso di aumentare vertiginosamente il gettito rispetto ai QE precedenti. Si è trattato di un’espansione monetaria assolutamente straordinaria: trilioni di dollari partoriti dal nulla e messi direttamente a disposizione dei cosiddetti primary dealers (operatori primari) della Fed: sia le megabanche USA che quelle internazionali come Deutsche Bank, la giapponese Nomura Securities, Barclays Finance, PNB Paribas, ecc. Nell’ultimo trimestre del 2019, dunque ben prima dell’arrivo di Virus, il bilancio della Fed è cresciuto di 4,5 trilioni di dollari, destinati a salvare le banche e i mercati dal collasso. Un’operazione poi continuata durante la ‘pandemia’, quando lo stimolo emergenziale fu mobilitato su scala globale. Sebbene oggi, a distanza di più di due anni, comincino a uscire i dettagli del salvataggio del settembre 2019, la notizia continua a essere censurata da tutti i maggiori organi di stampa. È in questo contesto che a inizio 2020 interviene, molto tempestivamente, Virus, impedendo a una parte dell’enorme massa monetaria creata dal nulla di mettersi in moto come domanda reale potenzialmente iper-inflattiva. Volente o nolente, il raffreddamento dell’economia globale dovuto a Covid-19 ha consentito di riassestare un settore finanziario di nuovo giunto sull’orlo del precipizio, rimandando le magagne dell’inflazione e del rialzo dei tassi alle prime timide riaperture ‘da variante’”.
E cosa c’entrano i lockdown?
“Allo stesso tempo, i lockdown hanno permesso l’ulteriore rafforzamento dei capitali a più alto market cap, da Big Tech a Big Pharma e alle megabanche. In effetti, negli ultimi due anni abbiamo assistito a un fenomeno che la dice lunga sulla presunta sostenibilità del nostro modello socio-economico: da una parte gli indici finanziari sono in costante crescita, dall’altra un’economia globale in caduta libera. Basti pensare che Apple, l’azienda con più alto market cap al mondo (2,8 trilioni abbondanti, dunque superiore al PIL di quasi tutti i paesi al mondo, inclusi Gran Bretagna, Francia e Italia) impiega circa 100.000 lavoratori. Penso che questo sia solo l’inizio di un nuovo modello di capitalismo autoritario di tipo neo-feudale, in cui i grandi monopoli tendono a esercitare signoraggio monetario sulle grandi masse impoverite”.
Le autorità sanitarie hanno sempre sostenuto che solo i vaccini ci avrebbero condotto fuori dall’emergenza. Perché le cure domiciliari precoci sono state snobbate e i medici che si sono discostati dai protocolli ufficiali hanno subito spesso insulti e procedimenti disciplinari? Chi avrebbe avuto interesse ad ostacolare le cure?
“Rispondo con una domanda: com’è potuto succedere tutto ciò se non attraverso un’operazione coordinata dall’alto? Non dev’essere stato neppure troppo difficile, considerando sia gli intrecci di interessi tra economia, politica e sanità, che il potere esercitato da organismi transnazionali già esistenti e operativi. Una volta partito l’ordine dall’alto, per esempio rispetto alla sospensione delle cure domiciliari, si dev’essere avviato un passaggio di consegne verso il basso che ha garantito la riuscita dell’operazione. Chi non è stato al gioco è stato, molto semplicemente, fatto fuori – cioè escluso dalla possibilità di dissociarsi dai protocolli ufficiali. Come nel caso della ‘guerra di Putin’, l’obiettivo era alimentare il terrore per garantire stato di emergenza e chiusura della società (modello lockdown), e di conseguenza l’attuazione di politiche monetarie straordinarie – cosa che solo un’emergenza globale poteva legittimare”.
È guerra anche tra i colossi farmaceutici. Il vaccino russo Sputnik (somministrato ad esempio a San Marino) non ha ancora ottenuto l’autorizzazione da EMA, tant’è che solo recentemente è stato riconosciuto dall’Italia ai fini del Pass. Nel frattempo, l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, ha dichiarato: “Sospendiamo la cooperazione per Sputnik, perché la scienza deve essere al servizio della pace e non della guerra, come ha ricordato il Papa”. Esiste quindi un vaccino dei “giusti”, “timorati di Dio”?
“Ciò dimostra quanto tutto ciò che ci sta accadendo sia conseguenza dell’unica ‘scienza’ che conta, quella economica. Perché il vero malato terminale qui è il capitalismo in versione turbo-finanziaria, che allo stesso tempo è anche il virus che ci sta distruggendo”.
Stiamo vivendo un’emergenza permanente: prima la pandemia, ora la guerra. Quando i diritti inderogabili dell’uomo saranno restituiti alla loro originaria natura? Ci attende una realtà distopica, caratterizzata da lockdown a intermittenza, coprifuochi preventivi e nuovi strumenti per congelare e trasformare l’economia?
“Purtroppo credo di sì. Al momento non si vede altro all’orizzonte. Serve una presa di coscienza collettiva che possa portarci sia a resistere che a tentare di sovvertire questa logica economica cieca e pulsionale, che ci sta trascinando verso una nuova frontiera di totalitarismo. Il capitalismo che ci attende è quello del lockdown più o meno permanente, cioè della regimentazione forzata della vita, che ci verrà venduto come soluzione dolorosa ma necessaria (il “sacrificio” di cui già parla apertamente Biden) per salvaguardare la nostra libertà, la nostra democrazia, e soprattutto la nostra vita, da minacce esterne. In realtà è l’esatto contrario: le minacce esterne, cioè la produzione industriale di emergenzialismo, rappresentano la strategia, disperata e insieme criminosa, con cui il nostro sistema capitalistico ha scelto di negare l’evidenza della propria involuzione implosiva, prolungando dunque la propria agonia”.
“L’inefficacia dei vaccini rispetto alle barriere naturali per fare terminare l’epidemia era prevedibile già dall’inizio in base alle conoscenze note, ma, soprattutto nell’Italia dei “maturi e coraggiosi”, la si è nascosta, sostenendo falsamente l’opposto, che noi saremmo senza difese, analogamente ai “topi nudi” di laboratorio, e i vaccini sarebbero l’unica magica salvezza. Se ne comincia a parlare a guaio fatto, all’inizio del 2022, quando si appende al muro il terzo calendario coi giorni segnati dall’epidemia. Chi ha abbracciato la fede sul vaccino più che i suoi calcoli dovrebbe rivedere le sue premesse e la sua logica. Come Sordi tenente, che in “Tutti a casa” interpreta l’8 settembre avvisando che i Tedeschi si erano alleati agli Americani e ci sparavano addosso. Non è l’epidemia che obbliga agli inoculi, ma è la strada volutamente sbagliata del totalitarismo vaccinale a favorire il sostenere che dopo due anni saremmo ancora in una epidemia catastrofica. E in generale non è la scienza che impone questa trasformazione forzosa dell’intero Paese in un sanatorio militare, ma è la volontà di soggiogare e depredare che fa costruire le pezze d’appoggio, le foglie di fico, sempre più senza vergogna e stralunate, a quella che non è “scienza”, ma “scienza inversa”, la degenerazione criminale della scienza.
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ll commento sopra, postato il 2 gennaio 2022, è stato rimosso da Il Fatto, con il suo codazzo di sottocommenti, il giorno dopo 3 gennaio. Era al secondo posto per voti su oltre un centinaio di commenti. Forse la rimozione è stata su richiesta esterna, della regia generale, che, oltre alla critica complessiva, non ha gradito che venga toccata la radice della narrazione con lo smascheramento della parola “scienza”.
(…) Agamben ci insegna, a proposito del covid, che noi prima che un paese abitiamo una lingua. Che è stata colonizzata. “Scienza” è oggi una catchword tappabocca. La locuzione “scienza inversa” permette di difendersene, rispondendo e smascherando con sufficiente agilità verbale questa parola un tempo nobile e netta, e ora resa scivolosa dalla morchia morale con la quale la si è imbrattata.
La scienza inversa si avvale dei metodi della scienza reale per giustificare decisioni prefissate. La sofisticazione e l’esoterismo che rendono la scienza impenetrabile e intimidatoria ai profani servono per coprire manipolazioni e falsificazioni che visti dall’interno sono rozzi e macroscopici. Ciò che è stato ed è praticato di continuo nell’operazione covid e ormai nel regime covid.
Soprattutto, al di là delle schermaglie verbali, come concetto quello di scienza inversa è adeguato a descrivere la trasformazione della scienza in ideologia del potere, e oltre, in religione instrumentum regni. Una risposta alla richiesta di credere alla “scienza” come a una vera e propria fede, esecrando chi rifiuta. Mentre la scienza vera non chiede di essere creduta sulla parola, ma piuttosto verificata e razionalmente criticata.
(…) Ciò vale anche in sede giudiziaria, altro possibile movente della censura. I magistrati giocano la parola jolly “scienza”, dando per vero a scatola chiusa tutto ciò che porta questo bollino ufficiale. Così facendo non difendono la Costituzione che ostendono solenni quando gli conviene, ma aiutano a seppellirla, sostituendo ad essa come standard di riferimento la scienza inversa delle frodi. Dovrebbero invece essere costretti, dalle richieste dei ricorrenti e dalla dottrina, davanti a sospensioni gravissime dei diritti in nome della scienza, a valutare esplicitamente in primis se si tratta di “scienza scienza” o di scienza inversa. Dovrebbero recuperare la diffidenza per le versioni di parte che è base e dovere della loro professione; ed è alla base della democrazia, diceva Demostene. Il ruolo complice della magistratura, sia negli interventi eversivi su commissione dei decenni passati, sia nelle frodi mediche istituzionalizzate, è largamente sottovalutato. Oggi abbiamo una fusione di eversione di Stato su commissione e frode medica istituzionalizzata, in un ibrido che non a caso ha assunto le forme più virulente in Italia: grazie anche al collaborare e rintanarsi dei sedicenti eroi della lotta a mafia, terrorismo e corruzione. Oltre che una scienza inversa vi è un diritto inverso. Le due aberrazioni stanno operando in concorso.”
“L’irresistibile pulsione a discriminare, a creare capri espiatori – riemersa ferocemente nel seno di ordinamenti sulla carta costituzionali – è il segno di una crisi antropologica radicale, che è al contempo la vera origine e la posta in gioco dei governi dei sepolcri imbiancati che imperversano in molti paesi occidentali. Liberarsene, di tali sinedri farisaici, comprenderne e superarne le cause, è dunque una questione, oltre che politica, spirituale e antropologica. Per venirne a capo, occorre un lavoro di fondo.
La libertà costituisce, insieme al principio repubblicano, a quello democratico e all’eguaglianza (formale e sostanziale) dei cittadini, uno dei cardini dell’orizzonte simbolico nel quale vale ancora la pena riconoscersi, sebbene sia stato rimosso da chi doveva custodirlo. Come il lavoro è il fondamento sociale della Repubblica, così si potrebbe dire che la libertà ne costituisca il fondamento etico. Il rispetto e la tutela della persona umana ispirano e permeano di sé l’intera trama assiologica della nostra Carta costituzionale. Del resto, quale valore aveva conculcato prioritariamente il fascismo? La libertà, nelle sue plurime configurazioni: personale, spirituale, associativa, politica. A quale modello si contrappone la Costituzione, rovesciandone la logica? All’autoritarismo fascista. La valorizzazione del concetto di “persona”, sulla quale hanno trovato una preziosa convergenza le forze del cattolicesimo sociale (da cui la nozione originariamente proviene) e quelle di ispirazione socialista, ha consentito di assumere l’eredità più significativa della tradizione liberale (il suo nucleo umanistico, non economicistico, che ha un valore generale), e di corroborarlo di una visione concreta, incarnata e relazionale del soggetto di diritti.
Siamo qui in presenza di un principio fondamentale del costituzionalismo: l’intangibilità fisica e morale della persona, la cui antica origine è l’Habeas corpus: concepito come scudo rispetto agli arbitri coercitivi del potere che dispone della forza pubblica, si estende oggi al rispetto della dignità della persona nel suo complesso, della sua integrità psico-fisica. Nessuno può coartare senza limiti, manipolare indiscriminatamente il corpo e la mente di un altro, neppure il potere legittimo, neppure a fini (veri o presunti) di pubblica utilità. La libertà può conoscere delle restrizioni, ma solo entro precisi binari e sulla base di inderogabili garanzie. Certo non in virtù di una condizione di gruppo, e in assenza di precisi obblighi, divieti, sanzioni. In ogni caso, le restrizioni della libertà (la più pesante delle quali è il carcere) non possono mai oltrepassare il limite del rispetto della persona umana e della sua dignità. Pur su un altro piano, emerge qui la logica costitutiva dell’età dei diritti, che ispira ad esempio il divieto di torturare e schiavizzare: il presupposto dei diritti è il soggetto libero. Esso non è un’astrazione formale, che può occultare discriminazioni ed esclusioni di fatto, ma l’individuo in carne e ossa, concretamente considerato nella rete delle sue relazioni sociali. Il diritto a non essere torturato e quello a non essere reso schiavo debbono essere considerati “assoluti” o “privilegiati” (Bobbio), e pertanto non bilanciabili con altri diritti o interessi, perché la loro violazione significherebbe transitare dalla sfera della libertà a quella della manipolabilità, della strumentalizzazione del soggetto. Pertanto tortura e schiavitù non sono mai ammissibili, neppure in parte e a buon fine (ammesso che possa mai esistere un “buon fine” nel torturare, magari per estorcere una confessione coatta). Ora, indurre surrettiziamente a scelte non dovute che incidono in modo pesante sulla dignità, la vita sociale e il lavoro, come accade con il green pass più che saudita adottato in Italia, rientra nell’ambito della manipolazione arbitraria della soggettività, significa trattare la persona (anzi, peggio, un’intera “classe” di persone, individuate come categoria da sottoporre a un regime speciale) come un mezzo e non come un fine. Con il mega, super, ultra green pass, il cittadino non vaccinato viene considerato dalle istituzioni un soggetto di diritti perlomeno dimezzato, da espellere ai margini della comunità degli auto-investitesi Eletti. Facile che divenga oggetto di stigmatizzazione e campagne d’odio, peraltro fondate sulla menzogna.
Secondo la logica ferrea che lega tutti i diritti fondamentali l’uno all’altro, se si attaccano le libertà civili, in particolar modo in un regime politico di massa che ambisca a definirsi costituzionale e democratico e non plebiscitario (magari di un nuovo plebiscitarismo tecnocratico), è facile che anche la libertà politica sia a rischio: nel “trentennio inglorioso” del neoliberismo e del globalismo si è cominciato con l’attacco ai diritti sociali, al Welfare e al lavoro, si è proseguito con la messa fra parentesi della sovranità democratica in nome delle emergenze (prima finanziaria, oggi sanitaria), per arrivare alla messa in questione dei diritti di libertà. Tra cui, oltre a quelli civili, tradizionalmente liberali, figurano anche quelli di partecipazione politica, associazione ed espressione del dissenso.
(..) La pretesa di neutralizzare definitivamente il conflitto – pretesa che è la vera ratio dell’emergenzialismo e della tecnopolitica – , è in sé eversiva e antidemocratica. Il primo pericolo per la democrazia proviene oggi dall’alto, dai poteri costituiti. Un capitolo estremo di quello che Gramsci chiamava il sovversivismo dall’alto delle classi dirigenti: le attuali élites neoliberali, alle strette per la crisi del paradigma antipopolare e antisociale che hanno perseguito pervicacemente da almeno un trentennio e perciò incattivite, sembrano pronte a tutto. Gli apprendisti stregoni dell’emergenza permanente e della prevenzione assoluta rischiano di evocare, con l’uso disinvolto dello stato di necessità come eccezione giustificata, potenze incontrollabili, alimentando il caos, producendo anomia. Che forze le quali dicono di ispirarsi a un ormai vago “progressismo” si rendano disponibili per tali operazioni, e anzi ne siano le mosche cocchiere, è triste ma del tutto coerente con le scelte e l’impostazione culturale della ex-sinistra nell’ultimo trentennio.”
