Nella cella di una delle più famigerate prigioni di massima sicurezza del Regno Unito, un uomo lotta contro alcune delle più potenti istituzioni della Terra che da oltre un decennio lo vogliono distruggere. Non è un criminale, è un giornalista. Si chiama Julian Assange e ha fondato WikiLeaks, un’organizzazione che ha profondamente cambiato il modo di fare informazione nel XXI secolo, sfruttando le risorse della rete e violando in maniera sistematica il segreto di Stato quando questo viene usato non per proteggere la sicurezza e l’incolumità dei cittadini ma per nascondere crimini e garantire l’impunità ai potenti. Non poteva farla franca, doveva essere punito e soprattutto andava fermato. Infatti da oltre dieci anni vive prigioniero, prima ai domiciliari, poi nella stanza di un’ambasciata, infine in galera. È possibile che a un certo punto venga liberato, oppure rimarrà in prigione in attesa di una sentenza di estradizione negli Stati Uniti e poi finirà sepolto per sempre in un carcere americano. Con lui rischiano tutti i giornalisti della sua organizzazione. L’obiettivo è distruggerli e farlo in modo plateale. Stefania Maurizi è l’unica giornalista che ha lavorato fin dall’inizio, per il suo giornale, su tutti i documenti segreti di WikiLeaks, a stretto contatto con Julian Assange, incontrandolo molte volte. Ha contribuito in maniera decisiva alla ricerca della verità, citando in giudizio quattro governi – gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Svezia e l’Australia – per accedere ai documenti del caso. Gli abusi e le irregolarità emersi da questo lavoro d’inchiesta sono entrati nella battaglia legale tuttora in corso per la liberazione del fondatore di WikiLeaks. In queste pagine ripercorre tutta la vicenda, con documenti inediti, una narrazione incalzante e sempre puntuale. La storia di una vendetta silenziosa ma feroce. Un libro cruciale su un caso decisivo del nostro tempo.
Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks,
“Una società è libera nella misura in cui lo è il suo dissidente politico più problematico, il che oggi significa che siamo liberi quanto Julian Assange. Finché viviamo in una società che può dare origine a una campagna multi-governativa coordinata per rinchiudere un giornalista per il resto della sua vita sulla base di accuse fasulle perché ha denunciato crimini di guerra statunitensi, non siamo liberi e non si deve fingere di esserlo.
Il vecchio detto “le azioni parlano più delle parole” ha assonanza con ciò che accade perché mentre i commentatori dei media miliardari ci assicurano continuamente con le loro parole che viviamo in una società libera, le azioni delle persone che esercitano su di noi un potere ufficiale e non ufficiale ci dicono che in realtà viviamo in una società che tortura e imprigiona i giornalisti dissidenti per aver raccontato verità scomode.
La persecuzione contro Julian Assange ci dice molto di più sulla nostra società rispetto ai racconti autorizzati che ci vengono venduti e ci racconta la vera funzione dei mass media.
(…) La persecuzione di Julian Assange ci parla del tipo di società in cui viviamo realmente. Siamo inondati sin dalla prima infanzia con slogan rassicuranti sulla libertà e la democrazia, che, ci viene detto, devono essere diffusi a tutti sulla terra con tutta la forza necessaria a qualunque costo. In realtà viviamo in una società fatta di menzogne e guidata da bugiardi, che perseguitano violentemente chiunque esponga la verità. Queste persone sono i nostri oppressori. Queste persone sono i guardiani della prigione. I loro volti ghignanti ti dicono che siamo liberi da dietro le sbarre di una gabbia e peggio per noi se non siamo d’accordo.
Tutto questo deve cambiare.”
“Dopo la guerra combattuta tra la Russia e la Polonia e conclusasi il 18 marzo 1921 col trattato di pace di Riga, il Maresciallo Józef Piłsudski (1867-1935), capo provvisorio del rinato Stato polacco, lanciò l’idea di una federazione di Stati che, estendendosi “tra i mari” Baltico e Nero, in polacco sarebbe stata denominata Międzymorze, in lituano Tarpjūris e in latino, con un neologismo poco all’altezza della tradizione umanistica polacca, Intermarium. La federazione, erede storica della vecchia entità politica polacco-lituana, secondo il progetto iniziale di Piłsudski (1919-1921) avrebbe dovuto comprendere, oltre alla Polonia quale forza egemone, la Lituania, la Bielorussia e l’Ucraina. È evidente che il progetto Intermarium era rivolto sia contro la Germania, alla quale avrebbe impedito di ricostituirsi come potenza imperiale, sia contro la Russia, che secondo il complementare progetto del Maresciallo, denominato “Prometeo”, doveva essere smembrata nelle sue componenti etniche.
Per la Francia il progetto rivestiva un certo interesse, perché avrebbe consentito di bloccare simultaneamente la Germania e la Russia per mezzo di un blocco centro-orientale egemonizzato dalla Polonia. Ma l’appoggio francese non era sufficiente per realizzare il progetto, che venne rimpiazzato dal fragile sistema d’alleanze spazzato via dalla Seconda Guerra Mondiale.
Una più audace variante del progetto Intermarium, elaborata dal Maresciallo tra il 1921 e il 1935, rinunciava all’Ucraina ed alla Bielorussia, ma in compenso si estendeva a Norvegia, Svezia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Grecia, Jugoslavia ed Italia. I due mari diventavano quattro, poiché al Mar Baltico ed al Mar Nero si venivano ad aggiungere l’Artico e il Mediterraneo. Ma anche questo tentativo fallì e l’unico risultato fu l’alleanza che la Polonia stipulò con la Romania.
L’idea di un’entità geopolitica centroeuropea compresa tra il Mar Baltico e il Mar Nero fu riproposta nei termini di una “Terza Europa” da un collaboratore di Piłsudski, Józef Beck (1894-1944), che nel 1932 assunse la guida della politica estera polacca e concluse un patto d’alleanza con la Romania e l’Ungheria.
Successivamente, durante il secondo conflitto mondiale, il governo polacco di Władisław Sikorski (1881-1943) – in esilio prima a Parigi e poi a Londra – sottopose ai governi cecoslovacco, greco e jugoslavo la prospettiva di un’unione centroeuropea compresa fra il Mar Baltico, il Mar Nero, l’Egeo e l’Adriatico; ma, data l’opposizione sovietica e la renitenza della Cecoslovacchia a federarsi con la Polonia, il piano dovette essere accantonato.
Con la caduta dell’URSS e lo scioglimento del Patto di Varsavia, l’idea dell’Intermarium ha ripreso vigore, rivestendo forme diverse quali il Consiglio di Cooperazione nel Mar Nero, il Partenariato dell’Est e il Gruppo di Visegrád, meno ambiziose e più ridotte rispetto alle varianti del progetto “classico”.
Ma il sistema di alleanze che più si avvicina allo schema dell’Intermarium è quello teorizzato da Stratfor, il centro studi statunitense fondato da George Friedman, in occasione della crisi ucraina. Da parte sua il generale Frederick Benjamin “Ben” Hodges, comandante dell’esercito statunitense in Europa (decorato con l’Ordine al Merito della Repubblica di Polonia e con l’Ordine della Stella di Romania), ha annunciato un “posizionamento preventivo” (“pre-positioning”) di truppe della NATO in tutta l’area che, a ridosso delle frontiere occidentali della Russia, comprende i territori degli Stati baltici, la Polonia, l’Ucraina, la Romania e la Bulgaria. Dal Baltico al Mar Nero, come nel progetto iniziale di Piłsudski.
Il 6 agosto 2015 il presidente polacco Andrzej Duda ha preconizzato la nascita di un’alleanza regionale esplicitamente ispirata al modello dell’Intermarium. Un anno dopo, dal 2 al 3 luglio 2016, nei locali del Radisson Blue Hotel di Kiev ha avuto luogo, alla presenza del presidente della Rada ucraina Andriy Paruby e del presidente dell’Istituto nazionale per la ricerca strategica Vladimir Gorbulin, nonché di personalità politiche e militari provenienti da varie parti d’Europa, la conferenza inaugurale dell’Intermarium Assistance Group, nel corso della quale è stato presentato il progetto di unione degli Stati compresi tra il Mar Baltico e il Mar Nero.
Nel mese successivo, i due mari erano già diventati tre: il 25-26 agosto 2016 il Forum di Dubrovnik sul tema “Rafforzare l’Europa – Collegare il Nord e il Sud” ha emesso una dichiarazione congiunta in cui è stata presentata l’Iniziativa dei Tre Mari, un piano avente lo scopo di “connettere le economie e infrastrutture dell’Europa centrale e orientale da nord a sud, espandendo la cooperazione nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni digitali e in generale dell’economia”. L’Iniziativa dei Tre Mari, concepita dall’amministrazione Obama, il 6 luglio 2017 è stata tenuta a battesimo da Donald Trump in occasione della sua visita a Varsavia. L’Iniziativa, che a detta del presidente Duda nasce da “un nuovo concetto per promuovere l’unità europea”, riunisce dodici paesi compresi tra il Baltico, il Mar Nero e l’Adriatico e quasi tutti membri dell’Alleanza Atlantica: Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania, Bulgaria.
Sotto il profilo economico, lo scopo dell’Iniziativa dei Tre Mari consiste nel colpire l’esportazione di gas russo in Europa favorendo le spedizioni di gas naturale liquefatto dall’America: “Un terminale nel porto baltico di Świnoujście, costato circa un miliardo di dollari, permetterà alla Polonia di importare Lng statunitense nella misura di 5 miliardi di metri cubi annui, espandibili a 7,5. Attraverso questo e altri terminali, tra cui uno progettato in Croazia, il gas proveniente dagli USA, o da altri Paesi attraverso compagnie statunitensi, sarà distribuito con appositi gasdotti all’intera ‘regione dei tre mari’” .
Così la macroregione dei tre mari, essendo legata da vincoli energetici, oltre che militari, più a Washington che non a Bruxelles ed a Berlino, spezzerà di fatto l’Unione Europea e, inglobando prima o poi anche l’Ucraina, stringerà ulteriormente il cordone sanitario lungo la linea di confine occidentale della Russia.”
Sottomarini fantasma sono impiegati per spingere alla resa della pacifica neutralità
Nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel 2005, il drammaturgo Harold Pinter stronco l’impero USA e notò che esso “ora occupa 702 installazioni militari in 132 Paesi di tutto il mondo – con l’onorevole eccezione della Svezia, certamente”.
Da allora, la presenza militare globale degli Stati Uniti ha continuato a crescere; ma il premiato scrittore era disinformato circa l’onorevole eccezionalismo della Svezia. Circa nello stesso momento in cui il mortalmente malato Pinter stava registrando il suo discorso, un funzionario del Ministero della Difesa svedese osservava che il Paese era già così profondamente coinvolto nel dispositivo USA/NATO che avrebbe costituito una piccola trascurabile differenza se ne fosse diventato formalmente membro.
Ciò era vero nel 2005, e lo è ancora di più dieci anni dopo. Benché la Svezia non sia ancora ufficialmente un Paese membro, le sue forze armate sono ora quasi completamente incorporate nel sistema USA/NATO. Truppe svedesi hanno partecipato alle guerre di aggressione ed occupazione degli USA e dei suoi alleati in Afghanistan, Libia e nei Balcani. Un gruppo segreto dei reparti speciali ha combattuto a fianco delle truppe USA/NATO in luoghi lontani come il Ciad e il Congo, ed è rappresentato al quartier generale delle forze speciali statunitensi in Florida.
Esercitazioni militari congiunte sono svolte con crescente frequenza nei cieli, in terra e nelle acque territoriali della Svezia. A partire da aprile dell’anno scorso [2014 – ndt], ad USA/NATO è stato garantito libero accesso allo spazio aereo svedese al fine di spiare la Russia mediante i suoi velivoli di sorveglianza AWACS.
