Giorgia Meloni è fascista?

Giorgia Meloni è fascista? Se perderemo le nostre libertà, non sarà per il fascismo: sarà per un altro fenomeno politico-culturale di cui nessuno si accorgerà perché tutti saranno impegnati a cercare il fascismo, a osservare il fascismo, a discutere il fascismo, a controllare che il fascismo non si ricostituisca. Questo accade perché la teoria sociologica non è penetrata nel dibattito pubblico in Italia e, pertanto, il pubblico italiano è privo delle categorie concettuali per decifrare le nuove forme di liberticidio che caratterizzano la società complessa nell’epoca del ritorno delle guerre. Aldo Cazzullo, Massimo Gramellini, Paolo Mieli e moltissimi altri, continuano a interpretare il mondo sulla base di libri, concetti, poesie e frasi fatte che risalgono agli anni Cinquanta. L’Italia non ha bisogno di nuovi giornalisti o nuovi conduttori televisivi. Ha bisogno della teoria sociologica. Il fascismo ha conquistato prima la società civile e poi le istituzioni politiche. La Prima Guerra Mondiale è stata fondamentale nella formazione dello spirito fascista poi divenuto movimento organizzato. È impossibile comprendere il fascismo senza avere prima compreso come la guerra e la vita di trincea abbiano cambiato gli Italiani attraverso la normalizzazione della violenza e dell’intolleranza. Allo stesso modo, la guerra in Ucraina e la guerra in Palestina stanno formando una nuova etica liberticida in Italia che ha conquistato il Foglio, il Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa, Zapping Radio Rai, il Giornale, Libero e tanti altri. La guerra, ancora una volta, forgia in Italia una nuova etica dell’intolleranza che ritrae il pensiero critico come il “nemico interno” dell’Italia. Un tempo erano i “socialisti”, oggi sono i “putiniani”. Se l’Italia perderà tutte le proprie libertà (molte le ha già perse), non le perderà dall’alto verso il basso, procedendo dal governo Meloni verso la società civile. Le perderà prevalentemente dal basso verso l’alto, procedendo dalla società civile verso il governo nazionale, con il contributo fondamentale dei quotidiani e delle trasmissioni radiofoniche che cercano il fascismo fuori di sé anziché dentro di sé. Nessuno vedrà il fascismo arrivare da lontano perché il fascismo è molto vicino. Nelle condizioni del tempo presente, non si tratta di avvistare; si tratta di vedere.
Alessandro Orsini
@orsiniufficiale

Lottate contro Mario Draghi

Mario Draghi, intervenendo alla conferenza europea sui diritti sociali a Bruxelles, ha detto che intende rilanciare la competitività dell’Unione Europea. Certo, alimentando una guerra con la Russia in Ucraina che ha mandato la Germania in recessione. Qualcuno può spiegarmi perché l’Italia si è rimbecillita al punto da proporre Mario Draghi come prossimo presidente della Commissione Europea? Mario Draghi, nel caso in cui non fosse chiaro, si è autocandidato alla presidenza della Commissione Europea con il suo discorso delirante, interpretato come un’autocandidatura persino dalla stampa pro-Draghi. Io non so più come dirlo: Mario Draghi è un grandissimo pericolo per la Repubblica Italiana e per il futuro dei nostri figli. Mario Draghi non ha nessuna autonomia; è un politico completamente telecomandato. È un uomo senza nessun contatto con le persone comuni che non pranzino a ostriche e caviale. È un uomo che ha contatti soltanto con la Casa Bianca. È un uomo che ignora completamente le aspirazioni e i bisogni degli Italiani, come dimostrano le sue politiche in Ucraina ai tempi in cui era presidente del Consiglio. Mario Draghi, posto in qualunque posizione di potere, implica un futuro profondamente schifoso per i nostri figli. Mario Draghi significa: 1) asservimento alla Casa Bianca e moltiplicazione delle guerre, come dimostrano le sue politiche verso l’Ucraina; 2) violazione sistematica del diritto internazionale, come dimostra il suo sostegno a Israele; 3) disprezzo dell’articolo 11 della nostra Costituzione, come dimostra il suo invio di armi in Ucraina per alimentare la guerra dall’esterno anziché spegnerla con la diplomazia come prescrive la nostra Costituzione; 4) disprezzo verso la cultura pacifista a fondamento della Costituzione Italiana; 5) insulti violenti contro il movimento pacifista, che è la struttura portante della società civile italiana, come dimostra la sua frase secondo cui l’Italia sarebbe piena di “pupazzi prezzolati” dal Cremlino quando, in realtà, l’Italia è piena di pupazzi prezzolati dalla Casa Bianca. Mario Draghi è semplicemente un leader politico vergognoso che ricopre l’Italia di vergogna senza uno straccio di voto nel nostro Paese. Ecco perché i suoi incarichi non passano mai attraverso libere elezioni. Draghi non viene mai eletto, viene sempre cooptato perché le persone comuni lo stimano come si può stimare una persona disprezzata. Lottate contro Mario Draghi, uomo di guerra, nemico dei nostri figli, nemico della Costituzione Italiana. Avanzi l’Italia, avanzi la pace, risorga il movimento pacifista.
Alessandro Orsini

Tre gradi di stupidità

Secondo un vecchio detto militare, esistono tre gradi di stupidità: 1) normalmente stupido; 2) esageratamente stupido; 3) Invadere la Russia.
Personalmente questo detto io lo aggiornerei con un 4° grado: partecipare (con false narrazioni e sostegni economico-militari) all’invasione della Russia.
Il mantra mediatico degli imbecilli filo atlantisti e russofobi, piegati ai desiderata statunitensi, recita “La Russia ha invaso/aggredito l’Ucraina”. Noi ben sappiamo che ad aggredire e tentare l’invasione della Russia è da tempo la NATO e, con ciò facendo, la NATO è incorsa nel terzo grado di stupidità.
Ad incorrere nel 4°, tra gli altri, in modo patetico e spesso comico, governanti e media di questa bistrattata Italia.
Finirà che la tentata aggressione alla Russia comporterà il recupero alla madre patria delle terre di sua storica e spirituale competenza: Crimea (fuori discussione) e, come minimo, il Donbass. Se poi gli stupidi del 3° e 4° grado vogliono insistere nella pratica della stupidità, è possibile che i famosi cavalli cosacchi del Don porteranno i loro cavalli ad abbeverarsi alle fontane di Kiev.
L’illustrazione rappresenta la cartina geografica che prima o poi comparirà negli atlanti… sempre se chi di pertinenza cessi di praticare la stupidità. Diversamente c’è il fondato rischio che una futura cartina geografica di quella parte del mondo non comprenda neppure una atlantista Ucraina occidentale.
Maurizio Murelli

4 aprile 1949 – 4 aprile 2024

L’Europa è parte di un grande continente, l’Eurasia, all’interno del quale i popoli hanno bisogno di vivere in concordia, nel rispetto reciproco delle proprie identità. Ma per ottenere questo, l’Europa deve essere libera di decidere autonomamente del proprio destino. Come? Tutti i popoli europei devono diventare consapevoli del fatto che per vivere in un’Europa forte sovrana e indipendente è necessario avere la capacità di difendersi da soli con proprie Forze Armate efficienti, moderne, autonome e integrate. Nonostante l’attuale crisi economica, la UE, con il suo mezzo miliardo di persone, contribuisce a produrre un quarto del prodotto interno lordo mondiale, un’enorme ricchezza che ne conferma la potenza economica e industriale. Le manca l’autorevolezza di una capacità difensiva autonoma, ottenibile soltanto uscendo dalla NATO a guida anglo-americana.
Fabio Filomeni

(Tenente colonnello in riserva dell’esercito italiano, Fabio Filomeni,ha partecipato dagli inizi degli anni ’90 a numerose missioni in Africa, Balcani e Vicino Oriente. Successivamente è transitato al Reparto Addestramento Forze Speciali dove ha svolto l’incarico di istruttore; negli ultimi anni di carriera ha ricoperto l’incarico di responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro in Patria e all’estero.
Il 21 novembre 2023 ha rispedito all’Ambasciata degli Stati Uniti la decorazione assegnatagli per meriti di servizio riconosciuti durante l’operazione effettuata in Bosnia Erzegovina sotto egida NATO)
___
Essendo militarmente occupata dagli USA e quindi costretta a svolgere il ruolo di portaerei statunitense nel Mare Mediterraneo, l’Italia oggi non è libera di adempiere a quella funzione naturale che la sua stessa posizione geografica le assegna, in direzione del Nordafrica e dell’area balcanico-danubiana. Perciò solo la disarticolazione del sistema occidentale e il conseguente passaggio del mondo ad un assetto multipolare potranno consentire all’Italia, integrata in un’Europa unita e sovrana, di valorizzare il proprio potenziale geopolitico.
Claudio Mutti

4 Aprile 2024: 75 anni sono già abbastanza

Per informazioni e contatti sulla giornata di mobilitazione scrivere a danteali_2021@libero.it.

