È un duello maleodorante

È Obama il vero nemico di Murdoch.
Solo mettendo a tacere la tv statunitense Fox può sperare di vincere le prossime elezioni.
Intercettazioni-pretesto per una battaglia transatlantica

di Piero Laporta per ItaliaOggi

Sean Hoare, il reporter di News of the World che svelò le intercettazioni illegali del tabloid di Rupert Murdoch, è morto in circostanze sospette.
Hoare accusò Andy Coulson, ex direttore di News of the World, di avere ordinato le intercettazioni. In una vicenda densa di singolarità, è rilevante che Coulson sia divenuto direttore della comunicazione del primo ministro britannico David Cameron.
Sean Hoare è morto alla vigilia dell’audizione in parlamento di David Cameron, di Rupert Murdoch, del figlio James e di Rebekah Brooks, ex amministratore delegato di News International, arrestata e rilasciata su cauzione.
Secondo Scotland Yard, Hoare è morto per l’alcol e le droghe di cui faceva largo uso. Sir Paul Stephenson numero uno di Scotland Yard era già stato costretto alle dimissioni. Subito dopo è toccato al suo vice, John Yates, a causa dell’assunzione di Neil Wallis, vice di Andy Coulson, «uomo immagine» della Met Police.
Murdoch ha chiuso News of the World dopo 168 anni, facendo cadere accordi miliardari.
Fra morti sospette, arresti e dimissioni, il caravanserraglio della stampa internazionale fa passare lo scandalo come intreccio di piccoli interessi, assunzioni compiacenti, vacanze prepagate e cenoni sontuosi, un bunga bunga dell’information system.
È così? In queste ore, come si conviene in una guerra, quando il nemico è sufficientemente ammorbidito dalle artiglierie, partono all’attacco le fanterie dal cuore dello schieramento nemico.
Il New York Times è all’offensiva contro Murdoch.
NYT è il più accanito sostenitore di Hussein Barach Obama, presidente degli Stati Uniti, a sua volta bersaglio preferito di Fox, l’emittente televisiva di Murdoch.
Risponde il Wall Street Journal, quotidiano di Murdoch, ricordando a NYT di avere difeso Julian Assange. gola profonda di Wikileaks.
In effetti è singolare che un giornale obamiano come NYT difenda Assange, apparentemente imbarazzante per la Casa Bianca, a meno che, come osservò ItaliaOggi dal primo istante, Assange e il Dipartimento di Stato non siano sulla stessa sponda.
È un duello maleodorante a colpi di ricatti incrociati. Qual è l’obiettivo strategico?
Il riposizionamento dell’informazione internazionale, quella che conta, è indispensabile perché regga la ricandidatura di Obama alle prossime presidenziali. L’addomesticamento del repubblicano Murdoch, cioé di Fox, la tv più accanita contro Obama, è parte del pacchetto delle nuove relazioni fra Washington e Londra.
Solo gli ingenui, e i maggiori giornali italiani si direbbero tali, possono supporre che l’establishment inglese, rigorosamente alimentato per cooptazione dall’alto, consentì a propria insaputa le intercettazioni del gruppo Murdoch, grazie alla dabbenaggine d’un paio di funzionari di Scotland Yard.
Intercettazioni di quello spessore e di quel volume esigono la compartecipazione di soggetti istituzionali, non solo Scotland Yard, senza i quali e contro i quali (è la stessa cosa) è impossibile operare con satelliti, parabole, server e e-mail infettanti (le stesse guarda caso intervenute nel caso Bisignani).
Una centrale londinese di ricatti internazionali è palese almeno dai tempi del «suicidio» (diagnosticato da Scotland Yard) di Roberto Calvi o del gran ricevimento sul Britannia della crema della classe dirigente italiana, il 2 giugno 1992, festa della Repubblica, una settimana dopo Capaci; puro stile inglese: allusione, ironia e ferocia. Fra i convitati italiani forse solo Gabriele Cagliari si sottrasse alle blandizie inglesi. Fu trovato morto, suicida ovviamente, nella cella di san Vittore. Più fortunato Sean Hoare, morto nella sua casa a Watford a nord di Londra, sotto l’occhio vigile di Scotland Yard.