Lo scorso agosto, il governo ha firmato un accordo cosiddetto di nazione ospitante che aumenta grandemente l’accesso USA/NATO al territorio svedese in caso di guerra e, come al tempo attuale, per i preparativi bellici. L’accordo – che deve ancora essere ratificato dal parlamento svedese – sembra inoltre violare il rifiuto svedese di lunga data degli armamenti atomici e le politiche connesse. E proprio recentemente, USA/NATO ha condotto l’esercitazione aerea più grande al mondo sul terzo più settentrionale del territorio svedese. Parte della sempre più intensa lotta con la Russia per il controllo dell’Artico in via di scioglimento, “Arctic Challenge Exercise” ha coinvolto 100 velivoli militari da 10 Paesi, inclusi gli USA, Germania, Francia e Inghilterra. Continua a leggere →
Mentre in Svezia la stampa formula accuse circostanziate all’apparato di sicurezza nazionale, riproponiamo al riguardo il video dell’inchiesta datata 1990 dell’allora giornalista RAI Ennio Remondino (come riproposta da Maurizio Torrealta) e un recente articolo di remocontro.it, nella cui redazione figura lo stesso Remondino.
Svezia, nuova inchiesta omicidio Palme e ancora P2
La Svezia si prepara a riaprire l’inchiesta sull’assassinio irrisolto del carismatico premier Olof Palme, avvenuto 30 anni fa. Il procuratore capo di Stoccolma, Krister Petersson, sarà a capo della nuova indagine. Palme fu colpito nel 1986 da un ignoto sparatore mentre usciva da un cinema di Stoccolma con la moglie e morì dissanguato sul marciapiede. A seguito dell’assassinio del leader socialdemocratico furono interrogate 10mila persone. In 134 sostennero di aver ucciso Palme. Il compito di Petersson si preannuncia erculeo: il dossier Palme occupa 250 metri di scaffale. L’inchiesta sull’omicidio Palme riaprirà a febbraio [2017 – ndc] e Petersson ha dichiarato alla stampa svedese che tenterà di risolvere l’omicidio e che è ottimista. “Mi sento onorato e accetto la missione con grande energia” ha detto in una nota.
La pista italiana, 1990
“L’ ipotesi di un coinvolgimento di Licio Gelli nell’ omicidio di Olof Palme, il premier svedese assassinato a Stoccolma alcuni anni fa, è stata avanzata dal quotidiano Dagens Nyheter. Nell’ articolo, firmato da un giornalista molto noto in Svezia, Olle Alsén, si ricorda l’ esistenza di un telegramma che parrebbe compromettere il capo della P2. Alsen riferisce, inoltre, che l’ FBI starebbe indagando sull’ omicidio Palme e attribuisce l’ informazione ad una ex collaboratrice di Ronald Reagan, Barbara Honegger. Nel suo articolo, Alsen ricorda che la Honegger ha scritto, in un libro intitolato ‘October Surprise’, di avere saputo che Gelli il 28 febbraio 1986, tre giorni prima dell’ assassinio, aveva inviato un telegramma a un esponente dell’ amministrazione americana in cui si affermava: “Dite al vostro amico che l’ albero svedese sarà abbattuto”. Un portavoce della commissione d’inchiesta ha commentato che la pista italiana è di estrema rilevanza”.
Olof Palme, un caso ancora aperto
La ricostruzione su ‘Il Fatto’ del 27 febbraio 2013, di Enrico Fedrighini. «Washington, 25 febbraio 1986, martedì. Philip Guarino, esponente del Partito Repubblicano molto vicino a George Bush senior, rilegge il messaggio che gli è stato appena recapitato; un telegramma inviato da una località remota del Sud America, una sorta di codice cifrato: «Tell our friend the Swedish palm will be felled». La firma è di un italiano, Licio Gelli, vecchia conoscenza di Guarino; alcuni anni prima, avevano entrambi sottoscritto un affidavit a favore di un finanziere, Michele Sindona. “Informa i nostri amici che la palma svedese verrà abbattuta”. Curioso: in Svezia non crescono le palme». Il telegramma attribuito a Gelli sarebbe stato in realtà inviato dal Sud America da Umberto Ortolani anche al gran Maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli. Il testo parla di ‘palme’, che è una dizione popolare di ‘albero’, con un possibile doppio significato evidente.
‘L’albero svedese sarà abbattuto’
In quel 1986 l’ONU aveva affidato a Olof Palme il delicato incarico di arbitrato internazionale fra Iraq e Iran, in guerra da sei anni. Una guerra sanguinosa e sporca, un crocevia di traffico d’armi e operazioni coperte. l’Iran sta ricevendo segretamente forniture di armi attraverso una rete formata da pezzi dell’apparato politico/militare USA; i proventi servono anche a finanziare l’opposizione dei Contras in Nicaragua. Ma c’è qualcosa di più grave che sta emergendo, di più spaventoso: la rete che fornisce armi all’Iran sembra agire ed avere strutture operative ramificate all’interno di diversi Paesi dell’Europa Occidentale. Anche nella civilissima Scandinavia. Quella sera del 28 febbraio 1986, Palme è a Stoccolma, all’uscita dei cinema dove era andato con la moglie, quando un’ombra nel buio si avvicina alla coppia e spara due colpi alla schiena dell’ex primo ministro.
Il colpevole che non convince
Per l’omicidio Palme viene condannato in primo grado nel 1988 un pregiudicato, Christer Petterson, prosciolto poi in appello del 1989 per mancanza di prove. Il 15 settembre 2004, Petterson contatta Marten Palme, il figlio dell’ex premier ucciso: desidera incontrarlo, ha qualcosa di importante da confidargli sulla morte del padre. Il giorno dopo, Petterson viene ricoverato in coma al Karolinska University Hospital con gravi ematomi alla testa. Muore il 29 settembre per emorragia cerebrale, senza mai aver ripreso conoscenza. Nell’aprile 1990 il quotidiano svedese Dagens Nyheter rivela la notizia del telegramma inviato da Licio Gelli a Guarino nel 1986, tre giorni prima dell’omicidio Palme. Tante, troppe vicende oscure attorno a quel delitto che aveva colpito il mondo.
L’inchiesta CIA-P2 del TG1
Ancora Enrico Fedrighini. «Contattando i colleghi svedesi un giornalista del TG1, Ennio Remondino, rintraccia e intervista le fonti, due agenti della CIA che confermano la notizia del telegramma, rivelando anche l’esistenza di una struttura segreta operante in diversi Paesi dell’Europa occidentale denominata Stay Behind (nella versione italiana, Gladio), coinvolta da decenni in traffici d’armi ed azioni finalizzate a “stabilizzare per destabilizzare” (la ‘strategia della tensione’ detta in linguaggio più elaborato). L’intervista con uno dei due, Dick Brenneke, viene trasmessa dal TG1 nell’estate 1990 e provoca la reazione furibonda di Cossiga, il licenziamento in tronco del direttore del TG1 Nuccio Fava e il trasferimento di Remondino all’estero come inviato sui principali fronti di guerra».
Quella dannata estate 1990
Fonte, Repubblica luglio 1990. «I carabinieri nella redazione del TG1 in via Teulada non c’erano mai stati. Sono arrivati alle 13,30 di ieri. Accompagnavano l’ inviato speciale del telegiornale Ennio Remondino. Il giornalista stringeva nelle mani un decreto di sequestro, appena firmato dal giudice istruttore Francesco Monastero, per la documentazione raccolta in un secondo viaggio negli Stati Uniti. Per tutto il pomeriggio il giornalista ha svuotato i suoi armadi, firmato uno ad uno, i fogli (circa un migliaio) che, secondo l’ ex-agente della Central Intelligence Agency Richard A. Brenneke, dovrebbero confermare quel che ha dichiarato proprio a Remondino in un’ inchiesta del TG1 sull’ omicidio di Olof Palme».
Cossiga – Andreotti
Sempre Repubblica. «Fin da venerdì, con una telefonata di un ufficiale dei carabinieri del Nucleo antiterrorismo, il magistrato aveva convocato a Palazzo di Giustizia il giornalista. Alle 10,30 in punto, Remondino era nell’ ufficio del giudice istruttore, dove, alla presenza del pubblico ministero Elisabetta Cesqui, è stato interrogato per tre ore. Ha spiegato tutti i passaggi, gli incontri, i contatti avuti negli Stati Uniti in un secondo viaggio che doveva ulteriormente confermare le conclusioni delle prime quattro puntate dell’ inchiesta del TG1 mandata in onda tra gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio. Una inchiesta che è diventata arroventato terreno di una polemica politica che ha visto scendere in campo adirittura il presidente della Repubblica. Cossiga, in una lettera ad Andreotti, ha chiesto o l’accertamento di verità così clamorose o la punizione dei responsabili di un’informazione intemerata».
Operazioni psicologiche o PSYOP sono operazioni programmate per trasmettere informazioni e indicatori selezionati per il pubblico al fine di influenzare le sue emozioni, motivazioni, ragionamento obiettivo, e in ultima analisi il comportamento di organizzazioni, gruppi e individui.
Scritto e prodotto dal gruppo di Southfront: J.Hawk, Daniel Deiss, Edwin Watson
L’inizio di interesse nelle operazioni di informazione del post-Guerra Fredda può essere fatto risalire all’intervento delle Nazioni Unite in Somalia e al genocidio in Ruanda. I rapporti relativamente onesti e diretti da queste zone di guerra hanno fatto sì che l’opinione pubblica dei Paesi occidentali sia stata un fattore che doveva essere considerato dalle classi politiche. Da qui la protesta al momento circa il cosiddetto “effetto CNN”, che indusse i politici a inviare e/o ritirare le truppe a prescindere da ciò che le élite in realtà volevano accadesse nello stesso tempo. I primi metodi per influenzare l’opinione pubblica manipolando i media, anche se ragionevolmente efficaci, non erano sufficienti. Abbiamo visto i loro punti di forza e limiti durante entrambe le guerre contro l’Irak, in cui la maggior parte dei mezzi di comunicazione è stata effettivamente cooptata attraverso il processo di frequenti conferenze stampa (con abbondanza di video che mostravano le bombe della NATO cadere infallibilmente sui loro ovviamente malvagi obiettivi) e più tardi con “l’arruolamento” di giornalisti per lo più di sesso maschile in unità militari, che naturalmente ha avuto il duplice effetto di compiacere i loro ego e adottare il punto di vista dei militari.
Eppure, nonostante tutto questo, non è stato possibile controllare la narrazione, e il sostegno pubblico per le varie guerre degli Stati Uniti e della NATO è crollato sotto la pressione di notizie scomode provenienti anche da media mainstream che chiaramente hanno mantenuto un certo grado di indipendenza. Ma se corriamo in avanti di un decennio, alle guerre in corso in Libia, Siria, Yemen, Irak, Ucraina, e altre, è chiaro che qualcosa è cambiato. C’è una narrativa dominante che viene spinta da letteralmente ogni fonte dei media mainstream, a prescindere dal loro apparente orientamento ideologico. Ovunque ci si gira, si legge o sente parlare di “barili bomba” di Assad, “massacri” di Gheddafi, o “aggressione russa”. Questi rapporti rappresentano sempre un punto di vista che non è solo del tutto unilaterale, ma anche di fatto sbagliato, pure sulle questioni più fondamentali. Gli USA e la NATO come sono riusciti a raggiungere una tale stupefacente disciplina all’interno dei media occidentali apparentemente liberi e indipendenti? Continua a leggere →
“Anche paesi membri della NATO come la Germania (strage dell’Oktoberfest) e il Belgio (omicidi del Brabante) sono tuttavia stati pesantemente investiti dal fenomeno terrorista. Pensa che esistano collegamenti tra gli eventi che si sono verificati nei vari paesi? Quale obiettiva perseguivano, secondo lei, gli attentatori?
