La conferenza di Kabul dei donatori pro-Afghanistan appartenenti alla cosiddetta Comunità Internazionale, inizialmente prevista per novembre 2009, è stata spostata a Londra e si terrà il prossimo 28 gennaio.
Il ministro Frattini avrebbe dovuto portare un assegno di 250 milioni di euro per sostenere il governo Karzai.
A quanto trapela dalla Farnesina, l’importo che verrà versato dall’ Italietta di Berlusconi & Napolitano sarebbe intanto lievitato a 315 milioni. Altre spesucce.
L’aggiuntino si sarebbe reso necessario per provvedere in quota spettante al reclutamento nell’esercito e nella polizia dell’ex vicepresidente della Unocal di 70.000 nuovi scarponi di etnia pashtun, appartenenti a clan e tribù capeggiate dai signori della guerra e del traffico di oppio fedeli a Karzai, che in virtù dei nuovi arruolamenti potrà contare su un organico combattente (si fa per dire) di 257.000 militari e militarizzati.
Siamo andati a vedere il PIL dell’Afghanistan e ci è venuto da ridere.
Previsto il congedo, o meglio la smobilitazione graduale, di altrettanti tagiki, uzbeki e hazara che fanno capo rispettivamente a Rachid Dostum, Burhanuddin Rabbani ed Ismail Khan.
Decisione pilotata dalla Clinton dopo il rifiuto di Abdullah Abdullah di partecipare al ballottaggio farsa messo in piedi dalla Segreteria di Stato USA per l’elezione del nuovo presidente dell’Afghanistan, al cui insediamento erano presenti i ministri degli Esteri Kouchner, Miliband e Frattini.
Elezione che ha generato le avvisaglie del terremoto che finirà per radere al suolo le residue speranze del generale-criminale di Abu Ghraib Stanley McChrystal di ottenere con il controllo militare di Enduring Freedom ed ISAF la “pacificazione” del Paese delle Montagne.
Non passa giorno che le minoranze tribali che la Clinton intende mantenere fuori dal governo dell’Afghanistan non manifestino a Kabul bruciando bandiere a stelle e strisce ed innalzino striscioni con offese sanguinose rivolte a Barack Obama chiamato “black dog” per le centinaia di nuovi morti ammazzati causati dai bombardamenti della Coalizione sui villaggi afghani.
La decisione presa dalla Casa Bianca di inviare altri 33.000 militari in Afghanistan porta a 102.000 gli effettivi USA ed i 7.000 chiesti dal Pentagono e dalla Segreteria di Stato alla NATO di Rasmussen, quando saranno schierati sul terreno entro il 2010, faranno lievitare quelli di ISAF (statunitensi esclusi) dagli attuali 36.000 a 43.000, anche se Olanda ed Estonia ritireranno i loro contingenti nel corso del 2010-2011.
I contractor afghani ed “internazionali” che operano a supporto della “sicurezza” della Coalizione Alleata sono stimati in oltre 100mila, con la prospettiva di superare presto i 150.000.
Il personale ONU concentrato nei maggiori centri abitati dell’Afghanistan supera le 5.500 unità.
La “cooperazione internazionale” tra esperti e tecnici della “ricostruzione”, operatori Ong, personale accreditato presso ambasciate e consolati e servizi di intelligence porta in dote dai 3 ai 4.000 addetti.
Il totale tra militari e civili presenti a sostegno di USA, Alleati e governo centrale entro l’anno potrebbe superare le 500.000 unità (!). Una bazzecola modello Vietnam. Continua a leggere
umar farouk abdulmutallab
Come loro nessuno
Prima “fabbricano” il terrorismo:
Washington, 30 dicembre – Non solo avvertì l’ambasciata americana ad Abuja delle posizioni estremistiche del figlio, ma ne parlò anche con la CIA. Secondo quanto rivela la CNN, il padre del terrorista nigeriano che il giorno di Natale voleva far saltare in aria il volo Amsterdam-Detroit ebbe un incontro in novembre con alcuni funzionari dell’agenzia di intelligence americana in Nigeria, ai quali espresse le proprie preoccupazioni sulle visioni radicali del figlio.
