La NATO del terzo millennio, l’unico blocco militare esistente al mondo, dopo essersi espansa da 16 a 28 membri nello scorso decennio, è ora impegnata nella sua prima guerra terrestre e nella sua prima guerra asiatica, in Afghanistan.
Con la frammentazione del Patto di Varsavia e l’implosione sovietica degli anni 1989-1991, la NATO – lungi dal ridimensionare il suo potere militare in Europa e tantomeno dal dissolversi – ha visto l’opportunità di espandersi in tutto il continente e nel mondo.
A cominciare dalla campagna di bombardamenti in Bosnia nel 1995, essa ha prontamente ed inesorabilmente dispiegato la sua forza militare verso est e sud, nei Balcani, in Africa nordorientale e centrale, nell’intero bacino del Mediterraneo, in Asia centrale. Così come nel Caucaso, in Scandinavia includendo le tradizionalmente neutrali Svezia e Finlandia, e nella regione Asia-Pacifico dove ha avviato dei rapporti individuali di cooperazione con Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Oggi la NATO ha le proprie forze armate ed accordi di cooperazione con i Paesi di tutti i sei continenti. Una macchina militare che può vantare due milioni di truppe ed i cui Stati membri contano per oltre il 70% della spesa mondiale in armamenti.
Dopo aver condotto la guerra in Europa, contro la ex Jugoslavia nel 1999, ed in Asia (in Afghanistan, con sconfinamenti in Pakistan) a partire dal 2001 fino a non si sa bene quando, la NATO attualmente è protagonista di operazioni navali al largo delle coste africane nel Golfo di Aden. Essa è inoltre impegnata nella definizione di un nuovo Concetto Strategico che prenda il posto di quello risalente al 1999.
Già nel 2008, l’allora Segretario Generale Jaap de Hoop Scheffer aveva invitato a sviluppare una strategia per affrontare le sfide del nuovo millennio, domandando un incremento di bilancio vista “la crescente lista di responsabilità”. E riferendosi a queste ultime, “miriade” è la parole esatta usata lo scorso 1 ottobre – nell’ambito di una conferenza organizzata congiuntamente dalla NATO e dai Lloyd’s di Londra – dal presidente di questi ultimi Peter Levene: “Il nostro sofisticato, industrializzato e complesso mondo è sotto attacco da parte di una miriade di determinate e mortali minacce”.
Il medesimo giorno della conferenza, sul quotidiano The Telegraph è comparso un articolo a firma dello stesso Levene e dell’attuale segretario generale della NATO, il danese Anders Fogh Rasmussen. In esso si afferma che “i dirigenti industriali, inclusi quelli dei Lloyd’s, sono stati coinvolti nell’attuale processo di elaborazione della nuova linea direttiva della NATO, il Concetto Strategico; il vice-capo del gruppo è l’ex amministratore delegato della Shell [la compagnia petrolifera anglo-olandese, ndr], Jeroen van der Veer”.
Levene e Rasmussen sono stati molto espliciti nel dichiarare la necessità che la NATO protegga gli interessi economici occidentali, affermando che “gli uomini hanno sempre combattuto per le risorse e la terra. Ma adesso stiamo vedendo queste pressioni in una scala più grande… Dobbiamo prepararci a pensare l’impensabile”. L’elenco delle “minacce mortali” comprende: pirateria, sicurezza informatica, cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi, spostamenti improvvisi di popolazioni, scarsità di acqua, siccità, cali nella produzione di cibo, ritiro del ghiaccio artico, sicurezza degli approvvigionamenti energetici e diversità delle loro fonti…
Nel suo discorso alla conferenza, Rasmussen ha auspicato che la cooperazione con gli oltre 40 Paesi con cui la NATO ha accordi individuali o collettivi venga estesa anche a queste nuove “minacce”. Il loro crescente numero rappresenta una appropriazione, da parte della NATO, di responsabilità e funzioni che sono propriamente quelle dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), non certo quelle di un blocco militare non eletto da nessuno ed i cui Paesi membri, messi insieme, rappresentano solo una piccola frazione della popolazione mondiale.
jaap de hoop scheffer
La fine della neutralità scandinava
Finlandia e Svezia sono, soprattutto la seconda, i più celebrati Paesi neutrali d’Europa. Nell’ultimo anno e mezzo, pressioni vieppiù intense sono state esercitate, sia all’interno che all’esterno, per integrarli pienamente nella NATO.
La piena integrazione di Finlandia e Svezia nel dispositivo militare atlantico pone naturalmente una minaccia ancora maggiore alla Russia, ormai circondata da un “cordone sanitario” occidentale che prevede crescenti dispiegamenti aerei, navali, terrestri, missilistici e di spionaggio dai mari di Barents e Baltico fino al mar Nero.
Russia e Finlandia condividono un confine di 1.200 chilometri, con la Finlandia posta di fronte o vicino a tre mari – Baltico, di Barents e Norvegese – che ospitano regolari sorvoli aerei NATO, i Battaglioni Nordici dell’Unione Europea (legati alla stessa NATO) ed altre formazioni militari, di recente costituzione, che guardano a est verso la Russia ed a nord verso il nuovo campo di battaglia dell’era globale, l’Artico.
Nell’autunno 2007, il ministro della Difesa finlandese Jyri Hakamies, in visita negli Stati Uniti, ha pubblicamente affermato che la più grande sfida alla sicurezza del suo Paese è rappresentata dalla “Russia, Russia, e Russia! E non solo per la Finlandia, ma per tutti noi”. Chiaro.
Finlandia e Svezia – entrambe con truppe inviate in Afghanistan – sono state cooptate nella NATO direttamente od attraverso meccanismi come il Consiglio Nordico (una struttura di cooperazione militare avviata dopo la seconda guerra mondiale insieme a Danimarca, Islanda e Norvegia), i già citati Battaglioni Nordici dell’UE e la crescente integrazione fra i ruoli militari di NATO ed Unione Europea. Nel gennaio 2008, il segretario generale del Consiglio Nordico Jan-Erik Enestam, in un articolo di stampa, ha sostenuto l’opinione secondo cui “la NATO è l’unica importante organizzazione internazionale della quale la Finlandia non sia membro. Potrebbe essere che siano maturi i tempi per l’adesione. Nel frattempo sarebbe importante stabilire una cooperazione più stretta nel campo della difesa con Svezia e Norvegia. Quest’ultima, dopo tutto, appartiene alla NATO”.
A partire da quel momento, una successione ininterrotta di dichiarazioni – ed azioni, per fare il paio – è stata rilasciata dalle bocche e dalle penne dei più importanti esponenti governativi e di partito finlandesi e svedesi, suscitando il gradimento dei funzionari della NATO e del governo statunitense. In maniera rapida ed inesorabile, la NATO ha ormai preso il controllo completo della politica estera dell’Europa e del suo apparato militare, senza lasciare spazio a nessun caso di neutralità. La fine della neutralità militare della Scandinavia ha un importante significato in sé stessa, ma ancora di più rispetto a ciò di cui è esempio. L’integrazione atlantica di Finlandia e Svezia è il dettaglio finale di un “grande” paesaggio composto da nazioni europee – grandi e piccole, occidentali ed orientali, continentali ed insulari – tutte incorporate in un blocco militare in espansione globale controllato da una potenza di un altro emisfero. Continua a leggere
Il Montenegro diventa una base
A seguito di una consultazione referendaria, il Montenegro ha dichiarato la propria indipendenza il 21 maggio 2006. Con un territorio di 14.000 kmq (meno della Puglia) e 650.000 abitanti, è stato il 192° ed ultimo Stato ad entrare nell’ONU.
A distanza di soli sette mesi, aveva già aderito al Partenariato per la Pace della NATO. I montenegrini però non sono mai stati interpellati sulla questione, ed alcuni sondaggi suggeriscono che un 70% di loro voterebbe contro l’ingresso nell’Alleanza Atlantica se avesse l’opportunità di farlo. La principale ragione di questa ostilità sta nell’aggressione della NATO alla ex Jugoslavia del 1999.
Nel giugno dell’anno scorso, la NATO ha svolto un proprio seminario a Podgorica, capitale del Paese. Dopo solo due settimane, è stato lanciato un cosiddetto “Dialogo Intensificato” tra la NATO ed il Montenegro. A novembre 2008, il Presidente Milo Djukanovic – dopo esser stato rassicurato che “la NATO non è stanca di allargarsi” (testuali parole dell’ex segretario generale Jaap de Hoop Scheffer) – ha presentato formale domanda di ingresso nell’alleanza, tradottasi in un Piano d’Azione Individuale per l’Adesione.
Il mese successivo, il Montenegro e la Bosnia sono stati accolti nella “Catena Adriatica” (Adriatic Charter), il meccanismo di cooperazione intrapreso sotto l’egida statunitense nel 2003 per coordinare gli sforzi di Albania, Croazia e Macedonia durante il loro cammino di avvicinamento alla NATO (conclusosi solo per i primi due Paesi).
Il 17 dicembre scorso, l’ambasciatore negli Stati Uniti Miodrag Vlahovic ha firmato un SOFA che stabilisce termini e condizioni per lo stazionamento di forze militari di tutti i Paesi membri NATO in Montenegro.
Ad inizio febbraio 2009, Frank Boland, direttore della Pianificazione per la Politica di Difesa della NATO, ha dichiarato ad un quotidiano balcanico che il Montenegro potrebbe diventare un membro dell’alleanza nel 2012, una volta che il Paese si sia adeguato agli standard NATO per quanto riguarda l’addestramento delle truppe.
Lo scorso 28 luglio, il Montenegro ha annunciato di stare assegnando un contingente iniziale di 40 soldati alla missione ISAF in Afghanistan.
Una guerra sporca, senza onore
L’esordio in Afghanistan.
L’avventurismo bellico della Repubblica delle Banane continua ad irrobustirsi ed a costare alla gente perbene altri miliardi di euro,
di Giancarlo Chetoni
La pianificazione del coinvolgimento bellico dell’Italietta in Afghanistan nasce nella Sede del Comando Generale Alleato per il Sud Europa nei mesi successivi al Novembre 2001.
Se la campagna aerea USA ha spazzato via le posizioni tenute dalle forze pashtun a est a sud ed a nord del Paese e disperso sul terreno le sue formazioni combattenti con il sostegno dei Signori della Guerra dell’Alleanza del Nord del calibro di Daud, a libro paga della CIA, accusato recentemente di efferati crimini di guerra, per la Coalizione il lavoro che resta da fare nel Paese delle Montagne è semplicemente enorme.
Il nemico non mollerà facilmente la presa. La morfologia del territorio, la sua estensione, una viabilità primitiva che si inerpica su tornanti di montagna, la totale mancanza di una decente rete stradale di altopiano, l’assenza di risorse minerali ed energetiche da depredare, una struttura sociale e religiosa reiteratamente refrattaria, ostile, a modelli di civiltà estranei ed una struttura statale inesistente fanno dell’Afghanistan, per bene che vada, un grosso buco nero.
I comandanti locali taliban, anche se danno l’ordine di smobilitazione, inviteranno i militanti a mimetizzarsi alle periferie delle città lasciando nei centri urbani i combattenti più determinati per avere occhi, orecchie e braccia alle spalle degli aggressori.
I nuclei pashtun che non saranno sciolti o distrutti esfiltrano un po’ alla volta dalle aree sottoposte a rastrellamenti e bombardamenti per trovare riparo nei fondovalle, nelle aree rurali e nei villaggi di montagna.
Anche se la vittoria è stata facile, quasi senza perdite, gli analisti militari USA e NATO sanno che tenere sotto stretto controllo militare l’intero Afghanistan non sarà né semplice né facile. Occorrerà chiedere ed ottenere, ancora una volta, il sostegno politico, economico e militare alla cosiddetta Comunità Internazionale, a quella nuova e vecchia Europa dell’Est e dell’Ovest, all’Inghilterra, al Canada, a Stati Criminali e Repubbliche delle Banane.
La nostra (!?) avventura militare prende così ufficialmente avvio sulle montagne di Kost, dopo un anno di preparazione logistica e di acclimatamento, nel Luglio 2003 con un distaccamento di paracadutisti della Folgore coinvolto in un primo conflitto a fuoco con presunte formazioni terroriste che, quella volta, si sganciano nell’oscurità. Continua a leggere
L’eredità di Jaap
Il Segretario Generale uscente della NATO, l’olandese Jaap De Hoop Scheffer, è in procinto di lasciare il posto ad Anders Fogh Rasmussen, che si è dimesso da Primo Ministro danese per subentrare nell’incarico il prossimo 1 agosto.
Durante le ultime settimane, De Hoop Scheffer ha tributato una serie di visite d’addio nei Paesi membri NATO di recente acquisizione (Bulgaria, Romania, Slovenia, Albania e Croazia) e presso altri che sono tuttora sulla soglia di ingresso (Macedonia e Finlandia). Durante il suo mandato quale rappresentante dell’unico blocco militare esistente nel mondo, la NATO ha ingrossato le proprie file con 9 nuovi Stati (oltre a quelli citati appena sopra, anche le tre repubbliche baltiche e la Slovacchia), pari a tre quarti dei Paesi fondatori sessant’anni fa.
Tutte le nuove acquisizioni sono in Europa orientale, tre confinano con la Russia e due terzi di esse erano precedentemente parte dei tre Paesi multietnici dell’Europa (e nei primi due casi, anche multiconfessionali) disgregatisi nel periodo 1991-1993: Unione Sovietica, Jugoslavia e Cecoslovacchia. I bocconi piccoli sono più facili da ingoiare.
In coerenza con ciò, lo scorso 9 maggio De Hoop Scheffer ha reso pubblica la propria soddisfazione circa il fatto delle nove adesioni realizzatesi durante il suo mandato, auspicando che la Macedonia diventi presto la decima, una volta che sia risolto il contenzioso in corso con la Grecia sul nome da assegnare costituzionalmente all’ex territorio jugoslavo.
Si tenga presente che il fattore determinante nella designazione di De Hoop Scheffer quale Segretario Generale della NATO fu il suo sostegno all’invasione dell’Iraq quando era Ministro degli Esteri dell’Olanda ed il suo impegno per il dispiegamento di truppe olandesi in quel Paese. Il suo successore, Rasmussen, ha svolto un ruolo simile come capo del governo in Danimarca a partire dal 2003.
Si noti, inoltre, che tutte le nove nazioni che De Hoop Scheffer ha contribuito a portare dentro la NATO hanno inviato i propri soldati sia in Iraq che in Afghanistan, in diversi casi prima del loro ingresso nell’Alleanza Atlantica e come precondizione per l’adesione alla stessa.
E’ stato sempre durante il suo mandato che la NATO ha lanciato l’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul, per aumentare la cooperazione e il dislocamento di militari con gli Stati partecipanti al Dialogo Mediterraneo (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia) ed alla Cooperazione del Golfo (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), rafforzando così la presa dell’alleanza dalla costa atlantica dell’Africa al Golfo Persico.
