pier paolo dal monte
Governo virale

È uscito da pochi giorni per i tipi di Arianna Editrice il mio terzo libro, Governo Virale. Dalla polis all’ovile, scritto a sei mani con Pier Paolo Dal Monte e Francesco Maimone. Siccome nessuno lo ha ancora recensito, lo faccio io [Stefano Mantegazza, alias Il Pedante – n.d.c.] qui.
Nella prima parte, di cui sono autore, ho riorganizzato, sviluppato e ampliato le riflessioni già anticipate in questo blog sull’esperienza del «lockdown» sanitario, nella sua duplice dimensione fattuale e simbolica. Ne è uscita una monografia in itinere con cui ho cercato di mostrare nelle trame delle misure traumatiche inflitte al nostro e ad altri Paesi, per quanto inedite nei moventi e nelle proporzioni, una visione esistenziale e sociale già ampiamente sperimentata negli anni delle «emergenze» continue che hanno scandito il nuovo millennio. Se il virus è nuovo, nulla di ciò che ha cagionato lo è. Come scrivo, c’è infatti
una simmetria perfetta tra l’illusione che i fatti plasmino le civiltà e la realtà, che siano invece le civiltà a produrre i fatti e che li digeriscano e li raccontino, li invochino e persino li fabbrichino per vestire le proprie visioni. Che, in breve, gli avvenimenti siano «epocali» se esaudiscono le aspettative di un’epoca.
A corredo di queste considerazioni mi sono concesso anche alcune brevi incursioni statistiche, con il solo obiettivo di inquadrare il suicidio collettivo degli ultimi mesi nell’ambito di uno stravolgimento razionale che arriva fino all’inversione e si riverbera sulla tenuta degli argini giuridici, politici e intellettuali che con sempre più fatica ci separano dalla barbarie. Conclude il testo una riflessione sul mito biblico della torre di Babele in cui auspico che il disordine logico e morale degli ultimi mesi rappresenti l’apice di una hybris globale destinata a crollare sotto il peso delle proprie enormità.
Nella seconda parte firmata da Pier Paolo Dal Monte l’analisi si spinge ulteriormente fin nelle radici storiche e culturali della patologia sociale apparentemente innescata da quella virale, ma in realtà propria di una struttura di pensiero che informa tutta l’era moderna e capitalistica. L’autore si sofferma in particolare sullo scardinamento dei nessi empirici e cognitivi che hanno caratterizzato lo story-telling pandemico. Il «mondo fantasma» è la strategia estrema con cui un modello antropologico esausto e disfunzionale cerca di preservare le proprie menzogne. Nell’appendice di Francesco Maimone si affronta infine il tema della vaccinazione con cui si inscena l’atto sinora ultimo della «crisi pandemica» e che con ogni probabilità ne ha rappresentato fin dall’inizio lo sbocco previsto, come avevamo anche pronosticato in Immunità di legge. L’avvocato Maimone non si concentra sul farmaco, ma sulla sua obbligatorietà e quindi sul suo essere requisito per godere di un’ampia gamma di diritti fondamentali, agendo così come una micidiale leva scardinatrice del modello di civiltà architettato dai padri costituenti.
Abbiamo scelto di rispondere alle sollecitazioni dell’editore e di pubblicare queste pagine pur consapevoli della loro contingenza, nel pieno di una vicenda che quasi certamente deve ancora produrre i suoi frutti peggiori. La nostra speranza è di avere fissato nelle sabbie mobili di questo divenire qualche riferimento a cui aggrapparsi per non farsi trascinare dagli impulsi del governo emergenziale, per non finire come falene cieche nella sua fiamma.
La communitas è incompatibile con l’immunitas
“Come abbiamo scritto poc’anzi, in certi momenti, è necessario, per il sovrano, ostacolare o impedire tutte le forme nelle quali l’uomo può manifestarsi nella sua veste di zoon politikon, perché queste potrebbero mettere in pericolo la sopravvivenza del “regno” e, in particolare, della ratio status che ne è il fondamento.
Nella fattispecie odierna, visto che il contenuto esclusivo dell’opera di governo (almeno formalmente), è quello della protezione della vita (zoè) della popolazione/gregge, è necessario (almeno secondo la motivazione “fattoidale”), impedire la vita comunitaria delle persone (bios), nella quale si manifestano, non solo, tutte le forme di attività politica, ma anche l’asseverazione della realtà secondo sensus communis, che viene generata dall’incontro e dall’interazione coi propri simili, nel mondo comune.
