La Svezia si arrende a USA/NATO

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Sottomarini fantasma sono impiegati per spingere alla resa della pacifica neutralità

Nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel 2005, il drammaturgo Harold Pinter stronco l’impero USA e notò che esso “ora occupa 702 installazioni militari in 132 Paesi di tutto il mondo – con l’onorevole eccezione della Svezia, certamente”.
Da allora, la presenza militare globale degli Stati Uniti ha continuato a crescere; ma il premiato scrittore era disinformato circa l’onorevole eccezionalismo della Svezia. Circa nello stesso momento in cui il mortalmente malato Pinter stava registrando il suo discorso, un funzionario del Ministero della Difesa svedese osservava che il Paese era già così profondamente coinvolto nel dispositivo USA/NATO che avrebbe costituito una piccola trascurabile differenza se ne fosse diventato formalmente membro.
Ciò era vero nel 2005, e lo è ancora di più dieci anni dopo. Benché la Svezia non sia ancora ufficialmente un Paese membro, le sue forze armate sono ora quasi completamente incorporate nel sistema USA/NATO. Truppe svedesi hanno partecipato alle guerre di aggressione ed occupazione degli USA e dei suoi alleati in Afghanistan, Libia e nei Balcani. Un gruppo segreto dei reparti speciali ha combattuto a fianco delle truppe USA/NATO in luoghi lontani come il Ciad e il Congo, ed è rappresentato al quartier generale delle forze speciali statunitensi in Florida.
Esercitazioni militari congiunte sono svolte con crescente frequenza nei cieli, in terra e nelle acque territoriali della Svezia. A partire da aprile dell’anno scorso [2014 – ndt], ad USA/NATO è stato garantito libero accesso allo spazio aereo svedese al fine di spiare la Russia mediante i suoi velivoli di sorveglianza AWACS.
Lo scorso agosto, il governo ha firmato un accordo cosiddetto di nazione ospitante che aumenta grandemente l’accesso USA/NATO al territorio svedese in caso di guerra e, come al tempo attuale, per i preparativi bellici. L’accordo – che deve ancora essere ratificato dal parlamento svedese – sembra inoltre violare il rifiuto svedese di lunga data degli armamenti atomici e le politiche connesse. E proprio recentemente, USA/NATO ha condotto l’esercitazione aerea più grande al mondo sul terzo più settentrionale del territorio svedese. Parte della sempre più intensa lotta con la Russia per il controllo dell’Artico in via di scioglimento, “Arctic Challenge Exercise” ha coinvolto 100 velivoli militari da 10 Paesi, inclusi gli USA, Germania, Francia e Inghilterra. Continua a leggere

Cipro terra contesa

putinAll’alba dell’intervento euro-atlantico contro la Libia, nel marzo 2011, scrivevamo che “Cipro rappresenta l’ultimo pezzo della catena che consente il totale controllo del bacino Mediterraneo. Tutti gli altri Paese europei ai margini di o dentro esso sono membri della NATO o del programma PfP: Albania, Croazia, Francia, Italia, Grecia, Slovenia, Spagna e Turchia nella NATO; Bosnia, Malta e Montenegro nel programma PfP. E tutti i Paesi africani che vi si affacciano sono membri di un’altra partnership atlantista, il cosiddetto Dialogo Mediterraneo: Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia.”
Cipro era ed è ancora l’unico membro dell’Unione Europea che non appartiene alla NATO né al programma Partnership for Peace (PfP), meccanismo di transizione impiegato nel periodo 1999-2009 per portare dodici Paesi dell’Europa orientale nel blocco militare dominato dagli Stati Uniti; l’unico che non abbia mai chiesto di aderire all’Alleanza Atlantica né sentito il bisogno di formulare una richiesta in tal senso, e l’unico Paese europeo (esclusi i micro Stati di Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Città del Vaticano) a non coltivare rapporti con essa.
Ma gli appetiti non mancano, e a fronte della recente richiesta della Russia di insediarvi una propria base aerea, che non hanno mancato di sollevare le isteriche reazioni di molti commentatori occidentali già preoccupati “contro i rischi d’infiltrazione” economico-finanziaria (e timorosi di una loro possibile replica in terra ellenica…), vale la pena leggere le riflessioni di un giovane cittadino cipriota che fornisce lo stato dell’arte degli interessi militari internazionali e della politica locale: Cipro, Russia e geopolitica da scacchista dilettante.

