11 dicembre 1946, Padova in rivolta contro le truppe inglesi

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Ovvero 70 anni d’Italia tra carota e manganello

“…Gli incidenti di ieri hanno provocato in città un’ondata di sdegno contro il comportamento degli autisti alleati che come è noto ogni giorno mietono vittime innocenti fra la popolazione civile…”. Inizia così la cronaca di due giorni di “ordinaria violenza” e di Resistenza attiva contro le truppe di occupazione inglesi che con il loro comportamento nei confronti dei cittadini di Padova, costringono gli stessi quasi a rimpiangere i giorni dell’occupazione nazifascista. Il bilancio di due giorni di fuoco è di decine di civili, tra cui molte donne, feriti in modo anche grave, negozi devastati da inferociti soldati di Sua Maestà Britannica, ma anche alcuni di essi sonoramente pestati da Padovani decisi nel non sopportare più i loro soprusi.
Stiamo parlando di una pagina di “Resistenza” volutamente rimossa dalla storiografia ufficiale interessata a coniare la medaglia ad unica faccia da “Liberatori “ alle Forze Armate dei Paesi Alleati vittoriose sul Nazifascismo, ma trasformatesi in forze occupanti e guardiani degli interessi economici e militari delle grandi potenze nello scacchiere europeo nato dopo il 1945.
Un’Europa divenuta campo di battaglia di una nuova guerra, fatta di muri, incubi di olocausto nucleare, colpi di Stato e di regimi imposti con i carri armati, che avrebbe condizionato irreparabilmente il cammino democratico e la voglia di libertà di centinaia di milioni di esseri umani. L’Italia come tristemente sappiamo fu il Paese, dopo la Grecia, nel campo occidentale, che visse più di tutti sotto la spada di Damocle del Colpo di Stato Permanente e dove i servizi segreti e gli ambienti più conservatori ed antipopolari degli USA e della NATO, in nome dell’anticomunismo viscerale ebbero un ruolo determinante come dimostrato nella stagione delle stragi fasciste.
Singolare per alcune coincidenze, la vicenda di cui oggi parliamo, ovvero la rivolta di Padova del 1946, visto che nella stessa città, una ventina di anni dopo una “cellula neofascista”, con coperture di servizi segreti NATO, fu coinvolta a vario titolo nella strage di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre del 1969, la madre della stagione delle stragi. Continua a leggere

Finiamola

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“Gli Stati Uniti non hanno mai inteso liberare alcun popolo, ma solo estendere il loro controllo sui Continenti, primo quello europeo, dove oggi trovano la sola opposizione della Russia.
Proiettati ora alla conquista dell’Asia e dell’Africa, chiamano gli “Stati-clienti” a versare il tributo di soldi e di sangue che gli è dovuto per le loro guerre. Per riacquistare sovranità nazionale, indipendenza, bisogna riscoprire la dignità nazionale e riappropriarci della nostra storia e del nostro passato, con tutte le sue luci e le sue ombre.
La riscoperta di ciò che è nostro, più che il risparmio finanziario sulle spese militari, farà comprendere agli Italiani la necessità di uscire da un’alleanza che ci ha procurato lutti e sangue in passato e che altri ce ne porterà in futuro.
Oggi, l’Italia è una Repubblica fondata sulla menzogna, dalla “guerra di liberazione” alla “sconfitta del terrorismo”, alle “missioni di pace”, che hanno l’unico scopo di far accettare agli Italiani il nostro inserimento in uno schieramento politico e militare che è utile solo per gli Stati Uniti e la loro politica imperiale.
Vogliamo uscire dalla NATO?
Rifondiamo la Repubblica sulla verità che permetterà agli Italiani di riconoscere il disegno strategico di una Potenza che si propone di asservire i popoli al proprio dominio.
Si può giungere alla neutralità e, quindi alla libertà passando però per l’unica via possibile, quella della verità.”

Da Un’iniziativa da condividere, di Vincenzo Vinciguerra.

