missioni all’estero
Le droghe e l’Esercito Italiano
“Sappiamo che il 18 aprile [2011 – n.d.c.], in un luogo dove è in corso un’esercitazione militare nel teramano, viene uccisa Melania Rea e nessuno – nemmeno le vedette in divisa che controllano le uniche due strade di accesso – dirà poi di avere visto nulla.
Sappiamo un po’ meno che il 27 marzo, nella caserma Manlio Feruglio di Venzone (UD) occupata dagli alpini della Julia – lo stesso corpo di Parolisi – un militare trova degli involucri pieni di eroina mentre sta pulendo le casse di armi appena tornate dall’Afghanistan, come mi venne confermato dal sostituto della Procura di Tolmezzo. Anche questa inchiesta viene “strappata” dalla Procura Militare, e non se ne saprà più niente.
Il 3 giugno, ancora, il tenente colonnello Cristiano Congiu – un carabiniere di grande esperienza – viene assassinato nella valle del Panjshir, in Afghanistan. Il motivo della sua morte resta tuttora avvolto nel mistero.
Congiu era un agente antidroga sotto copertura che, stando alle mie fonti, stava indagando proprio sui presunti traffici di stupefacenti operati a bordo dei voli militari. Al momento del fatto si trovava con una donna statunitense poi sparita nel nulla, e di cui non sono mai state rese note le generalità.
Negli anni Novanta, Congiu comandava la compagnia dei carabinieri del Rione Traiano, a Napoli. Il suo nome finì però, senza essere mai indagato, nelle carte di un’inchiesta sui Casalesi — non per legami diretti con la criminalità organizzata, ma perché aveva stretto una relazione con una soldatessa statunitense di stanza nel capoluogo partenopeo che, a sua volta, frequentava Francesco Schiavone detto Sandokan, il capo dei capi della sanguinaria camorra di Casal di Principe.
Ancora una volta, dunque, in questa storia tornano i Casalesi. E non è nemmeno l’ultima. Undici giorni dopo, il 14 giugno 2011, l’antimafia di Napoli bussa proprio alla porta della caserma di Parolisi per arrestare Laura Titta, militare nonché autista del boss Emilio Di Caterino – allora reggente dei Casalesi – ma anche di Giuseppe Setola, suo predecessore a capo dell’ala stragista del clan. Setola è stato autore, per esempio, della strage di Castel Volturno del settembre 2008: 7 morti e un ferito, tutti immigrati.
La caserma di Parolisi, ad Ascoli Piceno, addestra tutte le reclute femminili d’Italia, e lui stesso è stato in missione in Afghanistan. Ma il nome “Titta” – afferma – non gli dice nulla. La giovane recluta nel 2009 si era trasferita a Napoli. Dopo il ritrovamento del cadavere della Rea, nonostante il congedo, chiede però di tornare ad Ascoli. Ad oggi non se ne conoscono le ragioni.
C’è infine quanto accade due mesi dopo, il 13 agosto del 2011, a Genova, quando i carabinieri arrestano Alessandra Gabrieli, caporalmaggiore dei parà, con 35 grammi di eroina purissima. Al processo sosterrà di essere diventata eroinomane in caserma, a causa del giro di droga dei soldati della Folgore di Livorno tornati dall’Afghanistan con quella sostanza.
(…)
All’alba del 25 luglio 2010, un carabiniere trova il corpo privo di vita di un militare italiano nel suo ufficio, all’aeroporto di Kabul. È il capitano dell’esercito Marco Callegaro, addetto proprio alla gestione finanziaria dei rifornimenti della missione.
Ufficialmente si parla di suicidio, ma anche su questo caso i dubbi sono tanti, a partire dalla presunta lettera d’addio mai stata consegnata ai familiari, che infatti non credono a questa versione — il padre sostiene, anzi, che pochi giorni prima il figlio gli avesse raccontato di aver fatto una scoperta sconvolgente.
Dopo queste dichiarazioni, i Radicali presentano un’interrogazione parlamentare a risposta scritta al ministro della Difesa, allora Ignazio La Russa, per chiedere tra l’altro “se esista e quale sia il contenuto del biglietto a cui fa riferimento il genitore del militare deceduto.”