Il suo canto del cigno è rappresentato dal consolidamento dell’integrazione militare di quella zona dell’Europa sudorientale dove, al termine della Guerra Fredda, iniziò l’espansione della NATO: i Balcani. Quale sia il grado di sovranità dei nuovi membri dell’alleanza e degli attuali canditati ad entrarvi, è ben delineato dalla notizia di stampa dello scorso 7 maggio secondo cui il governo albanese sta svolgendo negoziati con la NATO affinché essa prenda pieno controllo dello spazio aereo dell’Albania.
Al che, viene in mente la favola di Esopo del lupo che si offre di liberare la pecora dalla rude guida del cane pastore.
L’Iniziativa di Sicurezza della Proliferazione (PSI) ed il controllo degli oceani
Il controllo degli oceani del mondo. Preludio alla guerra?
L’Iniziativa di Sicurezza della Proliferazione (PSI) e la flotta USA da 1.000 navi
di Rick Rozoff, Global Research, 30 gennaio 2009
Fra i più monumentali ed ampi sforzi, benché frequentemente ignorati, da parte dell’ex amministrazione Bush di pianificare il dominio militare su scala planetaria e così facendo inoltre alterare le relazioni internazionali, c’è quello che il suo iniziatore, John Bolton, nel suo ruolo di Sottosegretario di Stato per il Controllo degli Armamenti e la Sicurezza Internazionale, all’epoca chiamò l’Iniziativa di Sicurezza della Proliferazione (PSI – Proliferation Security Iniziative).
Avviata ufficialmente il 31 maggio 2003, la PSI era la più ampia applicazione della proiezione internazionale di potere da parte degli USA nell’epoca post-Guerra Fredda, implicando niente meno che la capacità di esercitare controllo navale, interdizione ed eventualmente azione militare autonoma in tutti gli oceani del mondo.
Seguendo e rinforzando l’operazione Enduring Freedom e le sue sei aree di responsabilità dall’Asia meridionale al Corno d’Africa e dall’Oceano Indiano al Mar dei Caraibi, e il preludio e prototipo della NATO all’Iniziativa di Sicurezza della Proliferazione, la cosiddetta Operazione Active Endeavour che ha posto per oltre 7 anni tutto il mar Mediterraneo sotto il suo controllo, la PSI è un’operazione militare concepita ed implementata unilateralmente da Washington senza aver consultato le nazioni ed i popoli delle aree interessate. E come l’operazione Enduring Freedom e l’operazione Active Endeavour (nella seconda categoria che segue) la sua autoproclamata missione è illimitata come area d’azione e durata nel tempo.
La PSI venne annunciata con l’obiettivo asserito di, secondo il sempre compiacente New York Times, “interdire i materiali nucleari ed il contrabbando”. Un’immunità abbastanza ampia da includere la maggior parte delle operazioni navali ovunque e per ogni attuale proposito Washington voglia ampliarla.
Qualcosa che, nondimeno, senza esitazioni affiancasse la ricerca manipolata di armi di distruzione di massa da parte di Washington con il “terrorismo globale”, come si vedrà più avanti. E semplicemente estendere la presenza navale USA ed alleata e la capacità di fare guerra su rotte marine geostrategicamente vitali ed agognate, regioni costiere, canali di transito energetici e militari ed in qualsiasi mare in qualsiasi momento, così facendo incontrare le attuali esigenze politiche e strategiche. Continua a leggere
60 (anni di NATO)
STRASBURGO, 2 aprile – Dopo gli incidenti e le violenze che hanno segnato il G20 di Londra, a prepararsi all’arrivo in massa di manifestanti, no global, terzomondisti, pacifisti e autonomi sono le tre città, Strasburgo, Kehl e Baden Baden, che sulle rive del Reno ospiteranno i ventotto capi di Stato e di governo della NATO.
Le autorità francesi e tedesche si sono preparate mobilitando complessivamente oltre venticinquemila uomini della sicurezza, in attesa della mega manifestazione, che prenderà avvio sabato mattina a Strasburgo.
In Germania, 14.600 poliziotti verranno affiancati da seicento militari. Duecento poliziotti tedeschi e sei mezzi con gli idranti attraverseranno la frontiera, che sarà chiusa per 24 ore da venerdì notte, per dare una mano ai colleghi francesi.
A Strasburgo, a garantire che le due zone rosse siano ermeticamente chiuse a chi è sprovvisto di permessi ci saranno circa diecimila poliziotti e gendarmi, ai quali si uniranno alcune unità delle forze d’elite. Lo spazio aereo fra Strasburgo e Badedn Baden, dove domani sera si svolgerà la cena dei leader, sarà off limit a tutti gli aerei non previsti e anche le autostrade fra le due città saranno chiuse.
E’ la più grande operazione di sicurezza sul territorio francese dal G8 di Evian nel 2003, ha reso noto il ministro dell’Interno Michele Alliot Marie, secondo la quale duemila dei circa 35-40.000 manifestanti attesi a Strasburgo sono potenzialmente violenti. Mentre sul lato tedesco sono attesi circa 25.000 manifestanti, che potrebbero includere, secondo le autorità locali, circa tremila violenti.
Tafferugli e tensioni si sono già registrate nei giorni scorsi fra partecipanti al contro-vertice e forze dell’ordine. Due collettivi tedeschi hanno annunciato che bloccheranno gli accessi a Strasburgo, sabato mattina, quando i leader NATO attraverseranno il ponte che collega la riva tedesca e quella francese del Reno. ”Ci prepariamo a bloccare l’accesso ai partecipanti del vertice e vogliamo che Obama lo sappia”, ha affermato uno rappresentanti della ‘sinistra interventista’ Jonas Frykman.
Nel frattempo sono a un punto morto i negoziati fra il collettivo anti-NATO e la prefettura di Strasburgo per modificare il percorso della manifestazione di sabato e che prevede un tragitto lungo le rive del Reno, fuori dalla città. ”E’ incredibile – ha commentato Arielle Denis del Movimento per la pace – Lungo gli otto chilometri non c’è assolutamente nulla, abbiamo fatto proposte compatibili con le esigenze di sicurezza, ma che permettevano di sfilare nelle zone abitate. Lo spazio pubblico non appartiene ai capi di stato, ma ai cittadini”, ha commentato.
Le dispute sulle misure di sicurezza sono arrivate anche alle aule dei tribunali. A Wiesbaden un fotografo indipendente si è visto dare ragione per il suo mancato accredito da parte della NATO, perché ”ingiustificato” e frutto di una procedura ”illegale”.
(ANSA)
Primo evento ufficiale del Vertice NATO che celebra i sessanta anni dell’Alleanza Atlantica, lo Youth Forum si è aperto oggi pomeriggio con un incontro tra il Segretario Generale uscente Jaap De Hoop Scheffer e circa trecento giovani, studenti o lavoratori, provenienti da 60 Paesi.
L’incontro, denominato La NATO nel 2020: cosa ci aspetta?, proseguirà nella giornata di domani, che prevede un discorso di apertura del guru dei “nuovi filosofi” francesi, quel Bernard-Henri Lévy tristemente noto alle cronache per il suo acceso astio antiserbo.
Questo è solo l’antipasto.
A fine giornata, foto ricordo con Jaap e la di lui consorte:
Il nuovo Kissinger detta l’agenda
Gli Stati Uniti intendono promuovere al vertice un vigoroso dibattito per definire la nuova filosofia e il nuovo assetto strategico dell’Alleanza Atlantica rimasti all’epoca della Guerra Fredda. “Dobbiamo adeguare la NATO alle nuove sfide del XXI Secolo”, ha ribadito l’ex generale James Jones, Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’amministrazione Obama.
“Dobbiamo essere in grado di affrontare le sfide simmetriche ma anche quelle asimmetriche (come la guerriglia e i terroristi) – ha spiegato Jones – E’ giunto il momento di uscire dalla mentalità del XX secolo e reinventare il ruolo della NATO, pensando al futuro, giungendo ad una nuova versione più agile, più attiva e più rapida nell’eseguire missioni di tipo diverso che includono la prevenzione di conflitti futuri”. “Invece di avere la NATO in una postura reattiva, che aspetta che accada qualcosa di brutto e poi dopo un dibattito che può durare dai sei mesi ad un anno decide infine di inviare truppe – ha affermato Jones – vorremmo vedere un’Alleanza che reagisce più rapidamente in modo da prevenire conflitti futuri”.
TotoNATO
Ankara, 3 aprile – Il Primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, si è detto ”personalmente contrario” alla candidatura del suo omologo danese, Anders Fogh Rasmussen, alla guida della NATO. E’ quanto riportano le televisioni turche. ”Sono personalmente contrario. Dubito delle sue capacità di contribuire alla pace mondiale”, ha detto Erdogan rispondendo a una domanda nel corso di una conferenza stampa al centro di ricerche Chatham House. In particolare, il premier turco ha citato ad esempio il caso delle caricature di Maometto, pubblicate da un giornale danese nel 2005, e che avevano indignato il mondo musulmano, Turchia compresa.
(ASCA-AFP)
Al celebre Kurhaus della città termale di Baden Baden, il concerto della violinista tedesca Anne-Sophie Mutter per allietare i nostri uomini.
A seguire cene separate per capi di governo e ministri degli esteri e della difesa, Angelona Merkel assicura che entro oggi comunque decidono.
Qui un superbo streaming della serata.
Per una questione di prossimità fisica
“Credo sia più probabile che al Qaeda riesca a sferrare un attacco terroristico serio in Europa piuttosto che negli Stati Uniti, per una questione di prossimità fisica”, ha detto Obama alla conferenza stampa dopo il colloquio di stamane con il presidente francese Nicholas Sarkozy. Quindi? Sarebbe opportuno che “l’Europa rafforzi le proprie capacità militari, nell’ambito della NATO, quanto più possibile”.
Dopo aver elogiato la “coraggiosa” leadership di Sarkozy, ha da questi incassato un pieno sostegno all’ulteriore militarizzazione del teatro afghano.
A spese di chi, è facile immaginarselo.
Ricapitoliamo:
la cena di ier sera non era riuscita a dissipare le forti perplessità turche sulla nomina di Rasmussen quale nuovo Segretario Generale.
Stamattina, all’appuntamento della passeggiata sul Reno, il giallo: “Dov’è Berlusconi?” chiede la Merkel. Poi si scopre che il Silvio nazionale era impegnato al telefono per convincere Erdogan che il danese è l’uomo giusto per la NATO del XXI° secolo. Come dargli torto… alla fine le minacce dell’UE – per bocca di Olli Rehn, commissario europeo all’allargamento – di rallentare ulteriormente il processo di avvicinamento della Turchia all’Europa, insieme alle fantomatiche “garanzie” di Obama, hanno fatto il resto. Durante la conferenza stampa di fine Vertice è quindi arrivato l’annuncio in pompa magna, insieme a quello che qualche altro migliaio di soldati – 5.000 per la precisione – verrà inviato in Afghanistan per stanare i Talebani.
Di questi militari aggiuntivi, 900 saranno assicurati dalla Gran Bretagna, 600 dalla Germania ed altri 600 (probabilmente quelli che sta ritirando dalla missione KFOR in Kosovo) dalla Spagna. L’Italia ha annunciato un contributo aggiuntivo fino a 524 uomini, rispetto ai 2.665 già sul terreno. Si tratta di 440 militari che arriveranno entro fine luglio insieme a due aerei da trasporto, a cui si aggiungono tre elicotteri per evacuazioni mediche con 34 uomini di equipaggio.
Sarà inoltre portato da 46 a 100 il numero di carabinieri impegnati nell’addestramento della polizia afghana e, quando partirà la nuova missione di addestramento NATO strutturata sulla falsariga di quella implementata in Iraq, ne arriveranno altri 50.
Magari accompagnati da qualche spiona.
Per concludere:
i partecipanti al Vertice hanno rilasciato due dichiarazioni, una molto stringata sulla Sicurezza dell’Alleanza che, rallegrandosi per i sessanta anni della NATO, la celebra quale artefice di una “epoca mai vista di pace e stabilità”.
La seconda, articolata in ben 62 punti, annuncia l’inizio del processo di elaborazione del Nuovo Concetto Strategico il quale definirà il ruolo della NATO per la sicurezza nel secolo in corso.
Per coerenza logica e cronologica, fuori dai Palazzi, venivano distribuite mazzate a destra ed a manca.
Nella foto, Jaap l’uscente e Anders Forgh Rasmussen, Segretario Generale della NATO a partire dall’1 agosto p.v.
Il quale Rasmussen avrebbe assicurato “una collaborazione speciale con la Turchia ed il mondo musulmano”. Le garanzie fatte pervenire da Obama consisterebbero invece nel fatto che uno dei vice di Rasmussen sarà turco e che i comandanti della Turchia saranno presenti nel comando militare integrato dell’Alleanza.
Fatto sta che il peso geopolitico delle Turchia, unico Paese di religione musulmana appartenente alla NATO, pare accrescersi e questo potrebbe -diciamo, prudentemente, potrebbe – non essere un male.
[chiuso il 5 aprile]
La voce del Padrone, stamane a Bruxelles
TotoNATO
Sono ormai in pieno svolgimento i preparativi per il prossimo vertice NATO di Strasburgo – Kehl, in programma all’inizio di aprile. Durante l’incontro, che segnerà il sessantesimo anniversario dell’Alleanza Atlantica, verrà ufficializzato l’ingresso quali nuovi membri di Albania e Croazia e molto probabilmente anche il ritorno della Francia nel comando militare integrato, dal quale uscì nel 1966 per decisione del generale Charles De Gaulle. Sono inoltre attesi l’adozione di un nuovo Concetto Strategico (quello in vigore risale al 1999) e la decisione circa i nuovi contingenti militari da inviare in Afghanistan. Il vertice, fra l’altro, sarà il primo a vedere la presenza del neoeletto presidente USA Barack Obama.
Pare comunque che l’attenzione dei governi dei Paesi membri sia attualmente focalizzata sulla successione a Jaap de Hoop Scheffer nel ruolo di Segretario Generale della NATO. I principali candidati a sostituirlo, quando alla fine della prossima estate concluderà il suo mandato, sembrerebbero essere:
– Radoslaw Sikorski, attuale Ministro degli Esteri polacco, ufficialmente sostenuto dal suo Primo Ministro, Donald Tusk, e da tutti gli Stati membri NATO dell’Europa orientale;
– il Primo Ministro danese Anders Rasmussen, che però pare più interessato al posto di primo Presidente della nuova Unione Europea (una volta che entrasse in vigore il Trattato di Lisbona, previa una nuova consultazione referendaria nella riluttante Irlanda);
– gli ex ministri canadesi della Difesa Peter MacKay e degli Esteri John Manley, la cui designazione violerebbe però la consolidata tradizione che a guidare la NATO sia sempre un europeo;
– in pole position, ci sarebbe comunque Solomon Passy, fondatore del Club Atlantico di Bulgaria dopo la caduta della Cortina di Ferro e Ministro degli Esteri nel governo dell’ex re Simeone (2001-2005).
Lo scorso ottobre, Passy ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale è auspicabile che il processo di allargamento della NATO non si interrompa prima che altri Paesi dei Balcani (Macedonia, Serbia, Bosnia Erzegovina e lo stesso Kosovo) diventino membri. “Se questo accadesse, un terzo degli Stati membri della NATO sarebbero nei Balcani…”.
La NATO a Gaza? La NATO ovunque!