Ovvero, per dirla con Artaserse, bisogna impedire il formarsi conventicole, anche fatte di sparuti aggregati di persone, che possano mettere in dubbio, non solo, la legittimità e l’azione del sovrano, ma anche l’immagine della realtà che risponde ai suoi desiderata, quella confezionata quotidianamente dalle solerti fabbriche di fattoidi al suo servizio.
A maggior ragione, questo è indispensabile se vi è l’ulteriore pericolo che queste conventicole possano assumere una forma e una “consistenza” politica tale da manifestare i dubbi a gran voce. Per limitare questo rischio, non vi è nulla di più efficace che impedire, di fatto, la vita comunitaria, “distanziando socialmente” gli individui, rendendoli impauriti e diffidenti nei confronti dei propri simili, in modo che non abbiano contatti tra loro se non quelli “funzionali”, necessari alla sopravvivenza.
Un tempo, le “contestazioni” prendevano origine nei luoghi che, per definizione implicano una collettività: le fabbriche (e i luoghi di lavoro in senso lato), le università, le scuole. Ora, la “necessità” profilattica di distanziamento fisico ottiene l’effetto di rendere impossibili questi tipi di aggregazione collettiva divenendo appieno un “distanziamento sociale”, che è il reale obiettivo del Sovrano.
Le norme che impediscono gli assembramenti hanno soppresso, di fatto, qualsiasi di forma associativa e comunitaria e, quindi, politica in senso lato. Il contatto tra le persone è stato sostituito e monopolizzato da una comunicazione mediata dai dispositivi elettronici, come nel caso del lavoro e della didattica “a distanza”.
A questo punto non appare così peregrino il pensare che, dal punto di vista del Sovrano, quest’epidemia sia stata provvidenziale, poiché tutte le misure profilattiche impediscono il manifestarsi della comunità, della polis, per lasciare in essere solo il rapporto verticale tra sudditi e Sovrano, dato che, la scomparsa di qualunque tipo di azione politica “intermedia”, così come si manifesta e si è sempre manifestata nell’essere sociale, è resa possibile dall’eliminazione di «ogni rapporto sociale estraneo allo scambio individuale tra protezione e obbedienza».
La sfera politica tutta si è condensata nella mera azione di governo (il Sovrano) e questa ha, come unico oggetto, la protezione della vita biologica della popolazione, di fronte ad una minaccia esibita sotto forma di fattoide. Ciò che costituisce un rischio, di fronte all’epidemia, è la communitas, in quanto tale, e, pertanto, è la communitas, il nemico da combattere, che va eliminato e sostituito da una forma politica nella quale vi possa essere soltanto una relazione tra individui isolati e il potere sovrano, che deve regnare incontrastato, senza limitazione alcuna da parte dei “contrappesi” previsti dalle democrazie liberali, allo scopo di proteggere la popolazione dalla minaccia incombente.
Data la natura della minaccia, non è più possibile, quindi, l’esistenza di una comunità politica che si manifesti nelle modalità di vita comune dell’“essere sociale”, ma può esservi solamente una popolazione di monadi isolate, in balia della realtà fantasma confezionata dall’arbitrio del potere sovrano, nella quale la desocializzazione allontana il pericolo che questo potere venga messo in discussione.
(…) di fatto, tutto ciò che esuli dalla sfera della mera conservazione della vita è, oggi, negato.
La liturgia biopolitica è fatta di simboli che danno una forma e un indirizzo alla società, e determinano l’inclusione e l’esclusione in una sublime, quanto assurda, antinomia: si può essere inclusi nell’essere sociale, determinato dal Sovrano, solo escludendosi dalla vita comune, perché la communitas è incompatibile con l’immunitas.”
Da L’annichilimento dell’essere sociale e l’ontologia fantasma, di Pier Paolo Dal Monte.
La biopolitica della menzogna
Immunità di legge 2° edizione – il video
I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza.
