Il grande inganno

Povertà, disoccupazione, disuguaglianza sociale non sono frutto del destino cinico e baro ma di una precisa scelta politica che è giunto il momento di contrastare.

Per i programmi di acquisto di titoli attivati dalla BCE a partire dal 2011 sono stati spesi 3.315 miliardi di euro.
Tremilatrecentoquindicimiliardi miliardi di euro, il 185,5% del PIL Italiano. Il 20,13% del PIL dell’intera UE. Creati dal nulla.
La BCE ha però puntualmente fallito il suo già ridicolo obiettivo inflazionistico, quello del 2%.
Questo perché mentre non esiste praticamente nessun legame tra l’emissione di moneta e l’inflazione, esiste invece un legame molto forte tra occupazione, salari e inflazione.
L’Unione Europea questo lo sa bene. E infatti per rispettare il suo folle mandato della stabilità dei prezzi si è inventata la disoccupazione naturale. O NAIRU (Non-accelerating inflation rate of unemployment).
Guarda caso sono decenni che quello dell’Italia oscilla proprio intorno a quella disoccupazione che i tecnocrati UE hanno stabilito dover essere “naturale” per l’Italia. E cioè circa il 10%.
Ecco perché in Italia mancano milioni di dipendenti pubblici (almeno 2,5 rispetto a Francia e Inghilterra).
Ecco come siamo arrivati ad avere 4,5 milioni di poveri assoluti e 9 milioni di italiani in condizioni di povertà relativa, quasi 14 milioni di inattivi e più di 2 milioni di disoccupati, 12 lavoratori su 100 che vivono sulla soglia della povertà a causa dei salari troppo bassi. 4,3 milioni di lavoratori part time, di cui 2 su 3 involontari.
Ecco perché in Italia mancano quasi del tutto infrastrutture degne di un Paese civile, soprattutto nel centro-sud.
Non c’è una rete autostradale degna di questo nome, sotto Roma. Della rete ferroviaria, meglio non parlare.
Non ci sono fabbriche e industrie a sufficienza, nel Sud Italia.
Non c’è lavoro in Italia, soprattutto nel Sud. E quando c’è, i salari sono indecenti.
Ecco perché ogni anno circa 250.000 giovani sono costretti a scappare dal Sud al Nord del Paese. Questo mentre altrettanti giovani del Nord sono costretti a scappare all’estero.
A volte a fare la fortuna di un Paese straniero, a volte a fare i lavapiatti, ma con la paura e la vergogna di tornare indietro dopo aver fallito. Quando a fallire è stata la classe politica che li ha costretti a fuggire.
Una insopportabile beffa che si aggiunge al danno di spendere milioni di euro per i nostri giovani, per il futuro del Paese, e lasciare poi che vadano a fare le fortune di altri Paesi. Perdendoci doppiamente.
Avremmo da fare per le prossime 5 generazioni, almeno. Avremmo gli uomini, le competenze, le materie per costruire un novo Paese, finalmente unito. Da Nord a Sud.
Unito con le autostrade, unito con i treni, ma soprattutto unito nei salari e nel benessere.
Eppure da decenni ci dicono che tutto questo non sia possibile perché il mezzo di comunicazione finanziario per mettere in connessione due bisogni reali, che non hanno scarsità del bene da scambiare, ma della valuta che regola questo scambio.
Perché “Mancano i soldi”, insomma.
Quella della mancanza di soldi è la scusa più vecchia del mondo. È quella che usano per giustificare il nostro progressivo impoverimento mentre loro aumentano indegnamente la percentuale di ricchezza sul totale.
Non mancano mattoni, ferro, cemento, materie da lavorare, da trasformare che giustifichino tutti i poveri e i disoccupati. Che giustifichino tutta questa disperazione.
Si tratta solo di un modello economico fondato sulla scarsità, sulla privazione, dal lato della domanda. E sullo spreco dal lato dell’offerta.
La povertà, la disoccupazione, la disuguaglianza sociale, le milioni di vite distrutte, il futuro strappato alle nuove generazioni costrette a emigrare.
Tutte queste atrocità non sono frutto del destino cinico e baro. Sono una precisa scelta politica.
Dettata da tornaconto personale di pochi e dalle false credenze di alcuni.
Sulle quali ci si sta però giocando la vita, i sogni, le speranze, il futuro di intere popolazioni.
Gilberto Trombetta

(Modificato il 7/10/2020)