Verranno presentati ben 13 solleciti, l’ultimo dei quali risale al 6 dicembre 2012, due mesi prima che i Radicali – con la lista Lista Amnistia Giustizia Libertà – restino fuori dal Parlamento per non avere superato la soglia di sbarramento necessaria per entrare alle Camere.
Una risposta, alla fine, non arriverà mai.”
Da L’eroina, l’esercito e un delitto misterioso: in Afghanistan sulle tracce del caso Parolisi di Alessandro De Pascale.
Forze ed operazioni militari USA in Africa – una rassegna
Di Benjamin Cote in esclusiva per SouthFront
L’importanza delle Forze Militari in Africa
Il 4 ottobre 2017, forze nigerine e Berretti Verdi americani sono stati attaccati da militanti islamici durante una missione di raccolta di intelligence lungo il confine con il Mali. Cinquanta combattenti di una affiliata africana dello Stato Islamico hanno attaccato con armi di piccolo calibro, armi montate su veicoli, granate lanciate con razzi e mortai. Dopo circa un’ora nello scontro a fuoco, le forze americane hanno fatto richiesta di assistenza. I jet Mirage francesi hanno fornito uno stretto supporto aereo e i militanti si sono disimpegnati. Gli elicotteri sono arrivati per riportare indietro le vittime per l’assistenza medica.
Quando la battaglia finì quattro Berretti Verdi sono risultati uccisi nei combattimenti e altri due furono feriti. I sergenti maggiori Bryan Black, Jeremiah Johnson, Dustin Wright e il più pubblicizzato di tutte le vittime il sergente La David Johnson sono stati uccisi in missione. Il presidente Trump si è impegnato in uno scontro politicizzato con la vedova di Johnson e la deputata della Florida Federica Wilson in merito alle parole da lui usate in una telefonata consolante.
La battaglia politica sui commenti del Presidente Trump ha avuto l’effetto non intenzionale di spostare l’attenzione della nazione sulle attività americane in Africa. In precedenza il pubblico americano, e buona parte dell’establishment politico, mostrava scarso interesse o conoscenza delle missioni condotte dai dipartimenti di Stato e della Difesa all’interno delle nazioni africane in via di sviluppo. Il 5 maggio, un Navy SEAL era stato ucciso vicino a Mogadiscio mentre assisteva le forze somale nel combattere al-Shabaab. Questa morte è arrivata un mese dopo che l’amministrazione Trump aveva revocato le restrizioni sulle operazioni di antiterrorismo nelle regioni della Somalia.
Certamente l’evento non ha registrato la stessa attenzione del mainstream come la polemica circa il sergente Johnson; tuttavia, tutto rivela come l’Africa stia lentamente diventando un’area di interesse nazionale cruciale per gli Stati Uniti. Le questioni concernenti le nazioni africane riguardanti le minacce terroristiche sia esterne sia interne, così come i loro problemi economici, servono a garantire che i responsabili politici degli Stati Uniti si concentrino sul continente. Iniziative globali come la Combined Joint Task Force for Operation Inherent Resolve coinvolgono diverse nazioni africane fondamentali per combattere l’ascesa dell’estremismo islamico radicale. L’ascesa di gruppi estremisti coesi insieme all’espansione degli investimenti economici nell’Africa post-coloniale ha comportato un aumento dei dispiegamenti militari stranieri e americani nella regione. Continua a leggere
Francia, situazione incresciosa
“La situazione incresciosa nella quale ci ritroviamo è da attribuire a precise responsabilità politiche; e queste responsabilità politiche dovranno essere passate al vaglio, prima o poi. È assai improbabile che l’insignificante opportunista che occupa la poltrona di capo di Stato, come pure il ritardato congenito che svolge le funzioni di primo ministro, per non parlare poi dei «tenori dell’opposizione» (LOL), escano con onore da questo riesame.
Chi è stato a decretare i tagli nelle forze di polizia, fino a ridurle all’esasperazione, quasi incapaci di svolgere le loro mansioni?
Chi ci ha inculcato, per tanti anni, che le frontiere sono un’assurdità antiquata, simbolo di un nazionalismo superato e nauseabondo? Si capisce subito che tali responsabilità sono state largamente condivise.
