L’FBI e il laptop di Hunter Biden

Quella che segue è la traduzione integrale della settima puntata dei TwitterFiles. Finora il capitolo senza dubbio più esplosivo di tutta la saga dei TwitterFiles. Michael Shellenberger lo dedica interamente alla storia del laptop di Hunter Biden e a come essa è stata screditata non solo su Twitter, ma su tutte le piattaforme social e i principali media americani. L’FBI e la comunità dell’intelligence hanno iniziato a screditare l’ormai famoso articolo del New York Post addirittura prima che esso venisse pubblicato il 14 ottobre 2020. Per usare le parole di Shellenberger, vi fu “uno sforzo organizzato da parte della comunità dell’intelligence per spimgere Twitter e altre piattaforme” a screditare la credibilità dell’articolo, insinuando che si trattava di un’operazione di “hack and leak”, ossia in pratica di materiale “piantato” intenzionalmente nel portatile di Hunter Biden o frutto di una campagna di disinformazione russa. In realtà, non vi era alcuna informazione di intelligence che inducesse a pensare ciò e gli stessi dirigenti di Twitter per diverso tempo hanno smentito di aver individuato la presenza di qualsiasi influenza straniera sulla propria piattaforma. Ma alla fine Twitter ha ceduto alle pressioni dell’FBI, anche perché “a partire dal 2020, c’erano così tanti ex funzionari dell’FBI che lavoravano a Twitter che avevano creato il loro canale Slack privato e un modello di accoglienza per dare il benvenuto ai nuovi arrivati dall’FBI”. Dunque, l’FBI era in possesso da più di un anno del materiale inviatole dal riparatore di computer del Delaware, fingendo di lavorarci sopra, quando in realtà cercava solo di insabbiarlo. Quando ha saputo che il New York Post avrebbe reso pubblica la notizia, ha agito su tutte le piattaforme social e i media che controllava per fare in modo che la notizia venisse censurata o screditata”.

Fonte

La famiglia Biden in tutto il suo splendore a questo collegamento oppure qui in formato pdf.

 

Far guerra alla Russia, un gasdotto alla volta

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Eric Draitser per rt.com

Mentre la politica umana della crisi in Ucraina guadagna tutti i titoli dei giornali, è la politica del gas che in molti modi si trova nel cuore del conflitto.
Infatti, la questione energetica non solo ha fatto da cornice a gran parte delle dimensioni economiche della crisi, ha rivelato le divisioni profonde che esistono tra l’élite politica e degli affari in Europa che, nonostante il proprio bluff e la spacconeria sulle azioni della Russia in Ucraina e l’espansione delle sanzioni, capisce abbastanza chiaramente che la Russia è parte integrante del futuro economico dell’Europa.
Tuttavia, questo non ha fermato l’Occidente e i suoi agenti e clienti in Europa orientale dal tentativo di minare la posizione economica strategica della Russia attraverso una varietà di mezzi. Dal deragliamento dei negoziati sulla costruzione di condotti all’utilizzo di governi fantoccio come un cuneo tra Mosca e l’Europa, gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno tentato di minare la posizione economica e strategica della Russia a riguardo dell’infrastruttura di distribuzione del gas, rafforzando contemporaneamente la propria. Continua a leggere