Le immagini dell’incontro/dibattito svoltosi a Bologna lo scorso 28 settembre, con la partecipazione degli autori Pier Paolo Dal Monte e il Pedante, Ivan Cavicchi (docente presso l’Università Tor Vergata di Roma) e Luigi Muratori (direttore della Scuola di specializzazione in allergologia ed immunologia clinica presso l’Università di Bologna).
Introduzione e moderazione di Gianmarco Capitani.
Buona visione!
Immunità di legge, 2° edizione – incontro/dibattito a Bologna
Immunità di legge. I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza, viene ripubblicato da Arianna Editrice in una versione aggiornata e ampliata, con prefazione di Ivan Cavicchi.
Nel consegnare il manoscritto della prima edizione, gli autori erano timorosi – o per dire meglio, speranzosi – che sarebbe diventato presto obsoleto, testimonianza di una brutta avventura politica. Era la fine dell’estate del 2018. Qualche mese prima, il partito di governo che si era intitolato il decreto Lorenzin usciva sconfitto dalle elezioni e lasciava la guida del Paese ai due partiti che avevano osteggiato il decreto.
A ridosso dell’inizio del nuovo anno scolastico, l’emendamento Arrigoni-Taverna al decreto «Milleproroghe» che avrebbe sospeso il requisito decavaccinale per la frequenza degli asili, fu ritirato senza dare spiegazioni. Da lì in poi fu tutta una discesa kafkiana.
La novità più interessante di questi mesi, tuttavia, è stato il repentino disvelarsi della dimensione transnazionale del problema e l’identità, in certi casi stupefacente, delle strategie narrative e degli slogan che lo corredano, come se prima del 2017 si vivesse nel medioevo sanitario. La legge che subordina il godimento di alcuni diritti sociali alle vaccinazioni è stata replicata con poche varianti prima in Francia e poi in Argentina, mentre si discute di introdurre obblighi simili anche in altri Paesi, ma era stata l’Australia ad aprire la strada negando i sussidi famigliari alle famiglie indigenti o numerose i cui figli non fossero vaccinati.
Questa dimensione globale del problema può spiegare i silenzi imbarazzati e imbarazzanti della politica nostrana e le inversioni a U di alcuni suoi esponenti. In quanto agli autori, rappresenta un ulteriore stimolo all’approfondimento e alla denuncia di questa medicalizzazione progressiva, massificata e coatta.
Immunità di legge – il video
La video-documentazione dell’incontro promosso da BelzeBO, svoltosi a Bologna lo scorso 27 ottobre, con il Pedante e Pier Paolo Dal Monte, autori di Immunità di legge. I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza edito da Imprimatur.
Buona visione!
Immunità di legge – 27 ottobre a Bologna
Quando nel giugno 2017 entrava in vigore il cosiddetto “decreto Lorenzin” che, sull’onda dell’allarme seguito al calo delle vaccinazioni, di alcuni decessi causati dal morbillo e della crescente esposizione mediatica dei cosiddetti “no-vax”, ha reso obbligatorie dodici vaccinazioni per l’età pediatrica (poi ridotte a dieci) pena l’esclusione dei bimbi dagli asili e sanzioni pecuniarie per i genitori inadempienti, ci si poteva legittimamente chiedere se le proporzioni dell’allarme fossero giustificate.
Già prima del provvedimento, infatti, a non vaccinare i propri figli era una sparuta minoranza e le malattie più gravi contro cui ci si vaccina erano sparite nel nostro Paese. L’intervento legislativo che ha esteso e rinforzato l’obbligatorietà a quali scopi era dunque mirato? Costringere i medici ad accettare senza condizioni il nuovo calendario vaccinale, anche con la minaccia della radiazione, ha giovato all’autorevolezza e all’indipendenza della professione sanitaria? E, soprattutto, che cosa implicano queste imposizioni dal punto di vista etico e politico?
Portando l’analisi dalla situazione italiana a quella internazionale dei mercati farmaceutici e della regolazione, il Pedante e Pier Paolo Dal Monte – autori di Immunità di legge. I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza edito da Imprimatur – denunciano la tendenza a ridurre la complessità e l’evoluzione delle conoscenze scientifiche a verità dogmatiche con cui dividere, discriminare e governare la società. Nel caso dei vaccini e della salute, come già in quello dell’economia e delle politiche contemporanee in genere, la presunta natura “tecnica” ed “inevitabile” delle decisioni sembra erodere sempre più pericolosamente gli spazi della sovranità popolare.