La Russia nel mirino della NATO globale

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Intervista di RT a Rick Rozoff, curatore di Stop NATO e dell’omonimo sito
(traduzione e collegamenti inseriti sono nostri)

RT: Quale è il problema se la NATO svolge più esercitazioni militari? Viviamo in un mondo pericoloso e l’esercizio rende efficienti, non è così?
Rozoff: Certo, dobbiamo contestualizzare le questioni. Se stiamo parlando delle più recenti esercitazioni militari della NATO sul Mar Baltico, le cosiddette operazioni o esercitazione Steadfast Jazz 2013. Dobbiamo considerare che si tratta della più vasta esercitazione militare congiunta svolta dalla NATO negli ultimi sette anni. Ed è stata tenuta in due Paesi che condividono i propri confini con la Russia -Lettonia e Polonia- con l’esplicito obiettivo di compattare la cosiddetta NATO Response Force, che è una forza militare globale di intervento. Si è inoltre svolta su larga scala: 6.000 soldati, con componenti aeree e navali così come di terra e fanteria in Paesi confinanti con la Russia. Non è un fatto di tutti i giorni, come i vostri commenti possono suggerire. Se qualcosa di analogo succedesse al confine americano, a dire in Messico e Canada, e soldati provenienti da 40 Paesi, tutti membri della NATO, e una serie di Paesi partner della NATO dovessero impegnarsi in esercitazioni militari congiunte sul confine americano, si sentirebbe qualcosa da Washington, ve lo assicuro. Peraltro non si tratta di un innocuo affare quotidiano di una o due nazioni che svolgono esercitazioni militari; si tratta del più grande blocco militare nella storia, onestamente parlando, con 24 Paesi membri, con oltre 70 Paesi partner nel mondo, che è oltre un terzo delle nazioni al mondo, e nell’ONU, ad esempio. Questa rappresenta un’ulteriore indicazione che il blocco militare guidato dagli USA, la NATO, ispira, prima di tutto, lo svolgimento di quelle che potrebbero essere interpretate come incaute e forse anche pericolose esercitazione militari vicino ai confini della Russia e allo stesso tempo progetta di sviluppare ulteriormente e dare una veste all’attivazione della propria forza internazionale di intervento.

RT: Queste esercitazioni non sono a buon mercato comunque – e molte nazioni europee non sono finanziariamente nella migliore forma. Ne vale davvero la pena per loro?
Rozoff: Certo che no, è un fantasma, una minaccia immaginaria che è stata contestata. Vale la pena notare che il Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen e altri funzionari dell’Alleanza Atlantica incluso il vice Segretario Generale Alexander Vershbow, che è l’ex ambasciatore statunitense in Russia, hanno precisato che le esercitazioni militari svolte in Lettonia e Polonia erano dirette a consolidare i risultati conseguiti negli ultimi dodici anni in Afghanistan, dove la NATO, attraverso la missione ISAF, ha consolidato – sono le sue parole – l’operatività di forze militari provenienti da 50 diverse nazioni. I popoli europei, i cittadini dei rispettivi 26 Stati membri in Europa possono comprendere questo genere di stravaganza? No, certamente non possono. Così ciò che resta da credere è che gli Stati Uniti trovano il pretesto per utilizzare la NATO e sono pronti a sostenere la maggior parte dei costi derivanti dalle esercitazioni o dalla creazione delle installazioni militari, per rafforzare i propri interessi geopolitici in Europa e nel mondo.

RT: La NATO ha appena terminato le esercitazioni in Polonia e negli Stati baltici. C’è qualche ragione per la scelta di queste precise collocazioni?
Rozoff: Se vi riferite alla forza di risposta rapida, che è un dispositivo dell’Alleanza utilizzato presumibilmente per interferire quando la NATO interviene militarmente, come fa negli ultimi quattordiici anni fuori dalla sua area di responsabilità, l’autodichiarata zona di protezione dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Stiamo parlando ovviamente di una seria azione militare, seria come lo è la guerra, infatti. Quattordici anni fa nell’Europa sud-orientale, nella ex Jugoslavia, per gli ultimi dodici anni in Afghanistan, in Asia, e due anni fa in Libia e Nord Africa, poi hanno scelto un così delicato posizionamento di fronte alla Russia – gli Stati baltici, il confine nord-occidentale della Federazione Russa – a me sembra quasi come una provocazione. Ma la spiegazione ufficiale della NATO è che, essendosi ormai configurata come una forza militare internazionale per missioni che possono essere condotte in Africa, Medio Oriente, nel Golfo di Aden, nell’Oceano Indiano, in Asia Meridionale e Centrale, adesso deve ristabilire la propria capacità di difendere gli Stati membri. Chi altri se non la Russia può essere presa di mira quando gli Stati NATO, e, nel caso di Lettonia e Polonia – devono essere in grado di difendere i nuovi Stati membri dell’Alleanza come Lettonia, Estonia, Lituania a Polonia – nessuna altra nazione potrebbe essere il potenziale aggressore in quel contesto se non la Russia. Perciò questa è un’aperta provocazione nei confronti della Russia.

