Italiani in cerca di guai

71feqh-vn1l“Le principali agenzie di stampa diffondono oggi la notizia (lanciata da un sito giornalistico che sembra avere come fonti servizi segreti e comandi militari) che i terroristi dell’ISIS starebbero preparando un attacco alla diga di Mosul dove per folle e illegale decisione del governo italiano sembra prosegua il dispiegamento di centinaia di soldati del nostro Paese.
Ignoriamo ovviamente quale sia il livello di attendibilità della notizia, e quali siano i fini di coloro che dall’interno delle forze armate e/o dei servizi segreti l’hanno diffusa ai mass-media con molti dettagli – veri o falsi che siano -.”
Così ci scrive il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, alla cui seconda domanda è davvero difficile replicare.
Proviamo quantomeno ad indagare l’attendibilità della notizia, non prima di ricapitolare i presupposti, e cioé l’aggiudicazione al Gruppo Trevi, fondato nel 1957 a Cesena, dei lavori di consolidamento della strategica diga di Mosul in Irak, avvenuta lo scorso febbraio, e la contestuale decisione governativa di stanziare un contingente militare a difesa e protezione dei civili ivi impegnati.
“Per la prima volta una missione militare italiana nasce per fronteggiare una potenziale crisi umanitaria che però sarà una ditta civile a risolvere.” Così precisava l’inviato de La Stampa a luglio, prevedendo che dopo due mesi ci sarebbe stata una città con casette prefabbricate per ospitare fino a millecinquecento persone, un quadrato grande come venti campi di calcio, circondato da un reticolato, una trincea, un muro di cemento alto tre metri. A soli venti chilometri di distanza dai luoghi dove Curdi irakeni e i militanti dello Stato Islamico si fronteggiano.
Dunque, fonte della notizia secondo cui sarebbe in preparazione un vero e proprio attacco all’infrastruttura, dove sono presenti solo i primi cento di un contingente da 500 Bersaglieri che terranno la posizione per i prossimi sei mesi, è la misconosciuta Wikilao. La quale, buffamente, sul proprio sito riporta la notizia pubblicando il lancio dell’ANSA di ieri 7 settembre.
Direttore di Wikilao risulta essere Lao Petrilli, il che lascerebbe intuire si tratti di una iniziativa di carattere personale. Non ci è risultato difficile individuare le credenziali del Petrilli, il cui stringato curriculum vitae è reperibile qui. A noi piace solamente evidenziare come egli sia autore di un testo che lascia pochi dubbi, e del quale potete ammirare la copertina. Opera che si avvale della prefazione scritta da Ronald Spogli, ambasciatore statunitense in Italia fino al 2009, alla cui azione dedicammo una breve nota che vale la pena rileggere.
Federico Roberti

Elk River e il giallo della Trisaia

 

Dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, all’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America in Italia, Ronald Spogli
(6 Febbraio 2006)

“Egregio Signor Ambasciatore, Vi scrivo per richiamare la vostra attenzione su una questione su cui l’ambasciata è probabilmente già informata. Si tratta di una questione molto importante per il governo (italiano) anche dal punto di vista psicologico. Avvieremo presto il trasferimento dei nostri rifiuti nucleari, attualmente conservati in Piemonte e in Emilia Romagna, in Francia. Il combustibile esaurito resterà in Francia fino al 2025 almeno, quando l’Italia dovrebbe avere un proprio sito di stoccaggio di scorie nucleari. Questa notizia sta causando le proteste nel sud (Italia). Infatti, sessantaquattro barre di torio-uranio di combustibile esaurito sono custodite nel sito ITREC (Trisaia Research Center) a Rotondella (in provincia di Matera), e queste barre non possono essere riprocessate in Europa. Si tratta di combustibile arrivato in Italia dall’impianto di Elk River (Stati Uniti) nel 1970, nel quadro di un progetto condiviso, che fu poi abbandonato, tra CNEN (oggi ENEA – l’Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) e l’AEC (Atomic Energy Commission – USA) (ora DOE). Centinaia di barre simili, che contengono l’uranio-235 al 93% e addirittura fino al 95% combinato con il torio, sono attualmente conservate presso il sito americano fiume Savannah.
Abbiamo chiesto alle autorità statunitensi (il Presidente e il DOE) di trasferire in quello stesso sito anche le poche barre conservate a Rotondella, che possono essere contenute in due soli “cask” conformi alle esigenze degli Stati Uniti per lo stoccaggio e il trasporto. Italia fornirà il finanziamento per l’operazione. Come si può vedere, si tratta di una piccola cosa. Ma se il problema pratico è poco significativo, l’impatto psicologico e quindi politico è l’opposto. Il problema è già cavalcato dalle forze di opposizione locali e nazionali, che sostengono che il governo Berlusconi sostiene il nord più che il sud.
In data 9 novembre 2005, il presidente della SOGIN (l’Agenzia per la gestione degli impianti nucleari) ha ripetuto la stessa richiesta al Dipartimento di Energia e di altri rappresentanti dell’ambasciata, sottolineando che l’Italia aveva bisogno di una risposta entro la fine di febbraio. In assenza di risposte, per ragioni di rilevante opportunità – in pratica, al fine di evitare le manifestazioni – saremmo costretti a trasferire i due “cask” in Russia per circa 50 anni. Una società di Rosatom (ex Minatom) ha già mostrato interesse per la conservazione delle barre per un prezzo decisamente modesto. Dato il rilievo di livello militare dell’uranio arricchito, presente nelle barre Itrec, l’operazione potrebbe essere inclusa nel quadro dell’iniziativa Global Threat Reduction, dal momento che, come ho detto, il combustibile esausto è venuto da un impianto statunitense. SOGIN è a disposizione per fornire tutti i dettagli. La decisione degli Stati Uniti potrebbe essere resa nota in un incontro pubblico a cui vorrei invitare le autorità regionali e locali delle realtà limitrofe e i media.
Siamo certi del vostro interessamento in questa materia, Vi ringrazio in anticipo per conto del governo, e sottolineo ancora una volta che abbiamo bisogno di una risposta entro la fine di febbraio. Con cordiali saluti,
Gianni Letta”