Ulteriori notizie relative alle iniziative nei diversi territori saranno pubblicate nella pagina dei commenti.

75 anni di NATO sono abbastanza!

Dichiariamo il 4 aprile Giornata contro la NATO e la guerra.

Incontro di coordinamento: domenica 24 marzo 2024, dalle ore 14:30 alle 16:30.

In vista del 75° anniversario della fondazione della NATO invitiamo movimenti, organismi e reti ad un incontro per ragionare sulle possibilità di organizzare in tutti i territori che riusciamo a raggiungere manifestazioni nelle modalità e forme definite nei territori stessi.
L’obiettivo è dare un forte segnale, dalla Lombardia alla Sicilia: vi invitiamo a partecipare all’incontro on line che si svolgerà il 24 marzo dalle ore 14:30 alle 16:30 al collegamento https://meet.jit.si/NoNato2024.

Se siete interessati, ma non potete partecipare, scrivete a danteali_2021@libero.it lasciando un vostro recapito. Sarà preparato un breve resoconto dell’incontro per aggiornarvi e tenerci in contatto.

L’Occidente e il nemico permanente

La prefazione di Luciano Canfora al libro “L’Occidente e il nemico permanente” di Elena Basile

Questo libro di Elena Basile, che scaturisce dalla approfondita conoscenza che l’autrice ha della storia diplomatico-militare, risulta illuminante. La ricchezza dei dati e il disvelamento delle connessioni e degli intrecci supportano la tesi espressa nel titolo del volume. Nel solco di tali indagini, si possono prospettare ulteriori scenari.
All’origine della più che secolare vicenda che abbiamo alle spalle vi è il suicidio dell’Europa. Suicidio determinato dalla scelta dell’impero britannico di fermare con la guerra la crescita prorompente e l’allarmante rivalità del ben più giovane impero tedesco. Tale fu la genesi della Grande guerra (1914-1918). Al termine della quale il bastone di comando passò dal malconcio impero britannico al ben più moderno “impero” degli Stati Uniti d’America.
Ma la guerra suicida aveva anche fatto sorgere il nuovo “nemico assoluto”: il comunismo. Non più “spettro” letterario, ma dura formazione politico-statale non disposta a farsi soverchiare. Ora il “nemico assoluto” era ancora più a Oriente, sulla carta geografica. Anche per questo era un “nemico” perfetto. Un nemico rispetto al quale l’“Occidente” tutto poté dispiegare, dando a credere di investirsi di una sorta di moderna “crociata”, tanto la forza quanto la propaganda: ora alternandole, ora coniugandole. Ragion per cui davvero il 1941-1945 costituì una anomalia, dalla quale – scampato il pericolo – furono prese quanto più rapidamente possibile, e con adeguata profusione di oratoria fremente, definitive distanze. Sappiamo chi ha vinto.
Le cose divennero un po’ meno agevoli quando l’“usato sicuro” (“mondo libero” versus “impero del male”, “chiesa del silenzio” etc. etc.) risultò non più calzante. E anzi, per un breve tratto, parve addirittura opportuno, o comunque utile, plaudere alla democrazia ritrovata grazie nientemeno che a Corvo Bianco. E i cultori meno avveduti della “filosofia della storia”, della storia proclamarono, allora, addirittura la conclusione: culminante appunto nella imminente vittoria universale della democrazia (cioè dell’“Occidente”).
Ma non durò. Quando l’Europa, raccolta sotto le insegne di una Unione a trazione tedesca cresciuta di dimensioni geografiche ed essenzialmente economico-finanziarie, cominciò a scoprire che l’ex “impero del male” era un partner interessante e foriero di reciproci vantaggi, il Grande Fratello dovette correre ai ripari. Il che poteva, consentendogli il Patto Atlantico (anch’esso in crescita vertiginosa) di affermare se stesso nel resto del mondo e, al tempo stesso, tenere per mano l’Europa.
In breve fu aggiornato il lessico: non più l’“impero del male” ma la “democratura” fu il “nemico”. Adattata all’incessante flusso degli eventi, l’antica litania poté ricominciare, con ritocchi stilistici e sommovimenti “arancione”. (Altrove provvedevano le primavere arabe, ma anche la distruzione dell’Iraq o il bombardamento sulla Serbia).
Il “nemico” era da capo lì: “Il bieco storione del Volga”, come si espresse un dì un giornalista emotivo nelle focose polemiche degli anni Cinquanta.
Ma nascevano anche nuovi imbarazzi. Che fare della Cina? In assenza di un altro Kissinger che riuscisse daccapo a metterla contro la Russia. Era un problema. Per le api operose che costruiscono l’opinione pubblica nel “mondo libero” si apriva un dilemma non da poco: bisogna scrivere che va a rotoli o invece che è ormai pericolosa perché troppo forte? Bisogna demonizzarla e smascherarla perché non più comunista ma iper-capitalistica, o è meglio ripiegare sul classico e ribadire che incarna più che mai il mostro comunista?
Viene in mente Benedetto Croce, che scrive nel periodico La città libera del 14 settembre 1945: Durezza della politica. Lì Croce prendeva spunto dalla sorpresa di alcuni di fronte al fatto che, sconfitto ormai l’Asse, il nuovo governo inglese, non più conservatore ma laburista, accantonasse, pur sollecitato, ogni ipotesi di buttar giù Francisco Franco, a suo tempo sorretto dall’Asse e agevolato dai conservatori inglesi. Ormai – rilevava – i laburisti, giunti al governo, se la cavano con l’argomento “Ogni popolo è padrone di darsi il governo che vuole”. Con lucida freddezza Croce osservava: in politica, le parole che ammantano l’azione non hanno, né pretendono di avere, un contenuto di verità. “Se gli interessi inglesi”, soggiungeva, “entreranno in conflitto con quelli spagnoli, si assisterà a una rapida mutazione di stile, e la crociata sarà bandita in nome della morale”. Vera vocabula rerum amisimus lamentava lo storico latino Sallustio.
Così, l’“Occidente” non ha mai perso il vezzo di voler fare la lezione al mondo, nel mentre che ha come obiettivo primario di egemonizzarlo, convogliando intorno a sé satelliti contro il “nemico”: con ogni mezzo, dall’assassinio mirato al predicozzo.
Luciano Canfora

(Fonte)

Solo un deficiente

Solo un deficiente (cioè, colui che è manchevole di supporto cognitivo e capacità di ragionamento) può negare che gli USA stanno incendiando il mondo.
Solo un deficiente non capisce che le basi militari americane in Siria, Iraq e altrove nel mondo sono gli avamposti di uno Stato coloniale imperialista e che le genti di quegli Stati hanno il dovere (e non il diritto) di cercare di liberarsene.
Solo un deficiente non capisce le ragioni per le quali gli oligarchi della UE difendono l’indifendibile Ucraina e la finanziano usando gli ucraini come carne da macello.
Solo un deficiente non capisce perché i Paesi baltici più la Germania paventano un’aggressione russa alla NATO entro 5-8 anni e suonano la diana di quella che spacciano come guerra difensiva.
Solo un deficiente non capisce che quando Zelensky annuncia un cambio di strategia nella guerra di aggressione per procura contro la Russia intende adottare lo stile israeliano in voga a Gaza, là dove si bombardano asili, ospedali, centro rifugiati e persino cimiteri. Infatti, ieri ha cominciato a bombardare le panetterie causando 20 morti di Ucraini russofoni in fila a comprare il pane. Per implementare questa nuova strategia, Zelensky vuole estromettere l’attuale capo di stato maggiore sostituendolo con il capo dei servizi segreti, l’artefice degli attentati terroristici in territorio russo, quindi anche in Crimea.
Solo un deficiente non comprende cosa ha in testa Netanyahu e come andrà a finire, al di là delle chiacchiere di mercato degli atlantisti.
Solo un deficiente non ammette che il modello di sviluppo demoliberale è una catastrofe che ha generato nel mondo milioni di diseredati, altrettanti milioni di popolazione della classe media resa schiava di un inalienabile processo consumistico che la rende succube e ricattabile, creando al contempo un clan di plurimiliardari che determinano ovunque le politiche degli Stati asserviti all’egemonia americana.
Solo un deficiente non capisce che l’equazione “democrazia occidentale” uguale a libertà è un ossimoro.
Solo un deficiente non capisce che siamo sotto il tallone di un totalitarismo politico, economico, culturale chiamato liberismo.
Solo un deficiente può pensare “accada quel che accada, tanto io me la cavo”…
Deficienti ne abbiamo? Sì, milioni di milioni e nessun deficiente se la caverà. Certo, anche chi deficiente non è rischia (e magari anche senza “rischia”) di non cavarsela, ma quantomeno si riserva la prerogativa di cadere in piena consapevolezza, da uomo libero e verticale avendo ben chiaro il volto del boia.
Maurizio Murelli

