La promozione della pace nel Paese di Hiroshima

Il viaggio in Europa del nuovo Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, nel 2006, ed in particolare le sue visite alle sedi dell’Unione Europea e della NATO meritano probabilmente l’appellativo di storiche. “Una visita storica, destinata a promuovere la pace e la sicurezza nel mondo” l’ha infatti definita José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea.
In effetti, era la prima volta che il capo di governo di un Paese che – per mandato costituzionale – possiede una vocazione pacifista, faceva una visita ufficiale presso il quartier generale di una alleanza militare con l’intenzione – anche se non esplicitamente dichiarata – di prepararne l’adesione come membro a tutti gli effetti.
Non deve quindi sorprendere che la sua campagna elettorale si fosse concentrata sulla revisione della Costituzione, che appunta vieta al Giappone di partecipare a qualsiasi intervento militare. Né che una delle prime misure decise dopo la sua elezione fosse il ripristino, a più di sessanta anni di distanza, del Ministero della Difesa, fra i cui obiettivi prioritari figurano le missioni all’estero. Del resto, Tokio ha già apportato un sostegno logistico alla forza ISAF, la forza militare internazionale sotto comando NATO dispiegata in Afghanistan, ed ha anche partecipato ad un programma di disarmo delle milizie talebane.
Nel contesto della nuova vocazione planetaria della NATO, il direttore dell’Istituto Giapponese per le Relazioni Internazionali, Makio Miyagawa, ha confermato il progetto di “partenariato rafforzato” dichiarando che le due parti si avvicinano sempre più. Acquista allora un significato piuttosto comprensibile il fatto che il Giappone abbia una delle spese militari più alte al mondo, valutabile intorno ai 30 miliardi di dollari.
Da parte sua, Abe ha proposto che il Giappone e la NATO svolgano delle riunioni regolari, auspicando di arrivare in un prossimo futuro a definire un concreto programma di collaborazione.

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