Fonte
(Il video-servizio a corredo risale al 31 Luglio 2013…)

Enrico Mattei, fondatore dell’ENI – resoconto e video del convegno

L’incontro-dibattito dedicato a Enrico Mattei si è aperto con il saluto telefonico dell’ing. Franco Francescato, rappresentante dell’Associazione Pionieri e Veterani ENI nonché coordinatore del Comitato Promotore per il 50° Anniversario della scomparsa di Enrico Mattei.
L’ing. Francescato ha ricordato l’importanza dell’opera di Enrico Mattei e le iniziative che l’Associazione Pionieri e Veterani ENI metterà in campo quest’anno per ricordarlo e per trasmettere l’esempio del suo straordinario impegno alle giovani generazioni, anche quelle che lavorano in ENI, che purtroppo conoscono poco la storia di Mattei e il contributo da lui dato allo sviluppo dell’Italia.
L’ing. Francescato, dopo essersi espresso contrariamente allo scorporo di SNAM da ENI voluto dall’attuale governo, si è congratulato per l’iniziativa, auspicando future collaborazioni con l’Associazione Pionieri e Veterani ENI, soprattutto in un anno così importante come il 2012, cinquantesimo anniversario della tragica scomparsa di Mattei.

A seguire, ha preso la parola il dott. Stefano Vernole, redattore di “Eurasia – Rivista di Studi Geopolitici.
Facendo ampio ricorso ai documenti ufficiali delle ambasciate inglesi e del Governo di Sua Maestà riportati da Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella nel loro libro “Il golpe inglese”, il dott. Vernole ha messo in evidenza la minaccia che Mattei rappresentava per gli interessi britannici e come l’Inghilterra, per tutelarli, sia ricorsa a tutti i mezzi a sua disposizione, compresa l’azione dei suoi servizi segreti. La minaccia più sentita da Gran Bretagna e Stati Uniti era costituita dai rapporti petroliferi e diplomatici che Mattei andò intrecciando con l’URSS e con la Cina maoista, spostando gradualmente l’Italia su posizioni neutraliste sempre più distanti dalla NATO, una deriva assolutamente intollerabile dal punto di vista anglo-statunitense.
Il dott. Vernole ha concluso il suo intervento evidenziando il persistere nel tempo dell’ostilità anglo-statunitense nei confronti dell’ENI, come dimostrano, tra gli altri, i messaggi confidenziali del 2008, recentemente rivelati da Wikileaks, dell’allora ambasciatore USA in Italia Ronald Spogli. Da questi emerge la contrarietà dell’amministrazione statunitense per i rapporti preferenziali coltivati con la Russia di Putin, che hanno permesso alla Gazprom di penetrare in Africa attraverso gli accordi dell’ENI con la Libia di Gheddafi e l’Algeria.
Pur essendo l’ENI di oggi lontano anni luce dal quel “Cane a sei zampe” sputafiamme, capace di sfidare le “Sette Sorelle” sotto l’audace guida del suo fondatore, essa continua a rappresentare una spina nel fianco per gli interessi anglo-statunitensi ogniqualvolta guarda a Est e a Sud in modo autonomo e conforme agli interessi nazionali.

A seguito dell’intervento del dott. Vernole, è stato proiettato un estratto video dello spettacolo teatrale dell’autore e attore Giorgio Felicetti “Mattei. Petrolio e fango”. Nell’introduzione all’incontro, i promotori avevano spiegato come nelle intenzioni originarie dell’associazione ci fosse quella di patrocinare l’allestimento dello spettacolo in questione presso un teatro cittadino ma, non avendo trovato la disponibilità in tal senso da parte di nessuno degli interlocutori interpellati, l’associazione si era decisa a organizzare comunque un’iniziativa per ricordare degnamente la figura di Enrico Mattei.
Particolarmente significativi sono i passaggi della rappresentazione teatrale che ricostruiscono magistralmente gli anni seguenti alla fine della seconda guerra mondiale, durante i quali Mattei, contro tutti e tutto – i poteri forti internazionali come USA e Gran Bretagna e i poteri forti interni come Enrico Cuccia e le “sacre” famiglie del capitalismo italiano – ha caparbiamente operato per risollevare le sorti dell’AGIP e poi edificare con l’ENI la più grande azienda italiana, impegnata per lo sviluppo dell’Italia, del Vicino Oriente e del Nord Africa, dando vita a una forma di capitalismo compatibile con la solidarietà e l’anticolonialismo. Un video promozionale dello spettacolo di Giorgio Felicetti è consultabile su youtube.

