Il capro espiatorio

La cosa più palese è che la campagna in corso NON mira ad aumentare i vaccinati, ma solo a trovare un capro espiatorio su cui catalizzare l’odio delle masse.
Se l’obiettivo fosse veramente vaccinare tutti, lo Stato imporrebbe l’obbligo (con conseguente assunzione di responsabilità giuridica per ogni effetto negativo) oppure investirebbe in una campagna di comunicazione e incentivi positivi.
Davvero questi sono così scemi da pensare che possa funzionare la campagna d’odio cieco che hanno lanciato?
Uno che è scettico sul vaccino anti-covid perché, magari, i dati ISS e AIFA dicono che per sua fascia di età rischia di più dal vaccino che dal virus, dovrebbe convincersi perché Draghi – quello che gli intima di vaccinarsi – mostra ignoranza assoluta di come funzionino sia il vaccino sia la malattia?
Dovrebbe sentirsi rassicurato leggendo Burioni che fa i commenti da 14enne frustrato, paragonando le persone ai ratti? Cioè: se Burioni è il “volto” ufficioso dei vaccini in Italia, uno che mostra un odio viscerale verso di loro dovrebbe tranquilizzarli che la loro salute è tenuta in conto dai medici?
Dovrebbero sentirsi rassicurati dal Bassetti che ormai è ridotto a un ridicolo clone della Ferragni in Instagram? O da Galli per cui la pandemia è la continuazione della “lotta di classe” con altri mezzi?
Se uno ha preoccupazioni per la sua salute, perché mai dovrebbe fidarsi della parola di una miriade di giornalisti, virologi, politici, nani, ballerine e puttane (spesso le categorie si sovrappongono), da giorni impegnato a dirgli quanto lo odia e disprezza e che se solo potesse lo ammazzerebbe a calci in bocca: questi dovrebbero essere i garanti che “il vaccino è perfettamente sicuro per lui”.
Lo stesso invito a “farlo per gli altri”, che prima poteva smuovere l’altruismo del non vaccinato, ora perde forza: perché se “gli altri” sono quelli che vorrebbero rinchiuderti, sequestrarti i beni, lasciarti morire se hai bisogno d’aiuto, privarti d’ogni diritto, rinchiuderti in un lager (tutta roba letta sui social o sentita in giro), be’, viene voglia di dire che a questi “altri” non daresti mai una mano, figurati una spalla.
Il risultato, infatti, è ovvio. Tutti i non vaccinati che conosco, spesso solo tiepidamente scettici e comunque possibilisti, ora sono diventati radicalmente ostili all’idea di vaccinarsi. Com’era piuttosto evidente che sarebbe successo. E come sapevano, quegli altri là, che sarebbe successo. Perché nei prossimi mesi servirà qualcuno su cui scaricare la rabbia della plebaglia mentre lo stato di emergenza va estendendosi all’infinito.

Daniele Scalea

Fonte

La roulette italiana

Forse qualcuno aveva erroneamente creduto che una parte degli Italiani fosse afflitta, se non proprio da una viltà disgustosa, almeno da una certa, come dire, timorosità esagerata. Lo aveva erroneamente creduto quando li aveva visti, dopo aver ascoltato le fiabe mediatiche su un virus incoronato vagolante nel paese con lo scopo di uccidere i già moribondi, rintanarsi come topolini minacciati da un gatto mammone. Quando li aveva visti rinunciare a incontrare e abbracciare i propri cari, sempre per timore del virus mammone; rinunciare a uscire di casa, passeggiare, conversare, far festa con gli amici, darsi la mano, baciare i figli o i nipotini, i fidanzati o gli amanti. Rinunciare alla vita politica e sociale, a portare i bambini al parco, a una passeggiata tra i boschi, al lavoro e agli svaghi, sempre per paura del virus mammone.

In una parola, rinunciare a vivere per paura di morire. Perdipiù, di una morte fiabesca, fantasiosa, perché gli stessi spauracchiatori, che dicevano “Se esci, guarda che ti prende il babauvirus”, dicevano anche che i morti con coronavirus (e non per coronavirus) avevano una media di 3,6 patologie pregresse e un’età media di 86 anni.

