Concluse le indagini della Russia sui biolaboratori USA

Secondo la commissione parlamentare d’inchiesta russa, Washington starebbe lavorando per creare un’arma biologica geneticamente progettata a livello “universale”.

Di Lucas Leiroz (giornalista, ricercatore presso il Center for Geostrategic Studies, consulente geopolitico) per South Front, 18 aprile 2023

Finalmente, è stata completata l’indagine russa sulle attività biologiche americane sul suolo ucraino. Una commissione parlamentare speciale era stata formata per analizzare attentamente le prove di crimini come la produzione di armi biologiche in biolaboratori militari trovati e neutralizzati dalle forze armate russe. Il gruppo parlamentare ha lavorato in collaborazione con esperti legati alle truppe di difesa radioattiva, chimica e biologica della Russia per oltre un anno. I risultati indicano che in realtà Washington mantiene attività bio-militari illegali.
Gli investigatori hanno fatto notare che gli Stati Uniti starebbero lavorando per la creazione di una sorta di “arma biologica universale”, geneticamente modificata per causare gravi danni, paragonabili a quelli di un “inverno nucleare”. I dati raccolti dai Russi indicano che Washington prevede di sviluppare armi in grado di danneggiare non solo i soldati nemici in uno scenario di guerra, ma anche gli animali e persino le coltivazioni agricole. Con questo, l’obiettivo sarebbe quello di distruggere completamente il Paese colpito dalla proliferazione di questi agenti patogeni, colpendo anche la popolazione civile, la sicurezza alimentare e l’ambiente.
In pratica, l’uso segreto e anticipato di questo tipo di arma garantirebbe alle forze americane un vantaggio strategico virtualmente insuperabile in qualsiasi scenario di conflitto, rendendo impossibile ai nemici sconfiggere le forze americane a causa di ragioni non militari. Gli investigatori hanno chiarito che il possesso di questo tipo di arma cambierebbe completamente la natura contemporanea dei conflitti armati, fattore che genera una vasta lista di preoccupazioni militari, legali e umanitarie.
“Gli Stati Uniti mirano a sviluppare un’arma biologica progettata geneticamente a livello universale in grado di infettare non solo le persone, ma anche gli animali e le coltivazioni agricole. Il suo uso implica, tra le altre cose, l’obiettivo di infliggere danni economici su larga scala e irreparabili al nemico (…) L’uso segreto e mirato di tale arma in previsione di un inevitabile confronto militare diretto potrebbe creare un vantaggio significativo per le forze statunitensi sull’avversario, anche contro coloro che possiedono altri tipi di armi di distruzione di massa (…) Il possesso di armi biologiche così altamente efficaci crea, secondo il punto di vista dell’esercito statunitense, i veri prerequisiti per cambiare la natura dei conflitti armati contemporanei”, afferma il rapporto.
Gli scienziati, comunque, hanno posto enfasi sul fatto che l’esistenza di questo progetto americano non diminuisce la gravità dell’uso di armi biologiche convenzionali, come “il vaiolo, l’antrace, la tularemia e la peste, che possono essere modificati per migliorare le loro proprietà mortali. A questo si aggiunge l’oggettiva difficoltà nel determinare la vera causa delle epidemie di malattie infettive, che possono essere sia naturali che artificiali”. Pertanto, vi è un numero considerevole di rischi da monitorare e controllare simultaneamente.
Sebbene molti biolaboratori siano stati neutralizzati o distrutti a causa dell’operazione militare speciale ai confini russi, il programma bio-militare americano rimane attivo, con diversi laboratori in tutto il mondo che operano ricerche avanzate al fine di sviluppare tali armi. Ci sono anche alcuni rapporti recenti che affermano che gli Stati Uniti tuttora svolgano tali attività sul suolo ucraino, nelle regioni occupate dal regime neonazista.
Il comitato d’indagine russo spiega come questi programmi siano un’eredità fascista degli Stati Uniti. Molti scienziati dell’Asse furono catturati durante la Seconda Guerra Mondiale e, invece di essere arrestati e puniti, ricevettero posizioni dal governo degli Stati Uniti in programmi segreti per sviluppare ricerche militari scientifiche avanzate. Come risultato, Washington creò uno dei sistemi di ricerca militare più complessi al mondo, sostenuto da scienziati tedeschi e giapponesi che stavano già studiando tali argomenti durante gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso.
I ricercatori russi menzionano anche il fatto che l’assenza di una regolamentazione internazionale chiara e avanzata su tali questioni aumenta la capacità americana di agire all’estero producendo e diffondendo terrore biologico. Usando argomenti umanitari, sanitari e scientifici per sviluppare la ricerca, le forze armate americane e le aziende legate al governo costruiscono laboratori in cui vengono svolte tali attività illegali.
“La mancanza di controllo internazionale su tale lavoro offre agli Stati Uniti l’opportunità di agire in altri Paesi senza essere limitati da norme morali e legali e principi umanitari, e di ignorare le richieste del pubblico”, hanno aggiunto gli investigatori.
Infine, gli scienziati raccomandano che la questione biologica sia trattata dalle autorità russe come una questione di importanza centrale nell’agenda della difesa e della sicurezza. E’ urgente creare misure efficienti per la rilevazione di agenti patogeni geneticamente modificati, così come per la diagnosi precoce, il trattamento e la prevenzione delle malattie causate da questi agenti. La relazione propone la creazione di un “meccanismo di controllo” per la ricerca nel campo della biotecnologia e della biologia sintetica come mezzo per raggiungere una soluzione al problema.
In effetti, la Russia ha avvertito da tanto tempo del grave problema delle armi biologiche del Pentagono. L’argomento è stato ignorato dai Paesi occidentali e dalle organizzazioni internazionali, che sembrano non comprendere il livello di pericolosità generato da questo tipo di atteggiamento. Lo sviluppo di armi biologiche dovrebbe essere indagato e prontamente condannato da tutti i Paesi, anche quelli che hanno buone relazioni con gli Stati Uniti, poiché ciò pone un rischio esistenziale per molte persone.
Inoltre, il caso richiede ancora più attenzione dopo le indagini che evidenziano lo sforzo di creare nuovi agenti patogeni, in grado di infettare e danneggiare esseri umani, animali e piante, mirando all’annientamento totale di un Paese e della sua popolazione. Pertanto, è urgente che vengano fatte discussioni e prese misure alle Nazioni Unite, prima che tali armi inizino ad essere usate sul campo di battaglia, generando un livello inedito di violenza e dannosità.

[Traduzione a cura della redazione]

Burro o cannoni?

Il 14 aprile 2023 è passato dalla stazione di Udine un lungo convoglio con obici semoventi italiani inviati in Ucraina per decisione del governo italiano. Quanti erano? Gli esperti dicono 20 o 30. Intanto, tutti hanno una unico scopo: uccidere e distruggere.
Un viaggiatore sulla banchina della stazione di Udine ha filmati gli obici semoventi con il proprio cellulare.
PeaceLink ha usato il video per realizzare il clip che vedete qui, “Burro o cannoni” (durata: meno di un minuto).
Ma lasciamo stare il burro. I soldi per costruire i cannoni che vedete nel video, se usati invece per la sanità o per la scuola o per la viabilità, basterebbero per costruire diverse aule scolastiche o reparti ospedalieri oppure per sistemare tutte le strade e tutti i marciapiedi di diversi municipi. E stiamo parlando di un solo convoglio, in un solo giorno, di un solo tipo di arma. Quante ce ne sono stati dal febbraio 2022?
NOTA SULL’AUTENTICITA’ DEL VIDEO:
Questo video è stato messo su Youtube da PeaceLink ed è diventato virale: uno scoop. Ma i giornali mainstream (ad es. Corriere della Sera) hanno preso le distanze; Repubblica ha telefonato alla redazione PeaceLink per dire: “Attenzione, è una bufala, un vecchio filmato, vedi come è sgranato?” In realtà, la versione YouTube è leggermente sgranato perché la redazione di PeaceLink l’aveva postato deliberatamente in bassa risoluzione per poter essere più facilmente visionato sui social. Invece il link qui sopra fa vedere l’originale.
Ieri il Ministero della Difesa ha confermato l’invio degli obici semoventi italiani in Ucraina, passando per la stazione di Udine.

I falsi profeti


Regolarmente mi ritrovo a dover ripetere, con ironia se sono di buon umore, che i Paesi considerati avversari dalla dottrina statunitense sono soggetti ad un’incessante demonizzazione. A questo scopo esiste un intero apparato, con articolazioni regionali, che produce e distribuisce su scala industriale fake news, revisionismo storico e analisi pseudo accademiche per manipolare l’opinione pubblica. Questo apparato si avvale dell’aiuto e della cooperazione di tutte le piattaforme che controlla. E non si tratta solo di quelle ufficiali – agenzie di stampa, media tradizionali e social media, motori di ricerca, centri studi, ecc. – un numero sempre crescente di influencer e canali della cosiddetta controinformazione vengono arruolati per creare confusione e paura, ed impedire così l’esercizio delle più elementari facoltà’ di giudizio. Chiaramente usano il linguaggio del loro pubblico di riferimento e creano narrazioni compatibili con quelle già sedimentate nelle coscienze di chi legge o ascolta. All’alt-right e ai libertari viene spacciato come nemico soprattutto la Cina, ai liberal progressisti soprattutto la Russia, ma si assiste anche ad un crossover. L’ultima follia che ho sentito, i BRICS vorrebbero imporre una dittatura globalista e schiavizzare l’Occidente “democratico”. Narrazione di chiara matrice anglo-americana, costruita sulla falsa dicotomia “democrazia vs autoritarismo”. Il credito sociale, la dittatura politico-sanitaria-digitale, la transizione finto-ecologica di cui un italiano dovrebbe preoccuparsi vengono imposti da chi ha giurisdizione sull’Italia, non dalla Cina che non ha nessuna giurisdizione sul Paese. Prima di credere alle finzioni che circolano sulla Cina o sulla Russia, ci si dovrebbe preoccupare della realtà che tocca ognuno di noi direttamente. Lo sfruttamento, l’inflazione, l’impatto economico delle sanzioni, l’erosione di diritti un tempo dati per acquisiti, la censura, le follie distopiche e pseudo-progressiste di un’élite finanziaria che si spaccia per guida morale nonostante le sue pratiche criminali, l’ingerenza di organismi sovranazionali e non eletti nella politica del Paese, l’isteria bellicista che ci sta portando dritti nel baratro di una guerra mondiale che rischia di sterminare gran parte della popolazione del pianeta… “Se non state attenti, i media vi faranno odiare gli oppressi e amare gli oppressori”, ricordava Malcom X. Prima di cercare nemici fuori dall’Occidente, occupiamoci di quelli che hanno rubato le nostre chiavi di casa.
Laura Ruggeri

Minima moralia


Siccome l’idea di spiccare un mandato di cattura contro Putin è probabilmente l’idea più cretina della storia universale, unitamente all’idea di processarlo per crimini di guerra, cioè di processare per crimini di guerra il presidente in carica di uno Stato che ha diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU e 6000 testate nucleari, abbiamo il problema di rispondere alla domanda: perché? Com’è possibile che l’Unione Europea sia caduta così in basso al punto da farci vergognare tutti? Perché Ursula von der Leyen e Roberta Metsola si umiliano attraverso una produzione così copiosa di idee cretine? La risposta è semplice: per nascondere il fatto di non contare niente. Siccome non contano niente; siccome la Commissione europea è un gruppo di passacarte di Biden; siccome non è in grado di proteggere nemmeno i propri gasdotti bombardati da un Paese alleato, allora cercano di gettare fumo negli occhi con iniziative talmente cretine da far apparire intelligenti persino iniziative come la designazione della Russia come Stato sponsor del terrorismo (respinta pure dagli USA). Ci penseranno poi i propagandisti delle radio e delle televisioni italiane a far passare un’idiozia gigantesca per un’idea intelligente da applaudire. Ecco che cosa intendo dire quando dico che la classe dirigente europea è completamente corrotta in senso paretiano. Ursula von der Leyen appartiene semplicemente a una classe dirigente morta. Era morta ben prima del 24 febbraio 2022, altrimenti gli accordi di Minsk 2 non sarebbero naufragati e l’Ucraina non sarebbe una base della NATO da molti anni. L’invasione della Russia ha semplicemente reso evidente la decomposizione di un corpo che si è spento di nascosto. Quando pensate alla Commissione europea, pensate a un gruppo di falliti politici. Pensate alla Commissione europea come la più grande vergogna della civiltà europea. Pensate a un corpo morto che, essendo pesantissimo, ci porta tutti a fondo.
Forza, Commissione europea, proponi o sostieni un’altra idea cretina.
Facci ridere.
Alessandro Orsini

La guerra non poteva essere impedita


“Chi ha seguito le vicende ucraine senza pregiudizi ideologici, e con un minimo di onestà intellettuale, sa che al momento della dissoluzione dell’URSS, l’Ucraina era una potenza economica, la terza potenza industriale dell’Unione Sovietica dopo Russia e Bielorussia, oltre che il suo granaio. Questa repubblica sovietica possedeva industrie aerospaziali, automobilistiche e di macchine utensili, i suoi settori minerario, metallurgico e agricolo erano ben sviluppati, come i suoi impianti nucleari e petrolchimici, le sue infrastrutture turistiche e commerciali. Ospitava inoltre il più grande cantiere navale dell’URSS.
A partire dal 1991, anno della sua indipendenza, il PIL dell’Ucraina è rimasto indietro rispetto al livello raggiunto in epoca sovietica, la capacità industriale si è notevolmente ridotta e la popolazione è diminuita di circa 14,5 milioni di persone in 30 anni a causa dell’emigrazione e del più basso tasso di natalità in Europa. Non solo, l’Ucraina è anche diventata il terzo debitore del FMI e il Paese più povero d’Europa. Questi record negativi non possono essere imputati solo alla corruzione sistemica e spaventosa dell’Ucraina: le reti di corruzione che hanno spremuto l’Ucraina sono transnazionali.
L’Ucraina è stata vittima di due rivoluzioni colorate finanziate dagli Stati Uniti che hanno portato a un cambio di regime e ad una guerra civile che l’hanno separata a forza dal suo principale partner economico, la Russia. La sua storia è stata cancellata e riscritta, le ricette neoliberali hanno distrutto il suo tessuto economico e sociale instaurando una forma di governo neocoloniale.
L’Ucraina è entrata a far parte del nefasto Partenariato Orientale dell’UE nel 2009 e, fin dalla sua indipendenza, è stata invasa da ONG, consulenti economici e politici occidentali. Lo stato di soggezione del Paese ostaggio degli interessi anglo-americani si è cementato dopo che l’ultimo governo ucraino che si era opposto alle dure condizioni del FMI è stato rovesciato dal colpo di Stato sponsorizzato dagli Stati Uniti nel 2014.
Il 10 dicembre 2013, il presidente ucraino Viktor Yanukovich aveva dichiarato che le condizioni poste dal FMI per l’approvazione del prestito erano inaccettabili: “Ho avuto una conversazione con il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden, mi ha detto che la questione del prestito del FMI è stata quasi risolta, ma gli ho ripetuto che se le condizioni fossero rimaste tali non avremmo avuto bisogno di tali prestiti”. Yanukovich ha quindi interrotto i negoziati con il FMI e si è rivolto alla Russia per ottenere assistenza finanziaria. Era la cosa più sensata da fare, ma gli è costata cara. Non è possibile rompere impunemente le catene del FMI: questo fondo a guida americana concede prestiti a Paesi con l’acqua alla gola in cambio della solita shock therapy fatta di austerità, deregolamentazione e privatizzazione, e prepara in questo modo il terreno per gli avvoltoi della finanza internazionale, quasi sempre angloamericani.
Se si permette a coloro che hanno distrutto un Paese di essere coinvolti nella sua ricostruzione, essa sarà inevitabilmente solo un punto sul continuum di conquista, occupazione e saccheggio, anche se viene imbellettato. La distruzione produce quella tabula rasa su cui l’occupante può scrivere le proprie regole: “Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove hanno fatto il deserto, lo chiamano pace”. Tacito conosceva bene sia la realtà che la propaganda dell’imperialismo romano. Ci si può solo chiedere se coloro che parlano di “ricostruzione”, “ripresa”, “riforma”, “ordine fondato sulle regole”, “reset” o qualsiasi altra espressione di moda al momento, siano consapevoli di questa realtà brutale o credano veramente alla propria propaganda. In ogni caso, promettono un’utopia futura per la quale vale la pena uccidere e morire.
(…) Vendere una guerra richiede un impegno a tutto campo, ed è per questo che i think tank e gli specialisti di marketing sono stati coinvolti fin dalle prime fasi. Essi generano narrazioni che contribuiscono a plasmare lo spazio discorsivo, a creare una percezione di sostegno universale per l’Ucraina, a fornire punti di discussione e versioni della verità sia ai politici che ai media. Devono motivare gli ucraini affinché continuino a combattere e i vassalli europei affinché continuino a finanziare la guerra e ad armare l’Ucraina, indipendentemente dalle devastanti perdite umane ed economiche che ciò comporta.
(…) I politici europei, mentre sono alle prese con i costi sempre più crescenti di una guerra per procura degli Americani nel loro continente, come meccanismo di compensazione sostengono l’idea assurda che una soluzione di pace in Ucraina minaccerebbe la sicurezza europea e non sarebbe nell’interesse del Vecchio Continente. La retorica della ricostruzione, intrecciata all’illusione di una vittoria dell’Ucraina, permette al partito transatlantico della guerra di presentarsi come una forza del bene e un motore di crescita futura. I promotori della ricostruzione hanno cercato aggressivamente di occupare il terreno morale estromettendo i costruttori di pace e per farlo hanno spinto la tesi che la guerra non poteva essere impedita né fermata.”

