Dedicato a Re Giorgio II NATOlitano, il quale durante il discorso di reinsediamento pronunciato di fronte al Parlamento, ha dichiarato che coloro i quali criticano le “missioni di pace” compiono un’opera di disinformazione a danno del sacrificio dei militari italiani.
Certo, quella afghana è sicuramente la “missione di pace” più nota al grande pubblico, e anche la più dispendiosa sia in termini finanziari che per impiego di mezzi e uomini da parte delle Forze Armate della Repubblica italiana delle Banane. Ma, almeno per questa, ora si assiste a un minimo di opposizione politica.
Cercando fra le pieghe del cosiddetto “decreto missioni”, e del suo stanziamento di ben 935 milioni di euro a copertura degli impegni assunti fino al 30 Settembre 2013, capita di imbattersi in voci di spesa veramente imbarazzanti.
Ad esempio, all’art. 1 comma 11, i quasi 34 milioni di euro per la partecipazione alle operazioni “per il contrasto della pirateria”, quella dell’Unione Europea denominata Atalanta e quella della NATO detta Ocean Shield, attività la cui duplicazione pone diversi dubbi in merito alla loro reale efficacia e alla corrispondenza degli obiettivi con quelli pubblicamente dichiarati.
Lascia poi sbalorditi l’importo di oltre 143 milioni di euro stanziati “per la stipulazione di contratti di assicurazione e trasporto di durata annuale e per la realizzazione di infrastrutture, relativi alle missioni internazionali del presente decreto” (comma 18).
Il comma 27 ci rende edotti che “il mantenimento del dispositivo info-operativo dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze Armate impiegato nelle missioni internazionali” -l’apparato di intelligence, insomma- ci costerà 10 milioni di euro.
Totalmente oscure risultano, invece, le finalità della “spesa di euro 16.257.366 per la prosecuzione degli interventi operativi di emergenza e di sicurezza destinati alla tutela dei cittadini e degli interessi italiani situati nei territori bellici, nelle aree ad alto rischio e nei Paesi di conflitto e post-conflitto” (art. 6, comma 10). Trattasi per caso di ulteriori fondi per le attività svolte dai servizi segreti tricolori in giro per il mondo?
Infine, riguardo al suddetto Afghanistan, oltre ai quasi 427 milioni stanziati per il personale militare (art. 1, comma 1), vanno aggiunti 5.635.000 euro “per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, disposti nei casi di necessità e urgenza dai comandanti dei contingenti militari”, quindi con notevole margine di discrezionalità (art. 1, comma 19), nonché un’ulteriore spesa di 1.450.000 euro “per assicurare la partecipazione finanziaria italiana al Fondo fiduciario della NATO destinato al sostegno dell’esercito nazionale afghano” (art. 6, comma 4).
E, tanto per concludere in bellezza, non si è mancato di riservare qualche spicciolo, 400.000 euro (art. 6, comma 16), pure alla funzionalità del Comitato Atlantico Italiano, “un ciarpame inutile” di “comitati [che] non hanno mai neppure svolto il loro teorico ruolo istituzionale di fare informazione, pubblicità e lobbyng per conto dell’Alleanza”, come commentava acutamente un lettore.
Ma l’attività sulla quale vogliamo appuntare la nostra attenzione è la “Missione Addestrativa Italiana” a Gibuti (acronimo MIADIT), che lo scorso 15 Aprile ha ricevuto la visita del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli.
Egli, dopo aver incontrato i 32 istruttori dell’Arma dei Carabinieri diretti dal Tenente Colonnello Guido Ruggeri, ha assistito a una dimostrazione pratica di “Close Protection”, “investigazioni sulla scena del crimine” e “controllo della folla”, effettuata dai 200 poliziotti somali frequentatori del corso che l’indomani sono ritornati in patria al termine del ciclo addestrativo.
