La sentenza per Harvey Weinstein, il produttore hollywoodiano ormai acclarato molestatore seriale di stelle e stelline, è fissata per il prossimo 11 marzo. In base alle accuse per le quali è stato ritenuto colpevole, egli rischia fino a 25 anni di carcere, ma prima di lui…
“Nel 1949 di droga si parlava ancora sottovoce e l’LSD era di là da venire. In quell’anno ci si divertiva in maniera, come dire?, innocente. In una casa di Vermont Avenue, nel cuore di Hollywood, venne organizzata una festicciola durante la quale vi sarebbe stata una gara per il più bel paio di coscie. Le partecipanti, per non influenzare la giuria, dovettero intervenire al party debitamente incappucciate di nero e con le mani legate dietro la schiena. Vinse una bionda sconosciuta, attrice fallita, che per ottenere un po’ di pubblicità aveva in precedenza dovuto fare la benzinara in un motel servendo i clienti in un ridottissimo bikini. Una nota stella, delusa per essersi classificata solo al quarto posto, nonostante che le sue coscie apparissero da mesi sulle più diffuse copertine, non ci vide più dalla rabbia, si strappò il cappuccio nero e si avventò sulla vincitrice. Le due donne, avvinghiate, si presero a schiaffi e a graffi sinché finirono per precipitare in una vasca di plastica colma di champagne con cui si sarebbe dovuto rinfrescare la vincitrice. Un fotoreporter, tanto abile quanto pronto allo scatto, filmò l’intera scena. Ancora oggi a Hollywood è possibile acquistare sottobanco per pochi dollari il filmino che è intitolato “Lotta nello champagne” e che ha avuto un discreto successo, forse superiore a quello in cui si può ammirare Jayne Mansfield nuda, offerto dal negoziante che ha la propria sede al numero 6311 di Yucca Street.
Qualche anno dopo, nel 1952, una minorenne per poco non morì bruciata viva mentre, durante un party, le venne imposto di sostenere il ruolo di Giovanna d’Arco. La sua tunica di nailon prese fuoco e solo con un idrante fu possibile coprire di schiuma la ragazza e salvarla. Per ottenerne il silenzio venne poi scritturata e pagata per due film che non furono mai girati.
Con il passare del tempo, la droga fece la sua comparsa e le feste assunsero un tono più chiaramente orgiastico. Ora era la “stellina” che nell’estasi dell’hashish usciva nuda da una torta di panna montata, ora era la diva già affermata che, in cerca di sensazioni, si spingeva tutta sola sulla strada sperando di imbattersi in qualche camionista, che la riconoscesse ed apprezzasse. Poi si passò a manifestazioni più “forti”, di mano in mano che i gusti si andavano complicando e per vincere la noia certi giochetti si rivelavano insufficienti, troppo scontati.
Sul Sunset Boulevard, dove vendono le penne a sfera con dentro l’attrice spogliata che si contorce in stile orientale, cominciarono ad incassare fior di dollari con le cinture di castità arrugginite e con il lucchetto che stride, con candele nere (speciali per riti satanici), con candele di ogni genere, reggipetti di filo spinato per schiave ribelli. Così il sadismo cominciò a trionfare e alle fruste di un tempo, leggere, satinate, fini, si sostituirono quelle grezze, autentici staffili tipo “Gestapo”, con nodi che entrano nella carne e lasciano i segni.
Questi aggeggi invasero Hollywood insieme alle provette di plastica che si rompono con una lieve pressione dell’unghia per far schizzare fuori un liquido rosso identico al sangue. Un’attrice italiana, che ebbe una breve esperienza ad Hollywood, si appassionò a tal punto di questi strumenti medievali che li importò a Roma. Un ombrellaio che sino a qualche anno fa bene o male riusciva a vivere presso Trinità dei Monti, oggi si è arricchito smerciando manette, collari, pugnali e corsetti metallici. La sua specialità è il “nodo Borgia” che stringe il seno fino a farne stillare sangue; costa tredicimila lire.
Nelle orge hollywoodiane, secondo una nuova moda, le ragazze potevano essere appese al soffitto con ganci di nailon, strette in corsetti adorni di croci greche, celtiche o uncinate, oppure fatte correre nel parco, nude naturalmente, per essere prese al laccio.
Una per poco non ci rimise la pelle. Il cavaliere, e si scusi l’eufemismo, immedesimato nella parte, continuò a stringere il laccio e a trascinare la vittima nel prato urlando frasi irripetibili che coprivano le grida di aiuto della poveretta.
Tutto è ammesso purché non si giunga al crimine, non perché il delitto in questa ristretta cerchia di collezionisti di sensazioni sia, in sé e per sé, considerato qualcosa di riprovevole, ma perché fatalmente vuol dire morte e la morte a Hollywood non è gradita. Disturba, suscita pettegolezzi ed attira lo sguardo degli stupidi del mondo esterno.
Un ricco coreografo che per una serata in grande stile aveva speso qualcosa come sei milioni di lire italiane, presentò agli ospiti una stupenda schiava bionda (giunta due giorni prima da Las Vegas) e raccomandò loro: “Fatele tutto ciò che volete ma non uccidetela. A me non piace avere grane”.”
Da Hollywood nera. Droga, alcool, sesso e perversioni nella capitale mondiale del cinema di Renzo Rossotti, Edizioni MEB, Torino, 1970, pp. 15-17.
Rossotti (1930-2014) è stato giornalista, scrittore e autore di saggi e romanzi, scrivendo oltre sessanta opere, oggi per la maggior parte esaurite.
Esordì giovanissimo nella stampa studentesca e universitaria per approdare nel 1954 al mondo dei quotidiani e, quindi, nel 1959, ai settimanali in voga. Nascite e matrimoni nelle famiglie reali d’Europa lo videro inviato, soprattutto in Gran Bretagna. Intervistò Charlie Chaplin, Walt Disney, Brigitte Bardot e decine di altri celebri attori, Duke Ellington, John Lennon, Salvador Dalì, nonché scienziati che lasciarono il segno, come Albert B. Sabin, a cui Rossotti dedicò i proventi di una fiaba.
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