Il Piano Marshall e la “NATO culturale”

Silenziate le interpretazioni che esso fosse uno strumento dell’egemonia statunitense in Europa, è oggi opinione largamente condivisa che il Piano Marshall – ricordato lo scorso giugno a Parigi dal presidente George W. Bush nel sessantesimo anniversario – in realtà fu essenziale per consentire alle economie occidentali stremate dalla guerra di migliorare grandemente il tenore di vita delle popolazioni, rappresentando un fondamentale elemento di stabilità politica. Vengono perciò messi in secondo piano gli interessi strategici di medio e lungo termine, alla base del Piano presentato dal segretario di Stato generale George Marshall nel 1947, messo in atto l’anno successivo e portato a termine nel 1951.
Furono almeno 12 miliardi di dollari del tempo (circa altrettanti ne sarebbero venuti sotto altri capitoli, specie bilaterali) le risorse distribuite, soprattutto in forma di generi alimentari, a 17 Paesi dell’Europa occidentale. Il maggiore beneficiario fu la Gran Bretagna, con 3,3 miliardi di dollari, seguita dalla Francia (2,3), dalla Germania (1,5) e dall’Italia (1,2). Gli aiuti giunsero attraverso vari programmi, tra i quali l’ECA (Economic Cooperation Administration), l’ERP (European Recovery Program) e l’OEEC (Organization for European Economic Cooperation).
Tra i destinatari, contrariamente agli orientamenti di chi a Washington propugnava la linea dura verso le nazioni che avevano scatenato il conflitto, prevalse il progetto del generale Marshall, molto più fine politico rispetto ad altri suoi colleghi militari, il quale riteneva che una eventuale esclusione sarebbe stata percepita come ingiustamente punitiva ed avrebbe soltanto favorito l’avvicinamento di Germania ed Italia alla sfera di influenza sovietica.
Inoltre, del programma beneficiarono anche Paesi come la neutrale Svizzera ed il Portogallo, il cui leader Antonio Salazar, benché ispiratosi alle idee di Mussolini e Hitler, era rimasto fuori dal conflitto. E’ curioso ricordare che, nel 1950, la grande cantante di fado Amalia Rodrigues fu tra gli artisti che effettuarono una tournée europea per pubblicizzare il Piano, che nel 1953 avrebbe fatto guadagnare a Marshall il premio Nobel per la pace.
Un episodio che ben si inquadra nella storia di ciò che legittimamente può essere chiamata la “NATO culturale”. E che prosegue oggi in forme “più moderne” e globali.

12 thoughts on “Il Piano Marshall e la “NATO culturale”

  1. Il Piano Marshall fu, dal punto di vista strategico, l’equivalente del Comecon per i paesi comunisti: così come nell’Est le economie furono rese complementari a quella dell’URSS, nell’Ovest furono legate indissolubilmente (o quasi) a quella degli USA.

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  2. a volte tornano:

    ROMA, 18 NOV – La Farnesina ricorda che domani mercoledi’ 19 novembre 2008 alle ore 16.00, alla Farnesina, il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini consegnera’ all’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America Ronald P. Spogli e al Professor Giuliano Amato un riconoscimento per la loro attivita’ a sostegno del Programma Fulbright in Italia. Lo rende noto la Farnesina.
    La cerimonia e’ organizzata nell’ambito delle celebrazione del Sessantesimo Anniversario del Programma Fulbright in Italia.
    Il Programma, ideato nel 1946 dal Senatore J. William Fulbright per favorire il processo di pace attraverso lo scambio di idee e di cultura tra i cittadini degli Stati Uniti e i cittadini di altre nazioni nel mondo, ha avuto inizio in Italia nel 1948 e da allora continua a svolgere un ruolo leader nel panorama culturale italiano contribuendo all’internazionalizzazione delle universita’ ed alla circolazione dei talenti. L’obiettivo primario di questo programma binazionale e’ il rafforzamento e l’ampliamento degli scambi culturali tra l’Italia e gli Stati Uniti nelle discipline umanistiche, scientifiche, nelle scienze sociali e nelle arti, attraverso l’offerta di borse di studio a laureati per corsi di Master e Ph.D., a ricercatori, professori, professionisti e artisti per ricerche ed insegnamento nei due paesi. Le universita’ ed i centri di ricerca italiani e statunitensi
    partecipano al Programma avvalendosi di studiosi Fulbright di grande prestigio.
    (ANSA)

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  3. By the end of the the Second World War, the U.S. literally owned half the global economy through loans, American foreign investment and war debts. U.S. economic expansion and the American export boom were unprecedented in the scale that took place during the period from 1910-1950, all of which was tied to the Eurasian warscape. Also, it was also only the U.S. that had the economic resources to rebuild the economies and industrial capacities of Europe and Asia, which it did with strings attached. These strings involved favourable treatment of U.S. corporations, preferential trade with the U.S., and the setting up of U.S. branch plants.

    1945 was the beginning of Pax Americana. Even much of the foreign aid provided by the U.S. government (with the approval of Congress), to facilitate the reconstruction of European states, flowed back into the private bank accounts of the owners of U.S. corporations, because American firms were awarded many reconstruction-related contracts. War had directly fuelled the industrial might of the United States, while eliminating other rivals such as the Japanese who were a major economic threat to U.S. markets in Asia and the Pacific.