Non contenti del Programma Individuale di Cooperazione siglato lo scorso dicembre fra la NATO ed Israele, ora gli atlantisti, per bocca del Segretario Generale Jaap de Hoop Scheffer, ipotizzano una presenza – almeno indiretta – dell’Alleanza Atlantica in terra di Palestina.
Al riguardo ecco la parte conclusiva del discorso pronunciato da de Hoop Scheffer l’11 gennaio u.s., in occasione della conferenza organizzata congiuntamente dall’Istituto di Studi per la Sicurezza Nazionale e dal Forum Atlantico di Israele a Tel Aviv.
Se voi considerate, signore e signori, i molti seri ed irrisolti problemi nel Medio Oriente, dalla Palestina fino al programma nucleare iraniano, la cooperazione NATO-Israele nell’ambito del Dialogo Mediterraneo può apparire piccola ed insignificante. Non è inoltre sorprendente che alcuni osservatori invochino ulteriori passi avanti, per esempio una forza militare a guida NATO per la regione. Dato che sono stato il primo Segretario Generale della NATO che ha ipotizzato questa possibilità pubblicamente, di certo non sono contrario a una tale idea in via di principio.
La comunità internazione sta lavorando per metter fine alle violenze a Gaza dove, lasciatemelo sottolineare, non è previsto un ruolo per la NATO. Concedetemi, comunque, di usare questa opportunità per ripetere le tre condizione che consentirebbero alla NATO di svolgere un suo ruolo: primo, un accordo generale di pace; secondo, sicuramente, il consenso delle parti e, terzo, un mandato dell’ONU. Se queste condizioni fossero soddisfatte, immagino che la NATO troverebbe difficile dire “no” qualora gli Alleati fossero interpellati per dare un proprio contributo alla pace nel Medio Oriente. Ma sfortunatamente siamo molto lontani dal soddisfare queste condizioni.
Ecco perché abbiamo bisogno di focalizzare il ruolo attuale della NATO. Io non credo che la NATO sia la soluzione, ma che può rendere più facile il raggiungimento delle soluzioni. E questo perché dovremmo lavorare per un ruolo più definito della NATO in Medio Oriente, soprattutto nell’area dell’addestramento e dell’acquisizione di capacità. Un tale ruolo costringerà gli Alleati – europei e nordamericani – a sviluppare politiche coerenti, di lungo periodo per questa regione. Ed aiuterà anche a dissipare la sfiducia che ancora esiste in alcune parti della regione verso la NATO.
Ed aiuterà, penso, a sviluppare un’agenda comune per la sicurezza non soltanto tra singoli Paesi partner e la NATO, ma – idealmente – anche tra singoli Paesi nella regione.
Eccellenze, signore e signori, all’età di 60 anni, la NATO può guardare indietro ad un percorso veramente di successo. Non solo ha protetto la sicurezza dei suoi Stati membri, che è il suo scopo principale ed esso continuerà, ma è stata anche capace di plasmare il suo ambiente strategico in un modo che i padri fondatori di quest’Alleanza neanche osavano sognare nel 1949.
Questa storia di successo può essere estesa alle regioni al di fuori dell’Europa? Precisamente, la formula di associazione, dialogo e cooperazione può essere applicata nel Medio Oriente – ed offrirci una similare promessa di successo?
E’ troppo presto per rispondere a questa domanda con certezza assoluta. Ma come dimostra la crescente cooperazione fra Israele e la NATO, abbiamo molte ragioni per essere ottimisti. Grazie.
[grassetti nostri]
Il contesto all’interno del quale situare questa esternazione lo descrive, come al solito magnificamente, Mahdi Darius Nazemroaya qui.
Meditate, gente. Meditate.
Lo Scheffer di Natale
“Altri due Paesi si stanno preparando per l’adesione – e spero che, un giorno presto, un terzo ed ancora altri li seguiranno. Nonostante alcune sostanziali difficoltà, abbiamo approfondito le nostre relazioni con i partner in Europa ed oltre – ed iniziato a rimettere in pista la nostra relazione con la Russia. E lasciatemi anche menzionare qualcosa che personalmente considero davvero benvenuto – grazie alla direzione del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon, l’ONU e la NATO hanno posto la propria relazione su un livello più politico, per gestire la nostra positiva e mutualmente benefica cooperazione sul terreno.
Se il 2008 è stato impegnativo, il 2009 lo sarà ancora di più. Daremo il benvenuto al nuovo Presidente statunitense Obama al suo primo Vertice NATO, in aprile, a Strasburgo e Kehl. La nostra Alleanza si allargherà. Così anche la nostra operazione in Afghanistan. E ci saranno pure, ne sono sicuro, alcune sorprese per il mio successore nel ruolo di Segretario Generale.”
Che fa, insinua?
Dal New Year’s Message del Segretario Generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer.
Accordo segreto fra l’ONU e la NATO
Pochissimi media hanno riferito, in maniera estremamente sintetica, di un accordo segreto stretto tra le Nazioni Unite e la NATO alla fine di settembre, firmato dai Segretari Generali delle due organizzazioni Ban Ki Moon (ONU) e Jaap de Hoop Scheffer (NATO).
Secondo l’edizione del 26 settembre del quotidiano Financial Times Deutschland, le due parti avevano concordato di mantenere uno stretto riserbo sull’accordo, teso a “semplificare la cooperazione in situazioni critiche come quelle in Afghanistan od in Kosovo”. L’articolo afferma che l’accordo era stato molto discusso all’interno delle Nazioni Unite fino al termine, anche e soprattutto per l’atteggiamento della NATO nei confronti della guerra in Georgia. Alla fine Ban Ki Moon era stato spinto a firmare l’accordo da Francia, Stati Uniti e Regno Unito.
In seguito, il 9 ottobre, l’agenzia di stampa RIA Novosti riportava la notizia che il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov si diceva scandalizzato dall’accordo, che era stato negoziato e firmato tacitamente, senza consultare tutti gli Stati membri. Quando è circolata la voce che si stava preparando un simile accordo tra Nazioni Unite e NATO, Lavrov ha interpellato formalmente il Segretario Generale, ma è riuscito ad ottenere solo risposte vaghe.
Molto duro (e pungente) anche il commento dell’inviato russo presso la NATO, Dmitrij Rogozin. “Forse i nostri funzionari di Bruxelles (cioè della NATO) e di New York (cioè delle Nazioni Unite) nel sonno si trasformano in combattenti contro il male globale e, come Don Chisciotte, lottano con i mulini a venti del terrorismo mondiale”, ha detto il diplomatico. “Di fatto il documento è stato firmato sotto dettatura della NATO, ed usa il linguaggio NATO”, ha aggiunto Rogozin, spiegando che i russi non possono “riconoscere la legittimità di un simile documento e lo considereranno espressione del pensiero personale del signor Ban Ki Moon”.
“Il significato di questo documento è collegato all’Afghanistan” è stata la sua conclusione: la NATO starebbe cercando di presentare la situazione in modo tale da spartire la responsabilità con l’ONU in caso di fallimento in Afghanistan, utilizzando l’Organizzazione delle Nazioni Unite come un “ombrello”.
A seguire il testo dell’accordo, rintracciato da ambienti diplomatici tedeschi, ed un commento in merito del professor Alfred de Zayas, funzionario delle Nazioni Unite a riposo, già Segretario della Commissione dell’ONU per i Diritti Umani.
Dichiarazione congiunta sulla cooperazione tra i segretariati delle Nazioni Unite e della NATO
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite e il Segretario Generale dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, rallegrandosi della cooperazione più che decennale tra le Nazioni Unite e la NATO a sostegno del lavoro delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, e desiderando, nello spirito delle conclusioni del Summit Mondiale del 2005, fornire un quadro di riferimento per la consultazione e la cooperazione allargata tra i loro rispettivi Segretariati, hanno concordato quanto segue:
1. Noi, Segretario Generale delle Nazioni Unite e Segretario Generale dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, riaffermiamo il nostro impegno per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.
2. Le nostre esperienze condivise hanno dimostrato il valore del coordinamento efficace ed efficiente tra le nostre Organizzazioni. Abbiamo sviluppato la cooperazione operativa, per esempio, in operazioni di mantenimento della pace nei Balcani e in Afghanistan, dove operazioni autorizzate dalle Nazioni Unite e condotte dalla NATO si affiancano a operazioni di pace delle Nazioni Unite. Abbiamo anche lavorato insieme e collettivamente con altri partner a sostegno di organizzazioni regionali e sub-regionali. Inoltre la NATO ha fornito risorse e personale al Pakistan a sostegno delle operazioni di soccorso umanitario delle Nazioni Unite nel 2005. La nostra cooperazione è guidata dalla Carta dell’ONU, da linee guida e principi umanitari internazionalmente riconosciuti e dalla consultazione con le autorità nazionali.
3. Un’ulteriore cooperazione contribuirà in misura significativa ad affrontare le minacce e le sfide cui la comunità internazionale è chiamata a rispondere. Sottolineiamo pertanto l’importanza di creare un quadro di riferimento per la consultazione, il dialogo e la cooperazione, anche – se ritenuto opportuno – attraverso scambi regolari ed un dialogo a livello dirigenziale ed operativo su questioni politiche ed operative. Riaffermiamo inoltre la nostra disponibilità a fornire, compatibilmente con i nostri rispettivi mandati e facoltà, assistenza ad organizzazioni regionali e sub-regionali, se richiesto ed opportuno.
4. Sottolineando che questo quadro di riferimento dev’essere flessibile ed in evoluzione, concordiamo di sviluppare ulteriormente la cooperazione tra le nostre organizzazioni su questioni di interesse comune: comunicazione e condivisione di informazioni, ma non solo; questioni concernenti la protezione di popolazioni civili; capacity-building, addestramento ed esercitazioni; lezioni apprese, pianificazione e supporto nelle emergenze; e coordinamento e supporto operativo.
5. La nostra cooperazione continuerà a svilupparsi praticamente, tenendo conto dei mandati, delle competenze, delle procedure e delle capacità di ciascuna Organizzazione, così da contribuire ad un miglioramento del coordinamento internazionale in risposta alle sfide globali.
New York, 23 settembre 2008
Jaap de Hoop Scheffer
Segretario Generale dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico
Ban Ki Moon
Segretario Generale delle Nazioni Unite
Violazione della Carta delle Nazioni Unite
di Alfred de Zayas
Se il testo della dichiarazione comune sulla cooperazione tra Nazioni Unite e NATO dovesse essere esatto sarebbe un vero scandalo, poiché andrebbe contro lo spirito e la lettera della Carta delle Nazioni Unite e scavalcherebbe l’autorità del Segretario Generale delle Nazioni Unite. L’ONU deve rimanere indipendente e non schierarsi mai con un’alleanza militare. È ovvio che questo accordo è un affronto alla Cina ed alla Russia, nonché a tutti i Paesi non-allineati (118 Stati).
Quando il mio ex superiore Sergio Viera de Mello ed altri colleghi delle Nazioni Unite furono uccisi in un attentato nell’agosto del 2003 a Baghdad, spiegai in un’intervista che ciò era parzialmente dovuto al fatto che gli iracheni avevano considerato le Nazioni Unite come un braccio imperialista della NATO e probabilmente continuavano a farlo. Ecco perché i miei bravi colleghi furono colpiti.
Non dobbiamo dimenticare che la NATO ha partecipato a guerre illegali, come quella del 2003 in Irak (violando l’articolo 2.4 della Carta ONU, come l’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan non mancò di affermare più volte). Inoltre la NATO è colpevole di crimini di guerra nei Balcani, in Irak ed in Afghanistan. Anche l’uso di munizioni all’uranio impoverito va considerato un crimine contro l’umanità. L’Assemblea Generale deve assolutamente occuparsi di questo accordo ONU-NATO e dichiarare la sua illegittimità.
Una nuova Irlanda per fermare la NATO
La scorsa settimana, a Bruxelles presso la sede della NATO, si sono riuniti i Capi di Stato Maggiore di più di 60 Paesi, membri dell’alleanza o semplicemente associati in uno dei vari accordi di partenariato che la stessa ha instaurato. Il cosiddetto “Incontro Autunnale” del Comitato Militare della NATO è stato presieduto dall’ammiraglio Giampaolo Di Paola e, fra i tanti argomenti all’ordine del giorno, si è occupato anche della cooperazione militare fra l’Alleanza Atlantica e l’Ucraina; al proposito, l’ammiraglio Di Paola si è congratulato con il rappresentante ucraino, generale Serhiy Kyrychenko [vedi foto], affermando che “non c’è nessun partner della NATO che dia un contributo così forte a tutte le missioni ed operazioni dell’alleanza come l’Ucraina”.
Questa sottolineatura giunge soltanto pochi giorni prima dello svolgimento del cruciale Consiglio Nord Atlantico a livello di Ministri degli Esteri che si terrà il 2 e 3 dicembre. In tale occasione, si riuniranno anche le commissioni bilaterali NATO-Georgia e NATO-Ucraina per decidere se offrire ai due Paesi ex sovietici l’ingresso nell’alleanza, attraverso la sottoscrizione di un apposito Membership Action Plan (MAP).
Casca quindi a fagiolo l’arguto commento dell’ex Primo Ministro slovacco, Jan Carnogursky. Egli richiama il no irlandese al Trattato di Lisbona, che, in ambito di Unione Europea, avrebbe dato alla burocrazia comunitaria il potere di prendere decisioni chiave per il futuro dei popoli del Continente, abolendo il diritto di veto da parte dei singoli Paesi. L’affossamento del Trattato ad opera del referendum d’Irlanda ha quindi permesso che l’UE continui ad operare ancora oggi sulla base del principio di unanimità quando chiamata a deliberare su questioni decisive.
Secondo Carnogursky, la situazione si sta ripetendo in modo identico riguardo l’espansione della NATO. Gli Stati Uniti stanno spingendo Georgia ed Ucraina ad entrare nell’alleanza e, come per il Trattato di Lisbona, dal sistema informativo globale è ritenuto politicamente corretto sostenere la piena adesione allo schieramento atlantico di questi due Paesi. Carnogursky ricorda però come l’espansione della NATO sia avvenuta contraddicendo platealmente le promesse che – prima Ronald Reagan, poi Bush senior – fecero all’epoca a Mikhail Gorbaciov. I capi sovietici furono così “ingenui e creduloni” da non pretendere che tali impegni venissero messi nero su bianco. Alcuni anni dopo effettivamente fu adottato un “Atto Fondamentale sulle relazioni comuni, la cooperazione e la mutua sicurezza tra la NATO e la Russia”, ma in esso ci si limitava ad una generica raccomandazione secondo la quale le parti non avrebbero mai dovuto intraprendere azioni che potessero minacciare la sicurezza europea, senza prima consultarsi con l’altra per ottenerne l’approvazione. L’ulteriore espansione ad est della NATO è ormai storia.