Quali leader politici hanno invischiato la Francia in operazioni assurde e costose, il cui principale risultato è stato quello di far sprofondare nel caos prima l’Iraq, poi la Libia? E quali governanti erano pronti, fino a poco tempo fa, a fare la stessa cosa in Siria ? (Dimenticavo, è vero che non siamo andati in Iraq, non la seconda volta. Ma c’è mancato poco, e pare scontato che Dominique de Villepin passerà alla storia solo per questo, che non è poco: aver impedito che la Francia per una volta, la sola e unica volta della sua storia recente, partecipasse a un intervento militare criminale – e per di più idiota.)
La conclusione inevitabile è purtroppo assai severa: i governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni (venti? trenta?) hanno fallito penosamente, sistematicamente, pesantemente nella loro missione fondamentale, cioè proteggere la popolazione francese affidata alla loro responsabilità.
La popolazione, dal canto suo, non ha fallito in nulla. In fondo, non si sa esattamente che cosa pensa la popolazione, visto che i successivi governi si sono guardati bene dall’indire dei referendum (tranne uno, nel 2005, ma hanno preferito non tener conto del risultato). I sondaggi d’opinione, invece, sono sempre autorizzati e – per quello che valgono – rivelano grosso modo le cose seguenti: la popolazione francese ha sempre conservato fiducia e solidarietà nei confronti dell’esercito e delle forze di polizia; ha accolto con sdegno i predicozzi della «sinistra morale» (morale?) sull’accoglienza di rifugiati e migranti e non ha mai accettato senza sospetti le avventure militari estere nelle quali i suoi governanti l’hanno trascinata.
Si potrebbero moltiplicare all’infinito gli esempi della spaccatura – oggi abissale – che si è venuta a creare tra i cittadini e coloro che dovrebbero rappresentarli.
Il discredito che oggi colpisce in Francia l’insieme della classe politica è non solo dilagante, ma anche legittimo. E mi sembra che l’unica soluzione che ci resta sarebbe quella di dirigersi lentamente verso l’unica forma di democrazia reale, e con questo intendo dire la democrazia diretta.”
Michelle Houellebecq
E io pago
“Il decreto di manutenzione sui conti del 2011 è in programma invece per il mese di giugno, e al momento “vale” attorno ai 3,3-3,5 miliardi.
Si tratta, prima di tutto, di finanziare spese definite “inderogabili”, tra cui le missioni militari internazionali, il cui costo è lievitato per effetto della crisi libica. L’ultima proroga, fino al 30 giugno 2011, è stata prevista dal decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 22 dicembre dello scorso anno.”
L’articolo integrale è qui.
L’ultimo rifinanziamento delle “missioni di pace” ammonta a 754,3 milioni di euro. “Per effetto della crisi libica”, non è difficile che il prossimo si avvicini od addirittura superi la soglia del miliardo…
Proprio ieri Berlusconi, conversando con alcuni ministri, ha affermato che le missioni all’estero vanno riviste, anche riducendo i contingenti ed il numero di militari impegnati. Di fronte all’emergenza immigrazione, che comporta costi ingenti per il Paese con l’applicazione del blocco navale e le operazioni di accoglienza, il premier avrebbe ventilato l’ipotesi di ridurre la partecipazione italiana in alcune missioni molto impegnative dal punto di vista economico.
Ed è stato prontamente richiamato all’ordine dal Pres della Rep NATOlitano.
Guerra batte pace 692 a 61
Roma, 25 Gennaio – L’Aula della Camera ha approvato il decreto legge che proroga per altri 6 mesi la partecipazione dell’Italia a missioni all’estero, tra cui quella in Afghanistan. I voti a favore sono stati 479, 19 quelli contrari. Un deputato si è astenuto. Solo l’IdV ha votato contro. Il testo ora passa al Senato.
Stanziati 754,3 mln di euro, di cui 61,95 mln serviranno alle operazioni di ricostruzione civile, mentre i restanti 692,346 mln di euro sono destinati a coprire le spese per le missioni militari.
(ANSA)
Quante Gelmini per un Napolitano?!?
Di mattina al Centro Operativo Interforze di Centocelle per gli auguri alla truppa, nel pomeriggio al Quirinale a recitare la parte di interlocutore degli studenti in protesta. Per di più, “unico”.
