Lo sprezzo del ridicolo

I sefarditi de Il Corriere della sera, quando non si occupano di propagandare la Shoah, le imprese israeliane contro il popolo palestinese, le grottesche iniziative dell’italo-israeliano Emanuele Fiano, si calano nelle vesti di agenti dell’Interpol e danno la caccia ai “terroristi” di quasi mezzo secolo fa.
Oggi esultano perchè, dopo aver dato per morto un certo Maurizio Baldasseroni, classe 1950, scoprono che è vivo e, come lui, lo è anche un suo complice, tale Oscar Tagliaferri, entrambi di “Prima linea”.
I due, in realtà, dopo aver inutilmente ucciso tre clienti in un bar di via Adige, a Milano, il 1° dicembre 1978, vennero espulsi dall’organizzazione e, quindi, classificarli come “sanguinari terroristi” è fuori luogo, anzi dichiaratamente falso.
Si sono dati alla fuga e sono scomparsi in Sud America senza che nessuno li abbia mai realmente ricercati. Ora, vogliono ritrovarli e riportarli in Italia come Cesare Battisti.
I toni dei sefarditi del Corriere sono truci: dargli la caccia “ad ogni costo”, perbacco!
Peccato che qualche giorno prima avevano parlato di Alessio Casimirri, condannato all’ergastolo per concorso nel sequestro e nell’omicidio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta e da sempre rifugiato in Nicaragua non clandestinamente ma alla luce del sole.
In questo caso, il Corriere della Sera racconta che, forse, Casimirri era stato arrestato dai carabinieri ma misteriosamente rilasciato, fatto che alimenta il dubbio che il “terrorista” sia stato in realtà un “infiltrato” dei servizi segreti nelle Brigate Rosse.
Sospetto avvalorato dalla circostanza che nessuno governo italiano, prima di quello presieduto da Matteo Renzi, abbia mai richiesto la sua estradizione al Nicaragua.
Manco a dirlo, nell’articolo mancano i toni truculenti, sono assenti i riferimenti all’ansia di giustizia dei familiari di Aldo Moro e degli uomini della scorta, non si chiede che venga riportato “ad ogni costo” in Italia perché “giustizia” sia fatta.
Siamo abituati da una vita all’ipocrisia, alla falsità, alla menzogna di troppi italici pennivendoli ma dovrebbero avvertire costoro almeno il senso del ridicolo.
Stanno facendo, difatti, una caciara per una nullità come Cesare Battisti al quale ora vogliono aggiungere altri due signor nessuno come Baldasseroni e Tagliaferri e si “dimenticano” con senso di opportunità di parlare di Giorgio Pietrostefani.
Perché non c’è solo il latitante di Stato Alessio Casimirri, rifugiato in Nicaragua, ma anche il “lottatore continuo” e figlio del prefetto di Arezzo Giorgio Pietrostefani, fuggito in Francia con l’autorizzazione del Ministero degli Interni.
Insomma, la “giustizia” dei sefarditi del Corriere della Sera è a corrente alternata: si accende solo quando i “terroristi” sono inoffensivi per lo Stato, per il regime e per gli “amici degli amici”, in questo caso la faccia diventa feroce e si chiede che “paghino” all’interno di una casa di riposo carceraria perché l’età di costoro è ormai sui 70 anni più o meno, quella giusta per iniziare a scontare ergastoli con fine pena mai.
Quando, invece, si tratta dei Casimirri e dei Pietrostefani la sete di giustizia si estingue, la corrente si spegne, neanche osano balbettare, stanno zitti proprio.
Uno Stato che ha fomentato una guerra civile per gli interessi propri e dei propri alleati, non ha il diritto di mettere in galera qualcuno, e tantomeno di selezionare quelli che ci devono andare e gli altri che devono evitarla ad ogni costo.
Quanti sono stati salvati dallo Stato italiano?
Tanti, dai latitanti ai quali è stata garantita la liberta, agli assolti per insufficienza di prove, sono una legione i “terroristi” veri o, più spesso, presunti che nessuno ha mai chiamato a “pagare” alla faccia dei familiari delle vittime.
Questo revival di una inesistente giustizia ha scopi diversi e non dichiarati.
I “pregiudicati” di ieri servono forse a distrarre l’attenzione pubblica dai pregiudicati di oggi che dirigono partiti politici, sostengono il governo, si propongono come persone in grado di ridare agli Italiani sicurezza e giustizia.
Quella che un tempo fu una tragedia, l’hanno trasformata oggi in una farsa nella quale tutti sono chiamati a recitare la loro parte fingendo di volere giustizia e di voler evitare la cancellazione della memoria, quando viceversa l’obiettivo è quello di evitare che da quella memoria emergano le responsabilità dello Stato e del regime, per questa ragione Cesare Battisti sì, Alessio Casimirri no, Baldasseroni e Tagliaferri sì, Pietrostefani no.
È la memoria mafiosa che ricorda i delitti degli altri ma non i propri.
È così difficile comprenderlo? Crediamo di no.
Vincenzo Vinciguerra