Con il Super Green Pass possiamo salvare il Natale” titolano oggi i giornali, all’indomani della stretta ulteriore del Green Pass emanato dal governo di Mario Draghi. Chi pensa di rinvenire ancora qualcosa di squisitamente sanitario in queste manovre e in questo cappio che si fa sempre più stretto attorno alla Costituzione non nutre probabilmente abbastanza amore per l’analisi delle parole e per l’implicazione dei concetti sottesi. Ebbene, a meno che, per effetto di qualche ulteriore ignoto decreto emanato nello svuotamento ormai pressoché totale del Parlamento, non siano stati conferiti al premier anche funzioni di natura spirituale e religiosa, è impossibile non leggere in questo lessico intenzioni e urgenze di natura strettamente produttiva.
A dirla tutta, è da circa due anni che il ritornello della salvaguardia delle festività viene recitato dalla nuova tecnopolitica filantropica e umanitaria, la stessa che, senza prendersi minimamente briga di potenziare il welfare sanitario e assistenziale fino a un livello degno di un Paese che dice di voler “combattere con ogni mezzo la pandemia”, introduce però misure sempre più in contraddizione con la vecchia tradizione costituzionale.
Oramai l’assuefazione alla rinuncia e al taglio delle garanzie civili è così incalzante che anche quando il diritto al lavoro e allo studio sono stati posti sotto ricatto – fatto che avrebbe dovuto far scendere in piazza trasversalmente e compattamente ogni militante di sinistra che un tempo si sarebbe strappato le vesti per leggi così indecorose – la contestazione ha dovuto rimboccarsi autonomamente le maniche senza il benchè minimo sostegno politico. Anzi, a voler fare un’analisi dell’atteggiamento con cui la politica ha approcciato nei fatti e nelle parole queste proteste, possiamo individuare tre momenti principali: il primo è stato la fase della derisione con epiteti riferiti sia alla quantità (“quattro poveri gatti”), sia alla qualità dei manifestanti con annessi giudizi valoriali (“ignoranti”, “analfabeti”); la seconda fase è stata quella della demonizzazione e colpevolizzazione sino al margine della criminalità al fine di dipingere i partecipanti ai cortei come untori responsabili della catena del contagio di intere città e persino regioni; la terza e ultima fase è stata caratterizzata dal soffocamento bello e buono delle proteste, con il divieto della ministra Lamorgese di permettere lo svolgimento dei cortei nelle vicinanze dei centri storici. Dalla ridicolizzazione alla repressione nel giro di neanche tre mesi, senza il minimo ascolto e la minima interlocuzione con cittadini che piaccia o no continuano a essere nella legge senza aver commesso alcun reato.
Lo stato del diritto a due anni dalla diffusione del virus è arrivato a un tale livello di amputazione che il suo esercizio non è più nemmeno riferibile alla fruibilità ma a un’eventuale gentile concessione se e solo se intercetta i piaceri e le convenienze delle leggi economiche. (Piange un po’, ma poi a tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo, diceva Dostoevskij!) Cosa sottende l’espressione “salvare il Natale” se non la tutela delle perverse logiche del profitto e dei nauseanti isterismi pubblicitari per i Black Friday, in contraddizione lampante con le difficoltà che le famiglie dei lavoratori sospesi dai ricatti del QRcode stanno vivendo? Cosa sottendono i divieti alle manifestazioni No Green Pass se non la salvaguardia delle entrate e le uscite da negozi traboccanti di ogni bene da vendere e stravendere? Cosa si può leggere nel confinamento dei manifestanti ai margini delle città se non lo sbarazzarsi del loro ingombro all’interno della macchina produttiva?
A pensarci bene, hanno ragione quelli che invitano a non fare associazioni fuori luogo con dittature precedenti: siamo proprio in una dimensione nuova e inedita che con il passato ha proprio ben poco a che fare, tanto più che nessun regime si era spinto fino al punto di relegare alla scadenza di un codice digitale il lavoro e lo studio, perché è evidente oramai che in gioco non è più il vaccino, ma la facile negoziabilità e ricattabilità che hanno acquisito diritti che credevamo sacri e inviolabili.
Gli studenti universitari di Bologna, mobilitati contro lo stato di emergenza permanente e l’infame lasciapassare nazistoide, hanno dato vita ad una rassegna di lezioni all’aperto con alcuni accademici e non, particolarmente impegnati sul fronte delle tematiche citate.
A seguire, la video documentazione dei primi cinque appuntamenti finora svoltisi.
Di Jeremy Loffredo e Max Blumenthal per The Grayzone, 19 Ottobre 2021
I titani del capitalismo globale stanno sfruttando la crisi da Covid-19 per istituire in tutto l’Occidente sistemi di identificazione digitale sul modello del credito sociale
La morte per fame di Etwariya Devi, una vedova di 67 anni dello Stato rurale indiano del Jharkhand, sarebbe potuta passare inosservata se non fosse stata parte di una tendenza più ampia.
Come 1,3 miliardi di suoi connazionali indiani, Devi era stata costretta a iscriversi a un sistema di identificazione digitale biometrico chiamato Aadhaar per potere accedere ai servizi pubblici, compresa l’assegnazione mensile di 25 kg di riso che le spettava. Quando la sua impronta non riuscì a essere registrata con questo scadente sistema, a Devi fu negata la sua razione di cibo. Durante il corso dei tre mesi successivi nel 2017, le fu ripetutamente negato il cibo fino a quando soccombette alla fame, da sola a casa sua.
Premani Kumar, una donna di 64 anni anche lei del Jharkhand, ha subito la stessa sorte di Devi, morendo di fame e di esaurimento lo stesso anno dopo che il sistema Aadhaar trasferì senza il suo premesso i suoi pagamenti pensionistici a un’altra persona mentre nel frattempo sospendeva le sue razioni mensili di cibo.
Un destino analogamente crudele fu riservato a Santoshi Kumari, una ragazzina di 11 anni, anche lei del Jharkhand, che a quanto si dice morì chiedendo l’elemosina per il riso dopo che la tessera annonaria della sua famiglia era stata cancellata perché non era stata collegata al sistema di identificazione digitale Aadhaar.
Queste tre morti strazianti sono fra un’ondata di decessi avvenuti nel 2017 nell’India rurale e tutte quante sono state il diretto risultato del sistema di identificazione digitale Aadhaar.
Con oltre un miliardo di indiani nel suo database, Aadhaar è il più grande programma di identificazione digitale biometrica mai costruito. Oltre a fungere da portale per accedere ai servizi governativi, tiene traccia dei movimenti degli utenti fra le città, del loro status professionale e dei loro acquisti. È un sistema di credito sociale de facto che serve da punto di ingresso chiave per accedere ai servizi in India.
Dopo aver definito il collega miliardario Nandan Nilekani un “eroe”, le iniziative sostenute dall’oligarca dell’alta tecnologia Bill Gates hanno cercato a lungo di portare ”l’approccio Aadhaar ad altri Paesi”. Con l’inizio della crisi da Covid-19, Gates e altri esperti del settore dell’ID digitale hanno un’opportunità senza precedenti di introdurre i loro programmi nei Paesi ricchi del Nord.
Per coloro che agognano la fine delle restrizioni legate alla pandemia, i programmi con credenziali certificanti la loro vaccinazione contro il Covid-19 sono stati lanciati sul mercato come la chiave per riaprire l’economia e ripristinare la loro libertà personale. Ma l’implementazione dei passaporti di immunità sta anche accelerando la creazione di un’infrastruttura di identità digitale globale.
Come ha recentemente affermato la Thales, società di vigilanza militare e appaltatore della NATO, i passaporti vaccinali ”sono il precursore dei portafogli di identità digitali “.
E come ha enfatizzato su Forbes l’amministratore delegato di iProov, società di identificazione biometrica e appaltatore della Homeland Security (Dipartimento della Sicurezza Interna USA), “L’evoluzione dei certificati vaccinali guiderà in effetti nel futuro l’intero campo dell’identificazione digitale. Pertanto, non si tratta solo del Covid, questo è qualcosa persino più grande“.
Per lo stato di sicurezza nazionale, i passaporti di immunità digitale promettono un controllo senza precedenti sulle popolazioni ovunque tali sistemi siano implementati. Ann Cavoukian, l’ex commissario per la privacy dell’Ontario, in Canada, ha descritto il sistema di passaporti dei vaccini già attivo nella sua provincia come ”una nuova rete di sorveglianza inevitabile, con dati di geolocalizzazione tracciati ovunque“.
Per gli oligarchi dell’alta tecnologia come Bill Gates e istituzioni neoliberali come il World Economic Forum, i sistemi di identità digitale e valuta digitale hanno già permesso l’estrazione di profitti incredibili nei Paesi del Sud, dove centinaia di milioni di persone rimangono senza alcun servizio bancario e quindi al di fuori dell’ambito dei sistemi di pagamento elettronico.
Oggi, mentre monta la protesta dal basso contro il regime di esclusione del passaporto vaccinale, i capitani del capitalismo globale stanno conducendo una campagna più urgente che mai per portare il sistema di identificazione digitale in Occidente.
Per questi interessi elitari, la digitalizzazione dei passaporti di immunità rappresenta uno strumento critico in una trasformazione economica e politica pianificata da tanto tempo.
“Senza tessera Covid, io e mia moglie siamo emarginati dalla società”
In tutto il mondo, la certificazione della vaccinazione contro il COVID-19 è già un requisito per partecipare alla vita quotidiana.
In Indonesia, i vaccini contro il COVID-19 sono obbligatori e coloro che rifiutano possono rischiare multe o gli viene negato l’accesso ai servizi pubblici. In Grecia, i residenti devono presentare il certificato di immunità per lavorare o entrare nei bar, teatri e altri spazi pubblici al chiuso
La Francia ha similmente richiesto ai residenti di portare con sé un pass sanitario per accedere a tutti i ristoranti, bar, treni e qualsiasi luogo che possa ospitare più di 50 persone, una decisione che ha scatenato estese proteste in tutto il paese. L’ex candidato socialista alla presidenza francese Jean-Luc Mélenchon ha criticato aspramente le nuove restrizioni come” assurde, ingiuste e autoritarie“.
L’Italia ha imposto il suo lasciapassare verde a tutti i lavoratori, minacciando la cessazione dei rapporti di lavoro e la sospensione del salario. L’Italia richiede questo pass anche per usare i mezzi pubblici. Le scene riguardanti uomini della vigilanza privata mentre eseguono il controllo del Green Pass e l’esclusione degli anziani in Italia dai servizi vitali hanno già iniziato a diventare virali sui social media.
Le restrizioni per i Lituani che non sono doppiamente vaccinati e che non sono in grado di dimostrare una recente precedente infezione da Covid-19 sono fra le più rigide al mondo. Gli sono vietati i ristoranti, tutti i negozi di generi non essenziali, i centri commerciali, i negozi di estetica, le librerie, le banche o le agenzie d’assicurazione, le università, cure mediche in regime di degenza, e i viaggi ferroviari.
Gluboco Lietuva, un uomo che si autodefinisce “padre lituano” che ha rifiutato la vaccinazione affermava su Twitter: “Senza Covid Pass, mia moglie e io siamo stati messi al bando dalla società. Non abbiamo nessun reddito. Ci sono stati vietati la maggior parte dei negozi. A malapena possiamo sopravvivere”.
Quattro su dieci province canadesi attualmente richiedono ai propri cittadini di mostrare la prova di essere stati vaccinati contro il Covid-19 per potere entrare in spazi pubblici al chiuso come ristoranti e teatri. Tutti i dipendenti pubblici federali e alcuni altri lavoratori devono essere vaccinati per conservare i loro posti di lavoro.
Il governo del primo ministro canadese Justin Trudeau richiede anche a tutti i viaggiatori in aereo e ai viaggiatori su treni interprovinciali di essere vaccinati. La provincia canadese di Alberta questo settembre prese una misura ulteriore quando annunciò che a tutti coloro che non possono provare di avere fatto il ciclo completo di vaccinazione per il Covid non gli sarà più permesso di socializzare al chiuso con gruppi di più di 12 persone.
In Israele, nel frattempo, solo coloro che hanno ricevuto tre dosi possono lavorare o fare acquisti al chiuso e andare nei ristoranti; i cittadini che hanno ricevuto due dosi vaccinali più di sei mesi fa sono ora considerati non vaccinati. Questa regola ha consolidato ciò che persino il New York Times ha giudicato “un sistema dualistico fra vaccinati e non vaccinati…. che solleva questioni legali, morali ed etiche”.
Negli USA, il presidente Joe Biden “sta procedendo con i requisiti vaccinali ovunque può”. Biden, che ha dichiarato che “la sua pazienza si sta esaurendo” per gli Americani non vaccinati, recentemente ha annunciato nuovi requisiti federali che impongono a circa 80 milioni di Americani – inclusi tutti coloro che lavorano in società con più di 100 dipendenti – che devono, o essere vaccinati, oppure sottoporsi settimanalmente al test per il Covid.
Biden ha anche imposto che coloro che lavorano in istituti che ricevono le coperture sanitarie come Medicare o Medicaid devono mostrare la prova dell’immunità per mantenere i loro posti di lavoro. Secondo la Associated Press, il presidente Biden sta prendendo in considerazione la prova dell’immunità per i viaggi interstatali, una restrizione che il suo precedente consulente per la salute pubblica, Ezekiel Emanuel, aveva chiesto insistentemente.
Nello stato del Colorado, il sistema ospedaliero “UC Health” ha annunciato che non permetterà trapianti di organo da eseguire su pazienti non vaccinati, suggerendo di andare in Texas per le procedure salvavita.
La città di New York offre un assaggio del programma in serbo per il resto del Paese. Il prerequisito “Key To NYC” che è entrato in vigore il 13 settembre di quest’anno, richiede la prova vaccinale per lavorare o mangiare al chiuso, per attività di fitness al chiuso, per luoghi di intrattenimento come musei, stadi, sale giochi e teatri.
“Se vuoi partecipare pienamente nella nostra società, devi essere vaccinato”, ha affermato il sindaco De Blasio. “New York è un posto eccezionale letteralmente pieno di meraviglie…. se tu sei non vaccinato, purtroppo non potrai esserne partecipe”.
Gli obblighi relativi al COVID potrebbero essere permanenti
Mentre i media come la CNN hanno definito i passaporti vaccinali una ”misura utile e temporanea“, è sempre più chiaro che le restrizioni sulla prova dell’immunità imposte alle popolazioni occidentali può darsi che non cambieranno molto presto.
Il dottor Kerry Chant, Ministro della Salute del New South Wales in Australia, ha affermato che i cittadini “dovrebbero abituarsi ad essere vaccinati con vaccini anti-Covid in futuro…sarà un ciclo regolare di vaccinazioni e rivaccinazioni”.
Albert Bourla, CEO della società multinazionale Pfizer, che ha visto le sue azioni salire alle stelle durante la pandemia, ha osservato che lo ”scenario più probabile” è che i vaccini contro il coronavirus siano obbligatori ogni anno.
Come un titolo tratto da Nature nel mese di febbraio diceva, ”il coronavirus è qui per rimanere”. Oppure, come ha affermato il dottor Mike Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenza sanitaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è ”molto, molto, improbabile” che il COVID-19 sparirà per sempre.
”Sradicare questo virus dal mondo proprio ora rassomiglia molto a cercare di pianificare la costruzione di un sentiero di pietre per la luna”, ha affermato Michael Osterholm, epidemiologo dell’Università del Minnesota a Minneapolis. ”È irrealistico“.
”D’ora in poi è la nostra vita, a ondate”, ha riconosciuto lo zar israeliano del coronavirus Salman Zarka. Zarka ha già preparato dei piani per imporre una quarta dose agli Israeliani.