(Fonte)

Sic transit gloria Ukraini

13 maggio 2023, “successo assicurato”. 3 dicembre 2023, “la controffensiva è fallita”. Capite perché da settimane non si parla, sul mainstream, che di fattacci di cronaca, di patriarchi e di patriarcato? Devono tentare di coprire l’enorme fallimento, la disfatta, della NATO in Ucraina. Devono cercare di depistare l’opinione pubblica affinché non si accorga del fatto che, dopo questa disfatta militare occidentale sul fronte ucraino, il mondo sarà irreversibilmente multipolare e la NATO non costituirà più una forza deterrente per stabilizzare l’egemonia globale residua angloamericana.
Paolo Borgognone

L’Italia tradisce la Palestina e la propria tradizione filo-araba

“Le immagini che abbiamo visto mostrano qualcosa di più di una semplice guerra, mostrano il desiderio di cancellare gli Ebrei da questa regione ed è un atto di antisemitismo. E noi dobbiamo combatterlo, oggi come ieri. Difendiamo il diritto di Israele di esistere, di difendere la sicurezza dei suoi cittadini. Siamo assolutamente consapevoli che si tratta di un atto di terrorismo che deve essere combattuto. Pensiamo e crediamo che siate in grado di farlo nel modo migliore, perché siamo diversi da quei terroristi. Dobbiamo sconfiggere questa barbarie: è una battaglia tra le forze della civiltà e mostri barbari che hanno ucciso, mutilato, stuprato, decapitato, bruciato persone innocenti. È una prova, una prova di civiltà. E noi la vinceremo”.

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non perde occasione per dimostrarsi la più atlantista tra gli atlantisti. In missione a Tel Aviv per incontrare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, la Presidente del Consiglio italiana ha recitato più o meno lo stesso copione già recitato quando incontrò Zelensky all’epoca della SMO russa in territorio ucraino. È un modello che funziona molto bene per il mainstream italiano.
Certo, poi, partecipando alla Conferenza del Cairo – il cui risultato è stato uno zero assoluto – ha dovuto cambiare tono e registro, invitando Israele a non cercare “vendetta”. Ma l’effetto cane da guardia era già arrivato sulle prime pagine di tutti i giornali. Nemmeno una parola sui quasi cinquemila Palestinesi uccisi dal fuoco dell’IDF. Per il governo italiano, quelli sono solo danni collaterali.
La politica estera italiana si riduce a una finta esibizione di globalismo filo-Washington, senza alcuna attenzione per la storia italiana e la sua lunga tradizione filo-araba e filo-palestinese. Perché l’Italia non è stata così. Negli ultimi sessant’anni, le relazioni politiche tra Italia e Palestina sono cambiate, parallelamente a cambiamenti più profondi nella politica italiana e palestinese. Per decenni, l’Italia è stata considerata il Paese dell’Europa occidentale più favorevole ai Palestinesi.
Tutto è cambiato all’inizio degli anni Novanta. L’ennesimo cadeau della fine della Guerra Fredda. Il sostegno politico italiano ai Palestinesi ha subito un graduale ma costante cambiamento. L’Italia, infatti, è oggi uno dei più stretti “amici” europei di Israele. Due sono i fattori principali alla base di questo riposizionamento politico. Uno è la trasformazione politica e sociale dell’Italia – il lungo processo di “integrazione” culturale, economica e politica nelle politiche neoliberali globalizzate, strettamente legate all’agenda neo-imperialista – che ha portato ad una drastica revisione degli affari esteri italiani.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha prestato grande attenzione al mondo arabo. Il governo ha cercato di avere un ruolo attivo nella regione, ben consapevole della necessità di stabilire relazioni forti e durature, sfruttando la sua posizione favorevole di “ponte” tra il Medio Oriente e l’Europa. L’Italia ha storicamente cercato di trarre vantaggio dalla sua vicinanza geografica alla regione per stabilire una presenza economica nell’area mediterranea. Ciò è stato evidente nei tentativi di espansione coloniale diretta. In effetti, anche se la politica estera italiana è stata decisamente limitata nel mezzo della crescente polarizzazione tra gli Stati Uniti e la sfera sovietica negli anni ’50, i suoi interessi nel Mediterraneo sono rimasti.
Mentre negli anni Cinquanta e Sessanta ci furono solo timidi tentativi di giocare un ruolo attivo nella questione arabo-israeliana, negli anni Settanta l’Italia deviò verso una posizione più decisamente filo-palestinese. Sotto la guida dell’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro, l’Italia promosse diverse iniziative a favore della causa palestinese. Ad esempio, insieme alla Francia, sostenne la partecipazione di Arafat all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1974. Anche il governo italiano dell’epoca espresse solidarietà per il dramma palestinese, non solo con dichiarazioni e comunicati, ma anche al punto da consentire la presenza ufficiale dell’OLP in Italia nel 1974.
La diplomazia nazionale mirava a garantire che la tensione tra i militanti palestinesi e l’intelligence israeliana non si acuisse in Italia. Con un patto segreto, noto come “Lodo Moro”, l’Italia assicurava ad alcuni gruppi palestinesi la libertà di coordinare e organizzare le loro attività sul territorio italiano in cambio della garanzia che le azioni non si sarebbero poi svolte in Italia. Tuttavia, nel corso degli anni sono emerse molte ricostruzioni secondo le quali sembra che la stessa politica del “far finta di non vedere” fosse rivolta al Mossad.
Sappiamo cosa è successo ai politici italiani che hanno sostenuto la causa araba e palestinese. Aldo Moro (1978) fu rapito dalle Brigate Rosse e ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite. Bettino Craxi fu travolto dall’ondata moralizzatrice di Tangentopoli, lo scandalo che cancellò l’intera classe politica italiana in coincidenza con la fine della Guerra Fredda, e morì esule in Tunisia. Ora la politica estera italiana non è altro che una dipendenza di Washington.

Fonte, tradotto in Italiano da comedonchisciotte.org

Lo “schema Seberg”