Fonte

“Una strategia fallita ma che ha lasciato un effetto duraturo”

L’intervento del dott. Guido Salvini, magistrato presso il Tribunale di Milano, presentato al convegno “La rete eversiva di estrema destra in Italia e in Europa (1964-1980)”, svoltosi a Padova l’11 novembre 2016.

“Il quinquennio 1969-1974 rappresenta il periodo cruciale e più sanguinoso, l’apice di quella che è stata chiamata la strategia della tensione: in Italia si verificano ben cinque stragi, un’altra mezza dozzina di stragi almeno, soprattutto su linee ferroviarie, falliscono per motivi tecnici perché l’ordigno non esplode o il convoglio riesce a superare il tratto di binario divelto, vi è il tentativo di colpo di Stato del principe Valerio Borghese seguito da altri progetti che durano fino al 1974, vi è infine un attentato in danno dei Carabinieri quello di Peteano, con tre vittime, del maggio ‘72 caratterizzato, come vedremo, da una propria specificità.
Già l’anno 1969 in Italia anno è denso di avvenimenti politici.
In quel momento il governo è un debole monocolore guidato dall’on. Rumor che si muove in una situazione incandescente per il rinnovo dei più importanti contratti e la mobilitazione quindi di centinaia di migliaia di operai; inizia la protesta studentesca nei licei e nelle università con un anno di ritardo rispetto al 1968 francese. Sono poi in discussione in quella fase politica riforme decisive sul piano strutturale e culturale come lo Statuto dei Lavoratori, l’approvazione del sistema delle Regioni, la legge sul divorzio.
Nixon è presidente gli Stati Uniti e sono gli anni della dottrina Kissinger, quella secondo cui i governi italiani e i partiti politici di centro dovevano respingere ogni ipotesi di accordo e di compromesso con il PCI e le forze di sinistra, scelta facilitata in passato, come ha ricordato anche Aldo Moro nel suo memoriale scritto dalla prigionia, da continui flussi di finanziamenti distribuiti nascostamente dall’amministrazione americana a partiti e organizzazioni di centrodestra talvolta tramite il SID del gen. Miceli. Il 27 febbraio 1969 il presidente della Repubblica americano fa una visita in Italia ed incontra al Quirinale il presidente Saragat. Vi è stata da poco la scissione del PSI e attorno al PSDI, cui Saragat appartiene, si radunano le correnti più determinate in senso filo-atlantico e più contrarie al mantenimento dell’esperienza di centro-sinistra.
Secondo un dossier contenuto negli archivi di Washington e desecretato il Presidente italiano concorda con quello americano sul “pericolo comunista” e afferma che agli occhi degli italiani il PCI si fa passare per un partito rispettabile ma è dedito agli interessi del Cremlino.
Il giorno della visita del presidente Nixon a Roma la città è blindata e scoppiano gravissimi incidenti tra la polizia ed extraparlamentari di sinistra cui seguono nell’Università scontri tra questi ultimi e militanti dell’estrema destra: vi è la prima vittima di quell’anno Domenico Congedo, uno studente anarchico, Congedo che durante un attacco dei fascisti alla facoltà di Magistero precipita da una finestra.
Del resto a livello internazionale la situazione è critica per il blocco occidentale in quanto molti Paesi afro-asiatici sotto la spinta della decolonizzazione entrano nell’orbita dei Paesi socialisti e alcuni passaggi di campo vengono impediti solo attraverso guerre civili o colpi di Stato molto sanguinosi da quello in Indonesia nel 1965 a quello in Cile nel 1973.
Non sembra un caso che la stagione delle stragi si collochi all’interno di questo quadro internazionale e coincida quasi perfettamente con la durata della presidenza Nixon e declini nel 1974 dopo la crisi del Watergate e lo sfaldarsi dei regimi dittatoriali in Europa, la Grecia, la Spagna, il Portogallo con il conseguente venir meno dell’ipotesi di un colpo di Stato anche in Italia che s’ispiri a quelle esperienze.”