Le imposizioni per il COVID verranno rinforzate digitalmente
Mentre i richiami vaccinali di routine imposti dallo Stato possono sembrare sgradevoli per molti, se non completamente insopportabili per altri, l’incubo rappresenta l’occasione di una vita. A partire da maggio 2020, sole sette settimane dopo che la pandemia era stata dichiarata, il miliardario americano Bill Gates prevedeva che” prima o poi avremo dei certificati digitali per vedere chi è guarito o è stato testato di recente, o quando abbiamo un vaccino, chi lo ha ricevuto”.
Ora, più di un anno dopo, un numero crescente di governi locali e nazionali richiede una qualche forma di prova digitale della vaccinazione o dell’immunità naturale contro il COVID-19.
A coloro che vogliono viaggiare in Canada, per esempio, viene richiesto di scaricare una app che verifica lo stato di vaccinazione dei viaggiatori in entrata. Il governo prevede anche di introdurre un passaporto federale digitale vaccinale per tutto il Canada nei prossimi mesi.
Quando l’Unione Europea (UE) aprì ai turisti stranieri questa estate, introdusse un “Certificato Digitale COVID” che consentiva l’ingresso a coloro vaccinati contro il COVID-19, a coloro che risultano negativi al test o a coloro che si erano recentemente ripresi da un’infezione. Il “Certificato Verde Digitale” proposto è stato promosso come un modo per facilitare la libera circolazione sicura all’interno dell’UE durante la pandemia.
Il governo francese ha stretto una partnership con una società di tecnologia biometrica chiamata IDEMIA per ”rendere più facile per i suoi cittadini dimostrare la propria identità ed effettuare transazioni online usando uno smartphone“. La nuova applicazione ”consentirà ai cittadini francesi di posizionare la propria carta d’identità elettronica nazionale [introdotta in Francia nell’ambito della risposta al COVID-19 nell’agosto 2021] … sul retro del proprio smartphone e avere immediatamente conferma della propria identità“. IDEMIA sta anche aiutando la Francia a certificare i dati sull’immunità dei viaggiatori con la sua suite Health Travel Pass.
Gli Stati Uniti accettano ancora le tessere di vaccinazione cartacee e il presidente Biden ha insistito sul fatto che non ci sia una app a livello nazionale per i posti di lavoro. Tuttavia, sette Stati (California, New York, Louisiana, Colorado, Illinois, New Jersey e Hawaii) hanno già implementato applicazioni che certificano la vaccinazione COVID-19 e hanno vari gradi di obblighi vaccinali per il Covid-19 sul posto/a livello locale.
ImmunaBand, un braccialetto indossabile, la cui missione aziendale è ”avvicinare un po’ il mondo in tempo di pandemia da COVID-19 e consente di dimostrare al mondo il vostro stato di vaccinazione/status vaccinale“, è stato approvato anche dalla città di New York come prova di vaccinazione.
“Nel tipico modo americano, il governo degli Stati Uniti sta relegando la creazione di certificati di vaccinazione digitali al settore privato”, ha affermato Data & Society, organizzazione no profit.
In effetti, dietro l’impulso per i passaporti vaccinali digitali c’è una cricca di istituzioni neoliberali sovranazionali guidate da donatori oligarchici dell’industria tecnologica.
Interessi aziendali elitari dietro i passaporti digitali COVID
Le mega società per azioni, le istituzioni finanziarie internazionali e le fondazioni private sostenute da miliardari hanno svolto un ruolo vitale nel fare attività di lobbying per i passaporti vaccinali digitali e nel rendere effettivi gli stessi.
Il promettente sistema di passaporto sanitario globale è stato coordinato sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) facente parte dell’ONU. Tuttavia, questa istituzione (l’OMS) è così intrecciata con ricchi interessi privati che difficilmente può essere caratterizzata come un organismo di sanità “pubblica”.
Come l’ex direttore dell’OMS Margaret Chan ha detto alla regista Lilian Franck,” Solo il 30% del mio budget è costituito da fondi prevedibili. Per il restante 70%, devo prendere un cappello e viaggiare per il mondo supplicando denaro. E quando ci danno dei soldi, è estremamente legato alle loro preferenze, a ciò che a loro piace”.
Il primo tra questi finanziatori privati è il secondo uomo più ricco del mondo, Bill Gates, e la sua Fondazione Bill e Melinda Gates, che risulta essere il secondo donatore dell’OMS.
La Gates Foundation ha recentemente contribuito a finanziare un documento dell’OMS che fornisce ”guida all’implementazione” per le certificazioni vaccinali in tutto il mondo. Gli autori hanno creato questo documento assieme alla Fondazione Rockefeller e con l’assistenza di diversi rappresentanti di alto livello della Banca Mondiale.
Secondo Foreign Affairs, ”Poche delle iniziative politiche o normative standard stabilite dall’OMS sono annunciate prima di essere state esaminate non ufficialmente dallo staff della Gates Foundation“. Oppure, come altre fonti dissero a Politico nel 2017, ”le priorità di Gates sono diventate quelle dell’OMS“.
Anche il World Economic Forum (WEF) è in prima linea nel passaggio ai certificati digitali. ”Il Forum fa parte del gruppo di lavoro dell’OMS per riflettere su questi standard [requisiti del certificato vaccinale] e pensare a come sarebbero usati“, si legge in un articolo del WEF risalente a maggio 2021.
Sulla carta, il WEF (noto anche come l’Organizzazione Internazionale per la Cooperazione Pubblico-Privato) è una ONG e un “think tank” impegnato a migliorare lo stato del mondo . In realtà, è una rete internazionale di alcune delle persone più ricche e influenti del pianeta. Il Forum si posiziona come opinion leader del capitalismo mondiale.
L’organizzazione è meglio conosciuta per il suo raduno annuale della classe dirigente globale/ a livello globale. Ogni anno, manager di hedge fund, banchieri, amministratori delegati di multinazionali, rappresentanti dei media e capi di Stato si riuniscono a Davos per “determinate le agende globali, regionali e industriali“. Come ha detto Foreign Affairs, ”il WEF non ha un’autorità formale, ma è diventato il principale forum delle élite per discutere di idee politiche e relative priorità per realizzarle“.
Nel 2017, l’economista tedesco e fondatore del WEF Klaus Schwab introdusse il concetto di ”Quarta rivoluzione industriale” con il titolo del libro che pubblicò quell’anno. La Quarta Rivoluzione Industriale (4RI), secondo Schwab, rappresenta l’attuale ”rivoluzione tecnologica” che sta cambiando il modo in cui le persone ”vivono, lavorano e si relazionano tra loro“, e con implicazioni ”diverse da qualsiasi cosa l’umanità abbia vissuto”.
Per lui, la Quarta Rivoluzione Industriale è la “fusione dei mondi a livello fisico, digitale e biologico”. Schwab ha persino detto che la Quarta Rivoluzione Industriale condurrà inevitabilmente verso il transumanesimo, o la modificazione del genoma umano.
Nel gennaio 2021, secondo Forbes, diversi partner del WEF, tra cui Microsoft, Oracle, Salesforce e molti altri “pesi massimi”, annunciavano una partnership per lanciare l’Iniziativa Per La Credenziale Vaccinale (Vaccine Credential Initiative – VCI), allo scopo di sviluppare strumenti di autenticazione digitale riguardanti le immunità da vaccinazioni.
Puntando ad istituire un’unica “tessera sanitaria SMART” per tutto il mondo, la VCI pretende che le proprie tessere sanitarie SMART vengano riconosciute “al di sopra dei confini organizzativi e giurisdizionali”.
Negli USA, alcuni Stati stanno già dislocando le tessere sanitarie SMART sviluppati dalla VCI. Queste tessere sanitarie SMART hanno gettato le basi per uno standard nazionale de facto per le credenziali vaccinali.
”Se un numero sufficiente di Stati adottasse questa tecnologia, potrebbe diventare uno standard nazionale de facto e sollevare l’amministrazione Biden dal dovere definire requisiti federali per scopi nazionali“, faceva notare Politico.
L’ultima versione di iOS di Apple, iOS 15, include persino il supporto per la SMART Health Card
A partire da oggi, coloro che hanno ricevuto un vaccino in California, Hawaii, Louisiana, New York, Virginia o in certe contee del Maryland possono ottenere una tessera sanitaria SMART dallo Stato.
Nella maggior parte degli altri Stati, la tessera sanitaria SMART è disponibile per coloro che sono stati vaccinati in una delle più di 17.100 farmacie facenti parte delle catene farmaceutiche CVS, Walgreen o Rite Aid, diffuse su scala nazionale.
”Più Stati, farmacie e sistemi sanitari inizieranno molto presto ad emettere tessere sanitarie SMART“, promette il sito di Commons Project, uno dei fondatori dell’iniziativa VCI.
L’amministratore delegato di Commons Project Paul Meyer è un ”giovane leader” del World Economic Forum.
In India, gli oligarchi tecnologici usano il sistema di identificazione digitale per imporre il credito sociale ai poveri delle zone rurali, dando origine a esclusione sociale e persino alla morte
Nel 2015, la Gates Foundation ha fornito il capitale iniziale per un progetto della Yale School of Public Health che sarebbe diventato noto come Khushi Baby. Attualmente organizzazione senza scopo di lucro, Khushi Baby realizza collane dotate di microchip da far indossare a un bambino in qualsiasi momento per tenere traccia del loro stato vaccinale e stabilire un monitoraggio continuo dalle prime vaccinazioni fino all’età adulta. L’organizzazione no-profit afferma che ora sta utilizzando i dati provenienti da più di 35.000 villaggi in India per creare algoritmi che ”prevedono i risultati sanitari per le madri e i bambini“.
Nel 2016, IDEMIA, l’azienda di sicurezza che ora lavora con il governo francese sulle vaccinazioni e la relativa verifica di identità, progettò collane dotate di microchip. Queste collane sono state usate per tracciare i dati sanitari di 13 milioni di persone in India dall’inizio della pandemia.
Questi programmi sono stati immessi sul mercato da consulenti aziendali come strumenti essenziali per migliorare l’uguaglianza e l’inclusione nei Paesi del Sud del mondo. ”L’identificazione digitale è la chiave per una crescita inclusiva“, sosteneva McKinsey, la società di consulenza globale, nel 2019.
”Qualcosa come un miliardo di persone potrebbero essere finanziariamente più inclusi e partecipativi”, ha affermato Mike Kubzansky, managing partner della rete Omidyar del fondatore di Ebay e magnate dei media Pierre Omidyar, durante un panel del WEF che esplorava come ”l’Identificazione Digitale Offre una Significativa Opportunità per la Creazione di Valore”.
Come Gates, Omidyar ha pesantemente investito nel progresso dell’identificazione digitale e dei sistemi valutari attraverso la sua rete Omidyar, che collabora con il World Economic Forum sulla Good ID Initiative.
Uno sguardo più da vicino alla spinta verso l’”inclusione” da parte dei colossi aziendali rivela che il loro linguaggio altruistico è poco più di una copertura di pubbliche relazioni per motivi di puro profitto, con conseguente emarginazione e persino morte per molti di coloro coinvolti nei loro sistemi di identità digitale.
Oltre a servire come luogo per il progetto Khushi Baby, l‘India è diventata un laboratorio per il tracciamento digitale e i sistemi di identificazione. Con il supporto di travestimenti capitalistici occidentali come la Gates Foundation e la Banca Mondiale, il Paese è diventato il sito del più grande database di identità digitale del mondo, noto come Aadhaar.
Il sistema Aadhaar è indicato con una serie di 12 cifre che serve come prova di identità e di indirizzo, fra gli altri segni evidenziatori, ovunque in India. Fino a oggi, un miliardo e trecento milioni di indiani sono stati iscritti nel sistema, il che lo rende il più grande database di identificazione biometrica mai costruito. Contiene le scansioni dell’iride e le impronte digitali di entrambe le mani di ciascun utente. La tecnologia per questo sistema è stata fornita da nessun altro che la società di sicurezza francese IDEMIA.
Aadhaar fu reso effettivo nel 2014, l’anno in cui Narendra Modi, un sostenitore del libero scambio e della tecnologia, è salito alla carica di primo ministro. Il suo creatore, il miliardario della tecnologia Nandan Nilekani, è stato soprannominato ”il Bill Gates di Bangalore“, celebrato da entusiasti della globalizzazione come Thomas Friedman, e salutato nientemeno che da Gates come un ”eroe” altruista. La Gates Foundation ha collaborato con Nilekani al suo progetto ”Co-impact” assieme alla Skoll Foundation del miliardario Jeffrey Skoll, co-fondatore di eBay.
“Aadhaar è una risorsa enorme per l’India”, così ne parlava calorosamente Bill Gates in un’intervista del 2019 sul network indiano Times Now. “Il fatto che si possano fare pagamenti digitali e aprire un conto bancario così facilmente, l’India è un Paese leader in questo settore. Ci sono enormi vantaggi nel poter far arrivare il denaro digitale emesso dal governo direttamente al beneficiario”.
Ma dietro la propaganda neoliberale, il sistema di identificazione digitale Aadhar di Nilekani ha devastato le vite delle popolazioni più vulnerabili e stigmatizzate dell’India.
Nello Stato orientale indiano di Jharkhand, un’ondata di morti si verificò nel 2017 quando i cittadini impoveriti furono esclusi dalle razioni di cibo sovvenzionate dal governo per mezzo del sistema Aadhaar. In parecchi casi, le vedove anziane si sono viste negare il riso per diversi mesi perché il sistema non riconosceva le scansioni delle loro impronte digitali.
Circa nello stesso periodo, tre fratelli morirono di fame dopo non essersi registrati correttamente nel sistema di identificazione digitale Aadhaar e successivamente furono negate loro le razioni per sei mesi. La stessa crudele sorte toccò alla famiglia Kumari, che non riuscì a ottenere un’identità digitale nel sistema di identificazione digitale Aadhaar, perse la sua tessera alimentare e videro la figlia undicenne Santoshi morire di fame.
“Molte persone in Jharkhand sono state vittime di una simile perdita di diritti alimentari durante gli ultimi mesi”, riportava India’s Scroll, un quotidiano indiano online. “La ragione principale è che l’autenticazione biometrica, alla base del sistema di identificazione digitale Aadhaar, è ora obbligatoria in circa l’80% dei negozi che erogano le razioni alimentari nello Stato di Jharkhand”.
Secondo India’s Scroll, un campione casuale di 18 villaggi in cui l’autenticazione biometrica era obbligatoria rivelò che uno sbalorditivo 37% dei titolari della carta non poterono accedere alle loro razioni alimentari.
Oltre a far sì che il sistema di identificazione digitale Aadhaar sia diventato la chiave per ottenere servizi governativi, il governo Modi ha integrato i dati raccolti da tale sistema per istituire un “database a 360 gradi” che “traccia automaticamente quando un cittadino si sposta fra le città, quando cambia lavoro o acquista una nuova proprietà”, secondo quanto riferito dall’Huffington Post.
Quando il Covid-19 raggiunse l’India all’inizio del 2020, Nilekani propose di impiegare Aadhaar come base per un programma di vaccinazione e tracciamento anti-Covid. “Dobbiamo assicuraci che tutti ricevano un certificato digitale con la data di vaccinazione, il nome del vaccino e attraverso quale fornitore e la località in cui è stato somministrato”, Nilekani dichiarò nel 2020.
Come era prevedibile, il sistema di sorveglianza di massa di Nilekani ha dimostrato di essere molto più efficace nel raccogliere dati che nel proteggerli. Nel 2018, il quotidiano Indian Tribune fu in grado di acquistare le informazioni personali di quasi tutti gli utenti di Aadhaar tramite venditori anonimi su WhatsApp. Il processo richiese solo dieci minuti e costò circa sei dollari, secondo quanto riferito dal quotidiano stesso.