Stante l’assenza dell’ultimo minuto del professor Nico Perrone, trattenuto a Bari da un forte attacco influenzale, è quindi intervenuto Claudio Moffa, docente presso l’Università di Teramo e direttore del “Master Enrico Mattei”. Il lungo e denso intervento del prof. Moffa, il quale ha toccato diversi aspetti della vita e dell’opera di Mattei, e il successivo botta e risposta con il pubblico sono disponibili integralmente sul canale video dell’associazione Eur-eka.

“Noi ci abbiamo messo tutta la nostra scienza”

“Se non mi fossi convinto della sicurezza del MUOS, che non è barattabile con nessuna compensazione, io non sarei qui assolutamente a parlarvi, perché non c’è né punto nascita in un ospedale, né Ponte sullo stretto che tenga, rispetto alla salute dei cittadini…”. Si presenta così d’avanti al consiglio comunale di Niscemi (Caltanissetta) il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, per formalizzare il suo giro di valzer sul terminal terrestre del nuovo sistema satellitare che i militari USA vogliono realizzare all’interno della riserva naturale “Sughereta”. Dopo il “No” e il “Ni”, finalmente il “Sì” di petto: il MUOS è “sicuro al 1.000 x 1.000” e “riduce” perfino l’inquinamento elettromagnetico generato dall’impianto di telecomunicazioni che l’US Navy gestisce da quasi vent’anni a Niscemi. È per questo, secondo Lombardo, che sono superflui i risarcimenti e le misure compensative che la Regione era pronta ad offrire poco meno di sei mesi fa, appena un paio di vigilantes a cavallo nella riserva naturale, un centro in ospedale per monitorare i tumori e una sospetta “zona franca cittadina”, altro che Ponte di Messina. E per convincere sindaco, giunta e consiglieri che il MUOS s’ha da fare, don Raffaele sì è fatto accompagnare a Niscemi da due “esperti segnalati in maniera particolare dal rettore dell’università di Palermo”, una pattuglia di dirigenti regionali, tre colonnelli delle forze armate e un parlamentare, Alessandro Ruben (Fli), componente della commissione difesa della Camera e delegato presso l’Assemblea Parlamentare della NATO.
“Vorremmo tranquillizzare i cittadini sulla presenza dell’antenna statunitense perché da come espresso dai tecnici in materia fa meno male rispetto a quelle 47 antenne che insistono già nel territorio di Niscemi”, ha dichiarato il presidente. “Il MUOS è funzionale alla comunicazione che serve per la sicurezza, dalla quale dipende la permanenza nella nostra terra della base militare di Sigonella. Il MUOS sostituirà l’attuale sistema ed è più sicuro. Mi hanno spiegato che 27 antenne comunicano e le altre 20 sono di riserva nel caso in cui si guastano alcune, mentre una piccola parte di esse resterebbe inattiva, entrando eventualmente in funzione solo se dovesse disattivarsi il nuovo sistema satellitare”. In verità le antenne USA presenti a Niscemi sono 41, sei in meno di quelle contate da Lombardo. Quisquiglie, ciò che conta davvero è trovar credito a Washington specie dopo quel maledetto cablogramma inviato il 15 giugno 2009 dal console di Napoli alle massime autorità civili e militari degli Stati Uniti d’America, in cui il leader del Movimento per l’Autonomia veniva duramente criticato per le resistenze opposte all’installazione del nuovo sistema di comunicazioni satellitari. “Contro il MUOS si oppone un gruppo di sindaci locali, che hanno usato con successo i media locali per diffondere congetture – non supportate neanche dagli scienziati coinvolti dai sindaci come esperti – che l’installazione pone gravi rischi ambientali alla salute della popolazione locale”, spiegava il console USA. “Gli studi della Marina militare, convalidati dal Ministero della difesa italiano, evidenziano come le emissioni elettromagnetiche delle antenne sono al di sotto dei limiti italiani e della Ue”. Nel cablogramma si stigmatizzava poi il comportamento dell’assessorato regionale all’ambiente che “ha ritardato” l’approvazione del progetto consentendo l’esecuzione di ulteriori analisi d’impatto ambientale. “Lombardo ha poco tempo per i funzionari stranieri”, aggiungeva il diplomatico. “Durante il suo precedente incarico come presidente della provincia di Catania, ha concesso al Console Generale una telefonata di cortesia di 5 minuti, e da presidente della Regione si è rifiutato di ricevere sia l’ex ambasciatore Spogli che quello attualmente in carica, durante i loro viaggi a Palermo, a dispetto del suo staff”. Una reprimenda che deve aver lasciato il segno: nei successivi 18 mesi Raffaele Lombardo si è incontrato in sei occasioni con i diplomatici statunitensi in Italia, l’ultima volta l’11 gennaio 2011 a Roma direttamente con l’ambasciatore Thorne. Oggetto della visita, secondo una nota d’agenzia, gli “investimenti USA in Sicilia e la questione delle antenne satellitari del MUOS di Niscemi”. I meeting hanno convertito il Presidente in un convinto assertore dell’innocuità delle antenne ma soprattutto della rilevanza strategica del sistema militare. Il colonnello Francesco Maurizio Noto, capo del secondo ufficio del gabinetto del Ministero della difesa, in visita a Niscemi insieme a Lombardo, ha voluto precisare che la “rilocalizzazione” del MUOS è fuori discussione. “Ciò porterebbe ad un aggravio di comunicazioni specifiche, si dovrebbe cioè ricreare fisicamente tutto il supporto trasmissivo che esiste tra Sigonella e Niscemi”, ha dichiarato Noto. “Riteniamo che il MUOS vada fatto e come mi insegnano i casi che ho seguito personalmente di Vicenza ed altre situazioni, esplicheremo tutte le potestà che la legge ci consente per ottenere questo risultato di difesa nazionale”.
Dopo le dure parole dell’alto ufficiale, sono arrivate quelle più rassicuranti di due docenti della facoltà d’ingegneria di Palermo, Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, “tecnici neutrali e non ingaggiati sicuramente dal Ministero della difesa o dalla NATO”, stando alla presentazione di Lombardo.
(…)
“Noi ci abbiamo messo tutta la nostra scienza, conoscenza ed oggettività, abbiamo cercato di pensare che qua potevano essere nati e cresciuti i nostri figli”, ha concluso la docente Livreri. “Ci abbiamo messo la faccia, l’Università di Palermo ci ha messo la carta intestata, il logo, la firma del professore Zanforlin, la mia e quella del direttore…”. Per dovere di cronaca, nell’ultimo biennio la facoltà d’ingegneria dell’università di Palermo ha sottoscritto con il Laboratorio di Ricerca dell’US Army – Dipartimento della difesa, due contratti per un valore complessivo di 70.000 dollari per la “produzione elettro-chimica di materiali nano-strutturati per applicazioni di conversione energetica”. Quando di parla di neutralità dell’accademia…
(…)