Da Promuovere la ricostruzione in Ucraina per alimentare la guerra, di Laura Ruggeri.

Sovranismi strabici

“All’interno di quello che “The Economist” definisce il nascente ‘ordine mondiale alternativo’ è utile interrogarsi a quali degli attori della sfida globale giovi maggiormente il sovranismo o meglio i diversi sovranismi nazionalisti, quello anti-UE e filo-NATO e quello anti-UE e anti-NATO. Il primo, il sovranismo di destra ed estrema destra che esercita una richiesta di riappropriazione di sovranità nei confronti dell’UE ed evidenzia un posizionamento geopolitico atlantista, risulta funzionale al completo assoggettamento dell’Europa agli Stati Uniti ed è, pertanto, un fattore di mantenimento dell’ordine mondiale unipolare a guida americana. Il sovranismo nazionale anti-UE e anti-NATO si colloca in una prospettiva che mira a distaccare la nazione dai legami istituzionali con l’UE e dalla sudditanza geopolitica agli Stati Uniti. Anche questo ramo del sovranismo resta meramente nazionalista e non si attiva in senso europeista, in quanto identifica l’Europa con l’UE che considera lo strumento istituzionale e burocratico del globalismo.
Non è questa la sede per approfondire le diverse anime interne alle istituzioni europee, specie in materia di difesa comune, e il dibattito tra una minoranza che richiede autonomia strategica ed una maggioranza che concepisce l’Europa come parte dell’universo euro-americano; ciò che è rilevante in questa sede è che il sovranismo anti-UE e anti-NATO percepisce l’UE come irriformabile. Se nell’attuale scenario di guerra la presa di distanza e la critica serrata alla NATO, accusata, secondo una prospettiva mearsheimeriana, di aver accerchiato la Russia con una vera e propria minaccia militare, si traduce in una richiesta di rottura della sudditanza nazionale verso Stati Uniti, la mancanza di una proposta aggregativa europeista rischia di lasciare tale approccio in una situazione di fragilità e irrealizzabilità rispetto alla forza cultural-mediatica euro-atlantista e alla vasta presenza dell’atlantismo a livello parlamentare.
A parte la Germania che, col suo piano di riarmo da decifrare in termini geopolitici (riarmo autonomo, europeo collaborato o legato all’industria bellica americana?), preoccupa gli Stati Uniti, molte nazioni, anche qualora la prospettiva sovranista anti-UE e anti-NATO riscuotesse un elevato, ma ad oggi alquanto improbabile, successo elettorale, finirebbero per trovarsi in una condizione di fragilità rispetto al dominus americano. Se, dunque il sovranismo anti-UE e filo-NATO è direttamente funzionale all’unipolarismo americano, il sovranismo anti-UE e anti-NATO non sembra potersi attivare in proposte geopolitiche alternative all’unipolarismo e potrebbe condurre piuttosto all’isolamento tipico dei sovranismi nazionali.
Per i sostenitori dell’unipolarismo a guida americana il sovranismo nazionalista di matrice atlantista è ovviamente un alleato e/o uno strumento al tempo stesso, mentre il sovranismo anti-UE e anti-NATO, qualora non riscuotesse maggiori consensi elettorali, potrebbe anche essere lasciato prosperare come accettabile avversario incapace di proporre una strategia geopolitica alternativa.
Ciò che minerebbe o rappresenterebbe una minaccia per l’unipolarismo americano e le sue certezze di controllo geopolitico del continente europeo sarebbe, invece, un sovranismo europeista che reclami un’autonomia geopolitica, di difesa e di relazioni internazionali e proponga una riforma dell’UE su basi europeiste e un distacco dalla dominante prospettiva euro-americana. Le leve cardine a disposizione degli Stati Uniti per procrastinare l’unipolarismo a guida americana e impedire l’autonomia strategica europea sono fondamentalmente due. Il congelamento delle istituzioni europee all’attuale condizione di euro-americanismo e lo stimolo dei sovranismi nazionali che reiterino le divisioni del continente e le conflittualità nazionalistiche. Si può, pertanto, asserire che nell’attuale quadro geopolitico, caratterizzato dal passaggio dall’unipolarismo al multipolarismo e dal riemergere di una guerra fredda Ovest-Est, il sovranismo nazionalista può rappresentare uno degli strumenti della geopolitica statunitense, anche accettando un comodo avversario come il sovranismo anti-UE e anti-NATO che, pur criticando gli Stati Uniti e il loro imperialismo, mantiene una prospettiva dividente per il quadrante europeo e quindi a suo modo funzionale a frammentazione e depotenziamento dell’Europa.”

Da I sovranismi alla prova della guerra in Ucraina, di Nicola Guerra, in “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, n. 1/2023, pp. 42-44.

Il Ponte sullo Stretto come il MUOS di Niscemi e Sigonella

Non prova neanche a mimetizzarlo il suo punto vista, Lucio Caracciolo, sul ponte sullo Stretto. Ne ha parlato in un pezzo scritto per La Stampa il 7 dicembre scorso. Per lui sono secondari gli argomenti, e gli scontri, sugli aspetti ingegneristici, economici, ambientali dell’infrastruttura d’attraversamento. Ciò che conta è la sua valenza strategica, geopolitica, militare. Per questa ragione assimila il ponte sullo Stretto al MUOS di Niscemi, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare della Marina militare USA per governare i conflitti globali del XXI secolo, “senza dimenticare le strutture di Sigonella e Pantelleria”. Perché ciò che conta è il valore strategico della Sicilia, il suo collocarsi in un’area che Limes chiama Caoslandia, nel Mediterraneo “allargato” che è tornato ad essere centrale per i flussi commerciali provenienti da Oriente e per l’intervento politico, militare, economico di Cina, Russia e Turchia.
Limes aveva già insistito in altre occasioni su questo tema. Proprio un anno fa la rivista di geopolitica, i cui redattori, dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, sono stabilmente sui canali tv nazionali, aveva pubblicato un numero speciale sulla Sicilia. “L’Italia senza la Sicilia non esiste”, questo era l’argomento. Per questa ragione la Sicilia non può “annegare” nel Mediterraneo. E nel pezzo pubblicato su La Stampa Caracciolo è esplicito fino al didascalico. “Se non lo volete capire la Sicilia è la Frontiera e senza la difesa della Frontiera gli Stati periscono”, sembra dire, perché dallo Stretto di Sicilia (così quelli di Limes chiamano il Canale di Sicilia per sottolineare la esigua distanza che separa l’Isola dall’Africa) passa la principale rotta migratoria, perché da lì passa la via della seta cinese, perché “i turchi e i russi della Wagner si sono acquartierati sul lato africano dello Stretto”, perché quel tratto di mare è attraversato dai cavi sottomarini transcontinentali della Rete.
Caracciolo ci ricorda che la Sicilia fu il luogo dell’invasione alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Quella volta gli invasori erano i “liberatori americani” e ce la cavammo, ma stavolta chi potrebbe essere il nuovo invasore? Per questo l’Italia (ma a questo punto perché non l’Europa o l’Occidente?) senza la Sicilia non esiste. Perché la Sicilia deve essere la piattaforma militare nel Mediterraneo, la difesa dell’Occidente dalle armate dei Bruti o degli Extranei. Noi siamo la Barriera costruita a difesa. Questo è il nostro destino. Lucio Caracciolo si spinge fino a lamentare la scarsa presenza militare nell’area” e ad auspicare una “più incisiva presenza della Marina e delle altre Forze armate nelle acque” di quello che insiste a chiamare il “mare nostro”. L’ennesima ode al militarismo e al riarmo a cui gli analisti mainstream ci hanno abituato nell’ultimo anno di fratricida guerra in Ucraina. Ipocrita narrazione di una “Isola indifesa” quando è sotto gli occhi di tutti il devastante e invasivo processo di militarizzazione che ha investito ogni angolo della Sicilia e delle sue isole minori e l’abnorme presenza statunitense nella stazione aeronavale di Sigonella, “capitale mondiale dei droni”. Per questo il ponte serve, per Caracciolo: per la sicurezza, per stabilizzare le aree di frontiera e per collegare militarmente l’Italia, l’Europa, l’Occidente alla Sicilia, non viceversa.
In passato avevamo già invitato a guardare ai rischi che il ponte portava con sé anche sotto questo profilo. Ci avevano guardati un po’ perplessi. Il ponte ci metterebbe in pericolo, farebbe da traino ad una ulteriore forte militarizzazione e ad un più asfissiante controllo del territorio proprio perché naturale obbiettivo strategico in caso di conflitto. Eccoci serviti. Lucio Caracciolo ce lo sbatte in faccia senza neanche prepararci con parole di circostanza. E a chi pensa che con il ponte i propri figli non emigrerebbero più potremmo consigliare di arruolarli, che forse lì di lavoro ne troverebbero.
Ciò che è incredibile è che il ritorno del Mediterraneo come luogo centrale e l’importanza della Sicilia per la sua collocazione geografica debba essere necessariamente declinato sotto il profilo della guerra. La Sicilia, che nelle vecchie carte appariva più estesa di quanto lo fosse proprio per l’importanza che assumeva nei commerci mondiali, la Sicilia raccontata da sempre dai viaggiatori, deve essere piattaforma di guerra? E perché, invece, non potrebbe essere piattaforma di pace? Perché gli abitanti dell’isola non potrebbero trarre “vantaggio” dall’affacciarsi della propria terra su un continente africano in crescita? Perché non possiamo pensare di crescere insieme con le popolazioni africane che lavorano, viaggiano, portano avanti le loro famiglie, socializzano e trasferiscono risorse e conoscenza? Il nostro No al ponte è anche questo. Un No alle logiche di guerra, alle militarizzazioni dei territori e del mare, ai muri armati innalzati tra Nord e Sud. E’ il nostro Sì, forte, per la Pace, il Disarmo e la Giustizia tra i Popoli.
Antonio Mazzeo e Luigi Sturniolo

(Fonte – il collegamento inserito nel testo è a cura della redazione)

NewsGuard e la censura dell’informazione politicamente scorretta


“Un’agenzia creata negli Stati Uniti da uno dei personaggi più potenti della Borsa di Wall Street, come espressione diretta dei gangli del potere USA e con riferimenti diretti a NSA, CIA e Council of Foreign Relations, ha il potere di dare bollini di “verità” a chi fa informazione in Italia. Questa agenzia, NewsGuard, lavora a stretto contatto con la Commissione europea, con il gruppo mediatico Gedi della Famiglia Agnelli-Elkann, con browser, motori di ricerca e social che filtrano l’informazione, può indirizzare i proventi della pubblicità online e riceve “autopremi” da un Consolato USA.
Non si tratta di presunti hacker russi da San Pietroburgo o fantasmagoriche interferenze cinesi secondo fonti che vogliono restare anonime del Dipartimento di Stato USA. Stiamo parlando di un’agenzia statunitense reale alla quale, nei fatti, è stato impunemente dato il potere di bloccare chi porta avanti una visione di mondo diversa da quella decisa a Washington. Il suo operato è chiaramente inconciliabile con i dettami della nostra Costituzione.
Vi abbiamo scritto come uno dei campioni della propaganda atlantista, Open, ha il potere di censurare direttamente (non passando per gli algoritmi) le pagine Facebook di giornali regolarmente registrati come quella de l’AntiDiplomatico. Pensate – e noi abbiamo dovuto rileggerlo varie volte per crederci – che nonostante questo record in materia di fake news, per il Caronte (USA) delle notizie il giornale di Mentana non solo è da “bollino verde”, è il “sito più attendibile in Italia”. Ci sarebbe da ridere per ore se non fosse tutto così tragico.
Nell’assordante, religioso e coloniale silenzio di tutti i partiti del Parlamento italiano, anche questo articolo subirà la censura di browser, motori di ricerca e social, grazie al “filtro” di un’agenzia che lavora da e per conto di Washington.”

Alessandro Bianchi, presidente della “L.A.D. Gruppo Editoriale ETS” e direttore editoriale de l’AntiDiplomatico, descrive le modalità della censura esercitata ai danni della sua testata.
Qui l’articolo completo.

