Abu Omar come l’Achille Lauro?

achillelauro

Il “caso Abu Omar”, ossia la vicenda del rapimento, a Milano ed in pieno giorno, del predicatore integralista islamico da parte di un commando della CIA, presenta caratteristiche di simmetria e specularità con un caso ancora più clamoroso, conseguenze incluse, che appassionò il mondo ventiquattro anni fa, il sequestro della nave Achille Lauro.
Ricordiamolo per sommi capi.
Il 7 ottobre del 1985, un gruppo di palestinesi armati nascosti a bordo sequestra l’ ammiraglia della flotta turistica italiana, appena salpata da Alessandria d’Egitto, con tutto l’equipaggio e 450 passeggeri a bordo, di varie nazionalità. A quale scopo, ci si chiede subito…? Allo scopo, rispondono i sequestratori, che Israele liberi 52 detenuti palestinesi: viceversa, l’Achille Lauro salterà in aria. Figuriamoci.
Un curioso sistema, da parte di un commando terrorista ritenuto “vicino” al Fronte di Liberazione Popolare, di ottenere lo scopo: attaccando militarmente cioè, nel piroscafo (che ne fa parte integrale ai fini del diritto di navigazione) il territorio di un paese naturalmente amico della causa palestinese; e per di più allora guidato da un governo “Craxi-Andreotti” che ancor oggi il sito “liberali per Israele” designa ingiustamente come “amico dei terroristi”. Che tale non era affatto, naturalmente: ma bensì desideroso di contribuire alla pace in Medio Oriente, risolvendolo alla stregua delle risoluzioni ONU che prevedono la costituzione di uno Stato Palestinese sulle terre occupate da Israele durante l’attacco bellico del giugno 1967, Cisgiordania in primis. E in questa chiave aveva accolto in Italia, con protocollo da Capo di Stato incluso discorso in Parlamento, Yasser Arafat nel 1983.
Agli occhi di qualcuno, una colpa imperdonabile…
Bene, dopo due giorni di sequestro, e di frenetiche trattative triangolari fra Italia, Egitto, OLP di Arafat e Abu Abbas capo del FLP residente in Egitto, al quale gruppo risulta aderente l’autolesionista commando di sequestratori, gli stessi cedono: otterranno un salvacondotto per giungere in Italia ove saranno giudicati dalla giustizia italiana, perché i ponti, le cabine, la tolda di una nave italiana sono territorio nazionale a tutti gli effetti. Garanti della mediazione con il governo italiano sono il Presidente egiziano Hosni Mubarak ed il capo dell’OLP Yasser Arafat, che ne rispondono alle opinioni arabe se qualcuno tradisse il compromesso stesso.
Il 9 ottobre il commando abbandona la nave, non senza aver firmato la provocazione con un delitto gratuito ed odioso, solo apparentemente “inutile”: l’assassinio a sangue freddo, e senza giustificazione di alcun tipo, di un solo passeggero. Leon Klinghoffer, un crocerista paralitico di appartenenza ebraica, con passaporto USA.
La vicenda, fin qui solo “drammatica”, allora assume di colpo un profilo “tragico” ed emozional-mediatico che ribalta completamente quello “solo” giuridico: ai fini del quale invece, non cambia nulla; solo un altro reato, il più grave peraltro (l’omicidio in forma abbietta), si aggiunge alla lista di quelli addebitabili al commando in sede penale. E coinvolge, insieme dalla stessa parte, Stati Uniti e Israele contro l’Italia: perché il governo, ad onta dello scandalo, intende mantener dritta la barra del compromesso stipulato con garanti così autorevoli che rischierebbero grosso in caso opposto. “Bruciare” politicamente Mubarak ed Arafat agli occhi arabi – come responsabili di un accordo tradito dall’ Italia, che dovrebbe, negli intenti israelo-USA, consegnare loro i sequestratori – lo Stato italiano questo non può farlo.
A questo punto entrano in scena i “diversori” per linee interne: Continua a leggere

Kossiga, Carlos ed i soliti ignoti

Una decina di giorni fa, Cossiga, sicuro di essere completamente coperto dal Governo Berlusconi, ha attribuito alla Francia anzichè ad una azione congiunta USA-Israele, l’abbattimento del DC 9 Itavia su Ustica, aggiungendo nelle dichiarazioni rilasciate ai media che l’aereo partito da Bologna fu abbattuto da un missile, anzichè ad impatto, ad influenza lanciato da Mirage. Dal 1980 ad oggi, Cossiga aveva sempre sostenuto la tesi della bomba a bordo.
Una mossa, nelle intenzioni dell’arcinoto agente della CIA, destinata a dare a Sarkozy l’opportunità di rovistare negli archivi della DGSE e magari procedere all’eliminazione di qualche struttura del Ministero della Difesa che non è d’accordo con le nuove impostazioni di politica estera e militare che prevedono il rientro della Francia nel comando integrato della NATO.
La risposta non si è fatta attendere ma non è quella prevista dall’ex Ministro degli Interni (guardacaso) durante il rapimento Moro e dai suoi ispiratori. Ed ecco che escono, dal carcere di Parigi, delle dichiarazioni di Carlos, capaci di mettere in difficoltà Kossiga ed il Partito Amerikano.
Carlos è andato più in là. Nelle note scritte rilasciate al suo avvocato italiano accusa USA ed Israele, con la complicita del SISMI “deviato-filosionista”, di aver portato a termine anche la strage alla stazione di Bologna. I fatti come li riporta l’Ansa sono stati accuratamente “trattati” per confondere il diavolo e l’acqua santa e far apparire le Brigate Rosse di Via Fani come espressione di un nucleo antimperialista con solidi agganci internazionali in Medio Oriente, quando è ormai storicamente accertato che Moretti e soci ricevevano “input” e coperture da CIA e Mossad.
Per lasciare questa certezza di collusione con OLP, FPLP e RAF, le Brigate Rosse organizzarono il sequestro del generale statunitense James Dozier, che si concluse con la previstissima liberazione dell’ostaggio da parte della Polizia. Questo cercato insuccesso determinò lo scioglimento delle BR e la fine della cosidetta “lotta armata al sistema”. Una lotta armata che prevedeva la completa militarizzazione degli apparati dello Stato, una radicale smobilitazione dei quadri del SISMI ostili alla NATO e la stabilizzazione politico-istituzionale della “Repubblica Italiana”.