Nel decidere di pubblicare questo libro, agli autori non è mancata la consapevolezza di entrare nel terreno scivoloso di un dibattito tuttora acceso e spesso violento. Ma in democrazia non possono esistere tabù, che sono anzi il rifugio degli sconfitti dialettici, asserragliati dietro gli scudi di ciò che incute rispetto, per interdire il confronto. Il libro nasce quindi dalla volontà di espugnare queste sacche restituendole alla responsabilità e alla riflessione della base popolare e dei suoi rappresentanti – come è obbligatorio in democrazia.
Il blog de Il Pedante, inaugurato nel 2015, si è guadagnato un vasto pubblico smascherando la retorica del consenso nel racconto della crisi economica. È chiuso dal 13 settembre scorso per protesta contro la decisione del governo oggi in carica di mantenere in vigore l’obbligo vaccinale e il correlato divieto di frequenza degli asili per gli inadempienti.
Pier Paolo Dal Monte, chirurgo, già autore di numerose pubblicazioni scientifiche e coautore di libri di argomento chirurgico e di bioetica, è membro del Consiglio direttivo della Fondazione Chirurgo e Cittadino. Editorialista del blog de il Fatto Quotidiano, scrive sul proprio blog ilvelodimaya.org.
Immunità di legge
Il 7 giugno 2017 è entrato in vigore il “decreto vaccini” che ha reso obbligatorie dodici vaccinazioni per l’età pediatrica (poi ridotte a dieci), pena l’esclusione dagli asili e sanzioni pecuniarie per i genitori. Il decreto è stato emesso sull’onda dell’allarme seguito al calo delle vaccinazioni, di alcuni decessi causati dal morbillo e della crescente esposizione mediatica dei cosiddetti “no-vax”. Ma l’allarme era giustificato in quelle proporzioni?
Già prima del provvedimento, a non vaccinare i propri figli era una sparuta minoranza e le malattie più gravi contro cui ci si vaccina erano sparite nel nostro Paese. Intervenire estendendo e rinforzando l’obbligatorietà è stata la scelta giusta? E costringere i medici ad accettare senza condizioni il nuovo calendario vaccinale, anche con la minaccia della radiazione, ha giovato all’autorevolezza e all’indipendenza della professione sanitaria?
Che cosa implicano, dal punto di vista etico e politico, queste imposizioni?
Portando l’analisi dalla situazione italiana a quella internazionale dei mercati farmaceutici e della regolazione, gli autori denunciano la tendenza a ridurre la complessità e l’evoluzione delle conoscenze scientifiche a verità dogmatiche con cui dividere, discriminare e governare la società. Nel caso dei vaccini e della salute, come già in quello dell’economia e delle politiche contemporanee in generale, la presunta natura “tecnica” e “inevitabile” delle decisioni erode sempre più pericolosamente gli spazi della democrazia.
Immunità di legge. I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza
di Il Pedante e Pier Paolo Dal Monte
Imprimatur, pp. 208, € 16
Il blog de Il Pedante, inaugurato nel 2015, si è guadagnato un vasto pubblico smascherando la retorica del consenso nel racconto della crisi economica. Nel 2017 ha pubblicato con Imprimatur La crisi narrata.
Pier Paolo Dal Monte, chirurgo, già autore di numerose pubblicazioni scientifiche e coautore di libri di argomento chirurgico e di bioetica, è membro del Consiglio direttivo della Fondazione Chirurgo e Cittadino. Editorialista del blog de il Fatto Quotidiano, ha pubblicato nel 2013 L’allucinazione della modernità. Scrive sul blog ilvelodimaya.org.
Estranei alla società dell’intrattenimento – i video
La video documentazione dei due incontri-dibattito promossi da BelzeBO e svoltisi a Bologna gli scorsi 13 e 27 ottobre.
“Il paradigma Machiavelli. Ripensare la politica oltre le ideologie”, con l’intervento di Gennaro Scala, autore di Il paradigma machiavelliano. Per la definizione di una teoria politica non ideologica.
“Complottisti e anticomplottisti. Globalizzazione della paura e trasparenza del Potere”, con l’intervento di Stefano Sissa, autore di Complottisti e anticomplottisti, e di Pier Paolo Dal Monte, saggista.