Si, nel corso della Guerra Fredda si sono indubbiamente verificati attacchi terroristici anche in altri Paesi, oltre all’Italia. Ci sono stati attentati anche in Germania, Belgio, Turchia, Francia e Svezia, dove venne assassinato il primo ministro Olof Palme. Per gli storici, è importante considerare ciascun attacco separatamente dagli altri, perché si tratta di crimini molto complicati. Penso tuttavia che esista un collegamento con gli eserciti segreti dell’apparato NATO-Stay Behind anche per quanto riguarda la Germania, dove nel 1989 si verificò l’attentato all’Oktoberfest di Monaco di Baviera, e il Belgio, scosso dalla campagna terroristica che colpì la regione del Brabante, rispetto alla quale sono emerse prove che conducono a un gruppo di destra denominato Westland New Post (WNP) che era a sua volta legato alla NATO. C’è un modello simile: in Italia, il gruppo di estrema destra Ordine Nuovo al quale apparteneva Vincenzo Vinciguerra, era connesso alla rete Stay Behind, e gli eserciti segreti di Stay Behind erano coordinati dalla NATO attraverso due organi segreti, il Comitato Clandestino Alleato (ACC) e il Comitato Clandestino di Pianificazione (CPC). Lo sappiamo grazie ad alcuni generali italiani che hanno partecipato a diverse riunioni di tali organismi. E’ pertanto possibile immaginare che la NATO e gli Stati Uniti abbiano coordinato gli attacchi terroristici in Europa occidentale sferrati da gruppi di estrema destra supportati dagli eserciti segreti di Stay Behind. Il problema è che fino ad ora noi storici ci siamo potuti basare solo su indicazioni, poiché non disponiamo di prove solide, e la NATO non intende assolutamente parlare del terrorismo che ha sconvolto l’Europa occidentale durante la Guerra Fredda. E’una questione molto delicata, naturalmente. Anche la CIA, che supportava gli eserciti segreti di Stay Behind, non vuole parlare di terrorismo in Europa. E nemmeno il presidente Barack Obama è disposto a trattare l’argomento. Si tratta pertanto di un difficile campo di ricerca, ma ciò non ci distrae dal nostro compito di far luce su questa rete di menzogne e violenza.
La proliferazione del terrorismo in Europa occidentale ha visto in molti casi (Italia e Germania in primis) la responsabilità di gruppi neofascisti. Non è però mancato il terrorismo di matrice opposta, messo in atto da fazioni come le Brigate Rosse e la Rote Armee Fraktion. In Italia, le operazioni compiute dalle Brigate Rosse hanno beneficiato di colossali inadempienze da parte delle forze di polizia, talmente evidenti da portare esponenti politici come Sergio Flamigni a pensare a un supporto attivo dei servizi segreti. Quale è la sua opinione in merito a ciò?
Non mi sono occupato in maniera molto approfondita delle Brigate Rosse e della RAF, quindi non saprei. Ho focalizzato i miei studi sugli eserciti segreti della NATO e sull’Operazione Gladio. Ma è più che plausibile, da quel che ho potuto vedere, che i servizi segreti si siano serviti sia delle frange terroristiche di destra quanto di quelle di opposta matrice. Si tratta di un’idea bizzarra per molti comuni cittadini, convinti che i servizi segreti adempiano al compito di proteggere la democrazia dai terroristi. Naturalmente, vanno effettuate ulteriori ricerche riguardo al terrorismo sostenuto dallo Stato.”
Dall’intervista a Daniele Ganser in Il terrorismo in Europa occidentale. Dalla “strategia della tensione” al giorno d’oggi, a cura di Giacomo Gabellini (collegamenti nostri – ndr).
Daniele Ganser, storico svizzero di prestigio internazionale, è ricercatore presso il Centro per gli Studi sulla Sicurezza (CSS) dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) di Zurigo.
In Italia, è stato pubblicato dalla casa editrice Fazi il suo libro Gli esercitisegreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, il più esauriente e dettagliato studio realizzato sull’argomento.
“La questione è tornata alla ribalta a dicembre sulla base aerea francese di Istres in occasione dei primi voli ufficiali del nEUROn di Dassault Aviation, primo dimostratore tecnologico di UCAV a vedere la luce al di qua dell’Atlantico, al cui sviluppo e costruzione – per un costo complessivo (finanziato in gran parte dall’industria) di circa 420 milioni di euro – hanno contribuito i costruttori di Svezia, Italia (con uno share del 22%), Spagna, Svizzera e Grecia [!!! – ndr]. A Istres Alenia Aermacchi ha fatto sapere di voler partecipare al programma Future Combat Air System (FCAS) scaturito dalla “Entente cordiale” nella Difesa raggiunta nel 2010 da Londra e Parigi, un programma che dopo una prima fase di studi dovrebbe portare entro il 2020 ai collaudi di un vero e proprio prototipo di Unmanned da attacco. La nostra industria non vuole – aggiungiamo non deve – perdere anche questo treno. Ma la strada, resa accidentata anche dalle traversie di Finmeccanica e incerta del futuro politico del Paese, è tutta in salita.
(…)
A breve il nEUROn si sposterà a Bruz, vicino a Rennes (Bretagna), presso il Centre d’essais d’electronique della Diréction Générale de l’Armament francese, per sottoporsi a un primo ciclo di verifiche della sua “furtività”. Attraverso il suo ente di ricerca aerospaziale ONERA la Francia sta mettendo a punto nuove metodologie per la determinazione della segnatura radar, che potranno consentire ai radar di scoperta maggiore velocità e precisione di calcolo. A queste prove faranno seguito test in volo con i radar della difesa aerea francese e voli con manovre “join up” in formazione con un caccia Rafale. Poi nEUROn si trasferirà sul poligono svedese di Visel, dove anni fa aveva già operato nelle mani di test pilot italiani il dimostratore Alenia Aeronautica Sky-X, primo UAV europeo di classe superiore a una tonnellata, dotato di caratteristiche di autonomia di gestione del volo e teso a sviluppare gli aspetti peculiari dell’integrazione fra stazione di controllo a terra e velivolo, oltre che le manovre “join up” con velivoli pilotati. In Svezia il nEUROn effettuerà missioni di attacco in modo automatico e semi-automatico e voli di verifica con il caccia svedese Gripen. Nel 2015 approderà infine in Italia, a Perdasdefogu, per sottoporsi a test di tiro reali e a nuove prove di verifica della stealthness.”
Da Alenia Aermacchi fa il punto sull’ UCAV nEUROn e il Typhoon multiruolo, di Silvio Lora Lamia (i collegamenti inseriti sono nostri).
Il nEUROn è un UCAV, acronimo di Unmanned Combat Aerial Vehicle, cioé velivolo da combattimento senza pilota.
Trattasi di aeromobile dotato di caratteristiche di invisibilità o, meglio, di bassa visibilità, che nelle intenzione dei progettisti dovrebbe servire principalmente a effettuare missioni “first strike” contro le difese anti-aeree nemiche, in modo tale da eliminarle aprendo corridoi attraverso i quali i caccia da superiorità e da attacco al suolo possano successivamente operare con minore pericolo. Si paventa persino la possibilità che, fra 15-20 anni, gli UCAV possano cominciare a sostituire i velivoli da combattimento con pilota a bordo anche nei ruoli della superiorità aerea.
Paradigma, quindi, di una forza aerea sempre meno impiegata a difesa di territorio e confini nazionali ma sempre più proiettata in “missioni di pace”, a migliaia di chilometri da casa.
A tal riguardo, è significativo anche il fatto -riferito nel prosieguo dell’articolo in questione- che l’Eurofighter Typhoon nei prossimi cinque anni sarà oggetto di un “sostanziale intervento di adeguamento… alle esigenze dei nuovi scenari”, “cioé l’aggiunta -con interventi nell’hardware ma massimamente nel software- di nuove capacità nell’aria-aria ma soprattutto nell’aria-suolo”.
“E’ una crescita considerevole, priva di compromessi capaci di penalizzare gli scopi per cui l’aereo era stato progettato e realizzato, che erano assolutamente diversi” conclude l’autore.
A buon intenditore poche parole.
Finlandia e Svezia sono, soprattutto la seconda, i più celebrati Paesi neutrali d’Europa. Nell’ultimo anno e mezzo, pressioni vieppiù intense sono state esercitate, sia all’interno che all’esterno, per integrarli pienamente nella NATO.
La piena integrazione di Finlandia e Svezia nel dispositivo militare atlantico pone naturalmente una minaccia ancora maggiore alla Russia, ormai circondata da un “cordone sanitario” occidentale che prevede crescenti dispiegamenti aerei, navali, terrestri, missilistici e di spionaggio dai mari di Barents e Baltico fino al mar Nero.
Russia e Finlandia condividono un confine di 1.200 chilometri, con la Finlandia posta di fronte o vicino a tre mari – Baltico, di Barents e Norvegese – che ospitano regolari sorvoli aerei NATO, i Battaglioni Nordici dell’Unione Europea (legati alla stessa NATO) ed altre formazioni militari, di recente costituzione, che guardano a est verso la Russia ed a nord verso il nuovo campo di battaglia dell’era globale, l’Artico.
Nell’autunno 2007, il ministro della Difesa finlandese Jyri Hakamies, in visita negli Stati Uniti, ha pubblicamente affermato che la più grande sfida alla sicurezza del suo Paese è rappresentata dalla “Russia, Russia, e Russia! E non solo per la Finlandia, ma per tutti noi”. Chiaro.
Finlandia e Svezia – entrambe con truppe inviate in Afghanistan – sono state cooptate nella NATO direttamente od attraverso meccanismi come il Consiglio Nordico (una struttura di cooperazione militare avviata dopo la seconda guerra mondiale insieme a Danimarca, Islanda e Norvegia), i già citati Battaglioni Nordici dell’UE e la crescente integrazione fra i ruoli militari di NATO ed Unione Europea. Nel gennaio 2008, il segretario generale del Consiglio Nordico Jan-Erik Enestam, in un articolo di stampa, ha sostenuto l’opinione secondo cui “la NATO è l’unica importante organizzazione internazionale della quale la Finlandia non sia membro. Potrebbe essere che siano maturi i tempi per l’adesione. Nel frattempo sarebbe importante stabilire una cooperazione più stretta nel campo della difesa con Svezia e Norvegia. Quest’ultima, dopo tutto, appartiene alla NATO”.
A partire da quel momento, una successione ininterrotta di dichiarazioni – ed azioni, per fare il paio – è stata rilasciata dalle bocche e dalle penne dei più importanti esponenti governativi e di partito finlandesi e svedesi, suscitando il gradimento dei funzionari della NATO e del governo statunitense. In maniera rapida ed inesorabile, la NATO ha ormai preso il controllo completo della politica estera dell’Europa e del suo apparato militare, senza lasciare spazio a nessun caso di neutralità. La fine della neutralità militare della Scandinavia ha un importante significato in sé stessa, ma ancora di più rispetto a ciò di cui è esempio. L’integrazione atlantica di Finlandia e Svezia è il dettaglio finale di un “grande” paesaggio composto da nazioni europee – grandi e piccole, occidentali ed orientali, continentali ed insulari – tutte incorporate in un blocco militare in espansione globale controllato da una potenza di un altro emisfero. Continua a leggere →
Tbilisi, 8 agosto – Il presidente della Georgia, il filo-occidentale Mikhail Saakashvili, ha accusato la Russia di condurre una “operazione su larga scala” contro il suo Paese, costretto a fare fronte a un massiccio “intervento militare” dall’esterno dopo che caccia-bombardieri russi Sukhoi-24 avrebbero bombardato i villaggi georgiani di Kareli e Gori, poco a sud del territorio dell’Ossezia del Sud, provincia autonoma ribelle in lotta per le secessione da Tbilisi con il beneplacito del Cremlino. “Sollecito la Federazione Russa a cessare i bombardamenti sulle pacifiche città georgiane”, ha sottolineato il capo dello Stato nel corso di un discorso alla Nazione, trasmesso in diretta alla televisione. Saakashvili ha rivendicato la “liberazione” dalla presenza degli insorti della “maggior parte del territorio dell’Ossezia del Sud”, compresa la capitale Tskhinvali, circondata e bombardata da terra e dal cielo; ma ha nondimeno proclamato la “mobilitazione generale”, riguardante “migliaia” di riservisti. “Vi chiedo di non aver paura degli attacchi in atto”, ha aggiunto il presidente georgiano, rivolgendosi ai connazionali. “Tutti debbono presentarsi ai posti di reclutamento”.