Per capire come funziona il mondo dell’informazione nell’“Occidente libero degli amanti della democrazia” utilizzerò lo “schema Seberg”. Jean Seberg era un’attrice nordamericana, musa di diversi registri francesi della cosiddetta “Nouvelle Vague”, da Godard (con il quale girò “À bout de souffle”, vero e proprio manifesto del movimento) a Chabrol. La Seberg aveva un “difetto”, simpatizzava per il Black Panthers Party al quale faceva puntualmente generose donazioni. Ora, in questo contesto non ci interessa discutere le idee politiche della Seberg, se queste fossero valide o meno. Ciò che importa è tenere a mente che questa sua simpatia politica non era affatto gradita all’FBI che su di lei scatenò una vera e propria campagna “mediatica” volta a screditarla sia come personalità pubblica che come attrice. La strategia dell’FBI, nello specifico, si fondava sull’imporre ai giornali scandalistici dell’epoca di pubblicare articoli, scritti sotto dettatura degli agenti di Edgar J. Hoover, concernenti aspetti privati della vita dell’attrice che potessero mettere la stessa in cattiva luce di fronte all’opinione pubblica. Poco importa che quanto venisse scritto fosse vero o meno, tanto, anche se l’attrice avesse sporto denuncia, la verità sarebbe venuta a galla solo quando non sarebbe importato più niente a nessuno.
Adesso, proviamo ad applicare tale schema alle relazioni internazionali tenendo bene a mente anche quanto dichiarò il giornalista tedesco Udo Ulfkotte (anche’egli oggetto di campagne denigratorie piuttosto gravi): ovvero, che i principali mezzi di informazione occidentali (storicamente) pubblicano materiale che viene loro servito da agenzie legate alla CIA o da uomini addestrati dalla stessa (si pensi, in questo caso, alle rivelazioni di Wikileaks sul ruolo della Stratfor Enterprise). Si prenda ad esempio il motivo scatenante dell’aggressione alla Serbia (ex Jugoslavia) nel 1999: il presunto massacro di Račak, quando i miliziani kosovari dell’UCK raccolsero alcuni loro compagni caduti in battaglia per poi vestirli con abiti civili e spararli alla testa onde dare l’idea della fossa comune e di una pulizia etnica portata avanti dalle forze serbe. Si prenda, inoltre, ad esempio il motivo scatenante dell’attacco all’Iraq nel 2003: la sceneggiata di Colin Powell alle Nazioni Unite con lo sventolio in diretta mondiale della fialetta contenente le prove della costruzione di armi chimiche da parte di Saddam. E si prenda ancora ad esempio il motivo che scatenò l’aggressione NATO alla Libia: nessuno, eccetto una violenta campagna nei mezzi di informazione occidentali che parlavano apertamente di migliaia di morti, fosse comuni e di genocidio del popolo libico da parte del “regime di Gheddafi”. Le prove di suddetto genocidio, ovviamente, non vennero mai mostrate per il semplice motivo che non esistevano. Ed anche Human Rights Watch fu costretta ad ammettere che le rivolte dei primi mesi del 2011 portarono alle morte di 373 persone (tra l’altro, in larga parte membri delle forze di sicurezza libiche). Senza considerare che la risoluzione ONU 1973/2011 prevedeva la creazione di una “zona di interdizione al volo” e “misure per proteggere i civili”. Non prevedeva affatto l’inizio di un vero e proprio conflitto contro la Libia (come venne interpretata molto fantasiosamente da Francia, Regno Unito e USA). Dunque, non importa che quanto viene detto sia vero o meno. La cosa importante è la reazione che scatena nel pubblico. In altri termini, la verità è sostituita dalla “sentimentalità”, o dalla sua teatralizzazione. Oggi, non esiste alcuna prova che i miliziani di Hamas abbiano decapitato 40 bambini (così come non c’era alcuna prova che i soldati russi si fossero macchiati di crimini nella cittadina ucraina di Bucha, altra questione passata in cavalleria che nessuno ricorda più). Eppure, i mezzi di informazione continuano a propinare tale notizia come “verità inattaccabile” per preparare l’opinione pubblica ad un nuovo massacro o per la guerra a oltranza.
Daniele Perra

[Fonte – collegamenti inseriti a cura della redazione]

Un po’ di cosine poco simpatiche

Sapete che c’è? C’è che ora dico un po’ di cosine poco simpatiche. Mi dispiace se ci sarà qualcuno che si sentirà toccato, ma questo è quanto sto riscontrando in questi ultimi giorni.
La prima è che c’è tanta, ma tanta, ignoranza in Italia, e nello specifico nell’area del dissenso… Gente che non sa nemmeno in quale parte del mondo si trovi la Palestina che si permette di pontificare contro un popolo oppresso sotto assedio che subisce pulizia etnica, apartheid, torture, espropri da 80 anni.
La seconda è che ancora troppa gente pensa di essersi “risvegliata” solo perché negli ultimi 3 anni ha intuito che ci fosse qualcosa che non andava sulla gestione delle nostre vite, poi, per quanto riguarda quello che succede nemmeno troppo lontano da noi (l’altra sponda del Mediterraneo), si trova a sostenere lo stesso potere che è stato combattuto qui, a casa nostra, cos’è… dissonanza cognitiva?
Gente che non ha mai approfondito alcunché, si trova a parlare di Islam come se fosse satanismo, consapevole o no, che è esattamente ciò che l’Occidente imperial-sionista vuole, e si trova a criminalizzare un intero gruppo religioso perché il potere, lo stesso che gli voleva infilare a forza un ago nella pelle con una sostanza tossica e sperimentale, impone questa narrazione, la stessa gente che non conosce nemmeno la differenza tra la parola “arabo” e la parola “musulmano” e li confonde bellamente utilizzando uno come sostituto dell’altro, ignorando che gli Arabi possono essere musulmani, ebrei, atei, cristiani etc e che i musulmani non sono necessariamente arabi.
Gente che ha avversato il “potere” contro il green pass e ora si trova a fiancheggiarlo nella lotta combattuta dall’alto verso il basso, perché il potere stesso negli anni ha fatto in lavaggio del cervello in questo senso: il tuo nemico è quello che decidiamo noi per te, è chi sta peggio di te, che è diverso da te e in qualche modo ti fa paura. Gente che ha paragonato Hamas agli Azov, così, a caso, dimostrando di non conoscere un beneamato fico secco della storia. Canali e personaggi della contro – informazione che hanno preso ad abbeverarsi da fonti tipo New York Times, Corriere, BBC, etc, anche questo in palese dissonanza cognitiva. Questa cosa è avvilente.
Qui non bastano le notizie, bisognerebbe creare delle scuole e iniziare dalle basi, facendo i disegnini…
Ma se proprio costa fatica dover studiare e capire per poter leggere gli eventi che si susseguono ad una velocità impressionante, c’è un altro modo, una cartina al tornasole, ed è come tratta una notizia la stampa occidentale/italiana: dal momento in cui hanno sparato a zero in questi 4 anni contro chi divergeva dal pensiero dominante (dalla farsa pandemica, passando dalla guerra della NATO contro il Donbass per arrivare al cambiamento climatico)… come fate ancora a credere alle cazzate che dicono?
Ma le bastonate prese non sono bastate?
Ma quando pensate sia il caso di risvegliarsi anche da questo torpore?
Francesca Quibla

Fonte

La dittatura dei numeri, trenta mesi dopo

Andrei Martyanov, probabilmente uno dei migliori analisti geopolitici in circolazione, nella primavera del 2021 scrisse il seguente articolo, per la cui lettura integrale rimandiamo al collegamento segnalato in fondo.
A trenta mesi di distanza e con l’operazione militare speciale russa in Ucraina ancora in corso, l’autore ci invita a riconsiderarne i contenuti paragonandoli alla realtà attuale.

“Considerando il livello culturale estremamente basso dell’Occidente nel campo della geopolitica pratica e della sua ramificazione pseudo-scientifica, la geoeconomia, che, negli ultimi 30 anni, non è riuscita a fornire nemmeno la più vaga descrizione del mondo emergente, non ha più importanza se gli Stati Uniti “controllano,” o no, l’Europa. Le ragioni del totale fallimento di quelle previsioni “accademiche” e delle politiche che ne derivano sono numerose, ma alcune di esse meritano di essere sottolineate.
1. L’Europa non è più un partner commerciale cruciale per la Russia e, negli ultimi anni, il commercio bilaterale è crollato. La tendenza continuerà e non è solo dovuta alla pressione dell’America sull’UE, ma è il risultato del costante cambiamento della Russia, sia del suo modello economico che del suo riorientamento verso l’Asia, che ora è in gran parte completato. La Russia, semplicemente, non ha più bisogno di molti i quei beni che comprava dall’UE. La politica di sostituzione delle importazioni ha avuto abbastanza successo e la Russia si sta isolando economicamente dall’Occidente.
2. Il tanto discusso gasdotto Nord Stream 2 non è più un progetto economico cruciale per la Russia. Se il progetto venisse sabotato dagli Stati Uniti e dai suoi cagnolini europei, come la Polonia, la Russia sarebbe in grado di assorbire le perdite, ma per la Germania, e l’UE in generale, questo sabotaggio si tradurrebbe in una catastrofe, a causa delle politiche energetiche suicide dei Verdi europei, politiche che rendono i costi dei prodotti europei estremamente energia-dipendenti. In realtà, i tentativi dell’America di sabotare il Nord Stream 2 sono diretti principalmente contro l’UE in generale, e la Germania in particolare, non contro la Russia in sé.
3. Gli Stati Uniti hanno perso la corsa agli armamenti. Il processo di acquisizione dei sistemi d’arma e la dottrina militare americana non possono più essere visti come un processo normale, cioè logico e giustificato. Pur essendo ancora in grado di produrre alcune piattaforme e sistemi di facilitazione d’avanguardia, come elaborazione dei segnali, reti di computer, comunicazioni e sistemi da ricognizione, in termini di armi vere e proprie gli Stati Uniti sono indietro rispetto alla Russia non di anni ma di generazioni. Come ammesso dal recente rapporto del Congressional Budget Office sulla difesa missilistica, uscito nel febbraio 2021, gli Stati Uniti sono indifesi contro le salve combinate dei nuovi missili da crociera della Russia e non c’è nulla che possa fermarli. Nulla. I sistemi di difesa aerea degli Stati Uniti rimangono drammaticamente indietro rispetto a quelli russi e il divario cresce, mentre l’S-500 russo inizia ad essere prodotto in serie e l’ultimo modello di S-350 è già in distribuzione alle unità di prima linea.
4. Gli Stati Uniti, semplicemente, non sono in grado di sviluppare un moderno missile supersonico anti-nave e la Marina statunitense è costretta, incomprensibilmente, a comprare il Kongsberg Naval Strike Missile norvegese, un insoddisfacente missile subsonico che non può competere con le moderne armi d’attacco supersoniche e ipersoniche schierate dalla Russia e che non sopravviverebbe contro una moderna difesa aerea e in presenza di contromisure elettroniche.
5. Infine, il livello intellettuale e di consapevolezza delle moderne élite americane è in un precipitoso declino, che, nel 2020, ha portato all’inevitabile e imbarazzante risultato delle ultime elezioni americane, in particolare allo scandaloso dibattito tra due candidati geriatrici che ha trasformato gli Stati Uniti in uno squallido show televisivo da avanspettacolo. La conseguente perdita di legittimità e l’ennesima riconferma dell’America come entità incapace di accordi, non potrebbero fare di più per rafforzare la già compromessa reputazione dell’America di bullo prepotente con a capo una classe dirigente incolta e ignorante.

