La cosa peggiore che può capitare a un fotografo freelance è che le sue immagini restino invendute all’interno del proprio hard disk. La fiducia delle persone che ti hanno aperto le porte della loro intimità e ti hanno raccontato le loro storie, deve essere in qualche modo ripagata facendo sì che l’opinione pubblica ne venga a conoscenza. Se non si raggiunge questo obiettivo non possiamo dire di aver fatto un reportage ma semplicemente del turismo 2.0
Oggi noi abbiamo a disposizione diversi linguaggi per raccontare le storie che incrociamo lungo il nostro cammino. Abbiamo la fotografia, la scrittura, abbiamo i filmati. Ognuno di essi ci permette di aggiungere una dimensione in più al nostro racconto. La fotografia pur essendo apparentemente il linguaggio più limitato ha un enorme vantaggio rispetto agli altri due; un’immagine fotografica è un frammento di realtà che si trasferisce direttamente dalla retina del fotografo a quella della spettatore, divenendo in questo modo memoria condivisa.
La possibilità di “colonizzare” l’immaginario altrui e di contribuire a definire l’immagine di mondo di un pubblico potenzialmente vastissimo, implica un enorme potere da parte dell’autore da cui deriva un altrettanto grande responsabilità.
Fortunatamente le mie foto non sono rimaste nell’hard disk.
Donbass stories, da oggi in tutte le librerie d’Italia.
Giorgio Bianchi
meltemi
Il terrore come metodo di governo
La presentazione di Governare con il terrore, ultimo libro di Giorgio Bianchi, lo scorso 21 maggio a Bologna.
Governare con il terrore
Dopo due anni e mezzo di lavoro da oggi potrete trovare in tutte le librerie il mio secondo volume dal titolo Governare con il terrore.
L’intento è stato fin dall’inizio quello cercare di elaborare una sorta di “teoria del tutto” che potesse fungere da schema interpretativo degli eventi, solo all’apparenza slegati, ai quali abbiamo assistito a partire dall’11 Settembre fino ai giorni nostri.
Devo dire sinceramente che anche io, nel rivedere in fila fatti che avevo dimenticato in qualche angolo del mio cervello, mi sono sorpreso nel notare la straordinaria capacità di programmazione a lungo termine dei gruppi di potere e dei complessi militari-industriali.
Vedendo la figura coerente che emerge nel mettere in fila tutta una serie di puntini, anche i più scettici, saranno costretti a considerare la possibilità di essere all’interno di una narrazione più o meno coerente, volta a condurre le masse nella direzione desiderata.
Giorgio Bianchi
Grazie alle narrazioni autocertificate e diffuse attraverso i social network, assistiamo oggi a un perenne stato di eccezione che induce i cittadini a cedere sempre maggiori porzioni di garanzie costituzionali in cambio di un astratto concetto di sicurezza che si presume possa essere garantito solo da provvedimenti con una marcata impronta autoritaria.
Governare con il terrore analizza le tecniche utilizzate dalle “cupole oligarchiche” e dai complessi militari, industriali e politici al fine di perpetuare nel tempo il controllo sulle masse in quella che può essere definita l’era della post-verità. Partendo dalle teorie di Hobbes, l’opera mostra come il potere si sia impossessato del monopolio dei mezzi di comunicazione e come stia utilizzando le parole per costruire un’immagine di mondo che giustifichi la progressiva reimpostazione delle società secondo un nuovo paradigma, quello del capitalismo della sorveglianza.
Sovranità o barbarie
“Sovranità o barbarie è il primo titolo di una nuova collana dell’editore Meltemi, diretta da chi scrive e intitolata “Visioni eretiche”. Titolo paradossale, ove si consideri che le “eresie” in questione altro non sono che la riproposizione di princìpi, teorie, concetti, ideali e punti di vista che, fino agli anni Settanta del secolo scorso, rappresentavano un patrimonio comune a tutto il movimento operaio internazionale (sia pure con varie sfumature, a seconda dei partiti e dei movimenti che si sforzavano di metterlo in pratica nei diversi contesti nazionali). Se oggi quelle idee appaiono eretiche, al punto da esporre chi le sostiene alle accuse di “rossobrunismo” da parte della nuova ortodossia, è perché tutte le sinistre – dai socialdemocratici più moderati agli antagonisti più radicali – hanno subìto, nel giro di qualche decennio, una mutazione culturale, politica, direi quasi “antropologica”, di portata tale da cambiarne il codice genetico. La collana intende condurre una battaglia senza quartiere contro tale mutazione, denunciandone l’impatto devastante sui rapporti di forza e sulle condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne. Tuttavia l’obiettivo non è solo evidenziare il contributo decisivo che queste sinistre “degenerate” hanno dato al successo della controrivoluzione neoliberista: si tratta anche di recuperare strumenti politico-culturali in assenza dei quali non è pensabile condurre una controffensiva popolare contro le élite politiche e finanziarie transnazionali. Non credo si sarebbe potuto trovare un lavoro più adatto a inaugurare questa impresa di Sovranità o barbarie. Il ritorno della questione nazionale, di Thomas Fazi e William Mitchell, un libro che già dal titolo prende il toro per le corna, affrontando di petto quello che è il tasto più dolente della perdita di orientamento delle sinistre mainstream, vale a dire la rimozione della consapevolezza che lo Stato-nazione è la sola cornice in cui le classi subalterne possano sperare di migliorare le proprie condizioni e allargare gli spazi di democrazia.”
Dalla prefazione di Carlo Formenti.