Gela, la strage venuta dal passato

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Ricostruito un altro eccidio commesso dai soldati USA in Sicilia nel 1943.
Tra le vittime cinque civili che partecipavano a un funerale: gli americani hanno scambiato le fasce del lutto per divise fasciste

Stavano partecipando a un funerale, accompagnando una delle tante vittime di quei giorni sanguinosi. E portavano al braccio la fascia nera del lutto, come si faceva in Sicilia. Un dettaglio che li ha fatti scambiare per camicie nere fasciste e fucilare sul posto dagli americani.
È questa l’ultima tragica novità che emerge dalla ricostruzione dei massacri di soldati italiani prigionieri e di civili condotti dalle truppe americane nella zona di Gela subito dopo lo sbarco del luglio 1943. Esecuzioni a freddo, portate a termine con spietata brutalità per eseguire un ordine del generale George Patton.
All’epoca dopo la denuncia di un cappellano statunitense, il colonnello William King, sconvolto per i mucchi di cadaveri con ferite a bruciapelo, la corte marziale americana istruì due processi, rimasti segreti per decenni.
Uno dei responsabili dei massacri riuscì a farsi assolvere perché dimostrò che il suo comandante, il generale Patton, aveva detto di non fidarsi degli italiani e di ammazzarli quando si arrendevano dopo avere combattuto. L’altro fu condannato all’ergastolo, ma rilasciato dopo pochi mesi nel timore che la notizia delle esecuzioni diventasse pubblica e venisse sfruttata dalla propaganda nazista.
Solo negli ultimi anni, le ricerche di Stefano Pepi, Domenico Anfora e del senatore Andrea Augello – pubblicate in due volumi editi da Mursia – hanno permesso di fare pienamente luce sull’eccidio di 70 prigionieri italiani e 4 tedeschi.
Furono uccisi dopo la conquista dell’aeroporto di San Pietro, nei dintorni di Caltagirone, indicato con l’antico nome di Biscari sulle mappe USA. Contrariamente ai luoghi comuni sullo sbarco in Sicilia, nella zona di Gela la resistenza delle truppe italiane fu molto decisa e mise in crisi le avanguardie americane. Un contrattacco della divisione Livorno riuscì a sfondare le linee e la battaglia proseguì ininterrottamente per cinque giorni, in un caldo torrido, sotto il tiro incrociato delle artiglierie. Da parte statunitense ci furono esecuzioni sommarie di militari ma anche di civili, accusati di avere fatto fuoco sui paracadutisti alleati: in quel momento, gli americani non erano ancora “i liberatori”.
Gran parte delle fucilazioni avvenne il 14 luglio 1943 nei dintorni dell’aeroporto. Ma il cappellano King aveva descritto nella deposizione alla corte marziale un altro eccidio, indicando la posizione in cui aveva visto otto corpi in località Contrada Saracena. E oggi tre delle vittime sono state identificate: Luigi Poggio, Angelo Maesano e Colombo Tabarrini, tre militi delle Camicie Nere in servizio nella contraerea dell’installazione di San Pietro. Luigi Lo Bianco, all’epoca quindicenne, ha parlato ai ricercatori di un gruppo di camicie nere uccise nella stessa zona indicata dal cappellano King, che il senatore Augello è riuscito a identificare grazie agli archivi dell’Albo d’oro sui caduti italiani in guerra.
Ma la testimonianza più sconvolgente è venuta dalla memoria di Gesualdo Mineo, ora deceduto. Mineo ricorda di avere visto le altre cinque vittime: abitanti della zona che dovevano recarsi a un funerale e per questo indossavano camicie nere o le fasce del lutto. Un abbigliamento che gli americani hanno confuso con le uniformi della milizia fascista, facendo finire questi cinque uomini al muro. Ci sarebbe anche un’ipotesi sui loro nomi e sul luogo di sepoltura, ma gli accertamenti non sono stati ancora comunicati alle famiglie. I risultati della ricerca invece sono stati consegnati ai carabinieri, che provvederanno a trasmetterli all’autorità giudiziaria. I crimini di guerra infatti non sono prescritti. Ma finora le indagini penali aperte dalle procure militari italiane su quegli eccidi venuti dal passato non hanno portato a risultati.
Gianluca Di Feo

Fonte
(I collegamenti inseriti sono nostri)

Bombe liberatrici

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La Seconda Guerra Mondiale fu una “missione di pace” ante litteram.
Giorgio NATOlitano dixit.

“Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano si è recato a Cassino, in provincia di Frosinone per partecipare alla cerimonia di commemorazione del 70° anniversario della distruzione della città, in piazza De Gasperi alla quale ha preso parte anche il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Il 15 Marzo del 1944 dopo un mese dalla completa distruzione dell’abbazia di Montecassino, le forze alleate sganciarono sulla città mille tonnellate di bombe e milleduecento di proiettili. Dopo otto ore di bombardamenti la città fu totalmente distrutta.
(…)
“Sono qui per rinnovare l’omaggio della Repubblica per un sacrificio terribile che viene riconosciuto a Cassino e al territorio. Omaggio per lo straordinario tributo di fatica e di sangue con cui combatterono per liberazione di Italia e Europa. Anche a distanza di 70 anni nella memoria di qualsiasi donna o uomo nato qui è impressa la storia terribile che deve essere tramandata alle nuove generazioni. Memoria che deve servire per ricordare l’irrazionalità della guerra. Il tema non può essere su chi ha aveva ragione, se è stato un errore o meno bombardare l’abbazia ma va considerato il fine che è stato raggiunto” ha detto Napolitano ricordando il sacrificio degli eserciti stranieri tra i quali i polacchi.
E’ un capo dello Stato commosso che ricorda come “io stesso ho subito i bombardamenti su Napoli e che sapevamo che quello era il prezzo da pagare per liberarci dal nazifascismo e per questo accogliemmo quelle bombe come liberatrici”.”

[Fonte – grassetto nostro]

Qualcuno ci legge

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La missione militare della NATO: un fallimento su tutta la linea.
Articolo a firma di Simonetta Cossu apparso su Liberazione del 20 settembre u.s., pp. 2-3.

Di chi è la Repubblica Italiana?