Le violazioni seriali del sistema della privacy hanno persino spinto alcuni indiani HIV positivi a ritirarsi dai programmi di trattamento antiretrovirale che richiedono la carta Aadhaar. Sebbene venga detto che l’adesione a Aadhaar è su base volontaria, le persone con HIV si sono lamentate con i media indiani di aver subito pressioni per iscriversi al programma di identificazione digitale e di essere state minacciate di perdita dei servizi medici.
I sostenitori della privacy negli Stati Uniti indicano i programmi di identità nazionale digitale come quelli di Aadhaar come giganteschi strumenti di sorveglianza che gettano le basi per un sistema di credito sociale.
Parlando al Comitato per i servizi finanziari della Camera degli Stati Uniti nel luglio 2021, Elizabeth Renieris, del Technology Ethics Lab di Notre Dame, lanciò un avvertimento: “In India, il numero Aadhaar è in grado di tracciare la tua attività in ogni aspetto della tua vita, dall’impiego lavorativo che svolgi all’assistenza sanitaria, alla scuola, praticamente tutto quello che fai. Non puoi conservare autonomia in settori specifici della tua vita. Non puoi separare la tua reputazione personale e professionale. Non puoi avere questo genere di identità personale contestualizzata. Penso che ciò sia davvero problematico.”
“Dobbiamo evitare di costruire sistemi di identificazione digitale e infrastrutture in un modo che ulteriormente espande e rafforza lo stato di sorveglianza, come fa il sistema di identità nazionale in India”, ha continuato Renieris.
Ma è l’aspetto onnicomprensivo di credito sociale di Aadhaar che ha reso Bill Gates così appassionato del sistema.
Parlando ai più alti decisori politici dell’India nel 2016, il secondo uomo più ricco del mondo dichiarò: “Nel corso del tempo, tutte queste transazioni creano un’impronta e quindi quando fai domanda di credito, l’abilità di accedere ai dati storici che hai pagato le tue bollette in tempo, che hai risparmiato soldi per l’istruzione dei tuoi figli, tutte quelle cose nella tua traccia digitale, di cui si è avuto accesso in modo appropriato permettono al mercato del credito di valutare adeguatamente il rischio.”
ID4D espande l’identificazione digitale per tracciare più attività umane che mai
Nel 2016, la Fondazione Gates ha stanziato finanziamenti per un progetto della Banca Mondiale chiamato Identity for Development (ID4D) Initiative con lo scopo dichiarato di portare “l’approccio Aadhaar ad altri Paesi”.
Finora, la Banca Mondiale ha investito 1,2 miliardi di dollari nell’iniziativa ID4D , con l’obiettivo ufficiale di creare “sistemi di identificazione che utilizzino soluzioni del 21° secolo”.
Tra i quattro partner finanziari che stabilirono l’iniziativa c’erano due familiari organizzazioni finanziate da Big Tech: The Gates Foundation e The Omidyar Network, assieme all’Australian Aid e UK Aid. Secondo la Banca Mondiale, in particolare, “i contributi che hanno funto da catalizzatore” della Fondazione Gates trasformarono il progetto da un’idea a un’iniziativa funzionale della Banca Mondiale.
Nilekani di Aadhaar siede attualmente nel consiglio consultivo dell’Iniziativa ID4D.
Secondo la Banca Mondiale , ID4D “promuove l’uso di sistemi di identificazione digitale per la libera circolazione e la fornitura di servizi, creando collegamenti tra i sistemi che permettono agli utenti di autenticarsi per servizi chiave come la ricezione di pagamenti di trasferimento sociale, il completamento di transazioni finanziarie, e l’attraversamento di confini”.
I materiali promozionali inquadrano questa impresa come una causa umanitaria incentrata sull’aiuto alle donne povere e sull’inclusione nell’economia moderna delle persone senza un conto in banca come rifugiati e migranti.
Tuttavia, uno sguardo più attento ai sostenitori dell’iniziativa e alla loro agenda rivela un obiettivo di lunga data dei capitani del capitalismo globale: creare un sistema di identità digitalmente caratterizzato che consenta a potenti istituzioni pubbliche e private di monitorare più attività umane che mai.
“L’ID digitale … può essere usato abilmente da piattaforme governative e commerciali per facilitare una varietà di transazioni digitali, inclusi i pagamenti digitali”, spiega la Banca Mondiale.
In un white paper dell’agosto 2021, la Banca Mondiale chiedeva alle nazioni africane di realizzare un “mercato digitale unico” e di allentare le normative sull’infrastruttura digitale per ridurre il rischio per gli investitori. Il documento rivelò le reali intenzioni dietro la spinta della Banca Mondiale per la chiusura del divario digitale: aprire il continente agli investimenti esteri. “La regolamentazione del governo”, dichiarava il documento, “ha bisogno di rendere scorrevole il percorso verso la trasformazione digitale nella regione”.
“Accelerando la trasformazione digitale dell’Africa, le aziende possono raccoglierne i benefici”, proclamava il World Economic Forum (WEF) in un articolo del 2020 intitolato “L’Africa ha il potenziale per rilanciare la crescita globale”.
“Ci saranno […] opportunità lucrative in Algeria, Angola, Etiopia, Ghana, Kenya, Marocco, Sudan e Tunisia … una buona scommessa per le aziende che cercano di entrare in nuovi mercati”, consigliava il WEF.
Come ha scritto di recente il World Economic Forum, ” Il COVID-19 ha evidenziato i vantaggi della creazione di un’economia digitale”. Tuttavia, i vantaggi di cui parla il gruppo probabilmente ricadranno dalla parte dei suoi portatori di interessi (stakeholder).
I partner della “Piattaforma per una buona identità digitale” del World Economic Forum includono l’azienda di identificazione biometrica Accenture, Amazon, Barclays Bank, Deutsche Bank, HSBC Bank, Mastercard, l’azienda di tecnologia biometrica Simprints e il gigante del credito Visa.
Gli stakeholder dell’iniziativa rappresentano i principali beneficiari di un sistema di identificazione biometrica imposto al Sud del mondo, con le multinazionali finanziarie occidentali svolgenti la funzione di porta d’accesso per i suoi abitanti per partecipare all’economia globale.
Il WEF ha anche reso chiaro che l'”obiettivo finale” della sua agenda è espandere il modello stabilito in India fino a quando ogni persona nel mondo possiede un ID digitale unico.
In un articolo intitolato “L’ID digitale è il catalizzatore del nostro futuro digitale”, Mohit Joshi , un “giovane leader” del WEF, sosteneva che “i governi dovrebbero utilizzare [Aadhaar] per ottimizzare la fornitura di servizi e pagamenti e aumentare in modo massiccio l’inclusione finanziaria.”
In un documento separato, comunque, il WEF ammise che il nuovo sistema digitale non fornirà necessariamente agli utenti la liberazione che è stata loro promessa: “L’identità digitale della quarta rivoluzione industriale determinerà a quali prodotti, servizi e informazioni possiamo accedere – o, al contrario, ciò che ci è precluso”, ha affermato il WEF.
ID2020 usa a proprio vantaggio le vaccinazioni per spingere “oltre un livello distopico” i sistemi di identificazione e i pagamenti digitali
Nel 2016, la Global Alliance for Vaccines and Immunization (GAVI) di Bill Gates, Microsoft, Accenture e la Rockefeller Foundation hanno costituito un nuovo consorzio per fornire certificati di identificazione digitale ai bambini in età infantile quando riceveranno le vaccinazioni di routine. Lo chiamarono ID2020, indicandolo incidentalmente per l’anno in cui una pandemia globale sarebbe stata dichiarata.
ID2020 dice che è “concentrato a essere a capo dello standard di identità biometrica digitale a livello globale” e sostiene che gli ID digitali condurranno all'”indipendenza finanziaria”.
I partner dell’iniziativa ID2020 includono il gigante delle carte di credito MasterCard e Simprints, un’azienda di tecnologia biometrica supportata dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID, una tradizionale organizzazione di copertura per l’intelligence statunitense.
Il progetto “community pass” di MasterCard mira a catturare i dati biometrici di 30 milioni di individui in zone remote dell’Africa nei prossimi tre anni e a dargli una smart card biometrica, la MasterCard Community Pass, che a sua volta fornirà gli Africani di un’identità biometrica digitale e di un conto bancario digitale.
ID2020 è attualmente in funzione in Bangladesh , dove amministra la registrazione biometrica e il sistema di identificazione digitale per i bambini in età infantile quando ricevono le vaccinazioni di routine. L’amministratore delegato di GAVI, Seth Berkely, ha detto che pianifica di espandere il programma in tutto il mondo sottosviluppato, lavorando con multinazionali come Facebook e MasterCard per vincolare lo stato di vaccinazione a un sistema di identificazione biometrica.
“L’89 per cento dei bambini e degli adolescenti senza identificazione vive in paesi supportati da GAVI”, affermava Berkley . “Siamo entusiasti del potenziale impatto di questo programma non solo in Bangladesh, ma come qualcosa che possiamo replicare in tutti i Paesi con requisiti idonei a far parte di GAVI”.
Con la dichiarazione dell’OMS di una pandemia globale nel marzo 2020, è arrivata un’opportunità senza precedenti per le forze che fanno avanzare gli ID digitali. Come Andrew Bud, amministratore delegato della società di tecnologia biometrica e appaltatore del Dipartimento della Sicurezza Interna iProov, che così si entusiasmava, “L’evoluzione dei certificati vaccinali guiderà effettivamente l’intero campo dell’identità digitale in futuro. Quindi, di conseguenza, non si tratta solo di Covid, si tratta di qualcosa di persino più grande”.
Entro l’anno successivo, ID2020 e l’azienda di identificazione biometrica partner di USAID, Simprints, avevano usato a proprio vantaggio i fondi della Gates Foundation per pubblicare un articolo intitolato ” Consegna di vaccini COVID-19: un’opportunità per organizzare sistemi per il futuro “. Gli autori sostenevano che i vaccini COVID-19 nel Sud del mondo avrebbero potuto essere utilizzati come “potenziale leva” per fornire sistemi di identificazione biometrici digitali.
Hanno continuato ammettendo che tali sistemi biometrici digitali sarebbero rimasti in vigore molto tempo dopo la fine della pandemia di COVID-19 e sarebbero stati sfruttati per una serie di scopi dopo il lancio: “La biometrica ha il vantaggio di essere agnostica rispetto al caso d’uso”, i co-autori scrivevano, “nel senso che può connettere diversi sistemi durante o anche dopo il lancio”.
Elizabeth Renieris del Notre Dame-IBM Tech Ethics Lab rassegnò le dimissioni dal ruolo di consulenza tecnica per ID2020, citando “i rischi per le libertà civili” dopo che l’iniziativa si mise in alleanza con i giganti della tecnologia per progettare passaporti di immunità COVID supportati dalla tecnologia blockchain ancora in fase sperimentale.
Renieris proseguì nel denunciare il promettente sistema di identificazione digitale come un incubo per le libertà civili: “La prospettiva di limitare severamente i diritti e le libertà fondamentali degli individui attraverso piani insensati di ‘passaporti di immunità’ o certificati simili, in particolare quelli che farebbero leva su prematuri standard e su una tecnologia altamente sperimentale e potenzialmente lesiva dei diritti come la blockchain, va oltre la distopia”.
Gli esperti di ID digitali prendono di mira i poveri del mondo
Mentre collegare un’identità biometrica digitale alle finanze degli individui è quasi certo che escluda un sacco di gente, e ne ha persino ucciso alcuni tagliando fuori dai servizi governativi i cittadini in stato di povertà, gli istituti finanziari e creditizi predatori vedono la tecnologia come il mezzo perfetto per capitalizzare su mercati non sfruttati e in via di sviluppo.
Un rapporto del settembre 2021 di BankServAfrica, la più grande stanza di compensazione automatizzata di pagamenti digitali in Africa, che è diretta da ex manager di MasterCard, VISA e IBM, sollecitava il Sudafrica ad adottare un sistema di identificazione digitale biometrico.
Il rapporto proclamava: “È arrivato il momento per i consumatori, gli investitori e i settori pubblico e privato di lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo comune di attivare un’identità digitale solida, sicura e fidata per il Sudafrica”.
La piattaforma di pagamento digitale di BankServAfrica è attualmente testata in Namibia, Zimbabwe e Tanzania con il supporto finanziario della Banca mondiale, dell’USAID e della Bill & Melinda Gates Foundation.
“La pandemia di COVID-19 ha dimostrato quanto sia critico un sistema di identificazione digitale”, insisteva a dire il Direttore Commerciale di BankServAfrica.
Il rapporto di BankServAfrica sosteneva che un solido sistema di identificazione digitale biometrica aiuterà il Sudafrica a realizzare “processi FICA [sistema di punteggio per il credito] più semplici” e “un mercato del credito al consumo equo, trasparente, competitivo, sostenibile, responsabile, efficiente ed efficace”.
Ma dietro la nobile retorica neoliberista schierata dall’industria finanziaria si trova un indecente storia di affarismo e invasione della privacy su vasta scala.
Nel 2007, Vodafone e Safaricom lanciarono mPesa, un sistema che consente digitalmente agli utenti di depositare, prelevare, trasferire e pagare. Il progetto fu “in grado di rendere disponibile credito e capitale per la crescita a milioni di persone che non hanno mai avuto accesso al credito prima”, secondo Areiel Wolanow , che guidava il team che progettò e costruì il motore di valutazione del credito per mPesa in Kenya.
Ma uno studio dell’economista Alan Gibson rivelò che fu il settore finanziario, non la popolazione rurale del Sud del mondo, a beneficiare veramente di mPesa. Nel frattempo, le condizioni di vita dei più poveri partecipanti al sistema non sono migliorate affatto: “Quello che è indiscutibile è che il lato dell’offerta del mercato finanziario ha beneficiato molto dagli ultimi dieci anni. Le vendite delle banche sono aumentate di 2,5 volte e gli utili di 3,5 volte, con aumento anche dei margini di profitto; gli anni dell’inclusione sono stati senza dubbio anni buoni per le banche. Questo apparente contrasto tra un cospicuo successo dal lato dell’offerta e un’economia ancora povera … solleva interrogativi sul ruolo del settore finanziario. In particolare, ci porta alle domande su chi/cosa è lì per servire e sugli incentivi che determinano il comportamento”.
In un’ulteriore accusa riguardante gli schemi di pagamento digitali apparentemente “inclusivi”, la Rivista di Economia Politica Africana scoprì che “la maggior parte di questo valore [mPesa] non va ai poveri. Piuttosto, tale tecnologia finanziaria è chiaramente progettata per risucchiare valore e depositarlo nelle mani di una ristretta élite finanziaria digitale globale che sono le forze principali dietro la rivoluzione di questa tecnologia finanziaria.
Nonostante l’evidenza di una crescente disuguaglianza, Bill Gates – la cui fondazione spende centinaia di miliardi di dollari per promuovere servizi finanziari digitali per i poveri – si profuse in salamelecchi per mPesa.
“M-Pesa è un eccellente programma”, così su Twitter Bill Gates ne parlava calorosamente in uno dei suoi parecchi tweet a favore del sistema di pagamenti digitale.
Gates si agganciava a un articolo che promuove il programma della National Public Radio, l’emittente pubblica statunitense che ha ricevuto oltre 17,5 milioni di dollari da Gates mentre pubblicava centinaia di articoli di elogio a favore del miliardario della tecnologia e delle sue iniziative in tutto il mondo.
Negli Stati Uniti, nel frattempo, la campagna ID2020 di Gates ha collaborato con le forze che mandano avanti un sistema che registra lo stato vaccinale degli Americani con la stessa società che calcola il loro punteggio di credito finanziario.
L’industria del credito statunitense e le organizzazioni di identificazione dell’immunità digitale collaborano sulle “enormi opportunità per il settore commerciale”
In Illinois, ai residenti è attualmente richiesto di verificare di aver ricevuto il vaccino COVID-19 attraverso un portale online chiamato Vax Verify che funzionerà insieme al passaporto vaccinale di imminente attuazione a Chicago.