In vista dell’imminente incontro dei Ministri degli Esteri NATO, l’ex premier slovacco ritiene che molti Paesi europei siano convinti che né l’Ucraina né la Georgia (tantomeno dopo l’aggressione all’Ossezia del Sud della scorsa estate) soddisfino i criteri per l’adesione, ma che nessuno l’abbia detto alto e forte. Ad osare di bloccare l’ingresso degli aspiranti membri, a dare il proprio voto negativo in ambito NATO potrebbe essere la Slovacchia, con il consenso della maggioranza dei propri cittadini. Si eviterebbero così ulteriori problemi per l’Europa e, favorendo una ripresa della declinante fiducia russa verso le istituzioni europee, la Slovacchia potrebbe diventare “un autorevole mediatore tra l’Europa occidentale e quella sudorientale”.
Ma ci vuole coraggio, conclude Carnogursky rivolgendosi ai connazionali.
IMPORTANTE AGGIORNAMENTO:
colti da un soprassalto di coraggio (?!), pare che Francia, Germania ed altri Paesi Europei, alla vigilia del Consiglio Nord Atlantico a livello di Ministri degli Esteri NATO dei prossimi 2 e 3 dicembre, abbiano comunicato al Segretario di Stato USA Condoleezza Rice il proprio disaccordo riguardo l’avanzamento del processo di adesione di Georgia ed Ucraina all’Alleanza Atlantica.
Qui la notizia come riportata dall’agenzia di stampa RIA Novosti.
Gli abitanti di Sebastopoli, città ucraina della Crimea con il 97% dellla popolazione di etnia russa, hanno espresso il loro gradimento all’ingresso nella NATO ed alle campagne propagandistiche intraprese dal governo.
“Un’altra questione spinosa che grava sul futuro della NATO è quella del suo immediato vicinato, ed in particolare il vasto e variegato spazio post-sovietico. È ormai escluso che la riunione di dicembre si concluda con l’offerta del MAP a Georgia e Ucraina. L’amministrazione Bush stessa sembra aver ripiegato sul compromesso detto del “MAP without MAP”: un progresso sostanziale nella cooperazione attraverso le Commissioni NATO-Georgia e NATO-Ucraina in vista di un futuro ingresso dei due Paesi nell’Alleanza, senza che il MAP sia formalmente attivato. Anche il raggiungimento di questo compromesso, tuttavia, non è assicurato. La Germania, ad esempio, insiste che una decisione sul MAP debba comunque essere presa prima o poi e si oppone insieme alla Francia a “scorciatoie” per l’ingresso nell’Alleanza.
Forse più decisiva di ogni altra considerazione, tuttavia, rimane la situazione interna dei due Paesi, che pare molto lontana da quella ideale per procedere speditamente verso la membership. In Ucraina l’instabilità politica è crescente e la posizione pro-occidentale ed atlantista del presidente Yushchenko sembra sempre più isolata. In Georgia, il contenzioso su Abkhazia e Ossezia del Sud rimane un macigno enorme sulla strada dell’adesione. A livello politico, poi, la posizione di Saakashvili si è sensibilmente deteriorata all’interno per l’esito catastrofico della guerra mentre la sua leadership pare sempre più screditata anche in Occidente, in particolare a seguito delle accuse di corruzione e le ombre crescenti sul suo ruolo nello scatenamento della crisi di agosto.”
Tratto da Tanti punti interrogativi sulla torta di compleanno della NATO, di Emiliano Alessandri, consulente alla ricerca presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI) di Roma.
Tbilisi, 28 novembre – Il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, ha respinto le critiche che gli sono state rivolte per aver deciso di attaccare l’Ossezia meridionale lo scorso agosto. Ha giustificato il provvedimento dicendo che era necessario per la sicurezza nazionale. ”Sì, abbiamo deciso di intraprendere azioni militari a Tskhinvali”, ha detto Saakashvili prima di testimoniare davanti alla commissione parlamentare sul conflitto. ”E’ stato difficile prendere una decisione simile – ha continuato il presidente – ma qualsiasi governo l’avrebbe fatto per non mettere in pericolo i propri cittadini”.
(ASCA-AFP)
Tre giorni dopo…
Bruxelles, 2 dicembre – Il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, ha esortato l’Occidente a non normalizzare i rapporti con la Russia se prima non si saranno accertate le responsabilità e le cause della guerra di agosto. Saakashvili, in un’intervista al Wall Street Journal, ha ribadito che l’esercito georgiano si limitò a rispondere all’aggressione della Russia.
(AGI)
Mosca, 3 dicembre – Il rappresentante russo alla NATO, Dmitry Rogozin, ha affermato in un’intervista che per la NATO avere buoni rapporti con la Russia è molto più importante dell’ammissione di Georgia e Ucraina nell’Alleanza. I membri della NATO ”credo che non dimenticheranno la Georgia e l’Ucraina, ma ritengono necessario risolvere le questioni con la Russia ora”, ha detto Rogozin. ”La NATO è molto interessata a portare avanti operazioni in collaborazione con la Russia, la cui riuscita è di vitale importanza”, ha aggiunto Rogozin riferendosi al supporto logistico dispensato da Mosca per la missione dell’Alleanza in Afghanistan. Ha poi supposto che la NATO ritirerà gradualmente l’idea di ammettere nel Trattato la Georgia e l’Ucraina, prospettiva ”non acclamata da nessuno dei Paesi membri”. ”Ovviamente non potranno cambiare idea e far vedere che hanno agito in questa direzione perchè messi sotto pressione da Mosca – ha spiegato il rappresentante russo – per cui scriveranno dei comunicati di cortesia, faranno altre promesse a Georgia e Ucraina, forse parlando del loro futuro nell’Allenza. Non verranno però prese decisioni radicali”.
(ASCA-AFP)
Qui altri dettagli dell’intervista rilasciata al quotidiano Kommersant.
Avvistato famigerato mostro a Bruxelles!

Da sinistra a destra: Eka Tkeshelashvili (Ministro degli Affari Esteri, Georgia) a colloquio con Kinga Goncz (Ministro degli Affari Esteri, Ungheria) ed il Segretario Generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer.
Bruxelles, 3 dicembre – La NATO è pronta a dialogare sulla sicurezza europea, ma ”è escluso che possa negoziare la propria dissoluzione”: lo ha detto il segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer, interpellato sulla proposta lanciata dal presidente russo Dmitri Medvedev per una nuova architettura europea ”condivisa” che dovrebbe superare il ”NATO centrismo”.
Nel merito della proposta – lanciata dal presidente russo ad Evian l’ottobre scorso – Scheffer ha fatto notare che ”sono necessari molti chiarimenti” per capire cosa esattamente si intende.
‘Se Medvedev concorda che l’OSCE è il forum giusto per discutere di tutto questo, noi siamo pronti a farlo, ma apprezzeremmo più sostanza”, ha sottolineato Scheffer.
In ogni caso, la NATO ”è piuttosto contenta dell’architettura di sicurezza esistente in Europa” e ritiene che questa architettura ”debba restare intatta”.
(ANSA)
Helsinki, 4 dicembre – (…) Intanto secondo gli USA “le proposte di Mosca di un nuovo patto di sicurezza in Europa sono ridondanti e sono un tentativo di indebolire la NATO”. Lo ha detto il vice-segretario di stato, Mattew Bryza. “Non c’è bisogno di una nuova architettura e questo è alquanto trasparente”, ha detto.
(AGI)
Niente NATO? Addio poltrona
Tbilisi, 5 dicembre – Rimpasto di governo in Georgia. A quattro mesi dalla devastante guerra con la Russia, il premier georgiano, Grigol Mgaloblishvili, ha annunciato di aver rimosso il ministro della Difesa, David Kezerashvil, e quello degli Esteri, Eka Tkeshelashvili [a sinistra nella foto sopra, solo due giorni fà… – ndr].
(AGI)
“Similmente dovrebbe essere considerato il lungo cammino dell’Ucraina verso la NATO e le speranze degli attuali dirigenti ucraini di entrare a far parte del blocco atlantico. Qui esiste una seria contraddizione nella legislazione del Paese. La Costituzione ucraina indica che il Paese è uno Stato pienamente indipendente ed è proibita la collocazione di basi militari straniere sul proprio territorio. Tuttavia, nei progetti principali del Governo ucraino c’è la prossima integrazione Euro-Atlantica. “La NATO è al centro della comunità trans-Atlantica. Utilizziamola e facciamone buon uso”, ha dichiarato pochi giorni orsono Jaap de Hoop Scheffer al “Deutsche Welle”. Il discorso del Segretario Generale della NATO rappresenterebbe una spinta per tutti i programmi NATO in Ucraina. Come gli Stati Uniti e molto più che tutti gli altri componenti dell’Alleanza, il Segretario della NATO è favorevole ad un pronto ingresso di Ucraina e Georgia nella NATO. Ma le sue parole non rappresentano semplicemente la posizione delle rappresentative occidentali.
(…)
L’aspetto più importante è la volontà del popolo. Secondo i dati provenienti da una ricerca di sociologia, meno del 20% dei cittadini dell’Ucraina appoggiano l’entrata del proprio Paese nella NATO. Esiste anche il rischio che l‘ingresso nella NATO non venga discusso nei termini di un referendum nazionale, come è avvenuto in alcuni paesi dell’Europa Centrale, oppure è possibile che le modalità o i risultati di questo referendum vengano manipolati, come è accaduto diverse volte nelle elezioni.”
Tratto da La marcia dell’Ucraina verso la NATO si è arrestata, di Andrej Kovalenko.
ROMA, 11 dicembre – ”L’imminente passaggio dei poteri presidenziali a Barack Obama negli Stati Uniti è scandita dai dibattiti dei vertici della NATO e dell’Unione Europea di questi giorni. Non si decide nulla, ma iniziano ad emergere le grandi linee della politica”, rileva in una nota Enrico Jacchia, responsabile del Centro di Studi Strategici.
”Alla NATO, la settimana scorsa, l’ultimo affondo dell’Amministrazione Bush per l’ammissione dell’Ucraina e della Georgia si è scontrato con una opposizione generale, cortese ma non per questo meno ferma. Dal futuro Presidente ci si può attendere un atteggiamento più conciliante che non irriti ulteriormente i russi. Ma il suo Segretario di Stato designato, Hillary Clinton, ci può presentare qualche sorpresa.
(…)
”La Commissione Europea ha fatto anch’essa il suo ultimo inopportuno affondo. Ha proposto di allargare ulteriormente ad una dozzina di Stati dell’Est europeo, tra cui le riottose repubbliche del Caucaso, le relazioni privilegiate con Bruxelles. Un’altra spina nel fianco del Cremlino, che si aggiunge alle sempre più pressanti rivendicazioni dei Paesi baltici, esercitate sul drappello dei futuri collaboratori del Presidente americano eletto.
”L’altro ieri, un grande inserto a pagamento di un quarto di pagina pubblicato sul New York Times e i principali giornali d’oltreoceano ha chiesto niente meno che lo stazionamento di truppe NATO e la diaspora forzata in altri Paesi del milione e 500 mila russi attualmente in Lettonia ed Estonia. ”Se questi governi baltici non stanno attenti, possono subire una reazione di Mosca che farà loro male. E noi, che li abbiamo accolti nella NATO e nella UE – conclude Jacchia – dovremo correre ai ripari”.
(ANSA)
Numer(ett)i e fatt(acc)i dell’Italia in Afghanistan
A febbraio 2008, PdL e PD hanno dato il via libera a Camera e Senato al rifinanziamento della missione militare in Afghanistan. Le uscite ufficiali sono state di 365 milioni di euro, quelle reali – con tranches aggiuntive del Ministero degli Esteri – superano i 513, di cui 57 destinati al… riordino dei Tribunali e delle strutture centrali e periferiche del Ministero della Giustizia afghano.
CESVI ed INTERSOS, piene zeppe di volontari di occhio buono e lingua lunga, se ne accappareranno una fetta più che consistente. Ai nuclei CIMIC non resteranno che le briciole e la sfiga di dover fare da bersaglio per le prodezze dei 180 italianissimi Rambo della Task Force 45 – Sarissa.
I 4 Tornado IDS, insieme ad un team previsto di 170 militari tra piloti, motoristi, specialisti elettronici e di armi ed un aliquota di “avieri dell’aria” per la sicurezza, richiederanno uscite per altri 51 milioni di euro nell’esercizio 2009-2010 e 6 se ne andranno per l’approntamento degli shelter corazzati già in costruzione per la protezione passiva contro razzi e colpi di mortaio sull’aeroporto di Herat. Una città squassata in un solo giorno, lo scorso 20 novembre, da tre gigantesche esplosioni a meno di cinquecento metri dalla base italiana di Camp Vianini.
Una guerra, quella organizzata a partire dal 2001 dagli USA in Afghanistan e successivamente corroborata dalla NATO, che è costata ad oggi, ai contribuenti della Repubblica delle Banane, tra morti, feriti, sequestrati con riscatti per entità non precisate, per retribuzioni, diarie di indennità al personale, trasporto, “aiuti” a Ong, uso di blindati, elicotteri, aerei, logistica, impiego, sostituzione e perdite di materiali, la sommetta di 3,2 miliardi di euro.
La campagna contro l’Afghanistan, cominciata sotto grandinate di bombe da 250-500 kg sganciate a caduta libera, e quindi con larga imprecisione, sugli “obiettivi sensibili” da B52 e B1 statunitensi, è tutt’ora in corso e durerà – si sostiene al Pentagono – ancora una ventina di anni.
Gli esportatori di pace e democrazia USA/NATO sono arrivati in Afghanistan, con la complicità dell’ONU, a fare di tutto e di ben peggio del peacekeeping con tanto di promessi e faraonici (e mai mantenuti) piani di ricostruzione. Nel corso di sette anni di guerra hanno inoltre usato i C130 per annaffiare di bombe, oltre che i presunti rifugi dell’inafferrabile Bin Laden, anche il più modesto concentramento di guerriglieri pashtun, ponti, percorsi obbligati, abitazioni isolate e villaggi di montagna. Ad oggi sono almeno 250 le FAE, meglio conosciute come “tagliamargherite”, da 6 tonnellate dotate di paracadute frenante, lanciate dai portelloni posteriori di questi quadriturbina da trasporto oltre a 32 GBU 43B a guida laser da 7 tonnellate ciascuna, arrivate a bersaglio sul terreno.
Le FAE sono enormi contenitori di acciaio che contengono nitrato di ammonio, alluminio in polvere e polistirene che distruggono qualsiasi forma di vita nel raggio di cinquecento metri e sviluppano a terra una pressione di 500 kg ogni 24,5 millimetri quadrati.
Poi Enduring Freedom e ISAF hanno spazzato via dalla carta geografica dell’Afghanistan, quello che era rimasto in piedi delle infrastrutture di appoggio logistico del “nemico”, spesso posizionate in prossimità di centri abitati, con il bombardamento “chirurgico” di cacciabombardieri F117, F16, F18, Mirage 2000, Harrier, Tornado IDS e UAV Predator armati di razzi Hellfire.
Il 2007 si è chiuso con un bilancio ufficiale del governo Karzai, quindi largamente sottostimato, di 7.463 morti ammazzati. Per Human Rights Watch, i decessi registrati tra la popolazione afghana sono stati nello stesso periodo 748.
Nei primi otto mesi del 2008, i “costi collaterali” sono saliti a 1.552, con un incremento che supera di ben oltre il 50% le perdite di vite umane registrate nell’anno precedente. I dati questa volta sono arrivati dall’inviata sudafricana dell’ONU Navi Pillay, durante una conferenza stampa a Kabul nel mese di ottobre.