Attenzione a Psiphon, uno strumento della CIA per assistere e alimentare le proteste a livello globale

Di Kit Klarenberg* per PressTV

Da quando a metà settembre in Iran sono scoppiate rivolte sostenute dall’estero, i notiziari occidentali hanno frequentemente richiamato l’attenzione sul ruolo di Psiphon, un’applicazione gratuita e open-source per smartphone e per programma informatico che consente agli utenti di aggirare le restrizioni sui siti web e sulle risorse online, aiutando i sobillatori ad organizzare e coordinare le loro attività e ad inviare e ricevere messaggi da e verso il mondo esterno.
In questo processo, Psiphon ha ricevuto una quantità incalcolabile di pubblicità gratuita altamente influente e alcuni Iraniani – assieme ai residenti dell’Asia occidentale più in generale – saranno stati senza dubbio incoraggiati a scaricare il software.
Comunque, nessuna fonte mainstream ad oggi ha riconosciuto le origini spettrali di Psiphon, per non parlare degli obiettivi maligni che persegue e degli scopi sinistri a cui può essere destinato dai suoi sponsor nella comunità dell’intelligence americana.
Psiphon fu lanciata nel 2009. Dichiaratamente destinata a sostenere gli elementi antigovernativi nei Paesi che l’azienda considera “nemici di Internet”, la risorsa impiega una combinazione di tecnologie di comunicazione sicura e di offuscamento, tra cui VPN, proxy web e protocolli Secure Shell (SSH), che consentono agli utenti di predisporre efficacemente i propri server privati in modo tale che il proprio governo non può effettuare attività di monitoraggio.
Nel corso della sua vita, Psiphon è stata finanziata e distribuita da diverse organizzazioni para spionistiche.
Ad esempio, per diversi anni è stato promossa da ASL19, fondata da un iraniano espatriato, Ali Bangi, nel 2013, per capitalizzare l’ampio flusso di finanziamenti statunitensi per le iniziative di “libertà di Internet” sulla scia della Primavera araba.
Un’indagine del New York Times del giugno 2011 sulla spinta di Washington per la “libertà di Internet” concluse che tutti questi sforzi servono a “dislocare sistemi ‘ombra’ di Internet e di telefonia mobile che i dissidenti possono usare per comunicare al di fuori della portata dei governi in Paesi come Iran, Siria e Libia”.
La vicinanza di Bangi al governo degli Stati Uniti è stata resa ampiamente evidente quando nel 2016 partecipò alla celebrazione annuale del Nowruz alla Casa Bianca, una sorta di ballo delle debuttanti che avviene regolarmente per gli attivisti sponsorizzati del “cambio di regime” facenti parte dell’élite di Stato.
Tali apparizioni di alto livello, insieme al suo status di presenza fissa alle conferenze tecnologiche e agli eventi sui diritti digitali, cementarono il suo posto come una personalità da “rockstar” all’interno della comunità della diaspora iraniana.
Bangi fu tuttavia costretto a dimettersi dalla ASL19 nel 2018, dopo essere finito in tribunale in Canada con l’accusa di violenza sessuale e detenzione forzata.
Secondo un profilo pubblicato dalla rivista del settore tecnologico The Verge Bangi avrebbe favorito una cultura di uso diffuso di droghe, sessismo, molestie e bullismo all’interno dell’organizzazione, con le dipendenti donne come bersaglio particolare delle sue ire. In diverse occasioni è stato aggressivo e persino violento nei confronti del personale.
Con Bangi e l’ASL19 fuori dai giochi, nel 2019 Psiphon iniziò a ricevere milioni dall’Open Technology Fund (OTF), creato sette anni prima da Radio Free Asia (RFA), che a sua volta fu fondata dalla CIA nel 1948 dopo essere stata ufficialmente autorizzata a impegnarsi in “operazioni segrete”, tra cui propaganda, guerra economica, sabotaggio, sovversione e “assistenza ai movimenti di resistenza clandestini”.
Nel 2007, il sito web della CIA classificò la RFA e altre iniziative di “guerra psicologica” come Radio Free Europe e Voice of America fra le “campagne più longeve e di maggior successo per le operazioni sotto copertura” che abbia mai messo in atto.
Oggi la RFA è una risorsa dell’Agenzia statunitense per i media globali (USAGM), finanziata dal Congresso degli Stati Uniti con centinaia di milioni di dollari all’anno. Il suo amministratore delegato ha riconosciuto che le priorità dell’organizzazione “riflettono gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
L’OTF è stata una delle numerose iniziative scaturite dalla summenzionata pressione di Washington per la “libertà di Internet”.
Le persone intimamente coinvolte nella realizzazione di questo desiderio non si fanno illusioni sulla vera ragion d’essere del loro servizio. Nel febbraio 2015, Jillian York, membro del comitato consultivo dell’OTF, dichiarò che credeva “fondamentalmente” che la “libertà di Internet” era “in fondo un programma di cambiamento di regime”.
L’OTF, essendo la creazione di una piattaforma di “guerra psicologica” concepita dall’intelligence statunitense, illumina uno degli scopi chiave di Psiphon: garantire che i cittadini dei Paesi nel mirino dei continui “sforzi di cambiamento di regime” guidati dagli Stati Uniti possano continuare ad accedere alla propaganda di Stato occidentale.
Una scheda informativa dell’Agenzia statunitense per i media globali del novembre 2019 sugli “strumenti supportati dall’OTF” dà il massimo risalto a Psiphon.
“L’OTF fornisce alle reti USAGM l’assistenza necessaria per proteggere i loro contenuti online e per garantire che siano resistenti alla censura. Ad esempio, quando i siti di notizie dell’USAGM sono stati improvvisamente bloccati in Pakistan, l’OTF creò dei siti specchio per garantire che i contenuti dell’USAGM rimanessero disponibili per i principali destinatari… L’OTF fornisce un supporto di emergenza ai media indipendenti e ai giornalisti che subiscono attacchi digitali per tornare online e mitigare gli attacchi futuri”, si legge.
Un rapporto dell’OTF del maggio 2020 sui “punti salienti e le sfide” dell’anno fino ad oggi rileva allo stesso modo che il “fornitore veterano di strumenti di elusione” Psiphon assicura che i contenuti pubblicati dall’USAGM – che includono Voice of America in lingua farsi – possano raggiungere il pubblico nei Paesi in cui sono vietati.
Similarmente, una sezione dedicata del sito web della BBC, a seguito del divieto dell’emittente di Stato britannica in Russia, a marzo offriva una guida esplicativa su come i residenti locali possono scaricare l’app tramite Android, Apple e Windows.
Nel caso in cui gli utenti “trovassero difficoltà” ad accedere a Psiphon attraverso gli app store tradizionali, sono invitati a inviare un messaggio vuoto a un indirizzo e-mail indicato per ricevere “un link per il download diretto e sicuro”.
In Iran, tale utilità è senza dubbio altrettanto preziosa, dato il fatto che i media ostili come la BBC e RFA dipingono un quadro totalmente unilaterale dei disordini in corso, inquadrando come pacifiche le azioni violente e incendiarie degli elementi anti-governativi, mentre ignorano completamente le manifestazioni popolari pro-governative di gran lunga più ampie.
Un altro punto di forza principale di Psiphon dal punto di vista del potere occidentale è che incanala tutti i dati degli utenti verso e attraverso server centralizzati di proprietà dell’azienda stessa.
Mentre le attività degli individui sulla rete potrebbero essere protette dagli occhi indiscreti del loro governo, Psiphon può tracciare i siti che visitano e le loro comunicazioni in tempo reale.
Ciò consente agli attori stranieri di tenere un occhio fisso addestrato sui manifestanti e sui movimenti di protesta e rispondere di conseguenza.
L’ingerenza di Psiphon in Iran è ormai una questione di pubblico dominio da lungo tempo. Nel 2013, l’azienda pubblicò un blog in cui salutava “particolarmente il grande impatto” che aveva avuto nel Paese, “in coincidenza con le elezioni presidenziali (iraniane)”.
Pur riconoscendo che Teheran “è sempre stata una grande sfida per noi”, Psiphon si vantava del fatto che il suo software “era rimasto disponibile” costantemente durante questo periodo, nonostante i ripetuti tentativi di “limitare fortemente” il funzionamento
Il fatto che nessuno di questi retroscena sia emerso in alcuno degli ossequiosi articoli mainstream su Psiphon è scioccante, ma non sorprendente.
Dopotutto, le testate giornalistiche occidentali stanno a beneficiare materialmente di un racket di protezione gestito dagli Stati Uniti che proietta in segreto la loro agitazione propagandistica a innumerevoli milioni di persone.
E diventando attivamente complici di un’operazione di “cambio di regime” da parte degli Stati Uniti, i giornalisti mainstream hanno meno probabilità di riconoscere la realtà di ciò che sta accadendo a Teheran, il perché e chi beneficia materialmente della destituzione del governo. Questo, comunque, è un sogno assurdo delle potenze occidentali.

*Giornalista investigativo e collaboratore di MintPresss News che esplora il ruolo dei servizi di intelligence nel plasmare la politica e le percezioni. Il suo lavoro è apparso precedentemente su The Cradle, Declassified UK, Electronic Intifada, Grayzone e ShadowProof. Seguitelo su Twitter @KitKlarenberg.

Le guerre illegali della NATO

Dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, con l’istituzione nel 1945 delle Nazioni Unite allo scopo di mantenere la pace, la guerra è stata bandita dalla politica internazionale. Uniche due eccezioni a tale divieto: il diritto all’autodifesa o un’azione bellica su mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Tuttavia, la realtà è stata tragicamente ben diversa e la responsabilità è in massima parte dell’Occidente e del suo strapotere militare.
Come documenta con rigorosa chiarezza lo storico Daniele Ganser in questo libro, negli ultimi settant’anni sono stati i Paesi della NATO – la più grande alleanza militare del mondo, guidata dagli Stati Uniti – ad aver avviato in molti casi guerre illegali per garantire e ampliare il predominio dell’impero americano, ignorando il divieto dell’uso della forza stabilito dall’ONU e riuscendo sempre a farla franca.
Ganser, attraverso l’analisi puntuale di tredici di questi conflitti – Iran, Guatemala, Egitto, Cuba, Vietnam, Nicaragua, Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia, Ucraina, Yemen e Siria – e delle loro disastrose conseguenze per i popoli, evidenzia come la NATO abbia sistematicamente sabotato le regole delle Nazioni Unite, trasformandosi da alleanza locale con finalità difensive in un’alleanza aggressiva globale, fino a diventare un pericolo per la pace nel mondo.
«Se fosse lungimirante», scrive Carlo Rovelli nella prefazione, «l’Occidente, che è il mio mondo e a cui tengo, lavorerebbe – per il suo proprio bene – per la stabilità e la legalità internazionali, per un mondo multipolare dove gli interessi degli altri siano presi in considerazione e le soluzioni siano cercate nella politica e non nelle armi. Questo libro mostra in maniera inequivocabile che oggi non è così».
Rivelando le menzogne, le ipocrisie e i crimini delle guerre illegali della NATO, Ganser fornisce un contributo prezioso per costruire un futuro di pace.

Le contraddizioni dell’immigrazione


“I fenomeni agitati hanno ovviamente sempre una base reale: le migrazioni, causate dall’impoverimento di vaste aree del mondo a causa dello sfruttamento delle economie capitaliste dominanti, è in grado di generare grossissime contraddizioni negli Stati in cui i migranti fanno ingresso. Basti pensare al fenomeno delle Banlieues francesi o dei quartieri svedesi pieni di immigrati, divenuti ormai scenari di film e note serie televisive. Il contatto ed il confronto con le fasce disagiate autoctone genera fenomeni esplosivi. Le zone più povere della Germania sono un proficuo bacino elettorale per partiti che agitano la tematica dell’immigrazione in modo securitario.
Tuttavia, le contraddizioni generate dall’immigrazione, se ben comprese, dovrebbero spingere chi le subisce a mobilitarsi contro la causa principale – la barbarie dell’economia capitalista – la quale è responsabile del disagio degli autoctoni come delle sofferenze dei migranti.
Perché ciò non avviene? La risposta sta nelle osservazioni contenute nel citato passo dell’Ideologia tedesca: “la classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale”. La tematica dell’immigrazione è spesso agitata in prima battuta dai media, anche – e forse soprattutto – generalisti. Spesso i partiti populisti si accodano vedendo un’opportunità di egemonia. Ogni giorno il migrante viene presentato come pericolo sociale, evento criminale, fenomeno da combattere con “la forza” dello Stato. Per contro, le visioni opposte che i media mainstream consentono di vedere si polarizzano in un pauperismo pseudoreligioso, che si dedica a descrivere il fenomeno delle migrazioni come sola sofferenza, dimenticando che spesso la sofferenza non crea angeli, ma spine che incidono nella carne viva di altri sofferenti. Dal momento che le contraddizioni sono invece esistenti, gli strati sofferenti autoctoni percepiscono come bugiarda e altoborghese la visione umanitaria, mentre convalidano come aderente alla realtà la propaganda securitaria dei “falchi” dell’immigrazione.
Lo strumento populista consente così di deviare abilmente le conseguenze delle contraddizioni sociali verso un nemico costruito, e di fatto innocente quanto i sofferenti autoctoni. Il colpevole principale viene nascosto con soddisfazione, e con altri benefici che di seguito andiamo a descrivere:
– la marginalizzazione sociale dei migranti consente un proficuo sfruttamento da parte di tutti i settori del capitale, da quello illegale del lavoro in nero, a quello del lavoro povero, agendo da ulteriore spinta alla deflazione salariale.
– la fede degli strati disagiati della popolazione nella narrativa securitaria anti immigrazione rafforza il ruolo e la legittimazione dello Stato ad usare la repressione, scoraggiando anche la mobilitazione di lotte antagoniste.
Le domande insoddisfatte vengono così abilmente sviate dalla classe dirigente verso un bersaglio innocuo, evitando le responsabilità politiche e sociali. Il dissenso viene così “costruito” ed organizzato a favore del mantenimento del potere dominante.”

Da Quando il populismo è strumento di egemonia del potere dominante, di Enzo Pellegrin.

“Il neocolonialismo è morto”

“Pubblichiamo la traduzione di questa lunga intervista a Mohamed Hassan – curata da Grégoire Lalieu del collettivo Investig’Action e co-autore di La Strategie du chaos e Jihad made in USA – pubblicata il 26 ottobre sul sito del collettivo.
Paesi che si rifiutano di tagliare i ponti con la Russia. I dirigenti turchi che sfidano le minacce di Washington. L’Arabia Saudita che disobbedisce a Biden. L’America Latina che vira “a sinistra”. Una parte dell’Africa che volta le spalle ai suoi vecchi e nuovi “padrini” neo-coloniali. È chiaro che il mondo sta cambiando. E Mohamed Hassan ci aiuta a vederlo più chiaramente, anche per le prospettive “rivoluzionarie” che si aprono per le classi subalterne europee, oltre che per i popoli del Tricontinente.
Questo in una situazione in cui anche gli Stati Uniti non solo stanno perdendo la propria egemonia all’esterno, ma soffrono una crisi sociale che avrà dei precisi riflessi anche nelle vicine elezioni 
Mid-term dell’8 novembre.
Afferma giustamente Hassan: “O
ggi ci sono 500.000 senzatetto per le strade degli Stati Uniti e il loro tasso di mortalità è salito alle stelle. Ci sono anche due milioni di prigionieri su un totale di undici milioni in tutto il mondo. Il tasso di povertà infantile è del 17%, uno dei più alti del mondo sviluppato secondo il Columbia University Center on Poverty and Social Policy. L’imperialismo sta distruggendo gli Stati Uniti dall’interno e non ha impedito ai due grandi rivali, Russia e Cina, di conquistare potere. Questo aumento di potere indebolisce le posizioni dell’imperialismo statunitense nel mondo”.
Un mondo è al crepuscolo, un altro sta sorgendo sullo sfondo di uno scontro sempre acuito tra un blocco euro-atlantico ed i suoi satelliti ed uno euro-asiatico in formazione.
Ai comunisti che lavorano dentro lo sviluppo delle contraddizioni in Occidente, “per linee interne” al movimento di classe – a volte tutto da ricostruire – si apre nuovamente la possibilità di giocare un ruolo nella Storia, con la S maiuscola e lasciarsi dietro le spalle le proprie sconfitte..
Si pone nuovamente l’attualità della Rivoluzione in Occidente e dello sviluppo del Socialismo nel XXI Secolo, se non si viene schiacciati dalle chiacchiere dei ciarlatani al soldo degli apparati ideologici dominanti.
L’ex diplomatico etiope, specialista di geopolitica, analizza le ripercussioni della guerra in Ucraina, che segna una svolta storica. In che modo gli Stati Uniti hanno perso influenza? Perch
é l’Africa si oppone alle potenze occidentali? Quale futuro per l’Europa? Che ruolo possono avere i lavoratori?
In La strategia del caos Mohamed Hassan aveva parlato della transizione verso un mondo multipolare. Undici anni dopo, quella che ai tempi era solo la prefigurazione di una tendenza, ora è una realtà in atto, ed in questa intervista ne fa un bilancio.”

Il testo integrale dell’intervista è qui.

Il gruppo musicale sloveno Laibach rende omaggio al cantautore Leonard Cohen (1934-2016), reinterpretando una sua canzone pre-apocalittica denominata The Future, risalente al 1992. Questa versione rende chiaro che il futuro previsto da Cohen assomiglia moltissimo al nostro presente.

Dis-servizi discreti

Questo libro tenta di ricostruire l’evoluzione del sistema criminale integrato e di offrire al lettore la possibilità di studiare i meccanismi fondamentali sui quali si basa oggi il mondo delle relazioni internazionali.
L’Italia è un narcostato deviazionista, governato da un sistema illecito di potere che prende il nome di ”sistema criminale integrato”. Detto sistema è composto da servizi segreti, massoneria e criminalità organizzata.
Dagli omicidi di Falcone e Borsellino, il ”sistema Italia”, concernente finanza e mega aziende di Stato (al tempo ENI, Telecom e Finmeccanica), ha utilizzato le mafie, in primis la ‘Ndrangheta, per espandere la propria egemonia e rafforzare i rispettivi mercati, in un contesto di competizione atlantico e globalista.
La ‘Ndrangheta, così come i vari associazionismi criminali, è diventata massoneria oltre che proiezione della nostra intelligence, arrivando a conquistare competenze in materia d’antiterrorismo, di gestione delle emergenze sanitarie e della vita pubblica.
Le istituzioni e la politica hanno ceduto il passo al sistema criminale integrato, allo stesso modo dei principali Paesi europei appartenenti al blocco atlantico. L’Italia, tuttavia, conserva (per ora) una peculiarità: la ”Cosa Nuova”, l’entità criminale risultante dall’unione di tutti gli associazionismi per delinquere nostrani, è autonoma ed è gelosa delle sue prerogative, tanto da scontrarsi apertamente con l’intelligence degli Stati Uniti.