Ma questo nessuno lo sa, perché gli ipnotizzatori-media non lo sbandierano certo. Lo dice l’Istituto Superiore della Sanità ma sottovoce, un bisbiglio colpevole e gaglioffo mentre grida forte forte “Al virus, al virus!”.

Tenuto poi conto che, tra i morti con coronavirus sono stati conteggiati tutti i morti tamponati post mortem con tampone farlocco, compresi quelli arrotati dai camion, sembrava che si dovessero temere più i camion che non il diffamato coronavirus.

Però qualcuno, come al solito, moriva, dato che quella di morire è un’inveterata e radicata abitudine da cui gli esseri umani non riescono a liberarsi (se ne facciano persuasi, una volta per tutte, i pazzi deliranti del Forum Economico Mondiale, e comincino a pensare alle proprie anime e al proprio testamento, invece di pensare sempre a noi), e questo fatto che si morisse, in epoca di fiabe sul virusmammone, sembrava la scoperta di qualcosa di inaudito e intollerabile.

“I morti ci sono!” ripetevano storditi una parte degli Italiani, accorgendosi finalmente che la morte esiste, dopo decenni in cui ne avevano rimosso la realtà, confinando i moribondi in ospedale e facendo l’ultima, speranzosa chemio quando le metastasi avevano ormai raggiunto anche le sopracciglia. Con l’aiuto di un ceto tecnico-farmaceutico (erroneamente detto “medico”) che ha anch’esso rimosso la morte, non essendo fonte di profitto per il suddetto ceto. Mentre, essendo fonte di profitto la malattia, la cerca alacremente in ognuno di noi, dall’alba al tramonto della nostra vita. In alcuni casi, guidato e spalleggiato dalle multinazionali della dittatura mondiale, la inventa, decidendo che le fasi e le particolarità della vita umana (pubertà, gravidanza, menopausa, vecchiaia, vivacità infantile, tristezza, ansietà) sono malattie da curare, benché evidentemente incurabili, però felicemente “medicabili”. In altri casi la procura, rimpinzando i cosiddetti “pazienti” (e mai definizione fu più appropriata) di prodotti biochimicosintetici che, a lungo andare, sono in grado di far ammalare anche chi è sano e robusto come il proverbiale cavallo.

Ma non divaghiamo, torniamo all’errata impressione sulla “timorosità” di una parte dell’italico popolo. Che viene imprevedibilmente smentita dalla temerarietà dimostrata nel cimentarsi in quella che si potrebbe chiamare la “roulette italiana”.

Avete presente la “roulette russa”? Una sfida alla sorte e alla morte che veniva praticata in Russia in tempi ormai lontani, perlopiù da giovani ufficiali dello zar in periodi di pace, quando erano in preda alla noia e a una sufficiente quantità di vodka. Consisteva nel piazzare una sola pallottola in una pistola a sette colpi, far ruotare il tamburo, puntarsela alla tempia e tirare il grilletto. Dopotutto, c’erano sei probabilità su sette di scamparla, tuttavia persone prudenti e sobrie si sarebbero ben guardate dal giocare a quel gioco.

Ebbene, milioni di italiani, benché accuratamente imbavagliati per difendersi da un virus del moccio al naso (“i coronavirus furono scoperti negli anni ’60 nelle cavità nasali di persone affette da comuni raffreddori”), e apparentemente non in preda ai fumi dell’alcool, sono corsi a farsi iniettare delle sostanze biochimicosintetiche di nuova e azzardata invenzione, intese a sperimentare cosa succeda al sistema immunitario umano aggredito da virus geneticamente modificati, cioè virus sintetici, oppure, a seconda del tipo di farmaco sperimentato, cosa succeda al sistema immunitario umano, modificandolo attraverso una cellula genetica sintetica mandata a interferire con il suo funzionamento naturale.

I TEMERARI! E questo benché molti di loro, una volta sperimentati, siano morti di trombosi diffuse, altri siano rimasti per un tempo più o meno lungo semiparalizzati, altri siano morti di infarto, altri abbiano avuto tremori e brividi incontrollabili e via così per 423 morti ufficiali e 76.206 “feriti” ufficiali fino al 26 giugno, come dichiara l’AIFA. Ciononostante la roulette italica continua.

