“Oh, la Russia ci minaccia, urlano all’unisono gli organi del Minculpop! Non ci vuole più dare il gas e il petrolio, su cui noi, uomini giusti, per altro sputiamo tutti i giorni.
Noi riforniamo di armi i fascistoidi di Kiev per ammazzare i soldati russi e più che altro i civili russofili o solamente russofoni (nella sola DNR, che ha meno abitanti di Roma, in 200 giorni sono stati uccisi dai bombardamenti ucraini 369 civili di cui 19 bambini), e Putin ci taglia il gas. Cattivo, cattivo, cattivo.
In realtà il Cremlino sa che le forniture di armi della NATO all’Ucraina da un lato impoveriscono l’Occidente e dall’altro non possono spostare di una virgola l’esito della guerra: Donbass conquistato/liberato assieme a Odessa. Punto. Quel che rimarrà dell’Ucraina non avrà più sbocchi sul Mar Nero e sul mare di Azov e non avrà più risorse industriali e minerarie. Sarà un Paese dimezzato, quasi solo agricolo e per giunta con le terre arabili in mano alle multinazionali americane ed europee. Un Paese fallito.
Eppure c’era un modo per Kiev di evitare questa catastrofe. Bastava rinunciare ad entrare nella NATO e mettere in galera i caporioni nazisti. Ma questo era proprio quanto Washington gli impediva di fare, usando, per l’appunto, i nazisti come pretoriani.
Poi, ovviamente, siete liberi di pensare che Azov, Settore Destro, la Legione Bianca eccetera, non sono affatto nazisti ma combattenti per la libertà, che non leggono Hitler ma Kant (come riferisce la Repubblica) e che la svastica è solo un simbolo solare (come riferisce il Corriere della Sera).
Prima ancora, la UE avrebbe potuto evitare di esigere dall’Ucraina, per l’associazione, lacrime e sangue, i sempiterni e odiosi “aggiustamenti strutturali” che arricchiscono le élite finanziarie e impoveriscono la società tutta. Il presidente Janukovich avrebbe così potuto accettare di entrare nella UE e il pretesto per la Maidan non ci sarebbe stato. Ma tutto si tiene, volontà di potenza economica e volontà di potenza politica. I loro meccanismi si intrecciano, le cose vanno come vanno e i grandi commentatori, i grandi economisti, i grandi politologi, i grandi giornalisti fanno la figura dei cioccolatai quando non dei propagandisti e basta.
(…) L’altro giorno Maria Zacharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che gli USA stanno spingendo l’Italia al suicidio economico: E’ una cosa che tutti sanno perché si vede a occhio nudo, ma la compagnia di giro di politici e media ha dichiarato che è “una provocazione”. Anzi, qualcuno si è spinto ad affermare che l’unica possibilità per il “disperato Putin” è spaventare l’Europa.
Perché “disperato”? Perché il Rublo è ai massimi storici? Perché il saldo commerciale è ai massimi storici? Perché la stragrande maggioranza delle nazioni del mondo, tra cui le due più grandi e in ascesa, non applica le sanzioni e ha rapporti amichevoli con Mosca? Perché ha le armi più potenti del mondo? Perché col 10% delle sue forze armate sta sconfiggendo un esercito tre volte più numeroso e sostenuto da tutta la NATO?
Sono dati di fatto, sia che Putin piaccia o non piaccia. Io penso che se fossi Russo non voterei per Putin. Ma per questo devo mettermi le fette di salame sugli occhi?
Perché “disperato”? Può essere, ma vorrei vedere le motivazioni e i dati che sostengono le motivazioni. Non le urla tribali.
Ma no, non c’è niente da fare: Maria Zacharova è solo una provocatrice! Stiamo andando a gonfie vele con solo qualche difficoltà (come dice Draghi). E avremo ancor più il vento in poppa.
Come no? Già dall’autunno si vedranno sequenze drammatiche (e si capirà che tutte le rassicurazioni del governo in scadenza sono fandonie).
Il futuro governo di centrodestra se la vedrà molto brutta. La Meloni, che è la più sveglia – e anche la più seria – dei tre leader della coalizione, è preoccupata fin da adesso. Sa che avrà grossi problemi, anche interni, perché dovrà gestire un’enorme e devastante crisi e non lo potrà fare nei termini che la sua ideologia – e quella dei suoi – vorrebbe (sovranità, tradizione, ordine sociale), ma nei termini che vorranno i signori della guerra e della finanza anglosassoni e nelle circostanze sociali che si produrranno. Che saranno circostanze di duri conflitti.
Si badi bene che a causa dell’abbandono della sinistra della conflittualità sociale per sposare gli interessi dei più forti, questi conflitti avranno delle caratterizzazioni politiche inedite, non ben definite, così come inedite e non ben definite saranno le loro cause: si sta andando verso la crisi di un sistema che è stato da una parte mitizzato da cialtroni e dall’altro scarsamente analizzato in modo serio nelle sue implicazioni economiche, sociali e ideologiche.
Potremo vedere nella stessa piazza chi è incazzato perché è stato licenziato dalla fabbrica o la sta perdendo a maggior gloria della concentrazione e centralizzazione del capitale e chi è incazzato perché non può più farsi l’happy hour quotidiano. Lo si è già visto durante la pandemia. Si mischieranno ideologie e persino etiche, con quella del lavoro che rischia di essere marginalizzata.
Grande confusione, quindi, in cui si spera che qualcuno a sinistra cerchi di capire prima di proferire anatemi.
Posso anche ipotizzare che l’incarico a Giorgia Meloni sia come la briscola chiamata. Si faranno alcuni giri di prova, magari una mano, ma alla fine salterà fuori una sorta di ammucchiata Draghi allargata. Che ovviamente peggiorerà ancor di più la situazione. Ma cosa importa? A quel punto saremo bene allenati a cascare dal peskov.”
Da Cadere dal peskov, di Piero Pagliani.