(AGI)
Washington, 8 agosto – Il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, ha detto che il mondo sarà ”nei guai” se la Russia ”la farà franca” dopo gli attacchi avvenuti nel proprio Paese. ”Assomiglia all’attacco dell’Afghanistan, nel 1979. E’ come quando i carri armati russi e sovietici sono entrati in Cecoslovacchia”, ha detto il leader alla CNN. Se Mosca ”la farà franca in Georgia – ha aggiunto Saakashvili – il mondo sarà nei guai”.
(ASCA-AFP)
Washington, 8 agosto – Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha accusato la Russia “di combattere una guerra sul nostro territorio” e ha chiesto in un’intervista alla Cnn l’intervento degli Stati Uniti, grandi sponsor di Tbilisi. Saakashvili ritiene sia ora interesse dell’America intervenire: “Non è più solo una questione georgiana. Si tratta dell’America e dei suoi valori. Noi siamo una nazione amante della libertà che ora si trova sotto attacco”. Da Mosca intanto il ministero della Difesa ha confermato di aver inviato rinforzi, “carri armati e truppe”, alle truppe di interposizione in Ossezia del Sud.
(AGI)
Pechino, 8 agosto – George W. Bush ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti a Tbilisi “in difesa dell’integrità territoriale georgiana e chiede un immediato cessate il fuoco”. Ne ha dato notizia la portavoce della Casa Bianca Dana Perino sottolineando che il presidente a Pechino dove si trova per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi è costantemente informato degli sviluppi della crisi in Ossezia del Sud. A margine dell’inaugurazione il presidente Usa aveva incontrato il premier russo Vladimir Putin con il quale aveva discusso della crisi nella regione separatista.
(AGI)
President George W. Bush waves to the crowd as he and Georgian President Mikhail Saakashvili review military troops during President Bush’s visit to the Georgian Parliament in Tbilisi Tuesday, May 10, 2005. White House photo by Eric Draper
“E’ accaduto. Saakashvili non ha nemmeno cercato di nascondere la mano armata con cui colpiva. Non ha nemmeno fatto finta. Ha detto alla televisione che voleva “ristabilire l’ordine” nella repubblica ribelle. Un “ordine” che non esisteva dal 1992, cioè da 16 anni. Perché adesso? Qual era l’urgenza? Forse che Tbilisi era minacciata di invasione da parte degli ossetini?
La risposta è una sola. Saakashvili ha agito perché si è sentito coperto da Washington, in prima istanza, essendo quella capitale la capitale coloniale della attuale Georgia “indipendente”. E, in seconda istanza si è sentito coperto da Bruxelles. Queste cose non si improvvisano, come dovrebbe capire il prossimo commentatore di uno dei qualunque telegiornali e giornali italiani. Col che si è messo al servizio della strategia che tende a tenere la Russia sotto pressione: in Georgia, in Ucraina, in Bielorussia, in Moldova, in Armenia, in Azerbajgian, nei paesi baltici. Insomma lungo tutti i suoi confini europei. Saakashvili ha un suo tornaconto: alzare la tensione per costringere l’Europa a venire in suo sostegno, contro la Russia; ottenere il lasciapassare per un ingresso immediato nella Nato e, subito dopo, secondo lo schema dell’allargamento europeo e dell’estensione dell’influenza americana sull’Europa, l’ingresso in Europa.
Secondo piccione: chi muove Saakashvili conta anche sul fatto che questo atteggiamento dell’Europa finirà per metterla in rotta di collisione con la Russia. Perfetto! Con l’ingresso della Georgia nella Nato e in Europa gli Stati Uniti avranno un altro voto a loro favore in tutti i successivi sviluppi economici, energetici e militari che potrebbero vedere gli interessi europei collidere con quelli americani.
Javier Solana ha la capacità di sviluppare questo elementare ragionamento? Ovviamente ce l’ha. Solo che non vuole e non può perchè ha dietro di sé, alle sue spalle, governi che non osano mettere in discussione la strategia statunitense, o che la condividono.”
Brano tratto da Quella bandiera europea dietro le spalle del bandito di Giulietto Chiesa.
Per leggere l’intero articolo cliccare qui.
Fotografia dal villaggio di Khetagurovo, Ossezia del Sud. Qui altre eloquenti immagini, astenersi deboli di stomaco.
Una dimostrazione della volontà di dialogo e della “ampia autonomia” offerta da Saakashvili.
Notare che questo individuo, ieri in conferenza stampa, appariva a fianco della bandiera dell’UE, invitando la controparte ad “evitare spargimenti di sangue”…
Arrivano “i nostri”? Bruxelles, 9 agosto – Il segretario del consiglio per la sicurezza nazionale georgiano, Alexander Lomaya, non ha escluso che Tbilisi chieda aiuto militare esterno nel conflitto con la Russia in Ossezia del Sud. ”Non escludo la possibilità che la Georgia chieda alla comunità internazionale un’assistenza militare diretta”, ha detto Lomaya nel corso di una videoconferenza con i giornalisti a Bruxelles. ”Tuttavia, le nostre truppe stanno combattendo gli invasori russi in maniera coraggiosa”, ha sottolineato, aggiungendo che ”ovviamente le risorse non sono uguali”.
(ASCA-AFP)
Tbilisi, 9 agosto – La Georgia “deve fronteggiare un’invasione da parte della Russia”, e dunque necessita di “aiuto internazionale”: è l’appello lanciato dal ministro degli Esteri di Tbilisi, Eka Tkeshelashvili. “Abbiamo bisogno di aiuto urgente, veramente urgente”, ha dichiarato il capo della diplomazia di Tbilisi, collegato in tele-conferenza stampa con i giornalisti stranieri. “Dobbiamo fermare l’invasione russa sul territorio georgiano”.
(AGI)
I camerieri europei si mobilitano Stoccolma, 9 agosto – La Svezia ha tirato in ballo Adolf Hitler per denunciare la Russia, che, secondo Stoccolma, sta portando avanti in Georgia un”’aggressione incompatibile con il diritto internazionale”. ”Abbiamo dei motivi per ricordare come Hitler, poco più di mezzo secolo fà, abbia utilizzato una dottrina del genere per attaccare zone considerevoli dell’Europa centrale”, afferma in un comunicato il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt. Il capo della diplomazia svedese respinge le argomentazioni di Mosca a favore di un intervento militare in Ossezia del Sud, spiegando che non c’è alcuna giustificazione per attaccare un altro Stato con il pretesto di voler proteggere dei cittadini, chiunque essi siano. Secondo Bildt, ”l’offensiva russa contro la Georgia è un’aggressione incompatibile con il diritto internazionale e i principi di base della sicurezza e della cooperazione in Europa”. ”Le conseguenze di questo attacco – conclude il ministro svedese – si faranno sentire per noi e per la Russia per lungo tempo”.
(ASCA-AFP)
Varsavia, 9 agosto – I Paesi baltici membri dell’Ue – Lettonia, Lituania, Estonia e Polonia – hanno chiesto all’Unione Europea e alla Nato di opporsi alla politica ”imperialista” della Russia nei confronti della Georgia. ”L’UE e la Nato devono prendere l’iniziativa e opporsi alla politica imperialista e revisionista nell’est dell’Europa”, affermano i leader dei quattro Paesi in un comunicato congiunto, aggiungendo che ”condannano fermamente” le azioni di Mosca in Ossezia del Sud.
(ASCA-AFP)
Loro sì che se ne intendono di proporzioni! Washington, 9 agosto – Per gli Stati Uniti la Russia in Ossezia del Sud ha fatto ricorso a un uso “sproporzionato” della forza contro le truppe georgiane. Ora deve immediatamente ritirare le sue forze accettando l’offerta di un cessate il fuoco avanzata da Tbilisi. Questa la posizione di Washington espressa da un alto funzionario del dipartimento di Stato. “La risposta è stata di gran lunga sproprozionata rispetto a qualsivoglia minaccia citata dalla Russia. Chiediamo un immediato cessato il fuoco e il ritiro di tutte le truppe”, ha detto in una conferenza telefonica con la stampa.
(AGI)
Secondo Fabrizio Vielmini, collaboratore dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), esperto dell’area caucasica, si tratta di “una situazione esplosiva, piena di rischi, visto che la Russia ha lanciato diversi avvertimenti ed ora rischia di perdere la faccia se non agisce”. Lontana quindi dall’essere una questione meramente interna, secondo Vielmini, gli scontri odierni attengono “al discorso fra la Russia e quel dispositivo che gli Stati Uniti e la Nato hanno messo in atto ai suoi danni”. Bisogna infatti ricordare che la Georgia è uno dei Paesi candidati ad entrare nell’Alleanza atlantica. A questo proposito il ricercatore dell’ISPI si è detto molto contrariato in quanto probabilmente è una delle ragioni che ha spinto la Georgia a comportarsi in questo modo.
“Non si può dire – ha spiegato – che i georgiani siano stati spinti direttamente dagli Stati Uniti, perché molto probabilmente ci hanno messo del loro, però è indubbio che hanno iniziato le ostilità sapendo di avere alle spalle l’appoggio di Washington e della Nato”.
Un appoggio che si è concretizzato “nel versamento di ingenti somme da parte dell’occidente utilizzate dalla Georgia per potenziare il proprio apparato militare”. Gli stessi dati forniti dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) mostrano come negli ultimi anni le spese per la difesa georgiane siano cresciute notevolmente. Mentre nel 2004 solamente l’1,4% del Pil veniva utilizzato a fini militari (anche se il dato, secondo lo stesso Sipri, potrebbe essere sottostimato, ndr) nei due anni successivi il valore è cresciuto prima al 3,3% e poi al 5,2%. Commento rilasciato l’8 agosto u.s.
Michele, hai esagerato! Washington, 9 agosto – La responsabilità del conflitto in Ossezia del Sud non ricade solo su Mosca o sui separatisti osseti ma, “in parte”, anche sulla Georgia. Lo ha detto un alto funzionario del dipartimento di Stato americano, che non nasconde l’irritazione per il comportamento del presidente Mikhail Saakhashvili, grande alleato di Washington: “In tutto questo periodo abbiamo insistentemente e vigorosamente fatto pressione sul governo georgiano affinché mostrasse misura e evitasse qualsiasi escalation. Su questo siamo stati piuttosto chiari”, ha dichiarato il diplomatico dietro condizione di anonimato.
(AGI)
Intanto arrivano i loro, trasportati da “i nostri” Half of Georgia’s 2,000 troops in Iraq plan to leave the country by Monday to join the fight against separatists in the breakaway province of South Ossetia, with the rest following as soon as possible, their commander said.
“First of all we need to remove 1,000 guys from here within 96 hours, after that the rest of the guys,” Colonel Bondo Maisuradze told The Times this morning.
“The US will provide us with the transportation,” he added. Deborah Haynes da Baghdad, 9 agosto
Era un vecchio sogno? Da una delle nostre fonti preferite (che riporta anche una significativa ipotesi di manipolazione mediatica), riprendiamo la notizia che nel febbraio del 2006 il ministro della Difesa georgiano, Okruashvili, si impegnò a dimettersi se non fosse riuscito a riportare l’Ossezia del Sud sotto il controllo georgiano entro la fine dell’anno. Voleva festeggiare l’arrivo del 2007 a Tskhinvali, disse.
Si dimise a novembre accusando Saakashvili di corruzione, incompetenza e violazione dei diritti umani. Poi passò all’opposizione e adesso sta in Francia, che gli ha concesso l’asilo politico.
Nel settembre 2007 Okruashvili rivelò il suo piano per riprendersi l’Ossezia del Sud: “un’operazione su piccola scala che avrebbe causato solo numero minimo di vittime”. Precisò che non avrebbe comportato uno scontro militare su vasta scala.
“Lo sapevano solo quattro persone: io, Saakashvili, Merabishvili e Adeishvili” disse Okruashvili. “Forse anche Giga Bokeria, ma non ne sono certo”.