***

A seguire, un’estratto dall’intervista introduttiva all’autore Chris Barlati, contenuta nel testo.

Perché hai deciso di scrivere questo libro?
Sono oramai diversi anni che raccolgo informazioni. Forse quattro, non ricordo bene. Ho seguito da vicino le vicende di mafia, nello specifico di Cosa Nostra. Il primo lavoro è stato una tesi di laurea, in cui ho trattato la transizione della Prima Repubblica verso la Seconda, con un focus specifico su Mani Pulite e Tangentopoli. Ho potuto conoscere tanta gente e ascoltare tanti politici oltre che agenti speciali, giornalisti e massoni.
Col tempo ho iniziato a indagare per conto mio. Volevo scoprire chi avesse ucciso Falcone e
Borsellino, e credo di essere arrivato a una conclusione. Nomi e cognomi dei colpevoli sono tanti, poiché parliamo di una decisione imposta dall’alto, inevitabile, di cui erano consapevoli le stesse vittime, e che ha conosciuto l’approvazione, o meglio la tacita accettazione, di un numero incalcolabile di individui.

Chi sono i principali responsabili?
I colpevoli non sono solo gli apparati dei Servizi italiani, quelli che hanno premuto il bottone del dispositivo che fece saltare in aria, nei pressi di Capaci, un pezzo dell’autostrada A29. E non sono nemmeno gli ”utili idioti” dei corleonesi, un branco di esaltati ignoranti, manipolati a piacimento dalla massoneria angloamericana. I veri colpevoli sono gli Stati Uniti, che hanno preso accordi con l’intelligence italiana.
Più che intelligence, è corretto utilizzare la definizione di sistema criminale integrato (abbreviato SCI), poiché l’attentato vide il coinvolgimento delle imprese di Stato, del mondo della finanza, della politica e dell’economia (il famoso filone del Gruppo Ferruzzi). Anche la definizione di ”Servizi Segreti” non è corretta, poiché parliamo di una sezione maggioritaria che prese il nome di Falange Armata, e che agì di concerto con la criminalità organizzata e la massoneria ai danni dello Stato della Prima Repubblica, e per mero tornaconto corporativo/personale.

Insomma, un ”deep state” italiano?
Esatto.

Che ruolo ebbero Berlusconi e Andreotti?
Berlusconi poco c’entra in tutta questa faccenda, poiché il Cavaliere venne obbligato da Craxi a
”scendere in campo” per arrestare le rivendicazioni autonomiste della Falange. I politici della Prima Repubblica, in primis Andreotti, tentarono di mediare, di rimanere al potere, di impedire alla finanza statunitense ed alla CIA di imporre i propri uomini.
Inizialmente, dopo la caduta del muro di Berlino e l’inizio di Mani Pulite, i politici della Prima
Repubblica tentarono di eliminare l’apparato atlantico-mafioso, di smobilizzarlo, per ricostruirsi una verginità mai posseduta, ma quest’ultimo reagì. Andreotti si servì di Falcone, e Falcone ne era consapevole. Il sistema criminale integrato italiano era troppo grande, e non voleva farsi da parte, e contrattaccò imponendosi come potere decisionale, sentendosi tradito sia dalla propria classe politica che dall’intelligence statunitense (per le quali il Sistema criminale aveva trafficato). Vi sono anche ragioni storico-politiche internazionali che favorirono l’ascesa al potere non solo dell’intelligence italiana, ma di una sezione ben specifica che io chiamo Disservizio.
Il piano originario della massoneria, di cui faceva parte Cosa Nostra, prevedeva l’indipendenza del Sud Italia. Un piano del genere non poteva avvenire senza un consenso d’oltreoceano, essendo le basi NATO del nostro Meridione le più importanti del bacino Mediterraneo.
L’accordo tra Falange e massoneria statunitense (democratica e repubblicana) avrebbe previsto la divisione in due dell’Italia:
• Al Nord la finanza (massoneria democratica) avrebbe privatizzato le imprese e conquistato il
territorio sino a Roma.
• Al Sud l’apparato criminale (massoneria conservatrice), il Disservizio, avrebbe trasformato la
base dello Stivale nell’oasi della criminalità internazionale. Un piccola Svizzera, con paradisi
fiscali e assenza di qualsiasi codice punitivo antimafia.
Andreotti cercò di mettere insieme ciò che rimaneva della Prima Repubblica e di salvarne l’eredità (la politica dell’amante araba e dell’ipocrisia di Stato). Fu così che i vecchi dinosauri della Prima ora occuparono i ruoli ”strategici” nella gestione dei relativi mercati ”strategici”: Cossiga, D’Alema, De Gennaro, Violante, Scotti, ecc… . Ritroviamo detti personaggi alla guida delle mega aziende di Stato (Violante), nella vendita di armamenti e tecnologie ai paesi in via di sviluppo (D’Alema), e nella formazione universitaria del personale d’intelligence (Scotti).
Quelli che furono, e che per certi aspetti rimasero, alla guida del Paese, subito dopo Mani Pulite,
possiamo oggi definirli come i ”sopravvissuti”. Costoro, nonostante le passate differenze ideologiche, lavorarono armonicamente per garantire, nei limiti del possibile, l’interesse dei grandi marchi italiani e lo sviluppo della grande finanza di Stato, seppur in un marco chiaramente di matrice democratica, europeista ed atlantista.
Per ritornare al nostro discorso, il Divo Giulio tentò di resistere e di mitigare il trapasso verso un mundus novus; seppure Mani Pulite e Tangentopoli spazzarono via, senza alcuna pietà, DC e PSI. La politica della Prima Repubblica, nella sua componente fondamentale, dovette forzosamente scendere a compromesso con la Falange. Gli uomini di Andreotti, come il noto faccia da mostro, giocarono un ruolo prioritario nell’omicidio di Falcone e Borsellino, e non per chissà quale trama andreottiana, ma perché i due giudici eroi dovevano morire, proprio come Aldo Moro, per ordine d’oltreoceano.
I Servizi e gli USA avevano già deciso l’eliminazione di Falcone, e Andreotti dovette dar prova di
fiducia, crudeltà ed efficienza, così da spaventare e allo stesso tempo compiacere gli Stati Uniti. La bomba di Capaci manifestò la potenza che avrebbe potuto scatenare la Falange, la quale avrebbe potuto colpire, all’occorrenza, anche le basi NATO presenti in Sicilia e nel resto d’Italia.
Fu così che venne sancita la triangolazione tra Servizi Segreti italiani, la Seconda Repubblica e gli Stati Uniti d’America, suggellata con il sangue del giudice e della sua scorta.
Quello stato di deterrenza si mantiene ancor oggi. Più o meno.

Perché questo titolo? Cos’è il Disservizio di cui parli?
Dis-Servizio discreto fa riferimento a due concetti: il primo è quello di ”Servizio”. Il secondo è quello di ”segreto” (nel senso generico di segretezza).
Un Servizio è tale se agisce unicamente in funzione dello Stato. Poniamo un esempio.
Un uomo delle istituzioni, al pari di un pompiere, un carabiniere o un medico, attua, il più delle volte, con azioni violente per proteggere l’individuo e la collettività:
• In caso di incendio, un pompiere può e deve abbattere la porta di ingresso di una casa per
salvare il proprietario dalle fiamme e da morte certa.
• Un medico, nell’operare in condizioni di urgenza, deve lacerare le carni del paziente, strapparne gli indumenti, dunque danneggiare irreversibilmente la proprietà, l’estetica e l’integrità dei tessuti per evitarne il decesso.
• Un carabiniere, in caso di indiscutibile pericolosità, deve poter aprire il fuoco ed uccidere un
pericoloso delinquente.
Nessuno mai oserebbe denunciare un pompiere o un medico per avergli arrecato un ”danno”. A morte certa viene sempre preferito il male minore, sia esso una porta, una cicatrice o l’eliminazione di un pericoloso criminale.
La necessità muove l’azione di suddetti organismi dello Stato, e lo stesso vale per i Servizi. Non è la legalità, pertanto, il fondamento che giustifica l’operato dell’intelligence, ma la necessità che molto spesso, o quasi sempre, travalica i confini del legale, con omicidi, traffici e depistaggi di varia natura.
Qualora simili interventi vengano compiuti per il bene dell’Italia, si può parlare di Servizio vero e proprio, nel senso anche letterale di prestazione offerta nei riguardi del singolo e della collettività (appunto, servizio di pubblico interesse). Laddove le menzionate gesta danneggino la sovranità, l’autonomia e gli interessi dello Stato, non possiamo definire l’organismo in questione come un Servizio, ma l’opposto: un Disservizio. Un tumore, che divora dall’interno il Paese e le istituzioni al pari di un parassita.
Per quanto concerne il secondo punto, il concetto di segreto, dobbiamo dichiarare che un Servizio, in quanto tale, non può essere completamente ”segreto”. Se così fosse, sarebbe pericoloso, inservibile e alienato da ogni realtà. Un Servizio deve godere di canali di comunicazione con la politica, la società e il mondo esterno, poiché il suo compito principale è la raccolta informazioni, che consente l’intervento tempestivo delle autorità in caso di immediato pericolo.
Un certo grado di riservatezza è, quindi, necessario per la sicurezza dell’Istituzione e il benessere dei cittadini. In virtù di ciò, si giustificata l’apposizione del segreto di Stato.
Se non assolutamente occulto, un Servizio, per prestare un efficace ed efficiente ‘servizio’ alla
comunità, deve essere ”discreto”, in altre parole contenuto, moderato, conoscitore dei limiti, non invadente, presente e attivo nella prevenzione delle catastrofi.

E con rispetto a quanto accaduto in Italia?
Il Disservizio italiano, per dirla in breve, è il contrario del Servizio Segreto. E’ la parte militare del sistema criminale integrato, ed agisce non per la tutela dello Stato ma per la sua distruzione.
Arrivati a questo punto, dobbiamo introdurre il concetto di sistema criminale integrale di cui è parte il Disservizio, e che è composto da criminalità organizzata, massoneria ed intelligence. Detto così può sembrare strano, ma bisogna analizzare le tre componenti per capire di cosa si tratti.

Prego.
Nel libro inizio parlando del processo ‘Ndrangheta Stragista, nello specifico del primo grado di
giudizio, con alcuni brevi riferimenti ad altri processi ed inchieste. La storia della ‘Ndrangheta è esemplificativa di come un’organizzazione criminale organizzata raggiunga lo status di massoneria e poi, legalizzandosi, di potere decisionale. Per molti aspetti, la storia dell’Onorata Società è analoga a quella di Cosa Nostra statunitense che, da organizzazione malavitosa partita dalla Sicilia, arrivò negli Stati Uniti divenendo il fulcro della finanza criminale occidentale di Wall Street.

Cosa c’entra la criminalità organizzata calabrese con il Disservizio italiano?
Nella prima parte di questo libro parlerò del ruolo assunto dalla ‘Ndrangheta dopo gli anni della guerra allo Stato (guerra mossa dalla Falange contro la morente Prima Repubblica). Perdonerai la pretesa di verità delle mie affermazioni, ma vi sono circa 400 pagine per convincersi della validità delle argomentazioni a supporto delle mie tesi.
Dopo che Cosa Nostra agì per destabilizzare ciò che rimaneva della Prima Repubblica, la ‘Ndrangheta acquisì poco a poco il ruolo della Mano Nera. L’organizzazione calabrese venne iniziata nella massoneria democratica di stampo europeista e si trasformò in una mafia finanziaria legata alle grandi imprese di Stato quali Telecom, Finmeccanica ed Eni. La ‘Ndrangheta, in poche parole, seguendo una tendenza internazionale, si trasformò nel braccio armato dello Stato; di quello Stato oggi espressione dei granchi marchi privati, anima e corpo dei mercati strategici: petrolio, armi e telecomunicazioni.
Con la caduta del muro di Berlino, cambiò il paradigma della gestione della vita. La politica fu
sostituita dall’economia e con essa i principi condizionanti della società. Si inaugurò l’avvento di un mundus novus che avrebbe dovuto unire non solo la Germania, ma l’intera Europa sotto il comando di una finanza statunitense ed un esercito a stelle e strisce.

(…)

Ritorniamo al discorso ‘Ndrangheta e intelligence.
Nel secondo dopoguerra, Cosa Nostra gradualmente assunse funzioni di intelligence, trafficando uranio ed equipaggiamenti per conto dei Democristiani in Medio Oriente o nei paesi sotto embargo come l’Iran. Attualmente, la ‘Ndrangheta è una sezione autonoma, parte integrante del sistema criminale integrato italiano, che vede la partecipazione delle aziende di Stato e delle sezioni di intelligence ”formali”. Ritroviamo la ‘Ndrangheta nelle truffe Telecom, in Africa nelle miniere di uranio, diamanti e nei pozzi petroliferi dell’Eni, sino ad arrivare al finanziamento dei guerriglieri nel Continente nero per sottrarre risorse ad Inglesi e Francesi (i peggiori terroristi di sempre).
La notizia più sconcertante degli ultimi mesi ha riguardato il boss ”Brendo”, narcotrafficante bulgaro legato alla ‘Ndrangheta, condannato a 20 anni di carcere in Italia. Il criminale in questione ha ricevuto da Zelensky la cittadinanza ucraina, che gli ha garantito la mancata estradizione e la latitanza.

Spero di aver capito bene. La ‘Ndrangheta è una sezione dei nostri Servizi Segreti che agisce con funzioni di politica estera?
Assolutamente, sì. Oltre ad essere anche massoneria europeista e democratica (in buona parte), la ‘Ndrangheta condivide affiliazioni, addestramento e modus operandi delle associazioni Stay Behind. Le consorterie criminali da tempo si sono unite in un’unica entità, e ciò non è passato inosservato. Non si parla più da decenni di singole organizzazioni siciliane o calabresi, ma di una Cosa Nuova: un livello unicamente massonico.
Seppur formata da correnti alla volte in conflitto, la Cosa Nuova è viva e uno dei suoi capi dovrebbe essere Matteo Messina Denaro.

(…)

Il Disservizio è una realtà prettamente italiana?
Il Disservizio e il sistema criminale integrato esistono in tutti i maggiori paesi atlantici. In Italia, Stato e Sistema criminale sono due entità diverse, nei paesi del Nord Europea, invece, sono una cosa sola (notiamo una comprovata tendenza verso la reductio ad unum). Germania, Olanda e Belgio sono narcostati privi di definizioni antimafia, dove i loro servizi segreti si occupano, alla luce del sole, dei traffici internazionali di droga ed armi. A differenza di casa nostra, la loro classe politica evita direttamente di parlarne, la magistratura non procede a giudizio per mancanza di leggi, e i loro corpi di polizia ne sono consapevoli ma non si oppongono.
E’ possibile constatare le mie affermazione in vecchi giornali e articoli in lingua olandese e francese, ovviamente riportati a mo’ di fonte nelle pagine del libro, caduti nel dimenticatoio.
Molti credono che l’Italia sia un paese di fessi. Non lo dubito. Ma nulla da togliere alle popolazioni del Nord, rovinate da molti più anni e in modo irreversibile.
La loro popolazione non reagisce, poiché totalmente inebetita dalla televisione, da un’inesistente educazione e da costumi sociali volti all’utilizzo di droghe ed alcol. Mi spingo oltre: nemmeno conoscono cosa sia la mafia. La degenerazione raggiunta in termini di sviluppo dell’intelletto è
devastante. Malgrado studi e statistiche manipolate (prive di fondamento), basta dare una rapida lettura alle cronache di questi paesi per fasi un’idea della follia raggiunta. Succedono cose allucinanti, da ”favela” dell’America Latina.
Lo stesso copione si sta attuando anche qui in Italia, e sta funzionando alla grande.