Presi da straordinaria esaltazione, da uno sventato e furioso ma elettrizzante desiderio di rischio e di avventura alcuni vantano, esaltano, mostrano il proprio sfrenato coraggio e sbeffeggiano la prudenza di chi non vuole giocare a questa nuova, potenzialmente mortale, roulette.

Salve o patria immortale
salve, o popolo d’eroi,
son rinati i figli tuoi
con la fede e l’ideale
il valore dei guerrieri…

Così declamava qualcuno che aveva sopravvalutato il “valore” dei propri seguaci e millantato il proprio a sproposito.

E anche adesso, sembra che non tutti agiscano per sprezzo del pericolo. Dato che c’è chi dice di aver paura dello pseudovaccino e tuttavia se lo fa iniettare; c’è chi, dopo esserselo fatto iniettare, dice “speriamo bene”, e “siamo obbligati” dicono.

Siccome invece, escludendo i ricattati medici e infermieri, nessuno è obbligato, che cosa li obbliga?

Ma, perbacco, la voce del pastore! Che risuona tutt’intorno assieme all’abbaio dei mediatici cani. E si sa che la paura più grande di un qualsiasi membro di un gregge è di restare isolato dal resto del gregge. E, allora, avanti!

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrait
tante infamie e tanti guai
che succedono ner monno…
Fa la ninna, cocco bello
finché dura sto macello:
fa la ninna che i sovrani
te la cantano e te la sonano
e riuniti fra de loro
senza l’ombra de un rimorso
ce faranno un ber discorso
sulla salute e sul ristoro
per quer popolo cojone
risparmiato dar siringone.

Grazie, Trilussa, e perdonami la libertà: i tempi sono cambiati ma non abbastanza.

Sonia Savioli

(Fonte)

E adesso, cari signori?

CRETINETTE ITALIA“Il 12 set­tem­bre è stata depo­si­tata alla Prima Sezione del TAR Palermo la rela­zione di veri­fica del Prof. Mar­cello D’Amore, pro­fes­sore eme­rito dell’Università della Sapienza in Roma e mag­gior esperto nazio­nale sull’argomento, riguar­dante il MUOS. Il TAR, in esito all’udienza dello scorso 27 Marzo aveva chie­sto infatti al Prof. D’Amore di inte­grare la pro­pria rela­zione tenendo conto dello stu­dio con­dotto dall’ISS e di quello dell’ENAV.
La Rela­zione del Veri­fi­ca­tore smonta in maniera netta e totale le ras­si­cu­ranti affer­ma­zioni dell’Istituto Supe­riore di Sanità, di ISPRA e dell’ENAV. Con­tiene a tratti, pur nel lin­guag­gio scien­ti­fico e pacato del mag­gior esperto ita­liano nel set­tore, pro­fes­sore eme­rito all’Università della Sapienza di Roma, cri­ti­che così bru­cianti all’operato di quello che sareb­bero tre orga­ni­smi dello Stato Ita­liano che dovreb­bero tute­lare la salute e la sicu­rezza degli ita­liani, in que­sto caso resi­denti in Sici­lia, che provo io stesso ver­go­gna per loro.