Ripartiamo dalla verità dei fatti

“Che ci piaccia o no, e agli Italiani non piace, visto che il 63% si è dichiarato contrario all’istituzione di una tassa patrimoniale sulle ricchezze, si sta agitando sempre più fortemente, un partito della patrimoniale che vede alleati i liberisti del nord, tedeschi in prima fila, e la cosiddetta sinistra italiana, dietro la quale si nascondono, ma nemmeno tanto, i liberisti italiani. Ha cominciato all’inizio della crisi da coronavirus il senatore Zanda del PD, proponendo di andare a vendere il patrimonio immobiliare dello Stato per recuperare, a suo dire, 60 miliardi, e piano piano si sono aggiunti gli altri, da Cottarelli e la Fornero, a Landini fino a Del Rio e Melillo che a nome del gruppo parlamentare della Camera del PD, propongono un “contributo di solidarietà” per il coronavirus (di fatto una patrimoniale checché ne dicano) per i redditi superiori a 80 mila euro l’anno. Da ultimo arrivano i Tedeschi a rinforzare il tiro al piccione italico, con un articolo su una delle più seguite e prestigiose riviste di economia e finanza, Manager Magazine che in un editoriale del 30 aprile a firma di Daniel Stelter, rivela l’esistenza di un piano del governo tedesco per indurre l’Italia ad applicare una tassa sui patrimoni del 14% sulla base di un semplice calcolo aritmetico: la ricchezza degli Italiani, immobili compresi, si aggira intorno ai 9.900 miliardi di euro, e da una simile imposta straordinaria si genererebbe un ricavo di circa 1.400 miliardi che andrebbe ad abbattere il debito pubblico fino a circa il limite di Maastricht del 60% del PIL. Una simile manovra consentirebbe all’Italia di assumere senza problemi di conseguenze sui suoi conti pubblici, altro debito sufficiente per fare fronte all’emergenza coronavirus. Alla base di questa ipotesi, c’è un ragionamento semplice:la ricchezza privata degli Italiani è la più alta in Europa a fronte di un debito pubblico che è egualmente il più alto nella comunità. Per gli autori della proposta l’equazione è che gli Italiani hanno risparmiato i soldi che non hanno pagato in tasse, e quindi devono in qualche modo restituirli.
Ma perché proprio i liberisti si fanno promotori di una proposta che sembra più adatta a politiche fiscali dell’epoca sovietica, che a una società moderna? Qualcuno di una certa età ricorderà gli argomenti democristiani contro il Partito Comunista negli anni cinquanta e sessanta dello scorso secolo: “I comunisti vi porteranno via le vostre ricchezze e anche la casa!” Ecco, adesso lo vogliono fare i liberisti, ovvero proprio i nemici acerrimi (a parole) dei comunisti di allora, e per la banale ragione che il loro obiettivo è di impadronirsi delle ricchezze dell’Italia spendendo il meno possibile e approfittando della debolezza e della paralisi in cui è caduto il nostro governo, incapace di prendere decisioni efficaci per fare fronte all’urgenza dettata dalla situazione economica. Paralisi in buona parte indotta dal partito che rema contro il governo e che vorrebbe un nuovo governo tecnico, magari a guida Draghi, con la strana alleanza tra Lega, pezzi consistenti del PD, Berlusconi, la sinistra o quello che ne resta e dice di essere di sinistra, il tutto sotto la illuminata guida di Renzi e dei suoi compari di bottega. Tramontata l’ipotesi degli eurobond, lontana, fumosa e vaga quella del Recovery Fund, ridimensionato a soli mille miliardi circa l’intervento della BCE, volto per lo più a salvare le figliolette banche, non resta che affidarsi al MES e agli altri strumenti messi micragnosamente a disposizione dalla comunità per recuperare un po’ di soldi. Ma sappiamo bene che il MES non solo non basta, ma è anche una trappola, anche se alle “condizionalità” è stata sostituita la “stretta sorveglianza” sui conti di chi chiede l’intervento del MES, il che a me sembra pure peggio delle condizionalità che almeno sai dove ti portano. Oltretutto il 5 maggio, la Corte Costituzionale tedesca si pronuncerà sulla compatibilità del QE della BCE con i principi dello Stato tedesco e se, come è possibile anche per il crescente coro di chi in Germania nega ogni solidarietà per la vicenda coronavirus, questo significherebbe che l’unico strumento utilizzabile a breve termine sarebbe l’insufficiente e deleteria trappola del MES per cercare di salvare lo spread dall’assalto della speculazione finanziaria. Se ci pensate, è un quadro folle e disgustoso, a fronte della generosità e del sacrificio di tanti Italiani in questa emergenza, ma tant’è.”

Il partito trasversale della patrimoniale e la “strana” alleanza tra Tedeschi e Italiani, di Domenico De Simone continua qui.