Dall’Italia, alta diplomazia
Roma, 10 agosto – ”Il presidente Berlusconi è evidentemente molto preoccupato, ma certamente il suo stato d’animo è che se non si fermano le armi sarà impossibile riprendere a parlare”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a Sky Tg24 commentando la drammatica situazione di Georgia ed Ossezia.
(ADNKRONOS)
Georgian soldiers are seen past U.S. and Georgian flags during the opening ceremony of “Immediate Response 2008” at the Vaziani military base, outside Tbilisi, July 15, 2008.
Forces from the U.S., Armenia and Georgia will take part in the international military exercise. REUTERS/David Mdzinarishvili (GEORGIA)
“Nella cronologia dei fatti che precedono l’aggressione c’è un aspetto che merita particolare attenzione: il 31 luglio si è conclusa l’esercitazione militare congiunta di Georgia e Stati Uniti chiamata “Immediate Response 2008”, durante la quale gli istruttori statunitensi hanno addestrato le forze armate georgiane a compiere “operazioni di pulizia” contro i terroristi in zone residenziali. Le esercitazioni comprendevano attività come ripulire i villaggi dei terroristi (presumibilmente in vista dell’impiego dei soldati georgiani in Iraq) e mettere in sicurezza la popolazione civile. Le atrocità perpetrate dalle forze georgiane a Tskhinvali sono frutto dell’addestramento ricevuto dagli istruttori occidentali sotto la cinica copertura della “lotta contro il terrorismo”. I veri obiettivi sono naturalmente completamente diversi. L’ex-ministro degli Esteri georgiano Salome Zurabishvili, che è di certo persona bene informata, ha detto che la presenza degli Stati Uniti in Georgia comprende una vasta gamma di attività, tra cui l’addestramento delle forze armate georgiane e il controllo del corridoio di grande importanza strategica che passa attraverso il Caucaso: l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan ne fa parte. Secondo Zurabishvili l’obiettivo principale dell’attuale conflitto con la Russia è rafforzare la lealtà della Georgia verso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e garantire loro il controllo del paese e di conseguenza del Caucaso Meridionale.
Va notato che l’intensificazione del conflitto ai confini con la Russia ha coinciso con le tensioni nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, dove nei giorni delle Olimpiadi è stato compiuto un altro attacco terroristico. Pochi giorni prima a Bishkek, la capitale del Kirghizistan, è stato scoperto un deposito illegale di armi presso il quale si trovavano dieci militari statunitensi e diversi diplomatici dell’ambasciata americana nel paese. L’aggressione della Georgia contro l’Ossezia del Sud è una guerra nell’interesse di altri, una guerra in cui i georgiani sono destinati al ruolo di carne da cannone. Se all’aggressione contro la piccola regione del Caucaso non verrà posta immediatamente fine, saranno inevitabili altri conflitti regionali molto più estesi di questo.”
L’articolo di Andrej Arešev, analista della Fondazione per la Cultura Strategica, può essere letto per intero qui.
Da quale pulpito
New York, 10 agosto- L’ambasciatore russo all’Onu Vitaly Ciurkin ha definito ‘completamente inaccettabili’ le accuse degli Stati Uniti alla Russia. ‘E’ completamente inaccettabile – ha dichiarato Ciurkin – soprattutto dal rappresentante di un Paese di cui conosciamo i comportamenti in Irak, Afghanistan e Serbia’.
(ANSA)
E a noi no? Pechino, 11 agosto – Il presidente americano George Bush ha oggi definito “inaccettabile” la violenza in Georgia da parte della Russia. “Ho detto che questa violenza inaccettabile, non l’ho detto soltanto a Vladimir Putin (il primo ministro russo), l’ho detto anche al presidente del paese Dimitry Medvedev ha dichiarato oggi Bush in un’intervista concessa da Pechino alla rete televisiva Nbc.
(ADNKRONOS/DPA)
Vignetta. L’ordine del giorno di Saakashvili:
ore 3.00 attacco
6.00 blitzkrieg
7.00 colazione
12.00 vittoria
17.00 richiesta di aiuto. (grazie Mirumir!)
“Mikhail Saakashvili ha quarantuno anni, ha studiato alla Columbia University di New York, ha sposato una simpatica signora olandese, parla con l’accento americano il linguaggio della democrazia e ha lanciato segnali che gli Stati Uniti hanno prontamente raccolto. Dopo avere ricevuto trionfalmente Bush a Tbilisi nel maggio 2005, ha chiesto e ottenuto l’assistenza militare dell’America (un migliaio di istruttori), ha presentato la candidatura del suo Paese alla Nato, sa di essere appoggiato da Washington e quattro mesi fa ha restituito la visita del suo protettore mettendo piede nello studio ovale della Casa Bianca. Dopo essere tornato in patria ha innestato la pericolosa partita delle provocazioni reciproche. Non è necessario dire molto di più per capire la crisi che è scoppiata in questi giorni. È facile comprendere perché un ambizioso e spericolato giocatore d’azzardo georgiano abbia deciso, per meglio sottrarsi alla tutela moscovita, di buttare sul tavolo la carta dell’amicizia americana. È più difficile comprendere perché gli Stati Uniti gli abbiano permesso di farlo così rumorosamente.”
Commento di Sergio Romano su Il Corriere della Sera del 10 agosto.
Servi d’Italia
(Da un’intervista a Pier Ferdinando Casini)
D: Figuriamoci, però, se Putin si lascia convincere dal governo italiano.
R: «Sicuramente no. Abbiamo tutti il senso del limite, non possiamo sperare di ottenere molto. Tuttavia è utile farsi sentire e sottolineare alcuni episodi veramente riprovevoli come il teatrale atterraggio di Putin sul territorio dell’Ossezia. Un’ostentazione che aveva il sapore di un’inutile umiliazione ».
D: In realtà, perfino Bush, nonostante minacci complicazioni nei rapporti con Mosca, sa che non può impedire a Putin di lanciare i suoi carri armati contro la Georgia.
R: «Purtroppo è vero. E siccome bisogna essere onesti nell’assegnazione dei torti, dico che i georgiani hanno sottovalutato la situazione. I russi mettevano da tempo in atto provocazioni in Ossezia. La Georgia alla fine ha reagito offrendo il pretesto a Mosca per intervenire. I governanti di Tblisi confidavano un po’ ingenuamente nell’amicizia con gli Stati Uniti. Ma cosa può fare Washington?».
D: Forse Putin è irritato coi georgiani proprio per i loro buoni rapporti con gli americani.
R: «Può darsi. Però è spaventosa la sua reazione. Assolutamente spropositata. Se la Russia vuole essere una grande potenza deve anche manifestare senso di responsabilità. Deve cercare di limitare al minimo l’intervento. Mentre Putin ha mostrato una totale irresponsabilità. Invece di contenere gli attacchi ha cercato di allargare il conflitto coinvolgendo anche l’altra regione autonoma, l’Abkhazia. Come un bullo di quartiere che sfascia tutto». Onorevole Casini, ci permetta almeno un suggerimento: forse ha bisogno di qualche ripetizione in geografia, ché Vladimir Putin, l’altro giorno, è atterrato sì in Ossezia, ma in quella del nord, esattamente a Vladikavkaz, capitale di una repubblica autonoma che fa parte, a tutti gli effetti, del territorio russo.
Segna per noi, mitico Gorby!
Mosca, 11 agosto – L’ex presidente sovietico Mikhail Gorbaciov è convinto che Tbilisi aveva l’appoggio degli Usa per cominciare una guerra in Ossezia del sud. ‘Senza l’appoggio degli Stati Uniti Tbilisi non si sarebbe azzardata a cominciare la guerra’, ha detto Gorbaciov, a quanto riferisce l’agenzia Itar-Tass. ‘Le azioni della Russia sono totalmente adeguate e non è invece adeguata la reazione dell’Occidente’, ha aggiunto.
(ANSA)
Arrivano i “nostri”
Mosca, 11 agosto – Vladimir Putin accusa gli Stati Uniti. Washington, ha detto il premier russo, sta cercando di intervenire nelle operazioni russe in Georgia trasferendo per via aerea soldati georgiani nella zona del conflitto. “Di fatto alcuni dei nostri partner non ci aiutano, ma tentano di ostacolarci – ha sottolineato Putin – mi riferisco ai soldati georgiani di stanza in Irak, trasferiti a bordo di aerei statunitensi direttamente nell’area del conflitto”. Erano circa mille i militari georgiani impegnati in Irak. Già nelle prime ore del conflitto in Ossezia del sud, Tbilisi aveva chiesto aiuto a Washington per il loro rientro in patria.
(AGI) In verita i militari georgiani in Irak sono circa duemila, per ora gli altri mille rimangono in loco in attesa di sviluppi…
Un barlume di luce
Roma, 11 agosto – Per quanto riguarda il nostro Paese, il ministro degli Esteri Franco Frattini, in un’intervista con La Stampa, ha spiegato che ”l’Italia ritiene che non si possa creare una coalizione europea anti-russa, e in questo siamo vicini alla posizione di Putin. Ma Mosca deve comprendere che il peacekeeping oggi affidato esclusivamente alle sue forze militari dovrà essere discusso con la comunità internazionale”.
(ASCA-AFP)
Soldati ceceni delle forze speciali russe, unità Vostok, a Tskhinvali.
(REUTERS/Denis Sinyakov)
La Georgia ha reclutato mercenari?
Il presidente dell’Ossezia del sud, Eduard Kokoity, denuncia la presenza di soldati mercenari nell’offensiva georgiana contro la repubblica separatista. Egli ha affermato che sono stati coinvolti ucraini, baltici e persone provenienti da altri Paesi. Ha quindi precisato che, al termine della battaglia svolta vicino alla scuola n. 12 di Tskhinvali, sono stati ritrovati i corpi di diversi uomini di pelle nera ed altri con gli occhi a mandorla, tipici delle popolazioni di origine asiatica.
Un funzionario di alto livello dell’intelligence russa, citato dall’agenzia di stampa RIA Novosti, ha parlato invece di tremila mercenari, addestrati da esperti militari americani, che stanno combattendo al fianco della parte georgiana. Qui la notizia dal sito di Russia Today e qui il servizio video della stessa emittente.
Un’italiano racconta
Roma, 11 agosto – “Moltissimi georgiani hanno trovato stupida l’aggressione di Tblisi” contro l’Ossezia del Sud, “la situazione adesso è drammatica e se i raid russi continueranno la Georgia corre il rischio di tornare indietro di 15 anni”. Gaetano Di Gesù, architetto italiano a capo di una serie di progetti nella repubblica caucasica, è appena rientrato da Mosca e racconta le impressioni sugli eventi delle ultime ore, eventi che sono arrivati “in modo abbastanza inatteso”. “Io lavoro in Georgia da tre anni – dice l’architetto – e posso dire che nulla lasciava presagire che le cose sarebbero precipitate in questo modo”.
(ADNKRONOS)
A chi vogliamo credere?
Roma, 11 agosto – La Russia ha preparato l’operazione militare in corso in questi giorni in Georgia da settimane ed è da anni che fa di tutto per accenderne la scintilla. In un’intervista, l’analista americano David Smith, ora direttore del think tank di Tbilisi Georgia Security Analysis Center, un passato nei palazzi dell’amministrazione a Washington, fra l’altro di negoziatore capo per gli Stati Uniti nei colloqui con Mosca sulla difesa e lo spazio e responsabile della politica estera e di difesa per la campagna elettorale di Robert Dole, afferma che non è per niente chiaro cosa stia accadendo sul terreno, perchè i militari russi abbiano voluto oltrepassare i confini dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia.
(ADNKRONOS)
Tbilisi, 11 Agosto – Le truppe russe occupano ormai ‘la maggior parte del territorio’ georgiano. Lo ha detto il presidente della Georgia Mikhail Saakashvili. Intanto il ‘ministro degli Esteri’ della Georgia Iekaterina Tkieshelashvili non sarà domani a Bruxelles all’incontro con il segretario della Nato Jaap de Hoop Scheffer in seguito ‘all’aggravarsi della situazione in Georgia’ con l’ingresso delle truppe russe nel Paese. Lo ha riferito l’Ambasciata georgiana a Bruxelles.