Dall’estate del 2006, durante il governo Prodi, è già operativa nell’ovest dell’Afghanistan – nelle province di Farah e di Herat – la forza di reazione rapida dei Bersaglieri e della Task Force 45 – Sarissa, composta da Comsubin di Varignano, Paracadutisti Carabinieri Tuscania e 185° Regt. Folgore che parteciperà a ripetute azioni di guerra contro i Taliban nel distretto di Gulistan.
Nel corso dei combattimenti la Task Force 45, appoggiata da 5 elicotteri d’attacco A129 Mangusta e blindati Dardo con cannoni a tiro rapido da 25 mm, si renderà responsabile insieme a Rangers USA e SAS britanniche dell’uccisione di decine di guerriglieri afghani e di un numero imprecisato di feriti.
Il primo impiego di militari italiani, inquadrati in ISAF, contro formazioni combattenti Taliban risale al 18 Settembre 2006. Seguiranno ulteriori “missioni di annientamento” l’1 Ottobre ed il 10 Dicembre dello stesso anno.
Il 2007 vedrà Alpini Paracadutisti, Bersaglieri e Truppe Speciali di ISAF ed Enduring Freedom, impegnati in azioni di rastrellamento e di fuoco da terra e dall’aria contro nuclei di Taliban il 21 Febbraio, 11 Marzo-10 Aprile, il 27 Aprile, il 10 ed il 22 Agosto, il 19 Settembre, il 5 Ottobre ed a chiusura dell’anno dall’1 al 21 Novembre. Sarà l’ultima grande e protratta operazione “attacca e distruggi” prima della pausa invernale.
Al vertice NATO di aprile a Bucarest, presente Frattini, gli Stati Uniti chiederanno perentoriamente all’Italia di ampliare il suo intervento militare in Afghanistan corredandolo di “ulteriori ed indispensabili mezzi di difesa per riallineare sul terreno lo sforzo comune di USA ed Alleati della NATO nella lotta contro il terrorismo”. L’azzimatissimo Ministro degli Esteri assicurerà in quella occasione a Jaap de Hoop Scheffer il ritiro dei caveat che limitavano l’impiego sul campo del personale militare italiano nelle province di Herat e Farah, dichiarate zone di guerra da Enduring Freedom.
Frattini confermerà inoltre al Segretario Generale della NATO che il rapporto di collaborazione dell’Italia con gli Stati Uniti sarà nel tempo ancora più stringente e politicamente affidabile rispetto al passato. Ed ecco che dopo le parole giungono i fatti: i Tornado Panavia IDS dell’Aeronautica Militare Italiana del generale Camporini arrivano a Mazar-e Sharif…
Ne riparleremo. Ne vale la pena.
[Versione rivista e corretta di “La guerra segreta dell’Italietta in Afghanistan”, di Giancarlo Chetoni.
Per gentile concessione dell’autore]
Buffone inNATO
Tbilisi, 8 agosto – Il presidente della Georgia, il filo-occidentale Mikhail Saakashvili, ha accusato la Russia di condurre una “operazione su larga scala” contro il suo Paese, costretto a fare fronte a un massiccio “intervento militare” dall’esterno dopo che caccia-bombardieri russi Sukhoi-24 avrebbero bombardato i villaggi georgiani di Kareli e Gori, poco a sud del territorio dell’Ossezia del Sud, provincia autonoma ribelle in lotta per le secessione da Tbilisi con il beneplacito del Cremlino. “Sollecito la Federazione Russa a cessare i bombardamenti sulle pacifiche città georgiane”, ha sottolineato il capo dello Stato nel corso di un discorso alla Nazione, trasmesso in diretta alla televisione. Saakashvili ha rivendicato la “liberazione” dalla presenza degli insorti della “maggior parte del territorio dell’Ossezia del Sud”, compresa la capitale Tskhinvali, circondata e bombardata da terra e dal cielo; ma ha nondimeno proclamato la “mobilitazione generale”, riguardante “migliaia” di riservisti. “Vi chiedo di non aver paura degli attacchi in atto”, ha aggiunto il presidente georgiano, rivolgendosi ai connazionali. “Tutti debbono presentarsi ai posti di reclutamento”.
(AGI)
Washington, 8 agosto – Il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, ha detto che il mondo sarà ”nei guai” se la Russia ”la farà franca” dopo gli attacchi avvenuti nel proprio Paese. ”Assomiglia all’attacco dell’Afghanistan, nel 1979. E’ come quando i carri armati russi e sovietici sono entrati in Cecoslovacchia”, ha detto il leader alla CNN. Se Mosca ”la farà franca in Georgia – ha aggiunto Saakashvili – il mondo sarà nei guai”.
(ASCA-AFP)
Washington, 8 agosto – Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha accusato la Russia “di combattere una guerra sul nostro territorio” e ha chiesto in un’intervista alla Cnn l’intervento degli Stati Uniti, grandi sponsor di Tbilisi. Saakashvili ritiene sia ora interesse dell’America intervenire: “Non è più solo una questione georgiana. Si tratta dell’America e dei suoi valori. Noi siamo una nazione amante della libertà che ora si trova sotto attacco”. Da Mosca intanto il ministero della Difesa ha confermato di aver inviato rinforzi, “carri armati e truppe”, alle truppe di interposizione in Ossezia del Sud.
(AGI)
Pechino, 8 agosto – George W. Bush ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti a Tbilisi “in difesa dell’integrità territoriale georgiana e chiede un immediato cessate il fuoco”. Ne ha dato notizia la portavoce della Casa Bianca Dana Perino sottolineando che il presidente a Pechino dove si trova per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi è costantemente informato degli sviluppi della crisi in Ossezia del Sud. A margine dell’inaugurazione il presidente Usa aveva incontrato il premier russo Vladimir Putin con il quale aveva discusso della crisi nella regione separatista.
(AGI)
President George W. Bush waves to the crowd as he and Georgian President Mikhail Saakashvili review military troops during President Bush’s visit to the Georgian Parliament in Tbilisi Tuesday, May 10, 2005. White House photo by Eric Draper
“E’ accaduto. Saakashvili non ha nemmeno cercato di nascondere la mano armata con cui colpiva. Non ha nemmeno fatto finta. Ha detto alla televisione che voleva “ristabilire l’ordine” nella repubblica ribelle. Un “ordine” che non esisteva dal 1992, cioè da 16 anni. Perché adesso? Qual era l’urgenza? Forse che Tbilisi era minacciata di invasione da parte degli ossetini?
La risposta è una sola. Saakashvili ha agito perché si è sentito coperto da Washington, in prima istanza, essendo quella capitale la capitale coloniale della attuale Georgia “indipendente”. E, in seconda istanza si è sentito coperto da Bruxelles. Queste cose non si improvvisano, come dovrebbe capire il prossimo commentatore di uno dei qualunque telegiornali e giornali italiani. Col che si è messo al servizio della strategia che tende a tenere la Russia sotto pressione: in Georgia, in Ucraina, in Bielorussia, in Moldova, in Armenia, in Azerbajgian, nei paesi baltici. Insomma lungo tutti i suoi confini europei. Saakashvili ha un suo tornaconto: alzare la tensione per costringere l’Europa a venire in suo sostegno, contro la Russia; ottenere il lasciapassare per un ingresso immediato nella Nato e, subito dopo, secondo lo schema dell’allargamento europeo e dell’estensione dell’influenza americana sull’Europa, l’ingresso in Europa.
Secondo piccione: chi muove Saakashvili conta anche sul fatto che questo atteggiamento dell’Europa finirà per metterla in rotta di collisione con la Russia. Perfetto! Con l’ingresso della Georgia nella Nato e in Europa gli Stati Uniti avranno un altro voto a loro favore in tutti i successivi sviluppi economici, energetici e militari che potrebbero vedere gli interessi europei collidere con quelli americani.
Javier Solana ha la capacità di sviluppare questo elementare ragionamento? Ovviamente ce l’ha. Solo che non vuole e non può perchè ha dietro di sé, alle sue spalle, governi che non osano mettere in discussione la strategia statunitense, o che la condividono.”
Brano tratto da Quella bandiera europea dietro le spalle del bandito di Giulietto Chiesa.
Per leggere l’intero articolo cliccare qui.
Fotografia dal villaggio di Khetagurovo, Ossezia del Sud.
Qui altre eloquenti immagini, astenersi deboli di stomaco.
Una dimostrazione della volontà di dialogo e della “ampia autonomia” offerta da Saakashvili.
Notare che questo individuo, ieri in conferenza stampa, appariva a fianco della bandiera dell’UE, invitando la controparte ad “evitare spargimenti di sangue”…
Arrivano “i nostri”?
Bruxelles, 9 agosto – Il segretario del consiglio per la sicurezza nazionale georgiano, Alexander Lomaya, non ha escluso che Tbilisi chieda aiuto militare esterno nel conflitto con la Russia in Ossezia del Sud. ”Non escludo la possibilità che la Georgia chieda alla comunità internazionale un’assistenza militare diretta”, ha detto Lomaya nel corso di una videoconferenza con i giornalisti a Bruxelles. ”Tuttavia, le nostre truppe stanno combattendo gli invasori russi in maniera coraggiosa”, ha sottolineato, aggiungendo che ”ovviamente le risorse non sono uguali”.
(ASCA-AFP)
Tbilisi, 9 agosto – La Georgia “deve fronteggiare un’invasione da parte della Russia”, e dunque necessita di “aiuto internazionale”: è l’appello lanciato dal ministro degli Esteri di Tbilisi, Eka Tkeshelashvili. “Abbiamo bisogno di aiuto urgente, veramente urgente”, ha dichiarato il capo della diplomazia di Tbilisi, collegato in tele-conferenza stampa con i giornalisti stranieri. “Dobbiamo fermare l’invasione russa sul territorio georgiano”.
(AGI)
I camerieri europei si mobilitano
Stoccolma, 9 agosto – La Svezia ha tirato in ballo Adolf Hitler per denunciare la Russia, che, secondo Stoccolma, sta portando avanti in Georgia un”’aggressione incompatibile con il diritto internazionale”. ”Abbiamo dei motivi per ricordare come Hitler, poco più di mezzo secolo fà, abbia utilizzato una dottrina del genere per attaccare zone considerevoli dell’Europa centrale”, afferma in un comunicato il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt. Il capo della diplomazia svedese respinge le argomentazioni di Mosca a favore di un intervento militare in Ossezia del Sud, spiegando che non c’è alcuna giustificazione per attaccare un altro Stato con il pretesto di voler proteggere dei cittadini, chiunque essi siano. Secondo Bildt, ”l’offensiva russa contro la Georgia è un’aggressione incompatibile con il diritto internazionale e i principi di base della sicurezza e della cooperazione in Europa”. ”Le conseguenze di questo attacco – conclude il ministro svedese – si faranno sentire per noi e per la Russia per lungo tempo”.
(ASCA-AFP)
Varsavia, 9 agosto – I Paesi baltici membri dell’Ue – Lettonia, Lituania, Estonia e Polonia – hanno chiesto all’Unione Europea e alla Nato di opporsi alla politica ”imperialista” della Russia nei confronti della Georgia. ”L’UE e la Nato devono prendere l’iniziativa e opporsi alla politica imperialista e revisionista nell’est dell’Europa”, affermano i leader dei quattro Paesi in un comunicato congiunto, aggiungendo che ”condannano fermamente” le azioni di Mosca in Ossezia del Sud.
(ASCA-AFP)
Loro sì che se ne intendono di proporzioni!
Washington, 9 agosto – Per gli Stati Uniti la Russia in Ossezia del Sud ha fatto ricorso a un uso “sproporzionato” della forza contro le truppe georgiane. Ora deve immediatamente ritirare le sue forze accettando l’offerta di un cessate il fuoco avanzata da Tbilisi. Questa la posizione di Washington espressa da un alto funzionario del dipartimento di Stato. “La risposta è stata di gran lunga sproprozionata rispetto a qualsivoglia minaccia citata dalla Russia. Chiediamo un immediato cessato il fuoco e il ritiro di tutte le truppe”, ha detto in una conferenza telefonica con la stampa.
(AGI)
Secondo Fabrizio Vielmini, collaboratore dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), esperto dell’area caucasica, si tratta di “una situazione esplosiva, piena di rischi, visto che la Russia ha lanciato diversi avvertimenti ed ora rischia di perdere la faccia se non agisce”. Lontana quindi dall’essere una questione meramente interna, secondo Vielmini, gli scontri odierni attengono “al discorso fra la Russia e quel dispositivo che gli Stati Uniti e la Nato hanno messo in atto ai suoi danni”. Bisogna infatti ricordare che la Georgia è uno dei Paesi candidati ad entrare nell’Alleanza atlantica. A questo proposito il ricercatore dell’ISPI si è detto molto contrariato in quanto probabilmente è una delle ragioni che ha spinto la Georgia a comportarsi in questo modo.
“Non si può dire – ha spiegato – che i georgiani siano stati spinti direttamente dagli Stati Uniti, perché molto probabilmente ci hanno messo del loro, però è indubbio che hanno iniziato le ostilità sapendo di avere alle spalle l’appoggio di Washington e della Nato”.
Un appoggio che si è concretizzato “nel versamento di ingenti somme da parte dell’occidente utilizzate dalla Georgia per potenziare il proprio apparato militare”. Gli stessi dati forniti dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) mostrano come negli ultimi anni le spese per la difesa georgiane siano cresciute notevolmente. Mentre nel 2004 solamente l’1,4% del Pil veniva utilizzato a fini militari (anche se il dato, secondo lo stesso Sipri, potrebbe essere sottostimato, ndr) nei due anni successivi il valore è cresciuto prima al 3,3% e poi al 5,2%.
Commento rilasciato l’8 agosto u.s.
Michele, hai esagerato!
Washington, 9 agosto – La responsabilità del conflitto in Ossezia del Sud non ricade solo su Mosca o sui separatisti osseti ma, “in parte”, anche sulla Georgia. Lo ha detto un alto funzionario del dipartimento di Stato americano, che non nasconde l’irritazione per il comportamento del presidente Mikhail Saakhashvili, grande alleato di Washington: “In tutto questo periodo abbiamo insistentemente e vigorosamente fatto pressione sul governo georgiano affinché mostrasse misura e evitasse qualsiasi escalation. Su questo siamo stati piuttosto chiari”, ha dichiarato il diplomatico dietro condizione di anonimato.
(AGI)
Intanto arrivano i loro, trasportati da “i nostri”
Half of Georgia’s 2,000 troops in Iraq plan to leave the country by Monday to join the fight against separatists in the breakaway province of South Ossetia, with the rest following as soon as possible, their commander said.
“First of all we need to remove 1,000 guys from here within 96 hours, after that the rest of the guys,” Colonel Bondo Maisuradze told The Times this morning.
“The US will provide us with the transportation,” he added.
Deborah Haynes da Baghdad, 9 agosto
Era un vecchio sogno?