    Just to show the extent of the American objectives to handicap their economic rivals one should look at the handling of Japan from 1945 till about October 1, 1949. After the surrender of Tokyo to the U.S. on the U.S.S. Missouri and the start of the American occupation and administration of Japan, the Japanese economy began to rapidly decline because of the calculated neglect of the U.S. through the office of the Supreme Commander of the Allied Powers (SCAP). In economic terms, the Japanese case was initially very similar to that of Anglo-American occupied Iraq.

    In late-1949 all this began to change. Almost overnight, there was literally a complete change, or a flip-flop, in U.S. policy on Japan. It was only after October 1, 1949 when the People’s Republic of China was declared by Mao Zedong and the Communist Party of China that the U.S. began to allow Japan to recover economically, so as to use it as a counter-weight to China.
    (…)

    Also, the empires of Britain, France, and other Western European states were not dismantled just due to the fact that they were all degraded because of the Second World War, but because of Anglo-American economic interests. The imperialist policies of these European states made it mandatory for their colonies to have preferential trade with them, which went against the “open doors” policy that would allow U.S. corporations to penetrate into other national economies, especially ones that were ravaged by war and thus perfect for U.S. corporate entrance.

    Britain and the U.S. also deliberately delayed their invasion of Western Europe, calculating that it would weaken the Soviets who did most the fighting in Europe’s Eastern Front. This is why the U.S. and Britain originally invaded North Africa instead of Europe. They wanted the Third Reich and the Soviet Union to neutralize one another.

    The German-Soviet Non-Aggression Pact or the Ribeentrop-Molotov Pact caused shock waves in Europe and North America when it was signed.
    (…)

    Both the Soviet Union, under Joseph Stalin, and Germany, under Adolph Hitler, ultimately became aware of the designs for the planning of a German-Soviet war and because of this both Moscow and Berlin signed a non-aggression pact prior to the Second World War. The German-Soviet arrangement was largely a response to the Anglo-American stance. In the end it was because of Soviet and German distrust for one another that the Soviet-German alliance collapsed and the anticipated German-Soviet war came to fruition as the largest and deadliest war theatre in the Second World War, the Eastern Front.
    (…)

    The Anglo-US Drive into Eurasia and the Demonization of Russia.
    Reframing the History of World War II,
    by Mahdi Darius Nazemroaya

    http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=15342

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  4. Fulbright BEST

    Il 24 giugno 2010 si svolgerà presso il CNEL un seminario sul tema del trasferimento tecnologico cui parteciperanno i Ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, l’Ambasciatore degli Stati Uniti David Thorne, esperti di trasferimento tecnologico e imprenditori.

    L’iniziativa fa parte di una seria di programmi dell’Ambasciata degli Stati Uniti che hanno come obiettivo il contribuire al processo di diffusione delle conoscenze e delle migliori pratiche nel campo della valorizzazione commerciale dei risultati dell’attività di ricerca, attraverso uno scambio di esperienze tra l’Italia e gli Stati Uniti.

    In particolare, l’Ambasciata degli Stati Uniti promuove Fulbright BEST (Business Exchange and Student Training), programma realizzato dalla Commissione Fulbright Italia-USA e da partner italiani grazie al quale giovani ricercatori ed imprenditori italiani possono recarsi negli Stati Uniti per conoscere direttamente il modello d’imprenditoria innovativa americano, fondato su una stretta collaborazione degli attori dell’innovazione: sistema dell’offerta di ricerca, imprese e capitali di rischio.

    Il seminario, coordinato dall’Ambasciatore Giovanni Castellaneta, Presidente della SACE, costituirà l’occasione per sollecitare la riflessione sulle politiche nazionali per la valorizzazione commerciale della ricerca e dell’innovazione.

    http://www.innovazionepa.gov.it/lazione-del-ministro/seminario-italia-usa/presentazione.aspx

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  5. Al di là degli uomini, c’è la strategia d’insieme. Di fronte all’Unione Sovietica, Washington sviluppa due concetti chiave: il containment (contenimento) e il piano Marshall. L’idea del contenimento, proviene da un diplomatico russofono, George Kennan, che l’ha sviluppata dal luglio 1947 nell’articolo della rivista Foreign Affairs: “L’elemento maggiore della politica degli USA verso l’Unione Sovietica deve essere quello del contenimento a lungo termine, paziente ma fermo, delle tendenze espansioniste russe.”

    Il piano Marshall, porta il marchio del suo inventore, il generale George Marshall, capo di stato maggiore dell’US Army durante la guerra, e ormai ministro degli esteri del presidente Truman. In rapporto agli aiuti massicci all’Europa rovinata, gli USA devono, secondo lui, prendere un piccione con una fava; uno, tagliare l’erba soto i piedi dei partiti comunisti, aumentando il tenore di vita nei paesi interessati; due, impedire alle proprie industrie di cadere nella depressione aprendo nuovi mercati.
    Per il tandem Marshall-Kennan, miglior strumento era la CIA (…).

    da La CIA finanziò la costruzione europea, di Rémi Kauffer

    Le relazioni NATO-Russia viste da uno che c’era

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