RT: L’anno prossimo la NATO terminerà la sua missione di combattimento in Afghanistan, che è durata oltre un decennio. Che cosa faranno tutte queste truppe dopo il ritiro del 2014?
Rozoff: Ci sarà un periodo di riposo e recupero per le attuali forze terrestri. E considerate che i comandanti NATO in Afghanistan e i comandanti militari USA hanno discusso circa il mantenimento in territorio afghano di un numero tra gli 8.000 e i 14.000 soldati statunitensi e di altri Paesi NATO per un futuro indefinito. E ciò si aggiunge certamente all’intenzione statunitense di mantenere e forse anche espandere la propria presenza e la propria capacità bellica nelle grandi basi aeree che gli Stati Uniti hanno migliorato a Shandan, Kandahar, e le basi terrestri fuori dalla capitale Kabul, e così via. Pertanto ciò che la NATO evidentemente intende fare, e gli USA in primo luogo, è la compiuta integrazione delle strutture militari di oltre 50 Paesi – un evento molto importante, non c’è nulla di anche lontanamente paragonabile che sia avvenuto prima nella storia. Bisogna essere onesti riguardo ciò. In nessuna guerra, neanche nella Seconda guerra mondiale, c’è stata la presenza di personale militare da 50 Paesi, tanto meno da una sola delle parti in conflitto, tanto meno in un solo teatro di guerra e in un sola nazione. Perciò quello che la NATO ha fatto è stato usare i dodici anni di incerto impegno bellico in Afghanistan al fine di mettere in piedi una NATO globale, nei fatti. E una volta concluso questo percorso con il vertice dell’Alleanza svoltosi a Chigago, lo scorso vertice NATO del Maggio 2012, l’Alleanza ha annunciato la nascita di un altro programma di partenariato. E questo sarà il primo che non è geograficamente connotato, diversamente da quelli che riguardano il Golfo Persico, il Mediterraneo, la regione del Medio Oriente o l’Europa Orientale, il Caucaso, l’Asia centrale. Quest’ultima iniziativa della NATO comprende inizialmente otto nazioni appartenenti alla più grande regione dell’Asia-Pacifico: Iraq, Pakistan, Afghanistan, Nuova Zelanda, Australia, Giappone, Corea del Sud e Mongolia. La Mongolia anche, come il Kazakhistan, che è un membro del programma NATO Partenariato per la Pace, confina sia con la Russia che con la Cina. Ciò cui stiamo assistendo è che a dispetto di tutti i suoi sforzi per convincere il mondo che è diventata un’aggiunta all’ONU, o che costituisce in qualche modo un apparato per il mantenimento della pace, la NATO si è in realtà trasformata in una forza militare globale. Essa può avere una limitata capacità di allargamento, almeno non fino al punto che vorrebbe. Ma le sue intenzioni sono chiare. Il nuovo quartier generale della NATO in costruzione a Bruxelles, che costerà più di un miliardo di dollari, sarà concluso a breve. Bene, la NATO non ha intenzione di accettare un’altra limitazione al bilancio e altri fattori che possano giustificare il suo ridimensionamento, le sue ambizioni al contrario sono più grandiose di quanto siano mai state prima.