Da una delle nostre fonti preferite (che riporta anche una significativa ipotesi di manipolazione mediatica), riprendiamo la notizia che nel febbraio del 2006 il ministro della Difesa georgiano, Okruashvili, si impegnò a dimettersi se non fosse riuscito a riportare l’Ossezia del Sud sotto il controllo georgiano entro la fine dell’anno. Voleva festeggiare l’arrivo del 2007 a Tskhinvali, disse.
Si dimise a novembre accusando Saakashvili di corruzione, incompetenza e violazione dei diritti umani. Poi passò all’opposizione e adesso sta in Francia, che gli ha concesso l’asilo politico.
Nel settembre 2007 Okruashvili rivelò il suo piano per riprendersi l’Ossezia del Sud: “un’operazione su piccola scala che avrebbe causato solo numero minimo di vittime”. Precisò che non avrebbe comportato uno scontro militare su vasta scala.
“Lo sapevano solo quattro persone: io, Saakashvili, Merabishvili e Adeishvili” disse Okruashvili. “Forse anche Giga Bokeria, ma non ne sono certo”.
Dall’Italia, alta diplomazia
Roma, 10 agosto – ”Il presidente Berlusconi è evidentemente molto preoccupato, ma certamente il suo stato d’animo è che se non si fermano le armi sarà impossibile riprendere a parlare”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a Sky Tg24 commentando la drammatica situazione di Georgia ed Ossezia.
(ADNKRONOS)
Georgian soldiers are seen past U.S. and Georgian flags during the opening ceremony of “Immediate Response 2008” at the Vaziani military base, outside Tbilisi, July 15, 2008.
Forces from the U.S., Armenia and Georgia will take part in the international military exercise. REUTERS/David Mdzinarishvili (GEORGIA)
“Nella cronologia dei fatti che precedono l’aggressione c’è un aspetto che merita particolare attenzione: il 31 luglio si è conclusa l’esercitazione militare congiunta di Georgia e Stati Uniti chiamata “Immediate Response 2008”, durante la quale gli istruttori statunitensi hanno addestrato le forze armate georgiane a compiere “operazioni di pulizia” contro i terroristi in zone residenziali. Le esercitazioni comprendevano attività come ripulire i villaggi dei terroristi (presumibilmente in vista dell’impiego dei soldati georgiani in Iraq) e mettere in sicurezza la popolazione civile. Le atrocità perpetrate dalle forze georgiane a Tskhinvali sono frutto dell’addestramento ricevuto dagli istruttori occidentali sotto la cinica copertura della “lotta contro il terrorismo”. I veri obiettivi sono naturalmente completamente diversi. L’ex-ministro degli Esteri georgiano Salome Zurabishvili, che è di certo persona bene informata, ha detto che la presenza degli Stati Uniti in Georgia comprende una vasta gamma di attività, tra cui l’addestramento delle forze armate georgiane e il controllo del corridoio di grande importanza strategica che passa attraverso il Caucaso: l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan ne fa parte. Secondo Zurabishvili l’obiettivo principale dell’attuale conflitto con la Russia è rafforzare la lealtà della Georgia verso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e garantire loro il controllo del paese e di conseguenza del Caucaso Meridionale.
Va notato che l’intensificazione del conflitto ai confini con la Russia ha coinciso con le tensioni nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, dove nei giorni delle Olimpiadi è stato compiuto un altro attacco terroristico. Pochi giorni prima a Bishkek, la capitale del Kirghizistan, è stato scoperto un deposito illegale di armi presso il quale si trovavano dieci militari statunitensi e diversi diplomatici dell’ambasciata americana nel paese. L’aggressione della Georgia contro l’Ossezia del Sud è una guerra nell’interesse di altri, una guerra in cui i georgiani sono destinati al ruolo di carne da cannone. Se all’aggressione contro la piccola regione del Caucaso non verrà posta immediatamente fine, saranno inevitabili altri conflitti regionali molto più estesi di questo.”
L’articolo di Andrej Arešev, analista della Fondazione per la Cultura Strategica, può essere letto per intero qui.
Da quale pulpito
New York, 10 agosto- L’ambasciatore russo all’Onu Vitaly Ciurkin ha definito ‘completamente inaccettabili’ le accuse degli Stati Uniti alla Russia. ‘E’ completamente inaccettabile – ha dichiarato Ciurkin – soprattutto dal rappresentante di un Paese di cui conosciamo i comportamenti in Irak, Afghanistan e Serbia’.
(ANSA)
E a noi no?
Pechino, 11 agosto – Il presidente americano George Bush ha oggi definito “inaccettabile” la violenza in Georgia da parte della Russia. “Ho detto che questa violenza inaccettabile, non l’ho detto soltanto a Vladimir Putin (il primo ministro russo), l’ho detto anche al presidente del paese Dimitry Medvedev ha dichiarato oggi Bush in un’intervista concessa da Pechino alla rete televisiva Nbc.
(ADNKRONOS/DPA)
Vignetta. L’ordine del giorno di Saakashvili:
ore 3.00 attacco
6.00 blitzkrieg
7.00 colazione
12.00 vittoria
17.00 richiesta di aiuto.
(grazie Mirumir!)
“Mikhail Saakashvili ha quarantuno anni, ha studiato alla Columbia University di New York, ha sposato una simpatica signora olandese, parla con l’accento americano il linguaggio della democrazia e ha lanciato segnali che gli Stati Uniti hanno prontamente raccolto. Dopo avere ricevuto trionfalmente Bush a Tbilisi nel maggio 2005, ha chiesto e ottenuto l’assistenza militare dell’America (un migliaio di istruttori), ha presentato la candidatura del suo Paese alla Nato, sa di essere appoggiato da Washington e quattro mesi fa ha restituito la visita del suo protettore mettendo piede nello studio ovale della Casa Bianca. Dopo essere tornato in patria ha innestato la pericolosa partita delle provocazioni reciproche. Non è necessario dire molto di più per capire la crisi che è scoppiata in questi giorni. È facile comprendere perché un ambizioso e spericolato giocatore d’azzardo georgiano abbia deciso, per meglio sottrarsi alla tutela moscovita, di buttare sul tavolo la carta dell’amicizia americana. È più difficile comprendere perché gli Stati Uniti gli abbiano permesso di farlo così rumorosamente.”
Commento di Sergio Romano su Il Corriere della Sera del 10 agosto.
Servi d’Italia
(Da un’intervista a Pier Ferdinando Casini)
D: Figuriamoci, però, se Putin si lascia convincere dal governo italiano.
R: «Sicuramente no. Abbiamo tutti il senso del limite, non possiamo sperare di ottenere molto. Tuttavia è utile farsi sentire e sottolineare alcuni episodi veramente riprovevoli come il teatrale atterraggio di Putin sul territorio dell’Ossezia. Un’ostentazione che aveva il sapore di un’inutile umiliazione ».
D: In realtà, perfino Bush, nonostante minacci complicazioni nei rapporti con Mosca, sa che non può impedire a Putin di lanciare i suoi carri armati contro la Georgia.
R: «Purtroppo è vero. E siccome bisogna essere onesti nell’assegnazione dei torti, dico che i georgiani hanno sottovalutato la situazione. I russi mettevano da tempo in atto provocazioni in Ossezia. La Georgia alla fine ha reagito offrendo il pretesto a Mosca per intervenire. I governanti di Tblisi confidavano un po’ ingenuamente nell’amicizia con gli Stati Uniti. Ma cosa può fare Washington?».
D: Forse Putin è irritato coi georgiani proprio per i loro buoni rapporti con gli americani.
R: «Può darsi. Però è spaventosa la sua reazione. Assolutamente spropositata. Se la Russia vuole essere una grande potenza deve anche manifestare senso di responsabilità. Deve cercare di limitare al minimo l’intervento. Mentre Putin ha mostrato una totale irresponsabilità. Invece di contenere gli attacchi ha cercato di allargare il conflitto coinvolgendo anche l’altra regione autonoma, l’Abkhazia. Come un bullo di quartiere che sfascia tutto».
Onorevole Casini, ci permetta almeno un suggerimento: forse ha bisogno di qualche ripetizione in geografia, ché Vladimir Putin, l’altro giorno, è atterrato sì in Ossezia, ma in quella del nord, esattamente a Vladikavkaz, capitale di una repubblica autonoma che fa parte, a tutti gli effetti, del territorio russo.
Segna per noi, mitico Gorby!
Mosca, 11 agosto – L’ex presidente sovietico Mikhail Gorbaciov è convinto che Tbilisi aveva l’appoggio degli Usa per cominciare una guerra in Ossezia del sud. ‘Senza l’appoggio degli Stati Uniti Tbilisi non si sarebbe azzardata a cominciare la guerra’, ha detto Gorbaciov, a quanto riferisce l’agenzia Itar-Tass. ‘Le azioni della Russia sono totalmente adeguate e non è invece adeguata la reazione dell’Occidente’, ha aggiunto.
(ANSA)
Arrivano i “nostri”
Mosca, 11 agosto – Vladimir Putin accusa gli Stati Uniti. Washington, ha detto il premier russo, sta cercando di intervenire nelle operazioni russe in Georgia trasferendo per via aerea soldati georgiani nella zona del conflitto. “Di fatto alcuni dei nostri partner non ci aiutano, ma tentano di ostacolarci – ha sottolineato Putin – mi riferisco ai soldati georgiani di stanza in Irak, trasferiti a bordo di aerei statunitensi direttamente nell’area del conflitto”. Erano circa mille i militari georgiani impegnati in Irak. Già nelle prime ore del conflitto in Ossezia del sud, Tbilisi aveva chiesto aiuto a Washington per il loro rientro in patria.
(AGI)
In verita i militari georgiani in Irak sono circa duemila, per ora gli altri mille rimangono in loco in attesa di sviluppi…
Un barlume di luce
Roma, 11 agosto – Per quanto riguarda il nostro Paese, il ministro degli Esteri Franco Frattini, in un’intervista con La Stampa, ha spiegato che ”l’Italia ritiene che non si possa creare una coalizione europea anti-russa, e in questo siamo vicini alla posizione di Putin. Ma Mosca deve comprendere che il peacekeeping oggi affidato esclusivamente alle sue forze militari dovrà essere discusso con la comunità internazionale”.
(ASCA-AFP)
Soldati ceceni delle forze speciali russe, unità Vostok, a Tskhinvali.
(REUTERS/Denis Sinyakov)
La Georgia ha reclutato mercenari?
Il presidente dell’Ossezia del sud, Eduard Kokoity, denuncia la presenza di soldati mercenari nell’offensiva georgiana contro la repubblica separatista. Egli ha affermato che sono stati coinvolti ucraini, baltici e persone provenienti da altri Paesi. Ha quindi precisato che, al termine della battaglia svolta vicino alla scuola n. 12 di Tskhinvali, sono stati ritrovati i corpi di diversi uomini di pelle nera ed altri con gli occhi a mandorla, tipici delle popolazioni di origine asiatica.
Un funzionario di alto livello dell’intelligence russa, citato dall’agenzia di stampa RIA Novosti, ha parlato invece di tremila mercenari, addestrati da esperti militari americani, che stanno combattendo al fianco della parte georgiana.
Qui la notizia dal sito di Russia Today e qui il servizio video della stessa emittente.
Un’italiano racconta
Roma, 11 agosto – “Moltissimi georgiani hanno trovato stupida l’aggressione di Tblisi” contro l’Ossezia del Sud, “la situazione adesso è drammatica e se i raid russi continueranno la Georgia corre il rischio di tornare indietro di 15 anni”. Gaetano Di Gesù, architetto italiano a capo di una serie di progetti nella repubblica caucasica, è appena rientrato da Mosca e racconta le impressioni sugli eventi delle ultime ore, eventi che sono arrivati “in modo abbastanza inatteso”. “Io lavoro in Georgia da tre anni – dice l’architetto – e posso dire che nulla lasciava presagire che le cose sarebbero precipitate in questo modo”.
(ADNKRONOS)
A chi vogliamo credere?
Roma, 11 agosto – La Russia ha preparato l’operazione militare in corso in questi giorni in Georgia da settimane ed è da anni che fa di tutto per accenderne la scintilla. In un’intervista, l’analista americano David Smith, ora direttore del think tank di Tbilisi Georgia Security Analysis Center, un passato nei palazzi dell’amministrazione a Washington, fra l’altro di negoziatore capo per gli Stati Uniti nei colloqui con Mosca sulla difesa e lo spazio e responsabile della politica estera e di difesa per la campagna elettorale di Robert Dole, afferma che non è per niente chiaro cosa stia accadendo sul terreno, perchè i militari russi abbiano voluto oltrepassare i confini dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia.
(ADNKRONOS)
Tbilisi, 11 Agosto – Le truppe russe occupano ormai ‘la maggior parte del territorio’ georgiano. Lo ha detto il presidente della Georgia Mikhail Saakashvili. Intanto il ‘ministro degli Esteri’ della Georgia Iekaterina Tkieshelashvili non sarà domani a Bruxelles all’incontro con il segretario della Nato Jaap de Hoop Scheffer in seguito ‘all’aggravarsi della situazione in Georgia’ con l’ingresso delle truppe russe nel Paese. Lo ha riferito l’Ambasciata georgiana a Bruxelles.
(ANSA)
Riusciranno “i nostri eroi” a coinvolgere nel conflitto la NATO? Parrebbe ormai l’ultima spiaggia.
A proposito di NATO
“La sua incauta incursione in Ossezia del Sud ha seriamente compromesso le possibilità della Georgia di entrare nella NATO. Presentando con successo la Russia come un aggressore militare, Saakashvili ha dimostrato ai leader occidentali che se la Georgia entrasse nella NATO, i membri dell’alleanza potrebbero dover mandare le loro forze a combattere una guerra esiziale contro la Russia. I leader dell’Europa occidentale, a questo punto, faranno qualsiasi cosa per evitare un coinvolgimento con la Georgia”.
Commento di Alexander Khramchikhin, ricercatore capo presso l’Istituto di Analisi Politiche e Militari, per RIA Novosti.
Ora tocca all’Abkhazia
Tbilisi, 12 agosto – Soldati e mezzi corazzati provenienti dalla repubblica separatista dell’Abkhazia hanno attaccato questa mattina le forze georgiane nella gola di Kodori, secondo quanto riferisce il governo di Tbilisi. La gola di Kodori era l’unica parte della repubblica separatista dove erano ancora attestate forze georgiane e ieri era giunto un ultimatum da parte russa perchè si ritirassero.
(ADNKRONOS/DPA)
Come lui nessuno
Washington, 12 agosto – ‘La Georgia non si arrenderà mai’, ha detto il presidente Michail Saakashvili, in collegamento da Tbilisi con la CNN a Washington. ‘Noi combattiamo per la nostra libertà – ha continuato – e il prezzo da pagare tornando indietro sarebbe troppo alto. Vorrebbe dire la perdita della libertà, un sentimento che i georgiani hanno conosciuto per decenni e che non possono sopportare’.
