L’isola delle meraviglie

Se i bombardieri B52, B1 e B2 decollano dalle nostre terre per portare “democrazia e libertà” in tutto il mondo, per quale ragione esse devono rimanere assenti nelle isole Chagos? Può qualcuno portarle a milioni di persone e chilometri quadrati quando è incapace di farlo in 60 kmq?
Nicole Besage

Chagos è un arcipelago situato nell’Oceano Indiano, a sud delle Maldive ed a nord-est rispetto all’isola di Mauritius, distante circa milleseicento chilometri dalle coste indiane. Queste isole, insieme ad altri piccoli arcipelaghi, formano dal 1965 il Territorio Britannico dell’Oceano Indiano (BIOT, secondo l’acronimo in lingua inglese).
Destinate a colonia penale dai francesi, le isole – i cui primi insediamenti di schiavi prelevati da Somalia, Mozambico e Madagascar risalgono alla fine del diciottesimo secolo – scoprirono la loro vocazione nella modesta produzione dell’olio di palma da cocco. Sconfitto Napoleone, le Seychelles e Mauritius – alla quale amministrativamente appartenevano le Chagos – divennero britanniche, fino a quando, con la decolonizzazione, si trasformarono in Stati sovrani associati al Commonwealth.
Sono gli anni della crisi di Cuba, della nuova minaccia rappresentata dalla Cina di Mao che si aggiungeva alla crescente influenza sovietica in Africa Orientale. Con l’impero britannico in ritiro progressivo dai territori ad oriente di Aden, le Chagos assumono una straordinaria importanza strategica per gli Stati Uniti d’America, alla ricerca di un ancoraggio sicuro nell’Oceano Indiano. Nel 1964, il primo ministro inglese Harold Wilson ed il presidente americano Lyndon Johnson avviano colloqui segreti che portano ad un accordo (cinquantennale, valido fino al 2016, ma rinnovabile per altri 20 anni) per l’insediamento sulla principale delle Chagos, l’isola di Diego Garcia (che trae il proprio nome da un navigatore portoghese del XVI° secolo) di una piccola stazione per le telecomunicazioni. In cambio, Londra godrà di un enorme sconto pari a 14 miliardi di dollari sull’acquisto di missili Polaris da installare nei propri sottomarini nucleari. Ma ci sono alcune questioni da risolvere.
La prima, preliminare, consisteva nel sottrarre le Chagos alla sovranità di Mauritius, che divenuta indipendente avrebbe legittimamente potuto rivendicarle. Si giunse quindi alla decisione di concedere l’indipendenza a Mauritius ma non alle Chagos, che andavano invece a formare una nuova colonia di Sua Maestà Britannica (il BIOT, appunto). A Mauritius veniva concesso anche un sussidio pari a 3 milioni di sterline per accogliere i rifugiati. Quali? E’ presto detto.
Prima di venire ceduti agli statunitensi le isole andavano, come si diceva nei documenti dell’epoca, “ripulite e bonificate”. Vi abitavano infatti circa 1.500 discendenti degli originari schiavi, di lingua creola, ma l’ammiraglio Elmo Zumwait, all’epoca capo delle operazioni della US Navy, non tollerava che ci fossero “abitanti suscettibili all’influenza della propaganda comunista e che potessero porre problemi politici”. La prima mossa fu quella di certificare all’ONU che le isole rappresentassero poco più che scogli, abitate solo da “lavoratori a tempo determinato” i cui contratti potevano venire rescissi invitandoli a lasciare l’isola. Una parte degli abitanti venne quindi abbindolata con viaggi premio a Mauritius, distante cinque giorni di navigazione, per poi apprendere – una volta giunti a destinazione – che il ritorno sarebbe stato loro interdetto per sempre. Quelli rimasti in patria tentarono di resistere, ma gradualmente vennero privati di ogni mezzo di comunicazione e sostentamento. Gli ultimi isolani furono deportati nel 1973 e l’anno seguente un memorandum congiunto USA-Gran Bretagna stabiliva che “sull’isola non c’è alcuna popolazione nativa”.
I lavori per quella che diventerà una tra le più importanti basi militari statunitensi nel mondo erano comunque già iniziati nel 1971, per poi assumere un ritmo sempre più spedito a partire dal 1979, successivamente alla caduta dello Scià di Persia ed alla nascita della Repubblica Islamica dell’Iran.
La prima Guerra del Golfo del 1991 rappresenta il momento di maggiore attività operativa da parte della base di Diego Garcia, che risulta un importante centro logistico anche nell’ambito dell’intervento in Afghanistan del 2001 e nella seconda Guerra del Golfo del 2003.