(ANSA) Riusciranno “i nostri eroi” a coinvolgere nel conflitto la NATO? Parrebbe ormai l’ultima spiaggia.
A proposito di NATO
“La sua incauta incursione in Ossezia del Sud ha seriamente compromesso le possibilità della Georgia di entrare nella NATO. Presentando con successo la Russia come un aggressore militare, Saakashvili ha dimostrato ai leader occidentali che se la Georgia entrasse nella NATO, i membri dell’alleanza potrebbero dover mandare le loro forze a combattere una guerra esiziale contro la Russia. I leader dell’Europa occidentale, a questo punto, faranno qualsiasi cosa per evitare un coinvolgimento con la Georgia”.
Commento di Alexander Khramchikhin, ricercatore capo presso l’Istituto di Analisi Politiche e Militari, per RIA Novosti.
Ora tocca all’Abkhazia
Tbilisi, 12 agosto – Soldati e mezzi corazzati provenienti dalla repubblica separatista dell’Abkhazia hanno attaccato questa mattina le forze georgiane nella gola di Kodori, secondo quanto riferisce il governo di Tbilisi. La gola di Kodori era l’unica parte della repubblica separatista dove erano ancora attestate forze georgiane e ieri era giunto un ultimatum da parte russa perchè si ritirassero.
(ADNKRONOS/DPA)
Come lui nessuno
Washington, 12 agosto – ‘La Georgia non si arrenderà mai’, ha detto il presidente Michail Saakashvili, in collegamento da Tbilisi con la CNN a Washington. ‘Noi combattiamo per la nostra libertà – ha continuato – e il prezzo da pagare tornando indietro sarebbe troppo alto. Vorrebbe dire la perdita della libertà, un sentimento che i georgiani hanno conosciuto per decenni e che non possono sopportare’.
(ANSA)
Campagne mediatiche: dopo la Cina tocca alla Russia
“Col passare delle ore è andato scomparendo il nucleo essenziale degli eventi: l’attacco annunciato in diretta TV dell’esercito georgiano contro l’Ossezia del Sud. E l’attenzione si è spostata unicamente sulle azioni da parte russa. Nei telegiornali il filtro è stato perfezionato da servizi di appoggio a quelli provenienti dai corrispondenti, fino a giungere al capovolgimento esatto della notizia che ha trovato emblematica attuazione nell’intervista di Gianni Riotta al TG1 della sera del 9 agosto: infatti alla domanda sul perché secondo lui tutto questo fosse successo proprio nel primo giorno delle Olimpiadi, ha risposto che Putin ha voluto dare in tal modo un segnale al mondo. E’ stato sufficiente sostituire un cognome quello di Saakahsvili con quello di Putin e il gioco era stato compiuto: l’assalto militare in pompa magna della truppe georgiane era scomparso; o meglio l’assalto c’era stato ed era ovviamente russo”.
Giuseppe Iannello su Megachip.
In mezzo alla tragedia, spuntano alcuni episodi comici
Tipo la sceneggiata di Saakashvili a Gori, che i media occidentali davano per pesantemente bombardata dai russi, mentre nel video non si vede alcuna distruzione.
Il Rambo di Tbilisi, aria da vero duro con pistola e giubbotto antiproiettili, non appena sente il rumore di un aereo russo (inudibile dal video) si precipita al sicuro tirando con sé il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. Come dire, visto che ci sono i cattivi anche qui?
Quello che ci insegna la Georgia
“Si dice che i russi potrebbero imporre un nuovo governo in Georgia. Probabilmente è così, ma i russi hanno già raggiunto i loro obiettivi principali. Hanno fatto capire ai loro vicini che una relazione con l’Occidente non garantisce alcuna sicurezza se gli interessi della Russia sono a rischio. Hanno fatto capire all’Occidente che ignorare la volontà della Russia ha un prezzo. E infine hanno fatto capire a tutti che la macchina militare russa, che cinque anni fa era in condizioni catastrofiche, è stata rimessa abbastanza in sesto da riuscire a condurre un’operazione complessa con componenti terrestri, aeree e navali. Certo, è stata un’operazione contro un paese piccolo, ma tante cose potevano andare storte. Non è successo. La Russia non è una superpotenza, ma di certo non è più menomata sul piano militare. Trasmettere questo messaggio, in fin dei conti, potrebbe essere stata la cosa più importante per la Russia.”
Commento di Stratfor, agenzia privata di intelligence statunitense. Qui l’articolo integrale.
Il grande gioco Usa: accerchiare la Russia
“Tutto facile, troppo facile. Può un Paese grande come la Russia e con un passato imperiale arrendersi senza reagire? Ovvio che no, tanto più che il Cremlino si scopre ricco, grazie al petrolio e al gas. Putin, fino a quel momento amico di Bush, reagisce. È offeso e al contempo terrorizzato. Offeso per lo scippo dell’Ucraina, progenitrice e sorella della Grande Russia. Terrorizzato, perché convinto che Washington stia complottando una rivoluzione colorata a Mosca per rovesciarlo. E allora parte la controffensiva. Mosca destabilizza il regime arancione a Kiev, richiama all’ordine il Kazakhstan, il Tagikistan e l’Uzbekistan, che si riavvicinano a Mosca, allentando il legame con gli Usa. Poi si occupa della pratica georgiana. Si schiera al fianco dei secessionisti osseti e abkhazi. Attende l’occasione propizia. Saakashvili gliela offre l’8 agosto con il suo improvvido blitz. Le truppe russe entrano in Georgia. È la prima, grande rivincita di Mosca. Washington è avvertita.”
Marcello Foa su Il Giornale.
Università di Tskhinvali, Ossezia del Sud.
Sopra, 11 agosto 2008.
Sotto, 1 luglio 2008. (Grazie Luca!)
Come lui nessuno, 2° puntata (e promette di continuare)
Tblisi, 12 agosto – “Il Davide georgiano vincerà contro il Golia russo”. Il presidente della Georgia Mikhail Saakashvili continua a non mostrare segni di cedimento e ribadisce che Tblisi mai si arrenderà a Mosca, parlando davanti a 70 persone riunite nella capitale per protestare contro l’intervento militare russo nella repubblica caucasica.
“La Georgia è il brillante più prezioso della corona dell’impero russo”, ha rivendicato ancora Saakashvili, parlando davanti alla folla che innalzava striscioni con scritto “Stop alla Russia”, “Liberateci dalla guerra russa”. “Se noi cadremo – ha avvertito il presidente – ci saranno problemi per tutto il mondo civilizzato. Siamo in prima linea, dopo di noi cadranno l’Ucraina e i Paesi baltici”.
(ADNKRONOS) Una folla di 70 persone?!
Toghe atlantiche in rampa di lancio
L’Aia, 12 agosto – Il Tribunale penale internazionale, che si occupa di crimini di guerra e contro l’umanità, potrebbe aprire un’inchiesta preliminare sul conflitto russo-georgiano. Lo ha annunciato l’ufficio del procuratore capo, Luis Moreno Ocampo. ”Per il momento non abbiamo ricevuto alcuna istanza ma i georgiani ci hanno chiesto un incontro”, ha aggiunto. ”L’apertura di una inchiesta preliminare è una possibilità”, ha spiegato in una nota l’ufficio del procuratore.
(ASCA-AFP)
NATO avanti tutta + un misterioso pacchetto regalo
Bruxelles, 12 agosto – Il conflitto con la Russia per l’Ossezia del Sud non ha modificato la prospettiva di una futura adesione della Georgia alla Nato. E’ quanto ha dichiarato il segretario generale dell’Alleanza Jaap de Hoop Scheffer al termine di un incontro straordinario del Consiglio Atlantico a Bruxelles, dedicato interamente alla crisi caucasica.
(ADNKRONOS/AKI)
Tbilisi, 12 agosto – Gli Stati Uniti stanno preparando la spedizione di un pacchetto di sostegno economico da destinare alla Georgia al fine di mantenere la stabilità del Paese dopo l’esplosione del conflitto con la Russia. Lo ha riferito un alto ufficiale statunitense. ”Stiamo lavorando con il Primo ministro georgiano ed il governo tutto, così come con le istituzioni finanziarie internazionali, per mettere insieme un pacchetto di sostegno economico che possa costruire la capacità di ripresa dell’economia georgiana”, ha detto da Tbilisi il vice assistente del segretario di Stato Usa, Matthew Bryza. ”Non stiamo fornendo alcun dettaglio e stiamo lavorando in fretta su questo”, ha aggiunto il funzionario.
(ASCA-AFP)
La risposta russa in immagini.
Conflitti sotto rete
Pechino, 13 agosto – Georgia e Russia non trovano pace neppure a Pechino, dove è polemica dopo la sfida olimpica di beach volley donne, vinta dalle georgiane. Le russe hanno perso 2-1 contro una coppia di atlete brasiliane naturalizzate georgiane e si sono lamentate: ‘Abbiamo giocato contro il Brasile, queste non conoscono nemmeno il nome del presidente georgiano’, ha esclamato la russa Shiryaeva. E il presidente della federazione georgiana di pallavolo ha replicato con durezza: ‘Russian go home’.
(ANSA)
Questa prospera e fiduciosa comunità internazionale…
Washington, 13 agosto – La presenza russa nelle istituzioni internazionali è a rischio dopo l’azione militare in Georgia: lo ha detto Condoleezza Rice. ‘I russi – ha detto la Rice – hanno detto di voler far parte di questa prospera e fiduciosa comunità internazionale e, francamente, credo che stiano facendo un gran danno alla loro possibilità di integrarvisi’. Ma, ha aggiunto, ‘hanno ora molte possibilità di invertire il corso degli eventi e dimostrare di comportarsi secondo i principi del XXI secolo’.
(ANSA)
A volte tornano… e parlano (bene)
Berlino, 13 agosto – Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha commesso un grave errore nell’attaccare l’Ossezia del Sud, da cui poi è scaturito l’intervento militare russo nella Repubblica caucasica: lo afferma il predecessore di Saakashvili ed ex ministro degli Esteri sovietico, Eduard Shevardnadze, in un’intervista concessa al quotidiano tedesco ‘Bild’. “Da noi la tradizione vuole che nei momenti di crisi anche l’opposizione si allinei con il presidente, senza attaccarlo alle spalle”, spiega l’ex braccio destro di Mikhail Gorbaciov, “ma la Georgia non avrebbe dovuto attaccare Tskhinvali in maniera tanto impreparata. E’ stato un grave errore”. L’ex presidente georgiano, rovesciato nel 2003 dalla ‘Rivoluzione delle Rose’ guidata proprio da Saakashvili, accusa poi gli Stati Uniti di voler tornare a un clima da Guerra Fredda, anche se la Georgia non sarebbe il vero ‘casus belli’. Secondo Shevardnadze, “gli Usa hanno già creato da tempo un clima da nuova Guerra Fredda, ma non a causa della Georgia, bensì mediante il cosiddetto ‘scudo antimissile’ americano in Polonia e nella Repubblica Ceca”. “Quando ero ministro degli Esteri dell’Urss”, prosegue, “ho lavorato con successo, come ha dimostrato la fine della Guerra Fredda, alla distruzione delle armi nucleari e dei missili convenzionali che potevano colpire gli Usa. Adesso però sono gli Stati Uniti che hanno avviato una nuova corsa al riarmo nucleare”.
(AGI)
Come lui nessuno, 3° puntata: “Il Pacifista”
Washington, 13 agosto – Il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, ha dichiarato alla Cnn che le prime reazioni degli Stati Uniti riguardo l’inizio dell’azione militare russa in Ossezia del Sud sono state ”troppo morbide”.
(ASCA-AFP)
Pace?
Tbilisi, 13 agosto – Il Presidente americano George W. Bush ha voluto dire che porti e aeroporti georgiani saranno posti sotto controllo militare americano. Lo ha dichiarato il Presidente della Georgia, Mikhail Saakashvili poco dopo la dichiarazione in cui Bush ha reso noto di aver deciso di inviare aiuti umanitari in Georgia impiegando unità navali e aeree.