(ANSA)
Campagne mediatiche: dopo la Cina tocca alla Russia
“Col passare delle ore è andato scomparendo il nucleo essenziale degli eventi: l’attacco annunciato in diretta TV dell’esercito georgiano contro l’Ossezia del Sud. E l’attenzione si è spostata unicamente sulle azioni da parte russa. Nei telegiornali il filtro è stato perfezionato da servizi di appoggio a quelli provenienti dai corrispondenti, fino a giungere al capovolgimento esatto della notizia che ha trovato emblematica attuazione nell’intervista di Gianni Riotta al TG1 della sera del 9 agosto: infatti alla domanda sul perché secondo lui tutto questo fosse successo proprio nel primo giorno delle Olimpiadi, ha risposto che Putin ha voluto dare in tal modo un segnale al mondo. E’ stato sufficiente sostituire un cognome quello di Saakahsvili con quello di Putin e il gioco era stato compiuto: l’assalto militare in pompa magna della truppe georgiane era scomparso; o meglio l’assalto c’era stato ed era ovviamente russo”.
Giuseppe Iannello su Megachip.
In mezzo alla tragedia, spuntano alcuni episodi comici
Tipo la sceneggiata di Saakashvili a Gori, che i media occidentali davano per pesantemente bombardata dai russi, mentre nel video non si vede alcuna distruzione.
Il Rambo di Tbilisi, aria da vero duro con pistola e giubbotto antiproiettili, non appena sente il rumore di un aereo russo (inudibile dal video) si precipita al sicuro tirando con sé il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. Come dire, visto che ci sono i cattivi anche qui?
Quello che ci insegna la Georgia
“Si dice che i russi potrebbero imporre un nuovo governo in Georgia. Probabilmente è così, ma i russi hanno già raggiunto i loro obiettivi principali. Hanno fatto capire ai loro vicini che una relazione con l’Occidente non garantisce alcuna sicurezza se gli interessi della Russia sono a rischio. Hanno fatto capire all’Occidente che ignorare la volontà della Russia ha un prezzo. E infine hanno fatto capire a tutti che la macchina militare russa, che cinque anni fa era in condizioni catastrofiche, è stata rimessa abbastanza in sesto da riuscire a condurre un’operazione complessa con componenti terrestri, aeree e navali. Certo, è stata un’operazione contro un paese piccolo, ma tante cose potevano andare storte. Non è successo. La Russia non è una superpotenza, ma di certo non è più menomata sul piano militare. Trasmettere questo messaggio, in fin dei conti, potrebbe essere stata la cosa più importante per la Russia.”
Commento di Stratfor, agenzia privata di intelligence statunitense.
Qui l’articolo integrale.
Il grande gioco Usa: accerchiare la Russia
“Tutto facile, troppo facile. Può un Paese grande come la Russia e con un passato imperiale arrendersi senza reagire? Ovvio che no, tanto più che il Cremlino si scopre ricco, grazie al petrolio e al gas. Putin, fino a quel momento amico di Bush, reagisce. È offeso e al contempo terrorizzato. Offeso per lo scippo dell’Ucraina, progenitrice e sorella della Grande Russia. Terrorizzato, perché convinto che Washington stia complottando una rivoluzione colorata a Mosca per rovesciarlo. E allora parte la controffensiva. Mosca destabilizza il regime arancione a Kiev, richiama all’ordine il Kazakhstan, il Tagikistan e l’Uzbekistan, che si riavvicinano a Mosca, allentando il legame con gli Usa. Poi si occupa della pratica georgiana. Si schiera al fianco dei secessionisti osseti e abkhazi. Attende l’occasione propizia. Saakashvili gliela offre l’8 agosto con il suo improvvido blitz. Le truppe russe entrano in Georgia. È la prima, grande rivincita di Mosca. Washington è avvertita.”
Marcello Foa su Il Giornale.
Università di Tskhinvali, Ossezia del Sud.
Sopra, 11 agosto 2008.
Sotto, 1 luglio 2008.
(Grazie Luca!)
Come lui nessuno, 2° puntata (e promette di continuare)
Tblisi, 12 agosto – “Il Davide georgiano vincerà contro il Golia russo”. Il presidente della Georgia Mikhail Saakashvili continua a non mostrare segni di cedimento e ribadisce che Tblisi mai si arrenderà a Mosca, parlando davanti a 70 persone riunite nella capitale per protestare contro l’intervento militare russo nella repubblica caucasica.
“La Georgia è il brillante più prezioso della corona dell’impero russo”, ha rivendicato ancora Saakashvili, parlando davanti alla folla che innalzava striscioni con scritto “Stop alla Russia”, “Liberateci dalla guerra russa”. “Se noi cadremo – ha avvertito il presidente – ci saranno problemi per tutto il mondo civilizzato. Siamo in prima linea, dopo di noi cadranno l’Ucraina e i Paesi baltici”.
(ADNKRONOS)
Una folla di 70 persone?!
Toghe atlantiche in rampa di lancio
L’Aia, 12 agosto – Il Tribunale penale internazionale, che si occupa di crimini di guerra e contro l’umanità, potrebbe aprire un’inchiesta preliminare sul conflitto russo-georgiano. Lo ha annunciato l’ufficio del procuratore capo, Luis Moreno Ocampo. ”Per il momento non abbiamo ricevuto alcuna istanza ma i georgiani ci hanno chiesto un incontro”, ha aggiunto. ”L’apertura di una inchiesta preliminare è una possibilità”, ha spiegato in una nota l’ufficio del procuratore.
(ASCA-AFP)
NATO avanti tutta + un misterioso pacchetto regalo
Bruxelles, 12 agosto – Il conflitto con la Russia per l’Ossezia del Sud non ha modificato la prospettiva di una futura adesione della Georgia alla Nato. E’ quanto ha dichiarato il segretario generale dell’Alleanza Jaap de Hoop Scheffer al termine di un incontro straordinario del Consiglio Atlantico a Bruxelles, dedicato interamente alla crisi caucasica.
(ADNKRONOS/AKI)
Tbilisi, 12 agosto – Gli Stati Uniti stanno preparando la spedizione di un pacchetto di sostegno economico da destinare alla Georgia al fine di mantenere la stabilità del Paese dopo l’esplosione del conflitto con la Russia. Lo ha riferito un alto ufficiale statunitense. ”Stiamo lavorando con il Primo ministro georgiano ed il governo tutto, così come con le istituzioni finanziarie internazionali, per mettere insieme un pacchetto di sostegno economico che possa costruire la capacità di ripresa dell’economia georgiana”, ha detto da Tbilisi il vice assistente del segretario di Stato Usa, Matthew Bryza. ”Non stiamo fornendo alcun dettaglio e stiamo lavorando in fretta su questo”, ha aggiunto il funzionario.
(ASCA-AFP)
La risposta russa in immagini.
Conflitti sotto rete
Pechino, 13 agosto – Georgia e Russia non trovano pace neppure a Pechino, dove è polemica dopo la sfida olimpica di beach volley donne, vinta dalle georgiane. Le russe hanno perso 2-1 contro una coppia di atlete brasiliane naturalizzate georgiane e si sono lamentate: ‘Abbiamo giocato contro il Brasile, queste non conoscono nemmeno il nome del presidente georgiano’, ha esclamato la russa Shiryaeva. E il presidente della federazione georgiana di pallavolo ha replicato con durezza: ‘Russian go home’.
(ANSA)
Questa prospera e fiduciosa comunità internazionale…
Washington, 13 agosto – La presenza russa nelle istituzioni internazionali è a rischio dopo l’azione militare in Georgia: lo ha detto Condoleezza Rice. ‘I russi – ha detto la Rice – hanno detto di voler far parte di questa prospera e fiduciosa comunità internazionale e, francamente, credo che stiano facendo un gran danno alla loro possibilità di integrarvisi’. Ma, ha aggiunto, ‘hanno ora molte possibilità di invertire il corso degli eventi e dimostrare di comportarsi secondo i principi del XXI secolo’.
(ANSA)
A volte tornano… e parlano (bene)
Berlino, 13 agosto – Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha commesso un grave errore nell’attaccare l’Ossezia del Sud, da cui poi è scaturito l’intervento militare russo nella Repubblica caucasica: lo afferma il predecessore di Saakashvili ed ex ministro degli Esteri sovietico, Eduard Shevardnadze, in un’intervista concessa al quotidiano tedesco ‘Bild’. “Da noi la tradizione vuole che nei momenti di crisi anche l’opposizione si allinei con il presidente, senza attaccarlo alle spalle”, spiega l’ex braccio destro di Mikhail Gorbaciov, “ma la Georgia non avrebbe dovuto attaccare Tskhinvali in maniera tanto impreparata. E’ stato un grave errore”. L’ex presidente georgiano, rovesciato nel 2003 dalla ‘Rivoluzione delle Rose’ guidata proprio da Saakashvili, accusa poi gli Stati Uniti di voler tornare a un clima da Guerra Fredda, anche se la Georgia non sarebbe il vero ‘casus belli’. Secondo Shevardnadze, “gli Usa hanno già creato da tempo un clima da nuova Guerra Fredda, ma non a causa della Georgia, bensì mediante il cosiddetto ‘scudo antimissile’ americano in Polonia e nella Repubblica Ceca”. “Quando ero ministro degli Esteri dell’Urss”, prosegue, “ho lavorato con successo, come ha dimostrato la fine della Guerra Fredda, alla distruzione delle armi nucleari e dei missili convenzionali che potevano colpire gli Usa. Adesso però sono gli Stati Uniti che hanno avviato una nuova corsa al riarmo nucleare”.
(AGI)
Come lui nessuno, 3° puntata: “Il Pacifista”
Washington, 13 agosto – Il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, ha dichiarato alla Cnn che le prime reazioni degli Stati Uniti riguardo l’inizio dell’azione militare russa in Ossezia del Sud sono state ”troppo morbide”.
(ASCA-AFP)
Pace?
Tbilisi, 13 agosto – Il Presidente americano George W. Bush ha voluto dire che porti e aeroporti georgiani saranno posti sotto controllo militare americano. Lo ha dichiarato il Presidente della Georgia, Mikhail Saakashvili poco dopo la dichiarazione in cui Bush ha reso noto di aver deciso di inviare aiuti umanitari in Georgia impiegando unità navali e aeree.
(ADNKRONOS)
Temiamo seriamente di dover rimandare la chiusura di questo post…
Per favore, mettetevi d’accordo!
Washington, 13 agosto – Il Pentagono ha smentito che l’esercito statunitense prenderà il controllo dei porti e degli aeroporti georgiani come affermato dal presidente Mikheil Saakashvili. ”Non abbiamo bisogno né intendiamo prendere il controllo di alcun porto o aeroporto per fornire assistenza umanitaria alle persone colpite dal conflitto”, ha dichiarato il portavoce Geoff Morrell, aggiungendo che ”semplicemente non è un’esigenza di questa missione e non è qualcosa che intendiamo fare”.
(ASCA-AFP)
Michel Chossudovskj, paventando un blocco navale ai danni dell’Iran da parte di unità statunitensi, britanniche e francesi già nel Golfo Persico o in procinto di arrivarvi, avanza un’ipotesi nient’affato peregrina:
“Nel contesto dei piani bellici diretti contro l’Iran, gli Stati Uniti sono intenti ad indebolire gli alleati iraniani, precisamente Russia e Cina. Nel caso della Cina, Washington sta cercando di intralciare i legami bilaterali di Pechino con Tehran così come l’avvicinamento dell’Iran all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che ha il suo quartier generale a Pechino.
L’attacco georgiano all’Ossezia del Sud mira ad indebolire la Russia, che costituisce un significativo potere militare di contrappeso ed è alleata dell’Iran.
L’obiettivo finale è di isolare l’Iran, tagliarlo fuori dai suoi potenti alleati: Cina e Russia.
Nella mente di Washington, gli eventi in Georgia insieme con la propaganda mediatica possono essere utilmente applicati per screditare ed indebolire la Russia prima dell’imposizione di un blocco navale all’Iran nel Golfo Persico, che potrebbe condurre ad una guerra a tutto campo.
Questa in qualche modo rozza linea di ragionamento tende, comunque, a trascurare le difficoltà e le debolezza dell’apparato militare statunitense così come gli enormi rischi che potrebbero derivare all’America ed al mondo da una contrapposizione intensa e duratura con la Russia.
Nella prospettiva della situazione che si evolve in Georgia e degli impegni militari di Mosca nel Caucaso, gli analisti militari ritengono che la Russia non proteggerà l’Iran e non si opporrà ad un’operazione a guida statunitense contro l’Iran, preceduta da un blocco navale”.
Il campione georgiano di lotta greco-romana Kvirkelia Manucher festeggia dopo aver battuto, nella finale olimpica della categoria fino a 74 chilogrammi, l’atleta cinese Chang Yongxiang.
Notare il simbolo che appare sul fianco della sua tuta da gara, vi ricorda qualcosa?
Come lui nessuno, 4° puntata: “Vittima della Retorica Occidentale”
Washington, 14 agosto – I leader occidentali devono inviare forze di pace in Georgia subito, altrimenti i loro ideali democratici sembreranno falsi.
E’ quanto afferma il presidente georgiano Mikheil Saakashvili in un fondo pubblicato dal Washington Post. ”Solo forze di pace occidentali possono mettere fine alla guerra”, scrive Saakashvili, spiegando di aver ”affidato il destino del mio Paese alla retorica occidentale sulla democrazia e la libertà”. ”Dopo che i georgiani sono stati attaccati, dobbiamo chiederci: se l’Occidente non è con noi, con chi è? Se la linea non viene tracciata ora, quando sarà tracciata?”, si chiede il leader georgiano, secondo il quale ”l’invasione russa delle Georgia colpisce al cuore dei valori occidentali e del nostro sistema di sicurezza del ventunesimo secolo”.
”Se la comunità internazionale permette alla Russia di distruggere il nostro stato democratico e indipendente, darà carta bianca a governi autoritari in altre parti del mondo”, osserva Saakashvili. ”La Russia intende distruggere non solo un Paese, ma un’idea”, continua il presidente georgiano, definendo il regime di Mosca ”crudele” e inaffidabile.
(ASCA-AFP)
Oltre che alla retorica, Saakashvili ha affidato il destino della Georgia anche alle armi ed agli istruttori militari occidentali. Quelli statunitensi ora se ne stanno al sicuro in un albergo nel centro di Tbilisi, in attesa di sviluppi.
Condooleezza Rice, medaglia d’argento
In conferenza stampa presso il Dipartimento di Stato, ella ha dichiarato:
“Non è come il 1968 e l’invasione della Cecoslovacchia, quando la Russia poteva minacciare un Paese vicino, occuparne la capitale, rovesciarne il governo e farla franca”.
Condy, do you remember Iraq? And Panama?
Brutti, cattivi ed antipatici
Washington, 14 agosto – Le forze armate russe stanno sabotando e mettendo fuori uso le installazioni militari georgiane nella loro avanzata all’interno del Paese. A dichiararlo è un funzionario americano. ”Quando i russi entrano in una installazione militare georgiana abbandonata, non la lasciano così come l’hanno trovata”, ha detto il funzionario celatosi dietro condizione di anonimato. ”Le rendono meno efficienti”, ha aggiunto.
(ASCA-AFP)
Cittadini israeliani sventolano bandiere georgiane ed israeliane durante una manifestazione presso l’ambasciata russa a Tel Aviv.