Alcuni esempi concreti?
In Francia non esiste la definizione di mafia o di associazione per delinquere organizzato. Lì troviamo l’espressione ”banditismo”, che fa riferimento a sodalizi dis-organizzati accomunati esclusivamente dalla caratteristica di commettere una serie di reati in quanto tali. Per i francesi la mafia è tale solo in Italia, poiché in Francia i diversi gruppi criminali (stando alla loro opinione) sarebbero privi di coordinazione. Chi conosce un minimo le cronache d’oltralpe sa che tutto ciò non è vero, poiché la storia dei marsigliesi, della criminalità parigina e della Corsica lo dimostra.
La classe dirigente francese è riuscita ad eliminare dalla memoria e dalla coscienza dei cittadini le menzionate vicissitudini, con un lavoro di manipolazione del pensiero devastante.
Dal punto di vista istituzionale, la Francia scende quotidianamente a patti con la criminalità africana e marocchina. Non esistono corpi speciali antimafia e le relazioni documentali dei rispettivi corpi di intelligence sono riservati (le relazioni, invece, della nostra DIA sono pubbliche). Qualora qualche giornalista insorga, si nega prontamente l’evidenza, si accusa di complottismo, si cambia discorso, o si denuncia l’autore ribelle. Eppure, non mancano inchieste di corruzione che investono l’Eliseo ed i corpi di polizia.
In Germania le istituzioni denunciano e condannano per calunnia chi osa parlare di mafia, e si è arrivati, nientemeno, a negare la Strage di Duisburg, eseguita dalla ‘Ndrangheta nel 2007, definita a più riprese come una mera fantasia della stampa italiana. La Germania ha un patto con la ‘Ndrangheta, e poco a poco anche i giornalisti antimafia tedeschi hanno iniziato a capirlo.
Nel Regno Unito, in termini antimafia e di prevenzione degli illeciti, siamo ai limiti del ridicolo. Bambini di due anni aprono aziende che sono intestate a loro volta a persone che ancora non sono nate. ”Alì Babà”, ”Il ladro di galline”, ”truffatore” sono solo alcuni dei nominativi che ritroviamo nelle documentazioni ufficiali, necessarie per aprire un’impresa e riciclare denaro. Documentazioni che, badiamo bene, non vengono passate al vaglio dei controllori poiché fondate sulla ”buona fede”.
In Olanda e Belgio non ne parliamo. Meglio leggere direttamente quello che è riportato nei capitoli del mio libro, sennò non mi credete.

Ci sono prove di tutto ciò?
Assolutamente, sì. Vi sono autori che ne parlano da decenni, collaboratori di giustizia e una pletora di prove, documenti, testimonianze ed inchieste internazionali, che coinvolgono diversi Paesi e istituzioni. Il problema è un altro: se non esistono leggi e qualsiasi condotta viene permessa, come si può combattere il fenomeno mafioso?
In Belgio e Olanda non si contano gli scandali di corruzione concernenti le autorità di intelligence; e la parola mafia non viene mai citata. Quando si indaga su di un presunto associazionismo mafioso, arriva il fermo dagli uffici centrali con la giustificazione istituzionale di ”mancanza di interesse nazionale”. Te lo dicono pure in faccia che a loro la mafia non interessa. Anzi, le conviene. Poiché sono soldi che vengono investiti nelle loro banche e nelle loro economie.
Una piccola puntualizzazione. All’estero vengono preferiti gli immigrati agli autoctoni, poiché
facilmente manipolabili. E se si parla di organizzazioni criminali, ecco che si viene accusati di
razzismo.
Vi sono casi di minacce, censure e licenziamenti che hanno riguardato politici e giornalisti che hanno osato denunciare summenzionato degrado. Parliamo di esponenti politici di sesso femminile e di fede musulmana che sono stati accusati, in Olanda, di razzismo, e che sono state costrette a lasciare il Paese a causa di un accanimento delle istituzioni, che ha messo più volte a repentaglio la loro vita.
In Italia il modus operandi degli Stati del Nord si sta implementando inesorabilmente. Anche con la costituzione di una legione straniera di criminali provenienti prevalentemente dalla Nigeria.

E meno male che eravamo noi i mafiosi. In questo libro, comunque, sembra che tu prenda in
analisi solo la parte berlusconiana, per così dire, del sistema criminale integrato. Per quale
motivo?
La vera mafia oramai gravita attorno a ciò che si definisce erroneamente ”la sinistra”. Il Partito Democratico, Magistratura Democratica, ONG immigrazioniste, stampa e comunicazione de
benedettiana: sono loro il vero sistema criminale integrato proiezione degli Stati Uniti. Sono loro, o meglio i loro precedessori, che hanno ammazzato Falcone e Borsellino. Proiezione di questa corrente è Giorgio Napolitano, il nuovo referente del patto transatlantico tra Italia e Stati Uniti, uomo della CIA in Italia e primo massone comunista a volare negli USA con il visto presidenziale.
Non è un caso che, in materia di patto tra Stato e Mafia, Berlusconi e Napolitano siano alleati nella contro i giudici del processo sulla ”trattativa”; ed efferati nemici in politica nazionale.

Come te lo spieghi?
Ala conservatrice e ala progressista hanno pattato con i Disservizi italiani. Se uno dei due parla troppo e non sta ai patti, iniziano gli attentati. Il caso italiano andrebbe studiato bene, poiché permette di desumere delle leggi universali inerenti l’utilizzo di determinati mercati illeciti per l’avallo di operazioni parastatali. Berlusconi e la sua squadra sono partiti dal basso, per poi ascendere poco a poco competendo con un altro sistema criminale integrato, quello che direzionò gli omicidi di Falcone e Borsellino, e che possiamo ricollegare all’espressione democratica e sionista di Carlo De Bendetti, la tessera numero uno del Partito Democratico (la sigla ”democratico” ricorre sempre come definizione distintiva).
Il primo sistema criminale integrato in quanto tale, di natura finanziaria, è stato quello della mafia italoamericana. I mafiosi degli anni ’70 avevano raggiunto la perfezione: avevano legalizzato le loro strutture ed erano entrati nelle amministrazioni presidenziali passando per Wall Street. Le famiglie italoamericano agivano come veri e propri istituti di credito, ed avevano un potere lobbystico impressionante.
Cosa Nostra italiana, invece, raggiunse il livello finanziario grazie al mafioso e massone Stefano
Bontade, che venne ucciso da Totò Riina quando quest’ultimo decise di rubargli i contatti di cui
disponeva all’interno della massoneria. Un’informazione che pochi conoscono è che i vertici della ‘Ndrangheta appartenevano a Cosa Nostra, come quelli della Camorra, i particolare i casalesi, i cui massimi esponenti erano tutti membri di logge massoniche coperte.
Berlusconi fa la sua comparsa quando questo sistema misto di criminalità decide di prendere il potere, tradito sia dagli Stati Uniti che dai politici della Prima Repubblica.

Ci si attiva per l’indipendenza del Sud Italia, ma ecco che si arriva ad un accordo.
Piano originario della CIA era l’eliminazione del sistema criminale italiano, da sempre troppo
autonomo e imprevedibile, ma Cosa Nostra seppe giocare la carta della destabilizzazione delle basi NATO, che avevano il loro centro nevralgico in Sicilia, hot spot delle comunicazioni di tutto il
Mediterraneo. Alla Falange, pertanto, venne affidato lo status di curare l’intelligence, la futura
protezione dal terrorismo, nonché i mercati della droga e dell’immigrazione.
Berlusconi ebbe il compito di mediare tra la Falange Armata e la politica della Prima Repubblica, e ci riuscì, diventandone il referente. Ecco il famoso patto tra Stato e Mafia, meglio noto come ”accordo tra sistema criminale integrato, intelligence panmediterranea e statunitensi”.

(…)

Qual è la situazione attuale?
L’Italia è un narcostato e il Disservizio non sembra molto felice di muover guerra alla Russia.
Esistono legami tra il Disservizio e i mercati strategici russi (come per tutti del resto), ma, allo stesso modo, dalla guerra e dall’impoverimento del nostro Paese la super struttura criminale ha solo da guadagnarci, come dal contrabbando di armi che vengono inviate da Mario Draghi in Ucraina.
Concludendo, alcuni autori locali siciliani si sono attivati nel denunciare una presunta e remota
possibilità che gli abitanti/criminalità dell’Isola, a causa delle alte temperature e del cambio climatico, potrebbero perdere la testa, chiedere armi a Putin ed iniziare un conflitto per l’indipendenza della Sicilia.
Quanto enunciato può sembrare un sintomo inequivocabile di pazzia, ma ci sono articoli consultabili in internet che riportano esattamente ciò che vi sto raccontando. Dette ”pazzie” altro non sono, stando a scienza d’intelligence e antimafia, che un messaggio rivolto alle organizzazioni criminali; messaggio che le intima ad occuparsi solo ed esclusivamente di contrabbandare armi in un’unica direzione, pena nuove confessioni di collaboratori di giustizia, blitz ed arresti improvvisi. Personalmente, interpreto il tutto come un avvertimento diretto a Cosa Nostra più che a Cosa Nuova nella sua totalità, considerate le passate distensioni del Movimento 5 Stelle nei confronti di Matteo Messina Denaro e del sistema criminale integrato.

Pronostici per il futuro?
L’Italia è condannata ad essere un narcostato per colpa degli Stati Uniti, che hanno creato e finanziato dalla Seconda guerra mondiale ad oggi una contraddizione di per sé già esistente, per limitare la sovranità italiana e la realizzazione di una vera democrazia (i numerosi patti tra USA e mafia).
In questi ultimi anni, il governo 5 Stelle ha stipulato da qui al prossimo futuro l’acquisto di numerosi aerei spia statunitensi, dotati di programmi di spionaggio israeliani, che dovrebbero viaggiare ininterrottamente 24 ore al giorno per intercettare e decriptare informazioni di natura digitale al fine di prevenire eventuali minacce terroristiche. Allo stesso tempo, i 5 Stelle sono stati i primi ad aprire le porte al 5G cinese.
Ex esponenti dei mondi massonici conservatori li ritroviamo a scrivere articoli contro succitata totale acquisizione dei mercati di intelligence da parte degli israeliani, ma non per ciò che attiene il 5G, attaccato da altri schieramenti (un assurdo controsenso).
L’Italia sarebbe dovuta diventare il punto di equilibrio iperbolico delle relazioni internazionali in termini di spionaggio tra Oriente e Occidente, come dimostra il livello estremo di contraddizioni raggiunto tra strutture democratiche e conservatrici, amiche e nemiche, a seconda delle circostanze, di Russia e Cina.
Questo bilanciarsi venne meno con Mario Draghi, che impose di fatto l’esclusivo controllo degli
apparati italici in direzione della sezione democratica statunitense.
Non vedo futuro, a meno che non si decida di occupare le basi NATO. Ma credo che prima salteranno in aria il Colosseo e la Torre di Pisa. Vox populi sostiene che i missili nucleari israeliani siano puntati sui nostri patrimoni storici e artistici. Che speranza possiamo mai avere di essere liberi?
Solo con la conquista dell’Europa e del mondo da parte di Cina e Russia potremmo sperare nella costituzione di un governo sovrano e indipendente. O almeno, nel peggiore dei casi, in una condizione di dignitosa sottomissione.

Guerra climatica


Di Peter Koenig*, per globalresearch

“Chi controlla il tempo controlla il mondo” – Lyndon B. Johnson, 1962

Quello che stiamo vedendo in questi giorni con l’uragano “Ian” che devasta i Caraibi, le coste della Florida e l’entroterra, poi fino alla Carolina del Sud, causando la massiccia distruzione di infrastrutture, di terreni coltivati, la morte di animali e persone, così come la cancellazione di tutti voli da New York alla Florida, questo è uno stato di guerra.
È chiamato anche geoingegneria.
Negli ultimi due anni è diventato un luogo comune.
“Scie chimiche”, il termine ormai comune con cui si indica l’attività di spruzzare letteralmente nell’alta atmosfera tonnellate di decine di migliaia di particelle chimiche differenti da parte degli aeroplani, è diventato una tecnologia coperta da centinaia se non migliaia di brevetti. Non solo brevetti statunitensi. Brevetti da Paesi di tutto il mondo.
Lo sapevate che la Spagna insieme a oltre 50 Paesi stanno attualmente svolgendo “attività per cambiare artificialmente il clima”? Lo ha detto di recente l’agenzia meteorologica spagnola AEMET e parla di “scie chimiche di condensazione” o “scie chimiche”. Vedetevi questo.
Per avere un quadro completo su cosa si basa la geoingegneria, la sua storia – risalente almeno al 1947, probabilmente anche più indietro – il suo background scientifico, la segretezza – e la potenza – potenza bellica, letteralmente da usare per la guerra meteorologica, dovreste guardare The Dimming.
La geoingegneria potrebbe essere simile al Progetto Manhattan (Progetto Manhattan era il nome in codice dello sforzo guidato dagli Americani per sviluppare un’arma atomica funzionale durante la seconda guerra mondiale).
Secondo le stazioni meteorologiche della Florida, Ian è il peggior uragano che ha colpito la Florida da decenni, probabilmente da sempre.
La devastazione di Ian – la cui portata non può ancora essere misurata – sta lasciando dietro di sé danni, che potrebbero richiedere anni di lavoro per la pulizia e la ricostruzione.
Guardatevi questo video rivelatorio di 3 minuti.
Come l’estate calda e secca – in Europa e Nord America quasi due mesi senza una goccia di pioggia e temperature record – uccide i raccolti, gli animali, le scorte di cibo, persino le persone, le persone vulnerabili al caldo e i poveri. I poveri sono sempre in prima linea ad essere colpiti e feriti dalla miseria.
Naturalmente, lo scenario si inquadra perfettamente negli obiettivi del Great Reset e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Si adatta al quadro generale, che non dovremmo mai dimenticare, quando guardiamo ai singoli eventi catastrofici. Tutto quello che dobbiamo fare è unire i puntini.
In una conferenza a Davos, in Svizzera, alla fine di agosto 2022, un professore di meteorologia di una delle più importanti università tecniche d’Europa, si è rivolto al pubblico dicendo: “Non c’è bisogno di dirvi che il nostro clima è progettato a tavolino. È ovvio. Ma vi spiegherò come si fa”.
Quindi proseguì spiegando i diversi processi, le migliaia di differenti sostanze chimiche che vengono rilasciate nell’atmosfera, cosa fanno – e come vengono brevettate – e come queste particelle velenose, molte contenenti metalli pesanti e sostanze chimiche tossiche, finiscono nei corsi d’acqua, laghi e falde acquifere. Si sta utilizzando il clima per scopi militari. La sua devastazione potrebbe essere distruttiva quasi quanto una bomba nucleare. Forti tempeste, siccità, alluvioni, freddo – bufere glaciali – e altro ancora possono essere applicati in qualsiasi parte del mondo.
Con la propaganda massiccia e implacabile dei “Verdi” sarà semplicemente attribuito al “cambiamento climatico”. La gente spaventata e indottrinata – ancora una vasta maggioranza – non metterà in dubbio il motto del cambiamento climatico. Annuisce e accetta, e spera di poter sopravvivere e ricostruire. Coloro che perdono i propri cari, daranno la colpa al “cambiamento climatico” provocato dall’uomo.
Sì, è provocato dall’uomo. Ma non ha nulla a che fare con il “rilascio eccessivo di anidride carbonica”, o CO2. È la geoingegneria climatica trasformata in un’arma da guerra mortale. Vedetevi questo.
In molti luoghi, o in interi Paesi, in quest’estate del 2022 l’acqua è stata razionata.
Ingiustamente, perché ci sono stati anni nella storia recente, in cui le falde acquifere erano più basse in tutta Europa e Nord America, e nessun razionamento di acqua era capitato.
Il razionamento dell’acqua è una tattica intimidatoria. Tutti sanno che l’acqua è essenziale per la vita. Il razionamento diffonde paura e incita sottomissione alle autorità che decidono sul vostro accesso all’acqua. Fa parte dell’allarmismo, assoggettare le menti della gente in una dipendenza dall’autorità.
Le autorità vi permetteranno di utilizzare o meno acqua e/o energia e/o cibo. Vi è stato detto che ci sono scarsità. Queste scarsità saranno accompagnate da altre scarsità. Stanno provocando panico e carestia, in particolare nei segmenti vulnerabili della popolazione.
Nessuno vi dice che tutte queste scarsità – per lo più incolpando la Russia al posto loro, in modo falso ovviamente – sono create artificialmente – tutte con lo scopo di controllare l’umanità – il programma del Great Reset del Forum Economico Mondiale, alias Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
La combinazione di tutto questo, comprese le precedenti dosi multiple dei velenosi vaccini a mRNA, indebolendo il sistema immunitario umano, può anche causare enormi morti per carestia, una moltitudine di malattie e cause legate alla miseria, inclusi suicidi in aumento massiccio, ma non riportati.
Ancora una volta, nessuno ve lo dice – queste sono scarsità artificiali, scarsità arbitrarie create dall’uomo con lo scopo di creare danni, gravi danni – e fare avanzare l’agenda eugenista del Reset.
Il punto è che la geoingegneria è avanzata a un livello in cui Washington può facilmente dire “entro il 2025 possiederemo il clima”. Vedetevi questo e questo.
Possedere il clima, per il Pentagono significa utilizzarlo per scopi bellici.
Possibilmente usandolo al posto di – o in parallelo con – armi nucleari; esplosioni nucleari mirate a piccolo raggio.