(Adnkronos)
Washington, 29 dicembre – La CIA sapeva del pericolo rappresentato dal nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, ma non condivise l’informazione con le altre agenzie di sicurezza. Lo afferma la CNN che cita fonti “bene informate”. L’incontro tra il padre di Abdulmutallab e un funzionario della CIA era stato descritto in modo dettagliato in un rapporto inviato al quartier generale a Langley, ma non era poi stato inoltrato alle altre agenzie.
(AGI)
Poi “scoprono” qualche bell’obiettivo da bombardare:
Washington, 30 dicembre – Stati Uniti e Yemen stanno esaminando una serie di obiettivi in vista di un possibile raid contro le postazioni degli estremisti nel Paese della penisola arabica, dove si è addestrato Umar Farouk Abdulmutallab, il giovane nigeriano che il giorno di Natale voleva far saltare in aria il volo Amsterdam-Detroit.
Lo rivela la CNN, che cita fonti del Pentagono, secondo cui ci si sta preparando nel caso in cui il presidente Barack Obama dovesse decidere un intervento militare contro obiettivi che possano in qualche modo essere collegati a quanto successo la settimana scorsa.
(Adnkronos)
Poiché l’intero Nord America sembra ormai assillato dalla questione dei terroristi che indossano mutande esplosive, vorrei dire qualche parola su questa ultima trovata del teatrino della sicurezza che sembra aver paralizzato la nazione. Le terribili immagini della “mutanda bomba” hanno ormai fatto capolino su internet. Potete vederle, ad esempio, sul sito di ABC News.
Riporto con esattezza ciò che dice il testo nella pagina (non me lo sto inventando, è tutto drammaticamente vero): (Attenzione: una parte del contenuto che segue è piuttosto esplicito, proseguite nella lettura a vostro rischio…).
“La prima foto a sinistra mostra le mutande leggermente annerite e striate, con il pacco-bomba ancora al suo posto”.
Non so come voi la pensiate, ma io credo che se si ispezionasse la biancheria dei passeggeri che prendono l’aereo in questi giorni, si scoprirebbe che almeno metà di loro indossano mutande leggermente annerite e striate e con il “pacco bomba” ancora al suo posto.
La salute gastrointestinale della popolazione è spaventosa! E se a questo si aggiungono il cibo che si trova negli aeroporti e gli snack adulterati che vengono offerti durante il volo, potremmo dire che quasi ogni passeggero dell’aereo rischia di far esplodere un piccolo “pacco-bomba” prima di scendere dall’apparecchio (perché credete che si precipitino tutti verso l’uscita con tanta fretta?).
A dire il vero, non sono certo di quale sia la minaccia più grave alla salute pubblica: la pessima sicurezza aeroportuale o gli effetti della digestione dei pasti offerti durante il viaggio. Ma le due cose hanno un elemento in comune: la biancheria intima…
Il summenzionato articolo della ABC News prosegue affermando che le mutande di questo terrorista contenevano 80 grammi di un materiale esplosivo chiamato PETN, che i test eseguiti dal governo hanno rivelato essere in grado di aprire un (piccolo) buco sulla paratia di un aereo.
Una rivelazione brillante, non c’è che dire. Brillante davvero. L’idea che una mutanda esplosiva possa far saltare in aria un aereo è perfettamente logica, salvo per il piccolo particolare che ci sono di mezzo le chiappe del terrorista!
Se il pacco esplosivo fosse realmente detonato, vi dico esattamente cosa sarebbe successo: si sarebbe sentito un fragoroso botto, seguito dallo svolazzare di pezzi esplosi delle chiappe del terrorista all’interno dell’aereo.
Non sto facendo una battuta. Si tratta di una descrizione realistica del funzionamento di una bomba. Le bombe esplodono verso l’esterno, distruggendo prima di tutto ciò che si trova a loro più vicino. E questo tizio aveva la bomba infilata proprio tra le chiappe del culo. Una “bomba-strizzone”, se volete. Uno strizzone col botto.
Questa è una discussione seria. C’è stato, non molto tempo fa, il tentato omicidio di un principe del Medio Oriente. E’ stato riportato anche dalla stampa. L’assassino era riuscito in qualche modo a infilarsi l’esplosivo nell’ano – giuro che non me lo sto inventando – ed è riuscito a passare agevolmente attraverso i controlli di sicurezza. Poi si è diretto verso il suo bersaglio, ha azionato il detonatore e ha così fatto volare per tutta la stanza le proprie chiappe disintegrate… senza ferire nessun altro.
Brillante, vero?