RT: Che cosa riserva il futuro per l’Organizzazione in generale? Come può continuare a contare ed essere una forza importante nel mondo?
Rozoff: Lo scopriremo al prossimo vertice di Berlino l’anno a venire, nel 2014. Ciò che sappiamo è che al vertice di Chigago dell’anno scorso, una delle più importanti fra le decisioni prese riguarda il cosiddetto sistema di missili intercettori con approccio adattativo graduale -inizialmente progettato dai soli Stati Uniti sotto l’amministrazione di George W. Bush e ora pienamente integrato con la NATO sotto l’amministrazione di Barack Obama – ha raggiunto la capacità operativa iniziale, con piani per installare infine centinaia di missili intercettori a raggio intermedio e medio a terra in Paesi come Romania e Polonia, e anche su cacciatorpedinieri e altri tipi di unità navali nel Mediterraneo. Alla fine, sospetto, nel Mar Baltico e nel Mar Nero, poichè gli Stati Uniti stanno usando ancora la NATO come un cavallo di Troia, per controllare non solo militarmente ma anche politicamente l’intera Europa Orientale, dal Mar Baltico al Mar Nero. Ogni singolo membro di quello che era il Patto di Varsavia, con l’eccezione della Russia, è ora parte a pieno titolo della NATO. Metà degli Stati appartenenti alla ex Repubblica di Jugoslavia sono adesso membri a pieno titolo della NATO. Vediamo quindi che gli Stati Uniti usano la NATO per estendersi militarmente da Berlino, al termine della Guerra Fredda fin fino al confine russo. E la cosa più allarmante ultimamente è che hanno intensificato i propri sforzi per incorporare l’Ucraina, che possiede un rilevante confine con la Russia, quale importante partner della NATO. L’Ucraina sta per unirsi alla forza di risposta rapida, così come Georgia, Finlandia e Svezia. La Svezia è l’unico fra questi Paesi a non avere un confine con la Russia. Finlandia, Ucraina e Georgia possiedono confini rilevanti. Quello cui assistiamo è che la NATO in un modo o nell’altro sta continuando la spinta verso i confini della Russia e di fatto l’accerchiamento militare della Federazione Russa.

La sovranità europea finisce a Cipro

Lo scorso 24 Febbraio, una maggioranza parlamentare costituita dai 32 membri dei partiti di opposizione ha approvato una risoluzione che forza l’esecutivo del presidente Demetris Christofias e del suo Partito Progressista dei Lavoratori a presentare la richiesta di adesione al programma della NATO denominato Partnership for Peace (PfP), meccanismo di transizione impiegato nel periodo 1999-2009 per portare dodici Paesi dell’Europa orientale nel blocco militare dominato dagli Stati Uniti.
Cipro è ancora, per ora, l’unico membro dell’Unione Europea che non appartiene alla NATO né al programma PfP, l’unico che non abbia mai chiesto di aderire all’Alleanza Atlantica né sentito il bisogno di formulare una richiesta in tal senso, e l’unico Paese europeo (esclusi i micro Stati di Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Città del Vaticano) a non coltivare rapporti con essa.
Negli stessi giorni, il governo cipriota è stato interpellato dalla Gran Bretagna circa la possibilità di dispiegare nella base di Akrotiri, una delle due che insieme a Dhekelia i britannici mantengono sull’isola, cacciabombardieri da utilizzare contro la Libia.
Dovesse mai diventare un partner della NATO, Cipro non mancherà di ospitare le unità navali e sottomarine della Sesta Flotta statunitense che presidia, dallo Stretto di Gibilterra al Canale di Suez, l’intero Mar Mediterraneo. Non potrà inoltre negare l’uso e l’ammodernamento delle proprie infrastrutture militari e, molto probabilmente, sarà un punto d’appoggio dello scudo antimissilistico che Stati Uniti e NATO stanno sviluppando in Europa, Vicino Oriente e regione del Caucaso.
Cipro rappresenta l’ultimo pezzo della catena che consente il totale controllo del bacino Mediterraneo. Tutti gli altri Paese europei ai margini di o dentro esso sono membri della NATO o del programma PfP: Albania, Croazia, Francia, Italia, Grecia, Slovenia, Spagna e Turchia nella NATO; Bosnia, Malta e Montenegro nel programma PfP. E tutti i Paesi africani che vi si affacciano sono membri di un’altra partnership atlantista, il cosiddetto Dialogo Mediterraneo: Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia. Eccezion fatta per la Libia, la quale non mancherebbe di aderirvi qualora vi si formasse un nuovo governo, specialmente se installato dopo un’intervento militare USA/NATO.