Foto: Gali Tibbon/AFP/Getty Images
Dalla padella allo… Scudo
Varsavia, 14 agosto – Accordo raggiunto tra Polonia e Stati Uniti sull’installazione della base americana per lo scudo antimissile. Gli Usa hanno accettato la richiesta di Varsavia di rinforzare la cooperazione militare fra i due paesi e di installare sul territorio polacco in modo stabile almeno una batteria di missili Patriot. Ieri il presidente polacco Lech Kaczynski aveva fatto appello al governo di Donald Tusk perchè arrivasse presto all’accordo con Washington.
(ANSA)
Varsavia, 14 agosto – Il primo ministro polacco Donald Tusk ha confermato l’avvenuto accordo con Washington sullo scudo anti missilistico. “Abbiamo attraversato il Rubicone”, ha detto Tusk alla rete televisiva Tvn.
(ADNKRONOS/DPA)
Riportiamo integralmente – pur con qualche perplessità – l’intervento del generale Fabio Mini su La Repubblica di giovedì 14 agosto.
“E’ ancora presto per capire chi ha veramente vinto o perso in Georgia. E alla fine non è neppure importante. Per adesso la politica internazionale fa registrare soltanto interventi cosmetici.
Gli Stati Uniti pagano con un’altra batosta d’immagine un avventurismo ad est che hanno cercato di mascherare dietro la Nato. Non si sa bene chi di questa agonizzante amministrazione statunitense abbia dato il via libera al presidente georgiano: i servizi segreti, il Pentagono e il Dipartimento di Stato si staranno rimbalzando la palla come sempre. Eppure uno di loro ha autorizzato la sciagurata operazione georgiana magari con l’intenzione di creare uno dei soliti fatti compiuti.
Il petrolio è un buon motivo ma non l’unico: l’espansione ad est della potenza americana, diretta o tramite altri, è un altro e il controllo sulla Russia e perfino sul’Iran un altro ancora.
Ogni buon motivo non giustificava però né l’istigazione a delinquere dei georgiani né la trappola per i russi e gli osseti.
Se poi il presidente georgiano avesse fatto di testa sua sarebbe ancora peggio: gli Stati Uniti e la Nato avrebbero dimostrato al mondo di non avere il controllo su qualcuno e qualcosa che hanno creato dal nulla. La Russia, che canta vittoria, non è riuscita a dare un’immagine di potenza veramente forte e matura. Ha reagito come avrebbe fatto Stalin (che era georgiano) e questo ha un prezzo sul piano internazionale. La Georgia e il suo leader, soltanto per aver posto in atto un disegno così sciocco e scellerato, dovrebbero essere banditi dal consesso internazionale. A questo punto la Nato dovrebbe rivedere seriamente e profondamente la sua politica di allargamento: i paesi guidati da avventurieri o, peggio, da vassalli volenterosi ma miopi dovrebbero essere cancellati dal novero degli aspiranti all’alleanza.
L’Unione Europea ancora una volta non riesce a far valere una sua politica regionale.
Il fatto è che non ce l’ha e ogni volta si deve affidare ai funambolismi di leader che non hanno il mandato di promettere e, meno che mai, di mantenere quello che promettono.
L’impegno personale profuso dai vari leader con mitiche telefonate è apprezzabile ma esautora e svilisce ancor di più le istituzioni.
Come sempre ora si tenta di passare la mano alle cosiddette operazioni di pace. Ma anche qui le idee sono poche e confuse. Si dovrebbero mandare forze in grado di controllare sia i russi sia gli osseti e i georgiani. Ci vorrebbe una interposizione su una interposizione, ma si parla già di smarcarsi dall’impegno con qualche vascello alla fonda nel mar Nero o con una missione di osservatori. I primi non interverrebbero su niente e i secondi non hanno mai risolto niente.
Anzi sono sempre stati i precursori di altre guerre e destabilizzazioni.
Per quanto riguarda l’Italia, la figura che rischiamo è pessima. Abbiamo forze e professionalità per contribuire ad una buona operazione di pace.
Il fatto che possiamo fare poco perché siamo impegnati su altri fronti è una scusa: la verità è che la politica di sicurezza internazionale sembra essere la prima vittima dei tagli ai finanziamenti.
Non si fa politica o si finge di farla a forza di messaggi promozionali e massaggi estetici perché non c’è più un euro. E se ci fosse dovrebbe servire ad altro.”
“Innanzi tutto, Saakašvili è stato destabilizzato. I Georgiani possono pure essere tutti convinti che i Russi siano gli aggressori (per loro l’Ossezia del Sud è territorio georgiano, e dunque quella russa è stata una violazione della loro sovranità), ma non ignorano di certo che la pretesa “aggressione” russa si sarebbe potuta evitare se il loro Presidente non avesse assunto decisioni rischiose al limite dell’azzardo. Saakašvili dovrà dunque convivere con la responsabilità d’aver scatenato un conflitto perduto rovinosamente, anche se egli cercherà di capitalizzare politicamente l’aurea di rappresentante della “patria aggredita”.
In secondo luogo, il prestigio degli USA – ed in subordine dell’UE – nella regione ha subito contraccolpi non trascurabili. I fatti di questi giorni hanno mostrato come nel Caucaso la bilancia della forza militare penda nettamente verso Mosca. Washington ha potuto rispondere all’offensiva russa con la propaganda, con le dichiarazioni infuocate, con la solidarietà a parole, e probabilmente lo farà pure con generosi donativi per la ricostruzione delle infrastrutture georgiane; ma gli USA non hanno potuto inviare un solo uomo a difendere l’alleato georgiano, a loro dire “aggredito”, ed il Cremlino ha terminato l’operazione solo una volta conseguiti i propri obiettivi. Certo la frettolosa chiusura delle operazioni da parte russa sarà sfruttata da Washington e Tblisi per far credere ch’essa sia dipesa dalle pressioni statunitensi, e così salvaguardare il prestigio della Casa Bianca nella regione.
Il terzo successo di Mosca sta nell’allontanamento dell’adesione alla NATO della Georgia. Se la Georgia fosse stata membro della NATO, a quest’ora l’Europa e gli USA avrebbero dovuto o impegnarsi nella terza guerra mondiale, o perdere la faccia di fronte al mondo. Motivo per cui l’ingresso della Georgia nella NATO è sempre stato condizionato alla risoluzione dei problemi abzako e osseto. Ora più che mai questi problemi sono gravi e le loro possibili conseguenze evidenti. Paradossalmente, il solo modo per Tblisi d’entrare nella NATO, oggi come oggi, sembrerebbe l’annessione di Abchazija e Ossezia del Sud da parte della Federazione Russa: come recita il proverbio, “via il dente via il dolore”. Forse è proprio per questo che Mosca continuerà a tergiversare, rimandando alle calende greche la risoluzione delle due questioni.”
Queste sono le conclusioni a cui giunge Daniele Scalea nel dettagliato articolo dedicato a La guerra nell’Ossezia Meridionale.
Dopo una prima parte dove si illustra la storia della Georgia dai tempi remoti fino alla fine dello Stato sovietico ed una seconda che delinea l’ascesa al potere del presidente Saakashvili, nella terza vengono descritte le premesse del conflitto a partire dalla primavera dell’anno in corso e nella quarta, quella finale, se ne tratteggia l’andamento tentando infine di tracciarne un bilancio parziale, sia per quanto riguarda i fattori militari che la valenza strategica degli eventi e del contesto diplomatico.
Lo trovate qui (oppure, scaricabile in versione .pdf, qui).
Come lui nessuno, 5° puntata: “L’Inviato al Fronte”
Mosca, 15 agosto – Il presidente goergiano Mikhail Saakhasvili ha accusato oggi i russi di aver distrutto con l’aviazione la capitale sud osseta, Tskhinvali. Al russo Kommersant, Saakhasvili dice che la città è stata trasformata in un’altra Grozny, la capitale cecena, e ammette che la Georgia ha aperto il fuoco su Tskhinvali l’8 agosto, ma dopo che sono stati uccisi soldati di Tbilisi.
(ANSA)
Indovina indovinello
“Il bullismo e le intimidazioni non sono un modo accettabile di condurre la politica estera nel 21esimo secolo”.
Chi l’ha detto?
Vi diamo un indizio: dopo è partito per una vacanza in Texas. Facile, no?
Come lui nessuno, 6° puntata: “Il Predicatore”
Saakashvili: “Oggi stiamo guardando il diavolo diritto negli occhi”.
(REUTERS)
Saakashvili con i suoi consiglieri militari
Ora che, con la firma dell’accordo per il cessate-il-fuoco apposta da entrambe le parti, la parola sembra tornata alla diplomazia (ma per quanto? è lecito chiedersi), vogliamo riproporvi alcuni brani del documentario Revolution.com di Manon Loizeau, dedicato alle cosiddette “rivoluzioni colorate” patrocinate dagli Stati Uniti d’America nei Paesi nati a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Il documentario è stato trasmesso durante la puntata di Report andata in onda il 3 giugno 2007. Qua trovate quella parte di testo che riguarda più specificatamente la Rivoluzione delle Rose che ha portato al potere in Georgia Mikhail Saakashvili.
Per leggere integralmente la trascrizione del programma, potete andare qui, scorrendo la pagina fino a circa la metà.
“NARRATORE
Il metodo funziona. La conferma la troviamo in Georgia. Da quando è avvenuta la rivoluzione delle rose nel 2003, il paese si è dichiarato filo americano. Nel pomeriggio la capitale Tbilissi, ospiterà la visita del presidente Bush. Ogni anno gli Stati Uniti elargiscono 100 milioni di dollari alla Georgia attraverso vari progetti umanitari. Ma qui il governo statunitense ha anche una base militare strategica, proprio come in Kyrgyzstan. Quest’uomo, il multimiliardario americano e membro del partito democratico George Soros, ha aiutato i leader della rivoluzione delle rose attraverso la sua fondazione Open Society.
EDOUARD SHEVARDNADZE – EX PRESIDENTE GEORGIA
Questo sono io con Bush padre.
NARRATORE
L’ex presidente della Georgia Eduard Shevardnadze è stato destituito. Ha perso tutto, vive con i suoi ricordi e una chiara convinzione…
EDOUARD SHEVARDNADZE – EX PRESIDENTE GEORGIA
I giovani politici che hanno preso il potere sono stati finanziati prevalentemente da George Soros, il famoso miliardario americano. Non so perché volesse rovesciare il governo della Georgia, ma non si è trattato di una rivoluzione, bensì di un colpo di stato!
NARRATORE
Giga Bokeria Leader Movimento kmara è stato uno dei leader di punta nella rivoluzione georgiana. Lo abbiamo conosciuto a Bratislava. Ora lo incontriamo nel palazzo del Parlamento a Tbilissi. Questo trentaquattrenne va e viene da qui ogni volta che vuole, cosa che si può permettere soltanto il primo consigliere del presidente della Georgia. Questa mattina, va all’Hotel Marriott dove incontrerà Anatoli Lebedko, un leader dell’opposizione bielorussia in cerca di consigli su come innescare una rivoluzione nel suo paese.
(…)
ANATOLI LEBEDKO – LEADER OPPOSIZIONE BIELORUSSIA
In questo momento, abbiamo tanto sostegno politico e promesse di aiuto. Il congresso degli Stati Uniti sta deliberando… dovrebbe inviarci diversi milioni di dollari. Ma siamo ancora in attesa. Il grosso problema continua a essere il denaro!
GIVI
Vi aiuteremo noi! Faremo qualcosa per voi. Vi diremo qual’è il modo giusto per prendere il potere.
GIGA BOKERIA – LEADER MOVIMENTO KMARA
Non pensi che sia meglio che spengano le telecamere? Vi dispiace smettere di filmare? E’ meglio.
NARRATORE
Due ore più tardi, nell’atrio della Banca Centrale, Giga ha addosso gli abiti di primo consigliere. Il presidente della Georgia si sta preparando per incontrare i corrispondenti della Casa Bianca, prima dell’arrivo di George Bush.
NARRATORE
Quest’uomo è l’ospite della serata. Il suo nome è Bruce Jackson. Ufficiale dell’esercito statunitense in pensione, ha lavorato anche per i servizi segreti militari e per la Lockheed – una multinazionale che produce aerei militari. Attualmente, gestisce una fondazione “Progetto per le democrazie in transizione”. E’ presente ovunque fermentino nuove rivoluzioni di velluto.
BRUCE JACKSON – PROGETTO PER LE DEMOCRAZIE IN TRANSIZIONE
La Russia ci preoccupa per via della scarsità di democrazia che sta opprimendo il paese. In Georgia, a Riga, a Bratislava e a Kiev sta succedendo quello che ci aspetteremmo di vedere in ogni nuova democrazia. Perciò nel primo caso siamo piuttosto contrariati, nel secondo possiamo definirci entusiasti. Brian posso presentarti il presidente?
NARRATORE
Con i suoi 36 anni, Mikheil Saakashvili è il presidente più giovane del mondo. Si è laureato in legge ad Harvard e ha un grosso debito con gli Stati Uniti… e lui lo sa.
MIKHEIL SAAKASHVILI – PRESIDENTE GEORGIA
Dopo tutti questi anni di scempi, corruzione e malgoverno, credo che la Georgia sia l’esempio vivente di come la democrazia possa funzionare anche in quest’angolo della terra. Crediamo negli stessi valori in cui credono gli americani, e non abbiamo dimenticato quello che hanno fatto per questo paese negli ultimi anni.
NARRATORE
Sapendo di poter contare sul sostegno costante degli Stati Uniti, il giovane presidente georgiano non ha paura di affrontare il suo ex grande fratello sovietico.
MIKHEIL SAAKASHVILI – PRESIDENTE GEORGIA
Abbiamo detto chiaro e tondo che vogliamo le basi russe fuori di qui. Non sto dicendo che vogliamo cacciarli via, ma le truppe siriane hanno lasciato il Libano in due settimane pur essendo quattro volte più numerose dei russi che sono qui. Bisogna capire che l’impero sovietico non esisterà più sotto nessuna forma.
NARRATORE
A pochi passi di distanza dal presidente georgiano, Bruce Jackson ascolta…
MIKHEIL SAAKASHVILI – PRESIDENTE GEORGIA
Ho detto qualcosa di sbagliato?
BRUCE JACKSON – PROGETTO PER LE DEMOCRAZIE IN TRANSIZIONE
No, signore! Lei non dice mai niente di sbagliato. Ma… Perché il presidente non si prende una pausa? Non è neanche riuscito a bere un bicchiere di vino!
INTERVISTATRICE
Un’altra domanda, se non le dispiace. A volte lei viene dipinto come l’uomo “che fa la rivoluzione nell’ombra”.
BRUCE JACKSON – PROGETTO PER LE DEMOCRAZIE IN TRANSIZIONE
No, mi dispiace per quello che dice la stampa francese, ma non è questa la ragione per cui siamo qui. Qui ci sono anche funzionari di governo e dovreste parlare con loro.
NARRATORE
Bruce Jackson se ne va alla chetichella insieme a Giga. Nel centro di Tbilissi, l’atmosfera si riscalda. L’arrivo di George Bush è previsto entro un’ora. Oltre 200 mila persone si sono riunite nell’ex piazza Lenin, oggi ribattezzata Piazza della Libertà.”
Chiuso il 16 agosto 2008