(ADNKRONOS) Temiamo seriamente di dover rimandare la chiusura di questo post…
Per favore, mettetevi d’accordo!
Washington, 13 agosto – Il Pentagono ha smentito che l’esercito statunitense prenderà il controllo dei porti e degli aeroporti georgiani come affermato dal presidente Mikheil Saakashvili. ”Non abbiamo bisogno né intendiamo prendere il controllo di alcun porto o aeroporto per fornire assistenza umanitaria alle persone colpite dal conflitto”, ha dichiarato il portavoce Geoff Morrell, aggiungendo che ”semplicemente non è un’esigenza di questa missione e non è qualcosa che intendiamo fare”.
(ASCA-AFP)
Michel Chossudovskj, paventando un blocco navale ai danni dell’Iran da parte di unità statunitensi, britanniche e francesi già nel Golfo Persico o in procinto di arrivarvi, avanza un’ipotesi nient’affato peregrina:
“Nel contesto dei piani bellici diretti contro l’Iran, gli Stati Uniti sono intenti ad indebolire gli alleati iraniani, precisamente Russia e Cina. Nel caso della Cina, Washington sta cercando di intralciare i legami bilaterali di Pechino con Tehran così come l’avvicinamento dell’Iran all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che ha il suo quartier generale a Pechino.
L’attacco georgiano all’Ossezia del Sud mira ad indebolire la Russia, che costituisce un significativo potere militare di contrappeso ed è alleata dell’Iran.
L’obiettivo finale è di isolare l’Iran, tagliarlo fuori dai suoi potenti alleati: Cina e Russia.
Nella mente di Washington, gli eventi in Georgia insieme con la propaganda mediatica possono essere utilmente applicati per screditare ed indebolire la Russia prima dell’imposizione di un blocco navale all’Iran nel Golfo Persico, che potrebbe condurre ad una guerra a tutto campo.
Questa in qualche modo rozza linea di ragionamento tende, comunque, a trascurare le difficoltà e le debolezza dell’apparato militare statunitense così come gli enormi rischi che potrebbero derivare all’America ed al mondo da una contrapposizione intensa e duratura con la Russia.
Nella prospettiva della situazione che si evolve in Georgia e degli impegni militari di Mosca nel Caucaso, gli analisti militari ritengono che la Russia non proteggerà l’Iran e non si opporrà ad un’operazione a guida statunitense contro l’Iran, preceduta da un blocco navale”.
Il campione georgiano di lotta greco-romana Kvirkelia Manucher festeggia dopo aver battuto, nella finale olimpica della categoria fino a 74 chilogrammi, l’atleta cinese Chang Yongxiang.
Notare il simbolo che appare sul fianco della sua tuta da gara, vi ricorda qualcosa?
Come lui nessuno, 4° puntata: “Vittima della Retorica Occidentale”
Washington, 14 agosto – I leader occidentali devono inviare forze di pace in Georgia subito, altrimenti i loro ideali democratici sembreranno falsi.
E’ quanto afferma il presidente georgiano Mikheil Saakashvili in un fondo pubblicato dal Washington Post. ”Solo forze di pace occidentali possono mettere fine alla guerra”, scrive Saakashvili, spiegando di aver ”affidato il destino del mio Paese alla retorica occidentale sulla democrazia e la libertà”. ”Dopo che i georgiani sono stati attaccati, dobbiamo chiederci: se l’Occidente non è con noi, con chi è? Se la linea non viene tracciata ora, quando sarà tracciata?”, si chiede il leader georgiano, secondo il quale ”l’invasione russa delle Georgia colpisce al cuore dei valori occidentali e del nostro sistema di sicurezza del ventunesimo secolo”.
”Se la comunità internazionale permette alla Russia di distruggere il nostro stato democratico e indipendente, darà carta bianca a governi autoritari in altre parti del mondo”, osserva Saakashvili. ”La Russia intende distruggere non solo un Paese, ma un’idea”, continua il presidente georgiano, definendo il regime di Mosca ”crudele” e inaffidabile.
(ASCA-AFP) Oltre che alla retorica, Saakashvili ha affidato il destino della Georgia anche alle armi ed agli istruttori militari occidentali. Quelli statunitensi ora se ne stanno al sicuro in un albergo nel centro di Tbilisi, in attesa di sviluppi.
Condooleezza Rice, medaglia d’argento
In conferenza stampa presso il Dipartimento di Stato, ella ha dichiarato:
“Non è come il 1968 e l’invasione della Cecoslovacchia, quando la Russia poteva minacciare un Paese vicino, occuparne la capitale, rovesciarne il governo e farla franca”. Condy, do you remember Iraq? And Panama?
Brutti, cattivi ed antipatici
Washington, 14 agosto – Le forze armate russe stanno sabotando e mettendo fuori uso le installazioni militari georgiane nella loro avanzata all’interno del Paese. A dichiararlo è un funzionario americano. ”Quando i russi entrano in una installazione militare georgiana abbandonata, non la lasciano così come l’hanno trovata”, ha detto il funzionario celatosi dietro condizione di anonimato. ”Le rendono meno efficienti”, ha aggiunto.
(ASCA-AFP)
Cittadini israeliani sventolano bandiere georgiane ed israeliane durante una manifestazione presso l’ambasciata russa a Tel Aviv. Foto: Gali Tibbon/AFP/Getty Images
Dalla padella allo… Scudo
Varsavia, 14 agosto – Accordo raggiunto tra Polonia e Stati Uniti sull’installazione della base americana per lo scudo antimissile. Gli Usa hanno accettato la richiesta di Varsavia di rinforzare la cooperazione militare fra i due paesi e di installare sul territorio polacco in modo stabile almeno una batteria di missili Patriot. Ieri il presidente polacco Lech Kaczynski aveva fatto appello al governo di Donald Tusk perchè arrivasse presto all’accordo con Washington.
(ANSA)
Varsavia, 14 agosto – Il primo ministro polacco Donald Tusk ha confermato l’avvenuto accordo con Washington sullo scudo anti missilistico. “Abbiamo attraversato il Rubicone”, ha detto Tusk alla rete televisiva Tvn.
(ADNKRONOS/DPA)
Riportiamo integralmente – pur con qualche perplessità – l’intervento del generale Fabio Mini su La Repubblica di giovedì 14 agosto.
“E’ ancora presto per capire chi ha veramente vinto o perso in Georgia. E alla fine non è neppure importante. Per adesso la politica internazionale fa registrare soltanto interventi cosmetici.
Gli Stati Uniti pagano con un’altra batosta d’immagine un avventurismo ad est che hanno cercato di mascherare dietro la Nato. Non si sa bene chi di questa agonizzante amministrazione statunitense abbia dato il via libera al presidente georgiano: i servizi segreti, il Pentagono e il Dipartimento di Stato si staranno rimbalzando la palla come sempre. Eppure uno di loro ha autorizzato la sciagurata operazione georgiana magari con l’intenzione di creare uno dei soliti fatti compiuti.
Il petrolio è un buon motivo ma non l’unico: l’espansione ad est della potenza americana, diretta o tramite altri, è un altro e il controllo sulla Russia e perfino sul’Iran un altro ancora.
Ogni buon motivo non giustificava però né l’istigazione a delinquere dei georgiani né la trappola per i russi e gli osseti.
Se poi il presidente georgiano avesse fatto di testa sua sarebbe ancora peggio: gli Stati Uniti e la Nato avrebbero dimostrato al mondo di non avere il controllo su qualcuno e qualcosa che hanno creato dal nulla. La Russia, che canta vittoria, non è riuscita a dare un’immagine di potenza veramente forte e matura. Ha reagito come avrebbe fatto Stalin (che era georgiano) e questo ha un prezzo sul piano internazionale. La Georgia e il suo leader, soltanto per aver posto in atto un disegno così sciocco e scellerato, dovrebbero essere banditi dal consesso internazionale. A questo punto la Nato dovrebbe rivedere seriamente e profondamente la sua politica di allargamento: i paesi guidati da avventurieri o, peggio, da vassalli volenterosi ma miopi dovrebbero essere cancellati dal novero degli aspiranti all’alleanza.
L’Unione Europea ancora una volta non riesce a far valere una sua politica regionale.
Il fatto è che non ce l’ha e ogni volta si deve affidare ai funambolismi di leader che non hanno il mandato di promettere e, meno che mai, di mantenere quello che promettono.
L’impegno personale profuso dai vari leader con mitiche telefonate è apprezzabile ma esautora e svilisce ancor di più le istituzioni.
Come sempre ora si tenta di passare la mano alle cosiddette operazioni di pace. Ma anche qui le idee sono poche e confuse. Si dovrebbero mandare forze in grado di controllare sia i russi sia gli osseti e i georgiani. Ci vorrebbe una interposizione su una interposizione, ma si parla già di smarcarsi dall’impegno con qualche vascello alla fonda nel mar Nero o con una missione di osservatori. I primi non interverrebbero su niente e i secondi non hanno mai risolto niente.
Anzi sono sempre stati i precursori di altre guerre e destabilizzazioni.
Per quanto riguarda l’Italia, la figura che rischiamo è pessima. Abbiamo forze e professionalità per contribuire ad una buona operazione di pace.
Il fatto che possiamo fare poco perché siamo impegnati su altri fronti è una scusa: la verità è che la politica di sicurezza internazionale sembra essere la prima vittima dei tagli ai finanziamenti.
Non si fa politica o si finge di farla a forza di messaggi promozionali e massaggi estetici perché non c’è più un euro. E se ci fosse dovrebbe servire ad altro.”
“Innanzi tutto, Saakašvili è stato destabilizzato. I Georgiani possono pure essere tutti convinti che i Russi siano gli aggressori (per loro l’Ossezia del Sud è territorio georgiano, e dunque quella russa è stata una violazione della loro sovranità), ma non ignorano di certo che la pretesa “aggressione” russa si sarebbe potuta evitare se il loro Presidente non avesse assunto decisioni rischiose al limite dell’azzardo. Saakašvili dovrà dunque convivere con la responsabilità d’aver scatenato un conflitto perduto rovinosamente, anche se egli cercherà di capitalizzare politicamente l’aurea di rappresentante della “patria aggredita”.
In secondo luogo, il prestigio degli USA – ed in subordine dell’UE – nella regione ha subito contraccolpi non trascurabili. I fatti di questi giorni hanno mostrato come nel Caucaso la bilancia della forza militare penda nettamente verso Mosca. Washington ha potuto rispondere all’offensiva russa con la propaganda, con le dichiarazioni infuocate, con la solidarietà a parole, e probabilmente lo farà pure con generosi donativi per la ricostruzione delle infrastrutture georgiane; ma gli USA non hanno potuto inviare un solo uomo a difendere l’alleato georgiano, a loro dire “aggredito”, ed il Cremlino ha terminato l’operazione solo una volta conseguiti i propri obiettivi. Certo la frettolosa chiusura delle operazioni da parte russa sarà sfruttata da Washington e Tblisi per far credere ch’essa sia dipesa dalle pressioni statunitensi, e così salvaguardare il prestigio della Casa Bianca nella regione.
Il terzo successo di Mosca sta nell’allontanamento dell’adesione alla NATO della Georgia. Se la Georgia fosse stata membro della NATO, a quest’ora l’Europa e gli USA avrebbero dovuto o impegnarsi nella terza guerra mondiale, o perdere la faccia di fronte al mondo. Motivo per cui l’ingresso della Georgia nella NATO è sempre stato condizionato alla risoluzione dei problemi abzako e osseto. Ora più che mai questi problemi sono gravi e le loro possibili conseguenze evidenti. Paradossalmente, il solo modo per Tblisi d’entrare nella NATO, oggi come oggi, sembrerebbe l’annessione di Abchazija e Ossezia del Sud da parte della Federazione Russa: come recita il proverbio, “via il dente via il dolore”. Forse è proprio per questo che Mosca continuerà a tergiversare, rimandando alle calende greche la risoluzione delle due questioni.”