Si tratta di quella Somalia che il sito dell’Arma pudicamente definisce un “Paese che vive un periodo storico di forte destabilizzazione politico-sociale dovuta alla continua azione di numerose e violente bande criminali”. Ma della quale sarebbe più appropriato parlare nei termini di vittima di una vera e propria guerra civile di durata più che ventennale, con l’importante e decisivo apporto di attori esterni a cominciare dagli Stati Uniti, e meta privilegiata del traffico internazionale di rifiuti tossici, le cui devastazioni sono di ardua quantificazione.
La MIADIT – apprendiamo ancora dal sito della Benemerita – costituisce il ritorno di un contingente di Carabinieri nel continente africano, “dopo la precedente esperienza della missione IBIS a Mogadiscio”, davvero poco fortunata aggiungiamo noi.
Il corso, della durata di 12 settimane, è stato appositamente strutturato sulla base delle specificità delle forze di sicurezza somale. E, per la prima volta nella storia dell’Arma, erano presenti anche due donne Carabinieri, un ufficiale e un maresciallo, che hanno seguito direttamente 17 allieve poliziotte somale.
Come avete potuto vedere con i vostri occhi.
Federico Roberti
nell’imminenza del voto di fiducia della Camera al “nuovo ” governo Letta…
“Facile dunque comprendere il “fine reale” dei centri egemonici atlantisti adesso che il loro disegno si è quasi completamente realizzato: se la Nato è il braccio violento della legge del “mercato occidentale” e l’Unione Europea, dopo l’introduzione dell’euro (anche allo scopo di saldare la Germania all’Atlantico), è uno zombie geopolitico alla mercé dei “mercati”, lo Stato italiano si è definitivamente (o quasi) trasformato (senza che nessuno dei diversi schieramenti in lotta tra di loro vi si sia mai opposto, al di là di alcuni giri di valzer con Putin e Gheddafi da parte del “nano” – in senso politico, s’intende – di Arcore) in un funzionario del capitale euroatlantista che deve svolgere bene i compiti (assai importanti, al contrario di quanto pensano parecchi italiani “ingenui”) assegnatigli dai “mercati”. D’altra parte, dovrebbe essere manifesto a chiunque che se negli anni Novanta il debito pubblico (cresciuto a dismisura dopo il divorzio tra Bankitalia e Tesoro) fu usato per (s)vendere il nostro settore strategico ai potentati stranieri, ancora una volta i “mercati” possono far leva sul debito pubblico per trarre il massimo profitto dalla situazione originatasi dopo lo tsunami finanziario del 2008 (e costato all’Italia, secondo lo stesso Draghi, il 5% del Pil). Il che per i centri egemonici euroatlantisti e i loro zelanti servitori (politici, gazzettieri e intellettuali) è “cosa buona e giusta”, ma non per quei “molti” ormai quasi del tutto privi di diritti sociali ed economici. Ma anche il teatrino della politica italiana, del resto, non può più nascondere il fatto che il berlusconismo e l’antiberlusconismo sono, in realtà, due “effetti di superficie” della medesima “struttura profonda”.”
da Maschera e volto della politica italiana, di Fabio Falchi
http://www.eurasia-rivista.org/maschera-e-volto-della-politica-italiana/19317/
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KERRY, LETTA AMICO FIDATO
Il segretario di Stato americano, John Kerry, si congratula con il premier Enrico Letta, che definisce un amico “buono e fidato degli Stati Uniti, che ha mostrato un fermo impegno nella nostra partnership transatlantica”. (Dagospia)
Certo Nasser oggi avrebbe detto: se piaccio a Obama ho sbagliato tutto.
Ma noi Italiani (Governo) mai detto, siamo ganzi. Abbiamo miliardi da buttare, restiamo nelle missioni militari. Per me, invece li manderei tutti nelle Missioni ma in centrafrica a curare i lebbrosi, i malati di Aids, i tubercolosi.