*

Solo quando una massa critica di gente sarà consapevole di ciò che sta accadendo – e di cosa ciò potrebbe significare per il futuro dell’umanità, noi, il popolo, potremo contrastare questi diabolici meccanismi di controllo di un oscuro culto e il suo obiettivo di un Ordine Mondiale – digitalizzazione totale, robotizzazione e globalizzazione della popolazione mondiale sopravvissuta.
Non lo raggiungeranno.
Perché noi umani risvegliati non lo permetteremo. Il nostro spirito, la fisica dinamica e quantistica, alla ricerca della luce, la nostra vibrazione con la luce, impediranno al culto oscuro di avere successo.

*Peter Koenig è un analista geopolitico ed ex Senior Economist presso la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dove ha lavorato per oltre trenta anni in tutto il mondo. Insegna in università negli Stati Uniti, in Europa e in Sud America. Scrive regolarmente per riviste online ed è l’autore di Implosion – An Economic Thriller about War, Environmental Destruction and Corporate Greed, e coautore del libro di Cynthia McKinney When China Sneezes: From the Coronavirus Lockdown to the Global Politico-Economic Crisis.
Egli è ricercatore associato presso il Centro di Ricerche sulla Globalizzazione. È anche ricercatore senior non residente dell’Istituto Chongyang della Renmin University di Pechino.

(Traduzione a cura della redazione)

La Russia ci minaccia!

“Oh, la Russia ci minaccia, urlano all’unisono gli organi del Minculpop! Non ci vuole più dare il gas e il petrolio, su cui noi, uomini giusti, per altro sputiamo tutti i giorni.
Noi riforniamo di armi i fascistoidi di Kiev per ammazzare i soldati russi e più che altro i civili russofili o solamente russofoni (nella sola DNR, che ha meno abitanti di Roma, in 200 giorni sono stati uccisi dai bombardamenti ucraini 369 civili di cui 19 bambini), e Putin ci taglia il gas. Cattivo, cattivo, cattivo.
In realtà il Cremlino sa che le forniture di armi della NATO all’Ucraina da un lato impoveriscono l’Occidente e dall’altro non possono spostare di una virgola l’esito della guerra: Donbass conquistato/liberato assieme a Odessa. Punto. Quel che rimarrà dell’Ucraina non avrà più sbocchi sul Mar Nero e sul mare di Azov e non avrà più risorse industriali e minerarie. Sarà un Paese dimezzato, quasi solo agricolo e per giunta con le terre arabili in mano alle multinazionali americane ed europee. Un Paese fallito.
Eppure c’era un modo per Kiev di evitare questa catastrofe. Bastava rinunciare ad entrare nella NATO e mettere in galera i caporioni nazisti. Ma questo era proprio quanto Washington gli impediva di fare, usando, per l’appunto, i nazisti come pretoriani.
Poi, ovviamente, siete liberi di pensare che Azov, Settore Destro, la Legione Bianca eccetera, non sono affatto nazisti ma combattenti per la libertà, che non leggono Hitler ma Kant (come riferisce la Repubblica) e che la svastica è solo un simbolo solare (come riferisce il Corriere della Sera).
Prima ancora, la UE avrebbe potuto evitare di esigere dall’Ucraina, per l’associazione, lacrime e sangue, i sempiterni e odiosi “aggiustamenti strutturali” che arricchiscono le élite finanziarie e impoveriscono la società tutta. Il presidente Janukovich avrebbe così potuto accettare di entrare nella UE e il pretesto per la Maidan non ci sarebbe stato. Ma tutto si tiene, volontà di potenza economica e volontà di potenza politica. I loro meccanismi si intrecciano, le cose vanno come vanno e i grandi commentatori, i grandi economisti, i grandi politologi, i grandi giornalisti fanno la figura dei cioccolatai quando non dei propagandisti e basta.
(…) L’altro giorno Maria Zacharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che gli USA stanno spingendo l’Italia al suicidio economico: E’ una cosa che tutti sanno perché si vede a occhio nudo, ma la compagnia di giro di politici e media ha dichiarato che è “una provocazione”. Anzi, qualcuno si è spinto ad affermare che l’unica possibilità per il “disperato Putin” è spaventare l’Europa.
Perché “disperato”? Perché il Rublo è ai massimi storici? Perché il saldo commerciale è ai massimi storici? Perché la stragrande maggioranza delle nazioni del mondo, tra cui le due più grandi e in ascesa, non applica le sanzioni e ha rapporti amichevoli con Mosca? Perché ha le armi più potenti del mondo? Perché col 10% delle sue forze armate sta sconfiggendo un esercito tre volte più numeroso e sostenuto da tutta la NATO?
Sono dati di fatto, sia che Putin piaccia o non piaccia. Io penso che se fossi Russo non voterei per Putin. Ma per questo devo mettermi le fette di salame sugli occhi?
Perché “disperato”? Può essere, ma vorrei vedere le motivazioni e i dati che sostengono le motivazioni. Non le urla tribali.
Ma no, non c’è niente da fare: Maria Zacharova è solo una provocatrice! Stiamo andando a gonfie vele con solo qualche difficoltà (come dice Draghi). E avremo ancor più il vento in poppa.
Come no? Già dall’autunno si vedranno sequenze drammatiche (e si capirà che tutte le rassicurazioni del governo in scadenza sono fandonie).
Il futuro governo di centrodestra se la vedrà molto brutta. La Meloni, che è la più sveglia – e anche la più seria – dei tre leader della coalizione, è preoccupata fin da adesso. Sa che avrà grossi problemi, anche interni, perché dovrà gestire un’enorme e devastante crisi e non lo potrà fare nei termini che la sua ideologia – e quella dei suoi – vorrebbe (sovranità, tradizione, ordine sociale), ma nei termini che vorranno i signori della guerra e della finanza anglosassoni e nelle circostanze sociali che si produrranno. Che saranno circostanze di duri conflitti.
Si badi bene che a causa dell’abbandono della sinistra della conflittualità sociale per sposare gli interessi dei più forti, questi conflitti avranno delle caratterizzazioni politiche inedite, non ben definite, così come inedite e non ben definite saranno le loro cause: si sta andando verso la crisi di un sistema che è stato da una parte mitizzato da cialtroni e dall’altro scarsamente analizzato in modo serio nelle sue implicazioni economiche, sociali e ideologiche.
Potremo vedere nella stessa piazza chi è incazzato perché è stato licenziato dalla fabbrica o la sta perdendo a maggior gloria della concentrazione e centralizzazione del capitale e chi è incazzato perché non può più farsi l’happy hour quotidiano. Lo si è già visto durante la pandemia. Si mischieranno ideologie e persino etiche, con quella del lavoro che rischia di essere marginalizzata.
Grande confusione, quindi, in cui si spera che qualcuno a sinistra cerchi di capire prima di proferire anatemi.
Posso anche ipotizzare che l’incarico a Giorgia Meloni sia come la briscola chiamata. Si faranno alcuni giri di prova, magari una mano, ma alla fine salterà fuori una sorta di ammucchiata Draghi allargata. Che ovviamente peggiorerà ancor di più la situazione. Ma cosa importa? A quel punto saremo bene allenati a cascare dal peskov.”

Da Cadere dal peskov, di Piero Pagliani.

Un errore strategico che mette a repentaglio i fondamenti del potere


“I principali detentori di titoli di debito USA all’estero sono Cinesi, Giapponesi, Arabi e Belgi. Il presupposto di tali acquisti è ovviamente la fiducia nelle istituzioni finanziarie americane: ed è proprio qui il punto nodale e l’errore tattico di fondo che incrina irrimediabilmente questa fiducia. E’ l’errore tattico che si traduce in disastro strategico. Immaginate che la vostra banca decida di congelare e sequestrare i vostri soldi, regolarmente depositati presso un conto corrente, perché avete preso a schiaffi il vostro vicino di casa e questi potrebbe reclamare un risarcimento danni. Certamente arriverà la Polizia per farvi smettere, e ci sarà un giudice che vi giudicherà per le vostre azioni e magari vi condannerà a un risarcimento dei danni. Dopodiché potrete fare appello contro la sentenza di condanna, e comunque per portarvi via i soldi si devono seguire certe regole stabilite dalla legge (esecutorietà dei titoli, pignoramenti, vendite forzate, eccetera). Insomma, che c’entra la vostra banca con la lite con il vostro vicino? Niente, anzi in genere le banche erano vicine ai loro clienti e cercavano di tutelarne gli interessi a tutti i costi, magari anche con comportamenti al limite o fuori dalla legge, per esempio nascondendo dietro scatole fumose i vostri soldi per sottrarli alle pretese dei terzi creditori. E invece qui, la vostra banca agisce per prima contro di voi sequestrandovi i soldi perché siete stato cattivo e perché domani potrà risarcire il vostro avversario. Se questa cosa capitasse a un vostro amico o conoscente, pensereste che non ci si può fidare di una banca così fatta e che è prudente togliergli i soldi dalle mani al più presto pere evitare che capiti anche a voi. Ora, immaginate che cosa hanno pensato i governanti di Cina, Arabia Saudita, Emirati, India e altri simili Paesi che sono gonfi di titoli del debito pubblico USA. Gli americani, ad esempio, potrebbero pensare domani che la guerra in Yemen è un crimine contro l’umanità (lo è, ma dato che finora è conforme ai loro interessi, si guardano bene dal dirlo), e sequestrare i fondi dell’Arabia Saudita depositati presso di loro. O imporre sanzioni ai Paesi dell’OPEC perché non buttano fuori la Russia dall’organizzazione o perché riducono la produzione per tenere alto il prezzo del petrolio. Il sequestro dei trecento miliardi di dollari che Elvira Nabiullina, Governatore delle Banca centrale Russa aveva (ingenuamente) depositato nelle istituzioni finanziarie occidentali fidando sul rispetto delle regole generali di fiducia tra le banche, ha scatenato il panico in tutto il resto del mondo. Ciascun Paese ha il suo “buco nero” per il quale può domani essere accusato dagli Americani e sottoposto a sanzioni ritrovandosi dalla sera alla mattina senza soldi per fare fronte alle proprie obbligazioni. Ed è cominciata non solo una lenta ma costante fuga dal dollaro, ma anche un’affannosa ricerca di un’alternativa ad esso come moneta di riferimento. Il dollaro è tuttora la moneta di riferimento per le transazioni internazionali, e non solo per le merci che provengono dagli USA, ma anche per le transazioni tra altri Paesi del mondo. Questo fatto, ovviamente, sostiene la domanda globale di dollari, ma sta venendo rapidamente meno: i paesi del BRICS stanno elaborando un sistema di pagamenti alternativi e nel frattempo un numero crescente di transazioni tra di loro viene effettuata in monete locali o in monete di Paesi amici, come il Yuan cinese, ad esempio. La facilità con cui le banche russe sono state estromesse dal sistema di pagamenti SWIFT, ha mostrato che gli Occidentali non si fanno scrupoli di utilizzare un meccanismo studiato per facilitare gli scambi mondiali come un’arma politica. Ma in fondo, lo SWIFT non è altro che un programma che può ben essere sostituito da un altro programma che sia sottratto all’uso politico di un Paese con pretese di dominazione globale. E se si riduce la domanda di dollari, c’è la conseguenza certa di un’implosione del debito pubblico americano e soprattutto del debito estero, con una forte inflazione interna e una svalutazione del dollaro e delle monete sue alleate, euro e Sterlina, soprattutto.
Aver rotto il patto di fiducia tra depositanti e banche comporta il rischio di un tracollo del sistema finanziario occidentale che si fonda proprio su questo patto di fiducia. Certamente, per comprare merci USA ed europee è necessario acquistare dollari e euro, ma anche per comprare merci cinesi o indiane è necessario acquistare Yuan e Rupie. E se le economie occidentali, sul piano finanziario valgono poco meno del 50% del PIL mondiale, esse contano per il 24% circa del PPA, ovvero del PIL per Potere di Acquisto, e il 13% circa della popolazione mondiale. E se le economie occidentali sono stagnanti o in recessione, le economie dei Paesi terzi sono invece in rapida crescita e alla fine le loro logiche finiranno per prevalere. A meno che non si faccia una guerra talmente devastante da inibire quella crescita e fondare il potere sulle cannoniere piuttosto che sulle monete. Già, appunto, la guerra.”

Da L’errore fatale del potere, di Domenico De Simone.

Un rabbino israeliano ricorda chi sono i moderni eroi dell’Ucraina

Il rabbino Mikhail Finkel è stato invitato in televisione per esprimere la propria opinione sull’attuale situazione in Ucraina. Le sue affermazioni hanno sorpreso gli intervistatori i quali supponevano che egli avrebbe coperto il regime di Kiev. Il rabbino e scienziato politico Mikhail Finkel ha deciso di ricordare ai presenti in studio che solo sotto la presidenza Zelensky, l’Ucraina ha votato contro Israele alle Nazioni Unite e firmato risoluzioni anti-israeliane in 36 occasioni. Egli ha ricordato agli spettatori che sono i moderni eroi dell’Ucraina:
“In 36 occasioni solo sotto Zelensky, l’Ucraina ha votato contro Israele alle Nazioni Unite
I loro eroi sono Petlyura, che uccise 200.000 Ebrei. Questo è Shukhevych – un uomo delle SS, questo è Bandera! Questo è Stetsko, il quale disse che tutti gli Ebrei dovrebbero essere distrutti, Yaroslav Stetsko. Questo è Khmelnitsky, che assassinò 300.000 Ebrei.
Ogni anno a Kiev, si tiene una parata della divisione SS “Galizia” e il nostro Ministro degli Esteri protesta contro di essa. Questa è gentaglia, c’è un regime neo-nazista, de jure.
Dico così, metà della mia famiglia fu uccisa da Banderisti e Petliuravisti nei progrom di Petliura!
Questi sono gli eroi dell’Ucraina, a loro sono eretti monumenti e nominate strade.
Questa non è propaganda russa, ma parole del Ministro degli Esteri israeliano. Lo abbiamo detto molte volte, il nostro ambasciatore a Kiev lo ha detto: Bandera non è un eroe, ma un criminale!
Allo Yad Vashem, ognuno può vederlo, sta scritto: collaborazionista e criminale nazista. Cercate su YouTube: Bandera è un fascista.
Non sto giustificando la guerra direttamente. Io sono contro la guerra, contro la sofferenza di civili pacifici. Ma non rappresentate quali eroi gli assassini della mia gente e della mia famiglia.
E non c’è necessità di essere in disaccordo con un grande Paese le cui basi militari sono collocate in Siria e che può rivolgere Hezbollah, la Siria, la Giordania e molti altri Arabi contro di noi in un istante e con lo schiocco delle dita”.