La NATO a Lisbona

Dichiarazione del Consiglio mondiale della pace e del Consiglio portoghese per la pace e la cooperazione in vista del vertice NATO di Lisbona (19-20 Novembre 2010)

Il Consiglio mondiale della pace (CMP) e il Consiglio portoghese per la pace e la cooperazione (CPPC) salutano i popoli del mondo che amano la pace ed i movimenti della pace in instancabile mobilitazione per denunciare le guerre imperialiste, le occupazioni illegali e l’ingiustizia sociale, e li invitano a proseguire e rafforzare gli sforzi e la comune lotta contro l’imperialismo e le sue organizzazioni ed in particolare contro la NATO, la più grande macchina di guerra del mondo.
Il CMP denuncia davanti ai popoli del mondo i crimini che la NATO ha commesso e continua a commettere contro l’umanità con il pretesto sia di proteggere i «diritti umani» che di lottare contro il «terrorismo», secondo la propria interpretazione.
Sin da quando è stata fondata, nel 1949, la NATO è sempre stata un’organizzazione aggressiva. A partire dal 1991, con la sua nuova dottrina militare, si è trasformata in «sceriffo» mondiale degli interessi imperialisti. Si è spesso legata a regimi sanguinari ed a dittature, a forze reazionarie ed a Giunte. Ha partecipato attivamente allo smembramento della Jugoslavia, ai barbari bombardamenti della Serbia durati 78 giorni, al rovesciamento di regimi attraverso «rivoluzioni colorate», all’occupazione dell’Afghanistan. La NATO persevera nei suoi piani per un «Grande Medio Oriente», allargando il proprio raggio d’azione con il «Partenariato per la pace» e la «cooperazione speciale» in Asia ed in America Latina, in Medio Oriente, nel Nord Africa, ed anche con l’«Esercito europeo».
Tutti i governi degli Stati membri condividono responsabilità nella NATO, sebbene il ruolo di direzione spetti all’amministrazione statunitense. La presenza di approcci diversi su alcune questioni riflette punti di vista e rivalità particolari, ma conduce comunque ad un confronto aggressivo con i popoli.
Noi condanniamo la politica dell’Unione Europea, che coincide con quella della NATO e con il Trattato di Lisbona che con la NATO va a braccetto in materia politica e militare. Tra il 2002 e il 2009 le spese militari degli Stati Uniti in missioni estere sono aumentate da 30 a 300 miliardi di euro.
I popoli e le forze che amano la pace nel mondo non accettano il ruolo di «sceriffo» mondiale assunto dalla NATO. Respingono tutti gli sforzi tesi a incorporare la NATO nel sistema delle Nazioni Unite. Chiedono lo scioglimento di questa aggressiva macchina da guerra militare. Neanche il falso pretesto dell’esistenza del Patto di Varsavia ha più alcun senso. Continua a leggere

Il Montenegro diventa una base

A seguito di una consultazione referendaria, il Montenegro ha dichiarato la propria indipendenza il 21 maggio 2006. Con un territorio di 14.000 kmq (meno della Puglia) e 650.000 abitanti, è stato il 192° ed ultimo Stato ad entrare nell’ONU.
A distanza di soli sette mesi, aveva già aderito al Partenariato per la Pace della NATO. I montenegrini però non sono mai stati interpellati sulla questione, ed alcuni sondaggi suggeriscono che un 70% di loro voterebbe contro l’ingresso nell’Alleanza Atlantica se avesse l’opportunità di farlo. La principale ragione di questa ostilità sta nell’aggressione della NATO alla ex Jugoslavia del 1999.
Nel giugno dell’anno scorso, la NATO ha svolto un proprio seminario a Podgorica, capitale del Paese. Dopo solo due settimane, è stato lanciato un cosiddetto “Dialogo Intensificato” tra la NATO ed il Montenegro. A novembre 2008, il Presidente Milo Djukanovic – dopo esser stato rassicurato che “la NATO non è stanca di allargarsi” (testuali parole dell’ex segretario generale Jaap de Hoop Scheffer) – ha presentato formale domanda di ingresso nell’alleanza, tradottasi in un Piano d’Azione Individuale per l’Adesione.
Il mese successivo, il Montenegro e la Bosnia sono stati accolti nella “Catena Adriatica” (Adriatic Charter), il meccanismo di cooperazione intrapreso sotto l’egida statunitense nel 2003 per coordinare gli sforzi di Albania, Croazia e Macedonia durante il loro cammino di avvicinamento alla NATO (conclusosi solo per i primi due Paesi).
Il 17 dicembre scorso, l’ambasciatore negli Stati Uniti Miodrag Vlahovic ha firmato un SOFA che stabilisce termini e condizioni per lo stazionamento di forze militari di tutti i Paesi membri NATO in Montenegro.
Ad inizio febbraio 2009, Frank Boland, direttore della Pianificazione per la Politica di Difesa della NATO, ha dichiarato ad un quotidiano balcanico che il Montenegro potrebbe diventare un membro dell’alleanza nel 2012, una volta che il Paese si sia adeguato agli standard NATO per quanto riguarda l’addestramento delle truppe.

