Il messaggio per voi, lettori, su di me e su “Substack”
Di Seymour M. Hersh, autore della recentissima inchiesta su quanto successo ai gasdotti North Stream 1 e 2
Sono stato un freelance per gran parte della mia carriera. Nel 1969 raccontai la storia di un’unità di soldati americani in Vietnam che aveva commesso un orribile crimine di guerra. Avevano ricevuto l’ordine di attaccare un normale villaggio di contadini dove, come sapevano alcuni ufficiali, non avrebbero trovato alcuna opposizione, e gli fu detto di uccidere a vista. I ragazzi uccisero, violentarono e mutilarono per ore, senza trovare alcun nemico. Il crimine fu insabbiato ai vertici della catena di comando militare per diciotto mesi, finché non lo scoprii.
Per quel lavoro vinsi un premio Pulitzer per il giornalismo internazionale, ma farlo conoscere al pubblico americano non fu un compito facile. Non ero un giornalista di lunga data che lavorava per un gruppo mediatico affermato. La mia prima storia, pubblicata da un’agenzia di stampa a malapena esistente gestita da un mio amico, fu inizialmente rifiutata dai direttori delle riviste Life e Look. Quando finalmente il Washington Post la pubblicò, la disseminò di smentite del Pentagono e dello scetticismo sconsiderato dell’addetto alla revisione.
Per quanto possa ricordare mi è stato detto che le mie storie erano sbagliate, inventate, oltraggiose, ma non mi sono mai fermato. Nel 2004, dopo aver pubblicato le prime storie sulla tortura dei prigionieri iracheni ad Abu Ghraib, un portavoce del Pentagono rispose definendo il mio giornalismo “un insieme di sciocchezze”. (Disse anche che ero uno che “tira fuori strambe teorie” e che “si aspetta che qualcuno rimuova ciò che è reale”. Per quel lavoro vinsi il mio quinto premio “George Polk”.)
Ho fatto il mio dovere presso le maggiori testate, ma lì non mi sono mai trovato a mio agio. In tempi più recenti, non sarei stato comunque il benvenuto. Il denaro, come sempre, era parte del problema. Il Washington Post e il mio vecchio giornale, il New York Times (per citarne solo alcuni), si sono ritrovati in un ciclo di diminuzione delle consegne a domicilio, delle vendite in edicola e di visualizzazioni pubblicitarie. La CNN e i suoi derivati, come MSNBC e Fox News, si battono per i titoli sensazionalistici piuttosto che per il giornalismo d’inchiesta. Ci sono ancora molti giornalisti brillanti al lavoro, ma gran parte del giornalismo deve rientrare in linee guida e in vincoli che non esistevano negli anni in cui scrivevo storie quotidiane per il Times.
È qui che entra in gioco Substack. Qui ho il tipo di libertà per cui ho sempre lottato. Su questa piattaforma ho visto come tanti scrittori si sono liberati dagli interessi economici dei loro editori, hanno approfondito le storie senza temere il numero di parole o i millimetri della colonna e, cosa più importante, hanno parlato direttamente ai loro lettori. E quest’ultimo punto, per me, è il fattore decisivo. Non sono mai stato interessato a socializzare con i politici o ingraziarmi i tipi danarosi ai boriosi cocktail – le fottute feste delle star, come mi è sempre piaciuto chiamarle. Do il meglio di me quando sorseggio bourbon a buon mercato con i militari, lavoro con i novellini degli studi legali per ottenere informazioni o scambio storie con il neoministro di un Paese che la maggior parte delle persone non sa nominare. Questo è sempre stato il mio stile. E a quanto pare, è anche l’ethos di questa comunità telematica.
Quello che troverete qui è, spero, un riflesso di questa libertà. La storia che leggerete oggi è la verità per trovare la quale ho lavorato tre mesi, senza alcuna pressione da parte di editori, direttori o colleghi per renderla conforme a certe linee di pensiero o ridimensionarla per alleviare le loro paure. Substack significa semplicemente che l’inchiesta giornalistica è tornata… senza filtri e programmi – proprio come piace a me.
[Fonte – i collegamenti inseriti sono a cura della redazione]
Questa canzone è dedicata a tutte le persone amanti della pace che stanno assumendo una coraggiosa posizione contro l’imperialismo USA e l’espansione della NATO, alleanza militare aggressiva e bellicista.