Io fac­cio parte di un pool di dieci tec­nici e scien­ziati che — a titolo di con­su­lenza per i vari Comuni ed Asso­cia­zioni che sono in causa al TAR — hanno pre­sen­tato al veri­fi­ca­tore del TAR un’ampia Rela­zione dove veni­vano messe in evi­denza tutte le aber­ranti ine­sat­tezze, faci­lo­ne­rie, errori, sot­to­va­lu­ta­zioni dei Rap­porti ISS, ISPRA e ENAV, e dove era affer­mato ancora una volta l’illegalità dell’autorizzazione a costruirlo, e l’assoluta infon­da­tezza della “Revoca della Revoca” che la Regione Sici­liana ha emesso la scorsa estate e che ha per­messo di ulti­mare il MUOS, che è ora funzionante.
La Rela­zione di noi tec­nici non è stata dif­fusa finora per cor­ret­tezza, in quanto non si voleva che la sua dif­fu­sione pub­blica suo­nasse come un’indebita pres­sione sul Veri­fi­ca­tore e sul TAR. Ma ora: E’ SCARICABILE PUBBLICAMENTE QUI.
Tutte le nostre istanze ed osser­va­zioni tec­ni­che e scien­ti­fi­che sulla peri­co­lo­sità del MUOS e sull’assoluta insuf­fi­cienza e ille­ga­lità delle inda­gini ambien­tali fatte è total­mente con­fer­mata dal più auto­re­vole esperto in mate­ria d’Italia.
Leg­giamo. Anzi, vediamo la frase prin­ci­pale del Rap­porto in una bella foto.
esaustivaE adesso, signor Cro­cetta? E adesso, signora Lo Bello? E adesso, scien­ziati e tec­nici che dice­vate che tutto era bello e buono? E adesso, signori dell’ARPA Sici­lia? E adesso, signori del ISS e dell’ISPRA? E adesso, cari signori dell’Esercito? E adesso, signori e signora Mini­stri della Guerra? E adesso, signori amba­scia­tori e con­soli USA più o meno rispet­ta­bili? E adesso, col­le­ghi sici­liani che avete sem­pre evi­tato di pro­nun­ciarvi? E adesso, “pro­fes­sor” Oet­ting del forno a micro-onde? E adesso, signori depu­tati e sena­tori del Par­la­mento Ita­liano? E adesso, signor Enrico Letta? E adesso, signor Igna­zio la Russa?
Ci sarà una sen­tenza del TAR, a novem­bre. Sulla quale a que­sto punto non dovreb­bero sus­si­tere dubbi. Ma siamo pur sem­pre in Ita­lia e già imma­gino l’agitarsi sot­to­banco di tutti quelli che rischiano ora car­riera, posto, prebende.”