Estranei alla società dell’intrattenimento: due incontri pubblici a Bologna
Machiavelli auspicava di riportare in auge la virtù della Roma repubblicana. La civiltà europea seguì tuttavia un percorso diverso: al posto della virtù del cittadino-soldato e del governo misto, si ebbero la concentrazione del potere statuale, la nascita degli eserciti professionali, nonché lo sviluppo economico necessario al loro finanziamento. A delinearne il modello di base sarà Thomas Hobbes, teorico dell’assolutismo. Machiavelli ed Hobbes saranno incarnazioni di opposti paradigmi, opposti modi di concepire il conflitto tra gli esseri umani. Il modo di concepire il conflitto da parte di Hobbes sarà determinante per tutte le principali ideologie moderne (liberalismo, nazionalismo, socialismo e loro derivazioni).
Non è un caso che cinque secoli dopo, ora che la civiltà europea, trasfiguratasi in quella occidentale, sprofonda nell’anomìa, qualcuno torni ad occuparsi in modo sistematico di Machiavelli, tant’è che è sorta negli ultimi decenni una corrente di studi denominata “repubblicanesimo” a lui ispirata. Da questo dibattito potrebbero venire indicazioni utili per ripensare radicalmente le fondamenta di una politica mai così in crisi e screditata agli occhi dei più.
Occhi che vanno aperti. Se, fin dai tempi antichi, la gestione del potere si è affidata alla massima riservatezza, alla dissimulazione, alle operazioni sotto copertura da parte di specialisti, infiltrati, per millenni la popolazione è stata esclusa a priori dai misteri del comando. Solo in tempi storici relativamente recenti si è avanzata l’esigenza di trasparenza dell’operato dei governi, ma l’avvento dei regimi democratici non ha annullato la segretezza delle decisioni cruciali e delle operazioni strategiche più delicate. Individuare queste strategie non è facile, meno ancora contrapporvisi. Del resto, vi è anche il rischio è di scivolare in ricostruzioni fantasiose in cui ogni dinamica sociale vien spiegata attraverso schemi elementari e stereotipi. Se la mania complottista è una deriva di menti poco lucide, tuttavia l’anticomplottismo sistematico è il frutto di una sindrome non meno controproducente e forse più pericolosa.
Di chi è la colpa dell’invasione?
Lettera aperta ai Senatori e Deputati per la convocazione di un dibattito parlamentare per verificare le responsabilità di Napolitano e Berlusconi
Ci sono, e vanno indagate e dibattute, le grandi cause e responsabilità internazionali e storiche dell’immigrazione di massa e di una presente (e futura) invasione del nostro territorio nazionale che il governo non riesce né a pensare, né tanto meno a controllare.
Ma per avere il diritto di indagare e dibattere le grandi cause e responsabilità storiche, bisogna meritarselo, e prima indagare e dibattere le cause e responsabilità italiane di questa sciagura che ricade sul capo nostro, dei nostri figli e degli immigrati. Farlo è facile, perché la responsabilità politica e giuridica diretta dell’invasione è ascrivibile a due colpevoli italiani, entrambi viventi e operanti sulla scena politica, che hanno nome, cognome e indirizzo.
I due colpevoli italiani dell’invasione sono:
1) Giorgio Napolitano, nato a Napoli il 29 giugno 1925, Senatore di diritto e a vita quale Presidente Emerito della Repubblica.
2) Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936, Presidente di Forza Italia.
Nel 2011 Giorgio Napolitano era Presidente della Repubblica, Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio del Ministri. Tre anni prima, entrambi avevano firmato il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, stipulato a Bengasi il 30 agosto 2008, che contiene il solenne divieto di compiere atti ostili in partenza dai rispettivi territori, e in cui ciascuna parte si impegna a non compiere atti ostili nei confronti dell’altra e a non consentire l’uso del proprio territorio da parte di altri (Stati o attori non statali) per la commissione di tali atti.
Nel 2011, Francia e Gran Bretagna aggrediscono la Libia, ne rovesciano il governo, e bande criminali da esse sostenute e finanziate massacrano il Capo dello Stato Muhammar Gheddafi.
Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi non soltanto non muovono un dito per opporsi con tutti i mezzi disponibili a questa aggressione, ma consentono agli aggressori l’utilizzo dello spazio aereo e delle infrastrutture militari italiane, e addirittura si accodano all’aggressione, partecipandovi tardivamente, in ruolo subalterno.
Così facendo, Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi si rendono colpevoli di quanto segue:
– Violazione patente e ingiustificata del Trattato di amicizia tra Italia e Libia, con grave offesa all’onore della Repubblica Italiana e alla sua reputazione internazionale.
– Grave danno a un interesse nazionale vitale: perché tale era, per l’Italia, la stabilità del governo libico. Come largamente prevedibile e previsto, infatti, la destabilizzazione del governo libico e l’anarchia sanguinosa che ha provocato è la causa prossima immediata dell’invasione incontrollata di immigrati sul territorio nazionale italiano.
Chiediamo dunque che si tenga al più presto un dibattito parlamentare avente per tema: “Responsabilità politiche italiane dell’invasione incontrollata di immigrati sul suolo nazionale”, nel quale si discutano le responsabilità politiche e giuridiche di Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi. In questo dibattito parlamentare si valuterà:
a) se deferire Silvio Berlusconi al Tribunale dei Ministri per la violazione del Trattato di amicizia tra Italia e Libia (v. la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, 1969, in specie artt. 26 e 31. Dal preambolo: “I principi del libero consenso e della buona fede e la norma pacta sunt servanda sono universalmente riconosciuti”. Dall’allegato: “Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere eseguito da esse in buona fede”);
b) se deferire Giorgio Napolitano alla Corte Costituzionale per il reato di alto tradimento, in quanto colpevole di comportamento doloso che, offendendo la personalità interna ed internazionale dello Stato, ha costituito una violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica.
Che cosa potevano fare Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano nel 2011?
Appena saputo che Francia e Gran Bretagna intendevano aggredire la Libia, Paese amico e garante di un interesse nazionale vitale, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano potevano e dovevano, subito:
a) denunciare pubblicamente e in tutte le sedi diplomatiche opportune – anzitutto UE, NATO e ONU – l’iniziativa illegale delle due potenze (alleate NATO), e manifestare inequivocabilmente che l’Italia aveva l’obbligo, l’interesse e la volontà di opporvisi con tutti i mezzi a sua disposizione;
b) offrire collaborazione militare al legittimo governo libico, e, se accettata, schierare truppe italiane sul suolo libico a protezione del Capo dello Stato e delle infrastrutture più rilevanti, inviando in appoggio alle truppe di terra le navi della Marina militare italiana.
Questo si poteva e si doveva fare, e Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano non lo hanno fatto, pur conoscendo molto bene le gravi conseguenze, per l’Italia e la Libia, della loro inazione.
La distruzione dello Stato libico ha aperto le porte all’immigrazione di massa e a chi ci lucra sopra: mercanti di carne umana e jihadisti.
La controprova è la Spagna che, sebbene molto più vicina al continente africano delle coste italiane, non è investita da un’immigrazione paragonabile a quella che interessa noi: perché di fronte alla Spagna c’è il Marocco, che può controllare il proprio territorio.
La soluzione della crisi migratoria passa per il recupero della dignità e della volontà dell’Italia di ammettere i propri errori, a partire dalla nostra complicità nella destituzione violenta di Gheddafi. Forte della ritrovata legittimità, l’Italia potrà decidere i provvedimenti necessari a fronteggiare l’emergenza e prospettare nelle sedi internazionali una soluzione che tenga conto di tutte le cause del fenomeno. Quanto all’Unione Europea, appare sempre più chiaro, anche in questo frangente, che o l’Unione cambia, o si deve uscire dall’Unione.
Firme:
Ugo Boghetta
Roberto Buffagni
Tito Casali
Pier Paolo Dal Monte
Andrea Magoni
Per aderire come firmatari si prega di inviare un’email ai seguenti indirizzi:
indipendenzaecostituzione@yandex.com
costituzionelasoluzione@gmail.com
Liberiamoci da liberali, liberisti e liberatori!
Bologna, 25 maggio 2016.
Paolo Borgognone presenta L’immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale, pubblicato da Zambon editore.
Introduce Pier Paolo Dal Monte, per il “Comitato Indipendenza e Costituzione” (costituzione.lasoluzione@gmail.com).