Queste sono le conclusioni a cui giunge Daniele Scalea nel dettagliato articolo dedicato a La guerra nell’Ossezia Meridionale.
Dopo una prima parte dove si illustra la storia della Georgia dai tempi remoti fino alla fine dello Stato sovietico ed una seconda che delinea l’ascesa al potere del presidente Saakashvili, nella terza vengono descritte le premesse del conflitto a partire dalla primavera dell’anno in corso e nella quarta, quella finale, se ne tratteggia l’andamento tentando infine di tracciarne un bilancio parziale, sia per quanto riguarda i fattori militari che la valenza strategica degli eventi e del contesto diplomatico.
Lo trovate qui (oppure, scaricabile in versione .pdf, qui).
Come lui nessuno, 5° puntata: “L’Inviato al Fronte”
Mosca, 15 agosto – Il presidente goergiano Mikhail Saakhasvili ha accusato oggi i russi di aver distrutto con l’aviazione la capitale sud osseta, Tskhinvali. Al russo Kommersant, Saakhasvili dice che la città è stata trasformata in un’altra Grozny, la capitale cecena, e ammette che la Georgia ha aperto il fuoco su Tskhinvali l’8 agosto, ma dopo che sono stati uccisi soldati di Tbilisi.
(ANSA)
Indovina indovinello
“Il bullismo e le intimidazioni non sono un modo accettabile di condurre la politica estera nel 21esimo secolo”.
Chi l’ha detto?
Vi diamo un indizio: dopo è partito per una vacanza in Texas. Facile, no?
Come lui nessuno, 6° puntata: “Il Predicatore”
Saakashvili: “Oggi stiamo guardando il diavolo diritto negli occhi”.
(REUTERS)
Saakashvili con i suoi consiglieri militari
Ora che, con la firma dell’accordo per il cessate-il-fuoco apposta da entrambe le parti, la parola sembra tornata alla diplomazia (ma per quanto? è lecito chiedersi), vogliamo riproporvi alcuni brani del documentario Revolution.com di Manon Loizeau, dedicato alle cosiddette “rivoluzioni colorate” patrocinate dagli Stati Uniti d’America nei Paesi nati a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Il documentario è stato trasmesso durante la puntata di Report andata in onda il 3 giugno 2007. Qua trovate quella parte di testo che riguarda più specificatamente la Rivoluzione delle Rose che ha portato al potere in Georgia Mikhail Saakashvili.
Per leggere integralmente la trascrizione del programma, potete andare qui, scorrendo la pagina fino a circa la metà.
“NARRATORE
Il metodo funziona. La conferma la troviamo in Georgia. Da quando è avvenuta la rivoluzione delle rose nel 2003, il paese si è dichiarato filo americano. Nel pomeriggio la capitale Tbilissi, ospiterà la visita del presidente Bush. Ogni anno gli Stati Uniti elargiscono 100 milioni di dollari alla Georgia attraverso vari progetti umanitari. Ma qui il governo statunitense ha anche una base militare strategica, proprio come in Kyrgyzstan. Quest’uomo, il multimiliardario americano e membro del partito democratico George Soros, ha aiutato i leader della rivoluzione delle rose attraverso la sua fondazione Open Society.
EDOUARD SHEVARDNADZE – EX PRESIDENTE GEORGIA
Questo sono io con Bush padre.
NARRATORE
L’ex presidente della Georgia Eduard Shevardnadze è stato destituito. Ha perso tutto, vive con i suoi ricordi e una chiara convinzione…
EDOUARD SHEVARDNADZE – EX PRESIDENTE GEORGIA
I giovani politici che hanno preso il potere sono stati finanziati prevalentemente da George Soros, il famoso miliardario americano. Non so perché volesse rovesciare il governo della Georgia, ma non si è trattato di una rivoluzione, bensì di un colpo di stato!
NARRATORE
Giga Bokeria Leader Movimento kmara è stato uno dei leader di punta nella rivoluzione georgiana. Lo abbiamo conosciuto a Bratislava. Ora lo incontriamo nel palazzo del Parlamento a Tbilissi. Questo trentaquattrenne va e viene da qui ogni volta che vuole, cosa che si può permettere soltanto il primo consigliere del presidente della Georgia. Questa mattina, va all’Hotel Marriott dove incontrerà Anatoli Lebedko, un leader dell’opposizione bielorussia in cerca di consigli su come innescare una rivoluzione nel suo paese.
(…)
ANATOLI LEBEDKO – LEADER OPPOSIZIONE BIELORUSSIA
In questo momento, abbiamo tanto sostegno politico e promesse di aiuto. Il congresso degli Stati Uniti sta deliberando… dovrebbe inviarci diversi milioni di dollari. Ma siamo ancora in attesa. Il grosso problema continua a essere il denaro!
GIVI
Vi aiuteremo noi! Faremo qualcosa per voi. Vi diremo qual’è il modo giusto per prendere il potere.
GIGA BOKERIA – LEADER MOVIMENTO KMARA
Non pensi che sia meglio che spengano le telecamere? Vi dispiace smettere di filmare? E’ meglio.
NARRATORE
Due ore più tardi, nell’atrio della Banca Centrale, Giga ha addosso gli abiti di primo consigliere. Il presidente della Georgia si sta preparando per incontrare i corrispondenti della Casa Bianca, prima dell’arrivo di George Bush.
NARRATORE
Quest’uomo è l’ospite della serata. Il suo nome è Bruce Jackson. Ufficiale dell’esercito statunitense in pensione, ha lavorato anche per i servizi segreti militari e per la Lockheed – una multinazionale che produce aerei militari. Attualmente, gestisce una fondazione “Progetto per le democrazie in transizione”. E’ presente ovunque fermentino nuove rivoluzioni di velluto.
BRUCE JACKSON – PROGETTO PER LE DEMOCRAZIE IN TRANSIZIONE
La Russia ci preoccupa per via della scarsità di democrazia che sta opprimendo il paese. In Georgia, a Riga, a Bratislava e a Kiev sta succedendo quello che ci aspetteremmo di vedere in ogni nuova democrazia. Perciò nel primo caso siamo piuttosto contrariati, nel secondo possiamo definirci entusiasti. Brian posso presentarti il presidente?
NARRATORE
Con i suoi 36 anni, Mikheil Saakashvili è il presidente più giovane del mondo. Si è laureato in legge ad Harvard e ha un grosso debito con gli Stati Uniti… e lui lo sa.
MIKHEIL SAAKASHVILI – PRESIDENTE GEORGIA
Dopo tutti questi anni di scempi, corruzione e malgoverno, credo che la Georgia sia l’esempio vivente di come la democrazia possa funzionare anche in quest’angolo della terra. Crediamo negli stessi valori in cui credono gli americani, e non abbiamo dimenticato quello che hanno fatto per questo paese negli ultimi anni.
NARRATORE
Sapendo di poter contare sul sostegno costante degli Stati Uniti, il giovane presidente georgiano non ha paura di affrontare il suo ex grande fratello sovietico.
MIKHEIL SAAKASHVILI – PRESIDENTE GEORGIA
Abbiamo detto chiaro e tondo che vogliamo le basi russe fuori di qui. Non sto dicendo che vogliamo cacciarli via, ma le truppe siriane hanno lasciato il Libano in due settimane pur essendo quattro volte più numerose dei russi che sono qui. Bisogna capire che l’impero sovietico non esisterà più sotto nessuna forma.
NARRATORE
A pochi passi di distanza dal presidente georgiano, Bruce Jackson ascolta…
MIKHEIL SAAKASHVILI – PRESIDENTE GEORGIA
Ho detto qualcosa di sbagliato?
BRUCE JACKSON – PROGETTO PER LE DEMOCRAZIE IN TRANSIZIONE
No, signore! Lei non dice mai niente di sbagliato. Ma… Perché il presidente non si prende una pausa? Non è neanche riuscito a bere un bicchiere di vino!
INTERVISTATRICE
Un’altra domanda, se non le dispiace. A volte lei viene dipinto come l’uomo “che fa la rivoluzione nell’ombra”.
BRUCE JACKSON – PROGETTO PER LE DEMOCRAZIE IN TRANSIZIONE
No, mi dispiace per quello che dice la stampa francese, ma non è questa la ragione per cui siamo qui. Qui ci sono anche funzionari di governo e dovreste parlare con loro.
NARRATORE
Bruce Jackson se ne va alla chetichella insieme a Giga. Nel centro di Tbilissi, l’atmosfera si riscalda. L’arrivo di George Bush è previsto entro un’ora. Oltre 200 mila persone si sono riunite nell’ex piazza Lenin, oggi ribattezzata Piazza della Libertà.”
“Ha in realtà i seguenti obbiettivi:
1. Innanzitutto ristabilisce una parvenza di equilibrio di forze nell’Europa Continentale. Che cosa vogliono gli americani da un equilibrio di forze nell’Europa Continentale? Che gli europei non si possano occupare troppo del resto del mondo, in modo da non potersi permettere una politica estera di grande respiro. In poche parole essi vogliono neutralizzarli come concorrenti commerciali sui mercati mondiali. Gli europei continentali non spendono soldi per procurarsi e mantenere basi militari all’estero, vicino ai possibili punti d’intervento. Ciò è proprio quanto vogliono gli americani: il mondo deve essere sgombro soltanto per loro. Non vogliono liti per un mercato estero con Paesi europei che possano intervenire militarmente in loco con efficacia.
2. Il secondo scopo della NATO è il solito che gli americani si prefiggono di raggiungere con tutte le alleanze militari che hanno messo in piedi: il controllo politico ed eventualmente la sovversione violenta dei Paesi membri. Con la scusa dell’Alleanza, gli americani – militari e civili – sono presenti in massa in Europa. Per quanto riguarda i funzionari civili bisogna dire che la presenza di basi americane permette il mantenimento in Europa di larghe rappresentanze di veri e propri agenti della CIA che trovano facili coperture come dipendenti delle stesse. Questa massiccia presenza americana ha un effetto clamoroso sulla politica interna dei Paesi europei: con ogni probabilità, anziché essere sempre più simili alla Corea del Sud, come stanno diventando, questi Paesi sarebbero ora più simili alla Svezia, che non ha mai voluto far parte della NATO.
La loro presenza militare permette poi agli Stati Uniti di lucrare grandi ed insospettabili vantaggi anche su un piano industriale e commerciale, attraverso una potentissima rete di spionaggio. Gli scopi degli impianti d’ascolto della National Security Agency (NSA, il Servizio di informazioni delle Forze Armate americane) in Europa sono essenzialmente due (…). L’intercettazione delle comunicazioni commerciali è il suo settore tipico perché, a causa della loro enorme mole, esse richiedono impianti e capacità tecniche come solo la NSA possiede.
3. Perché gli americani insistono tanto nel voler tenere armi nucleari loro in Europa? Le armi nucleari americane in Europa non rispondono a nessun scopo militare: esse in effetti non difendono l’Europa. Gli americani non vogliono che un’Europa integra, o distrutta in modo “convenzionale”, cada nelle mani dei russi. Invece un’Europa distrutta in modo “nucleare” è l’unica che gli americani sono disposti a lasciare cadere nelle mani dei russi. Per gli americani essa avrebbe cessato per sempre di essere un concorrente sui mercati mondiali. Fu per questo che in Europa, alla fine, non furono stazionate le bombe ai neutroni, le Bombe N, dove la potenza termica ed esplosiva è sacrificata a favore di una altissima emissione di radiazioni mortali per gli esseri viventi. Esse sono così delle bombe che uccidono persone ma che non distruggono manufatti, non in modo rilevante.
In ogni caso ciò che conta è il fatto che una volta presenti armi nucleari americane in Europa, questa non è più padrona del suo destino; è un ostaggio degli americani, completamente nelle loro mani.”
Il brano è tratto da Vecchi trucchi. Le strategie e la prassi della politica estera americana, pubblicato nel 1991: a quasi venti anni di distanza, queste affermazioni mantengono una notevole pertinenza.