MUOS spento subito!, di Massimo Zucchetti continua qui.

Scrollarci di dosso tutto questo marciume e ripartire

bandiera-italia

Più volte su questo giornale abbiamo sottolineato le negatività conseguenti alla sudditanza politico-militare dell’Italia e dell’Europa agli Stati Uniti d’America, e le sue ricadute negative anche per lo sviluppo industriale e tecnico-scientifico della nazione. Crede che questa ragione geopolitica possa essere utile per spiegare il ritardo accumulato dall’Italia in molti settori innovativi e ad alta tecnologia e lo scarso interesse della sua classe politica in merito a questi temi?
O ce ne sono secondo lei altre più rilevanti?

Premetto che noi dovremmo rivolgere le nostre critiche non tanto agli Stati Uniti d’America quando al “governo americano”, il quale più che rappresentare il “popolo americano” rappresenta la classe dominante di quel paese. Il socialismo ci insegna a ragionare anche in termini di classi sociali e non solo di popoli. Un paese in cui eleggere il presidente costa ormai sei miliardi di dollari, dove i ricchissimi (l’1% della popolazione) possiedono un terzo del patrimonio complessivo e i ricchi (il 10%) possiedono il 70% della ricchezza nazionale, dove sessanta milioni di cittadini sono esclusi dal servizio sanitario e due milioni di cittadini sono in carcere è una democrazia fino a un certo punto. Conosco moltissimi cittadini americani apertamente critici verso il sistema e, se vogliamo cambiare qualcosa in Europa e nel mondo, dobbiamo evitare un consolidamento tra classe dominante e dominata. Criticando gli “americani” in senso lato, facciamo soltanto il gioco dell’elite finanziaria che guida quel paese, che scientemente sventola da sempre lo spauracchio del nemico esterno per ottenere la fedeltà della classe media e del proletariato. Se gli USA sono stati coinvolti in almeno duecento tra guerre e campagne militari, dalla fondazione ad oggi, non è certo un caso. Gli USA sono in uno stato di guerra permanente contro il mondo esterno per evitare di sfaldarsi. Si costruisce artatamente un patriottismo della paura, per evitare l’esplodere del conflitto interno tra le classi sociali, le tante etnie, i tanti gruppi religiosi. Per venire alla sua domanda, non mi stupisce il fatto che un paese che ha perso una guerra si trovi temporaneamente in uno stato di subalternità nei confronti della potenza vincitrice. È nella natura delle cose. Tuttavia, ci sono due aspetti dei rapporti Italia-USA che mi lasciano alquanto perplesso. Il primo è che lo stato di subalternità più che temporaneo sembra permanente. Dura da settanta anni. Alla fine della guerra fredda si pensava che sarebbe cessato. In fondo i russi si sono ritirati dai cosiddetti “paesi satelliti”. Invece, gli americani non solo non si sono ritirati dall’Europa occidentale, ma hanno aperto nuove basi in quella orientale. Il secondo aspetto che mi rende perplesso è che i tentativi di svincolarsi dalla tutela dei vincitori, che sono anch’essi nella natura delle cose, si sono registrati più in passato che oggi. Oggi la classe politica italiana sembra più rassegnata di quella della Prima repubblica, dove potevamo avere un Giulio Andreotti che faceva una politica apertamente filo-araba, un Aldo Moro che portava i comunisti al governo o un Bettino Craxi che schierava l’esercito a Sigonella. Oggi, gli italiani, gli europei, vengono spiati, svillaneggiati, trattati con sufficienza, e invece di reagire come dovrebbero – mostrando di avere un minimo di orgoglio – si umiliano ulteriormente, arrivando a violare leggi internazionali e protocolli diplomatici per eseguire gli ordini di Washington. Mi riferisco al caso del presidente boliviano Evo Morales, dirottato a Vienna, dopo che Italia, Spagna, Francia e Portogallo hanno negato l’autorizzazione al sorvolo, sulla base del sospetto che trasportasse il dissidente Edward Snowden. Si tratta di un caso enorme, prontamente relegato in penultima pagina dai giornali di sistema. I latino-americani evidentemente hanno la schiena più dritta di noi, dato che hanno convocato i nostri ambasciatori e hanno offerto asilo a Snowden. Il comportamento di Enrico Letta ed Emma Bonino non mi stupisce, a dire il vero, perché conosciamo la biografia di questi signori. Ma noi cittadini non possiamo non provare un senso di vergogna, quando vediamo i nostri rappresentanti politici genuflettersi di fronte ad uno Stato straniero che fa palesemente i propri interessi, a scapito dei nostri. È evidente infatti che gli USA agiscono a beneficio dell’economia nazionale, mentre la nostra classe dirigente è incapace di difendere imprenditori e lavoratori. La ragione ultima di questo riprovevole comportamento non la conosciamo. Possiamo pensare che i nostri politici siano ricattati, dato che lo spionaggio ha proprio questo fine. Oppure sono semplicemente pavidi, impreparati, geneticamente gregari, o pagati. Ma quale che sia la ragione, se agli italiani è rimasto un minimo di dignità, che siano di destra o di sinistra, al prossimo appuntamento elettorale, non dovrebbero dare un solo voto ai rappresentanti di questo governo e alle forze politiche che lo sostengono. L’Italia e l’Europa hanno bisogno di essere guidate da statisti, non da servi.