Da La resa del presidente Lombardo al MUOStro di Niscemi, di Antonio Mazzeo.

[E non smettiamo di seguire l’evolversi della crisi in Libia. Sempre qui.]

Finmeccanica, un’industria in ostaggio

Prima che Bush uscisse di scena, nel Novembre del 2009 durante un ricevimento alla Casa Bianca, Berlusconi apprestandosi a leggere il discorso in cui avrebbe rinnovato la fedeltà, la stima e la profonda amicizia che lo legava al Presidente, alla sua famiglia ed agli Stati Uniti, avvicinandosi al leggìo preparato per gli ospiti incespicò nel filo del microfono, trascinandosi dietro mobile ed appunti. Il patatrac sollevò tra i tavoli dei presenti un lungo “uuhhh” di stupore.
L’imbarazzo che colpì il Presidente del Consiglio mentre riacquistava l’equilibrio sulle gambe e tentava di dare ordine ai fogli volati via, raccogliendoli da terra, non poteva non dare un tocco di comicità al ruzzolone. Ma il peggio arrivò nei secondi successivi.
Berlusconi, per rimediare alla gaffe, non trovò di meglio che sfoderare un sorriso a 36 denti rivolgendo ai commensali la seguente battuta: “Vedete – disse – queste sono cose che succedono per il troppo amore che mi lega a voi e alla vostra grande Nazione”. Ciò che uscì in quel frangente dalla bocca di Berlusconi fu un mix di manifesta condivisione del “way of life” USA e di stomachevole, interessata ruffianeria. La frase, accompagnata da un largo gesto benedicente delle braccia, venne accolta da un battimani molto composto, quasi di semplice cortesia, dall’establishment di Washington mentre Bush continuava a ridersela sotto i baffi.
Appena trenta giorni prima, l’Amministrazione USA gli aveva fatto sapere che la commessa AW-101 di Agusta Westland, consociata controllata al 100% da Finmeccanica, era stata semplicemente tagliata fuori dalle forniture del Pentagono. La firma definitiva sulla cancellazione la metterà il Presidente Obama.
Era andata in fumo per l’Italia la vendita oltreoceano di 23 elicotteri da trasporto del valore, nel 2005, di 6.5 miliardi di dollari.
La disdetta (ufficiosa) era stata anticipata a Palazzo Chigi con un fax partito da Via Vittorio Veneto, con la motivazione che il costo finale stimato (!) della commessa avrebbe superato i 13 miliardi di dollari e… in previsione di una riduzione di spese… bla bla bla.
Il “regalino” portava la firma dell’ambasciatore statunitense in Italia Ronald Spogli, prima che gli subentrasse David Thorne.
Non si scomodarono per dargliene notizia né il Segretario di Stato C. Rice, né quello alla Difesa R. Gates. Il disappunto del Presidente del Consiglio, se c’era stato, svanì alla svelta. Continua a leggere