(Fonte – traduzione a cura della redazione)

La politica occidentale si è appropriata di 12 miliardi di dollari in oro proveniente dall’Ucraina da febbraio di quest’anno


Il regime di Kiev sta sperperando soldi e risorse e ora l’oro guadagnato da innumerevoli generazioni del popolo ucraino

Di Drago Bosnic, analista geopolitico e militare indipendente

Il saccheggio dell’Ucraina va avanti da più di tre decenni ormai. A partire dagli sfortunati eventi degli ultimi anni ’80 e primi anni ’90, il Paese è stato preso di mira da varie entità provenienti dalla politica occidentale.
L’economia, il potenziale scientifico, le risorse naturali e lo stesso popolo ucraino sono stati assoggettati a uno dei peggiori casi di sfruttamento nella storia recente. L’economia è stata saccheggiata da oligarchi corrotti, mentre il Paese pativa una grave fuga di cervelli, causando il completo degrado del potenziale scientifico che un tempo era di rilevanza mondiale, nonostante il fatto che le istituzioni scientifiche del Paese furono essenziali in imprese come l’esplorazione dello spazio, che era di primaria importanza per l’intera umanità.
Le vaste risorse naturali ucraine sono state rubate fino ad oggi, mentre la popolazione del Paese ha sofferto tremendamente essendo sottoposta a varie forme di brutale sfruttamento. Milioni di donne e ragazze ucraine sono state costrette a prostituirsi, fornendo una costante offerta di schiave del sesso per decenni. Tutto ciò ha portato a un declino catastrofico nella popolazione che è scesa dai 52 milioni del 1991 ai 41 milioni nel 2021, uno sconcertante 21% di declino demografico in appena 30 anni. E proprio come sembrava che le cose non potessero andare peggio, nel 2014 la politica occidentale intervenne e installò un governo fantoccio costituito da una miscela instabile di oligarchi corrotti e organizzazioni apertamente neo naziste, facendo precipitare il Paese in una guerra contro la sua stessa popolazione, e ponendo le basi per un conflitto con la Russia, una super potenza militare in possesso dell’arsenale nucleare più potente al mondo.
Attualmente, poiché in Ucraina è rimasto molto poco da saccheggiare, il regime di Kiev ha deciso di cedere le ultime vestigia di ricchezza nazionale: le sue riserve d’oro. Secondo Gold Seek, il regime di Kiev ha recentemente consegnato agli Stati Uniti almeno 12 miliardi di dollari di riserve auree ucraine. Sembra che quelle potrebbero essere le ultime riserve auree rimaste al Paese.
Da quando la Russia iniziò la sua operazione militare speciale a febbraio, la politica occidentale, guidata dagli Stati Uniti, si è appropriata di decine di miliardi di dollari di valuta estera e riserve auree dell’Ucraina. Dopo aver ricevuto decine di miliardi di dollari in cosiddetti “aiuti militari”, oltre a finanziamenti per le istituzioni governative, il regime di Kiev è stato costretto a rinunciare alle sue riserve d’oro come condizione per tutta l’”assistenza” statunitense e dell’UE.
L’autore del rapporto, Chris Powell, Segretario/Tesoriere del Gold Anti-Trust Action Committee Inc ha dichiarato: “Da quando, a febbraio, la Russia iniziò l’attacco sul territorio ucraino non crimeano, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno stanziato decine di miliardi di dollari in aiuti militari e umanitari all’Ucraina.
Quindi, perché l’Ucraina avrebbe necessità di vendere le sue riserve d’oro, a meno che non fosse una condizione per tutta l’assistenza statunitense ed europea, soprattutto da quando gli Stati Uniti avevano già preso in custodia l’oro ucraino?
Spogliare i feriti dei loro oggetti di valore in tempo di guerra implica avidità o disperazione – come la disperazione di mantenere basso il prezzo dell’oro per sostenere il dollaro americano e le altre valute occidentali…”.
La settimana scorsa, anche la Reuters ha riportato che il regime di Kiev ha consegnato l’oro del Paese. Secondo il rapporto, la Banca centrale ucraina ha venduto 12,4 miliardi di dollari di riserve d’oro dall’inizio dell’operazione militare speciale della Russia il 24 febbraio, ha detto il vice capo della banca il 17 luglio.
“Stiamo vendendo (questo oro) in modo che i nostri importatori siano in grado di acquistare i beni necessari per il Paese”, ha detto il vice governatore Kateryna Rozhkova alla televisione nazionale. Ha affermato che l’oro non è stato venduto per sostenere la valuta ucraina, la grivna.
Il regime di Kiev è da anni in “supporto vitale” finanziario (e sotto altre forme di supporto), poiché da quasi un decennio sta gestendo male l’economia. La politica occidentale ha ovviamente voluto assicurarsi di prosciugare l’ultima goccia di linfa vitale dello sfortunato Paese, oltre a predisporre una sorta di polizza assicurativa per garantire che i suoi cosiddetti “aiuti” non fossero forniti gratuitamente. Con la costante avanzata delle forze russe ed alleate nel Donbass, è altamente improbabile che il regime sopravviva oltre il 2022, per non parlare di prevalere, soprattutto perché i cosiddetti “aiuti militari” ricevuti si sono dimostrati efficaci solo nella guerra di propaganda.
Nonostante gli sforzi del regime di Kiev e dei media statali occidentali di dipingere le armi fornite come presunti punti di svolta, al di là di alcuni successi tattici, esse si sono dimostrate in gran parte irrilevanti.
Secondo vari rapporti, l’esercito russo ha già distrutto la maggior parte delle armi inviate dalla politica occidentale e dai suoi numerosi Stati satelliti. Oltre a sbarazzarsi di armamento vecchio e arrugginito, di cui beneficiano direttamente i complessi militari industriali della NATO (principalmente gli Stati Uniti), la politica occidentale guadagna anche l’opportunità di vendere armi più nuove, in particolare jet da combattimento, per sostituire le piattaforme più vecchie, insieme a prendersi una quota maggiore dell’immensamente redditizio mercato globale delle armi.
Ed è proprio il regime di Kiev a pagare con il denaro, le risorse e ora l’oro guadagnato da innumerevoli generazioni di Ucraini. Peggio ancora, la popolazione stessa sta pagando con il sangue, dato che gli uomini ucraini vengono essenzialmente rapiti e mandati a morte quasi certa in una lotta che non possono sperare di vincere.

(Fonte – traduzione di maurizioblondet.it rivista e corretta dalla redazione)

Colonizzatori e colonizzati


“Noi, come Italiani, o Mediterranei, dopo essere stati colonizzati dagli Angloamericani, ne abbiamo adottato lo sguardo fino ad immaginare che “noi” fossimo come loro, che fossimo noi ad avere sulla coscienza secoli di tratta degli schiavi e di sfruttamento coloniale imperialistico con cui fare i conti (innalzando un paio di patetici e fallimentari episodi in Libia e nel corno d’Africa come se giocassero nella stessa lega con i professionisti).
Nell’ultimo mezzo secolo, abbiamo adottato pienamente e senza remore tutte le dinamiche dei popoli assoggettati, fantasticando che la “vita vera” fosse quella che ci arrivava come immaginario d’oltre oceano, dimenticando tutto ciò che avevamo ed eravamo, per proiettarci nell’esistenza superiore dei colonialisti, pronti ad assumerne i peccati nella speranza che ciò ci assimilasse, almeno da quel punto di vista, al modello irraggiungibile.
Questa condizione di esistenza a metà, tremebonda e felice di essere assoggettata, ma frustrata dal nostro essere ancor sempre distanti dal modello, ha creato ondate di autorazzismo inestinguibile e ha bruciato tutte le possibilità di rinascita.
In sempre maggior misura tutta la nostra cultura, da quella popolare a quella accademica ha iniziato questo processo di mimesi, immaginando che se farfugliavamo qualche neologismo in Inglese o se ne infarcivamo i documenti ufficiali (dai programmi scolastici alle direttive ministeriali) avremmo magicamente acquisito la potenza del nostro santo oppressore.
Come Paese sotto occupazione ci siamo inventati di essere “alleati” degli occupanti, e mentre eravamo orgogliosi del nostro acume nel denunciare “governi fantoccio” in giro per il mondo non vedevamo quelli che si succedevano (e succedono) in casa nostra.
In tutta questa storia di falsa coscienza conclamata, di cui si dovrebbero narrare le vicende in un libro apposito, siamo sempre rimasti un passo al di sotto della consapevolezza di ciò che siamo e possiamo.
Oggi che gli interessi della potenza occupante danno segni di progressivo disinteresse per noi – salvo che come ponte di volo per cacciabombardieri – oggi forse si presenta per la prima volta dopo tre quarti di secolo la possibilità di uscire da questa condizione di falsa coscienza.
Tra non molto saremo forse in grado di applicare lo sguardo dell’emancipazione coloniale anche a noi stessi. Sarà una presa di coscienza dolorosa e vi si opporranno forze enormi, ma il processo è avviato e con il fatale deterioramento della situazione interna esso emergerà sempre di più.”

Da La falsa coscienza di un Paese colonizzato, di Andrea Zhok.

Sono uno stregone putinista


Il vuoto della ragione genera spettri

No: non mi degno di pugnar teco” (Mozart, Don Giovanni, Atto primo)
Dal tempo dei philosophes in poi la massima “Il sonno della Ragione genera mostri” è diventato il motto di tutti i razionalisti: lo amava molto anche Goya, ossessionato dalla tarda inquisizione spagnola. Ma oggi, in tempo di Dilettanti Inquisitori allo Sbaraglio che imperversano impuniti sui media e a quanto pare perfino in parlamento, bravissimi nel condannare e nell’additare al pubblico ludibrio senza però curarsi di argomentare la ragione dei loro autos de fe e che quindi – a dirla ancora secondo il linguaggio inquisitoriale – sono abituati a promuovere la combustione, ma molto meno a sostenere la confutazione che dovrebbe precederla, bisogna avere il coraggio di obiettare, parafrasando la celebre apocope, che “Il vuoto della Ragione genera spettri”. E se c’è uno spettro che si aggira per l’Europa, a somiglianza di quello che oltre un secolo e mezzo fa veniva denunziato da Marx e da Engels, esso è il “putinismo”: parola terribile ma contenuto labile, evanescente. Come un sudario svolazzante in sogno, appunto. D’altronde, appunto per queste caratteristiche, buono per tutte le stagioni.
Bene. Sono uno stregone putinista, un eretico russofilo, un necromante antidemocratico ed eurasiatista. Mi hanno perfino denunziato in parlamento. E sai la novità. Era già successo nell’81, quando insieme con una banda di ragazzacci che stampavano pagando di tasca loro “La Voce della Fogna”, giornaletto ciclostilato, fui additato da un gruppo di sussiegosi seguaci di Norberto Bobbio come un pericolo per la democrazia; e poi nel 2001-2003, allorché con un gruppo di scellerati guidati da Giulietto Chiesa affermai anch’io che sull’11 settembre non ce la contavano giusta e che l’aggressione all’Iraq (già: l’aggressione a uno stato sovrano, la coda della quale oggi tutti si riempiono la bocca) era una gran porcata e un maledetto imbroglio. E i parlamenti di quaranta o di venti anni fa, con tutto che non erano un granché, erano certo più decorosi dell’attuale.
Sarei quindi un “putinista”, quindi un “filorusso”, cioè in prospettiva un “traditore della patria” dal momento che lorsignori hanno deciso che siamo in guerra per quanto non osino ammetterlo, da quei pacifisti-guerrafondai che sono. Hanno scomodato i parlamentari per presentare un dossier nel quale non c’è un filo di prova, non c’è una briciola di ragionamento. Solo un collage di delazioni, d’illazioni, d’insinuazioni. Dovrei dire roba da inquisitori, roba da nazisti. Ma non lo dico. Ho troppa stima degli inquisitori e perfino dei nazisti per affermare una cosa del genere. Quest’ultimo atto di disinformazione, di teppismo politico e mediatico, di violazione del sacrosanto principio del rispetto tra membri di una stessa società civile, è un atto di vigliaccheria e infamia che non merita nemmeno commenti. Come dice fra Cristoforo a don Rodrigo: “Hai passato la misura; e non ti temo più”.
Putinista, io? Andatevi a rileggere quel che scrivevo del boia Putin al tempo della Cecenia e del massacro di Grozny. Non è colpa mia se quel gelido sanguinario poliziotto con gli anni è riuscito a diventare un prudente ed equilibrato statista, un gigante se paragonato ai nani e alla ballerine che oggi popolano poltrone, poltroncine e sgabelli a Washington, all’ONU, alla NATO, a Strasburgo, a Bruxelles oltre che naturalmente anche a Roma. Lo hanno spinto nella “trappola di Tucidide”, lo hanno fatto scivolare: ma da trent’anni provocavano il suo Paese dopo averlo illuso e ingannato, e già nel febbraio 2014 avevano compiuto in Ucraina il passo decisivo con il colpo di mano travestito da rivoluzione democratica che aveva rovesciato il legittimo presidente ucraino Viktor Janukovyč sostituendogli Petro Oleksijovyč Porošenko incaricato di spostare il suo Paese dal rapporto amichevole con la Russia – che per quest’ultima era una questione di stabilità e di sicurezza – all’ingresso nell’Unione Europea e quindi ai prodromi dell’alleanza con la NATO. La guerra era cominciata da allora ed era stata seguita da atti atroci, come il massacro di Odessa nel palazzo dei sindacati attribuito ad agenti russi e poi risultato frutto di una combine fra i nazionalisti ucraini e un pugno di terroristi georgiani specializzati in provocazioni e massacri. Se Putin ha davvero commesso uno sbaglio, è quello di aver aspettato otto anni prima di rispondere. Dal momento che l’azione in Crimea, evidentemente necessaria per tutelare Russi e filorussi dalle violenze nazionaliste, si era resa necessaria e inevitabile ma con ogni evidenza non sufficiente. Così è, se Vi pare, Domini Inquisitores. Perché non ne avete fatto parola nel vostro tanto rigoroso quanto laconico Atto d’Accusa? Pessima Taciturnitas, avrebbero commentato i vostri predecessori di qualche secolo fa, ben più attenti ed accorti.
Da alcune settimane dico e scrivo, diciamo e scriviamo queste cose: e le diremmo anche in TV, se solo ci lasciassero il tempo di parlare le rare volte in cui hanno la longanimità di “invitarci”. Diciamo e scriviamo non già che Putin ha ragione, ma che lui e il suo Paese hanno delle ragioni e che bisogna ascoltarli, tenerne conto; che se ha sbagliato il fatto è che ce lo hanno tirato per i capelli; e che chi lo ha spinto a tanto è ben riconoscibile e denunziabile, e noi nel libro Ucraina 2022 (edizioni La Vela, uscito già un mese fa, inviato gratis a decine di quotidiani ed emittenti televisive: solo “Avvenire” e “il manifesto” hanno risposto accusando ricezione) lo abbiamo denunziato. Ucraina 2022 è misteriosamente introvabile nelle librerie: eppure alcuni dei suoi coautori vengono ufficialmente accusati di “putinismo”, senza tuttavia che si citi quello che scrivono. A giusto titolo, peraltro: quegli scritti potrebbero influenzare qualcuno. Non si sa mai.
Ma torniamo a quanto mi riguarda. Russofilo, io? Certo che sì: mi piacciono la storia russa, la cultura russa, la musica russa, lo spirito profondo del popolo russo del quale hanno parlato Propp e Afanasiev e Florenskij. Sono istituzionalmente un cittadino italiano, ho inappuntabilmente lavorato quasi mezzo secolo (dal 1966 al 2012) nel pubblico impiego, faccio sostegno al volontariato, ho la fedina pulita e pago le tasse fino all’ultimo centesimo (vorrei sapere quanti fanno altrettanto); ma spiritualmente sono cittadino del mondo, amo la Russia come amo la Francia, la Spagna, la Germania, l’Inghilterra, l’Irlanda, la Scozia, la Cina, il mondo arabo, l’Iran, il Giappone e perfino (tanto!) l’America, dove ho lavorato e perfino lasciato un pezzo del mio cuore. Se adesso ho preso le posizioni che hanno spinto il parlamento a occuparsi del mio nome da mettere in lista (ma non di me, né di quello che penso), tanto meglio: o tanto peggio.
Perché insomma, diciamolo, questa è una “prova d’orchestra” annunziatrice di un conato d’instaurazione di regime. I mezzi, se li usano tecnicamente bene, ce li hanno; l’opinione pubblica è in parte già appecorata, quindi il momento è propizio. Ci provino. On line è già comparso un imbecille che ha invocato contro i “putinisti” revoca di stipendio e confino di polizia: sono tutti così i paladini della Libertà che starnazzano contro il despota Putin? Quanto a me, qualche amico parlamentare (ho anch’io la mia “Quinta Colonna”) mi suggerisce denunzie, querele e ricorsi. Non ci penso nemmeno: non ho né tempo né soldi da buttare. Facciano e dicano Lorsignori quello che vogliono: dal canto mio, respingo le provocazioni. Io incrocio la mia spada solo con i miei pari: come avrebbe detto don Juan Tenorio, el Burlador de Sevilla.
Franco Cardini

