Misteri di una Repubblica a sobrietà variabile

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“Mauro è riuscito a parlare di un bombardiere concepito per l’attacco preventivo, o meglio per il “first strike” (anche nucleare) sul territorio nemico nel quale dovrebbe penetrare invisibile ai radar, senza mai usare parole che potrebbero far pensare alla guerra. Uno sforzo lessicale teso a cancellare ogni forma di trasparenza che fa sorridere tenuto conto che pure i bambini sanno che il JSF rimpiazzerà Tornado, Harrier e Amx, guarda caso gli stessi jet che hanno lanciato oltre 700 bombe e missili sulla Libia più molte altre in passato su Kosovo, Bosnia, Iraq e più recentemente sull’Afghanistan. Non sarebbe stato più serio e trasparente affermare che quei velivoli ci servono per bombardare il nemico insieme ai nostri alleati, o meglio bombardare quei nemici che la “comunità internazionale” ci indicherà? Forse no perché a ben riflettere i libici che bombardammo nel 2011 non erano nostri nemici ma bensì alleati ai quali eravamo legati persino da un trattato militare. E poi il termine “nemico” indica inequivocabilmente la guerra che la nostra Costituzione ripudia almeno parzialmente: per questo l’abbiamo ribattezzata “missione di pace”.
Cercare di spacciare l’acquisto degli F-35 con la “necessità di avere mezzi efficienti di altissimo livello che servono a garantire la pace, ad evitare effetti collaterali” come ha ribadito il ministro della Difesa a Uno Mattina è tendenzioso e fuorviante sia perché i danni collaterali i nostri piloti sono riusciti a evitarli (o a limitarli) anche senza gli F-35, sia a fronte dei costi che dovremo affrontare per acquisire i jet statunitensi e tenerli in linea nei prossimi decenni. Costi incompatibili con le risorse che la Difesa assegna (e presumibilmente assegnerà anche nell’immediato futuro) all’Esercizio, cioè alla parte del bilancio adibita alla gestione di mezzi e infrastrutture e all’addestramento. Che non ci siano alternative all’F-35 è poi quanto meno discutibile dal momento che i tedeschi (che non acquistano l’F-35) impiegano i loro Eurofighter Typhoon anche per l’attacco al suolo.
Cosa che potrebbe fare anche l’Italia e che farà dal momento che armi come il missile da crociera Storm Shadow che oggi equipaggiano i Tornado verranno imbarcati in futuro sui Typhoon… anche perché non entrano nella stiva degli F-35. Il Typhoon del resto è un cacciabombardiere idoneo a svolgere operazioni contro altri velivoli come contro bersagli a terra e come tale viene impiegato anche dai britannici. Se vogliamo parlare di sprechi chiediamoci piuttosto perché stiamo cercando di svendere sul mercato dell’usato 24 Typhoon della prima serie, velivoli ancora nuovi, per ridurre il numero di quei jet in forza all’Aeronautica da 96 a 72 e ”fare posto “ a 75 F-35.
Se avessimo mantenuto la commessa prevista di 121 Typhoon, aggiornando i primi esemplari, avremmo già i velivoli necessari a tutte le esigenze dell’Aeronautica con un forte risparmio generale, dal costo di acquisizione a quello logistico determinato dal disporre di un solo aereo da combattimento e col vantaggio di puntare su un prodotto europeo nel quale la nostra industria è progettista, produttrice ed esportatrice. Curioso che un europeista convinto come il ministro Mauro si accodi alla lunga fila di coloro che ci vogliono mettere tecnologicamente e sul piano industriale e strategico nelle mani degli Stati Uniti.”

Da Se l’F-35 diventa “di pace”, di Gianandrea Gaiani.

