Iran: la tesi dei brogli al vaglio

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“Dato lo scarto di voti tra il primo ed il secondo classificato delle recenti elezioni presidenziali in Iràn, ed il livello dei controlli sulla regolarità delle operazioni di voto e scrutinio – tra cui la capillare presenza di rappresentanti dei candidati sconfitti nei seggi – appare estremamente improbabile se non impossibile che dei brogli verificatesi all’interno dei seggi possano aver sovvertito il risultato delle elezioni. I fatti denunciati nei ricorsi dei tre candidati sconfitti sono stati tutti smentiti o fortemente ridimensionati dalle indagini del Consiglio dei Guardiani; inoltre tali fatti, anche se confermati, avrebbero indicato tutt’al più disfunzioni della macchina elettorale (come ve ne sono in ogni paese) ma non certo brogli sistematici. Il riconteggio d’una quota significativa di schede, ben il 10%, ha confermato i risultati ufficiali precedentemente diffusi. Il risultato del riconteggio è stato riconosciuto dal candidato sconfitto Mohsen Rezai, che a differenza di Musavì e Karrubi ha accettato di mandarvi propri osservatori. Musavì e Karrubi, al contrario, insistono nel denunciare un presunto sovvertimento dei risultati in sede di conteggio e computo finale, ossia presso il Ministero degl’Interni. Il riconteggio parziale avrebbe confermato tale accusa, se veritiera, ma Musavì e Karrubi si sono rifiutati di mandarvi propri osservatori: malgrado ciò il riconteggio è avvenuto, alla presenza di delegati di Rezai e di telecamere della televisione statale, ed ha confermato l’esito delle elezioni. Se ciò non bastasse a smentire le tesi complottiste di Musavì, Karrubi e dei loro sostenitori, resta l’assenza di prove e l’inconsistenza d’ogni ragionamento
deduttivo a sostegno di tale accusa.
(…)
I risultati elettorali non solo ricalcano quelli di quattro anni fa, ma sono anche in accordo con quanto previsto dalla maggior parte dei sondaggi: ossia una netta vittoria di Ahmadinejād. Seppure non ci si volesse fidare dei sondaggi iraniani, si può cercare riscontro nell’unico sondaggio realizzato da organizzazioni statunitensi – importanti ed una compagnia che realizza sondaggi d’opinione e ricerche di mercato per alcune delle principali ditte e dei maggiori media mondiali – rispettando la metodologia consolidata: anch’esso prevedeva una vittoria del Presidente uscente, persino più larga di quella poi effettivamente realizzatasi, e indovinava molti altri esiti delle elezioni (come la vittoria di Ahmadinejād in Azerbaigian Orientale, l’alta affluenza e l’irrilevanza dei voti raccolti da Rezai e Karrubi).
(…)
La netta vittoria di Ahmadinejād non solo conferma i risultati di quattro anni fa ed è in linea coi sondaggi pre-elettorali, ma era prevista dalla maggioranza degli esperti di politica iraniana. Le presunte anomalie dei risultati il più delle volte non sono tali, non sussistono o hanno una spiegazione razionale. L’omogeneità di voto da provincia a provincia in realtà non esiste: la differenziazione locale è stata più elevata che nel 2005, e maggiore rispetto, ad esempio, alle ultime elezioni politiche svoltesi in Italia. Anche la sconfitta di Musavì, Karrubi e Rezai nelle proprie province d’origine è facilmente spiegabile, ed ha paralleli evidenti nelle elezioni di tutto il mondo. L’espressione d’un numero di voti maggiore dei registrati alle liste elettorali in alcuni distretti è un fenomeno non nuovo in Iràn, e perfettamente spiegabile con le regole e le pratiche di voto colà vigenti. Su trenta province, solo in quattro Ahmadinejād ha fatto registrare un deciso aumento del sostegno elettorale, ed in due di esse ciò è spiegabile coinvolgendo solo i nuovi votanti. Solo in Lorestan e Ilam il Presidente uscente deve aver sottratto quote cospicue di voti ai suoi avversari, ma ciò non prova alcuna irregolarità, giacché flussi elettorali anche più repentini si possono osservare in altri paesi, come ad esempio l’Italia. Il tempo richiesto dal conteggio dei voti e dalla proclamazione dei risultati è credibile, in linea con le precedenti elezioni iraniane e con quelle d’altri paesi.
Alla luce di tutto ciò, possiamo concludere che non esiste alcuna prova di brogli sistematici e decisivi nelle elezioni presidenziali iraniane di quest’anno: persino i semplici indizi sono estremamente scarsi, sicché i sospetti sono il più delle volte fondati su basi labilissime o del tutto immaginarie.”

Con queste parole, Daniele Scalea conclude la propria ampia e documentata ricognizione del processo elettorale svoltosi in Iran lo scorso mese di giugno.

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