Gli Stati Uniti già non riescono a soddisfare una serie di criteri indispensabili per lo status di superpotenza, tra i quali quello militare è cruciale. Se, nel 2014, alcuni “strateghi” militari americani avevano ancora l’idea suicida di combattere la Russia in Ucraina con armi convenzionali, oggi, nel 2021, tale idea è assolutamente folle, perché gli Stati Uniti non possono vincere una guerra convenzionale nelle vicinanze della Russia e qualsiasi forza statunitense sarebbe annientata. Questo lascia agli Stati Uniti solo due opzioni:
1. Dando retta alla loro stessa propaganda, potrebbero cercare di scatenare il caos in Ucraina, provocare la Russia in un’operazione militare diretta e poi introdurre truppe USA e NATO nel teatro delle operazioni. Qualsiasi piano del genere è destinato a fallire miseramente, perché non solo una tale forza sarebbe annientata, ma le nazioni NATO partecipanti dovrebbero prendere in considerazione la possibilità che le loro stesse installazioni militari siano distrutte da armi da stand-off. Questo solleva la possibilità di un’escalation da parte degli Stati Uniti verso la soglia nucleare, il che significa che gli Stati Uniti potrebbero cessare di esistere come Paese. Questo è un esito non certo desiderabile e la maggior parte dei politici statunitensi ( a parte alcuni gravi casi di disturbi psichiatrici da russofobia, numerosi nell’attuale amministrazione e nelle élite americane) capisce cosa significhi. Quindi, anche se non del tutto impossibile, la probabilità che un tale piano venga attuato è piuttosto bassa. Per non parlare del fatto che, per gli Stati Uniti, un conflitto convenzionale alle porte della Russia richiederebbe un concentramento di forze e di mezzi da far impallidire quello della Prima Guerra del Golfo, e lì gli Stati Uniti avevano impiegato quasi 6 mesi per completarlo.
2. Quindi, ciò che realisticamente rimane è spingere l’Ucraina in una campagna suicida contro una Russia già designata come aggressore prima ancora che vengano sparati i primi colpi. Quello che gli Stati Uniti non capiscono è che questo slega le mani alla Russia che ha già una schiacciante dominanza di escalation non solo sull’Ucraina, ma su qualsiasi altra cosa potrebbe essere tentata in termini di “sostegno” all’irrazionale regime di Kiev. La Russia ha molte opzioni, gli Stati Uniti ne hanno solo una: hanno bisogno della guerra nel Donbass, che, secondo il pensiero di Washington, permetterà di spingere gli Europei alla sottomissione, cosa che, a sua volta, dovrebbe consentire agli Stati Uniti di salvare il proprio status egemonico. Non sarà così, nemmeno se l’Europa fosse costretta alla sottomissione.
Gli Stati Uniti hanno oggi un’unica risorsa, sempre più inefficace, che permette loro di rimanere rilevanti: la realtà virtuale della stampa monetaria e della propaganda mediatica. Però non si possono nascondere per molto tempo le città decrepite dell’America, le rivolte di massa, la distruzione del sistema educativo, l’incompetenza dei vertici politici e militari, le pratiche sociali suicide e il crollo dell’ordine pubblico, aggravato dalle enormi file ai banchi alimentari. Ora sono sotto gli occhi di tutti e persino la sottomissione dell’Europa e, presumibilmente, l’apertura dei mercati europei a quei pochi articoli che gli Stati Uniti possono ancora fornire ai loro clienti, non cambierebbe il fatto che gli Stati Uniti, come sono oggi, non hanno futuro, con o senza Europa, e che devono ancora confrontarsi con l’immensa capacità produttiva della Cina e con l’avanzata potenza militare della Russia che spingono all’unificazione del mercato eurasiatico, e questo indipendentemente dal fatto che gli Stati Uniti scatenino, o meno, la guerra in Ucraina. Anche senza l’UE, il mercato eurasiatico renderà insignificante qualsiasi cosa gli Stati Uniti potrebbero “recuperare” per evitare la retrocessione in serie B.
Gli USA non sono in grado fermare un processo in corso da anni, da quando la Russia, dopo il sanguinoso colpo di Stato in Ucraina, aveva capito che non c’era nessuno con cui parlare in tutto un Occidente che, oltre a perdere la sua potenza militare ed economica, aveva iniziato a disintegrarsi dall’interno a causa della sua stessa società, sempre più totalitaria e incapace di affrontare il fatto che viviamo ancora in un mondo altamente industrializzato che ha bisogno di energia, impianti industriali e armi per difenderli. Cina e Russia sembra che tutto questo lo abbiano già capito e perciò il destino degli Stati Uniti è segnato. Bill Clinton, nel 2000, poteva anche aver pensato di aver “tracciato la nuova rotta per una nuova economia,” peccato però che per lui, e per gli Stati Uniti, la “nuova economia” si sia rivelata essere una vecchia economia. Pensava forse che jeans, smartphone e motori a razzo crescessero sugli alberi?”

Fonte

Ucramina

Caro Ministro Antonio Tajani, noto che ha pubblicato le foto del premio ricevuto da Zelensky per avere dato il suo contributo alla distruzione dell’Ucraina. Siccome la controffensiva ucraina – invocata, armata e finanziata anche da lei – è un fallimento spaventoso, volevo chiederle, gentilmente e rispettosamente, quando pensa di dare questo annuncio ufficiale agli italiani.
Caro Tajani, in quale data il ministro degli Esteri italiano annuncerà che la controffensiva ucraina è stata il più grande fallimento della storia universale con decine di migliaia di giovanissimi ucraini morti per non conquistare niente mentre la Russia diventa sempre più ricca grazie al petrolio ed equipaggiata con armi sofisticatissime che sopravanzano persino quelle della NATO, e l’Unione Europea in recessione?
Caro Tajani, mi auguro di non averla disturbata troppo. Ma sono certo che avrà la sensibilità di capire che, a causa della guerra che lei sta alimentando senza fare niente per la pace, l’Ucraina è diventata un cimitero a cielo aperto e che l’Italia ha un piede nella fossa.
So che lei non è avvezzo a ricevere queste domande perché il sistema dell’informazione sulla politica internazionale in Italia è corrotto fino al midollo, ma capirà che, nelle democrazie liberali, le domande che il giornalismo mainstream sarebbe tenuto a fare sono proprio queste.
Grato dell’attenzione, le giunga la bella notizia che Mario Draghi l’ha candidata al premio finale per la distruzione totale dell’Ucraina. Il premio si chiama: “Ucramina” ed è stato progettato per ricordare tutti i bambini ucraini e russi uccisi anche grazie all’ottavo invio di armi da lei orgogliosamente sbandierato in queste ore.
Bravo, Tajani, continui così.
Alessandro Orsini

Fonte

Il generale Roberto Vannacci e la Task Force 45 in Afghanistan


Per documentarsi in merito alla Task Force 45, della quale il generale è stato comandante, sono disponibili diversi testi consultabili qui (scorrendo la pagina dal basso in alto per osservare l’ordine cronologico di pubblicazione).
In particolare, si consigliano gli articoli scritti dal compianto Giancarlo Chetoni, forse il primo autore in Italia ad averne parlato con cognizione di causa.