In Italia convergenza bipartisan sul JSF

Il primo venne firmato nel dicembre 1998, durante il governo D’Alema; il secondo nel giugno 2002, con Berlusconi capo dell’esecutivo; il terzo nel febbraio 2007, da parte dell’immarcescibile Lorenzo Forcieri, sottosegretario alla Difesa del governo Prodi, contestualmente all’assunzione di ulteriori impegni anche per quanto riguarda lo scudo antimissilistico voluto dagli Stati Uniti.
Sono tre i memorandum d’intesa siglati dall’Italia quale socia nel progetto per lo sviluppo del nuovo cacciabombardiere F-35 Lighting II (Joint Strike Fighter). L’Italia – la cui intenzione è quella di sostituire entro la metà del prossimo decennio Harrier, AMX e Tornado in dotazione all’Aeronautica Militare – ha già speso nel progetto 638 milioni di dollari per la prima fase di sviluppo (che costerà complessivamente oltre un miliardo di dollari), ai quali vanno aggiunti altri 900 milioni per la successiva fase di implementazione e produzione. Inizialmente era stata ipotizzata una ricaduta sulla nostra economia molto positiva, diecimila occupati per un periodo di quasi cinquanta anni, in quanto un nutrito gruppo di aziende italiane (capeggiate da Alenia e Fiat Avio) partecipa al progetto come subcontrattista per la progettazione e la realizzazione delle ali. Le ultime stime prevederebbero invece non più di un migliaio di occupati, di cui solo duecento diretti e gli altri nell’indotto, per dieci anni; ritorni solamente “attesi” in quanto si concretizzeranno eventualmente con l’assemblaggio dei velivoli – che dovrebbe avvenire nella base militare di Cameri, in provincia di Novara – e con il successivo acquisto dei 131 modelli previsti, per un impegno economico stimato in circa 11 miliardi di dollari (e con un costo unitario di 84 milioni di dollari, se le stime dovessero essere confermate, ma si sa come vanno le cose in questi casi…).
Poca roba, si dirà, rispetto ai 2.500 velivoli che Stati Uniti e Regno Unito si sono impegnati ad acquistare, ed ai complessivi 4.500 che la Lockheed Martin, capofila del gruppo di aziende statunitensi che rappresenta il primary contractor, vorrebbe produrre. Fatto sta che i quasi due miliardi di dollari stanziati per il JSF sono fondi pubblici, mentre i contratti spuntati dalle aziende italiane, ammontanti a non più di un miliardo, produrranno utili privati, destinati comunque ad avverarsi solamente quando lo Stato effettivamente acquistasse i velivoli.
Si aggiunga che il JSF è concorrenziale all’Eurofighter Typhoon, il caccia che l’Italia sta costruendo insieme a Regno Unito, Germania e Spagna, e di cui si è riservata di acquisire 121 modelli (con una spesa totale di circa 7 miliardi di euro ed un costo unitario di 58 milioni). Secondo alcuni commentatori, la scelta del JSF mette in crisi l’evoluzione delle strategie europee nel campo della difesa e sottrae preziose risorse alle ulteriori tranche dell’Eurofighter. Altri parlano di una vera e propria dipendenza industriale strategica, originata dalla riluttanza statunitense a trasferire tecnologia ed informazioni per salvaguardare la propria superiorità tecnologica nel settore.
La discussione parlamentare ed a mezzo stampa riguardo il progetto di sviluppo del JSF, è avvenuta con una certa eco solo in Norvegia, Danimarca ed Olanda, mentre in Italia è stata praticamente nulla. Secondo il sito Dedefensa, che ha intervistato una anonima fonte italiana di alto livello vicina all’ex Presidente del Consiglio, Romano Prodi, il nostro governo avrebbe ricevuto fortissime pressioni da Washington per perseverare nel progetto JSF. Testualmente, essa avrebbe riferito: “Non potevamo fare niente, c’è stata una tale pressione, una tale costanza nella pressione, che ha impegnato tutto il nostro sistema politico. Siamo letteralmente prigionieri. E’ molto più che una normale situazione di “influenza”. E’ una situazione che è insita nella psicologia e nella stessa sostanza del nostro sistema politico”. Decennale subordinazione che non è causata dalla sua ormai declinante potenza ma dalla “psicologia e sostanza stessa del nostro sistema politico”. Un’assuefazione alla sudditanza che non si immagina nemmeno lontanamente di scrollarsi di dosso perché bisognerebbe ripensare in termini di strategia e di geopolitica, materie delle quali i nostri governanti spesso ignorano persino l’esistenza.