Gli anni 1969-1974 in Italia: stragi, golpismo, risposta giudiziaria continua qui.

I figli della CIA

la-lotta-continuaIl giornalista Paolo Cucchiarelli ha recentemente ripubblicato un articolo scritto da Marco Nozza e apparso sul quotidiano “Il Giorno” di Milano il 31 luglio 1988.
Cosa diceva Nozza? Che il giornale di “Lotta continua” si stampava in una tipografia di pertinenza di due agenti della Central Intelligence Agency (CIA), Robert Cunningham senior e junior, il quale ultimo era perfino socio della società “Tipografia 15 giugno” che avrebbe dovuto stampare il giornale di Adriano Sofri e soci ”fino al 31 dicembre 2010″, insieme ad Angelo Brambilla Pisoni, Pio Baldelli, Marco Boato e Lionello Massobrio.
In altre parole, il giornale di “Lotta continua”, organizzazione rivoluzionaria della sinistra extraparlamentare italiana, era stampato dal servizio segreto americano.
Marco Nozza concludeva il suo articolo con una domanda: “Ma lo sapevano, quegli sprovveduti, con chi avevano a che fare?”.
Siamo, in altre e più crude parole, al “vieni avanti cretino” riferito ad Adriano Sofri e colleghi che, a prima vista, erano nemici degli Stati Uniti e della CIA ma stampavano, ingenuamente, il loro giornale in una tipografia di proprietà degli Stati Uniti e della CIA, senza rendersene conto.
Se rivolgiamo lo sguardo al passato e, ancora oggi, ci guardiamo attorno di imbecilli e mentecatti targati “Lotta continua” ne troviamo parecchi in circolazione, magari riciclati a destra, sul libro paga del finanziatore della mafia Silvio Berlusconi, accoppiati con presunti ”neofascisti” insieme ai quali conducono campagne stampa, a mezzo di Internet, contro coloro che cercano ed affermano verità che sono scomode per tutti, dai presunti neofascisti ai presunti rivoluzionari di estrema sinistra.
Il sospetto che, nel loro passato, abbiano come comune denominatore il rapporto di dipendenza dalla Central Intelligence Agency è tutt’altro che peregrino.
Difatti, prima ancora che Sofri e colleghi iniziassero a stampare il loro giornale presso la tipografia della CIA a Roma, il segnale di rapporti non proprio limpidi con gli spioni americani c’era già, evidente ma sottaciuto per evitare inopportune domande all’epoca ed anche oggi.
Il 30 ottobre 1970, proprio su “Lotta continua”, difatti, è pubblicato un articolo dal titolo “La rivoluzione col mitra e con le schede”, dedicato alla situazione politica in Cile nel quale si attacca con asprezza Salvador Allende, definito il “socialista dello yacht”.
Si potrà pensare ad un infortunio, alla trappola tesa da qualche “infiltrato”, sia pure a buon livello nell’organizzazione, che si è fatto beffa del “rivoluzionario” Adriano Sofri e dei suoi soci per buttare fango da sinistra sul Salvador Allende ormai nel mirino della Central Intelligence Agency.
Invece no.
Perché l’8 agosto 1972, Sofri e colleghi tornano ad accusare il presidente cileno con un articolo dal titolo chiarissimo: “Allende spara sui lavoratori”.
Un secondo infortunio? Possiamo escluderlo, perché “Lotta continua”, il 2 settembre 1972, ritorna ad attaccare Salvador Allende con un altro articolo intitolato “Tortura i militanti rivoluzionari”.
Insomma, questo Salvador Allende Sofri e colleghi non lo digeriscono.
Non solo lo hanno accusato di essere un ” socialista con lo yacht”, ma ora lo additano al disprezzo dei proletari come uccisore e torturatore dei compagni cileni. Per fortuna di Sofri e dei militanti rivoluzionari cileni, l’11 settembre 1973, la CIA liquida Salvador Allende con un colpo di Stato militare guidato da Augusto Pinochet Ugarte e libera il Cile dalla tirannica oppressione del “socialista con lo yacht”.
Se Sofri ed i suoi colleghi della CIA e di Lotta continua hanno gioito anche a Roma non possiamo saperlo, ma lo riteniamo probabile.
Se gli uomini della Central Intelligence Agency hanno liquidato un nemico, quelli di Sofri hanno condotto a termine l’operazione contro Luigi Calabresi, fisicamente liquidato il 17 maggio 1972, godendo ora dello spettacolo di magistrati che, negando l’evidenza, inventano una “pista nera” per l’omicidio del commissario di polizia rivendicato, viceversa, da “Lotta continua” con l’arroganza di chi è certo della propria impunità.
Bei tempi, quelli, per Lotta continua e la CIA.
Se è esistita, a sinistra, organizzazione che ha alimentato gli “opposti estremismi”, che ha incitato all’odio e alla violenza contro gli avversari politici, che è stata lasciata libera dallo Stato di pubblicare, vantandosene, perfino gli elenchi dei “fascisti” aggrediti, questa è “Lotta continua” diretta da un individuo, Adriano Sofri, che ha atteso 30 anni per rivelare che aveva un ottimo rapporto con il prefetto Umberto Federico D’Amato, direttore della divisione Affari riservati del ministero degli Interni e uomo della CIA in Italia.
Rivisiteremo la storia di “Lotta continua” perché nessuno ha scritto che solo l’estrema destra è stata eterodiretta dai servizi segreti italiani, atlantici, israeliani ed americani, la cui presenza è, invece, palpabile anche a sinistra.
Per ora ci fermiamo qui, con una domanda alla quale bisognerà dare risposta: perché Adriano Sofri ha deciso l’eliminazione di Luigi Calabresi, traendo spunto da informazioni false diffuse da agenzie di stampa dipendenti dal ministero degli Interni, ovvero da quella divisione Affari riservati diretta dal suo amico Umberto Federico D’Amato?
Per vendicare Giuseppe Pinelli?
Ne dubitiamo, assai.
Vincenzo Vinciguerra