Da quanto andremo ad illustrare, la Repubblica Italiana non è certo ‘cosa nostra’… perché se davvero fosse nostra, ovvero di tutti i cittadini italiani, non si fonderebbe su dei “segreti”. “Segreti” su questioni della massima importanza, la cui esistenza configura una Repubblica sostanzialmente ‘cosa loro’.
“Loro” sono ovviamente gli Stati Uniti, che nel lontano biennio 1943-45 hanno effettuato la conquista dell’Italia, eufemisticamente chiamata “Liberazione”. “Liberazione” da noi stessi, tant’è vero che dopo oltre sessant’anni non se ne sono più andati. Potevano farlo dopo la fine dell’URSS, visto che il “problema” era il Comunismo, ma non l’hanno fatto.
L’Italia è, infatti, ‘cosa loro’, anche se gli italiani non lo devono percepire.
L’occupazione di consistenti porzioni del territorio nazionale da parte di uno Stato estero (malgrado ci abbiano informato che, dall’11 settembre 2001, “siamo tutti americani”) ed il suo mantenimento vita natural durante è possibile grazie a clausole – segrete, appunto – pudicamente definite “accordi”, che giustificano la presenza, sul territorio nazionale, di basi ed installazioni militari USA e NATO (oltre 100).
Questo è il “segreto dei segreti” – altrimenti definibile la “madre di tutte le menzogne” – della “Repubblica Italiana”. Tutti gli altri “segreti” (la “strategia della tensione”, le BR, le “trame nere”, Gladio, le “stragi di Mafia”, “Mani Pulite”, il “terrorismo islamico”ecc.) sono una conseguenza logica del “segreto dei segreti”. Pretendere la verità su questo punto non è una cosa “di destra”, “di centro” o “di sinistra”. È semplicemente una cosa sensata, da “patrioti”, se la parola “patria” non avesse assunto per i più – a causa della sua indebita appropriazione da parte di collaborazionisti e della concomitante svalutazione generata da una pseudocultura votata all’autodenigrazione – un significato distante da quello originario.
A questo punto ci sarà chi pensa che l’aver perso l’Italia una guerra – malgrado alcune conseguenze “negative” – sia stato in fondo un fatto “positivo” solo perché così il Fascismo, il “Male assoluto”, è stato sconfitto. A chi la pensa così, basta rispondere che, Fascismo o non Fascismo, l’Italia è stata occupata, tale occupazione non è mai finita (né accenna a finire), e con questo fatto tutti gli italiani devono fare i conti, in maniera sempre più evidente, prima che la crisi epocale del c.d. “Occidente” (che significa Europa distolta dal suo naturale complemento geografico, politico, economico, storico e culturale che è l’Eurasia per venire inglobata nell’Occidente, a guida anglo-americana) ci travolga in maniera irrimediabile. Ristabilire la verità sul “principale segreto della Repubblica Italiana”, sulle clausole segrete che impongono un’occupazione che sembra non finire mai, è un favore che gli italiani devono fare innanzitutto a se stessi, pena la scomparsa pura e semplice come popolo e nazione.
Ma veniamo a questi famosi (si fa per dire) “accordi” a proposito delle basi e delle istallazioni logistiche USA e NATO in Italia:
a) le clausole segrete della ‘Convenzione d’Armistizio’ del 3 Settembre 1943;
b) le clausole segrete del ‘Trattato di pace’ imposto all’Italia, il 10 Febbraio del 1947 (Parigi);
c) il ‘Trattato NATO’ firmato a Washington il 4 Aprile 1949, ed entrato in vigore il 1 Agosto 1949;
d) il ‘Bilateral Infrastructure Agreement’ (BIA) o ‘Accordo segreto USA-Italia’ del 20 Ottobre 1954 (Accordo firmato dal Ministro Scelba e l’Ambasciatrice statunitense Clare Booth Luce, e mai sottoposto alla verifica, né alla ratifica del Parlamento);
e) il Trattato Italia-NATO, firmato a Parigi il 26 Luglio 1961 (reso operativo con Decreto del Presidente della Repubblica No. 2083, del 18 Settembre 1962);
f) Accordo bilaterale Italia-USA, firmato dal Governo Andreotti, il 16 Settembre 1972;
g) il ‘Memorandum d’intesa USA-Italia’ (Shell Agreement) del 2 Febbraio 1995;
h) Accordo segreto ‘Stone Ax’ (Ascia di Pietra), concluso inizialmente negli anni ‘50/’60 e rinnovato l’11 Settembre 2001.
Questi, i principali Comandi USA da cui dipendono le varie basi ed installazioni logistiche (USA e NATO, in Italia):
– Task Force 137 (Naval Forces Eastern Atlantic) (Naples, Italy)