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cit.:”Certo Nasser oggi avrebbe detto: se piaccio a Obama ho sbagliato tutto.”
Assolutamente perfetto! Bravo Riccardo.
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Segnalo questo;
http://www.nodalmolin.it/Il-paese-degli-inciuci-che#.UYDWIfKQuzk
Ulteriore dimostrazione della piena e incondizionata sudditanza italiana agli Usa in tutti gli ambiti,civili e militari.
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e la gita scolastica dentro la nuova base non la vogliamo citare?
http://www.nodalmolin.it/Noi-non-andiamo-in-gita-al-Sal#.UYDfN7W-2Sq
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tornando alla “missione di pace” in Afghanistan… l’ultima velina dello Stato Maggiore (grassetti nostri):
Herat, 2 maggio – (Adnkronos) – Con un’unica, vasta operazione congiunta che ha visto sul campo uomini e mezzi di diverse unità dell’Esercito e dell’Aeronautica Militare in forza al Regional Command West (Rc-W), i militari del contingente italiano di stanza a Herat hanno distrutto tre distinti ripetitori radio utilizzati dagli ‘insurgents’ nella provincia di Farah, nella parte sud della regione sotto responsabilità italiana. Ne dà notizia il Comando regionale Ovest della missione Isaf in Afghanistan.
Gli apparati, nascosti in una vasta area tra i picchi di alcune montagne rocciose, facilitavano le comunicazioni dei ribelli della provincia durante il posizionamento di ordigni esplosivi ”che, il più delle volte, finivano per colpire la popolazione civile inerme e permettevano il coordinamento di attacchi anche complessi contro le forze di sicurezza locali e le truppe del contingente Isaf operanti nella zona a sostegno del processo di transizione in corso”. Due dei ripetitori, individuati nel corso di precedenti ricognizioni aeree, ”sono stati distrutti attraverso il fuoco diretto dei cannoni a canne rotanti da 20mm di quattro elicotteri A-129 ‘Mangusta’ della Task Force ‘Fenice’, sotto il controllo degli operatori acquisitori obiettivi della Task Force ‘Victor’ che, a bordo di due elicotteri NH-90, prima di autorizzare l’apertura del fuoco, hanno confermato la posizione degli apparati e verificato che non vi fosse la possibilità di danni collaterali (‘zero civilian casualties’: nessuna vittima civile). Altri uomini della ‘Victor’ e della ‘Fenice’, a bordo di un elicottero CH-47, garantivano in caso di necessità il recupero del personale eventualmente rimasto isolato sul terreno e il soccorso medico immediato per mezzo del Forward Medevac Team”.
Il terzo ripetitore radio è stato distrutto con l’impiego di armamento a guida Gps impiegato da una coppia di velivoli Amx in forza al Task Group ‘Black Cats’ della Joint Air Task Force (JATF) dell’Aeronautica Militare. Anche in questo caso, l’autorizzazione allo sgancio del munizionamento stato fornito dagli operatori della ‘Victor’ che, attraverso le immagini trasmesse da un velivolo a pilotaggio remoto ‘Predator’ del Task Group ‘Astore’ della Jatf, hanno sorvegliato l’area per evitare possibili danni collaterali.
L’operazione, sottolineano al comando regionale Ovest di Isaf, ”rappresenta un felice esempio di coordinamento delle diverse capacità che il contingente italiano in grado di esprimere sul territorio, al fine di rendere più sicura l’area e accrescere la fiducia della popolazione locale nell’abilità delle forze di sicurezza di contrastare la criminalità e gli insorti nell’attuale delicato periodo di transizione”.
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Pingback: Non solo Afghanistan | cogito ergo sum…penso dunque sono
7000 ore di volo, 2400 sortite… i velivoli AMX del Task Group ‘Black Cats’ in Afghanistan…
e noi paghiamo…
http://www.analisidifesa.it/2013/05/amx-7-mila-ore-di-volo-in-afghanistan/
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