Lo scorso 28 luglio, il Montenegro ha annunciato di stare assegnando un contingente iniziale di 40 soldati alla missione ISAF in Afghanistan.

Uomo in alto mare

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Il 30 ottobre 2007, Giovanna Reggiani viene aggredita nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto alle porte di Roma. Ricoverata presso il reparto di terapia intensiva dell’ospedale Sant’Andrea, vi muore dopo due giorni. Il marito, Giovanni Gumiero, dichiara che “lei era rimasta a Roma per preparare il trasloco, ci saremmo trasferiti definitivamente a La Spezia”.

Ma chi è Giovanni Gumiero? Promosso Contrammiraglio l’1 Gennaio 2008, Gumiero attualmente comanda il Gruppo Navale Permanente della NATO 2 (Standing NATO Maritime Group 2 – SNMG2). La SNMG2 è una forza marittima permanente multinazionale della NATO che opera sotto il comando della componente marittima alleata di Napoli e contribuisce anche alla forza di risposta rapida (NRF). Oltre a svolgere compiti operativi, la SNMG2 partecipa ad esercitazioni con le Marine NATO, del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo e rappresenta la NATO nel corso di visite a porti di Paesi che non fanno parte dell’Alleanza Atlantica.
Nell’assumere il comando della SNMG2, lo scorso 4 luglio a Taranto, Gumiero ne ha ricordato il ruolo in relazione alla lotta contro il terrorismo: “Oggi assumo il comando della SNMG2 in un periodo in cui la richiesta di sicurezza è più grande che mai, soprattutto nell’area marittima. Questa forza ha evidenziato di essere in grado di svolgere quei compiti che dimostrano il proposito della NATO di prevenire e combattere la minaccia globale posta dal terrorismo”.
Attualmente la SNMG2 – attraverso un suo reparto di sette imbarcazioni provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Italia, Grecia e Turchia – sta conducendo l’operazione Allied Provider al largo delle coste della Somalia, per consentire al World Food Programme dell’ONU di fornire aiuti umanitari e dissuadere le attività di pirateria nell’area.

Lo scorso 29 ottobre, la Terza Corte di Assise di Roma ha emesso la sentenza a carico di Romulus Nicolae Mailat, rumeno di 25 anni, accusato di omicidio volontario, rapina e violenza sessuale in relazione alla morte di Giovanna Reggiani, la consorte del Gumiero. Mailat, dopo la richiesta dell’ergastolo formulata dal Pubblico Ministero il giorno precedente, aveva avuto a dichiarare: “Vogliono a tutti i costi un colpevole per un fatto così grave e penso di essere stato estratto da un mazzo di carte. Sono un capro espiatorio per tutti i romeni che hanno commesso reati in Italia”.
Piero Piccinini, difensore di Mailat, aveva puntualizzato: “Abbiamo un testimone-chiave, ma la polizia non sa dove sia”, riferendosi a Emilia Neamtu, la romena che aveva denunciato Mailat alla polizia, di cui la stampa romena aveva scritto che soffriva di disturbi psichici e il cui figlio, Gheorghe, sarebbe stato presente all’aggressione. “La Neamtu si trova in Romania e sostiene che nessuno l’abbia informata del processo”, affermava l’avvocato, convinto che “se fosse stata ascoltata in tribunale, forse sarebbero risultate molte contraddizioni”.
“E’ per questo motivo che il procuratore non ha fatto tutti gli sforzi per portarla in Italia”, continuava il legale chiedendosi come mai la polizia non sapesse dove si trovi la Neamtu. “Nessuno della baraccopoli in cui viveva Mailat è stato ascoltato”, proseguiva spiegando che la maggiore contraddizione nel caso fosse “la mancanza di prove che dimostrino che Mailat abbia avuto un contatto fisico con la signora Reggiani: niente sangue, niente tracce di pelle, peli o liquidi biologici”.
L’avvocato Tommaso Pietrocarlo, legale del Gumiero, dal canto suo aveva chiesto un risarcimento danni a favore del suo cliente, essendo evidente “quali sofferenze questa vicenda ha portato all’ammiraglio: vive, in privato, un dolore grandissimo. Addirittura non abita più nella casa in cui viveva con la moglie”.