L’addio di Ronald Spogli

Nel gennaio 2009, quand’era in procinto di lasciare il posto di ambasciatore statunitense in Italia senza che ancora fosse stato reso noto il nominativo del suo sostituto (poi individuato in David Thorne…), Ronald Spogli tranquillizzò la stampa affermando: la scelta ”non cambierà gli ottimi rapporti esistenti tra gli Stati Uniti e l’Italia”.
In realtà, all’allora ambasciatore non mancavano le preoccupazioni, rivelate da un cablogramma inviato al Dipartimento di Stato di Hillary Clinton solo sei giorni dopo ed ora diffuso da Wikileaks.
L’argomento è il rapporto tra l’Italia e la Russia. Prendiamo in prestito le parole di Daniele Scalea, il grassetto è nostro.
“A causa di Berlusconi e dell’ENI, la Russia – lamenta Spogli – può oggi contare in Europa su un Paese che appoggia sistematicamente la sua causa. Tanto più adesso che, essendo venuto meno il rapporto personale che legava Berlusconi al precedente presidente degli USA, Bush jr., il Capo del Governo italiano pare destinato ad avvicinarsi sempre più a Mosca.
Ma gli USA non sono certo intenzionati a guardare senz’agire. La parte più interessante del documento è proprio quella dove si descrivono le contromisure che Spogli sta mettendo in atto – ma stranamente è anche la porzione di testo meno citata dalla stampa italiana. L’Ambasciata afferma d’essersi impegnata in colloqui con esponenti politici interni ed esterni al Governo, col fine esplicito di creare, soprattutto all’interno del suo partito, una corrente ostile alla russofilia di Berlusconi. Inoltre, non meglio precisati “pensatoi” sono stati ingaggiati per costruire una corrente d’opinione pubblica ostile alla Russia e, si compiace Spogli, «lo sforzo sembra che stia pagando». L’opposizione si è subito regolata, impegnandosi nella critica del rapporto di Berlusconi con Putin, e taluni membri del PDL si sono rivolti privatamente ad un’ambasciata straniera – ovviamente quella degli USA – «per contrastare l’infatuazione di Berlusconi per la Russia».”
Ci uniamo quindi a Scalea nell’invitare i lettori a ponderare queste affermazioni di Spogli, ed a confrontarle con quanto accaduto nella stampa, nella società civile e soprattutto nella politica interna italiana dal gennaio 2009 ad oggi.

Figlio di CIA a Villa Taverna

Thorne

Roma, 28 agosto – E’ arrivato questa mattina a Roma il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, David Thorne. In una dichiarazione rilasciata all’aeroporto di Fiumicino, dopo essersi detto “davvero onorato ed entusiasta di essere di nuovo” nel nostro Paese, “questa volta in veste di ambasciatore designato a rappresentare gli Stati Uniti”, Thorne ha parlato dell’Italia come della sua “seconda patria, sin da quando mi trasferii qui per la prima volta da bambino, all’età di otto anni”.
“Il mio amore per l’Italia è secondo soltanto a quello che nutro per il mio Paese – ha detto l’ambasciatore designato – Nonostante abbia passato molti anni in Italia, so bene di aver molto da imparare in questo mio nuovo ruolo e sono certo che molti di voi mi saranno di aiuto nel processo di apprendimento”.
(Adnkronos)

Di cotanto padre.

***

David Thorne è ufficialmente da qualche giorno il nuovo ambasciatore USA in Italia. Ex cognato di J. Kerry, 64 anni, noto imprenditore e deputato di Boston, amico personale di Rahm Emanuel, attuale capo dello staff della Casa Bianca, ha vissuto a Roma negli anni 50 quando suo padre era consigliere economico per il piano Marshall, compito che in realtà serviva da copertura al suo incarico di agente della CIA (Adnkronos).
Ricevuto l’accredito dal Quirinale, si è fatto un giretto in Via Lungotevere Cenci, poi ha incontrato 8 Settembre (!) Alemanno al Campidoglio e 11 (!) Fini a Montecitorio.
Visite calorose, coinvolgenti, graditissime dagli interessati.
Il Sindaco di Roma con i suoi viaggi a Sderot del Maggio 2009, 48 ore prima che Frattini venisse spinto a calci in culo da Eni e Tremonti a corto di palanche, a tentare un semplice approccio con Teheran, è di fatto un punto di fondamentale riferimento dell’anti-Italia.
Rientrato a Villa Taverna il rappresentante di Barack Obama si è dato subito da fare. Ha chiesto al governo italiano di inasprire i rapporti con la Repubblica Islamica dell’Iran.
Per marcare la necessità di una continuità nei rapporti USA-Italia, il negretto democratico di Washington ha trovato nel repubblicano Thorne il soggetto giusto.
La collaborazione tra i due Paesi dovrà rimanere quella che era ai tempi di Spogli. L’arrivo e l’insediamento del 37° Ambasciatore a stelle e strisce in Italia ha ridato fiato alle solite “raccomandazioni”: fare attenzione agli “Stati Canaglia” del Golfo Persico e dell’America Latina, prendere le misure necessarie a isolare a livello economico e politico l’Iran e il Venezuela, dove Eni e Repsol, con una quota a testa del 32.5 % nel Golfo di Cardon hanno di recente acquisito diritti di sfruttamento su quattro giacimenti con potenzialità di estrazione di 1,4 miliardi di BOE (barili di olio equivalenti).
Ecco la motivazione del “viva Italia” del presidente bolivariano al Festival del Cinema di Venezia, la successiva visita a Madrid e il vertice a quattr’occhi Zapatero e Berlusconi con Scaroni ancora una volta a spingere “papi” perché affrontasse il tema di un coordinamento della politica energetica delle due Compagnie di Stato anche in Brasile e Bolivia nell’incontro-bilaterale alla Maddalena. L’astutissimo tenente colonnello di Caracas, cogliendo al volo l’occasione di sfilare sulla passerella del Lido con il regista Oliver Stone, con una fava ha preso tre piccioni: si è fatto una grossa pubblicità e ha sicuramente indispettito Thorne, oltre a saggiare la risposta del governo italiano al suo arrivo in Italia. Nel tranello c’è cascato il solo Galan, notoriamente a corto di materia grigia, che ha lanciato una violenta filippica contro la presenza di Chavez.
(…)

