Eric Draitser per rt.com
L’arresto e l’incarcerazione in Corea del Nord del cittadino statunitense Kenneth Bae solleva ancora una volta la questione dell’uso della religione e dell’umanitarismo come mezzi impliciti per rafforzare l’egemonia USA.
La controversia riguardante “la diplomazia cestistica” dell’ex stella della NBA Dennis Rodman è centrata sul suo apparente rifiuto di “parlare a favore” di Kenneth Bae, un cittadino statunitense imprigionato in Corea del Nord per ciò a cui Pyongyang si è riferito quali “crimini contro lo Stato”. Naturalmente, la versione dei media occidentali sul caso Bae è che egli sarebbe un devoto cristiano che semplicemente ha infranto le leggi nordcoreane sulla religione e le prassi religiose.
Come riferito dal The Telegraph, Bae e il suo gruppo stavano usando la propria agenzia turistica come mezzo per diffondere le loro convinzioni cristiane nel Paese stridentemente ateista. I membri del gruppo di Bae hanno ammesso di aver distribuito bibbie nel Paese, intonato canzoni cristiane e, in riferimento alla storia biblica di Gerico, “aver pregato ché i muri crollino”. Anche se si può non essere d’accordo con la criminalizzazione di un ideologia religiosa, è un fatto indiscutibile che Bae e i suoi gruppi hanno commesso quello che Pyongyang considera essere un crimine molto serio.
Mentre l’incarcerazione di un americano in Corea del Nord è già una storia, il suo arresto ha sollevato sospetti in certi circoli internazionali che Bae, come tanti altri prima di lui, stesse nei fatti lavorando con la CIA o un’altra agenzia di intelligence statunitense. Benché sia impossibile dire con certezza se Bae stesse facendo un legittimo viaggio d’affari in Corea del Nord, o stesse semplicemente utilizzando l’occasione come copertura di attività di spionaggio, l’incidente ci ricorda ancora la durevole, sporca relazione tra la comunità dell’intelligence USA e i gruppi e le istituzioni religiose/umanitarie. Continua a leggere