Okinawa

Okinawa è la prefettura più meridionale e più povera del Giappone.
Con i suoi 726 chilometri quadrati di superficie è grande pressoché quanto Los Angeles ed è l’isola più grande dell’arcipelago delle Ryukyu. La capitale, Naha, è molto più vicina a Shanghai che a Tokyo e la cultura di queste zone riflette forti influenze cinesi. In passato le Ryukyu erano un regno indipendente, poi annesse al Giappone nel tardo XIX secolo, nello stesso periodo in cui le Hawaii vennero annesse agli Stati Uniti.
Nel 2005, Okinawa ospitava trentasette delle ottantotto basi militari statunitensi presenti in Giappone. Le basi di Okinawa coprono un totale di 233 chilometri quadrati, ossia il 75% di tutto il territorio occupato da installazioni militari USA sul suolo giapponese, nonostante l’isola rappresenti solo lo 0,6% del territorio dell’intero arcipelago.
Il Giappone, come la Germania, è una pietra angolare del dispositivo militare statunitense sin dalla fine della seconda guerra mondiale. Se la fedeltà del Giappone dovesse venir meno, tutta la struttura USA in Asia Orientale finirebbe probabilmente per crollare. Nel novembre 2004, secondo statistiche del Pentagono, gli Stati Uniti avevano 36.365 militari in uniforme in Giappone, senza contare gli 11.887 marinai della Settima Flotta distaccati presso le basi di Yokosuka (prefettura di Kanagawa) e di Sasebo (prefettura di Nagasaki), alcuni dei quali, a turno, sono in servizio per mare. A questi vanno aggiunti i 45.140 dipendenti che lavorano nelle basi, i 27.019 impiegati civili del dipartimento della Difesa ed i circa 20.000 giapponesi che collaborano con le forze USA in mansioni che vanno dalla manutenzione dei campi da golf al servizio come camerieri nei molti locali riservati agli ufficiali fino alla traduzione dei giornali giapponesi per conto della CIA e della Defense Intelligence Agency. E si tenga conto che Okinawa, anche in assenza di tutti questi ospiti stranieri, sarebbe comunque un’isola sovrappopolata: con una densità demografica di quasi 2.200 unità per chilometro quadrato, è una delle aree maggiormente popolate del mondo. In termini assoluti, vi risiedono 1,3 milioni di abitanti circa.
L’isola principale di Okinawa fu teatro dell’ultima grande battaglia della seconda guerra mondiale, nonché dell’ultimo successo militare colto dagli Stati Uniti in Asia orientale. Circa 14.000 americani e 234.000 giapponesi, tra soldati e civili, persero la vita in quella feroce campagna durata tre mesi, così sanguinosa che divenne la principale giustificazione per i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. La battaglia durò da aprile a giugno del 1945 e devastò completamente l’isola.
Dal 1945 al 1972 gli ufficiali militari americani governarono Okinawa come una loro esclusiva proprietà. Nel 1952 la concessione di Okinawa fu il prezzo che il governo nipponico dovette pagare in cambio della firma di un immediato trattato di pace e del trattato di sicurezza nippo-americano, che segnò la fine dell’occupazione. Molti abitanti di Okinawa credono ancora che l’imperatore Hirohito li abbia sacrificati nel 1945 in un’inutile battaglia intesa a ottenere migliori condizioni di resa dagli alleati e che Tokyo li abbia poi sacrificati di nuovo nel 1952 per permettere al resto del paese di riconquistare la propria indipendenza e godere i primi frutti di una rinnovata prosperità economica. In quest’ottica, il Giappone accettò abbastanza di buon grado il trattato di sicurezza nippo-americano in quanto la maggior parte delle basi militari statunitensi erano dislocate in un’isoletta dell’estremo sud, dove tutti i problemi correlati alla loro presenza poterono essere ignorati dalla maggioranza della popolazione.
Le due grandi guerre americane contro il comunismo asiatico – in Corea ed in Vietnam – non avrebbero potuto essere combattute senza basi militari sul territorio giapponese. Quegli avamposti militari furono teste di ponte d’importanza vitale in Asia, nonché rifugi sicuri, invulnerabili agli attacchi di Corea del Nord, Cina, Vietnam e Cambogia. Allorché, al culmine della guerra del Vietnam, le proteste degli abitanti di Okinawa contro i B-52, i bar, i bordelli*, le scorte di gas nervino ed i crimini commessi dai soldati raggiunsero l’apice, gli Stati Uniti si decisero a restituire ufficialmente l’isola al Giappone. Nulla tuttavia cambiò in termini di presenza militare.
Negli anni Novanta la vita quotidiana sull’isola era di gran lunga migliore rispetto al periodo in cui il territorio era soggetto all’esclusiva giurisdizione americana. Il Giappone profuse cospicue somme di denaro, ben comprendendo che l’economia postbellica del paese fosse stata alimentata in parte a spese dei locali e che fosse dunque necessario un trasferimento di ricchezza. Sebbene Okinawa sia ancor oggi la prefettura più povera del Giappone, alla fine degli anni Novanta ha raggiunto il 70 per cento del livello di ricchezza nazionale.

*In Corea del Sud, sin dai tempi della guerra sono sorti enormi accampamenti militari (kijich’on) tutt’intorno alle basi americane. Ha scritto Katharine Moon: “Queste basi fungono in un certo senso da vetrina della presenza militare americana in Corea, caratterizzate da viuzze appena illuminate con insegne al neon intermittenti tipo Lucky Club, Top Gun o King Club. Musica country o da discoteca a volume altissimo rimbomba per le vie, dove uomini ubriachi scatenano risse e in cui soldati americani in divisa e truccatissime donne coreane passeggiano avvinghiati palpeggiandosi reciprocamente il sedere”. Fino al ritiro delle forze armate americane dalle Filippine nel 1992, la città di Olongapo, adiacente la base navale americana di Subic Bay, non aveva nessuna industria eccezion fatta per quella dell’”intrattenimento”, con circa 55.000 prostitute ed un totale di 2.182 strutture registrate, che offrivano “riposo e divertimento” ai militari statunitensi.