L’Australia nella NATO asiatica

australia

Il 2 marzo scorso, il Dipartimento della Difesa australiano ha reso noto un rapporto di centoquaranta pagine intitolato Difendendo l’Australia nel secolo dell’Asia Pacifico: la forza 2030, che prevede nuove spese militari per 72 miliardi di dollari.
Nell’ambito di questa cifra, è compreso l’acquisto di 100 esemplari del F-35 Lightning II, che nella versione australiana sarà dotato del Joint Strike Missile, un nuovo armamento per l’attacco a terra e la distruzione delle difese antiaeree nemiche sviluppato congiuntamente con la Norvegia.
Secondo il Financial Times del 4 maggio scorso, il ministro della Difesa australiano Joel Fitzgibbon avrebbe affermato che il rapporto di cui sopra, il primo elaborato nell’ultimo decennio, riconosce la supremazia a livello regionale degli Stati Uniti. Fitzgibbon mette, inoltre, in guardia rispetto alle “tensioni strategiche” causate dalle nuove potenze, specialmente la Cina ma anche l’India, nonché dal “ritorno della Russia”.
In un articolo apparso su un quotidiano australiano nel febbraio 2007, intitolato “Una nuova base spionistica segreta USA ha avuto la luce verde”, si sosteneva che la stretta alleanza militare australiana con gli Stati Uniti sarebbe stata rafforzata con la costruzione di una base di telecomunicazioni ad alta tecnologia nell’ovest dell’Australia. Si tratterà di una struttura cruciale per la nuova rete di satelliti militari a sostegno delle capacità belliche americane nel Medio Oriente ed in Asia. Questa base sarà la prima grande installazione militare USA ad essere costruita in Australia negli ultimi decenni, dopo le controversie avutesi su altri grandi insediamenti quali quelli di Pine Gap e North West Cape.
L’Australia è il Paese non membro della NATO con il maggior numero di truppe in Afghanistan, più di mille, mentre il Primo Ministro Kevin Rudd ha annunciato ad aprile scorso l’invio di altri 400 soldati, incluse alcune unità destinate ad operazioni speciali di combattimento.
Nel giugno 2008, il capo delle forze armate australiane Maresciallo dell’Aria Angus Houston, a proposito dell’impegno di Stati Uniti e NATO sul terreno afghano, ebbe a dire che esso sarebbe durato almeno altri dieci anni. Senza che l’Australia abbia intenzione di tirarsene fuori.
Le truppe del Paese dei canguri sono, fra l’altro, state fra le prime ad entrare in Iraq dopo l’invasione del 2003 e sono fra i pochi contingenti nazionali che ancora vi permangono. Alla fine del 2008, il parlamento irakeno – non senza dissensi – ha approvato una risoluzione che autorizza accordi bilaterali in merito ai soli contingenti non statunitensi ivi presenti: quelli di Gran Bretagna, Estonia, Romania, NATO ed appunto Australia. Negli stessi giorni, il Primo Ministro Rudd era in visita negli Emirati Arabi Uniti dove l’Australia sta riunendo le sue forze aeree ed il proprio quartier generale in Medio Oriente in una sola base, segreta. La presenza di soldati australiani nella regione è di circa 1.000 unità, che si vanno quindi ad aggiungere agli altri 1.000 in Afghanistan, 750 a Timor Est e 140 nelle Isole Salomone.
Qualcuno avanza, in questi ultimi tempi, l’ipotesi di una sorta di NATO asiatica volta ad integrare le nazioni asiatiche direttamente con la NATO e con i suoi singoli membri, gli Stati Uniti prima di tutto, quasi a realizzare un’estensione geografica dell’Alleanza Atlantica verso oriente. Ciò sarebbe l’esito di diverse misure, dagli accordi bilaterali di cooperazione all’insediamento di basi militari, dallo svolgimento di regolari esercitazioni multinazionali al dispiegamento di truppe nei teatri caldi. Lo scorso marzo, è giunta la notizia che l’Australia sta concludendo un accordo con la NATO per l’interscambio di informazioni militari riservate al fine di realizzare un più approfondito “dialogo strategico” ed una maggiore collaborazione sui “comuni interessi di lungo periodo”.
Insieme al Giappone, l’Australia – oltre ad ospitare sul proprio territorio basi militari statunitensi e dispiegare truppe nei teatri afghano ed irakeno – ha messo i piedi su un terreno ancora più pericoloso, unendosi al sistema antimissilistico globale progettato dagli Stati Uniti. Essa verrebbe così a costituire la controparte orientale di uno scudo che vede analoghe infrastrutture impiantate, per quanto riguarda l’emisfero occidentale, in Polonia e Repubblica Ceca.
Questi sviluppi, comunque, non allarmano soltanto la Russia e non coinvolgono unicamente Australia e Giappone. Lo scorso dicembre, infatti, i ministri della Difesa russo e cinese Anatoly Serdyukov e Liang Guanglie si sono incontrati a Pechino per discutere il progetto regionale di difesa antimissile portato avanti, oltre che da USA, Australia e Giappone, anche da Corea del Sud e Taiwan. Inutile sottolineare il disappunto della Cina.
Lo scopo della cosiddetta NATO dell’Asia sarebbe, allora, quello di stabilire una superiorità – se non egemonia – militare americana e più in generale occidentale attraverso tutto il continente asiatico, per quanto riguarda l’intero spettro sia delle forze che dei sistemi d’arma terrestri, aerei, navali e spaziali. Le notizie di stampa degli ultimi mesi confermano l’ampliarsi ed il rafforzarsi di questa tendenza. Come esempio paradigmatico, possiamo riportare l’esercitazione militare congiunta denominata Balikatan 2009, svoltasi dal 16 al 30 aprile u.s. nelle Filippine, sui terreni della base aerea di Clark, che l’aviazione USA – caso più unico che raro – aveva abbandonato volontariamente nel 1991. Sul sito della base sono tornati non solo i marines ma anche gli F-16 Fighting Falcon, i primi cacciabombardieri statunitensi operativi nelle Filippine dopo sedici anni.

Intervistato lo scorso novembre a proposito dell’”invasione russa della Georgia”, così ebbe a dire il magnate dei media austrialiano Rupert Murdoch: “E’ necessario che l’Australia sia parte di una riforma delle istituzioni maggiormente responsabili per il mantenimento della pace e della stabilità. Sto pensando specialmente alla NATO… L’unico percorso per riformare la NATO è di espanderla al fine di includervi nazioni come l’Australia. In tal maniera, essa diverrebbe una comunità basata meno sulla geografia e più sulla comunanza dei valori. Questo è l’unico modo per rendere la NATO efficace. E la leadership australiana è determinante per questo scopo”.