(Fonte)

Lotta Continua e la “pratica” Feltrinelli&Calabresi

Nel 40° del suo assassinio, opera di un ‘commando’ dei servizi militari di Lotta Continua, al comando del cugino-genero di Enrico Berlinguer – ossia Luigi Manconi, marito del direttore del TG più ‘stelle-strisce’ della RAI, e figlia del medesimo Ras della costa catalana di Sardegna allorché ‘ei fu’ – il Commissario Luigi Calabresi non è stato minimamente ricordato sui giornali.
Addirittura, in occasione dell’attentato al dirigente Ansaldo Finmeccanica, dieci giorni fa, nelle pagine dedicate alla nascita del terrorismo degli anni Settanta, in Italia come interfaccia del Libano, sia il Corriere, che La Repubblica, che La Stampa, fra i tanti esempi addotti anche con foto e articoli dedicati, ignoravano l’attentato a Calabresi!
Evidentemente, lo sbirro ficcanaso, nella vicenda di Piazza Fontana; in quelle, ugualmente oscurissime al profano, della ‘nascita delle Brigate Rosse a stelle–strisce’; come in quelle dell’assassinio dell’editore anti-imperialista Giangiacomo Feltrinelli, due mesi prima del suo (15 Marzo-17 Maggio 1972) è tuttora un convitato di pietra troppo ingombrante per poter fare i conti col medesimo da parte degli stessi terroristi-assassini che oggi, in Italia e in Europa, per investitura del SuperStato Federale d’Oltremare, governano totalitariamente la comunicazione mediatica ufficiale, di tutti i tele&giornali, privati e di Stato.
Invece è tutto molto semplice. Continua a leggere