Per registrare l’avvenuta vaccinazione, i residenti dell’Illinois si devono rivolgere a Experian, il leader mondiale per il servizio di punteggio sul credito.
Il portale Vax Verify sta già incontrando resistenze per aver fornito informazioni imprecise sullo stato vaccinale. È anche argomento di serie preoccupazioni sulla sicurezza, dato il primato di infrazioni di Experian che fece trapelare i dati personali di milioni di cittadini dal Brasile al Sud Africa.
Inoltre, il portale online richiede che qualsiasi residente con un blocco del credito debba sbloccarlo con Experian prima di registrare l’avvenuta vaccinazione.
“L’uso di Experian è certamente uno dei peggiori [passaporti vaccinali] che abbia visto fino ad ora”, commentò a Yahoo News il direttore tecnico della Electronic Frontier Foundation, Alexis Hancock.
Dopo che l’Illinois è diventato il primo Stato degli USA a forgiare una relazione formale tra le certificazioni vaccinali e Experian, Bill Foster, membro del Congresso dell’Illinois e il prediletto dell’industria finanziaria, ha proposto una legislazione che vorrebbe imporre un sistema di identificazione biometrico digitale all’intera popolazione americana.
L’Improving Digital Identity Act del 2021, proposto da Foster a luglio, richiede al settore pubblico, e in particolare al Dipartimento della Difesa Nazionale, di collaborare con il settore privato per sviluppare una nuova infrastruttura di identificazione digitale biometrica per gli Stati Uniti.
Nel novembre 2020, l’ID2020 sponsorizzato da Gates fornì a Foster un forum online per promuovere il suo disegno di legge. Durante l’evento, il membro del Congresso esortò per un “fidato sistema di certificati di immunità digitale biometrico” spiegando nel mentre che il suo disegno di legge otterrebbe i dati biometrici da ogni cittadino in modo che le società private possano “usarlo a proprio vantaggio” per generare enormi profitti.
“Una volta che il governo avrà [preso] da te quei dati biometrici piuttosto seri, ci saranno enormi opportunità per il settore commerciale per usarli a proprio vantaggio”, diceva. “E per cercare di dare il via a tutto questo, ho introdotto l'”Improving Digital ID Act'”.
Le società bancarie e di carte di credito sono fra i tanti “settori commerciali” che il progetto di legge Foster beneficerà attraverso i sistemi di identificazione biometrici digitali. Il disegno di legge afferma chiaramente che il sistema di identificazione aziendale darà a “persone che usano a malapena i servizi bancari e a quelle del tutto sprovviste di servizi bancari un migliore accesso ai servizi finanziari digitali”, mimetizzando l’apertura dei mercati per i giganti della finanza nello stesso linguaggio vigile riguardo alle ingiustizie sociali che viene usato da ID4D e ID2020.
Ma mentre gli oligarchi dell’alta tecnologia e i loro partner nei settori finanziario e della sicurezza nazionale usano a proprio vantaggio l’epidemia da coronavirus per istituire un redditizio apparato di monitoraggio digitale, il dissenso sta esplodendo nei Paesi in cui i passaporti vaccinali hanno iniziato a escludere milioni di persone.
Scoppiano proteste contro i passaporti vaccinali e contro “persone che hanno ben poco a che fare con il Parlamento”
A New York City, l’epicentro del lancio del passaporto vaccinale negli Stati Uniti, dove nel 2020 più dell’80% di tutti gli arresti per distanziamento sociale a causa del Covid sono stati eseguiti contro residenti neri, le tensioni latenti degenerarono quando tre clienti neri iniziarono una zuffa con il personale di Carmine’s, un ristorante dell’Upper West Side che gli impedì di cenare essendo sprovvisti di certificato vaccinale.
L’incidente incitò la condanna di una succursale locale del movimento Black Lives Matter, che accusò le autorità cittadine di sfruttare l’obbligo di indossare le mascherine e di esibire i passaporti vaccinali per escludere e incarcerare i residenti neri. “Quello che qui stiamo vedendo è che la polizia del dipartimento di New York e i ristoranti stanno usando il certificato vaccinale come un motivo per discriminare i neri”, ha dichiarato l’attivista BLM Kimberly Bernard.
La Francia è stata il luogo di alcune delle più grandi proteste al mondo contro il sistema di passaporti vaccinali imposto sotto la sorveglianza dell’ex banchiere e presidente Emanuel Macron. Il 14 agosto, oltre 210.000 persone invasero le strade in più di 200 proteste in tutta la Francia contro il nascente regime di sicurezza biomedica.
Al di là dell’etichettatura dei manifestanti da parte dei media di regime come truppe d’assalto di estrema destra, il francese Le Monde li descriveva come “soli, accoppiati, con la loro famiglia o i loro amici, di tutte le età, bianchi, neri, impiegati, pensionati, alcuni vaccinati, altri che si rifiutano di vaccinarsi”.
La giornalista francese Pauline Bock faceva notare che nel suo Paese “l’unica categoria lavorativa esente dalla vaccinazione obbligatoria – la polizia – sarà quella che si assicurerà che tutti quanti gli altri obbediscano. La politica è matura per un cattivo uso autoritario”.
In Italia, nel frattempo, il presidente del Consiglio italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha ordinato a tutti i dipendenti di aziende pubbliche e private di esibire un Green Pass attestante la vaccinazione per entrare nel loro posto di lavoro.
Il sistema di passaporti vaccinali Green Pass ha già escluso le persone non vaccinate da ristoranti e palestre, come pure da treni, autobus e voli nazionali in tutto il Paese. I numeri ufficiali del governo mostrano che il pass non è riuscito ad aumentare la diffusione del vaccino.
Con l’estensione del Green Pass ai luoghi di lavoro, gli Italiani sono insorti in alcune delle più grandi proteste che il mondo abbia visto contro il nascente regime di biosicurezza.
Il 9 ottobre, centinaia di migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade italiane da Roma a Trento per esprimere il loro rifiuto della politica di Draghi. A Roma, dove la polizia ha represso manifestanti pacifici con manganelli e scudi antisommossa, un gruppo di circa 20 teppisti di estrema destra attaccò un ufficio sindacale locale mentre la polizia stava ferma. Il ministro dell’Interno [sic] Carlo Sibilia sfruttò l’incidente per sostenere che “i gruppi neofascisti si nascondono dietro i cosiddetti No Vax”.
Il segretario di una fazione del Partito Comunista Italiano, Marco Rizzo, che ha condannato il sistema dei passaporti vaccinali come “uno strumento discriminatorio e divisivo che oppone l’uno all’altro”, gettava sospetti sull’accaduto.
In una dichiarazione del 10 ottobre, Rizzo avvertiva che l’incidente della “violenza fascista” avvenuto il giorno prima faceva direttamente il gioco del governo neoliberista e si interrogava se fosse in ballo una nuova “strategia della tensione”. Il leader comunista si stava riferendo alla strumentalizzazione sotto copertura dello Stato italiano dei militanti di estrema destra durante gli “anni di piombo” per fomentare la violenza e neutralizzare le organizzazioni marxiste.
Le manifestazioni si sono ora estese alla città portuale di Trieste, dove i lavoratori portuali hanno rifiutato di scaricare le merci fino a che il Green Pass venga revocato. Il 18 ottobre, la polizia italiana provò a interrompere lo sciopero dei lavoratori con idranti, gas lacrimogeni e una pesante repressione.
Due giorni prima che esplodessero in tutta Italia le proteste contro il Green Pass, il rinomato filosofo Giorgio Agamben comparve davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Senato italiano per rilasciare una drammatica dichiarazione di opposizione al Green Pass.
Agamben è famoso soprattutto per il suo concetto di Homo Sacer, o nuda vita, in cui un individuo viene spogliato dei diritti e ridotto alla sua essenza biologica in un regime extra-legale giustificato dalla guerra o da altre emergenze. Quando le autorità italiane dichiararono il primo lockdown nel marzo 2020, il filosofo applicò questa teoria alle pesanti restrizioni del suo Paese.
“La caratteristica distintiva… di questa grande trasformazione che stanno tentando di imporre è che il meccanismo che lo rende formalmente possibile non è un nuovo corpus legislativo di leggi, ma uno stato di eccezione – in altre parole, non è un’affermazione di qualcosa, ma la sospensione delle garanzie costituzionali”, spiegava il filosofo nella prefazione alla sua raccolta di scritti del 2020 sul Covid-19, Dove siamo ora: l’epidemia come politica.
Nelle sue osservazioni davanti al Senato italiano, Agamben indicò un’agenda inquietante dietro la motivazione ufficiale per i passaporti vaccinali: “È stato detto da scienziati e medici che il Green Pass non ha nessun significato medico ma serve a costringere la gente a vaccinarsi. Penso invece che dobbiamo dire il contrario: che il vaccino è un mezzo per costringere la gente ad avere il Green Pass. Questo è, un espediente che permette di monitorare e tracciare gli individui, una misura senza precedenti».
Il filosofo concluse il suo discorso prendendo di mira le forze sovranazionali – Bill Gates, il World Economic Forum e la Rockefeller Foundation, fra gli altri – determinate a imporre un sistema di identificazione digitale e di credito sociale basato su alta tecnologia a quanta più popolazione umana possibile.
“Credo che in questa prospettiva – ha avvertito Agamben – sia più che mai urgente per i parlamentari considerare la trasformazione politica in corso, che a lungo andare è destinata a svuotare il Parlamento dei suoi poteri, riducendolo alla semplice approvazione – nel nome della biosicurezza – di decreti emanati da organizzazioni e persone che hanno ben poco a che fare con il Parlamento”.
Traduzione a cura della redazione
Gli autori:
Jeremy Loffredo è un giornalista di base a Washington, DC. Ha lavorato su vari documentari indipendenti a New York e già aveva prodotto notiziari presso RT America. Adesso sta producendo un documentario indipendente sul Green New Deal.
Max Blumenthal è direttore di The Grayzone, è un giornalista vincitore di premi giornalistici e autore di diversi libri, inclusi i più venduti “Republican Gomorrah”, “Goliath”, “The Fifty One Day War”, e “The Management of Savagery”. Ha prodotto ricerche per varie pubblicazioni, molti video reportage, e parecchi documentari, compreso “Killing Gaza”. Blumenthal ha fondato The Grayzone nel 2015 per far luce sul perpetuo stato di guerra degli USA e sulle sue pericolose ripercussioni interne.
“Il Green Pass si basa su una tecnologia blockchain a crittografia asimmetrica, ossia a doppia chiave, pubblica e privata. Senza entrare in eccessivi tecnicismi, permette di collegare determinate ‘condizioni’ a un individuo, il quale, scaricando il Pass, apre la propria identità digitale sulla relativa piattaforma di rete europea (la DGCG, Digital Green Certificate Gateway, anche detta Gateway, gestita direttamente dalla Commissione Ue: permette l’interoperabilità delle reti nazionali Digital Green Certificate-DGC). Oggi la ‘condizione’ implementata è sanitaria: la vaccinazione o il tampone negativo o la guarigione dal Covid-19 abilitano il soggetto a entrare in determinati luoghi, ottenendo il via libera all’accesso dal software VerificaC19 che controlla il QR code del Pass. Le ‘condizioni’, lo abbiamo visto, sono state decise da governo e Parlamento italiani per via legislativa, e allo stesso modo possono mutare. L’eccezionalità del Green Pass è infatti la sua caratteristica tecnica che lo rende uno strumento dinamico, il cui utilizzo potrà estendersi e arricchirsi nelle forme più diverse: potrà abilitare il soggetto in base a condotte di comportamento (oggi la vaccinazione, domani pagamenti…) o a status (residenza, occupazione, dichiarazione dei redditi, fedina penale… qualsiasi cosa).
Non solo. La struttura a blockchain permette una raccolta dei dati (potenzialmente infinita) che non è aggregata: la blockchain individualizza i dati, legandoli all’identità digitale creata, e come tali li conserva. Il Green Pass quindi sta attuando una schedatura di massa. Nella migliore delle ipotesi sta testando la funzionalità dell’infrastruttura – che potrebbe essere la base del futuro euro digitale – nella peggiore sta già creando le identità digitali dei cittadini e implementando il database di una piattaforma che potrà essere utilizzata per gli usi più diversi. Al Green Pass si affianca infatti un cambiamento legislativo sull’utilizzo dei dati.
Con il decreto legge n. 139 dell’8 ottobre, il governo ha messo mano alla legge 196/2003 sulla privacy: con l’articolo 9, il nuovo decreto stabilisce che “il trattamento dei dati personali da parte di un’amministrazione pubblica […] nonché da parte di una società a controllo pubblico statale […] è sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti. La finalità del trattamento, se non espressamente prevista da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, è indicata dall’amministrazione, dalla società a controllo pubblico in coerenza al compito svolto o al potere esercitato”. Viene inoltre abrogato l’articolo 2 quinquesdecies del codice della Privacy, che consentiva al Garante di intervenire preventivamente sull’attività della pubblica amministrazione imponendo “misure e accorgimenti a garanzia” dei dati dell’interessato se il trattamento dei dati presentava “rischi elevati”, anche se svolto “per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico”. In altre parole, ora qualsiasi ente pubblico o società a controllo statale potrà decidere autonomamente (“la finalità del trattamento è indicata dall’amministrazione stessa”) di utilizzare tutti i dati personali del cittadino per qualsiasi obiettivo (la vaghezza della dicitura “pubblico interesse”); per di più eludendo il controllo preventivo del Garante della Privacy.
L’accoppiata Gateway/modifica legislativa mette le basi per una nuova realtà. L’incrocio dei dati è infatti sempre stato il principale problema dell’amministrazione pubblica: lo Stato già detiene molte informazioni personali del cittadino, ma su database separati. Il Digital Green Certificate nazionale è la piattaforma nella quale poter trasferire, e poi via via aggiornare, tutti i dati dei cittadini (catasto, motorizzazione, Agenzia Entrate, fascicolo sanitario, dati giudiziari… per non parlare delle informazioni in mano alle diverse società partecipate dallo Stato), collegandoli alle loro identità digitali; il Gateway europeo permetterà l’interoperabilità tra le reti nazionali; la blockchain consentirà l’emissione di Pass ‘condizionati’.
Anche la conservazione dei dati diventa potenzialmente infinita. A oggi, il Green Pass e i dati di contatto forniti (telefono e/o email), così come le informazioni che hanno generato il Pass (vaccino, tampone o guarigione) sono conservate fino alla scadenza del Pass stesso, dopodiché “vengono cancellate”; queste ultime, tuttavia, possono essere conservate nel caso “siano utilizzate per altri trattamenti, disciplinati da apposite disposizioni normative, che prevedono un tempo di conservazione più ampio”.
Si aggiunge infine la questione del tracciamento. Oggi la app VerificaC19 lavora offline: la legge raccomanda di connettersi al Gateway almeno una volta nell’arco di 24 ore e aggiornare, in locale, i codici dei Green Pass esistenti. Non potrebbe fare diversamente, la rete non reggerebbe. Ma è facile ipotizzare che quando sarà attivo il 5G il tracciamento diventerà possibile, accanto alla creazione di nuovi Pass, nuove ‘condizionalità’ e nuove app di verifica che lavoreranno online.
Il costante controllo della nostra vita operato da Google, Facebook, Microsoft ecc. a fini economici è divenuto ‘usuale’ e difficilmente aggirabile; anche l’utilizzo dei dati raccolti da Big Tech per obiettivi politici è qualcosa con cui abbiamo già fatto i conti (vedi Cambridge Analytica); ma il controllo da parte dello Stato è un’altra cosa. Non si tratta di scomodare il Grande Fratello di Orwell – anche perché sarebbe piuttosto il “mondo nuovo” di Huxley, vista la remissività con cui il Green Pass è stato accettato dalla popolazione – ma di essere consapevoli che il campo di potere politico è sempre, in potenza, quello dominante: perché detiene il monopolio della violenza e perché emette le leggi, ossia stabilisce cosa è legale e cosa non lo è; a quale condotta corrisponde un reato e quindi una pena, detentiva o meno. Con Gateway, blockchain e Green Pass lo Stato potrà operare un controllo capillare e individualizzato su ogni cittadino, preventivo o a posteriori, e attuare discriminazioni (come già ha fatto). Senza nemmeno la necessità dello smartphone, perché il QR code può essere verificato anche su carta.