Pensateci. Nei film sulla II Guerra Mondiale non vedete sempre dei soldati valorosi che si gettano con il proprio corpo su una granata lanciata dal nemico per proteggere i propri compagni dalla deflagrazione? Questo sistema funziona davvero, perché chiunque si trovi sopra la granata assorbe l’esplosione. E’ fisica di base.
Nel caso del terrorista strizzone, costui sta seduto direttamente sopra l’esplosivo! Chi pensate che finirà per assorbire tutta la potenza dello scoppio? Sarà il tizio che ci sta seduto sopra.
Questa è pura fisica. Una piccola bomba inserita nelle mutande qualcuno, rappresenta una minaccia solo per l’idiota che ha le mutande indosso.
(…)
Da I medicinali danneggiano la salute più delle mutande esplosive, di Mike Adams.
Nuove ingerenze
Londra, 3 gennaio – La Gran Bretagna e gli Stati Uniti vogliono rafforzare la loro azione congiunta contro il terrorismo in Yemen e in Somalia. Lo ha annunciato il governo britannico.
Tra le “iniziative concordate un piano britannico-americano per finanziare una speciale unità antiterrorismo della polizia yemenita” mentre in Somalia i due leader “ritengono che serva una forza di peacekeeping più consistente (rispetto all’attuale) e insieme sosterranno questa posizione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
(AGI)
Il babbo nababbo
Prendiamo per esempio il babbo nababbo di Mutanda Boom, Alhaji Umaru Mutallab, il banchiere nigeriano che nell’economia del racconto dei media più importanti serve a dire che “c’è poco controllo”, che “occorrono misure più restrittive” e che serve anche a convalidare l’esistenza di al-Qa’ida, nella sua variante yemenita, in vista delle prossime iniziative belliche.
Il signor Mutallab non è “un” banchiere nigeriano, ma “il” banchiere della Nigeria, un ex ministro ammanicato con uno dei poteri più corrotti dell’Africa, l’uomo più ricco di un paese chiave della produzione di idrocarburi, nonché uno degli uomini più ricchi del continente africano. Come molte banche in giro per il mondo, anche la sua, non appena ha soffiato il vento della crisi, è stata salvata dai cavalieri verdi, quelli che i dollari ce li avevano e non sapevano come investirli. Ad altre banche sarà toccato il Kuwait o la Cina. Alla nigeriana Jaiz Bank è toccato invece mettersi nelle mani della Banca Islamica di Sviluppo, il braccio finanziario della Organizzazione della Conferenza Islamica, con sede a Gedda, in Arabia Saudita, direttamente influenzato dal potere della monarchia saudita.
Mutallab senior non ha faticato a cercarsi partner così ingombranti, perché in anni precedenti aveva contribuito a mettere il suo paese nelle mani di altre istituzioni finanziarie, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Prevedibile l’effetto delle secche ricette finanziarie di Washington su un paese africano complesso. La polizia nel solo 2009 ha ucciso centinaia di persone per controllare i disordini. Ma noi cittadini dell’emisfero Nord avevamo troppe pagine occupate dall’Iran per rendercene conto. Le stesse ricette finanziarie, applicate in Yemen, hanno qualche effetto sui disordini di quel paese, dove Banca Mondiale, FMI e Banca Islamica di Sviluppo hanno investito nel 2009 svariati miliardi di dollari, ora a rischio.
Sappiamo che Obama è molto sensibile agli interessi delle banche, e quindi qualcosa farà, prima che un cambio di regime sgradito in Yemen minacci definitivamente quegli interessi così intrecciati e trasversali.
Torniamo dunque al banchiere, che di questi interessi ne sa qualcosa. Infatti Mutallab non è stato solo banchiere. È stato anche per anni consigliere di amministrazione e in seguito direttore esecutivo della Defense Industry Corporation of Nigeria (DICON). La DICON è la principale industria a produzione militare nigeriana. Assembla su licenza modelli d’arma israeliani e adotta modelli di gestione privatistica della sicurezza in stile Blackwater, ma sempre con istruttori israeliani, dispiegati nelle aree calde del paese. Si tratta di una partnership spinosa, tanto che qualche parlamentare nigeriano ha paventato forti rischi di sovranità e un ruolo eccessivo del Mossad.
(…)
Da Terrorismo: se si indagasse sulla Casta planetaria, di Pino Cabras.