Quando eravamo re

Cinquanta anni fa esattamente iniziava la sua carriera, di Campione e Uomo Vero, un giovanissimo e sconosciuto nero d’ America: Cassius Clay, che in capo ad un anno avrebbe vinto le Olimpiadi di Roma (nella categoria dei medio-massimi), e, nel settembre del 1961, il titolo professionistico dei pesi massimi, sconfiggendo Sonny Liston anche nella rivincita. Per sei indimenticabili anni rimase IL RE, sconfiggendo ogni avversario in virtù di una classe e di una intelligenza schermistica senza precedenti,e senza successori. Inoltre ripulì la Noble Art dalle mafie che ne compromettevano, legate al business delle scommesse, la legittimità sportiva. Riunificò le varie corone, ognuna una diversa “federazione”, attorno cui si coagulavano interessi mafiosi. Fu la TV che gli permise di agganciare direttamente il grande pubblico, diventando manager a se stesso,e scavalcando le intermediazioni gangsteristiche che prima ne costituivano tramite necessario. La boxe divenne per davvero uno Sport a pieno titolo, che appassionò per trent’ anni le platee di tutto il mondo, prima di scomparire nella moltiplicazione dei titoli e dei fittizi “campionati”, pompati anche da interessi editoriali.
Nel 1967 rifiutò di andare in Vietnam, a combattere una guerra di dominazione “imperiale”, sbagliata e ingiusta perché combattuta contro un intero popolo, e non solo il FLN nazionalista che la combatteva in armi. Fu arrestato, condannato e degradato, privato vergognosamente, per una persecuzione politica, di un titolo mondiale che gli spettava per averlo conquistato e difeso sul ring. Dopo quattro anni di galera, ritornò sul quadrato, sconfiggendo via via tutti gli avversari, per il massimo titolo, per poi riconquistarlo contro Frazier alla rivincita, e anche nella “bella”, dopo avere perduto la prima sfida. Fu di nuovo The King. Egli fece onore al Black People cui apparteneva, e non solo come Campione Sportivo, ma come Leader Morale, ammirato da Tutte le Genti.
Tutte proprio, no. Perché infatti, mentre lui stava in galera, in Italia era nato un gruppettino, Lotta Continua, non si sa da chi e come sostenuto nei suoi cospicuissimi mezzi. Un gruppo paramilitare già nei titoli del ricco quotidiano omonimo, che predicavano violenze ed assassinii.
Non tutti realizzati, per fortuna. Quando Alì tornò in campo per vincere il Campionato della Vita, sostenuto da una platea mondiale che tifava per lui vegliando anche di notte per vederlo in TV,
Lotta Continua fece un titolo a nove colonne: “NOI NON TIFIAMO PER CASSIUS CLAY”. Era l’ 8 marzo del 1971: una anno esatto prima di……Calabresi.
Strano, perché era un gruppo che si faceva riconoscere “di sinistra”, anche la più dura ed estrema: e venne presto in ottimi rapporti con il PCI di Berlinguer, quello che ci portò “sotto la NATO”, perciò costretti oggi ancora a combattere tutte le sue guerre contro tutti i Paesi del mondo, il nostro incluso. Iraq, Afghania, presto l’ Iran eccetera.
Oggi che quegli stessi di allora, i misconoscitori di Clay-Alì, predicano da ben più alti pulpiti le medesime cose , e propagandano guerre di dominio, conquista e distruzione, di Nazioni e Culture, analoghe al Vietnam, noi capiamo finalmente il perché di quel titolo accampato nel lontanissimo 8 marzo del 1971 che Alì-Clay sfidò Joe Frazier, il campione abusivo che faceva la parte del “Neghro Bbbbuuuuono……”
Un mestiere opposto a quello, Uomo Vero di là d’ ogni colore di pelle, che fu di Muhammad Alì….
“Neghro Bbbbuono”….che oggi è di gran moda.
Non sappiamo fin quando.

W sempre Muhammad Alì, il più grande di tutti di Gianni Caroli.