Sulle cartine geografiche, l’atollo di Diego Garcia assomiglia all’impronta di un piede, tanto è vero che la torre dell’acquedotto posto all’ingresso della baia è decorata con una scritta che recita: “Diego Garcia, the Footprint of Freedom” (l’Impronta della Libertà). Grazie al divieto di qualsiasi insediamento umano, è un paradiso naturale in perfetto stato di conservazione. L’isola è in pratica un lingua di terra alta poco più di un metro sul livello del mare, dove oggi vivono circa quattromila persone fra militari e civili, questi ultimi per lo più provenienti dalle Filippine e da Singapore. Rappresenta una delle destinazione favorite tra i giovani militari, che nel tempo libero vi si possono dedicare alla pesca, al windsurf, allo snorkelling nonché al golf, nel relativo campo a nove buche.
E’ dotata di due piste da cinque chilometri ciascuna, di due rifugi nucleari nonché di hangar climatizzati per i bombardieri “invisibili” B2, mentre gli alti fondali della laguna consentono l’ormeggio anche a trenta unità navali (sommergibili compresi) contemporaneamente. La massima autorità residente è un ufficiale britannico della Marina, coadiuvato da una ventina di fanti, da sei poliziotti ed un paio di doganieri.
Negli ultimi tempi hanno cominciato a circolare notizie insistenti sulla possibilità che vi siano stati detenuti, nella prigione denominata Camp Justice oppure a bordo di imbarcazioni al largo delle sue coste, sospetti terroristi. Una conferma in tal senso è venuta da un generale statunitense in pensione, Barry McCaffrey, ora docente all’accademia militare di West Point.

Dopo aver riconosciuto, con lo sbalorditivo verdetto del 3 novembre 2000, il carattere illegale dell’espulsione degli abitanti delle Chagos ed il loro diritto, in linea di principio, a ritornare nelle proprie terre, nel settembre 2003 l’Alta Corte britannica ha respinto le richieste in questo senso. Nel giugno 2004, il governo britannico ha confermato la decisione di impedire indefinitamente il ritorno. Ha fatto opportunamente tesoro delle osservazioni fatte pervenire, il 21 giugno 2001, dal Sottosegretario di Stato statunitense Eric Newson al suo pari grado britannico Richard Wilkinson, secondo le quali nuovi insediamenti nelle isole intorno a Diego Garcia avrebbero potuto contribuire ad “interrompere, danneggiare o mettere a rischio le operazioni militari di vitale importanza” condotte presso la base.
Nel maggio 2007, la Corte di Appello britannica ha infine stabilito che il diritto di tornare alle proprie case è “una delle più importanti libertà riconosciute agli esseri umani”.

3 thoughts on “L’isola delle meraviglie

  1. Chagos exiles ‘cannot return’
    Exiles of the Chagos Islands will not be able to return to their homeland, the House of Lords has ruled.