Mailat è stato condannato a 29 anni di carcere. I giudici, riconoscendo il vincolo della continuazione tra i tre reati contestati, hanno disposto anche l’espulsione a pena espiata ed il risarcimento in separata sede con una provvisionale di 500.000 euro, nonché l’interdizione legale e la sospensione della potestà genitoriale.

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Roma, 9 luglio 2009 – Ergastolo e sei mesi di isolamento diurno. E’ questa la condanna emessa dalla prima corte d’Assise d’appello di Roma inflitta Romulus Nicolae Mailat, il romeno di 29 anni, per l’omicidio di Giovanna Reggiani. La sentenza è stata pronunciata dopo due ore di camera di consiglio dalla Corte presieduta da Antonio Cappiello. Mailat è stato condannato all’ergastolo perché gli sono state revocate le attenuanti generiche riconosciute in primo grado. Resterà anche sei mesi in isolamento diurno.
La Corte ha condannato l’imputato anche al pagamento delle spese processuali pari a 2.500 euro confermando del resto anche la sentenza di primo grado che riconosceva al vedovo della Reggiani il risarcimento danni che in via provvisoria era stato fissato in 500 mila euro. Contro la sentenza ovviamente il difensore Piero Piccinini ha già preannunciato ricorso in cassazione.
(Adnkronos)

La sentenza è passata in giudicato
Roma, 14 aprile 2010 – La Cassazione ha reso definitivo l’ergastolo per Romulus Mailat, il romeno condannato per l’uccisione di Giovanna Reggiani aggredita nei pressi della stazione di Tor di Quinto, nella capitale, la sera del 30 ottobre 2007. Lo ha deciso la Prima sezione penale presieduta da Severo Chieffi, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal romeno che sta scontando il carcere a vita nell’istituto penitenziario di Pesaro.
In questo modo, piazza Cavour ha convalidato la decisione della Corte d’assise d’appello di Roma del 9 luglio 2009 che aveva annullato le attenuanti generiche concesse a Mailat in primo grado, condannandolo all’ergastolo (la Corte d’assise, con lo sconto, aveva inflitto una pena di 29 anni). “La condanna di Mailat è basata sul verosimile – protesta il legale del romeno, Piero Piccinini -. A tutt’oggi non so ancora quale sia la sua posizione visto che la condanna è frutto di un processo fatto male imbastito su presupposti che andavano verificati. Non si ha la minima idea di ciò che accadde quella notte, e questo emerge dalle carte”.
In primo grado, la Corte d’assise di Roma – 29 ottobre 2008 – aveva stabilito per il marito di Giovanna Reggiani una provvisionale di 500mila euro come risarcimento danni. “Soldi che – afferma Tommaso Pietrocarlo, legale del marito della Reggiani costituitosi parte civile nel processo – Mailat non ha ovviamente mai rifuso”. Anche la pubblica accusa di piazza Cavour rappresentata da Vito D’Ambrosio nella sua requisitoria aveva chiesto di confermare l’ergastolo per Mailat, condividendo la sentenza d’appello che aveva negato lo sconto di pena al romeno.
L’aggressione avvenuta a Roma, che portò alla morte di Giovanna Reggiani, spinse a portare il tema della sicurezza al centro dell’agenda politica e della campagna elettorale del 2008 e venne seguita da episodi violenti nei confronti di alcuni romeni che hanno suscitato tensioni politiche tra Italia e Romania.
Giovanni Gumiero, marito di Giovanna Reggiani, si è commosso alla sentenza della Cassazione. “Giustizia è fatta”. Raggiunto telefonicamente dal suo avvocato, Tommaso Pietrocarlo, il vedovo della Reggiani, che è ammiraglio ed è in navigazione, ha pianto. “Non cercavamo vendetta – spiega il legale – 29 anni o l’ergastolo non restituiranno la moglie all’ammiraglio Gumiero. Cercavamo soltanto la verità dei fatti. Non un colpevole a tutti i costi, solo la verità, e questa è stata affermata”.
(Adnkronos)

In un Paese dove la giustizia è lentissima, la rapidità con cui si è svolto questo procedimento giudiziario (meno di tre anni… ) nonché la durezza della sentenza definitiva, ulteriormente inasprita rispetto a quella emessa al termine del primo grado, desta in noi più di un sospetto.
Il fatto che il vedovo sia l’ammiraglio Giovanni Gumiero di cui sopra non conta davvero nulla?