[Fonte]

La grande menzogna sul grano ucraino

Kiev non è il granaio del mondo e neppure d’Europa

“La Russia vuole affamare il mondo, bloccando l’esportazione del grano ucraino per via mare”. È questa la nuova bufala dei media italiani di regime. D’altronde sul terreno l’esercito russo avanza e non si può continuare a raccontare di ripiegamenti delle armate putiniane pronte ormai alla resa. Dunque occorre cambiare la menzogna quotidiana. E cosa c’è di meglio di provocare una nuova ondata di indignazione e di terrore nel gregge italico? Il Covid non funziona più, il vaiolo delle scimmie non funziona ancora. Ma la carestia è sempre un tema di successo.
Tanto chi, nel gregge, andrà mai a controllare i dati reali? Basta raccontare che l’Ucraina è il “granaio del mondo” e le pecore si spaventano. Un tempo era considerata solo il granaio d’Europa, ma i tempi sono cambiati. Anche le produzioni ed i produttori, però. Così la produzione mondiale si aggira intorno ai 760 milioni di tonnellate e, grazie ai disinformatori di regime, viene da pensare che Kiev sia il primo produttore. Se no che “granaio del mondo” sarebbe?
Invece no. Per la delusione della squadra di Mimun al primo posto c’è la Cina, con (dati FAO 2020) con 134 milioni di tonnellate. Seguita dall’Ucraina, ovviamente. Macché, seguita dall’India con oltre 107 milioni. Va beh, Paesi lontani, con una produzione destinata a sfamare i propri abitanti. Falso anche questo, la Cina esporta e l’India esportava, prima che bloccasse le vendite subito dopo aver visto le sanzioni contro la Russia. Quella Russia che è al terzo posto con 86 milioni di tonnellate, 36 milioni in più degli Stati Uniti. E poi c’è il Canada, con 35 milioni. Insomma, i due Paesi patria della democrazia e delle libertà potrebbero impegnarsi a vendere il proprio grano a prezzi ridotti ai Paesi poveri, ma si guardano bene dal farlo.
E l’Ucraina? Non è neppure il granaio d’Europa perché è preceduta dalla Francia che produce 30 milioni mentre Kiev si ferma a 25, poco meno del Pakistan. Con la Germania a più di 22milioni, la Turchia a 20 e l’Argentina a poco meno di 19 milioni. L’Italia, che si è scordata la politicamente scorretta “battaglia del grano”, è molto più in basso nella classifica, con meno di 7 milioni.
Diventa difficile credere che la fame nel mondo dipenda dalle esportazioni della sola Ucraina. Ancor più difficile credere che il prezzo in forte rialzo sia una conseguenza del blocco del porto di Odessa. Soprattutto se ci si degna di leggere l’ottimo libro di Fabio Ciconte, “Chi possiede i frutti della terra”. Per scoprire, ad esempio, che due terzi di tutte le sementi commerciali del mondo fanno capo a soli 4 gruppi. E nessuno di loro è controllato dai Russi. O per addentrarsi nei meccanismi dei famigerati Club dei diversi prodotti rigorosamente registrati. Con il Club che sceglie gli agricoltori che possono coltivare i rispettivi prodotti, in che modo, con quali fitofarmaci, con quali attrezzature. Agricoltori trasformati in operai che devono vendere la produzione al Club ad un prezzo concordato.
Ed in questo meccanismo globale perverso, con eserciti di avvocati pronti ad intervenire in ogni parte del mondo contro il singolo contadino che sogna un margine di libertà, davvero il problema è rappresentato dal blocco russo di Odessa? Dove, peraltro, il mare è stato minato dagli Ucraini per impedire lo sbarco dei Russi. La realtà è che la speculazione ha bisogno di creare panico per far aumentare i prezzi. Dando la colpa a Putin anche se piove troppo o troppo poco.
Augusto Grandi

(Fonte)

Com’è spudorato che gli Stati Uniti con basi militari in tutto il mondo si sentano “preoccupati” per la presenza di altri nel Pacifico

A cura di Global Times

Gli USA, la cui bandiera sventola su 750 basi militari in più di 80 Paesi e regioni, sembrano stare sulle spine dopo aver visto la Cina firmare UN solo accordo quadro di cooperazione in materia di sicurezza con le isole Salomone. Martedì [31 maggio u.s. – n.d.c.], ora locale, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden incontrò alla Casa Bianca il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern. La loro “preoccupazione condivisa” per l’accordo di sicurezza cinese e le “ambizioni della Cina nel Pacifico” sono state presto messe sotto i riflettori dei media occidentali.
Una frase nella loro dichiarazione congiunta, emessa dalla Casa Bianca, è stata diffusa al massimo nelle rassegne statunitensi: “La creazione di una presenza militare persistente nel Pacifico da parte di uno Stato che non condivide i nostri valori o interessi di sicurezza altererebbe fondamentalmente l’equilibrio strategico della regione e pone problemi di sicurezza nazionale a entrambe i nostri Paesi”.
Questa è logica da gangster. Implica che i Paesi sovrani nell’Oceano Pacifico meridionale non hanno il diritto di firmare accordi con altri Paesi. Altrimenti, la versione statunitense dell’”equilibrio strategico” verrà infranta.
“Non esiste il cosiddetto equilibrio strategico nell’Oceano Pacifico meridionale, ma solo l’egemonia e il dominio a lungo termine degli Stati Uniti e dell’Australia negli affari regionali. Considerano la regione del Pacifico meridionale come una propria intoccabile sfera di influenza e sono fortemente contrari ai programmi avviati dalla Cina”, ha detto al Global Times Xu Shanpin, ricercatore aggiunto presso l’Università cinese in Scienze Minerarie e Tecnologiche.
La regione del Pacifico meridionale era solita essere di importanza militare per Washington. Durante la seconda guerra mondiale, il personale militare americano occupò basi in tutta la regione sul fronte marittimo, effettuò numerosi test di bombe nucleari nella regione e vi seppellì scorie radioattive. “Dopo la fine della Guerra Fredda, l’importanza della regione nella strategia globale degli Stati Uniti crollò e Washington ritirò un gran numero di ambasciate, personale e aiuti economici”, ha detto Xu Shanpin.
Gli Stati Uniti hanno guardato con freddezza ai reali bisogni della regione del Pacifico negli ultimi tre decenni, ma improvvisamente si sentono scioccati quando vedono crescere la cooperazione dei Paesi della regione con la Cina in settori in espansione. Così è stata lanciata una tipica risposta degli Stati Uniti: fomentare i problemi, mettere zizzania diffamando le intenzioni della Cina e inscenare una cosiddetta minaccia alla sicurezza da parte della Cina.
Questa volta, la Nuova Zelanda è stata coinvolta dagli Stati Uniti. La visita di Ardern è stata vista da Washington come un’opportunità per trarre vantaggio dalla Nuova Zelanda e farle svolgere un ruolo più attivo nella strategia indo-pacifica degli Stati Uniti. Ardern ha la sua agenda per il viaggio: pubblicizzare i prodotti della Nuova Zelanda, attirare turisti americani e cercare più sostegno dagli Stati Uniti su questioni come la lotta al Covid e ai cambiamenti climatici. E’ come se si trovasse a fare una transazione quando ella ha ripetuto a pappagallo le “preoccupazioni per la sicurezza” degli Stati Uniti nella regione del Pacifico, come un modo per scambiare interessi economici con tali echi politici, ha detto al Global Times Chen Hong, direttore del New Zealand Studies Center e direttore esecutivo dell’Asia Pacific Studies Center della East China Normal University.
Dato che la Nuova Zelanda si è sforzata di mantenere la sua indipendenza politica con il proprio interesse nazionale come linea guida per le sue politiche diplomatiche e di sicurezza, Washington sembra aver trovato un buon tempismo per avvicinare Wellington alla sua orbita strategica proprio quando la Nuova Zelanda sta provando a districarsi dalla crisi economica, secondo Chen.
Comunque, l’Australia dovrebbe servire da vivido esempio per la Nuova Zelanda. Canberra ha incasinato i rapporti con Pechino. E il mercato cinese che ha perso è stato quasi in pochissimo tempo colto dagli Stati Uniti. Se rinuncia alla sua precedente saggezza politica, alla fine la Nuova Zelanda potrebbe perdere da entrambe le parti. Ci sono stati vari esempi di come gli Stati Uniti hanno ingannato e deluso i loro alleati.
Martedì [31 maggio u.s. – n.d.c.], Reuters riferì che un alto funzionario statunitense, che parlava a condizione di anonimato, aveva affermato che Biden e Ardern avevano discusso della necessità di aiutare i Paesi delle isole del Pacifico ad affrontare questioni come la pandemia da COVID-19 e il cambiamento climatico.
Con quale scusa gli Stati Uniti si sentono in diritto di accusare la Cina quando quest’ultima ha già iniziato la sua cooperazione con i Paesi insulari del Pacifico per aiutarli a far fronte a queste sfide, sviluppare l’economia locale e migliorare i mezzi di sussistenza della gente locale dopo che gli Stati Uniti hanno chiuso un occhio sulla regione per così tanto tempo? In ogni caso cosa possono offrire gli Stati Uniti, quando Washington sta affrontando un’economia disastrosa e una situazione caotica nella politica interna?
Ovunque gli Stati Uniti fissano la loro impronta, ci saranno disordini o addirittura guerre. Se gli Stati Uniti si preoccupano davvero della regione del Pacifico meridionale, le espressioni verbali di preoccupazione sono inutili. La regione necessita di un aiuto concreto e sincero.
La cooperazione tra Cina e Nuova Zelanda è produttiva e reciprocamente vantaggiosa. La cooperazione tra le due parti non prevede alcun prerequisito politico collegato. Lo stesso vale per la cooperazione della Cina con altri Paesi, in netto contrasto con gli Stati Uniti, che hanno sviluppato legami con altri Paesi sulla base del calcolo per i propri interessi politici.
Rispetto agli Stati Uniti, che hanno basi militari e hanno lanciato innumerevoli guerre in tutto il mondo, la Cina difficilmente può essere definita un Paese con “ambizioni”. D’altro canto, vale la pena notare che quando gli Stati Uniti tirano i loro alleati dalla propria parte frequentemente per esprimere “preoccupazioni”, significa che l’egemone sta diventando incapace nel farcela da solo.

(Traduzione a cura della redazione)

Massimo Giletti preso a sberle dalla maestra

Ieri sera [domenica 5 giugno – n.d.c.] ho assistito ad uno spettacolo indecoroso e potente insieme. Massimo Giletti è stato strapazzato come un bambino delle elementari dalla sua maestra, che gli ha impartito una poderosa lezione di storia in diretta televisiva. Il grande scoop di Giletti doveva essere un’intervista in diretta con Maria Zakharova, la portavoce del ministro degli esteri [russo – n.d.c.] Lavrov. Per fare questa intervista Giletti è andato addirittura personalmente a Mosca, nonostante l’intervista si sia svolta via skype, con la Zakharova comodamente seduta a casa sua (avrei potuto farla io, identica, seduto a casa mia). Ma a parte la messinscena inutile, è nei contenuti che Giletti ci ha fatto la figura del merlo. Prima di intervistare la Zakharova, infatti, Giletti era in collegamento con Massimo Cacciari, e durante lo scambio Giletti ha accennato alle polemiche che hanno preceduto questa sua intervista, dicendo che però secondo lui “il giornalista ha tutto il diritto di intervistare chi vuole, purché ponga all’intervistato delle domande scomode, e non gli offra una semplice passerella per fare propaganda.” Ma dal dire al fare… Giletti non conosce il mare.
Non appena iniziata l’intervista, infatti, si è capito che tipo di interlocutrice avesse davanti. Una donna con le idee chiare, ferma e impassibile, che rimandava seccamente al mittente ogni singola accusa, con tanto di interessi. All’accusa di “aver illegittimamente invaso un Paese sovrano”, Zakharova ha risposto che “anche voi della NATO avete fatto la stessa cosa con l’Iraq”. All’accusa di “essersi allargati troppo intervenendo in Siria”, Zakharova ha risposto che loro erano intervenuti su legittima richiesta del capo di Stato, Assad. E ha inoltre aggiunto che “quando la Russia ha proposto alle Nazioni Unite di combattere tutti insieme le bande dell’ISIS, è stata l’Unione Europea a dire di no e mettersi di traverso”. All’accusa di aver operato una sanguinosa repressione in Cecenia, Zakharova ha risposto che è stato l’Occidente a sobillare quelle rivolte. Insomma, non se ne usciva: ad ogni servizio tagliato del dilettante Giletti, il master Djokovic rispondeva con un dritto vincente.
A quel punto Giletti ha cambiato strategia. Ha fatto un passo indietro, e ha tentato la carta dell’emozione: “Va bene, ok, tutti abbiamo fatto errori nel passato – ha ammesso – però adesso mettiamoci una pietra sopra, trattiamo e poniamo fine a questa guerra, perché la gente sta morendo”. E qui è arrivata la valanga di sberle sulla testa del nostro importuno scolaretto: “Così parlano i bambini – ha detto la Zakharova – Nel mondo degli adulti, la prima cosa che bisogna fare per capire le cose è guardare alla storia. Dove eravate voi Italiani, quando otto anni fa gli Americani hanno messo in atto un colpo di Stato a Kiev, installando al potere il governo fascista di Poroshenko? Dove eravate, quando per otto anni il governo di Kiev ha bombardato incessantemente i suoi concittadini del Donbass?”. “Ma soprattutto – ha ricordato la Zakharova – lei viene adesso a parlarmi di trattare e di metterci d’accordo. Ma sono otto anni che Putin chiede all’Occidente di mettersi d’accordo sulla questione della NATO e degli equilibri internazionali. Ma voi in Occidente avete fatto tutti finta di niente, e adesso cercate di dare la colpa a noi per quello che succede?”. “Infine – è stata la sberla finale della Zakharova – voi occidentali dovete smetterla una volta tutte con questa vostra aria di superiorità intellettuale, come se foste voi quelli che hanno il diritto di impartire lezioni morali a tutti gli altri”. Ci mancava soltanto un “vergogna Giletti, fila dietro alla lavagna” e la lezione sarebbe stata completata.
Povera Italia, rappresentata all’estero da personaggi inconsistenti e impreparati come Giletti. Povera Italia, incapace di crescere, incapace di diventare adulta, incapace di uscire dalla sua ottica provinciale, incapace di assumersi una volta per tutte le proprie responsabilità con il resto del mondo. Lasciando così mano libera a chi ci comanda, a chi ci controlla, a chi ci tratta serenamente come schiavi da oltre settant’anni.
Massimo Mazzucco