Questo è Giorgio Napolitano, che si appresta a controfirmare l’ennesimo decreto di rifinanziamento delle “missioni di pace”, in attesa della conversione in legge che avverrà nelle prime settimane del nuovo anno, con modalità assolutamente bipartisan come tradizione vuole.
Facendo strame, per l’ennesima volta, dell’articolo 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”), nonché contribuendo a peggiorare la già compromessa situazione finanziaria del Paese.
Agli studenti sommessamente suggeriamo maggiore attenzione nella scelta dei propri interlocutori. Ne va della vostra credibilità.
Roma, 22 dicembre – Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha confermato, alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, durante il tradizionale collegamento con i comandi delle principali missioni italiane all’estero per gli auguri di Natale, l’approvazione, da parte del CdM, del rifinanziamento delle nostre missioni internazionali di pace.
“Il CdM – ha detto La Russa – ha approvato il rifinanziamento delle missioni: si tratta di 750 milioni di euro. È vero che il numero di militari impiegati all’estero diminuisce di 400 unità, ma cresce il numero dei componenti del contingente in Afghanistan“.
Il ministro della Difesa, nel suo breve messaggio di saluto, ha inoltre ringraziato il capo dello Stato “per tutta la sua attività e per essere vicino alle forze armate”, che operano “non solo nel loro tradizionale ruolo, ma anche in ogni circostanza in cui c’è bisogno del loro contributo”, come nel “garantire la sicurezza del territorio” o nel “portare aiuto e solidarietà in ogni circostanza in cui si rende necessario”.
(Apcom)
Come meglio non si poteva dire:
“Darò per scontato che la discussione esuli ormai da ogni tipo di valutazione sulle manifestazioni studentesche degli ultimi giorni; le eroiche avanguardie del disagio giovanile, prostrandosi ieri davanti a Napolitano e arrivando addirittura a dichiarare “Napolitano è con noi”, hanno dimostrato definitivamente la loro miserabile pochezza e assoluta incomprensione dei fenomeni contro i quali pretenderebbero di sfogare la loro rabbia. Napolitano è l’uomo che molto più di Berlusconi e della Gelmini rappresenta la sudditanza dell’Italia verso gli USA, sudditanza che ha dolosamente prodotto lo sfascio attuale del nostro Paese in tutte le sue declinazioni, compreso il disastro dell’istruzione pubblica. Se gli studenti “ribelli” non arrivano a capire neanche questo, che ingoino la riforma Gelmini e si dedichino gioiosamente alla Playstation. O meglio ancora – ammesso che ne siano in grado – allo studio dei meccanismi che presiedono ai fenomeni sociali e geopolitici, studio che potrebbe consentirgli, alla prossima occasione, di agire in maniera meno sciocca e autolesiva, di porre nel mirino obiettivi realistici e sensibili e di segnare qualche punto a proprio favore. Li preferisco, comunque, di gran lunga quando sfasciano vetrine e incendiano cassonetti che quando si fanno ritrarre in sorridenti foto ricordo al Quirinale: il loro confuso bailamme di strada è stato inutile e imbecille, ma senz’altro molto meno pericoloso e disgustoso del profondersi in sconsiderati salamelecchi dinanzi al sorvegliante capo della nostra prigione.”
Da Scegli il tuo ruolo, di Gianluca Freda.
NATO 3.0
“La NATO è l’alleanza di maggior successo nella storia. Ed è mia ferma intenzione che rimanga tale.
Il nuovo Concetto Strategico dovrà guidare la prossima fase nell’evoluzione della NATO. La prima fase è stata ovviamente l’Alleanza della Guerra Fredda: squisitamente difensiva, grandi armate immobili, schierate di fronte ad un chiaro nemico. Si può chiamare NATO in versione 1.0. Ed ha funzionato molto bene.
La NATO in versione 2.0 era la NATO del dopo-Guerra Fredda, dalla caduta del Muro di Berlino a oggi.
Anch’essa ha funzionato bene. Noi abbiamo aiutato a consolidare la pace e la democrazia in Europa. Abbiamo gestito le crisi dai Balcani all’Afghanistan. Ed abbiamo coinvolto nuovi membri, con i quali condividiamo propositi comuni.