Perfetti conosciuti


La famosa controffensiva ucraina di primavera, annunciata in autunno-inverno e partita in estate, si sta rivelando un disastro. E aggiungiamo “purtroppo”, perché significa altri morti, feriti, profughi e distruzioni. Ma la notizia – confermata financo da Kiev e dalla stampa atlantista – può stupire solo chi confonde l’informazione con la propaganda. Non noi del Fatto, che abbiamo la fortuna di ospitare analisti indipendenti e informati e fin dall’inizio abbiamo scritto come sarebbe finita: malissimo. Infatti ora il rischio è che il flop ucraino inneschi una controffensiva russa, come da avvisaglie a Kharkiv, Kupyansk e Odessa. Diversamente da chi ha passato 17 mesi a infilarci in liste di putiniani e un mese fa ci iscriveva fra gli sconfitti del golpe-operetta di Prigozhin (che poi ha deluso il fan club), noi non combattiamo guerre a mezzo stampa e non chiediamo a Tizio o Caio di scusarsi per ciò che ha scritto. Ma gli “esperti” che dal 24 febbraio 2022 non ne azzeccano una puntando il dito su chi le azzecca tutte dovrebbero almeno dare una controllatina alle loro fonti, per limitare le balle e il ridicolo. Magari domani le loro previsioni si avvereranno tutte insieme. Ma al momento Putin non è caduto, l’economia russa non è in default, le sue fabbriche producono più di prima (più missili degli USA), le sanzioni danneggiano più i sanzionatori che il sanzionato, l’isolamento di Mosca non esiste (ora, oltre a Pechino, c’è pure Riad), il FMI raddoppia la stima sul suo PIL mentre quello europeo ristagna, gli auto-bombardamenti russi ai gasdotti, alla centrale di Zaporizhzhia e al ponte di Crimea erano bufale, l’armata russa continua a ricevere truppe, armi e munizioni fresche, le sue difese dentate e minate nelle quattro regioni occupate reggono e fanno il tiro al bersaglio sui costosissimi Leopard 2 tedeschi e sui Bradley americani, mentre i soldati ucraini stremati, impreparati e senza ricambi vengono mandati al macello in trincea da comandanti senza strategia. Come ripete da mesi il generale Milley, capo di tutte le forze USA.
Stiamo parlando dell’esercito più armato e più finanziato d’Europa: l’invincibile armata dell’Ucraina+“NATO allargata” (40 Paesi contro uno) che finora non ha neppure scalfito la tragicomica “armata rotta” di Putin. Infatti, non riuscendo a riconquistare che piccoli fazzoletti di terra, Zelensky si sfoga con attentati in Russia e in Crimea di nessun peso militare, solo per convincere un Occidente svenato, scettico e diviso a non mollarlo. Se le nostre Sturmtruppen cambiassero registro, o almeno occhiali, potrebbero persino scoprire che chi rischia l’umiliazione non è Putin, ma Zelensky. E il negoziato non conviene alla Russia, ma all’Ucraina, finché ne resta qualcosa.
Marco Travaglio

Cime tempestose

Il CAI ha proposto lo stop alle croci sulle vette poiché questo simbolo cristiano sarebbe “anacronistico e divisivo”. Ecco come si potrebbero presentare, in alternativa, le vette italiane per dare un’immagine più “moderna e inclusiva” della nostra società. Manca la bandiera della NATO ma, se si avrà la forza di superare le ipocrisie residue di una classe dominante armata che si dice pacifista mentre scatena la Terza Guerra Mondiale, si rimedierà presto…
Paolo Borgognone

Come la NATO ha sedotto la Sinistra europea

Il movimento contro la guerra si è ridotto a circo progressista,
di Lily Lynch, scrittrice e giornalista che vive a Belgrado, per Unherd, 16 Maggio 2023