English version

“Bipartisan” concurrence on the JSF in Italy

translation: L. Bionda

The first memorandum was signed in December 1998, during D’Alema’s government; the second one followed in June 2002, with Berlusconi at the head of the government; the third one was signed in February 2007 by Lorenzo Forcieri, Deputy Minister of Defense during Prodi’s government, and included further engagements regarding the antimissile shield imposed by the United States.
These are the three agreements signed by Italy as partner in the project for the development of the new strike fighter plane “F-35 Lighting II (Joint Strike Fighter)”. Italy – whose intention is to replace by 2015 the Harrier, AMX and Tornado fighter jets used by the Italian Air Force – has already spent 638,000,000 USD in the first step of the project development (which is expected to cost more than one billion dollars), but we have to add other 900 million dollars more for the following step of implementation and production of the aircraft.
At the beginning a very positive spin-off on our economy was expected, with a workforce of ten thousand people employed for almost fifty years, as a large group of Italian companies (lead by Alenia and Fiat Avio) takes part to the project with subcontracts for designing and constructing the fighters’ wings.
According to the last estimate, howewer, no more than a thousand people would be employed, two hundred of them directly and the others in the allied industries, for ten years; these are the “expected” results, since they will come true only with the assemblage of the aircrafts, to be completed in a military base near Cameri, in the province of Novara (North-Western Italy), and with the subsequent purchase of 131 strike fighters, as planned, for an economic pledge of 11 billions USD approximately (and with a cost of 84 million USD each, if the estimate will be confirmed, but who knows …).
Small things, we could say, if compared with the 2,500 strike fighters that the United States and the United Kingdom have planned to purchase, and with the 4,500 strike fighters that the Lockheed Martin company, leader of the American companies’ group that represents the primary contractor, would like to produce.
But the nearly two billion dollars spent in the JSF project are public funds, and the deals signed by the Italian companies, for less than a billion dollars, will produce private profits; however, everything will become reality only when the government effectively acquires the aircraft.
Moreover, the JSF plan is in direct competition with the Eurofighter “Typhoon”, the strike fighter that Italy is building with the United Kingdom, Germany, and Spain; Italy would purchase 121 of these planes (at 58 million euros each, for a total spending of almost 7 billion euros ).
According to some experts, the choice of JSF interferes with the evolution of the European defense strategies and distracts resources away from the Eurofighter project. Others point at a strategic industrial dependence, arising from the United States’ unwillingness to share technology and information in order to protect their technological superiority in that field.
The discussion in our Parliament and on the media regarding the JSF project had good impact in Norway, Denmark and Holland only, while in Italy it was almost ignored.
According to the website “Dedefensa”, citing an anonymous Italian official linked with our former Prime Minister, Romano Prodi, the Italian government was very much pressed by Washington to go on with the JSF project.
The Italian official declared: “We couldn’t do anything, there has been such a pressure, such a great and continuous pressure that totally absorbed our political system. We are captives, literally. This goes beyond a common situation of political ‘influence’. This situation lies deep into the psychology and the very essence of our political system”.
Decades of subjection not caused by weakness and declining power, but by “the psychology and the very essence of our political system”. A habit to subsiervience so rooted that we don’t even think of shaking it off, because that woul mean rethinking our strategy and geopolitics. And our politicians and lawmakers often don’t even know that such issues exist.

Italian version