A scuola dalla NATO, 2° parte

La finalità del NATO Defense College (NDC) è di contribuire all’effettività e coesione dell’Alleanza Atlantica sviluppando il proprio ruolo di principale centro di educazione, studio e ricerca sulle questioni di sicurezza transatlantiche.
Ogni anno, esso offre corsi e seminari sulle tematiche rilevanti per la sicurezza transatlantica, a cui partecipano alti ufficiali delle forze armate, importanti funzionari governativi, accademici e parlamentari. Le attività della scuola sono aperte a partecipanti provenienti non solo dai Paesi NATO ma anche da quelli del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo, e di altri Paesi ancora del Vicino e Medio Oriente nel quadro dell’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul.
Il NATO Defense College fu creato a Parigi nel 1951 e venne trasferito a Roma nel 1966. E’ posto sotto la direzione del Comitato Militare, che nomina il comandante della scuola per un periodo di tre anni. Il comandante è un ufficiale con grado almeno di tenente generale o equivalente, che è assistito da un civile con mansioni di preside e da un militare quale dirigente, entrambi del Paese ospitante.
La scuola concentra il suo impegno nelle tre principali aree dell’educazione, studio e ricerca. Le attività di educazione e ricerca sono coordinate con l’Allied Command Transformation (ACT), adeguatamente rappresentato all’interno del Senato accademico al fine di contribuire agli obiettivi complessivi della NATO in tema di educazione e ricerca.
Per quanto riguarda i suoi programmi educativi, la scuola organizza corsi su tematiche politico-militari destinati a formare personale selezionato per la NATO e gli eventi legati alla stessa Alleanza. La principale attività educativa è il Senior Course, frequentato da un massimo di 90 corsisti scelti da ciascun governo sulla base di una quota nazionale. I corsisti sono sia militari con il grado di colonnello o tenente colonnello, oppure funzionari civili di livello equivalente provenienti da importanti dipartimenti governativi od istituzioni statali.
Lezioni giornaliere sono tenute da docenti universitari, politici, funzionari militari e civili di alto grado. Grande importanza è attribuita al raggiungimento di un consenso tra i corsisti durante le discussioni, riflettendo in ciò la rilevanza che il principio del consenso possiede attraverso tutte le strutture NATO. Alcune parti del Senior Course sono organizzate quali corsi a moduli che prevedono la presenza per una settimana di ufficiali e funzionari dal quartier generale della NATO e dai comandi strategici per affrontare una particolare tematica di strategia.
Nel 1991, la scuola ha introdotto un corso delle durata di due settimane riservato ai membri della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). L’anno seguente, il corso è stato esteso ad esponenti del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo, in modo da favorire una percezione comune della regione euro-atlantica. Sono inoltre organizzati, due volte all’anno, in primavera ed in autunno, corsi per diplomatici destinati a rafforzare la stabilità regionale attraverso la promozione del dialogo e della comprensione.
Come parte del programma di studio della scuola, viene svolta annualmente una Conference of Commandants che riunisce i comandanti delle accademie militari dei Paesi sia della NATO che del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo per scambiare opinioni ed esperienze sulle filosofie accademiche ed i metodi educativi. Sempre annualmente, a febbraio, la scuola svolge un corso internazionale presso l’Accademia Militare di Kiev in Ucraina. Infine, essa offre anche corsi di studio erogati per via telematica.
La scuola ha significativamente migliorato il proprio contributo nel campo della ricerca ed ambisce a fornire agli alti gradi della NATO quelle nuove prospettive che emergono dai rapporti elaborati a partire da conferenze e seminari incentrati sulle maggiori sfide che riguardano l’Alleanza Atlantica.
Attraverso le attività delle associazioni nazionali di diplomati ed un incontro annuale riservato agli ex allievi, il NATO Defense College è capace di creare un forte spirito di corpo tra i suoi corsisti, molti dei quali oggi ricoprono posizioni di responsabilità all’interno della NATO.

NATO Defense College
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