Nel gennaio 2018, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg tenne una conferenza stampa senza precedenti con Angelina Jolie. Mentre InStyle riportava che Jolie “era vestita con un tubino nero con le spalle scoperte, una mantellina abbinata e classiche decolleté (anche nere)”, c’era uno scopo più profondo in questo incontro: la violenza sessuale in guerra. La coppia aveva da poco scritto insieme un pezzo per il Guardian dal titolo “Perché la NATO deve difendere i diritti delle donne”. Il tempismo era significativo. Al culmine del movimento “MeToo”, l’alleanza militare più potente del mondo era diventata un’alleata femminista. “Porre fine alla violenza di genere è una questione vitale di pace e sicurezza, nonché di giustizia sociale”, scrivevano. “La NATO può essere un leader in questo sforzo.”
Questo è stato un volto nuovo e progressista per la NATO, lo stesso che ha da quando lo usò per sedurre gran parte della Sinistra europea. In precedenza, nei Paesi nordici, gli atlantisti hanno dovuto vendere la guerra e il militarismo ad un pubblico in gran misura pacifista. Ciò si ottenne in parte presentando la NATO non come un’alleanza militare rapace ed a favore della guerra, ma come un’alleanza di pace illuminata e “progressista”. Come Timothy Garton Ash effondeva sul Guardian nel 2002, “La NATO è diventata un movimento europeo per la pace” dove è possibile guardare ”John Lennon che incontra George Bush”. Oggi, al contrario, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina su vasta scala, Svezia e Finlandia hanno abbandonato le loro tradizioni di lunga data di neutralità e hanno optato per l’adesione. La NATO è rappresentata come un’alleanza militare — e l’Ucraina una guerra — che anche gli ex pacifisti possono sostenere. Tutti i suoi sostenitori sembrano cantare “Dai alla guerra una possibilità” [parafrasano il “Give peace a chance” di Lennon – n.d.c.].
La campagna di Angelina Jolie segnò una svolta drammatica in ciò che Katharine A. M. Wright e Annika Bergman Rosamond chiamano “la narrativa strategica della NATO” in diverse modalità. In primo luogo, l’Alleanza ha abbracciato lo status delle celebrità per la prima volta, permeando il suo marchio insignificante con il glamour e la bellezza d’élite. Lo status di celebrità della Jolie ha fatto sì che le immagini seducenti dell’evento raggiungessero un pubblico apolitico con poca conoscenza della NATO. In secondo luogo, la partnership sembrava inaugurare un’era in cui i diritti delle donne, la violenza di genere e il femminismo avrebbero assunto un ruolo più importante nella retorica della NATO. Da allora, e soprattutto negli ultimi dodici mesi, leader femminili telegeniche come il primo ministro finlandese, Sanna Marin, il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, e il primo ministro estone, Kaja Kallas, hanno servito sempre più come portavoce del militarismo illuminato in Europa. L’Alleanza ha anche intensificato il suo impegno con la cultura popolare, le nuove tecnologie e gli influencer giovanili.
Naturalmente, la NATO è sempre stata attenta alle pubbliche relazioni ed a lungo ha coinvolto la cultura, l’intrattenimento e le arti. Chi potrebbe dimenticare l’album del 1999 Distant Early Warning del duo elettronico Icebreaker International, registrato con il finanziamento della defunta “NATOarts” ed ispirato dalle stazioni radar lungo l’Alaska e la periferia settentrionale del Canada costruite per avvisare la NATO di un attacco nucleare sovietico in arrivo? O il film del 2007 HQ, prodotto dalla divisione diplomazia pubblica della NATO, che descrive la vita all’interno dell’Alleanza ed una finta risposta diplomatica ad una crisi nello Stato immaginario di Seismania? Risulta quasi tutti. Ma ciò che rende così efficace la svolta strategica più recente della NATO è che ha riecheggiato con successo le tradizioni e le identità locali progressiste dei Paesi candidati.
Nessun partito politico in Europa esemplifica meglio il passaggio dal pacifismo militante all’ardente atlantismo pro-guerra dei Verdi tedeschi. La maggior parte dei Verdi in origine aveva assunto posizioni radicali durante le proteste studentesche del 1968; molti avevano manifestato contro le guerre americane. I primi Verdi sostenevano il ritiro della Germania Ovest dalla NATO. Ma quando i membri fondatori entrarono nella mezza età, cominciarono ad apparire nel partito incrinature che un giorno lo avrebbero fatto a pezzi. Due gruppi cominciarono a fondersi: i “Realos” erano i Verdi moderati, pragmatici politicamente. I “Fundis” erano il gruppo radicale e intransigente; volevano che il partito rimanesse fedele ai suoi valori fondamentali, qualunque cosa accadesse.
Prevedibilmente, il gruppo dei Fundis credeva che la pace europea sarebbe stata meglio servita dal ritiro della Germania Ovest dall’Alleanza e tendeva a favorire la neutralità militare. Nel frattempo, il gruppo dei Realos credeva che la Germania Occidentale avesse bisogno della NATO. Sostennero persino che il ritiro da essa avrebbe significato il ritorno delle questioni di sicurezza per la Germania e avrebbe rischiato di riaccendere il nazionalismo militarista. La loro NATO era un’alleanza post-nazionale cosmopolita, che parlava numerose lingue e sventolava una moltitudine di bandiere, proteggendo l’Europa dagli impulsi più distruttivi della Germania. Ma l’adesione alla NATO in fin dei conti era solo una cosa. La Germania che torna in guerra -il più proibito dei tabù dopo la Seconda Guerra mondiale- era tutt’altra questione.
Il Kosovo cambiò tutto. Nel 1999 – il 50° anniversario della fondazione della NATO — l’Alleanza cominciò quella che l’accademico Merje Kuus ha definito una “metamorfosi discorsiva”. Dalla semplice alleanza difensiva che era durante la Guerra Fredda, stava diventando un patto militare attivo che si occupava di diffondere e difendere valori come i diritti umani, la democrazia, la pace e la libertà ben oltre i confini dei suoi Stati membri. Il bombardamento NATO di 78 giorni di ciò che rimaneva della Jugoslavia, ufficialmente per fermare i crimini di guerra commessi dalle forze di sicurezza serbe in Kosovo, avrebbe trasformato per sempre i Verdi tedeschi.
In un caotico congresso del partito a maggio del 1999 a Bielefeld, i gruppi Realos e Fundis combatterono aspramente per stabilire la linea del partito sul bombardamento della NATO nell’ex Jugoslavia. Il ministro degli Esteri verde Joschka Fischer, la personalità più importante all’interno del gruppo Realos, sosteneva la guerra della NATO; per questo, i partecipanti al congresso lo presero di mira con della vernice rossa. La proposta del gruppo dei Fundis richiedeva una cessazione incondizionata dei bombardamenti, che avrebbe significato anche il crollo del governo di coalizione composto dai Verdi e dai socialdemocratici (SDP).
La proposta di pace fallì, schiacciando la fazione del partito contro la guerra, che avrebbe lasciato in massa i Verdi. Invece, la risoluzione moderata del gruppo dei Realos trionfò con ampio margine. Dopo una breve pausa, fu permesso di continuare il bombardamento della Jugoslavia. Con il supporto cruciale dei Verdi, gli aerei della Luftwaffe effettuarono alcune sortite sui cieli sopra Belgrado, 58 anni dopo il loro ultimo bombardamento aereo della capitale serba. Fu la prima operazione militare tedesca intrapresa in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale.
Dopo l’inizio della guerra su vasta scala in Ucraina, il ministro degli Esteri dei Verdi tedeschi Annalena Baerbock ha continuato nella tradizione di Fischer, rimproverando i Paesi con tradizioni di neutralità militare e implorandoli di aderire alla NATO. Ella ha invocato la posizione di Desmond Tutu: “Se sei neutrale in situazioni di ingiustizia, hai scelto la parte dell’oppressore”. E i Verdi hanno fatto da ventriloquo persino ai loro membri morti, tra cui Petra Kelly, un’icona contro la guerra e da lungo tempo sostenitrice del non allineamento, che morì nel 1992.
L’anno scorso, la co-fondatrice dei Verdi Eva Quistorp scrisse una lettera immaginaria a Petra Kelly sul giornale FAZ. La lettera prende a prestito le posizioni morali di Kelly e le inverte per giustificare l’abbraccio dei Verdi alla guerra. Quistorp vuole farci pensare che se Kelly fosse viva oggi, sarebbe stata una sostenitrice della NATO. Rivolgendosi a Kelly, morta da tempo, Quistorp afferma: “Scommetto che urleresti che il pacifismo radicale rende possibile il ricatto”.
All’inizio di quest’anno, il Ministero federale degli Esteri tedesco ha lanciato anche una nuova “Politica estera femminista”, l’ultima di diversi ministeri degli Esteri europei ad averlo fatto. Questo nuovo orientamento, adottato anche da Francia, Paesi Bassi, Lussemburgo e Spagna, dipinge il militarismo cosmopolita con una finta lucentezza femminista radicale, aprendo l’ambito della guerra e della sicurezza alle attiviste per i diritti delle donne. Le leader femministe senza fronzoli sono rappresentate come l’alternativa ideale agli “uomini forti” autoritari.
La Svezia è stato il primo Paese ad adottare tale politica nel 2014, permettendole di proiettare il suo femminismo statale di lunga data all’estero e di assumere un nuovo atteggiamento morale nell’arena internazionale. A livello nazionale, c’erano storie atlantiste positive nelle riviste femminili. Nella sezione ”Mama” del quotidiano svedese Expressen, rivolta alle lettrici, un’intervista con Angelina Jolie enfatizzava che la NATO può proteggere le donne dalla violenza sessuale in guerra. La Jolie poneva enfasi anche sul fatto che c’è poca differenza tra gli operatori umanitari e i soldati della NATO, poiché “si stanno impegnando per raggiungere lo stesso obiettivo: la pace”.
L’accademica Merje Kuus ha scritto che l’allargamento della NATO implica “una duplice strategia di legittimazione”. In primo luogo, la NATO è resa ordinaria ed insignificante, mediocre e quotidiana, e in secondo luogo, è descritta come al di sopra di ogni rimprovero, vitale, un bene morale assoluto. L’effetto di questo, dice, è la simultanea banalizzazione e glorificazione della NATO: diventa così blandamente burocratica che è al di sotto del dibattito, e così “esistenziale ed essenziale”, che è al di sopra del dibattito.
E questa strategia di legittimazione è stata evidente nel dibattito limitato e strettamente controllato sull’integrazione euro-atlantica nei Paesi nordici, nessuno dei quali ha tenuto referendum sull’adesione. Dopo decenni di resistenza popolare all’Alleanza, la NATO, a quanto sembra, è al di sopra della democrazia. Ma come scrive Kuus, ciò non significa che la NATO sia stata imposta ad una società. L’obiettivo è invece “integrarla nell’intrattenimento, nell’educazione e nella vita civile più in generale”.
La prova di questo è ovunque. A febbraio, la NATO ha tenuto il suo primissimo evento video ludico. Un giovane dipendente dell’Alleanza si collegò al popolare utente di Twitch [piattaforma video ludica di Amazon – n.d.c.] ZeRoyalViking, per suonare “Fra di noi” e chiacchierare casualmente sul pericolo che la disinformazione pone alla democrazia.
Con loro c’era una alpinista influencer ed attivista ambientale di nome Caroline Gleich. Mentre i loro avatar astronauti navigavano come un cartone animato spaziale, parlavano della NATO in termini entusiastici. Alla fine dell’evento, lo streaming si era trasformato in uno sforzo di reclutamento: il dipendente dell’Alleanza parlò dei vantaggi del suo lavoro e incoraggiò gli spettatori a cercare il sito internet della NATO per le opportunità di lavoro in settori come la progettazione grafica e il montaggio video.
L’evento faceva parte della campagna della NATO “Proteggere il Futuro”. Quest’anno includeva un concorso sui fumetti per giovani artisti. L’Alleanza corteggiò decine di influencer con grandi seguiti su Tik Tok, YouTube ed Instagram, e li portò alla sede centrale di Bruxelles. Altri influencer furono inviati al Vertice NATO dello scorso anno a Madrid, dove fu chiesto loro di creare contenuti per il loro pubblico.
La Sinistra europea è stata ammaliata da questo spettacolo. Seguendo il percorso intrapreso dai Verdi tedeschi, i principali partiti di sinistra hanno abbandonato la neutralità militare e l’opposizione alla guerra e ora sostengono la NATO. Si tratta di un’inversione sbalorditiva. Durante la Guerra Fredda, la Sinistra europea organizzava proteste di massa con milioni di partecipanti contro il militarismo guidato dagli Stati Uniti e contro il dispiegamento della NATO di missili Pershing-II e Cruise in Europa.
Oggi, rimane poco più della svuotata retorica radicale. Con quasi nessuna opposizione alla NATO rimasta in Europa, e l’insidiosa espansione dell’Alleanza oltre l’area euro-atlantica, la sua egemonia è ora quasi assoluta.