Risultava curioso, infatti, il nome scelto per il lasciapassare: Green Pass. Certo oggi tutto si inscrive nella narrazione green perché ciò che è green è cool, ma ora è evidente che non si tratta solo di marketing: il Pass è qui per restare. Il suo nome non poteva richiamare un evento specifico, per di più drammatico, come una pandemia.
(…) Tirando le somme, il Green Pass ha corretto, normalizzato, diviso, sorvegliato e utilizzato i cittadini, disciplinandoli. È, a oggi, l’ultimo atto di una serie di pratiche politiche che hanno creato una popolazione docile perché impaurita, prima shockata e poi normalizzata in una nuova abitudine, che si affida al ‘sovrano’ per la sua salvezza, convinta che la propria vita dipenda da un trattamento sanitario a cui è disposta a sottoporsi annualmente, e da un lasciapassare politico che lo attesti e che le garantisca l’accesso a luoghi nei quali possa interagire solo con persone altrettanto verificate e controllate. Una popolazione che ora si sente corroborata dal calo del numero dei contagi e delle ospedalizzazioni (ma attendiamo la stagione fredda per vedere quel che accade, viste le caratteristiche degli attuali vaccini), e non si domanda se la stessa situazione sarebbe stata raggiunta anche vaccinando solo le categorie a rischio e lasciando la libera scelta: perché eliminando la malattia grave tra anziani e ‘fragili’ gli ospedali sarebbero comunque stati vuoti; perché dopo 19 mesi di pandemia, l’immunità naturale dei milioni di asintomatici avrebbe comunque rallentato la circolazione del virus, garantendo anche la diffusione di una immunità di durata. Non si chiede, insomma, se senza il ricatto e la discriminazione del Green Pass non si troverebbe ora nella stessa situazione di salute pubblica, ma in una società molto diversa: dove le persone, e non lo Stato, possono ancora decidere del rapporto rischi/benefici di un trattamento sanitario sul proprio corpo.
Non ci sono risposte. Come sopra già evidenziato, la situazione è nebulosa e illogica. Ma ciò che lascia sconcertati è che non ci siano – e non ci siano state – domande.
(…) L’apertura di un conflitto sociale inizia sempre con una scelta individuale: scioperare, andare in piazza, rifiutarsi, sono innanzitutto scelte – e responsabilità – personali, che solo dopo si trasformano in collettive. Chi lotta sa che l’impotenza e la frustrazione sono sentimenti diffusi, perché nella complessità politica ed economica di oggi è difficile che l’apertura di un conflitto con il potere porti a un cambiamento sociale nel breve termine. Ma il Green Pass, come prima la app Immuni, offriva questa possibilità. Quella di dire NO, di rifiutarsi di avallare con il proprio comportamento – scaricare e utilizzare il Pass – una pratica discriminatoria. Era una scelta politica che, ricordiamo, aveva nulla a che fare con l’insindacabile decisione di vaccinarsi, e non richiedeva certo un gran sacrificio: non andare al ristorante, a teatro, al cinema…
Molti cittadini, in numero maggiore rispetto a quelli che stanno riempiendo le piazze contro il Pass, ora si dichiarano contrari alla sua applicazione al lavoro; eppure, in una incoerenza che sembra non riguardarli, continuano ad avallare la discriminazione utilizzando il lasciapassare per riempire locali serali e ristoranti; non hanno modificato la loro condotta dopo il 16 settembre, quando il governo ha esteso l’obbligo al lavoro a partire dal 15 ottobre e l’asticella della discriminazione si è alzata. Lasciare vuoti ristoranti, cinema, teatri ecc. può diventare un’arma economica di pressione sul potere politico, oltre a rappresentare un atto di protesta collettiva e di coerenza personale.
Non si può né sperare né attendere una chiamata strutturata e organizzata, da sinistra, per questo conflitto: salvo poche realtà o singoli individui, la sinistra movimentista che si riempie continuamente la bocca della parola ‘discriminazione’, dichiarando di volerla combattere, si è appiattita sulle posizioni governative spedendo il cervello in vacanza. Sta, dunque, a ciascuno di noi. Scegliere.”
“La crisi pandemica non ha fatto altro che estremizzare ulteriormente posizioni che rimangono sempre perfettamente inserite all’interno dello schema geopolitico atlantista (siano esse di carattere progressista o reazionario). Qui, non interessa stabilire l’origine del virus, argomento sul quale non si avrà mai una parola definitiva (sebbene chi scrive si sia fatto una propria idea sulla base della constatazione empirica che la ricerca costante di un nemico sia presupposto fondamentale per la continua riaffermazione dello schema egemonico nordamericano). Ciò che conta sono i suoi effetti.
Il primo e più evidente effetto della crisi pandemica è stata l’accelerazione di alcune tendenze e dinamiche in atto in “Occidente” già da alcuni decenni. L’evoluzione della società occidentale verso una forma di “capitalismo della sorveglianza” o di “totalitarismo liberale” è stata “fraintesa” dai teorici del “grande risveglio” come una forma di “cinesizzazione della società”. Ad onor del vero, il suo più immediato antecedente storico lo si può facilmente trovare nel Patriot Act dell’amministrazione Bush Jr., che diede campo libero all’NSA per spiare gli stessi cittadini statunitensi. Sistemi di controllo e di monitorizzazione della popolazione, inoltre, erano presenti ben prima della crisi pandemica attraverso le piattaforme sociali e di ricerca della rete.
Le stesse misure di contenimento dell’epidemia tra Cina ed “Occidente” sono state completamente differenti. Nel caso cinese si è optato per chiusure localizzate, tracciamento rapido e rafforzamento della sanità come strumento di sicurezza nazionale. Nel caso occidentale (salvo rari casi), anche a causa degli immani danni generati da decenni di neoliberismo esasperato, si è puntato su chiusure generalizzate e prolungate, tracciamento lento se non inesistente, colpevolizzazione della popolazione, terrorismo informatico. Inoltre, si è pensato al vaccino (naturalmente, solo quello prodotto dalle multinazionali occidentali del farmaco) come all’unico strumento per il superamento della crisi, fino ad arrivare al caso limite dell’Italia (vero e proprio laboratorio di esperimenti politici, dal governo giallo-verde a quello iperatlantista del “bankster” Mario Draghi), dove è stata imposta una sorta di obbligo vaccinale fittizio attraverso il cosiddetto “certificato verde”: uno strumento che discrimina apertamente non solo chi ha scelto di non vaccinarsi, ma anche chi lo ha fatto con vaccini non occidentali. Tale misura, è bene sottolinearlo, non esiste in Cina, dove si è tornati ad una condizione di seminormalità già nell’estate del 2020 senza alcun obbligo vaccinale, fittizio o meno. Dunque, si potrebbe parlare a maggior ragione di una ulteriore “israelizzazione della società”.
Non è diverso il discorso se per “cinesizzazione della società” si intende la progressiva riduzione dei diritti sul lavoro, visto che siamo di fronte a due forme completamente diverse di società. Nello specifico, è impossibile fare dei paragoni tra una forma di socialismo nazionale capace di sollevare da una condizione di povertà oltre 700 milioni di persone ed incentrato sull’idea di “prosperità comune” ed un modello neoliberista, la cui unica aspirazione è quella di sperimentare nuove tecniche di oppressione (senza dare nulla in cambio alla popolazione) per mantenere inalterato il proprio sistema di sfruttamento rispetto alle cicliche crisi strutturali dell’ipercapitalismo.
Una reale opposizione all’attuale evoluzione del sistema non può limitarsi al mero “no” al vaccino o al “certificato verde”. Sorvolando sul fatto che autodefinirsi come “risvegliati” per il semplice fatto di aver rifiutato un’iniezione farebbe ridere anche un principiante nell’ambito degli studi tradizionali, pensare di poter creare un’opposizione al sistema solo ed esclusivamente su queste basi, o aspirare ad un ritorno a quel passato che ha fatto da apripista alla situazione attuale, senza neanche scalfire di un millimetro i dogmi atlantisti, significa essere assolutamente consustanziali al sistema stesso.”
Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere (Mt 7,15-20).
“La vicenda del passaporto verde e del suo intento sotteso, di «accelerare le vaccinazioni e farne fare di più» (così Paolo Mieli, tra i tanti), si presta molto bene alla prova evangelica perché il suo beneficio si declina nel tempo futuro della promessa, appunto di una «profezia» non ancora realizzata ma i cui frutti pendono già maturi dal ramo. Da questi ultimi si deve oggi riconoscere l’albero, se è buono o se va «tagliato e gettato nel fuoco». Proviamo a esaminarlo qui, ramo per ramo.
Primo ramo: la tutela della salute. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia» (Costituzione dell’OMS, 1946). Una discriminazione volta a limitare il godimento di alcuni diritti costituzionalmente ordinati, o una campagna denigratoria di vasta eco dove chi esprime una certa scelta diventa pubblicamente un «sorcio», un «pazzo» o un «criminale» sono evidentemente lesive del «benessere sociale», e quindi della salute. L’angoscia di chi ha perso o perderà il lavoro, lo stigma, la vergogna, il risentimento, l’emarginazione, il conflitto sono evidentemente lesivi del «benessere mentale», e quindi della salute. La mancanza di reddito e la crisi di alcuni settori economici sono evidentemente lesivi del «benessere fisico» se non proprio della sussistenza, e quindi della salute. La sospensione di migliaia di medici e di altri operatori sanitari mina proprio l’«assenza di malattia», e quindi la salute anche nella sua accezione più elementare. Quindi no, anche escludendo i danni più controversi, eventuali e specifici dei trattamenti prescritti, ciò che nuoce già così gravemente alla salute non la può anche tutelare.
Secondo ramo: ne vale la pena. Nei bollettini epidemiologici italiani si legge che da quando le coperture vaccinali hanno superato soglie significative, i decessi attribuiti alla malattia non sono diminuiti ma anzi aumentati rispetto allo stesso periodo del precedente anno «pandemico», pur caratterizzato da meno restrizioni e dall’assenza di vaccinazioni. Lo stesso nesso è stato osservato nella conta dei contagi su scala globale (cfr. l’ultimo studio di Subramanian e Kuman, European Journal of Epidemiology). Senza trarre altre conclusioni, previsioni o interpretazioni, osserviamo galileianamente che la robustezza dei frutti promessi «nel mondo di carta» è assai lontana da quella dei frutti osservati nel «mondo sensibile».
Terzo ramo: la libertà. Che i provvedimenti in parola servano a ripristinare le libertà perdute negli ultimi mesi è fattualmente falso in senso assoluto, perché al contrario introducono limiti al godimento dei diritti sociali e civili. Ma lo è anche in senso relativo, perché i nuovi limiti non escludono né sostituiscono i precedenti. In questa torsione che tanto sembra parafrasare un celebre motto orwelliano, ricorre la solita fallacia discronica dell’albero della profezia (saremo più liberi) che produce frutti a sé opposti (siamo meno liberi).
Quarto ramo: un «atto d’amore». Così Papa Francesco ha definito la nuova vaccinazione, caricandola di un’aura anche spirituale. Il segretario generale della Fraternità San Pio X, roccaforte dell’ala tradizionalista cattolica, ha rilanciato l’idea in modo più contorto argomentando che sì, «le condizioni attuali possono essere considerate abusive, così come la pressione che viene esercitata per imporre la vaccinazione», ma proprio in virtù di queste condizioni «può accadere che l’obbligo di compiere un dovere di carità ci spinga ad accettare di essere vaccinati». È buffo osservare che tra i tanti frutti portati dall’albero di questi amorevoli precetti, i più evidenti siano invece proprio quelli dell’odio. Di un odio feroce come può esserlo quello che prepara le purghe e le guerre civili, che fa desiderare in pubblico l’annientamento dell’avversario.
(…) Non c’è nulla di irrazionale nel dubitare della bontà di una cosa che fa male a così tanti livelli. Nulla di illogico nelle parole della consigliera veneta che valutava di vaccinarsi «ma l’aggressività e la coercizione che adottate sono così abnormi che ho deciso che non mi vaccinerò per nulla al mondo». O dell’insegnante altoatesino che rispondeva ai microfoni della televisione: «se mi costringono e dicono ah, io ti procuro la morte economica se non ti fai vaccinare, allora è un indizio che è sbagliata la tesi». Nulla di irragionevole nel diffidare di un’offerta che non si può rifiutare: è solo l’applicazione di un criterio naturale e anche divino. Assurda è piuttosto l’idea contraria, che sia scaltro respingere sempre e comunque le apparenze e che l’immaginazione conti più dell’esperienza, col risultato di rendere indifferentemente plausibile ogni cosa, anche che l’uva cresca dalle spine e i fichi sui rovi.
Triste è il destino di una civiltà che non crede più ai suoi occhi e alle sue orecchie, «ingiunzione essenziale e definitiva» del governo distopico e violento immaginato da George Orwell. Che baratta la propria autonomia cognitiva con la promessa pelosa di elevare i semplici sui semplici stipando loro la bocca di verità controintuitive, strategie di lungo termine, arcani retroscena, latinorum scientifici, false correlazioni, garbugli logici e ideologici. Un’equazione irrisolvibile ammette tutte le soluzioni e per un popolo che crede a tutto, tutto è lecito. Eccoci al punto di questo e di qualunque altro copione. Mettere insieme i frutti con l’albero pareva dunque ovvio, pareva non dovesse scomodarsi Nostro Signore per dircelo. Invece è l’unica rivoluzione utile, urgente, possibile.”
“Alle porte del fatidico 15 ottobre politicanti e tecnocrati di regime, come pugili suonati, scoprono che ben tre milioni e mezzo di lavoratori, in barba alla più invasiva campagna di propaganda, nonostante il ricatto «se non ti vaccini non lavori!», hanno detto signor No! Si tratta di un clamoroso atto politico di disobbedienza civile, simboleggiato dalla vera e propria ribellione dei portuali di Trieste. Un vento di rivolta che va alimentato affinché diventi contagioso. Per questo si deve sostenere lo sciopero generale ad oltranza proclamato dal FISI con inizio venerdì 15 ottobre.
La “concessione” fatta dal governo ai portuali di Trieste dimostra che solo con la lotta si possono ottenere risultati. I portuali hanno risposto giustamente picche: non gli interessa il tampone gratuito, il 15 entreranno in sciopero ad oltranza affinché sia ritirato il decreto legge che istituisce il green pass obbligatorio. Per l’intanto si sono aperte crepe nel fronte nemico, il governo Draghi è per la prima volta in seria difficoltà, anche perché la sua “concessione” sta facendo arrabbiare milionate di lavoratori e potrebbe rivelarsi un boomerang.
Il fronte che si va mobilitando per far fallire questo sciopero politico è comunque potente, guai a sottovalutarlo. Comprende il governo, la Confindustria, i partiti e i sindacati di regime. Ahinoi comprende anche i cosiddetti “sindacati di base” che accampano le più risibili ragioni per giustificare la loro ignavia.
Draghi e il suo governo tremano anche perché lo stesso fronte degli industriali si va mettendo di traverso. Interi reparti e settori dell’economia rischiano la paralisi, le linee produttive potrebbero incepparsi a causa dell’applicazione del “green pass”, chiedono proroghe e deroghe.
Troppo tardi per metterci un pezza. Oramai i giochi sono fatti. Il governo è in un vicolo cieco, non vuole e non può tornare sui suoi passi. Se lo facesse, non solo perderebbe la faccia, contribuirebbe ad alimentare il vento della rivolta. A maggior ragione occorre colpirlo adesso, senza esitazioni.