È adesso giunto il momento di una NATO 3.0. Un’Alleanza che sia in grado di difendere i 900 milioni di cittadini dei Paesi della NATO dalle minacce che affrontiamo oggi, ed affronteremo nel prossimo decennio. Il Concetto Strategico è il progetto per tale nuova NATO.
(…)
Vi sono tre principali aree in cui io credo che la NATO debba trasformarsi.
Primo: dobbiamo modernizzare le nostre capacità di difesa e deterrenza.
La difesa collettiva deve restare lo scopo principale dell’Alleanza. Il ché continua a richiedere forze militari operative. Ma per essere operativi oggi, noi abbiamo bisogno di forze che siano impiegabili nei territori dell’Alleanza e oltre. Il Concetto Strategico deve esprimere una chiara visione per gli Alleati per guidare la riforma delle loro forze armate – meno investimenti per forze statiche e calcestruzzo, più forze che sappiano muoversi, presidiare ed avere successo ovunque vengano mandate.
Ma oggi, la difesa del nostro territorio e dei nostri cittadini non comincia e finisce al confine. Può iniziare a Kandahar. Può iniziare nel cyberspazio. E la NATO ha bisogno di potersi difendere a largo raggio.
(…)
Il Concetto Strategico deve essere anche indirizzato ad un’altra fondamentale componente delle difesa e deterrenza della NATO – la nostra capacità nucleare.
Posso vedere un sacco di giornalisti sobbalzare su questo punto. Ho paura che, se voi state sperando di assistere ad una piccola controversia, dovrò contraddirvi.
Nelle discussioni che abbiamo avuto sinora riguardo il futuro della capacità nucleare della NATO, io attualmente vedo una vera convergenza di prospettive.
I termini esatti saranno discussi nelle prossime settimane, e non voglio dare un giudizio prematuro sulle conclusioni. Sono però alquanto fiducioso in merito al fatto che troveremo il giusto equilibrio fra due principi molto importanti. Primo, che noi condividiamo l’impegno per gli obiettivi espressi dal Presidente Obama per un mondo senza armi nucleari, e che la NATO continuerà ad impegnarsi verso quell’obiettivo.
Ma secondo, che il nostro compito rimane quello di impedire un attacco contro i nostri cittadini, il ché significa che finché ci saranno armi nucleari nel mondo, la NATO dovrà mantenere anche armi nucleari.
Signore e signori, la seconda area, in cui abbiamo bisogno di riforme è la gestione delle crisi: dobbiamo essere in grado di rendere il Ventunesimo il Secolo della gestione delle crisi. Nessun’altra organizzazione può disporre, schierare e mantenere un potere militare come quello NATO. Il ché è il motivo per cui sono totalmente insensibile alle suggestioni dei media secondo cui dopo l’Afghanistan, la NATO non debba più eseguire un’altra missione di ampia portata. Prima di tutto e principalmente, perché io non ho dubbi che in Afghanistan avremo successo.
E secondo, perché ci saranno altre missioni in futuro per le quali soltanto la NATO sarà in grado di sostenerne i costi. Dovremo essere pronti.
(…)
Signore e signori. C’è una terza area in cui la NATO deve compiere un passo avanti – impegnandosi in lungo e in largo nel mondo per costruire una sicurezza in cooperazione. In breve, l’Alleanza deve sviluppare più profonde, ampie collaborazioni politiche e operative con i Paesi del mondo.
(…)
Ma posso già sentire la prima domanda che potrei ricevere, fra qualche momento: “Bella prospettiva – ma in un’epoca in cui le nazioni stanno effettuando tagli alla difesa, come intendete sostenere i costi?”
Al ché, io direi due cose. Primo, abbiamo bisogno di riforme. I contribuenti hanno bisogno del miglior riscontro per i loro investimenti nella difesa. Nella NATO, semplificheremo la nostra struttura di comando cosicché ci fornisca ciò che ci serve, ma a costi inferiori. Noi abbiamo pure bisogno di condividere le poche risorse, così possiamo acquistare e fare assieme cose che individualmente non potremmo permetterci. Io spero che il Concetto Strategico conferisca un forte mandato per una riforma costante.
Ma il mio secondo spunto è questo: c’è un punto dove voi non state più asportando il grasso; state tagliando nel muscolo, e poi nell’osso.