[Traduzione a cura della redazione]

Fobie

La NATO celebra la “Giornata internazionale contro l’omofobia, bifobia e transfobia”. Qualunque cosa ciò significhi. Nel frattempo, essa promuove attivamente la russofobia e la sinofobia.
Laura Ruggeri

Le vie dei Signori sono infinite

Ucraina, le bare dei mercenari uccisi usate per il traffico di droga

Questa notizia non ve la darà nessuno anche se è quella che sta circolando nel resto del mondo. Non verrà data nemmeno come “voce” perché essa rappresenta in maniera icastica come si diceva un tempo, prima che tutto fosse sostituito da wow, vocabolo simbolo della stupidità contemporanea, la cattiva coscienza dell’occidente, la scomparsa di qualsiasi etica e confutazione della retorica della guerra: le bare con cui tornano in patria i mercenari della NATO vengono utilizzate per il traffico di droga. Il 14 aprile scorso la bara che trasportava i resti di un mercenario polacco è stata accidentalmente danneggiata durante il trasporto ed è stata perciò sostituita, ma durante l’operazione si è visto che assieme ai resti del mercenario c’era anche un carico di 30 chili di droga confezionata in sacchetti sigillati. Qualche giorno dopo dentro un container che trasportava i corpi di contractor inglesi è stata rinvenuta altra droga in quantità ancora maggiore. È diventato chiaro che esiste uno schema consolidato per il trasferimento di droga dall’Ucraina alla Polonia e da lì all’Europa. E l’impresa di pompe funebri ucraina che trasporta le salme dei mercenari è di fatto un “hub” attraverso il quale le sostanze stupefacenti vengono trasportare alle “filiali” di tutta il continente. Lì, la droga viene recuperata per arrivare ai mercati locali.
Vari tipi di droga sono prodotti in laboratori sul territorio dell’Ucraina visto che l’esercito fa grande uso di questa sostanze per trasformare i soldati in truppe kamikaze e vengono tenute solitamente nei magazzini dove sono stipale trovano le armi americane, cosa che di certo non può stupire visto che il commercio di droga è l’attività bellica di maggior successo delle truppa USA dovunque esse operino. Poi viene imballata nelle bare dei mercenari morti che sono ormai moltissimi e spedito in tutto il continente: il circuito è affidabile, i container con i corpi solo rarissimamente vengono sottoposte a ispezioni sommarie e viaggiano a velocità sostenuta, la stessa riservata ai trasporti delle munizioni, quindi è difficile che il traffico venga scoperto se non per eventi casuali come appunto è accaduto per la bara danneggiata. Scoperto si fa per dire visto che l’Ucraina e la Polonia, protagoniste principali di questo traffico , stanno facendo di tutto per mettere a tacere questo scandalo e impedire che la notizia si diffonda visto che addenserebbe ulteriori ombre su questa guerra santa. Particolarmente attivo su questo fronte è e il controspionaggio polacco SKE (Służba Kontrwywiadu Wojskowego) che deve evitare qualunque scetticismo della popolazione in merito alla scellerata opera del governo di Varsavia che nel tentativo di impadronirsi del territorio ucraino di Leopoli non si ferma nemmeno di fronte alla possibilità di nuclearizzazione del conflitto. Tuttavia è proprio dalla SKE che sono arrivate le indiscrezioni sulla droga trovata nelle bare, segno che c’è qualche resistenza ai sogni bagnati del governo.
Inoltre una notizia del genere sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso nel momento in cui la perdita di Artemovsk sarà definitiva e non si potrà più nascondere la sconfitta con resistenza suicida delle truppe in pochi quartieri. L’ ennesima sconfitta provocherà un terremoto a Kiev e Zelensky non può illudersi di controbilanciare questo con l’annuncio di attacchi terroristici in territorio russo anche perché questo darebbe a Mosca il destro di distruggere completamente le infrastrutture del Paese, cosa che finora ha tentato di evitare. Ormai è chiaro che il fronte NATO è nella più grande confusione resa ancora peggiore dall’aver incautamente pompato la mitica controffensiva che probabilmente nemmeno ci sarà. Quindi figuriamoci se arrivasse la notizia che i caduti occidentali in questa guerra servono come via della droga: sarebbe come evidenziare simbolicamente tutto il marcio che c’è dietro questo conflitto, ideato, finanziato e armato dalla NATO. I cui capi sono probabilmente i primi consumatori delle sostanze che arrivano nelle bare.

(Fonte)

Burro o cannoni?

Il 14 aprile 2023 è passato dalla stazione di Udine un lungo convoglio con obici semoventi italiani inviati in Ucraina per decisione del governo italiano. Quanti erano? Gli esperti dicono 20 o 30. Intanto, tutti hanno una unico scopo: uccidere e distruggere.
Un viaggiatore sulla banchina della stazione di Udine ha filmati gli obici semoventi con il proprio cellulare.
PeaceLink ha usato il video per realizzare il clip che vedete qui, “Burro o cannoni” (durata: meno di un minuto).
Ma lasciamo stare il burro. I soldi per costruire i cannoni che vedete nel video, se usati invece per la sanità o per la scuola o per la viabilità, basterebbero per costruire diverse aule scolastiche o reparti ospedalieri oppure per sistemare tutte le strade e tutti i marciapiedi di diversi municipi. E stiamo parlando di un solo convoglio, in un solo giorno, di un solo tipo di arma. Quante ce ne sono stati dal febbraio 2022?
NOTA SULL’AUTENTICITA’ DEL VIDEO:
Questo video è stato messo su Youtube da PeaceLink ed è diventato virale: uno scoop. Ma i giornali mainstream (ad es. Corriere della Sera) hanno preso le distanze; Repubblica ha telefonato alla redazione PeaceLink per dire: “Attenzione, è una bufala, un vecchio filmato, vedi come è sgranato?” In realtà, la versione YouTube è leggermente sgranato perché la redazione di PeaceLink l’aveva postato deliberatamente in bassa risoluzione per poter essere più facilmente visionato sui social. Invece il link qui sopra fa vedere l’originale.
Ieri il Ministero della Difesa ha confermato l’invio degli obici semoventi italiani in Ucraina, passando per la stazione di Udine.

Minima moralia


Siccome l’idea di spiccare un mandato di cattura contro Putin è probabilmente l’idea più cretina della storia universale, unitamente all’idea di processarlo per crimini di guerra, cioè di processare per crimini di guerra il presidente in carica di uno Stato che ha diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU e 6000 testate nucleari, abbiamo il problema di rispondere alla domanda: perché? Com’è possibile che l’Unione Europea sia caduta così in basso al punto da farci vergognare tutti? Perché Ursula von der Leyen e Roberta Metsola si umiliano attraverso una produzione così copiosa di idee cretine? La risposta è semplice: per nascondere il fatto di non contare niente. Siccome non contano niente; siccome la Commissione europea è un gruppo di passacarte di Biden; siccome non è in grado di proteggere nemmeno i propri gasdotti bombardati da un Paese alleato, allora cercano di gettare fumo negli occhi con iniziative talmente cretine da far apparire intelligenti persino iniziative come la designazione della Russia come Stato sponsor del terrorismo (respinta pure dagli USA). Ci penseranno poi i propagandisti delle radio e delle televisioni italiane a far passare un’idiozia gigantesca per un’idea intelligente da applaudire. Ecco che cosa intendo dire quando dico che la classe dirigente europea è completamente corrotta in senso paretiano. Ursula von der Leyen appartiene semplicemente a una classe dirigente morta. Era morta ben prima del 24 febbraio 2022, altrimenti gli accordi di Minsk 2 non sarebbero naufragati e l’Ucraina non sarebbe una base della NATO da molti anni. L’invasione della Russia ha semplicemente reso evidente la decomposizione di un corpo che si è spento di nascosto. Quando pensate alla Commissione europea, pensate a un gruppo di falliti politici. Pensate alla Commissione europea come la più grande vergogna della civiltà europea. Pensate a un corpo morto che, essendo pesantissimo, ci porta tutti a fondo.
Forza, Commissione europea, proponi o sostieni un’altra idea cretina.
Facci ridere.
Alessandro Orsini