Sia chiaro che il 15/10 non è il Giorno del Giudizio. Lo sciopero non paralizzerà il Paese, né farà cadere il governo. Molta è la strada da percorrere per ottenere la vittoria. Il 15/10 è un altro passo verso la giusta direzione. E sarà giusta, la direzione.”
Ormai l’hanno capito tutti: nella narrazione sul Covid, così come nell’adozione delle misure che ne sono derivate, l’Italia è un Paese speciale. La vicenda della moderna Tessera del Fascio, denominata Green Pass, è lì a dimostrarlo.
La tabella qui sotto è inequivocabile. Pur essendo uno dei paesi con il più alto tasso di vaccinazione, l’Italia è nettamente prima nella speciale classifica delle leggi liberticide messe in campo. Segue, ma a grande distanza, la Francia macroniana. Gli altri sono tutti staccatissimi.
Tra le altre cose brilla la sequela di NO della Danimarca, laddove troviamo invece l’infinita serie di SI’ ad ogni obbligo possibile e immaginabile del nostro Paese. Se, shakespearianamente, un tempo il marcio risiedeva in Danimarca, oggi sembra essersi spostato a Roma, laboratorio prescelto di un imbroglio e di un esperimento sociale planetario a danno dei popoli.
Perché l’Italia ha assunto questo ruolo? Ecco un punto che bisogna cercare di comprendere bene. A mio avviso le ragioni sono tre, ovviamente collegate tra loro.
Se, come pensiamo, il progetto globale è quello della transizione ad un mondo ademocratico, popolato da regimi autoritari basati sul potere di una tecnocrazia ormai liberatasi dalle stesse regole della democrazia liberale, l’Italia è il Paese perfetto per fare da apripista a questo disegno. E lo è tanto più dopo che il simbolo vivente di questa tecnocrazia globalista e ferocemente antipopolare, Mario Draghi, ha preso le redini del comando.
Se l’ex presidente della BCE è la prima e decisiva ragione della disgrazia che è toccata al nostro Paese, ciò è dovuto però ad altri due motivi: la straordinaria crisi della politica e delle istituzioni che si trascina oramai da un trentennio; la condizione di Paese eternamente ricattato via debito dentro i micidiali meccanismi della gabbia dell’euro.
Senza una politica ridotta al lumicino, e senza il perenne ricatto del debito, alimentato dalla cupola oligarchica che governa un’Unione Europea che è parte decisiva del progetto del Grande Reset, la tecnocrazia non avrebbe potuto imporsi. Di sicuro non in questa misura.
Queste semplici considerazioni ci portano a due conclusioni.
La prima è che la lotta che conduciamo in Italia ha una straordinaria importanza. Se il nostro Paese è il laboratorio avanzato delle mostruosità non solo antipopolari, ma financo anti-umane messe in campo dal blocco dominante, il suo esito avrà conseguenze che andranno ben oltre i confini nazionali.
La seconda è che dobbiamo sempre nominare il nemico. Il dissenso deve dunque diventare opposizione. In primo luogo opposizione al nuovo regime ed al suo massimo rappresentante Mario Draghi.
L’attuale presidente del Consiglio non solo ricopre infatti una posizione centrale e difficilmente sostituibile, ma gode pure di un notevole consenso. Il consenso è però merce volatile assai, e potrebbe anche indebolirsi ben prima del previsto. Proprio per questo bisogna alzare sia il livello della mobilitazione che quello della consapevolezza politica.
La lotta sarà dura, ma non impossibile. L’autoritario “Laboratorio Italia” deve fallire. La libertà, il diritto al lavoro, la democrazia deve trionfare. E’ stato questo il senso della grande manifestazione del 25 settembre. Andiamo avanti!
Nessun grande giornale on line, nessun telegiornale, nessun talk show. Nessuno ai piani alti del giornalismo italico ha parlato della più vasta delle manifestazioni popolari contro il lasciapassare verde che si sono tenute oggi in tante città: quella di Roma, con una piazza San Giovanni piena come non la si vedeva da tanto tempo. Qui e lì, per la verità, sui giornaloni qualche vago sfottò lo si legge pure, unicamente per evocare una misteriosa presenza di qualche sparuta formazione neofascista diluita in dosi omeopatiche in una folla sterminata che invece cantava canzoni antifasciste all’ombra di una gigantografia di Sandro Pertini, che sparisce nel tragitto dalla piazza alle redazioni. Questa piazza è stata riempita per decenni dalle manifestazioni dei sindacati che vi convocavano lavoratori da ogni angolo del territorio della repubblica. Lo hanno fatto in varie fasi della vita nazionale per difendere o conquistare posizioni del mondo del lavoro. Stavolta invece – di fronte alla più massiccia manomissione mai vista dei diritti fondamentali dei lavoratori – niente piazza San Giovanni. Abbiamo sentito solo Landini pigolare nel cortile di Palazzo Chigi per supplicare tamponucci gratis. Il gran visir del Draghistan gli ha detto nisba, e Landini non ha nemmeno usato la parola sciopero, non sia mai, ritirandosi con la coda fra le gambe. Ma i vuoti si riempiono. Succede anche per le piazze. I lavoratori – che Cgil Cisl e Uil e altri sindacati avrebbero dovuto convocare – sono stati invece riuniti da altre sigle, molte delle quali nate di recente. Davanti alla basilica più antica dell’Occidente, oggi, si è ritrovata una grande piazza di lavoratori che non accetteranno più di essere lasciati soli dai sindacati mentre Draghi resetta il sistema (con il plauso di Confindustria, con l’inerzia incarognita, imbalsamata e repressiva della sinistra istituzionale italiana, dell’acquitrino pentastellato e della lega rimangiatutto). E che ci sia necessità di difendersi, organizzarsi, creare un’opposizione e un’alternativa vera, ce lo dice anche la drammatica ed efferata ammissione del ministro Renato Brunetta, che ha appena confessato di essere il volenteroso complice di un’estorsione, mentre descrive con un entusiasmo da torturatore guatemalteco la vera funzione del Racket Pass: usare il tampone non come strumento di controllo dei contagi, bensì di coercizione e castigo, di dolore corporeo da infliggere come costo psichico e fisico, “geniale” perché rende penosa la vita e comporta costi che a molti (cioè ai meno abbienti) risulteranno insostenibili, se non vorranno aggiungere altre dosi alla statistica siringosa del generale pennutissimo. Voi sapete che il principio numero uno che informa il lavoro del medico è «Primum non nŏcēre» ossia «per prima cosa, non nuocere». Per contro, il principio numero uno di Brunetta è «Primum nŏcēre», cioè «per prima cosa, nuocere». Voi capite che un siffatto ministro, in un qualsiasi Paese europeo democratico, sarebbe saltato come un tappo di champagne dopo un solo minuto. Da noi invece il ministro affila sadicamente i tamponi da infilare nelle narici dei sudditi del Draghistan, in mancanza di olio di ricino, coperto dall’imbarazzato silenzio della sua terrificante maggioranza di governo. Un governo che rompe in questo modo il patto sociale impone al popolo la necessità di doverne costruire uno nuovo e diverso. Intanto abbiamo dimostrato che l’opposizione potrà riempire le piazze e poi costruire l’alternativa.
L’ultima volta che mi sono interessato di politica è stato 5 anni fa (2016) durante il dibattito per la riforma della Costituzione, voluta fortemente da Matteo Renzi. Fu un’esperienza positiva e, per molti versi, entusiasmante. La nostra Costituzione era sotto attacco da parte delle élite economiche internazionali. In particolare J.P. Morgan aveva espresso il suo dissenso nei confronti delle Costituzioni del sud Europa, definendole socialiste e cioè non neutrali ma politicamente orientate. Il fronte del NO era compatto e attraversava i partiti favorevoli alla riforma da destra a sinistra. Gli Italiani si schierarono in maggioranza a difesa della Costituzione. Preso atto della irriformabilità della Costituzione, le élite sembrano aver trovato la soluzione nel metterla fuori gioco, nel bypassarla in nome dell’emergenza. Per superare questo ostacolo si è ricorsi, fin dall’inizio della pandemia Covid, a strumenti capaci di oltrepassare il problema: D.P.C.M. e Decreti legge. È vero che tali decreti per diventare definitivi dovrebbero essere tradotti in legge dal Parlamento, ma il trucco è stato presto aggirato: un D.P.C.M. o un Decreto legge non convertito decadono, ma basta sostituirli con un nuovo decreto e, alla scadenza un altro, sino a fare apparire questo sistema legittimo, sino a far penetrare il popolo in una nuova normalità . Quest’uso disinvolto è stato definito da giudici come Angelo Giorgianni uno “stupro della Costituzione”. Il movimento che si sta formando contro il Green Pass ha preso le mosse dai ricatti subiti dai cittadini sui luoghi di lavoro. Si tratta di violazioni gravissime dell’art. 3 della Costituzione che vieta ogni discriminazione. Perché di fronte a questo provvedimento non c’è la stessa reazione attiva che c’è stata contro la riforma della Costituzione? Ho tentato di darmi una risposta ed essendo attivo nell’ambito della comunicazione questa risposta mi è stata data dai media, ma è una risposta estrema. Come veterano della tv generalista non potevo non vedere come le reti RAI e commerciali ed i giornali fossero impegnati in un massiccio sforzo di propaganda. Si potrebbe rispondere che anche all’epoca di quel referendum la propaganda per il potere era preponderante, ma fu inutile. Qui però c’è qualcosa di diverso e questo qualcosa di diverso è la paura. Con la pandemia il dibattito si è spostato in campo sanitario. È bastato trasferire dalla politica alla sanità l’attenzione dell’elettorato, per ottenere quel consenso che sul piano politico non era possibile conseguire. Per l’essere umano, nella sua fragilità, la morte viene prima della Costituzione che perde importanza di fronte alla malattia. Si è trattato di un esperimento di ingegneria sociale basato su un movente fortissimo: la paura della morte. Goebbels, teorico della propaganda nazista, interrogato sui metodi per conseguire il consenso popolare, è stato in merito chiarissimo: non si tratta di contenuti specifici, non si tratta di destra o di sinistra, in ogni caso il consenso si ottiene con la paura. Se un governo è in grado di promuovere la paura, il popolo obbedirà. Gli Italiani stanno obbedendo. Aderendo alle richieste del governo ci spogliamo volontariamente di qualsiasi difesa nei confronti di un potere sempre più pervasivo. In realtà le élite transnazionali stanno decidendo per noi e lo fanno ormai a carte scoperte, come se ritenessero già conseguita la vittoria. Sta a noi decidere se le loro scelte sono anche le nostre. I documenti sono visibili a tutti.
Quando chi comanda teme un crollo del sistema, se necessario, procede alla sua demolizione controllata per ricostruirlo su nuove fondamenta. Per giustificare tale operazione eversiva deve creare un enorme shock. Questa volta è accaduto che una ciclica pandemia è stata ingigantita fino a farne un mostro che avrebbe potuto decimare la popolazione mondiale. E’ accaduto così che misure che fino al giorno prima avrebbero suscitato scandalo sono diventate plausibili e ineluttabili. Ecco quindi lo Stato d’Emergenza, la soppressione di essenziali diritti di libertà e agibilità politica, confinamenti, coprifuoco, denunce penali a tappeto, criminalizzazione del dissenso, ed infine il ricatto sui posti di lavoro. La chiamano “nuova normalità”, un duraturo Stato d’eccezione alimentato da una campagna terroristica fondata su tamponi fasulli, manipolazione dei dati e terapie criminogene. A dimostrazione che l’élite non va a casaccio ma esegue un disegno è sopraggiunta la campagna per la vaccinazione di massa. Raggirati con pomposi discorsi sulla natura salvifica della scienza di regime, gli umani vengono usati come cavie per testare farmaci sperimentali di cui nessuno conosce gli effetti a lunga distanza. Malgrado tutti i dati indichino che i vaccini non fermano la pandemia, nonostante l’evidenza di gravi effetti avversi tra cui anche la morte, il governo Draghi ha imposto l’obbligo di vaccinazione, prima ai lavoratori della sanità poi a quelli della scuola: “non ti vaccini? sei licenziato! Non ti vaccini? ti è vietata l’istruzione!” Ora questo governo di golpisti vuole addirittura imporre l’obbligo per tutti (alias un TSO universale): senza inoculazione nessuno otterrà il “green pass” e il Qr-Code, senza i quali non si potrà circolare, lavorare, vivere. Sta nascendo, anche con l’ausilio delle tecnologie informatiche, un sistema totalitario e disumano che combina bio-sorveglianza di massa e segregazione sociale. Il Qr-Code anticipa infatti l’adozione del cinese “Sistema di Credito Sociale” per cui i cittadini, spiati in ogni loro movimento, verranno classificati in base al loro tasso di obbedienza al regime, così che ogni persona “deviante” verrà iscritta in una lista nera e privata di diritti fondamentali. Ma la demolizione controllata non ha colpito solo ciò che restava della democrazia costituzionale. Lo shock programmato ha inferto all’economia italiana danni irreparabili. Nel 2020 il PIL ha avuto un crollo senza precedenti (-8.9%). Ciò ha avuto conseguenze sociali gravissime: le persone in povertà assoluta (anzitutto giovani) sono diventate 5,6 milioni. Sul fronte dell’occupazione quasi un milione i posti di lavoro scomparsi, col tasso di disoccupazione giovanile passato al 33,8%. Senza precedenti anche il crollo dei consumi (-10,8%). Tutti dati che in verità sottostimano il disastro se si considera che nel 2020 hanno definitivamente chiuso i battenti più di 390mila imprese di commercio e servizi, mentre si calcola siano destinate a fallire mezzo milione di piccole imprese. Inneggiano alla “ripresa” ma tutto indica che milioni di persone non troveranno lavoro e chi lo troverà lo avrà precario, senza diritti e con salari da fame. I neoliberisti chiamano questo massacro sociale “distruzione creativa”. Gli “aiuti” europei, oltre a privare l’Italia degli ultimi barlumi di sovranità, vanno nella direzione di provocare una sanguinosa ristrutturazione del sistema economico e sociale. Noi siamo decisi a fermare questa folle corsa verso un liberismo tecnocratico e totalitario. Per questo facciamo appello a tutti i cittadini consapevoli ad intensificare manifestazioni e azioni di disobbedienza civile contro il “green pass” ed a partecipare alla grande manifestazione nazionale del 25 settembre 2021 dalle ore 15:00, a Piazza San Giovanni a Roma, affinché l’attuale rivolta si trasformi in Resistenza permanente e organizzata.
ATTUARE LA COSTITUZIONE, NO AL “GREEN PASS” E ALLO STATO D’EMERGENZA LIBERTÀ DI SCELTA TERAPEUTICA, NO ALL’OBBLIGO VACCINALE PER LA DEMOCRAZIA, NO AL REGIME DELLA BIO-SORVEGLIANZA PER UN’ECONOMIA DELLA SOLIDARIETÀ SOCIALE, NO AL NEOLIBERISMO LAVORO E REDDITO DIGNITOSI PER TUTTI, NO AL DOMINIO DELLA FINANZA SOVRANITÀ NAZIONALE E POPOLARE, VIA DALLA GABBIA EUROPEA
L’amministrazione del Piccolo Re, quel modesto ragazzo messaggero dei Rothschild che si nasconde sotto la gonna della Mamma, è irremovibile nel marginalizzare tutti quelli che sono contrari alla neo orwelliana imposizione del passaporto “sanitario”, per qualsiasi ragione.
