La globalizzazione del potere militare: l’espansione della NATO

Nell’articolo che presentiamo quale “inaugurazione” del blog, la questione al nostro ordine del giorno viene inquadrata come meglio non si potrebbe.
La posta in gioco? Il controllo dell’Eurasia e, conseguentemente, il dominio del Mondo.
Questo il punto di partenza, contiamo di andare lontano, aggiustando la mira di mano in mano.
Vi preghiamo, inoltre, di leggere il nostro biglietto da visita.

La prospettiva militare globale e le ambizioni geopolitiche della NATO sottolineano ed evidenziano le direttive militari e le operazioni della NATO. Il sistema di alleanze militari si sta compattando e i suoi principali obiettivi sembrano essere i giganti eurasiatici: la Russia, la Cina e forse l’India. L’espansione della NATO non si limita all’Europa e all’ex-Unione Sovietica, ma persegue ambizioni globali. In Asia, dalla rete di alleanze della regione Asia-Pacifico si sta formando un’alleanza parallela alla NATO. La Cina, la Russia e l’Iran si trovano ora in prima linea in una riluttante coalizione eurasiatica che si sta costruendo per contrapporsi alla NATO e agli Stati Uniti. Alla fine i tempi dell’allargamento della NATO potrebbero decidersi in Medio Oriente. Se il Medio Oriente cadrà sotto il controllo totale dell’alleanza anglo-americana e della NATO si creeranno le condizioni per una nuova fase della “guerra lunga” che condurrà dritto al cuore dell’Eurasia.

La versione integrale dell’illuminante articolo di Mahdi Darius Nazemroaya, ricercatore associato presso il Centre for Research on Globalization, è qui.

6 thoughts on “La globalizzazione del potere militare: l’espansione della NATO

  1. US navy reinforces spying operation in South China Sea,
    by Peter Symonds

    (…)
    Underlying the tensions between the US and China is a shifting relationship of forces. The global recession has only underscored the declining economic power of the US and its dependence on European and Asian creditors. Washington is acutely aware of China’s rapid economic rise, which threatens to undermine American economic and strategic interests in Asia and internationally.

    The flare-up of tensions in the South China Sea is not accidental. As the world’s largest cheap labour platform, China has been forced to scour the globe for raw materials and energy. The bulk of its oil and gas supplies from the Middle East pass through the Malacca Strait and then through the South China Sea to Chinese ports. China has been expanding its navy and establishing a string of bases across the Indian Ocean to protect these crucial sea routes.

    (…)
    China’s growing naval activity is coming into conflict with Washington’s strategic objectives. Even since the end of World War II, American strategic planners have regarded the Pacific Ocean as an American lake with major US bases in South Korea, Japan, Guam and, until 1991, the Philippines. US warships have insisted on free passage not only through the South China Sea but other strategic sea lanes in the region. In time of conflict, control of these areas would enable the US to cut off vital supplies to China.

    The March 8 incident involving the Impeccable was more of a preliminary scuffle than an open naval clash. But the underlying tensions remain. As Time magazine rather pointedly warned: “Such events, far from home and with few if any independent witnesses, can quickly escalate into more serious confrontations—as in the case of the Gulf of Tonkin ‘attack’ by North Vietnamese patrol boats against a pair of US navy destroyers that [US] President Lyndon B. Johnson used as a pretext to win congressional support for his war in Vietnam.”

    http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=12766

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