    The government won its appeal against a previous court decision that had ruled in favour of 2,000 former residents of the British Indian Ocean territory.
    They were evicted in the 1960s when the colony was leased to the US to build an airbase on the atoll of Diego Garcia.
    Their solicitor Richard Gifford said they were in a “state of shock” at the “disappointing outcome”.
    Mr Gifford said: “It has been the misfortune of the Chagos islanders that their passionate desire to return to their homeland has been caught up in the power politics of foreign policy for the past 40 years.”
    He added that the islanders were “really shocked” at the Law Lords’ decision, following as it did the unanimous opinion of seven other judges that their right of abode was “so fundamental” the government could not take it away.
    Lord Hoffmann said the case’s subtext was funding – the UK may have had to pay for rebuilding their community.
    He said the Chagossians had understandably “shown no inclination to return to live Crusoe-like in poor and barren conditions of life”.
    And in light of this, he said Foreign Secretary David Miliband was “entitled to take into account” the possibility the Chagossians would call on the UK to support “the economic, social and educational advancement’ of the residents”.
    The campaigning journalist John Pilger said the judgment was political and upheld an “immoral and illegal” act.
    He added: “How could it be otherwise when the highest court in this country has found in favour of the most flagrant injustice, certainly in my lifetime?”
    The Law Lords decision is the final judgement in the long-running case.
    In a statement, Mr Miliband said: “It is appropriate on this day that I should repeat the government’s regret at the way the resettlement of the Chagossians was carried out in the 1960s and 1970s and at the hardship that followed for some of them.
    “We do not seek to justify those actions and do not seek to excuse the conduct of an earlier generation.”
    However, Mr Miliband said that the courts had previously ruled that fair compensation had been paid to the Chargossians and that “the UK has no legal obligation to pay any further compensation”.
    He added: “Our appeal to the House of Lords was not about what happened in the 1960s and 1970s. It was about decisions taken in the international context of 2004.”
    BBC world affairs correspondent Mike Wooldridge said the high hopes of the Chagossians would now be dashed by the ruling. He said it was likely they would take their case to the European Court of Human Rights.
    In 2000, High Court judges ruled that Chagossians could return to 65 of the islands, but not to Diego Garcia.
    In 2004, the government used the royal prerogative – exercised by ministers in the Queen’s name – to effectively nullify the decision.
    Last year, the court overturned that order and rejected the government argument that the royal prerogative was immune from scrutiny. The government had asked the Lords to rule on the issue.
    A spokesman for the Chagos Islanders said in a statement before the three-to-two majority ruling: “Forty years ago, in December 1966, the Harold Wilson Labour government gave away our homeland, including Diego Garcia, which has been given to the US government to use as a military base.
    “The whole Chagossian population was forcibly removed from our homes, our animals were killed and we were dumped, mainly in the slums of Mauritius. We have been treated like slaves.”
    The exiled residents had hoped that if the Law Lords ruling had gone in their favour, their heritage could be rebuilt around a new tourist industry.
    The Chagossians will require immigration consent to visit the islands for purposes such as tending graves, but the government has made it clear that consent would be no more than a formality.

    EXILE’S BATTLE TO RETURN
    1967 – 1971: Chagossians evicted from Indian Ocean homeland
    2000: High Court rules they can return to 65 islands, but not Diego Garcia
    2004: Government uses royal prerogative to nullify decision
    2007: Court overturns that order
    June 2008: Government asks the Lords to rule on the issue
    October 2008: Government wins appeal against the return

    http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/7683726.stm

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  2. STEALING A NATION (John Pilger, 2004) is an extraordinary film about the plight of people of the Chagos Islands in the Indian Ocean – secretly and brutally expelled from their homeland by British governments in the late 1960s and early 1970s, to make way for an American military base.
    The base, on the main island of Diego Garcia, was a launch pad for the invasions of Afghanistan and Iraq.
    Stealing a Nation has won both the Royal Television Society’s top award as Britain’s best documentary in 2004-5, and a ‘Chris Award’ at the Columbus International Film and Video Festival.

    Il film è visibile qui:
    http://video.google.com/videoplay?docid=-3667764379758632511#

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