Capisco molto bene perché gli Alleati stiano tagliando le loro risorse per la difesa. Stante l’attuale crisi finanziaria, non hanno scelta.
Devo però anche dire: i tagli potrebbero andare troppo avanti. Dobbiamo evitare di tagliare così a fondo da non potere, in futuro, difendere la sicurezza su cui riposa la nostra prosperità economica. E non possiamo portare a termine il nostro compito in una situazione in cui l’Europa non può far sentire la sua importanza se si parla di sicurezza. Il risultato sarebbe che il Trattato di Lisbona dell’UE, che io sostengo fortemente, diventerebbe un guscio vuoto. E gli Stati Uniti cercherebbero altrove il loro partner per la sicurezza. Questo è un prezzo che non possiamo permetterci.”
Da The New Strategic Concept: Active Engagement, Modern Defence, discorso del Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen al German Marshall Fund of the United States (GMF) di Bruxelles, 8 ottobre 2010.
[Traduzione di L. Salimbeni, grassetti nostri]
Le commesse del consorzio Iveco-Fiat-Oto Melara
“Scorrendo l’elenco dei programmi e dei contratti esaminati dalla Corte dei Conti, emerge come tutte le commesse del consorzio Iveco-Fiat-Oto Melara abbiano subito degli incrementi in corso d’opera. Da un minimo del 3,8% fino ad un massimo dell’11,7%.”
Tutto il resto, comprese alcune informazioni sul “rapporto di performance 2009” del Ministero della Difesa, già da alcuni anni caratterizzato da uno sbilanciamento finanziario verso le missioni all’estero, potete leggerlo qui.
Gatling in versione tricolore
Il West Rac-ISAF di Herat ufficialmente a “guida italiana” ma di fatto dipendente dal Comando di Enduring Freedom di Farah, mantiene “operativi” sull’aereoporto del Forward Support Base (2.500 metri per lato quadrato, per complessivi 6.250.000 mq di cemento spessorato) oltre i C-130 H e J, i C-27 J Spartan, i Mangusta A-129, i CH-47, gli AB-212 e gli UAV Predator, anche due elicotteri multiruolo NH-90, con prevalenti capacità di attacco diurno-notturno ed impiego tattico per “operazioni speciali”, in attesa di “ricevere” quattro cacciabombardieri pesanti Panavia temporaneamente allocati nella base di Mazar al Sharif della Bundeswehr, che accoglie altri dieci Tornado IDS.
Recentemente, sull’FSB di Herat è stato attivato un cavo di aggancio frenante simile a quello in dotazione alle portaerei CVL statunitensi per l’appontaggio degli F-18. Particolare che desta, in prospettiva, gravissime preoccupazioni.
L’NH-90 è un biturbina con rotore a quattro pale entrato in servizio nelle FF.AA. del Bel Paese nel 2007-2008. Il contratto iniziale gestito dalla NAEMO (NATO Elicopter Management Organisation) prevedeva ordinativi iniziali di acquisto per 117 “macchine” per 3,2 miliardi di euro, ridotte poi a 60 per esigenze di bilancio (risorse dirottate per il … completamento … delle “missioni all’ estero”).
Il pagamento della penale al consorzio produttore è costato all’Italietta, centesimino più centesimino meno, 615 milioni di euro.
I costi unitari dell’NH-90, nelle varie versioni, vanno dai 19 ai 30 milioni di euro. Adottato da molti Paesi dell’Alleanza Atlantica, in Afghanistan ne volerebbero in missione di guerra, secondo esperti indipendenti, dai 45 ai 50 esemplari, con armamento principale M-134 Gatling.
Nel filmato di produzione “nazionale” non c’è la ricercatezza visiva degli effetti distruttivi con l’uso di proiettili traccianti in ore notturne, tipico degli audiovisivi di propaganda USA, ma l’effetto a terra contro i “terroristi” è lo stesso.
Per chiudere riportiamo due dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all’Ansa, appena qualche giorno fà.