Da Le “raccomandazioni” del signor Thorne, di Giancarlo Chetoni.

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Raccomandazioni, avvertimenti e… lisciate di pelo
Roma, 16 settembre – Gli Stati Uniti ”ammirano” ciò che i militari italiani stanno facendo in Afghanistan e si attendono che il nostro impegno nella regione continui. Lo sostiene l’ambasciatore americano in Italia, David H. Thorne in un’intervista al Corriere della Sera. ”I vostri carabinieri in Afghanistan – dice – sono bravissimi, ammiriamo ciò che fate. L’argomento richiede capacità di guida, leadership, avere militari lì non è necessariamente popolare, ma nei miei incontri ne ho riscontrate. In Afghanistan – avverte Thorne – le cose potrebbero peggiorare, l’Italia è un forte alleato e ci aspettiamo che continui”.
Riguardo all’Iran l’ambasciatore esprime tutta la preoccupazione dell’amministrazione USA sullo ”sviluppo di armi nucleari. Siamo preoccupati di gestire le relazioni con l’Iran in un fronte unito. Vogliamo essere certi – rileva l’ambasciatore – che tutti, Italia compresa, partecipino compatti a questa gestione” evitando di compiere passi da soli. ”La comunità internazionale – conclude Thorne – sta agendo insieme e dobbiamo agire insieme”.
(ASCA)

Cambia l’ambasciatore, ma gli ordini sono sempre gli stessi
In Italya cambia l’ambasciatore degli USA. E, come da consuetudine, il “Corriere della Sera” corre ad interpellarlo (1). E’ il caso di dire che quello che dicono gli ambasciatori degli USA e d’Israele riveste molta importanza per noi Italyani? In tali casi il “Corriere” è un po’ la nostra “Gazzetta Ufficiale”. Ed è meglio tenerne il debito conto.
Leggo: “Anche se USA ed Italia cooperano strettamente su numerosi temi, ci sono, comunque, alcune posizioni della politica estera italiana che continuano a preoccuparci” (1). L’ambasciatore conferma e spiega: “… Nella prima intervista da ambasciatore in Italia, è apparso chiaro che tra i suoi obiettivi rientra quello di evitare che il nostro Paese dipenda troppo dalla Russia per la fornitura di gas e petrolio”.
Qui un dubbio mi assale: evitare che il nostro Paese dipenda troppo dalla Russia per la fornitura di gas e petrolio? Si potrebbe spostare l’Italia lontano dalla Russia e vicino al Venezuela; si potrebbe trasformare le Alpi in gas e le acque del Tirreno in petrolio; si potrebbe…. Ci si potrebbe suicidare per la Patria (USA/Israel). Ma leggo che il Signor Ambasciatore ha già incontrato Napolitano e Berlusconi, Fini e Schifani. E spero che i nostri (ferventi patrioti) gli avranno spiegato che non sono attrezzati per i miracoli. Anche perché il Signor Ambasciatore chiede anche che noi si faccia “fronte comune” contro l’Iran e che “si tenga fermo in Afganistan”. Mah! Siamo una colonia e il Signor Ambasciatore ci detta gli ordini. Solo che….
Solo che leggo anche: “Potrebbe diventare anche un po’ francese il South Stream posseduto finora al 50% da GAZPROM ed ENI….. Un partner solido come EDF contribuirebbe poi ad alleggerire il peso finanziario del progetto. Senza contare il significato politico dell’operazione. Washington ha sempre avversato il South Stream a favore del rivale Nabucco, in futuro dovrebbe vedersela anche con Parigi” (2). E, da quelle parti, sono meno “patrioti” e più “sciovinisti”. Speriamo bene.
Concludo: dal 25 aprile 1945 (data della nostra liberazione) la Terra ha continuato a girare. E, dopo esserci liberati del “Tedesco invasore”, pare che sia venuto il tempo di liberarci dello “Yankee liberatore”. Io ci spero. E voi?
Antonino Amato

Note
(1) “L’ambasciatore USA avverte l’Italia” in Corriere della Sera del 16 settembre 2009, pagina 15.
(2) “South Stream, adesso Edf vuole entrare” in Corriere della Sera del 16 settembre 2009, pagina 32.