Potrebbe entrare più nello specifico, facendo magari qualche esempio, per spiegare in che senso la subalternità geopolitica può risolversi in un danno per l’industria nazionale, lo sviluppo tecnologico, l’occupazione?
Possiamo per esempio richiamare alla memoria quanto è accaduto negli anni sessanta, se non altro perché paghiamo ancora le conseguenze di quei fatti. Negli anni sessanta c’è il miracolo economico. Non solo cresce l’industria, ma la scienza italiana si dota di strutture all’avanguardia che promettono di mantenerla alla pari con gli altri paesi occidentali. Un esempio è il Nobel attribuito a Giulio Natta che – si badi – ottiene il premio lavorando in Italia e presentando i risultati all’Accademia dei Lincei, mentre gli altri (pochi) premi nobel italiani del dopoguerra sono stati ottenuti lavorando all’estero. Nel triennio 1962-1964 accade però qualcosa che blocca tutti i programmi di ricerca più avanzati e immette l’Italia “sulla via del sottosviluppo”, per usare un’efficace espressione di Toraldo di Francia. Le nostre università diventano solo “di insegnamento” e non più “di ricerca”. Le stesse grandi aziende pubbliche si disimpegnano. Qui, per capire quello che è successo, dobbiamo affiancare alla storia della cultura anche l’analisi geopolitica. L’orientamento luddista dell’intellighenzia comunista è solo una con-causa di quanto accade. Diciamo che il PCI, forse perché influenzato da alcuni suoi intellettuali che fanno ormai un’equazione tra capitalismo e tecnologia, non fa la necessaria opposizione. Tuttavia, non dobbiamo scordare che al potere in Italia, in quegli anni, c’è la DC, con la sponda del PSDI di Saragat. La DC decide a riguardo delle politiche di ricerca e dei finanziamenti alle università e alle aziende pubbliche d’avanguardia. E decide in una situazione di sovranità limitata: l’Italia è soltanto un elemento del quadro geopolitico deciso a Yalta. Ebbene, la ricerca tecno-scientifica italiana riceve in quegli anni quello che Enrico Bellone, ne La scienza negata, definisce “il colpo di maglio”. Nel 1962 muore Enrico Mattei e con lui il progetto di approvvigionamento energetico autonomo dell’Italia. Su questo caso non spenderò troppe parole, perché è piuttosto noto. Non ci sono prove certe che si sia trattato di un omicidio su commissione, ma ben pochi credono all’incidente. Meno noti sono altri fatti. Il 10 agosto del 1963 Saragat lancia un’offensiva mediatica contro il CNEN – l’ente pubblico che gestisce il programma nucleare – che sfocierà nell’arresto del direttore Felice Ippolito, il quale rimarrà in carcere quattro anni, fino a quando non sarà graziato dalla stessa persona che lo aveva rovinato. A concedere la grazia sarà infatti lo stesso Saragat, nel frattempo premiato con la Presidenza della Repubblica. Sempre nel 1964 viene arrestato il chimico Domenico Marotta, direttore dell’Istituto Superiore della Sanità, che aveva approntato un programma avanzatissimo per l’Italia nel campo della medicina e della farmacologia. E qui alla campagna denigratoria collabora l’Unità. Questa è stata la Caporetto della scienza italiana, dalla quale non ci siamo più ripresi. Qui concorrono gli interessi di grandi gruppi industriali e petroliferi stranieri e la pochezza della nostra classe politica che per interesse, insipienza, irresponabilità, subalternità, o amor di quieto vivere si è prestata a questi giochi. Le accuse si riveleranno infatti ridicole: Marotta verrà assolto e Ippolito – dopo molti anni di carcere – vedrà le accuse ridimensionarsi ad irregolarità amministrative. Ma i programmi di ricerca e i relativi finanziamenti non verranno più riattivati. Per un po’ abbiamo retto alla concorrenza straniera grazie alla svalutazione competitiva. Poi, quando siamo entrati nella zona Euro, è finita la festa. Se l’Italia è ferma da vent’anni in termini di PIL è anche per queste ragioni, delle quali nel talk show non si parla mai. Possiamo dare la colpa agli americani di tutto questo? Sì e no. Sappiamo bene chi ha finanziato la “scissione di Palazzo Barberini”, nel 1947. La fuoriuscita del PSDI di Saragat dal PSI, allora filosovietico, è stata il viatico per l’ingresso dell’Italia nella NATO. Tutto il resto è conseguenza. Ma gli USA fanno semplicemente il proprio mestiere di superpotenza, fanno i propri interessi nazionali o quelli delle proprie oligarchie. È normale che cerchino di stabilire un’egemonia. La colpa del nostro declino va piuttosto ricercata nella mollezza delle nostre classi dirigenti, che hanno rinunciato a difendere la scienza e l’industria nazionale. Non dubito che la situazione fosse difficile. I giocatori in campo non erano partecipanti a un ballo di gala: servizi segreti, mafie, logge coperte, gruppi terroristici di destra e di sinistra, organizzazioni paramilitari e paralegali. Ci sono stati molti morti in Italia. Mi chiedo però se ora dobbiamo andare avanti così e arrivare al default, vittime di una classe politica prigioniera di ricatti incrociati, o se possiamo finalmente scrollarci di dosso tutto questo marciume e ripartire, ricostruendo la società sulle fondamenta solide della scienza, della tecnica, dell’industria.”

Da Il socialismo nel XXI secolo. Intervista a Riccardo Campa, a cura di Michele Franceschelli.
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