“Anche la partecipazione dei nostri contingenti militari alle missioni di pace è coerente con l’aspettativa ideale e la concreta volontà di costruire un futuro migliore. Ciò è necessario per onorare gli attuali impegni internazionali del nostro Paese nel quadro delle Alleanze che si è liberamente scelto”
“… queste missioni che si rifanno all’articolo 11 della Costituzione e che vedono impegnati oltre 8.000 militari italiani all’estero danno un contributo decisivo alla sicurezza ed allo sviluppo della Comunità Internazionale al quale non possiamo venire meno e che, anzi, in prospettiva è necessario rendere più efficaci nonostante la grave crisi finanziaria ed economica che attraversa l’Italia. La risposta a breve termine consiste nel recuperare una maggiore efficienza operativa dei nostri reparti all’estero. A questi recuperi di efficienza lavora la Commissione di Alta Consulenza e Studio per la ridefinizione complessiva del sistema della sicurezza nazionale”.
Avete ancora voglia di festeggiarla, questa Repubblica?
Informazione atlanticamente corretta
Dopo la marchetta di Raitre, ecco quella di Rainews24.
Roma, 23 dicembre – Rainews 24 trascorrerà la mattina del Natale in compagnia delle migliaia di soldati sottoufficiali e ufficiali italiani impegnati nelle missioni militari all’estero. A partire dalle 9 del 25 dicembre, il direttore Corradino Mineo, in una edizione speciale del ”Caffé di Rainews24”, si collegherà in diretta con i più importanti teatri operativi delle nostre missioni: Afghanistan, Libano e Kosovo. Lì saranno presenti i comandanti dei contingenti e i militari impegnati nelle operazioni di pace, che seguiranno via satellite sugli schermi delle basi l’intera trasmissione. Ospite in collegamento diretto il ministro degli esteri Franco Frattini. Durante la trasmissione verranno effettuati anche collegamenti con il Vaticano dove è prevista la Messa del Santo Padre. Alle ore 10 sarà trasmesso il reportage realizzato da Rainews24 nei giorni scorsi nella base del nostro contingente e nei dintorni di Herat, dal titolo: ”Herat Ovest Afghanistan 7 a.m. 11 p.m”, in cui si racconta la vita quotidiana di una soldatessa e di un maresciallo dal momento della sveglia mattutina alla fine della faticosa giornata di lavoro.
(ASCA)
Gran Sacerdote dell’Atlantismo
E’ “fondamentale” e “fuori discussione” per la politica estera italiana la scelta euro-atlantica, con l’inserimento nel contesto europeo e l’Alleanza Atlantica, ha detto il presidente della Repubblica. “Ormai da numerosi decenni è fuori discussione la collocazione internazionale dell’Italia quale si definì – ha ricordato il presidente – con l’adesione all’Alleanza Atlantica ed alla Comunità Europea”. “L’ancoraggio alle fondamentali scelte euro-atlantiche” resta dunque fondamentale al di là di ogni cambiamento di governo. In particolare Napolitano si è detto convinto di trovare negli Stati Uniti un interlocutore privilegiato considerando anche “la nuova amministrazione americana”.
Tali sono le dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo alla sesta conferenza degli ambasciatori d’Italia, che si è aperta questa mattina alla Farnesina.
Sotto Natale siamo tutti più “buoni”
Roma, 22 dicembre – Nel nostro Paese, spesso diviso sul piano politico, è larghissimo il consenso per le missioni all’estero, afferma Napolitano. Il presidente ha comunicato in videoconferenza con i militari impegnati fuori dai confini nazionali ai quali ha rivolto gli auguri per le festività natalizie. “Le risorse disponibili per la spesa pubblica sono limitate, ma tra queste sono irrinunciabili quelle destinate a finanziare le missioni”, ha aggiunto Napolitano.
(Ansa)
Roma, 22 dicembre – “E’ in gioco la causa della pace e dello sviluppo dell’Afghanistan ma, allo stesso tempo, è in gioco la sicurezza dell’Italia e l’onore del nostro Paese“. E’ quanto sottolinea il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano -nel collegamento via satellite dalla sede del Coi all’aeroporto di Centocelle con i comandanti delle nostre missioni militari di pace a Kabul e ad Herat- ricordando che “misure intese a rafforzare l’efficacia della nostra presenza sono state annunciate e adottate dal governo e, per esso, dal ministro della Difesa Ignazio La Russa”, che gli siede accanto.
(Adnkronos)
[grassetti nostri]