”Non c’è alcun motivo di un cambiamento”

spogli

Repetita iuvant.

Roma, 20 gennaio – C’é aria di trasloco a Villa Taverna, da 76 anni prestigiosa residenza cinquecentesca degli ambasciatori americani in Italia, nel cuore del quartiere romano dei Parioli.
L’ambasciatore USA Ronald Spogli – industriale di successo inviato da George W. Bush nell’agosto del 2005 a Roma per rappresentare gli Stati Uniti – lascerà l’Italia il 6 febbraio prossimo per fare rientro in California dove è titolare, insieme al socio Bradford M. Freeman, di una delle principali società di investimento americane.
Storicamente gli ambasciatori statunitensi si dimettono il giorno dell’insediamento del Presidente, vale a dire il 20 gennaio, ma Spogli ha avuto l’autorizzazione dalla nuova amministrazione Obama di restare a Villa Taverna con la moglie Georgia Beth Claude un paio di settimane in più.
Spogli aprirà, per l’ultima volta, i cancelli della sua residenza il giorno prima di partire per salutare la stampa italiana che lo ha seguito in questi anni a Roma.
Bocche cucite in ambasciata su chi prenderà il posto di Spogli. Una scelta che, comunque, come ha sottolineato recentemente lo stesso Spogli, ”non cambierà gli ottimi rapporti esistenti tra gli Stati Uniti e l’Italia”. ”Nella politica estera americana – ha osservato – c’è grande continuità” e quindi ”non c’è alcun motivo di un cambiamento nei rapporti con l’Italia”.
(ANSA)

L’AFRICOM a Vicenza (e Napoli)

Roma, 2 dicembre – Dovrebbe essere ospitato nelle basi americane di Vicenza e Napoli il nuovo “Comando AFRICOM”. E’ quanto apprende l’Adnkronos da fonti informate alla vigilia di una conferenza stampa alla Farnesina del ministro degli Esteri Franco Frattini e dell’ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, durante la quale dovrebbe arrivare l’annuncio.
(Adnkronos)

Bruxelles, 2 dicembre – “Ci sono quattro componenti di AFRICOM, di cui due saranno ospitate in Italia, una a Vicenza e l’altra a Napoli”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, in una conferenza stampa a Bruxelles, confermando quanto scritto dall’Adnkronos e precisando che “non ci sono truppe americane assegnate su base permanente a queste componenti”.
(Adnkronos/Aki)

Roma, 3 dicembre – “Un grande aspetto della politica estera americana è che c’è poca discontinuità e grande continuità e per questo penso che gli ottimi rapporti Italia-USA continueranno”. Lo ha detto l’ambasciatore statunitense a Roma, Ronald Spogli, in una conferenza stampa congiunta alla Farnesina con il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Per Spogli, “l’Italia per molti motivi è un Paese chiave per gli Stati Uniti”, un “partner coinvolto in teatri molto importanti, come il Libano, i Balcani e l’Afghanistan”. E, con l’insediamento di Barack Obama, “non c’è motivo per un cambiamento in questi rapporti”. “Contiamo molto sul contributo italiano” in Afghanistan, ha aggiunto Spogli.
(AGI)