Ciò è stata una prima pagina di Le Monde questa fine settimana. Lo stesso titolo, di mattina presto, non conteneva la parola “marginalizzare” ma conteneva in effetti la parola “screditare” (“decrédibiliser”). Poi hanno ricevuto ordini superiori per sostituirla – come se la parola “marginalizzare” non sia già abbastanza brutta. Per ordine di un altro modesto funzionario – Veran, il ministro francese della Sanità – ora ufficialmente “rifiutare la vaccinazione che protegge” NON è considerato un esercizio di libertà. Perciò l’attuale politica ufficiale governativa in Francia: prendere di mira (“cibler”) la gente che non è stata vaccinata o che è contro la vaccinazione. Non una parola sulla gente che non si può vaccinare per serie ragioni mediche.
Perciò a livello pratico, ora abbiamo una politica governativa per screditare, marginalizzare, e segregare i suoi stessi elettori. Nella migliore delle ipotesi è controproducente. Nella peggiore delle ipotesi è una minaccia altamente sediziosa per la pace e la quiete in qualsiasi Paese, SPECIALMENTE in Francia: “une véritable provocation”. Una enorme provocazione. Ormai chiunque con un cervello funzionante sa pure che il Piccolo Re è un modesto agente provocatore per conto dei giacobini liberali e della classe politica dominante – e qui sono stato MOLTO diplomatico.
Quando è stato chiesto all’Assemblea Legislativa e al Senato di votare il pacchetto apartheid inserito nel passaporto vaccinale ( senza il quale non puoi entrare nei trasporti pubblici, centri commerciali, teatri, musei, ristoranti, fino alla nausea ), questi campioni hanno varato un’effettiva eccezione alla regola – indovina per chi – per LORO STESSI.
Così le classi politiche hanno salvato sé stesse dalle regole alle quali vogliono che le plebi aderiscano. Oh, eccetto per i bambini sotto i 12 anni, hanno detto al Senato. Oh, ad eccezione dei pazienti che stanno per andare negli ospedali, hanno detto all’Assemblea Legislativa. E Oh Oh Oh, e questo a seguire è cosììììììì scandaloso, c’è anche una FORTE eccezione alle regole per le “forze dell’ordine” e per la polizia stile NATO del Piccolo Re in tutto il Paese.
Non hai bisogno di un dottorato di ricerca in storia per capire quello che verrà dopo. E ciò è arrivato LO STESSO GIORNO in cui stavano implementando le nuove leggi per tutta la nazione, persino PRIMA che il voto all’Assemblea Legislativa e al Senato fosse concluso. Mi sono preso la briga di passare in rassegna la sezione dei “commenti liberi” di Le Figaro – il quotidiano della Grande Borghesia – ed è stato piacevole trovare parecchi cittadini molto intelligenti che casualmente facevano delle osservazioni del tipo, uhm, uh, uh, può darsi che questo genere di comportamento da parte della classe politica potrebbe, uhm uh, forse, condurre a cioè, uhm uh, alla GUERRA CIVILE. Che orrore! Una volta che questi commenti sono cominciati ad apparire nel forum sono stati fatti sparire rapidamente, una cosa da non sentire e vedere di nuovo perché come sai, uhm, uh, Le Figaro è un quotidiano molto onesto.
Precedemente avevo segnalato su Telegram che il Ministro degli Interni ha i numeri REALI delle proteste attraverso la Francia questo sabato [24 luglio – n.d.c.]: più di DUE MILIONI E MEZZO DI PERSONE. La banda del Piccolo Re è nel panico totale. Alcuni dei media mainstream francesi ad alto tasso di concentrazione mediatica – come Le Figaro e Le Monde – in effetti ne ha fatto un dramma, proclamando che questo nuovo movimento di cittadini che manifestano potrebbe essere considerato come…. I GILET GIALLI SOTTO STEREOIDI Per una volta, l’hanno azzeccata. I Gilet Gialli sono ora affiancati dagli irriducibili gruppi anti vaccinazione; sindacati (che hanno perso tesserati a causa della vaccinazione obbligatoria); e un amalgama di forze sia di sinistra che di destra, con gli anarchici mobilitati fianco a fianco con i libertari. Il nemico è la classe giacobina liberale borghese, e il complesso costituito dalle grandi banche, giganti della tecnologia e multinazionali farmaceutiche che hanno comprato la classe medica dirigente.
Questo è solo l’inizio. Il Piccolo Re – come pure Super Mario Draghi di ‘Goldman Sachs’ in Italia – stanno soltanto rinforzando l’agenda dei loro datori di lavoro. E se la nazione precedentemente conosciuta come la nave madre della libertà, uguaglianza e fraternità è ora trasformata in un ignobile regime medico di apartheid – al completo con reali politiche di segregazione? Non gliene importa niente. Comportati bene – o SARAI cancellato.
Con l’inizio della pandemia c’è stato un vertiginoso aumento delle polarizzazione sociale, polarizzazione calata dall’alto ovviamente. La questione non è più di natura sanitaria, infatti il “lasciapassare” (definizione corretta di “green pass”) è il fine, non il mezzo. E’ stato creato il conflitto orizzontale definitivo che serve a mettere al riparo da quello verticale.
Il commento di Gilberto Trombetta, giornalista economico.
La cosa più palese è che la campagna in corso NON mira ad aumentare i vaccinati, ma solo a trovare un capro espiatorio su cui catalizzare l’odio delle masse. Se l’obiettivo fosse veramente vaccinare tutti, lo Stato imporrebbe l’obbligo (con conseguente assunzione di responsabilità giuridica per ogni effetto negativo) oppure investirebbe in una campagna di comunicazione e incentivi positivi. Davvero questi sono così scemi da pensare che possa funzionare la campagna d’odio cieco che hanno lanciato? Uno che è scettico sul vaccino anti-covid perché, magari, i dati ISS e AIFA dicono che per sua fascia di età rischia di più dal vaccino che dal virus, dovrebbe convincersi perché Draghi – quello che gli intima di vaccinarsi – mostra ignoranza assoluta di come funzionino sia il vaccino sia la malattia? Dovrebbe sentirsi rassicurato leggendo Burioni che fa i commenti da 14enne frustrato, paragonando le persone ai ratti? Cioè: se Burioni è il “volto” ufficioso dei vaccini in Italia, uno che mostra un odio viscerale verso di loro dovrebbe tranquilizzarli che la loro salute è tenuta in conto dai medici? Dovrebbero sentirsi rassicurati dal Bassetti che ormai è ridotto a un ridicolo clone della Ferragni in Instagram? O da Galli per cui la pandemia è la continuazione della “lotta di classe” con altri mezzi? Se uno ha preoccupazioni per la sua salute, perché mai dovrebbe fidarsi della parola di una miriade di giornalisti, virologi, politici, nani, ballerine e puttane (spesso le categorie si sovrappongono), da giorni impegnato a dirgli quanto lo odia e disprezza e che se solo potesse lo ammazzerebbe a calci in bocca: questi dovrebbero essere i garanti che “il vaccino è perfettamente sicuro per lui”. Lo stesso invito a “farlo per gli altri”, che prima poteva smuovere l’altruismo del non vaccinato, ora perde forza: perché se “gli altri” sono quelli che vorrebbero rinchiuderti, sequestrarti i beni, lasciarti morire se hai bisogno d’aiuto, privarti d’ogni diritto, rinchiuderti in un lager (tutta roba letta sui social o sentita in giro), be’, viene voglia di dire che a questi “altri” non daresti mai una mano, figurati una spalla. Il risultato, infatti, è ovvio. Tutti i non vaccinati che conosco, spesso solo tiepidamente scettici e comunque possibilisti, ora sono diventati radicalmente ostili all’idea di vaccinarsi. Com’era piuttosto evidente che sarebbe successo. E come sapevano, quegli altri là, che sarebbe successo. Perché nei prossimi mesi servirà qualcuno su cui scaricare la rabbia della plebaglia mentre lo stato di emergenza va estendendosi all’infinito.
Forse qualcuno aveva erroneamente creduto che una parte degli Italiani fosse afflitta, se non proprio da una viltà disgustosa, almeno da una certa, come dire, timorosità esagerata. Lo aveva erroneamente creduto quando li aveva visti, dopo aver ascoltato le fiabe mediatiche su un virus incoronato vagolante nel paese con lo scopo di uccidere i già moribondi, rintanarsi come topolini minacciati da un gatto mammone. Quando li aveva visti rinunciare a incontrare e abbracciare i propri cari, sempre per timore del virus mammone; rinunciare a uscire di casa, passeggiare, conversare, far festa con gli amici, darsi la mano, baciare i figli o i nipotini, i fidanzati o gli amanti. Rinunciare alla vita politica e sociale, a portare i bambini al parco, a una passeggiata tra i boschi, al lavoro e agli svaghi, sempre per paura del virus mammone.
Ma questo nessuno lo sa, perché gli ipnotizzatori-media non lo sbandierano certo. Lo dice l’Istituto Superiore della Sanità ma sottovoce, un bisbiglio colpevole e gaglioffo mentre grida forte forte “Al virus, al virus!”.
Tenuto poi conto che, tra i morti con coronavirus sono stati conteggiati tutti i morti tamponati post mortem con tampone farlocco, compresi quelli arrotati dai camion, sembrava che si dovessero temere più i camion che non il diffamato coronavirus.
Però qualcuno, come al solito, moriva, dato che quella di morire è un’inveterata e radicata abitudine da cui gli esseri umani non riescono a liberarsi (se ne facciano persuasi, una volta per tutte, i pazzi deliranti del Forum Economico Mondiale, e comincino a pensare alle proprie anime e al proprio testamento, invece di pensare sempre a noi), e questo fatto che si morisse, in epoca di fiabe sul virusmammone, sembrava la scoperta di qualcosa di inaudito e intollerabile.
“I morti ci sono!” ripetevano storditi una parte degli Italiani, accorgendosi finalmente che la morte esiste, dopo decenni in cui ne avevano rimosso la realtà, confinando i moribondi in ospedale e facendo l’ultima, speranzosa chemio quando le metastasi avevano ormai raggiunto anche le sopracciglia. Con l’aiuto di un ceto tecnico-farmaceutico (erroneamente detto “medico”) che ha anch’esso rimosso la morte, non essendo fonte di profitto per il suddetto ceto. Mentre, essendo fonte di profitto la malattia, la cerca alacremente in ognuno di noi, dall’alba al tramonto della nostra vita. In alcuni casi, guidato e spalleggiato dalle multinazionali della dittatura mondiale, la inventa, decidendo che le fasi e le particolarità della vita umana (pubertà, gravidanza, menopausa, vecchiaia, vivacità infantile, tristezza, ansietà) sono malattie da curare, benché evidentemente incurabili, però felicemente “medicabili”. In altri casi la procura, rimpinzando i cosiddetti “pazienti” (e mai definizione fu più appropriata) di prodotti biochimicosintetici che, a lungo andare, sono in grado di far ammalare anche chi è sano e robusto come il proverbiale cavallo.
Ma non divaghiamo, torniamo all’errata impressione sulla “timorosità” di una parte dell’italico popolo. Che viene imprevedibilmente smentita dalla temerarietà dimostrata nel cimentarsi in quella che si potrebbe chiamare la “roulette italiana”.
Avete presente la “roulette russa”? Una sfida alla sorte e alla morte che veniva praticata in Russia in tempi ormai lontani, perlopiù da giovani ufficiali dello zar in periodi di pace, quando erano in preda alla noia e a una sufficiente quantità di vodka. Consisteva nel piazzare una sola pallottola in una pistola a sette colpi, far ruotare il tamburo, puntarsela alla tempia e tirare il grilletto. Dopotutto, c’erano sei probabilità su sette di scamparla, tuttavia persone prudenti e sobrie si sarebbero ben guardate dal giocare a quel gioco.
Ebbene, milioni di italiani, benché accuratamente imbavagliati per difendersi da un virus del moccio al naso (“i coronavirus furono scoperti negli anni ’60 nelle cavità nasali di persone affette da comuni raffreddori”), e apparentemente non in preda ai fumi dell’alcool, sono corsi a farsi iniettare delle sostanze biochimicosintetiche di nuova e azzardata invenzione, intese a sperimentare cosa succeda al sistema immunitario umano aggredito da virus geneticamente modificati, cioè virus sintetici, oppure, a seconda del tipo di farmaco sperimentato, cosa succeda al sistema immunitario umano, modificandolo attraverso una cellula genetica sintetica mandata a interferire con il suo funzionamento naturale.
I TEMERARI! E questo benché molti di loro, una volta sperimentati, siano morti di trombosi diffuse, altri siano rimasti per un tempo più o meno lungo semiparalizzati, altri siano morti di infarto, altri abbiano avuto tremori e brividi incontrollabili e via così per 423 morti ufficiali e 76.206 “feriti” ufficiali fino al 26 giugno, come dichiara l’AIFA. Ciononostante la roulette italica continua.
Presi da straordinaria esaltazione, da uno sventato e furioso ma elettrizzante desiderio di rischio e di avventura alcuni vantano, esaltano, mostrano il proprio sfrenato coraggio e sbeffeggiano la prudenza di chi non vuole giocare a questa nuova, potenzialmente mortale, roulette.
Salve o patria immortale salve, o popolo d’eroi, son rinati i figli tuoi con la fede e l’ideale il valore dei guerrieri…
Così declamava qualcuno che aveva sopravvalutato il “valore” dei propri seguaci e millantato il proprio a sproposito.
E anche adesso, sembra che non tutti agiscano per sprezzo del pericolo. Dato che c’è chi dice di aver paura dello pseudovaccino e tuttavia se lo fa iniettare; c’è chi, dopo esserselo fatto iniettare, dice “speriamo bene”, e “siamo obbligati” dicono.
Siccome invece, escludendo i ricattati medici e infermieri, nessuno è obbligato, che cosa li obbliga?
Ma, perbacco, la voce del pastore! Che risuona tutt’intorno assieme all’abbaio dei mediatici cani. E si sa che la paura più grande di un qualsiasi membro di un gregge è di restare isolato dal resto del gregge. E, allora, avanti!
Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrait tante infamie e tanti guai che succedono ner monno… Fa la ninna, cocco bello finché dura sto macello: fa la ninna che i sovrani te la cantano e te la sonano e riuniti fra de loro senza l’ombra de un rimorso ce faranno un ber discorso sulla salute e sul ristoro per quer popolo cojone risparmiato dar siringone.
Grazie, Trilussa, e perdonami la libertà: i tempi sono cambiati ma non abbastanza.
Come avviene ogni volta che si istaura un regime dispotico di emergenza e le garanzie costituzionali vengono sospese, il risultato è, come è avvenuto per gli Ebrei sotto il fascismo, la discriminazione di una categoria di uomini, che diventano automaticamente cittadini di seconda classe. A questo mira la creazione del cosiddetto green pass. Che si tratti di una discriminazione secondo le convinzioni personali e non di una certezza scientifica oggettiva è provato dal fatto che in ambito scientifico il dibattito è tuttora in corso sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini, che, secondo il parere di medici e scienziati che non c’è ragione di ignorare, sono stati prodotti in fretta e senza un’adeguata sperimentazione. Malgrado questo, coloro che si attengono alla propria libera e fondata convinzione e rifiutano di vaccinarsi verranno esclusi dalla vita sociale. Che il vaccino si trasformi così in una sorta di simbolo politico-religioso volto a creare una discriminazione fra i cittadini è evidente nella dichiarazione irresponsabile di un uomo politico, che, riferendosi a coloro che non si vaccinano, ha detto, senza accorgersi di usare un gergo fascista: “Li purgheremo con il green pass”. La “tessera verde” costituisce coloro che ne sono privi in portatori di una stella gialla virtuale. Si tratta di un fatto la cui gravità politica non potrebbe essere sopravvalutata. Che cosa diventa un Paese al cui interno viene creata una classe discriminata? Come si può accettare di convivere con dei cittadini di seconda classe? Il bisogno di discriminare è antico quanto la società e certamente forme di discriminazione erano presenti anche nelle nostre società cosiddette democratiche; ma che queste discriminazione fattuali siano sanzionate dalla legge è una barbarie che non possiamo accettare.