– Army Prepositioned Stock 2 (APS-2) (Mechanized Infantry Brigade (-)) (Netherlands, Luxembourg, Belgium, Norway, Italy)
– South East European Task Force (SETAF) (Vicenza, Italy)
– 173rd Airborne Brigade (Vicenza, Italy (Deploys to Iraq – Early 2007)
– 22nd Area Support Group (Caserma Ederle, Italy)
– 31st Fighter Wing (F-16CG/DG) (Aviano AB, Italy)
– 401st Air Expeditionary Wing (KC-135E/R, U-2?) (Aviano AB, Italy)
– 16th Air Expeditionary Task Force (Aviano AB, Italy)
– US Naval Forces in Europe (NAVEUR) (Naples, Italy)
– Sealift Logistics Command Europe (SEALOGEUR) (Naples, Italy)
– Task Force 63 (6th Fleet Service Force) / Naval Surface Group Mediterranean (Gaeta, Italy)
– Task Force 67 (6th Fleet Maritime Surveillance and Reconnaissance Forces (MARSURVRECFORSIXFLT)) / Fleet Air Mediterranean (FAIRMED) (Naples, Italy)
– Task Force 69 (6th Fleet Submarine Force Mediterranean) / Submarine Group 8 (Naples, Italy)
Questo, naturalmente, senza contare i Comandi Intelligence dipendenti dalla NSA (National Security Agency), e, dulcis in fundo, le 90 testate nucleari statunitensi stoccate fra Ghedi ed Aviano ed il più che probabile armamento atomico imbarcato sui mezzi, anche sottomarini, della Sesta Flotta statunitense di stanza a Napoli e Gaeta, che in materia è vincolata alla direttiva del “neither confirm or deny policy” (non confermare né smentire la presenza di atomiche a bordo).
Vi pare poco? Vogliamo ancora parlare di “Repubblica Italiana”?
Che cosa c’è da “festeggiare”, mentre la gran parte di un Paese – quella che lavora, e non per gli stipendi di quelli che “festeggiano” il 2 giugno – sprofonda nell’immiserimento economico, nell’abbrutimento sociale e culturale, nella disperazione verso un futuro che mette solo l’angoscia?
A sollevare un po’ il morale di un popolo che ne sta vedendo di tutti i colori non bastano più i soliti filmetti americani, il solito rimbambimento della droga televisiva zeppa di programmi ideati negli Stati Uniti per “di-vertire” il pubblico e non farlo pensare, le mezze verità delle trasmissioni “d’approfondimento” e “di denuncia” dove si parla e si parla ma non si arriva mai a nulla.
Gli italiani devono sapere la verità, e siccome non gliela può dire nessuno che si è compromesso con ‘cosa loro’ gliela diciamo noi. La “Repubblica Italiana” non è quello che sembra: l’Italia è una nazione occupata. O-c-c-u-p-a-t-a!
Non è difficile tenersi bene a mente questa parola, ogni volta che si cerca di raccapezzarsi in qualche problema “irrisolvibile”. Non è difatti superfluo osservare che – dalla spazzatura in Campania all’eterna “lotta alla Mafia”, passando per altri mille problemi “irrisolvibili” – la soluzione per risollevare la nostra martoriata Italia dal baratro in cui scivola giorno dopo giorno è la riconquista della libertà, dell’autodeterminazione, dell’indipendenza e della sovranità politica, economica, culturale e militare. Senza tutto ciò è perfettamente inutile discutere di tutto il resto, dai politici “italiani” all’economia “italiana”, per non parlare del miserevole stato della cultura “italiana”, o dell’“informazione”, succubi – senza eccezione alcuna, dai “salottini” televisivi alle testate “indipendenti”, passando per gli “intellettuali organici” – degli interessi di chi ci occupa da sessant’anni con il supporto di collaborazionisti locali “di destra”, “di centro” e “di sinistra”.
In questa situazione, pensare di risolvere qualsiasi cosa è semplicemente folle. Sarebbe come discutere dell’arredamento della propria casa e della sua tappezzeria quando qualcuno vi si è infilato dentro, occupa la camera da letto, non ci lascia usare il bagno uscendone solo per pulirglielo e svuota il frigorifero pretendendo che noi gli facciamo la spesa! Si penserebbe ancora di vivere in casa propria?
Prima si capisce tutto questo e meglio è, per il bene di tutti. Prima della fine.

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Bibliografia:

A.B. Mariantoni, Dal “Mare Nostrum” al “Gallinarium Americanum” – Basi USA in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente

A.B. Mariantoni, Basi americane in Italia: una messa a punto

[Fonte: cpeurasia.eu, pubblicato con il titolo Il segreto di Pulcinella della Repubblica Italiana]