africom

“Ripetendo il copione che caratterizza ogni scelta di politica militare, sono tante le menzogne e le omissioni del governo italiano. Nel corso di una conferenza stampa, presente l’ambasciatore statunitense in Italia Ronald Spogli, il ministro Frattini ha dichiarato che le due componenti di AFRICOM che saranno ospitate a Napoli e Vicenza, «operano nel quadro della NATO». Ebbene, al contrario di quanto dice Frattini, AFRICOM è stato istituito lo scorso anno dell’amministrazione Bush senza consultare gli alleati atlantici. Il Pentagono ha deciso unilateralmente le finalità dell’intervento in Africa [lotta al terrorismo, addestramento e armamento dei paesi partner] e i tempi di attivazione del comando transitorio di Stoccarda [Germania], delle basi e delle unità destinate ad intervenire in Africa. Le operazioni [molte delle quali segrete] e le esercitazioni che si realizzano nel continente sono gestite esclusivamente da personale statunitense. Fare riferimento alla NATO per le operazioni USA in Africa è solo un modo per occultare la piena sudditanza di Roma a Washington.
(…)
Il ministro degli esteri ha pure aggiunto che «non ci saranno truppe da combattimento americane assegnate su base permanente» a Napoli e Vicenza, ma solo «componenti civili». Frattini, cioè, enfatizza le finalità di «assistenza umanitaria» del nuovo comando USA occultando ciò che ha fortemente irritato il Congresso e buona parte delle organizzazioni non governative degli Stati uniti. A Stoccarda, infatti, solo una decina di persone assegnate ad Africom non sono dipendenti del Dipartimento della Difesa, mentre più di mille sono i militari di aeronautica, esercito, marina, guardia costiera e corpo dei marines.
Frattini, bontà sua, precisa che «i problemi dell’Africa non si risolvono con truppe da combattimento», e che nel malaugurato caso in cui ci fosse bisogno di esse, «queste proverranno dalla Germania ma non dall’Italia». Ma non vengono forse dalle basi tedesche di Bamberg e Scweinfurt i reparti della 173esima Brigata aviotrasportata che raggiungeranno Vicenza quando saranno conclusi i lavori all’aeroporto Dal Molin?
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All’ambasciatore statunitense Ronald Spogli va riconosciuta maggiore sincerità. «Gli obiettivi dei nuovi comandi AFRICOM – ha dichiarato – vertono su sicurezza e incremento dell’assistenza umanitaria, attraverso quattro attività: prevenzione dei conflitti; promozione della crescita economica; controllo dei flussi migratori e prevenzione del terrorismo».Per Spogli, la creazione dei due comandi subordinati di Napoli e Vicenza «favorirà la cooperazione Italia-USA, come già si sta facendo nell’ambito delle iniziative G8 per l’addestramento delle forze di peacekeeping e nelle azioni contro la pirateria a largo delle coste somale». Una strizzatina d’occhio agli accordi multimilionari sottoscritti dai complessi militari-industriali dei due paesi e all’ex premier Romano Prodi, nominato dall’ONU quale responsabile degli interventi di «peacekeeping» in Africa. Quando si dice scelte bipartisan.”

Da L’Italia raddoppia: Africom a Napoli e Vicenza, di Antonio Mazzeo.

Sigonella di Vicenza gemella

sigonella

La base di Sigonella in Sicilia, dove presto arriveranno gli aerei senza pilota Global Hawks e verrà installato il nuovo sistema radar MUOS (Mobile User Objective System), è la maggiore installazione aereonavale statunitense nel Mediterraneo. Tutte le operazioni belliche made in USA compiute in Africa e Vicino Oriente negli ultimi cinquanta anni sono partite da questa base collocata proprio nel bel mezzo dell’ex Mare Nostrum. Dall’autunno 2003 “la piccola Saigon” – come la chiamano gli statunitensi – è al centro di un vasto programma di potenziamento delle infrastrutture, il cosiddetto “Piano Mega IV”. Esso comporta una spesa di 675 milioni di dollari per ampliare le piste di volo per i cacciabombardieri, migliorare la logistica e creare migliaia di nuovi alloggi per i militari (e le rispettive famiglie) stanziati nella base. I residence già consegnati sono due ed altri due sono in via di costruzione, a fronte di un notevole calo del numero del personale militare e civile ospitato a Sigonella, che in tre anni è passato dai 4.300 circa del 2003 ai 2700 del 2006. Addetti che ovviamente non si sono volatilizzati ma sono stati spostati in altri insediamenti nelle nuove aree strategiche dell’Europa orientale e dei Balcani in particolare.
Nonostante questo, gli amministratori pubblici siciliani confidano in un ritorno economico, senza valutare invece che i villaggi militari sono mondi chiusi dove anche l’indotto è gestito autonomamente tramite una rete interna. Se quindi di speranza mal risposta si tratta per quanto riguarda la creazione di nuovi posti di lavoro, un settore che invece continua a fare buoni affari è il mercato nero, dai buoni benzina – da loro pagata il 65% in meno grazie all’esenzione sulle accise di cui godono in virtù degli scellerati Accordi segreti del 1954 – alle carte d’identità di cittadini USA che vengono “smarrite” al ritmo di circa duecento all’anno.
Ma cosa lega Sigonella a Vicenza? Non solo le nuove caserme e case per i militari, ma anche l’identità di chi dovrebbe costruirle. A presentare al comune di Lentini il megaprogetto per il residence da 195.000 mq e 670.000 mc ci ha pensato la Scirumi s.r.l., di cui è socia la Maltauro Costruzioni di Vicenza che ha operato per l’ampliamento della base dell’aviazione statunitense di Aviano. In Sicilia la Maltauro ha da poco concluso la costruzione di Etnapolis, il maggior centro commerciale del sud Italia, uno scempio urbanistico di 270.000 mq, e prevede di realizzare tramite un consorzio pubblico-privato – nei terreni adiacenti – un complesso fieristico di altri 180.000 mq. Tra i soci della s.p.a. fieristica compare Banca Nuova, istituto interamente controllato dalla Banca Popolare di Vicenza, il cui presidente è l’industriale vinicolo Giovanni Zonin. L’unico imprenditore berico ad essere ammesso a colloquio privato con l’ambasciatore statunitense in Italia, Ronald Spogli, durante il sopralluogo di quest’ultimo a Vicenza nel gennaio 2007.